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TAR TOSCANA, Sez. II, 30 luglio 2008, sentenza n. 1870
INQUINAMENTO - MARE - Mediterraneo - Santuario per i mammiferi marini -
Utilizzo a fini produttivi del mare territoriale - Compatibilità. L’Accordo
relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini,
fatto a Roma il 25 novembre1999 e ratificato dall’Italia con legge n. 391/01,
non contiene alcuna disposizione che sia direttamente contraria all’utilizzo a
fini produttivi del mare territoriale ricadente nei confini del Santuario, salvo
il rispetto degli obiettivi di tutela ivi previsti (fattispecie relativa alla
progettazione di un rigassificatore off shore). Pres. Nicolosi, Est. Grauso -
Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e
altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa
(avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II
- 30 luglio 2008, n. 1870
ENERGIA - Attività di produzione e trasformazione - Liberalizzazione - L. n.
239/04 - Attività di costruzione degli impianti - Permanenza del regime
autorizzatorio - Impianti di rigassificazione - Art. 8 L. n. 340/00. La
liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie
fonti di energia di cui alla legge n. 239/04 non equivale a liberalizzazione
dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane
soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1
della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di
rigassificazione: la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la
sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n.
340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale - d’intesa con la Regione
interessata - l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di
rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di
approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità
del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta
(viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che
estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione
di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di
valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di
cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00). La procedura “ex” art. 8
cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n.
9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la
costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli
minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a
concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve
ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione
che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali. Pres. Nicolosi, Est.
Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo
economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune
di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA,
Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870
ENERGIA - Rigassificatori di gas naturale liquido - Installazione - Art. 8 L. n.
340/00 - Iter autorizzatorio - Conferenza di servizi. L’art. 8 della legge
n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti
industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del
quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e
dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della
diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle
Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con
la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si
intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il
procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del
nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito
della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico,
la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia
definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente
tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad
approvazione della variazione dello strumento urbanistico. Pres. Nicolosi, Est.
Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo
economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune
di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA,
Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870
ENERGIA - Impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi -
Autorizzazione unica - Rigasificatori offshore - Competenza statale e competenza
provinciale - L.r. Toscana n. 39/05 - L.n. 239/04 - Art. 117 cc. 3e4 Cost. -
Esiti interpretativi. La legge regionale della Toscana n. 39/05 sottopone ad
autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e
l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale
disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e
della legge n. 239/04, la quale ultima riserva allo Stato i compiti e le
funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio
marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di
fonti di energia. Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico
delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118
Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare
infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale
esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale
sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere
interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia
di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente
svuotata di significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza
ministeriale sarebbe da respingere in radice. Ove, al contrario, volesse
intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione
riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per
l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri: statali
relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del
demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla
costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale
prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons.
Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri
urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Pres. Nicolosi,
Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello
Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e
Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) -
T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870
INQUINAMENTO - SICUREZZA - Impianti in cui siano presenti sostanze pericolose -
D.Lgs.n. 334/99 - Piano di emergenza esterno - Condizione per l’avvio
dell’attività - Costruzione degli impianti - Nulla osta di fattibilità -
Sufficienza. Condizione per la costruzione degli impianti in cui siano
presenti sostanze pericolose è, ai sensi del d.lgs. n. 334/99, il solo rilascio
del nulla osta di fattibilità; la pianificazione di emergenza accede al rapporto
definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce
invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal
citato art. 9 co. 2, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, e dall’art.
20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano
di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza
interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio
dell’attività, e non della costruzione. Pres. Nicolosi, Est. Grauso -
Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e
altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa
(avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II
- 30 luglio 2008, n. 1870
ENERGIA - Rigassificatore offshore - Natura - Nave stabilmente ancorata al fondo
marino - Perdita delle caratteristiche di mezzo di trasporto - Applicabilità
della disciplina dell’allibo di gas - D.M. 3 maggio 1984 - Esclusione - D.M. 2
agosto 2007. Un rigassificatore offshore, è sì costituito da una nave, la
quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale
caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo
all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di
immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla
disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per
conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto
siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo
in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni - come l’art. 23 del
citato D.M. 3 maggio 1984 - che presuppongono la destinazione attuale della nave
al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla
quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore”
capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo,
l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio
del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura
stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere
ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si
vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha
sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984). Pres. Nicolosi, Est. Grauso -
Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e
altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa
(avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II
- 30 luglio 2008, n. 1870
ENERGIA - Rigassificatore offshore - autorizzazione - Disciplina generale ex l.
n. 9/91 - Disponibilità del suolo - Interpretazione estensiva - Disponibilità
della corrispondente zona di mare. La realizzazione di un impianto di
rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, induce ad escluderne
l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della
semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla
fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla
legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le
nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel
regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la
concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia
comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo. Trattandosi di
impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi
coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente
zona di mare. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv.
Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione
Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e
Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870
INFORMAZIONE AMBIENTALE - Progetto per la costruzione di un rigassificatore
offshore - Partecipazione del pubblico al processo decisionale - Convenzione di
Aarhus - Principio di efficacia dell’informazione - Pubblicazione su due
quotidiani del deposito del progetto ai fini della VIA - Insufficienza. La
pubblicazione su un quotidiano a diffusione nazionale e uno a diffusione
regionale dell’avviso di avvenuto deposito presso gli uffici regionali del
progetto per la costruzione di un rigassificatore ai fini della valutazione di
impatto ambientale rappresenta una forma inadeguata di pubblicità rispetto al
criterio di efficacia di cui alla Convenzione internazionale sull’accesso
all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e
sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno
1998, ratificata con l. n. 108/01. In ragione della specificità delle esigenze
tutelate, l’art. 23 del d.lgs. n. 334/99 deve essere letto nel senso che le
amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione
popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa
comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare,
attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della
partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni
tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi
ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di
rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e
documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata
predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare
la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di
un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti
implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la
pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione - strumento
di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto - ed
il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono
adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in
maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni
interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso
considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto,
dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86. Pres. Nicolosi, Est. Grauso -
Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e
altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa
(avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez.
II - 30 luglio 2008, n. 1870
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA TOSCANA
(Sezione Seconda)
N. 01870/2008 REG.SEN.
N. 01603/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2007, proposto da:
Associazione Greenpeace, in persona del legale rappresentante “pro tempore”,
rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Altavilla, con domicilio eletto
presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio,
in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via
degli Arazzieri 4;
Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa
dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede
dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;
Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso
dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Graziella Ferraroni in Firenze, via
Duca D'Aosta 2;
Ministero per le Attivita' Produttive, Comune di Livorno, Provincia di Pisa,
Provincia di Livorno, Ministero delle Infrastrutture, Ministero della Salute,
Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa,
Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, R.I.N.A. Industry
S.p.A. Energy & Process Unit, Autorita' Portuale di Livorno, Agenzia delle
Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle
Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La
Spezia, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispettorato Reg. Vigili del Fuoco;
nei confronti di
Olt Offshore Lng Toscana S.p.a., in persona del legale “pro tempore”,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale
Giallongo e Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale
Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;
per l'annullamento
del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale
la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad
esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;
della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n.
105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso
allo schema del decreto ministeriale suddetto;
degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di
autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi,
non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile
2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria)
della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20
luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione
integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed
il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col
quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del
terminale di rigassificazione OLT.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e Tutela
Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso depositato il 28 novembre 2007, l’Associazione “Greenpeace”
riassumeva dinanzi a questo tribunale – a seguito di regolamento di competenza
definito dal Consiglio di Stato con pronuncia di cessazione della materia del
contendere, sull’accordo delle parti – l’impugnazione originariamente proposta
dinanzi al T.A.R. del Lazio nei confronti del decreto del 23 febbraio 2006,
mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello
dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt
Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di
gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto
di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa. Il gravame era
altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla
delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema
del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle
conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali
interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle
decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima
recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla
società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il
parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero
dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.
In diritto, l’associazione ricorrente si affidava a sei, complessi, motivi, e
concludeva per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.
Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio i Ministeri dello
Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la Regione Toscana, il Comune di Pisa e la
controinteressata Olt.
La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza
dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie
difensive.
DIRITTO
1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il
decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006,
contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge
n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito,
Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di
rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente
ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a
terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti
della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e
tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana
ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le
determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte
nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le
pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto
stesso.
1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali
attengono alla tardività del gravame, all’irritualità della riassunzione ed al
difetto di legittimazione dell’associazione ricorrente.
Le eccezioni sono infondate.
La tardività è eccepita dalla controinteressata Olt sul presupposto che la
notificazione del ricorso introduttivo dinanzi al T.A.R. del Lazio, risalendo al
19 aprile 2007, si collocherebbe ad oltre un anno di distanza dall’emanazione
del provvedimento impugnato. Sul punto è sufficiente ricordare che, al fine del
decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività
amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via
presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi
eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15
maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è
altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che l’associazione
ricorrente non è destinataria di comunicazione diretta del provvedimento, e che
di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
1.2. La controinteressata eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per
mancata riassunzione nel termine di venti giorni all’uopo stabilito dall’art. 31
co. 4 della legge n. 1034/71, e decorrente dalla comunicazione dell’avvenuta
trasmissione del fascicolo a questo tribunale a seguito della decisione del
Consiglio di Stato sul regolamento di competenza.
L’applicabilità della norma dianzi citata discende, in effetti, dalla
circostanza che l’accordo delle parti sulla rimessione della causa al T.A.R. per
la Toscana è sopravvenuto quando gli atti erano già stati trasmessi al Consiglio
di Stato, il quale – dichiarata la cessazione della materia del contendere – ha
quindi a sua volta disposto d’ufficio la trasmissione degli atti al giudice
indicato dalle parti. Tanto premesso, la tesi secondo cui il termine per la
costituzione in giudizio di cui all’art. 31 co. 4 avrebbe natura perentoria, pur
sostenuta in giurisprudenza, cozza irrimediabilmente con il dato positivo della
mancanza di una esplicita affermazione legale circa la perentorietà del termine
stesso, del quale deve pertanto presumersi il carattere ordinatorio, in virtù
del principio generale ricavabile dall’art. 152 co. 3 c.p.c.. E tale conclusione
diviene addirittura ineludibile se si ha riguardo al fatto che il medesimo art.
31 della legge n. 1034/71, nel mentre tace sulla natura del termine per la
costituzione dinanzi al giudice indicato dalle parti, sanziona con la decadenza
la violazione del termine per la proposizione del regolamento di competenza, il
che dimostra come lo stesso legislatore, quando ha inteso far discendere
conseguenze preclusive dalla violazione di un termine, abbia ritenuto di doverlo
affermare esplicitamente; né, in chiave sistematica, è plausibile che
all’interno della medesima disposizione la “voluntas legis” sia manifestata
mediante l’utilizzo di espressioni disomogenee dal punto di vista lessicale e
concettuale.
Del resto, mentre il termine per la proposizione del regolamento si giustifica
con l’esigenza di pervenire ad una celere stabilizzazione della competenza, e la
sua violazione non ha conseguenze se non quella di mantenere il processo dinanzi
al giudice adito dal ricorrente, attribuire in via interpretativa carattere
perentorio al termine per la costituzione a seguito di accordo sulla competenza
equivarrebbe a gravare l’interessato di un termine decadenziale ulteriore
rispetto a quello già previsto per l’impugnazione, traducendosi in definitiva in
una indebita compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito,
compressione non giustificata dall’esigenza di evitare gli inconvenienti di mero
fatto che il mancato rispetto del termine in questione è suscettibile di
determinare.
1.3. Il difetto di legittimazione della ricorrente “Greenpeace” è stato eccepito
sia dalla Regione Toscana, sia dalla Olt, le quali sottolineano come la
legittimazione riconosciuta dall’art. 18 della legge n. 349/86 rivesta carattere
eccezionale e non possa intendersi estesa all’impugnativa degli atti
amministrativi incidenti sull’assetto territoriale, e solo indirettamente su
profili di ordine ambientale.
Pacifica l’eccezionalità della legittimazione processuale riconosciuta alle
associazioni ambientaliste, nel senso che essa è ravvisabile nei limiti in cui
il provvedimento che si intende impugnare leda in modo diretto e immediato
l'interesse all'ambiente, non può tuttavia dubitarsi che l’impianto di
rigassificazione progettato dalla Olt sia suscettibile – per caratteristiche ed
ubicazione, e per la natura delle sostanze trattate – di produrre un
significativo impatto sul bene-interesse azionato, che il legislatore codifica
come sistema relazionale tra fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici,
climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici (cfr.
art. 5 D.Lgs. n. 152/06), e questo sia come conseguenza dell’inserimento
del’opera nel contesto paesaggistico-ambientale, sia perché occorre pur sempre
tenere presente la possibilità di eventuali malfunzionamenti dell’impianto in
questione, l’appartenenza del quale al novero degli stabilimenti in cui sono
presenti sostanze pericolose, sottoposti alla speciale disciplina del D.Lgs. n.
334/99, è riconosciuta dalle stesse amministrazioni procedenti. Si aggiunga che
le censure formulate dalla ricorrente attengono tutte, salve le precisazioni che
saranno fatte nel prosieguo, alla sfera dell’interesse ambientale, essendo volte
a conseguire utilità direttamente connesse alla tutela della posizione
legittimante, di talché anche per tale aspetto l’ammissibilità del gravame non è
in discussione.
2. L’infondatezza delle eccezioni pregiudiziali conduce ad affrontare il merito
della controversia.
Con il primo motivo, “Greenpeace” denuncia l’illegittimità degli atti impugnati
per eccesso di potere dovuto a mancanza dei presupposti, difetto assoluto di
istruttoria e travisamento dei fatti. L’impianto di rigassificazione progettato
dalla Olt verrebbe ad essere collocato all’interno del c.d. “Santuario dei
cetacei”, oggetto dell’accordo internazionale costitutivo ratificato dall’Italia
con legge n. 391/01, in contrasto con la logica dell’istituzione del sito
protetto e senza un’adeguata valutazione preventiva dei rischi ambientali
derivanti dalla ubicazione in mare, e per di più in un’area particolarmente
sensibile, di un impianto produttivo.
Il mezzo è infondato.
L’Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i
mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre 1999 e ratificato dall’Italia con
legge n. 391/01, stabilisce, al fine di garantire uno stato di conservazione
favorevole dei mammiferi marini, che le parti firmatarie cooperino allo scopo di
valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi marini, le cause
di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat e in particolare sulle
loro funzioni vitali, ed esercitino la sorveglianza nel Santuario intensificando
la lotta contro ogni forma di inquinamento suscettibile di avere un impatto
diretto o indiretto sullo stato di conservazione dei mammiferi marini e
adottando strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli
scarichi di sostanze tossiche nel Santuario (artt. 4, 5 e 6). L’Accordo prevede
altresì, per quanto qui interessa, che gli Stati aderenti vietino la cattura e
la turbativa dei mammiferi marini, intervenendo nella regolamentazione della
pesca, dell’osservazione dei mammiferi, delle competizioni di barche a motore, e
favorendo campagne di sensibilizzazione (artt. 7, 8, 9 e 12). Per la definizione
delle misure nazionali e delle misure da proporre, l’art. 3 della legge di
ratifica istituisce un Comitato di pilotaggio dell’Accordo cui partecipano, con
funzioni consultive, tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste
riconosciute.
L’Accordo, come si vede, non contiene alcuna disposizione che sia direttamente
contraria all’utilizzo a fini produttivi del mare territoriale ricadente nei
confini del Santuario, salvo il rispetto degli obiettivi di tutela che si sono
indicati. Il decreto di VIA pronunciato dal Ministero dell’Ambiente sul progetto
presentato dalla Olt, nell’esaminare il quadro di riferimento ambientale, si fa
carico di valutare la potenziale incidenza del rigassificatore sulla popolazione
stanziale di mammiferi marini, la quale tuttavia è localizzata durante tutto
l’anno – secondo le indagini compiute dal Centro di ricerca sui cetacei – a
considerevole distanza dal sito interessato dall’impianto (10 miglia a nord per
i gruppi di tursiopi, 7 miglia a sudovest per le stenelle), e non effettua
spostamenti tali da attraversare l’are circostante il terminale. Al di là delle
affermazioni di principio, la ricorrente non ha in alcun modo smentito tale
dato, in virtù del quale (ed in mancanza di elementi obiettivi in senso
contrario) la paventata interferenza sull’habitat dei cetacei può essere dunque
esclusa quantomeno per l’aspetto attinente alle rotte abitualmente percorse
dagli animali, tenuto anche conto dell’intensità dell’attuale traffico marittimo
all’interno del Santuario.
Del pari, la ricorrente non fonda su dati oggettivi e su alcun principio di
prova l’affermazione circa il disturbo provocato dalla presenza del
rigassificatore sul clima acustico sottomarino, limitandosi a dedurne gli
effetti negativi sui cetacei, ma senza specificare l’ampiezza del raggio
d’azione delle emissioni moleste (elemento rilevante, atteso che la presenza di
mammiferi nelle vicinanze del rigassificatore è stata esclusa). Per quel che
concerne gli scarichi in mare, non vi sono evidenze del fatto che la stima
effettuata dall’amministrazione procedente in merito alla ridotta estensione del
cono d’acqua interessato dal differenziale termico e dagli scarichi di cloro
siano frutto di istruttoria inadeguata, né è dato comprendere in quale misura
possa costituire un pertinente parametro di riferimento l’impianto di
rigassificazione progettato a Trieste, del quale non sono note le
caratteristiche; d’altro canto, le simulazioni con modello “a getto con
mescolamento turbolento“ sono contenute nella consulenza tecnica prodotta dalla
controinteressata, e pervengono a risultati conformi a quelli raggiunti
dall’amministrazione, come pure nel caso dei valori del cloro presuntivamente
immesso in mare, il cui impatto è definito irrilevante anche nel “documento
conclusivo” della valutazione integrata strategica espletata dalla Regione.
Che il Ministero dell’Ambiente abbia mantenuto un atteggiamento di doverosa ed
opportuna prudenza relativamente al problema della conservazione dell’ambiente
marino, optando per un sicuro modello di verifica empirica degli orientamenti
previsionali formulati sul progetto, è peraltro attestato dalla apposizione al
decreto di VIA di apposite prescrizioni inerenti il monitoraggio delle
caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua sull’asse dello scarico
dell’acqua fredda, la rilevazione annuale delle concentrazioni di metalli
pesanti e contaminanti organici, la rilevazione del passaggio di cetacei e
tartarughe marine a vista del terminale e delle caratteristiche chimico-fisiche
dei sedimenti del fondale e della comunità bentonica ivi presente, con
trasmissione dei dati raccolti ad ICRAM ed ARPAT. Con analoga prudenza, e per
gli obiettivi di tutela di cui alla Direttiva “Habitat”, è stato verificato
mediante ripresa video dei fondali e sonar lo stato delle praterie di “Posidonia
oceanica” presenti nell’area attraversata dal tracciato delle condotte
sottomarine, giungendosi alla conclusione che esse consistono piuttosto in
ciuffi sparsi, molto ridotti in dimensione e densità fogliare nella fascia
batimetrica 7 – 11 m, in affioramenti biodetritici alternati a sedimento
sabbioso coperto di foglie morte e rari ciuffi vivi nella fascia 12 – 13 m, ed
in tappeti di foglie morte alla profondità di 13,5 – 17,5 m; posto che i
risultati dell’indagine non sono contestati da “Greenpeace”, pare significativo
che, nonostante l’assenza di praterie suscettibili di essere danneggiate dagli
scavi, sia stato comunque prescritto l’uso di tutte le precauzioni possibili per
salvaguardare la presenza anche di quei ciuffi isolati, unitamente alla
conduzione di un programma di reimpianto di esemplari di “Posidonia” in numero
almeno pari a quello – prevedibilmente modesto – degli esemplari eventualmente
espiantati nel corso degli scavi per la posa delle condotte sottomarine,
prescrizioni che evidentemente potranno considerarsi ottemperate solo a
condizione che il reimpianto previsto abbia effettivamente una buona riuscita.
Il decreto di VIA affronta altresì il problema della movimentazione dei
sedimenti e della possibile risospensione di contaminanti, prescrivendo di
attivare la procedura di caratterizzazione del sito al fine di evidenziare
situazioni che richiedano interventi di bonifica e messa in sicurezza e,
contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la prescrizione è rifluita
nel decreto di autorizzazione che, all’art. 3, impone espressamente alla Olt il
rispetto delle prescrizioni contenute nei pareri menzionati in premessa, tra i
quali quello del Ministero dell’Ambiente. Ed, ancora una volta, mancano dati
obiettivi a supporto delle argomentazioni sostenute da “Greenpeace” circa
l’inattendibilità delle stime ministeriali relative al movimento dei fondali ed
alla dispersione di materiali sospesi.
Conclusivamente, anche a prescindere dal parere favorevole emesso dal Comitato
di pilotaggio, le censure svolte dalla ricorrente non rivelano alcuno dei
dedotti profili di eccesso di potere, anche alla luce dell’ampio corredo
peritale allegato dalla Olt, e debbono perciò essere respinte.
3. Con il secondo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3
della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e
degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto
i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del
travisamento dei fatti, e dell’incompetenza. Innanzitutto, la ricorrente
contesta che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire
istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit.,
disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso
siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in
mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal
necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato
assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed
ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto
ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie
di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare
che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera
procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni
provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.
Con il terzo motivo (erroneamente rubricato “sub” 2), la censura di violazione
dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di
potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento
della conferenza di servizi. Assume infatti la ricorrente che, pur in presenza
di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente,
della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della
conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a
maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza
di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la
conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi
tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa
e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione
condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il
suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì
illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di
Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica
ed il gas.
Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.
3.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia
energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a)
che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in
sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti
idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su
tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico
derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La
liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie
fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto
dall’associazione ricorrente, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e
gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime
autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con
specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa
ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la
sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n.
340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione
interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di
rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di
approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità
del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta
(viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che
estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione
di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di
valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di
cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).
La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina
contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R.
n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per
la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto
sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n.
239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di
rigassificazione che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali, salve le
precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del
riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.
Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un
regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova
ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività
di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e
vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art.
29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri
e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una
o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento,
stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la
costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione,
una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata.
Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i
profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto
finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i
compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima
dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7
lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.
Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività
libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è
testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata
da “Greenpeace” a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art.
11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di
oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità
superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di
idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4
riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui
autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il
rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione
degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art.
42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna
di quelle che si sono sopra richiamate).
Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del
procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del
progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è
pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere
valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista
dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità
della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il
tutto tenendo presente che la ricorrente è legittimata a dolersi delle eventuali
violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano
effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e
sicurezza dell’ambiente di vita – che fondano la legittimazione ad agire nel
presente giudizio.
3.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il
riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al
miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della
sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della
diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle
Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con
la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si
intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il
procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del
nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito
della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico,
la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia
definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente
tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad
approvazione della variazione dello strumento urbanistico.
Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi
convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17
dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava
perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione
unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il
rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una
parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo
strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per
l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta
procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento
dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività
Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il
nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni,
espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla
osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19
D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della
Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per
gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data
14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5
novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito
dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del
terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della
Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole
del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale
dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25
novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso
in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per
i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana,
ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della
legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo
scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da
parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di
impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione
generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il
nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero
dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle
Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza
di servizi del 14 aprile 2005.
Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale
concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso
tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con
particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale
(che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri
prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di
Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità
dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura
delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti).
Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e
Massaciuccoli, la ricorrente non ha fornito alcun elemento obiettivo al fine di
dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco,
interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al
mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è
priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle
competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento
dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione
appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi
Ministeri.
In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse
applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto
affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di
un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la
qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia
rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta
infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla
procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed
esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia
ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad
applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o
compromissione delle rispettive competenze.
3.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo
asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni
intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti
gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati
riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale
all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.
La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è
causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale
la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di
idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co.
3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva
allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione
del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di
approvvigionamento di fonti di energia.
Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti,
rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due
esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti
possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino
gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita
dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente
assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo
del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di
significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza ministeriale
sarebbe da respingere in radice.
Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del
potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05,
dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di
concorrenza di poteri prospettata dalla ricorrente: statali relativamente alla
soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo
per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed
esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il
tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21
settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del
Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare
che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla
proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con
l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione
dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale:
ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe alla ricorrente da un accoglimento
motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività
Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso
potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di
carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità,
autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge
regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”.
Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque
inammissibile.
3.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione
degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal
Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata
violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma
quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.
Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il
rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire
l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel
parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato
dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui
avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito
di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva
dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza
delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta
di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune
e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione
conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il
futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1
della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si
voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione
successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul
decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso
precedentemente espresso.
Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine
alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla
conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in
quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto
nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento;
e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al
raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità
manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi
negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto
e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito
degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei
presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui
all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.
Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione
conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività
Produttive, fra la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di
Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla
valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari
concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di
ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle
opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento
tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo
all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa
sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt,
Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella
convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a
correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del
rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio
del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA
già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di
servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento
dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale
galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo
dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel
medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria
volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per
l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14
aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.
Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione
conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur
ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti”
contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i
dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per
effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano
determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può
legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le
carenze motivazionali dedotte da “Greenpeace”, la quale trascura di considerare
che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del
Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la
strada alla pronuncia dell’intesa regionale.
Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio
alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad
integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni
ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni
caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del
rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19
settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli
enti inizialmente dissenzienti.
Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa
rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione
amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla
complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la
migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse
delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.
4. Con il quarto motivo (rubricato erroneamente al n. 3) sono denunciate, “sub
specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n.
239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità
dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto
Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs.
n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di
realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta
da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel
quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le
stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità
di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state
disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati
approssimativi e contraddittori.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le
parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in
cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione
degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione
vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo
articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un
rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che,
prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere
tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza,
integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli
impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità,
regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal
Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con
una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione
di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza
accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto
particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività,
come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché
dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede
alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il
parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare
per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente
inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato
l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in
relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come
già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come
punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.
4.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione
dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica
nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività
Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce
la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di
approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale
è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati
i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre
iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in
dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare
ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.
Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di
autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di
favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori,
tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado
di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti;
dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in
considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali;
dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul
mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi
concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di
solo consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e
conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire
attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e
facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e
dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.
Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel
decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di
argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione
integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20
luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che la ricorrente
allega non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto,
rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta
irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di
istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali
insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas
naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano
e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi
strategici.
5. Con il quinto motivo (rubricato “sub” 4), è dedotta la violazione e falsa
applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli
minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto
relativo al gas naturale liquido.
La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate
alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio
dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il
metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è
consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica
richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato
dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al
fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a
dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione
dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto,
come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs.
n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un
impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi
(allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come
l’invocato art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984 – che presuppongono la
destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione
manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore,
trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse,
ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può
rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo
aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta
autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere
dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le
disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo,
il D.M. 3 maggio 1984).
5.1. L’associazione ricorrente sostiene altresì che, non possedendo alcun titolo
di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la
controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere
l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.
Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede
l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la
realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in
mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8
della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i
referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella
disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la
lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto,
ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art.
4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata
solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.
Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non
può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della
corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio
dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione
demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che
prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato
risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e
proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione
di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione
procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la
effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in
contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione
demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con
riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua
emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del
richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme
procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le
procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di
talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non
mutano).
6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la violazione della legge n.
108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso
all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e
sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno
1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni
procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del
rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere
su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla
sicurezza del territorio.
Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni
interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito
del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il
Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il
proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da
parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli
interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e
formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati
dalla ricorrente rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla
procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla
difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza
dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..
Anche tale censura è fondata.
La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n.
108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che
ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre
effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui
quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia
preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione
adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico
interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico
che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia
ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo. L’informazione
dovuta riguarda, in particolare:
a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;
b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;
c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;
d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni
possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le
possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle
audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità
pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e
presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame
da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi
altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché
i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni
ambientali disponibili sull'attività proposta;
e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione
dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.
La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione
in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso
delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della
valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della
legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare,
tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla
Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della
trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili
sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della
Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine
di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di
partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come
previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è
confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della
VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto
l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della
comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve
descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed
ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni
e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte
esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli
interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate
all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt
rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di
efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta
giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e
complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni
procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di
tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso
(mancando ancora la concessione demaniale).
6.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela
ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli
riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle
persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella
misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una
disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi
con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili
conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato
attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già
citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate
nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano
presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di
nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il
parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del
procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di
valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal
Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere
la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei
rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società
civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla
costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla
urbanizzazione del territorio.
Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità
competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è
chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta
sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle
relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per
l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per
le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato
lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di
aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori,
della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si
faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del
pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua
articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate
di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate,
l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni
procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul
particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle
informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di
coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere
conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della
eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per
essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e
formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che
ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di
raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze
del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un
rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano
dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA
dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di
conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di
trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di
mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la
conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di
impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche
la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6
l. 349/86.
7. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, il
ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere
annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli
atti presupposti oggetto di gravame.
La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese
processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di
cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del
23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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