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TAR TOSCANA, Sez. II, 30 luglio 2008, sentenza n. 1870
 

INQUINAMENTO - MARE - Mediterraneo - Santuario per i mammiferi marini - Utilizzo a fini produttivi del mare territoriale - Compatibilità. L’Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre1999 e ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, non contiene alcuna disposizione che sia direttamente contraria all’utilizzo a fini produttivi del mare territoriale ricadente nei confini del Santuario, salvo il rispetto degli obiettivi di tutela ivi previsti (fattispecie relativa alla progettazione di un rigassificatore off shore). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

ENERGIA - Attività di produzione e trasformazione - Liberalizzazione - L. n. 239/04 - Attività di costruzione degli impianti - Permanenza del regime autorizzatorio - Impianti di rigassificazione - Art. 8 L. n. 340/00.
La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia di cui alla legge n. 239/04 non equivale a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale - d’intesa con la Regione interessata - l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00). La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

ENERGIA - Rigassificatori di gas naturale liquido - Installazione - Art. 8 L. n. 340/00 - Iter autorizzatorio - Conferenza di servizi.
L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

ENERGIA - Impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi - Autorizzazione unica - Rigasificatori offshore - Competenza statale e competenza provinciale - L.r. Toscana n. 39/05 - L.n. 239/04 - Art. 117 cc. 3e4 Cost. - Esiti interpretativi.
La legge regionale della Toscana n. 39/05 sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia. Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice. Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

INQUINAMENTO - SICUREZZA - Impianti in cui siano presenti sostanze pericolose - D.Lgs.n. 334/99 - Piano di emergenza esterno - Condizione per l’avvio dell’attività - Costruzione degli impianti - Nulla osta di fattibilità - Sufficienza.
Condizione per la costruzione degli impianti in cui siano presenti sostanze pericolose è, ai sensi del d.lgs. n. 334/99, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità; la pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

ENERGIA - Rigassificatore offshore - Natura - Nave stabilmente ancorata al fondo marino - Perdita delle caratteristiche di mezzo di trasporto - Applicabilità della disciplina dell’allibo di gas - D.M. 3 maggio 1984 - Esclusione - D.M. 2 agosto 2007.
Un rigassificatore offshore, è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni - come l’art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984 - che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984). Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

ENERGIA - Rigassificatore offshore - autorizzazione - Disciplina generale ex l. n. 9/91 - Disponibilità del suolo - Interpretazione estensiva - Disponibilità della corrispondente zona di mare.
La realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo. Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870

INFORMAZIONE AMBIENTALE - Progetto per la costruzione di un rigassificatore offshore - Partecipazione del pubblico al processo decisionale - Convenzione di Aarhus - Principio di efficacia dell’informazione - Pubblicazione su due quotidiani del deposito del progetto ai fini della VIA - Insufficienza.
La pubblicazione su un quotidiano a diffusione nazionale e uno a diffusione regionale dell’avviso di avvenuto deposito presso gli uffici regionali del progetto per la costruzione di un rigassificatore ai fini della valutazione di impatto ambientale rappresenta una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia di cui alla Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, ratificata con l. n. 108/01. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 del d.lgs. n. 334/99 deve essere letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione - strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto - ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86. Pres. Nicolosi, Est. Grauso - Associazione Greenpeace (avv. Altavilla) c. Ministero dello Sviluppo economico e altri (Avv. Stato), Regione Toscana (avv.ti Bora e Mancino), Comune di Pisa (avv.ti Gigliotti, Lazzeri e Caponi) e altri (n.c.) - T.A.R. TOSCANA, Sez. II - 30 luglio 2008, n. 1870
 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA TOSCANA

(Sezione Seconda)


N. 01870/2008 REG.SEN.
N. 01603/2007 REG.RIC.
 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1603 del 2007, proposto da:
Associazione Greenpeace, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avv. Giancarlo Altavilla, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli 40;


contro


Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio, in persona dei rispettivi Ministri “pro tempore”, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

Regione Toscana, in persona del Presidente “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lucia Bora e Barbara Mancino, con domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Regionale in Firenze, Piazza dell’Unita' Italiana 1;

Comune di Pisa, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppina Gigliotti, Gloria Lazzeri e Susanna Caponi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Graziella Ferraroni in Firenze, via Duca D'Aosta 2;

Ministero per le Attivita' Produttive, Comune di Livorno, Provincia di Pisa, Provincia di Livorno, Ministero delle Infrastrutture, Ministero della Salute, Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, Stato Maggiore della Difesa, Capitaneria di Porto di Livorno, Registro Italiano Navale, R.I.N.A. Industry S.p.A. Energy & Process Unit, Autorita' Portuale di Livorno, Agenzia delle Dogane - Roma, Agenzia delle Dogane - Direzione Regione Toscana, Agenzia delle Dogane - U.T.F. Livorno, Comando Dipart. Militare Marittimo Alto Tirreno - La Spezia, Comitato Tecnico Regionale c/o Ispettorato Reg. Vigili del Fuoco;

nei confronti di

Olt Offshore Lng Toscana S.p.a., in persona del legale “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Daniela Anselmi, Natale Giallongo e Ilaria Pagni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Natale Giallongo in Firenze, via Vittorio Alfieri 19;

per l'annullamento

del decreto del Ministero delle Attività Produttive 23 febbraio 2006, col quale la OLT Offshore LNG Toscana s.p.a. è stata autorizzata a costruire e ad esercitare un terminale di rigassificazione di gas naturale;

della deliberazione della Giunta regionale della Toscana 20 febbraio 2006, n. 105 (e di quelle in essa richiamate), con la quale è stato espresso l'assenso allo schema del decreto ministeriale suddetto;

degli atti tutti del procedimento che si è concluso con il decreto di autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione: tra questi, non esaustivamente, la deliberazione della Conferenze dei servizi 14 aprile 2005, ed ogni precedente verbale e decisione (parziale ovvero interlocutoria) della Conferenza medesima; le decisioni della Giunta regionale della Toscana 20 luglio 2004, nn. 28 e 696, aventi ad oggetto, rispettivamente, la valutazione integrata degli aspetti di livello strategico dei progetti "OLT" ed "EDISON", ed il parere ai fini della pronuncia di V.I.A. dell'Ambiente 15 dicembre 2004, col quale è stata pronunciata la valutazione di compatibilità ambientale del terminale di rigassificazione OLT.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e Tutela Territorio;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Toscana;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Olt Offshore Lng Toscana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso depositato il 28 novembre 2007, l’Associazione “Greenpeace” riassumeva dinanzi a questo tribunale – a seguito di regolamento di competenza definito dal Consiglio di Stato con pronuncia di cessazione della materia del contendere, sull’accordo delle parti – l’impugnazione originariamente proposta dinanzi al T.A.R. del Lazio nei confronti del decreto del 23 febbraio 2006, mediante il quale il Ministero delle Attività Produttive, di concerto con quello dell’Ambiente e d’intesa con la Regione Toscana, aveva autorizzato la Olt Offshore LNG S.p.a. a realizzare e gestire un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto localizzato in mare, dodici miglia al largo del tratto di litorale toscano compreso tra Livorno e Marina di Pisa. Il gravame era altresì esteso all’attività procedimentale pregressa e, segnatamente: alla delibera di Giunta Regionale n. 105 del 20 febbraio 2006, di assenso allo schema del decreto ministeriale autorizzativo; alle deliberazioni assunte in seno alle conferenze di servizi indette tra le varie amministrazioni centrali e locali interessate a seguito della presentazione del progetto di rigassificatore; alle decisioni della Giunta Regionale nn. 28 e 696 del 20 luglio 2004, la prima recante la valutazione integrata strategica del progetto presentato dalla società Olt e di altro progetto presentato dalla Edison S.p.a., la seconda il parere favorevole di V.I.A. sul progetto Olt; al decreto del Ministero dell’Ambiente 15 dicembre 2004, di compatibilità ambientale dell’impianto Olt.

In diritto, l’associazione ricorrente si affidava a sei, complessi, motivi, e concludeva per l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati.

Per resistere alla domanda, si costituivano in giudizio i Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la Regione Toscana, il Comune di Pisa e la controinteressata Olt.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione alla pubblica udienza dell’11 giugno 2008, preceduta dal rituale deposito di documenti e memorie difensive.


DIRITTO


1. Come riferito in narrativa, l’impugnazione ha per oggetto principale il decreto del Ministero delle Attività Produttive in data 23 febbraio 2006, contenente l’autorizzazione unica rilasciata, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 340/00, alla controinteressata Olt Offshore LNG Toscana S.p.a. (di seguito, Olt) per la realizzazione e gestione di un terminale galleggiante di rigassificazione di gas naturale liquido, costituito da una nave stabilmente ancorata in mare al largo della costa toscana tra Pisa e Livorno, e collegata a terra attraverso un gasdotto sottomarino. Sono altresì impugnati tutti gli atti della serie procedimentale che ha preceduto il rilascio dell’autorizzazione, e tra questi la delibera n. 105 del 20 febbraio 2006, con cui la Regione Toscana ha espresso la propria intesa sul decreto autorizzativo, nonché tutte le determinazioni assunte in conferenza di servizi dalle amministrazioni coinvolte nell’approvazione del progetto di rigassificatore presentato dalla Olt, e le pronunce ministeriali e regionali di compatibilità ambientale del progetto stesso.

1.1. In via pregiudiziale, sono sollevate una serie di eccezioni, le quali attengono alla tardività del gravame, all’irritualità della riassunzione ed al difetto di legittimazione dell’associazione ricorrente.


Le eccezioni sono infondate.


La tardività è eccepita dalla controinteressata Olt sul presupposto che la notificazione del ricorso introduttivo dinanzi al T.A.R. del Lazio, risalendo al 19 aprile 2007, si collocherebbe ad oltre un anno di distanza dall’emanazione del provvedimento impugnato. Sul punto è sufficiente ricordare che, al fine del decorso del termine d' impugnazione, la piena conoscenza dell'attività amministrativa e della sua lesività non possono essere affermate in via presuntiva, ma debbono formare oggetto di prova rigorosa da parte di chi eccepisce la tardività del gravame (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2008, n. 2236); prova che la controinteressata non ha fornito né è altrimenti desumibile dagli atti a disposizione, posto che l’associazione ricorrente non è destinataria di comunicazione diretta del provvedimento, e che di quest’ultimo neppure consta la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

1.2. La controinteressata eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso per mancata riassunzione nel termine di venti giorni all’uopo stabilito dall’art. 31 co. 4 della legge n. 1034/71, e decorrente dalla comunicazione dell’avvenuta trasmissione del fascicolo a questo tribunale a seguito della decisione del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza.

L’applicabilità della norma dianzi citata discende, in effetti, dalla circostanza che l’accordo delle parti sulla rimessione della causa al T.A.R. per la Toscana è sopravvenuto quando gli atti erano già stati trasmessi al Consiglio di Stato, il quale – dichiarata la cessazione della materia del contendere – ha quindi a sua volta disposto d’ufficio la trasmissione degli atti al giudice indicato dalle parti. Tanto premesso, la tesi secondo cui il termine per la costituzione in giudizio di cui all’art. 31 co. 4 avrebbe natura perentoria, pur sostenuta in giurisprudenza, cozza irrimediabilmente con il dato positivo della mancanza di una esplicita affermazione legale circa la perentorietà del termine stesso, del quale deve pertanto presumersi il carattere ordinatorio, in virtù del principio generale ricavabile dall’art. 152 co. 3 c.p.c.. E tale conclusione diviene addirittura ineludibile se si ha riguardo al fatto che il medesimo art. 31 della legge n. 1034/71, nel mentre tace sulla natura del termine per la costituzione dinanzi al giudice indicato dalle parti, sanziona con la decadenza la violazione del termine per la proposizione del regolamento di competenza, il che dimostra come lo stesso legislatore, quando ha inteso far discendere conseguenze preclusive dalla violazione di un termine, abbia ritenuto di doverlo affermare esplicitamente; né, in chiave sistematica, è plausibile che all’interno della medesima disposizione la “voluntas legis” sia manifestata mediante l’utilizzo di espressioni disomogenee dal punto di vista lessicale e concettuale.

Del resto, mentre il termine per la proposizione del regolamento si giustifica con l’esigenza di pervenire ad una celere stabilizzazione della competenza, e la sua violazione non ha conseguenze se non quella di mantenere il processo dinanzi al giudice adito dal ricorrente, attribuire in via interpretativa carattere perentorio al termine per la costituzione a seguito di accordo sulla competenza equivarrebbe a gravare l’interessato di un termine decadenziale ulteriore rispetto a quello già previsto per l’impugnazione, traducendosi in definitiva in una indebita compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, compressione non giustificata dall’esigenza di evitare gli inconvenienti di mero fatto che il mancato rispetto del termine in questione è suscettibile di determinare.

1.3. Il difetto di legittimazione della ricorrente “Greenpeace” è stato eccepito sia dalla Regione Toscana, sia dalla Olt, le quali sottolineano come la legittimazione riconosciuta dall’art. 18 della legge n. 349/86 rivesta carattere eccezionale e non possa intendersi estesa all’impugnativa degli atti amministrativi incidenti sull’assetto territoriale, e solo indirettamente su profili di ordine ambientale.

Pacifica l’eccezionalità della legittimazione processuale riconosciuta alle associazioni ambientaliste, nel senso che essa è ravvisabile nei limiti in cui il provvedimento che si intende impugnare leda in modo diretto e immediato l'interesse all'ambiente, non può tuttavia dubitarsi che l’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt sia suscettibile – per caratteristiche ed ubicazione, e per la natura delle sostanze trattate – di produrre un significativo impatto sul bene-interesse azionato, che il legislatore codifica come sistema relazionale tra fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici (cfr. art. 5 D.Lgs. n. 152/06), e questo sia come conseguenza dell’inserimento del’opera nel contesto paesaggistico-ambientale, sia perché occorre pur sempre tenere presente la possibilità di eventuali malfunzionamenti dell’impianto in questione, l’appartenenza del quale al novero degli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose, sottoposti alla speciale disciplina del D.Lgs. n. 334/99, è riconosciuta dalle stesse amministrazioni procedenti. Si aggiunga che le censure formulate dalla ricorrente attengono tutte, salve le precisazioni che saranno fatte nel prosieguo, alla sfera dell’interesse ambientale, essendo volte a conseguire utilità direttamente connesse alla tutela della posizione legittimante, di talché anche per tale aspetto l’ammissibilità del gravame non è in discussione.

2. L’infondatezza delle eccezioni pregiudiziali conduce ad affrontare il merito della controversia.

Con il primo motivo, “Greenpeace” denuncia l’illegittimità degli atti impugnati per eccesso di potere dovuto a mancanza dei presupposti, difetto assoluto di istruttoria e travisamento dei fatti. L’impianto di rigassificazione progettato dalla Olt verrebbe ad essere collocato all’interno del c.d. “Santuario dei cetacei”, oggetto dell’accordo internazionale costitutivo ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, in contrasto con la logica dell’istituzione del sito protetto e senza un’adeguata valutazione preventiva dei rischi ambientali derivanti dalla ubicazione in mare, e per di più in un’area particolarmente sensibile, di un impianto produttivo.

Il mezzo è infondato.

L’Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre 1999 e ratificato dall’Italia con legge n. 391/01, stabilisce, al fine di garantire uno stato di conservazione favorevole dei mammiferi marini, che le parti firmatarie cooperino allo scopo di valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi marini, le cause di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat e in particolare sulle loro funzioni vitali, ed esercitino la sorveglianza nel Santuario intensificando la lotta contro ogni forma di inquinamento suscettibile di avere un impatto diretto o indiretto sullo stato di conservazione dei mammiferi marini e adottando strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli scarichi di sostanze tossiche nel Santuario (artt. 4, 5 e 6). L’Accordo prevede altresì, per quanto qui interessa, che gli Stati aderenti vietino la cattura e la turbativa dei mammiferi marini, intervenendo nella regolamentazione della pesca, dell’osservazione dei mammiferi, delle competizioni di barche a motore, e favorendo campagne di sensibilizzazione (artt. 7, 8, 9 e 12). Per la definizione delle misure nazionali e delle misure da proporre, l’art. 3 della legge di ratifica istituisce un Comitato di pilotaggio dell’Accordo cui partecipano, con funzioni consultive, tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute.

L’Accordo, come si vede, non contiene alcuna disposizione che sia direttamente contraria all’utilizzo a fini produttivi del mare territoriale ricadente nei confini del Santuario, salvo il rispetto degli obiettivi di tutela che si sono indicati. Il decreto di VIA pronunciato dal Ministero dell’Ambiente sul progetto presentato dalla Olt, nell’esaminare il quadro di riferimento ambientale, si fa carico di valutare la potenziale incidenza del rigassificatore sulla popolazione stanziale di mammiferi marini, la quale tuttavia è localizzata durante tutto l’anno – secondo le indagini compiute dal Centro di ricerca sui cetacei – a considerevole distanza dal sito interessato dall’impianto (10 miglia a nord per i gruppi di tursiopi, 7 miglia a sudovest per le stenelle), e non effettua spostamenti tali da attraversare l’are circostante il terminale. Al di là delle affermazioni di principio, la ricorrente non ha in alcun modo smentito tale dato, in virtù del quale (ed in mancanza di elementi obiettivi in senso contrario) la paventata interferenza sull’habitat dei cetacei può essere dunque esclusa quantomeno per l’aspetto attinente alle rotte abitualmente percorse dagli animali, tenuto anche conto dell’intensità dell’attuale traffico marittimo all’interno del Santuario.

Del pari, la ricorrente non fonda su dati oggettivi e su alcun principio di prova l’affermazione circa il disturbo provocato dalla presenza del rigassificatore sul clima acustico sottomarino, limitandosi a dedurne gli effetti negativi sui cetacei, ma senza specificare l’ampiezza del raggio d’azione delle emissioni moleste (elemento rilevante, atteso che la presenza di mammiferi nelle vicinanze del rigassificatore è stata esclusa). Per quel che concerne gli scarichi in mare, non vi sono evidenze del fatto che la stima effettuata dall’amministrazione procedente in merito alla ridotta estensione del cono d’acqua interessato dal differenziale termico e dagli scarichi di cloro siano frutto di istruttoria inadeguata, né è dato comprendere in quale misura possa costituire un pertinente parametro di riferimento l’impianto di rigassificazione progettato a Trieste, del quale non sono note le caratteristiche; d’altro canto, le simulazioni con modello “a getto con mescolamento turbolento“ sono contenute nella consulenza tecnica prodotta dalla controinteressata, e pervengono a risultati conformi a quelli raggiunti dall’amministrazione, come pure nel caso dei valori del cloro presuntivamente immesso in mare, il cui impatto è definito irrilevante anche nel “documento conclusivo” della valutazione integrata strategica espletata dalla Regione.

Che il Ministero dell’Ambiente abbia mantenuto un atteggiamento di doverosa ed opportuna prudenza relativamente al problema della conservazione dell’ambiente marino, optando per un sicuro modello di verifica empirica degli orientamenti previsionali formulati sul progetto, è peraltro attestato dalla apposizione al decreto di VIA di apposite prescrizioni inerenti il monitoraggio delle caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua sull’asse dello scarico dell’acqua fredda, la rilevazione annuale delle concentrazioni di metalli pesanti e contaminanti organici, la rilevazione del passaggio di cetacei e tartarughe marine a vista del terminale e delle caratteristiche chimico-fisiche dei sedimenti del fondale e della comunità bentonica ivi presente, con trasmissione dei dati raccolti ad ICRAM ed ARPAT. Con analoga prudenza, e per gli obiettivi di tutela di cui alla Direttiva “Habitat”, è stato verificato mediante ripresa video dei fondali e sonar lo stato delle praterie di “Posidonia oceanica” presenti nell’area attraversata dal tracciato delle condotte sottomarine, giungendosi alla conclusione che esse consistono piuttosto in ciuffi sparsi, molto ridotti in dimensione e densità fogliare nella fascia batimetrica 7 – 11 m, in affioramenti biodetritici alternati a sedimento sabbioso coperto di foglie morte e rari ciuffi vivi nella fascia 12 – 13 m, ed in tappeti di foglie morte alla profondità di 13,5 – 17,5 m; posto che i risultati dell’indagine non sono contestati da “Greenpeace”, pare significativo che, nonostante l’assenza di praterie suscettibili di essere danneggiate dagli scavi, sia stato comunque prescritto l’uso di tutte le precauzioni possibili per salvaguardare la presenza anche di quei ciuffi isolati, unitamente alla conduzione di un programma di reimpianto di esemplari di “Posidonia” in numero almeno pari a quello – prevedibilmente modesto – degli esemplari eventualmente espiantati nel corso degli scavi per la posa delle condotte sottomarine, prescrizioni che evidentemente potranno considerarsi ottemperate solo a condizione che il reimpianto previsto abbia effettivamente una buona riuscita.

Il decreto di VIA affronta altresì il problema della movimentazione dei sedimenti e della possibile risospensione di contaminanti, prescrivendo di attivare la procedura di caratterizzazione del sito al fine di evidenziare situazioni che richiedano interventi di bonifica e messa in sicurezza e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la prescrizione è rifluita nel decreto di autorizzazione che, all’art. 3, impone espressamente alla Olt il rispetto delle prescrizioni contenute nei pareri menzionati in premessa, tra i quali quello del Ministero dell’Ambiente. Ed, ancora una volta, mancano dati obiettivi a supporto delle argomentazioni sostenute da “Greenpeace” circa l’inattendibilità delle stime ministeriali relative al movimento dei fondali ed alla dispersione di materiali sospesi.

Conclusivamente, anche a prescindere dal parere favorevole emesso dal Comitato di pilotaggio, le censure svolte dalla ricorrente non rivelano alcuno dei dedotti profili di eccesso di potere, anche alla luce dell’ampio corredo peritale allegato dalla Olt, e debbono perciò essere respinte.

3. Con il secondo motivo, è dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 340/00, dell’art. 3 della legge regionale toscana n. 39/05, dell’art. 1 della legge n. 239/04 e degli artt. 23 e segg. Del D.Lgs. n. 112/98, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti, del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, e dell’incompetenza. Innanzitutto, la ricorrente contesta che la proposta progettuale presentata dalla Olt potesse venire istruita secondo il procedimento semplificato di cui all’art. 8 l. 340/00 cit., disposizione specificamente dettata per l’allocazione di rigassificatori presso siti industriali, mentre il progetto Olt si riferisce ad un impianto ubicato in mare; inoltre, la procedura semplificata non sarebbe stata preceduta dal necessario nulla osta del Ministero dell’Ambiente. Ancora, in forza del mutato assetto delle competenze dovuto alla riforma del titolo V della Costituzione, ed ai sensi della legislazione regionale in materia, l’intesa sul decreto ministeriale di autorizzazione avrebbe dovuto essere pronunciata dalle Provincie di Pisa e Livorno, e non dalla Regione Toscana, dovendosi peraltro considerare che – a seguito della liberalizzazione del settore energetico – l’intera procedura avrebbe dovuto rimanere sotto il dominio delle stesse amministrazioni provinciali, nella materia essendo oramai venute meno le competenze dello Stato.

Con il terzo motivo (erroneamente rubricato “sub” 2), la censura di violazione dell’art. 8 della legge n. 340/00 è ribadita, in una con quella di eccesso di potere, in relazione alla violazione delle norme che regolano il funzionamento della conferenza di servizi. Assume infatti la ricorrente che, pur in presenza di un dissenso esplicito e qualificato da parte del Ministero dell’Ambiente, della Provincia e del Comune di Pisa, la determinazione conclusiva della conferenza, favorevole all’approvazione del progetto, sarebbe stata adottata a maggioranza, anziché mediante rimessione all’autorità superiore, ed in assenza di qualsivoglia motivazione circa il contenuto delle posizioni dissenzienti; la conferenza, al pari del decreto ministeriale autorizzativo, non avrebbe poi tenuto in alcun conto l’intesa raggiunta fra Regione, Province e Comuni di Pisa e Livorno, e Comune di Collesalvetti in ordine alla ricerca di una soluzione condivisa al problema di rivedere la localizzazione dell’impianto attraverso il suo spostamento verso sud. I lavori della conferenza sarebbero altresì illegittimi a cagione del mancato coinvolgimento dell’Ente Parco regionale di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli e dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas.

Per ragioni di connessione, i due motivi saranno esaminati congiuntamente.

3.1. L’art. 1 della legge n. 239/04, recante principi fondamentali in materia energetica ai sensi dell'articolo 117 co. 3 Cost., prevede al comma 2 lett. a) che le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energia sono libere su tutto il territorio nazionale, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La liberalizzazione dell’attività di produzione e trasformazione delle materie fonti di energia non equivale tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dall’associazione ricorrente, a liberalizzazione dell’attività di costruzione e gestione dei relativi impianti, la quale rimane soggetta al vigente regime autorizzatorio, come si evince dallo stesso art. 1 della legge n. 239/04 con specifico riferimento agli impianti di rigassificazione: per ciò che interessa ai fini di causa, la norma in esame presuppone infatti, e fa salva, la sopravvivenza della procedura semplificata di cui all’art. 8 della legge n. 340/00, che sottopone ad autorizzazione ministeriale – d’intesa con la Regione interessata – l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di rigassificatori di gas naturale liquido destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta (viene in considerazione in particolare il comma 60 dell’art. 1 cit., che estende alla realizzazione e al potenziamento di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, ivi comprese le opere connesse, la procedura di valutazione di impatto ambientale, fatte espressamente salve le disposizioni di cui alla legge n. 443/01 e all'articolo 8 n. 340/00).

La procedura “ex” art. 8 cit. rappresenta peraltro un’eccezione alla disciplina contenuta nella legge n. 9/91 e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 420/94), secondo cui la costruzione e la gestione di nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove installazioni di gas naturale liquefatto sono soggetti a concessione, e che, non risultando abrogata dalla legge n. 239/04, deve ritenersi ancora applicabile alla costruzione di impianti di rigassificazione che non preveda l’uso o il riuso di siti industriali, salve le precisazioni che verranno fatte di seguito a proposito del nuovo assetto del riparto di competenze fra Stato, Regioni e Province.

Tra le fonti ancora vigenti di livello statale che confermano l’esistenza di un regime autorizzativo della costruzione degli impianti di rigassificazione giova ricordare anche il D.Lgs. n. 164/00, che, pur avendo liberalizzato le attività di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, in qualunque sua forma e comunque utilizzato, all’art. 29 onera comunque le amministrazioni centrali e periferiche di adottare criteri e procedure obiettivi e non discriminatori ogniqualvolta per l'esercizio di una o più delle attività di importazione, esportazione, trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione, acquisto o vendita di gas naturale, o per la costruzione e l'esercizio dei relativi impianti sia prevista una autorizzazione, una concessione, una licenza, o una approvazione comunque denominata. Trattandosi di impianto da costruire in mare, non vanno poi dimenticati i profili concessori attinenti all’uso del bene demaniale, che, in quanto finalizzato all’approvvigionamento di fonti di energia, ricade pur sempre fra i compiti e le funzioni amministrative riservati alla competenza statale prima dall’art. 104 co. 1 lett. pp) del D.Lgs. n. 112/98, ed oggi dall’art. 1 co. 7 lett. l) della più volte citata legge n. 239/04.

Che la costruzione di impianti di rigassificazione non costituisca attività libera neppure all’indomani della riforma del titolo V della Costituzione è testimoniato, del resto, dalla stessa legge regionale toscana n. 39/05 invocata da “Greenpeace” a sostegno del proprio assunto, la quale, se da un lato all’art. 11 sottopone alla propria autorizzazione la costruzione e l’esercizio di oleodotti e gasdotti, di impianti di stoccaggio di idrocarburi di capacità superiore a 25 metri cubi e di impianti per la lavorazione e trasformazione di idrocarburi (tale è il gas naturale liquido), al precedente art. 4 co. 4 riconosce l’esistenza di opere ed infrastrutture energetiche la cui autorizzazione è riservata allo Stato, ed in ordine alle quali prevede il rilascio di un atto di intesa regionale, garantendo altresì la partecipazione degli enti locali interessati nel processo decisionale (correlativamente, l’art. 42 della l.r. n. 39/05 non elenca, fra le norme statali da disapplicare, alcuna di quelle che si sono sopra richiamate).

Ricostruite in tal modo le indispensabili coordinate normative, l’avvio del procedimento promosso dalla controinteressata Olt per l’approvazione del progetto di rigassificatore “offshore” risale al mese di ottobre del 2002, ed è pertanto alla luce della disciplina vigente a quell’epoca che deve essere valutata la scelta di dare seguito alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 l. 340/00, salvo in seguito verificare l’immediata applicabilità della legislazione regionale sopravvenuta nella pendenza del procedimento. Il tutto tenendo presente che la ricorrente è legittimata a dolersi delle eventuali violazioni procedimentali non in quanto tali, ma a condizione che esse si siano effettivamente risolte in una compromissione di quegli interessi – salubrità e sicurezza dell’ambiente di vita – che fondano la legittimazione ad agire nel presente giudizio.

3.2. L’art. 8 della legge n. 340/00 stabilisce, al primo comma, che l'uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti destinati al miglioramento del quadro di approvvigionamento strategico dell'energia, della sicurezza e dell'affidabilità del sistema, nonché della flessibilità e della diversificazione dell'offerta, è soggetto ad autorizzazione del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (poi il Ministero delle Attività Produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata; ai fini della procedura in questione, per impianti si intendono i rigassificatori di gas naturale liquido. La norma prevede che il procedimento si svolga in conferenza di servizi, richiede l’acquisizione del nulla osta ministeriale di impatto ambientale, e dispone che qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente entro novanta giorni il consiglio comunale; decorso inutilmente tale termine, la determinazione della conferenza di servizi equivale ad approvazione della variazione dello strumento urbanistico.

Tanto premesso, è in atti che, nella prima riunione della conferenza di servizi convocata per l’esame del progetto presentato dalla Olt S.p.a., tenutasi il 17 dicembre 2002, il rappresentante del Ministero dell’Ambiente manifestava perplessità circa la possibilità di applicare la procedura dell’autorizzazione unica, in relazione al tipo ed alla ubicazione dell’impianto. Di contro, il rappresentante del Ministero delle Attività Produttive osservava come almeno una parte dell’impianto ricadesse in area industriale in terraferma, e come lo strumento della conferenza di servizi fosse comunque utilizzabile per l’acquisizione dei vari pareri e nulla osta; in senso favorevole alla scelta procedurale così delineata si pronunciava la Regione Toscana. Il procedimento dunque proseguiva nella direzione impressa dal Ministero delle Attività Produttive, ed ai fini dell’autorizzazione unica venivano via via acquisiti: il nulla osta alla costruzione ed esercizio dell’impianto, con prescrizioni, espresso in data 12 febbraio 2003 dal Comando della 1^ Regione Aerea; il nulla osta al rilascio della concessione demaniale e l’autorizzazione “ex” art. 19 D.Lgs. n. 374/90 alla costruzione del terminale galleggiante ad opera della Circoscrizione doganale di Livorno, in data 28 maggio 2003; il nulla osta, per gli aspetti demaniali di competenza, del Comando RFC regionale Toscana, in data 14 luglio 2003; il nulla osta di fattibilità, con prescrizioni, rilasciato il 5 novembre 2003 dall’Ispettorato regionale della Toscana all’esito dell’istruttoria relativa all’esame del rapporto preliminare di sicurezza del terminale galleggiante; il parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione centrale controllo armi, del 13 novembre 2003; il parere favorevole del comitato di pilotaggio nazionale in merito alla compatibilità ambientale dell’opera con il santuario dei mammiferi marini del Mediterraneo, del 25 novembre 2003; il parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, espresso in data 15 dicembre 2004 dal Ministero dell’Ambiente, di concerto con quello per i Beni e le Attività culturali e previo parere favorevole della Regione Toscana, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86, come richiamata dall’art. 1 della legge n. 220/92 in materia di costruzione di terminali per il carico e lo scarico di idrocarburi e di sostanze pericolose; la formale accettazione da parte della Olt delle prescrizioni contenute nella predetta valutazione di impatto ambientale, con nota del 13 gennaio 2005; il nulla osta della Direzione generale per le infrastrutture della navigazione marittime e interna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 14 febbraio 2005; il nulla osta della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente in data 28 febbraio 2005; il parere favorevole dell’Agenzia delle Dogane in relazione agli aspetti fiscali e doganali, espresso nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005.

Come emerge dalla ricostruzione che precede, l’”iter” procedimentale concretamente seguito per l’approvazione del progetto Olt ha di fatto ripercorso tutti i passaggi previsti dal procedimento disciplinato dalla legge n. 9/91, con particolare riferimento all’acquisizione della valutazione di impatto ambientale (che assorbe ogni nulla osta del Ministero dell’Ambiente), e dei pareri prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 420/94, ivi compresi quelli dei Comuni di Pisa, Livorno e Collesalvetti, benché non rilevanti ai fini della conformità dell’impianto alle previsioni urbanistiche (sull’intervento nella procedura delle amministrazioni comunali e provinciali interessate si tornerà più avanti). Quanto alla mancata convocazione dell’Ente Parco di Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli, la ricorrente non ha fornito alcun elemento obiettivo al fine di dimostrare l’interferenza dell’impianto con il territorio del parco, interferenza che è esplicitamente contestata dalle controparti; quanto invece al mancato coinvolgimento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, essa è priva di competenze specifiche nella materia, mentre in relazione alle competenze statali di cui all’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04, l’intervento dell’Autorità – in funzione ausiliaria, ai sensi della medesima disposizione appena citata – può senz’altro considerarsi assorbito dalla presenza dei diversi Ministeri.

In altri termini, anche a voler ritenere che alla fattispecie non fosse applicabile la procedura di cui all’art. 8 l. 340/00 (come pare corretto affermare, atteso che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente), nondimeno deve riconoscersi che la qualificazione normativa astratta adoperata dalle amministrazioni procedenti sia rimasta sul piano delle mere affermazioni di principio: il procedimento risulta infatti essersi svolto nel rispetto di tutti gli snodi istruttori previsti dalla procedura “ordinaria” per il rilascio della concessione di costruzione ed esercizio dell’impianto, senza che alcuna deviazione da tale schema sia ascrivibile al ricorso alla conferenza di servizi, modulo procedimentale ad applicazione generalizzata che non determina o implica alcuno spostamento o compromissione delle rispettive competenze.

3.3. Una volta accertato che l’adozione di un modello (nella pratica solo asseritamente) semplificato non ha costituito, da parte delle amministrazioni intimate, il pretesto formale per sottrarsi alla compiuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco, resta da concludere il discorso intorno ai prospettati riflessi della sopravvenuta legislazione regionale sulla competenza ministeriale all’emanazione del provvedimento autorizzatorio impugnato in principalità.

La legge regionale n. 39/05, approvata nella pendenza del procedimento di cui è causa, sottopone ad autorizzazione unica di competenza regionale o provinciale la costruzione e l’esercizio di impianti di lavorazione e trasformazione di idrocarburi: tale disciplina è dichiaratamente applicativa dell'articolo 117 co. 3 e 4 Cost. e della legge n. 239/04, la quale ultima, lo si ricorda, riserva allo Stato i compiti e le funzioni amministrative in materia di utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia.

Dovendosi pervenire ad un adeguato coordinamento sistematico delle fonti, rispettoso del riparto di competenze sancito dagli artt. 117 e 118 Cost., due esiti interpretativi possono essere ipotizzati. Da un lato, appare infatti possibile sostenere che dall’ambito applicativo della legge regionale esulino gli impianti di rigassificazione “offshore”, la competenza provinciale sancita dall’art. 3 co. 2 della legge regionale n. 39/05 dovendosi intendere interamente assorbita dalla evidenziata riserva di competenze statali in materia di utilizzo del mare (riserva che, altrimenti opinando, rimarrebbe grandemente svuotata di significato); con il che, la tesi circa la presunta incompetenza ministeriale sarebbe da respingere in radice.

Ove, al contrario, volesse intendersi la competenza statale non preclusiva del potere di autorizzazione riconosciuto alla Provincia dalla legge n. 39/05, dovrebbe concludersi per l’esistenza della situazione sopravvenuta di concorrenza di poteri prospettata dalla ricorrente: statali relativamente alla soddisfazione degli interessi pubblici connessi all’uso del demanio marittimo per finalità energetiche, provinciali relativamente alla costruzione ed esercizio dell’impianto anche nelle zone di mare territoriale prospicienti il tratto di costa ricadente nei confini provinciali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5547, in tema di esercizio dei poteri urbanistico-edilizi del Comune su opere realizzate in mare). Ciò posto, giova a questo punto ricordare che la posizione legittimante azionata nel presente giudizio dipende dalla proposizione di censure che, qualora accolte, producano un’utilità correlata con l’interesse alla tutela della salubrità dell’ambiente, innescando una riedizione dell’azione amministrativa implicante la rivalutazione del profilo ambientale: ma, se così è, nessuna utilità deriverebbe alla ricorrente da un accoglimento motivato in ordine al dedotto vizio di incompetenza del Ministero dello Attività Produttive, atteso che la sopravvenuta competenza della Provincia in nessun caso potrebbe ripercuotersi sulle fasi procedimentali implicanti valutazioni di carattere ambientale, cioè quelle della VIA e del nulla osta di fattibilità, autonomamente definite in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge regionale n. 39/05 e, come tali, non più tangibili dallo “jus superveniens”. Riguardata in questa ottica, la domanda, se non infondata, sarebbe comunque inammissibile.

3.4. Nemmeno ha pregio il mezzo di gravame attinente alla mancata rimessione degli atti al Consiglio dei Ministri a seguito del dissenso manifestato dal Ministero dell’Ambiente nella conferenza di servizi, da cui la denunciata violazione dell’art. 14-quater co. 3 della legge n. 241/90, oltre che del comma quinto dello stesso art. 8 legge n. 340/00.

Dal verbale della conferenza di servizi del 14 aprile 2005, risulta che il rappresentante del Ministero dell’Ambiente aveva proposto di differire l’assunzione di atti definitivi, in attesa delle determinazioni da assumere nel parallelo procedimento relativo ad altro progetto di rigassificatore, presentato dalla società Edison; la proposta, tradotta in una richiesta di sospensione cui avevano aderito il Comune e la Provincia di Pisa, era stata respinta a seguito di votazione tra i presenti. Il verbale attesta quindi l’acquisizione definitiva dei pareri e la valutazione positiva del progetto Olt espressa dalla maggioranza delle amministrazioni convenute. In prima battuta, va precisato che la proposta di “sospensione” formulata dal Ministero dell’Ambiente, ed appoggiata da Comune e Provincia di Pisa, più che una manifestazione di dissenso sulla determinazione conclusiva della conferenza, costituisce bensì una mozione d’ordine circa il futuro svolgimento dei lavori della conferenza, ai sensi dell’art. 14-ter co. 1 della legge n. 241/90 come modificato dalla legge n. 15/05; comunque la si voglia qualificare, non può peraltro non tenersi conto della posizione successivamente assunta dal Ministero, il quale, prestando il concerto sul decreto di autorizzazione, mostra di aver superato ogni eventuale dissenso precedentemente espresso.

Non dissimile è la posizione del Comune e della Provincia di Pisa, in ordine alla quale parimenti rilevano i comportamenti e gli atti successivi alla conferenza del 14 aprile 2005. I due enti avevano in effetti preannunciato, in quella sede, la propria intenzione di esprimere parere negativo sul progetto nell’eventualità, poi verificatasi, di una mancata sospensione del procedimento; e la stessa Regione Toscana aveva condizionato il proprio parere favorevole al raggiungimento di un accordo con gli altri enti locali. Ma poiché le perplessità manifestate non attenevano ad aspetti ambientali, quanto ai possibili influssi negativi dell’impianto di rigassificazione sui settori della nautica da diporto e della pesca, nonché sulle prospettive turistiche del litorale e sul buon esito degli investimenti all’uopo sostenuti, va intanto esclusa la sussistenza dei presupposti per il rinvio della decisione alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 281/97, come previsto dall’art. 14-ter co. 3 l. 241/90.

Si consideri poi che il 5 settembre 2005, quando ancora la determinazione conclusiva del procedimento non era stata adottata dal Ministero delle Attività Produttive, fra la Regione Toscana, le Province di Livorno e Pisa, i Comuni di Livorno, Pisa e Collesalvetti, hanno concluso un documento d’intesa sulla valutazione del progetto Olt, sottoscrivendo il quale gli enti firmatari concordavano di richiedere alla Olt una proposta di correzione del luogo di ancoraggio del terminale “offshore”, nonché uno studio di fattibilità delle opere di completamento dell’infrastruttura denominata “Incile di collegamento tra il Canale dei Navicelli ed il fiume Arno”, e la Regione si riservava solo all’esito l’adozione degli atti di propria competenza (il rilascio dell’intesa sull’autorizzazione chiesta da Olt). Successivamente, il 19 settembre 2005, Olt, Comune e Provincia di Pisa hanno stipulato un accordo (poi riversato nella convenzione del 26 settembre 2005) in forza del quale la prima si è impegnata a correggere, in fase di progettazione esecutiva, il punto di ancoraggio del rigassificatore, all’interno dell’area di sversamento dei fanghi di dragaggio del porto di Livorno e nella misura massima consentita dalla pronuncia di VIA già assentita e compatibilmente con le determinazioni della conferenza di servizi; e si è impegnata altresì a realizzare le opere di completamento dell’”Incile”, e a non dare avvio ai lavori di realizzazione del terminale galleggiante se non dopo la presentazione del progetto esecutivo dell’infrastruttura e contestualmente a quelli di costruzione dell’”Incile”. Nel medesimo accordo, il Comune e la Provincia di Pisa si sono impegnati a propria volta a rinunciare al ricorso promosso dinanzi al T.A.R. del Lazio per l’annullamento delle determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 14 aprile 2005 nel caso di corretta ottemperanza di Olt agli impegni assunti.

Di tali eventi sopravvenuti non poteva non tenere conto la determinazione conclusiva del procedimento, assunta il 15 dicembre 2005, la quale, pur ripetendo pedissequamente la clausola legislativa delle “posizioni prevalenti” contenuta nell’art. 14-ter co. 6-bis l. 241/90, in realtà è intervenuta quando i dissensi manifestati in conferenza avevano oramai perduto ogni attualità per effetto delle iniziative e degli accordi di cui si è riferito, che ne avevano determinato il superamento con reciproca soddisfazione di tutte le parti. Né può legittimamente sostenersi che detta determinazione conclusiva presenti le carenze motivazionali dedotte da “Greenpeace”, la quale trascura di considerare che, alla luce delle sopravvenienze, la posizione da principio negativa del Comune e della Provincia di Pisa doveva considerarsi superata, aprendosi così la strada alla pronuncia dell’intesa regionale.

Relativamente all’autorizzazione ministeriale del 23 febbraio 2006, se il rinvio alla determinazione conclusiva del procedimento sarebbe di per sé sufficiente ad integrarne la motivazione ed a farvi in tal modo rientrare tutte le condizioni ritenute irrinunciabili per la realizzazione del rigassificatore, basti in ogni caso osservare che essa prevede espressamente la localizzazione del rigassificatore proprio all’interno dell’area individuata dall’accordo del 19 settembre 2005, rispettando così le manifestazioni di volontà espresse dagli enti inizialmente dissenzienti.

Va, infine, escluso che la cospicua durata complessiva del procedimento possa rappresentare in assoluto un sintomo di irragionevolezza dell’azione amministrativa, le esigenze di celerità apparendo recessive dinanzi alla complessità dell’impianto da realizzare ed alla opportunità di perseguire la migliore intesa possibile fra tutti i soggetti coinvolti, anche nell’interesse delle popolazioni rappresentate dagli enti locali esponenziali.

4. Con il quarto motivo (rubricato erroneamente al n. 3) sono denunciate, “sub specie” di violazione e falsa applicazione dell’art. 1 co. 7 della legge n. 239/04 e di eccesso di potere sotto vari profili, la superficialità dell’istruttoria amministrativa e l’erroneità dei suoi risultati. Il progetto Olt sarebbe privo del piano di emergenza interno ed esterno richiesto dal D.Lgs. n. 334/99, oltre che della documentazione finanziaria relativa ai costi di realizzazione e di gestione, e la sua approvazione non sarebbe stata preceduta da idonea valutazione circa la effettiva necessità del rigassificatore nel quadro globale delle scelte e della pianificazione energetica nazionali. Le stesse indicazioni del Ministero delle Attività Produttive in ordine all’utilità di valutare in senso programmatico il progetto della Olt sarebbero state disattese, e l’autorizzazione sarebbe stata concessa sulla base di dati approssimativi e contraddittori.

Il motivo è infondato.

Il D.Lgs. n. 334/99, la cui applicabilità all’impianto Olt è pacifica fra le parti, prevede all’art. 9 che chiunque intende realizzare uno stabilimento in cui siano presenti sostanze pericolose, prima di dare inizio alla costruzione degli impianti, oltre a tutte le autorizzazioni previste dalla legislazione vigente, deve ottenere il nulla osta di fattibilità di cui al successivo articolo 21 co. 3, e a tal fine, fa pervenire all'autorità competente un rapporto preliminare di sicurezza; al secondo comma la norma statuisce che, prima di dare inizio all'attività, il gestore, al fine di ottenere il parere tecnico conclusivo, presenta alla medesima autorità il rapporto di sicurezza, integrando eventualmente quello preliminare. Condizione per la costruzione degli impianti è, come si vede, il solo rilascio del nulla osta di fattibilità, regolarmente rilasciato alla controinteressata Olt il 5 novembre 2003 dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco – Direzione Regionale Toscana – Firenze con una serie di prescrizioni, fra cui (n. 4) quella relativa alla predisposizione di una specifica pianificazione dell’emergenza: tale pianificazione di emergenza accede al rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato che costituisce invece condizione per l’avvio dell’attività, come chiaramente si evince dal citato art. 9 co. 2 del D.Lgs. n. 334/99, nonché dal successivo art. 21 co. 3 ult. parte, secondo cui il Comitato che presiede alla valutazione, esaminato il rapporto definitivo di sicurezza, esprime il parere tecnico conclusivo e, qualora le misure che il gestore intende adottare per la prevenzione e la riduzione di incidenti rilevanti risultino nettamente inadeguate ovvero non siano state fornite le informazioni richieste, è vietato l’inizio dell’attività; e dall’art. 20 co. 1 dello stesso decreto, che, in relazione alla predisposizione del piano di emergenza esterno, presuppone come già avvenuta quella del piano di emergenza interno, avendo ancora una volta come punto di riferimento l’inizio dell’attività, e non della costruzione.

4.1. In senso contrario alla presunta carenza di un’adeguata valutazione dell’utilità del rigassificatore nel quadro della programmazione energetica nazionale, depongono le considerazioni rassegnate dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza di servizi del 14 aprile 2005, ove – messa in luce la necessità di avviare celermente la realizzazione di nuove infrastrutture di approvvigionamento di gas naturale liquido, la cui domanda sul mercato nazionale è in costante aumento – si evidenziava come non fossero ancora neppure iniziati i lavori degli unici due terminali già autorizzati, e come di tutte le altre iniziative avviate solo per quella di Olt la procedura autorizzativa fosse in dirittura di arrivo, a fronte di un fabbisogno in crescita tale da giustificare ampio spazio per progetti di terminali di rigassificazione in Italia.

Ulteriori valutazioni di tipo strategico sono poi contenute nel decreto di autorizzazione del 23 febbraio 2006, nel quale è ribadita la necessità di favorire la realizzazione del maggior numero possibile di rigassificatori, tenuto conto: della costante crescita della domanda nazionale di gas e del grado di quasi saturazione delle infrastrutture di approvvigionamento esistenti; dell’esigenza di diversificare le fonti dell’approvvigionamento anche in considerazione dei problemi con alcuni produttori internazionali; dell’opportunità di dare vita ad un eccesso strutturale dell’offerta di gas sul mercato nazionale, in modo da promuovere lo sviluppo di meccanismi concorrenziali e, in prospettiva futura, di trasformare l’Italia da centro di solo consumo a via di transito del gas verso i mercati centroeuropei e conseguire così vantaggi competitivi per il nostro paese; di consentire attraverso l’uso del gas naturale una riduzione delle emissioni in atmosfera e facilitare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto e dalle direttive europee sul miglioramento della qualità dell’aria.

Se, a questo, si aggiungono le valutazioni programmatiche contenute altresì nel decreto ministeriale di VIA del 15 dicembre 2004 e soprattutto, con dovizia di argomenti e documentazione, nel “documento conclusivo” della valutazione integrata condotta dalla Regione Toscana e oggetto della decisione n. 28 del 20 luglio 2004, le scarne notizie ed isolate giornalistiche che la ricorrente allega non possono, in assenza di elementi obiettivi a riscontro e supporto, rappresentare un valido indicatore di superficialità e manifesta irragionevolezza dell’azione amministrativa, e, con essa, del dedotto difetto di istruttoria, a maggior ragione considerato che si tratta di notizie le quali insistono su di un fenomeno – il prefigurato eccesso dell’offerta di gas naturale – che invece le amministrazioni procedenti in qualche misura auspicano e giustificano proprio nella prospettiva del perseguimento di obiettivi strategici.

5. Con il quinto motivo (rubricato “sub” 4), è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.M. 3 maggio 1984, recante la disciplina degli allibi di oli minerali e di gas compressi e liquefatti, la quale conterrebbe un divieto relativo al gas naturale liquido.

La censura non può tuttavia essere accolta alla luce delle modifiche apportate alla disciplina in questione dal D.M. 6 febbraio 2006, anteriore al rilascio dell’autorizzazione in favore della controinteressata, il quale ha incluso il metano (principale componente del gas naturale) tra i prodotti per i quali è consentito il trasferimento da una nave all’altra senza necessità di specifica richiesta. In generale, non va poi dimenticato che il rigassificatore progettato dalla Olt è sì costituito da una nave, la quale, essendo stabilmente ancorata al fondo marino, perde la principale caratteristica del mezzo di trasporto, vale a dire la mobilità da un luogo all’altro, per assumere la diversa funzione dell’impianto fisso di immagazzinamento e trasformazione del gas liquefatto, come tale soggetto alla disciplina degli impianti a rischio dettata dal D.Lgs. n. 334/99; per conseguenza il ricorso all’analogia, che vale per estendere ad un impianto siffatto alcune delle norme in materia di trasferimento di gas tra navi (allibo in senso tecnico), non si attaglia a quelle disposizioni – come l’invocato art. 23 del citato D.M. 3 maggio 1984 – che presuppongono la destinazione attuale della nave al trasporto delle merci. Tale destinazione manca del tutto per la nave sulla quale è realizzato il rigassificatore, trasformata in piattaforma “offshore” capace di ruotare intorno al proprio asse, ma non di spostarsi: per questo, l’autorizzazione all’allibo non può rappresentare una condizione per l’esercizio del rigassificatore, che per questo aspetto è assimilabile ad una struttura stabile, fermo restando che detta autorizzazione dovrà di volta in volta essere ottenuta dalle navi gasiere dirette all’impianto per l’approvvigionamento (si vedano al riguardo le disposizioni contenute nel D.M. 2 agosto 2007, che ha sostituito, abrogandolo, il D.M. 3 maggio 1984).

5.1. L’associazione ricorrente sostiene altresì che, non possedendo alcun titolo di disponibilità dello specchio d’acqua da trasformare in sito industriale, la controinteressata neppure sarebbe stata legittimata a richiedere l’autorizzazione per l’esercizio del terminale.

Il motivo è fondato per quanto di ragione.

Si è già osservato, e deve essere ribadito, che il progetto Olt non prevede l’utilizzo o il riutilizzo di un sito industriale preesistente, ma la realizzazione di un impianto di rigassificazione galleggiante, posizionato in mare, il che induce ad escluderne l’inquadramento nella previsione dell’art. 8 della legge n. 340/00 ai fini della semplificazione procedurale ivi prevista: i referenti normativi applicabili alla fattispecie vanno piuttosto rinvenuti nella disciplina generale posta dalla legge n. 9/91 per i nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e le nuove installazioni di gas naturale liquefatto, ed in particolare nel regolamento attuativo (D.P.R. n. 420/94) laddove, all’art. 4, prevede che la concessione per la costruzione degli impianti venga rilasciata solo quando sia comprovata da parte del richiedente la disponibilità del suolo.

Trattandosi di impianto ubicato in sito marino, la disponibilità del suolo non può che farsi coincidere, in via di interpretazione estensiva, con quella della corrispondente zona di mare, ma è pacifico che al momento del rilascio dell’autorizzazione impugnata la Olt fosse sprovvista della relativa concessione demaniale marittima, ed anzi è lo stesso provvedimento autorizzatorio che prescrive alla controinteressata di munirsene. Il provvedimento impugnato risulta perciò illegittimo nella parte in cui pretende di trasformare un vero e proprio presupposto per l’assentibilità dell’impianto in una sorta di condizione di efficacia avverabile “ex post”, esonerando surrettiziamente l’amministrazione procedente dalla verifica preventiva – richiesta dal regolamento – circa la effettiva disponibilità del sito destinato ad accogliere l’impianto. Né in contrario rileva la circostanza del successivo rilascio della concessione demaniale, la legittimità del provvedimento dovendo essere vagliata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, in conformità con i principi generali (si noti che, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 42 co. 4 lett. b) della l.r. n. 39/05, le norme procedurali di cui al D.P.R. n. 420/94 trovano applicazione anche per le procedure di autorizzazione unica di competenza regionale e provinciale, di talché anche in relazione allo “jus superveniens” le conclusioni esposte non mutano).

6. Con il sesto motivo, la ricorrente deduce la violazione della legge n. 108/01, di ratifica della Convenzione internazionale sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998, nonché dell’art. 23 del D.Lgs. n. 334/99, per non avere le amministrazioni procedenti consentito alle popolazioni interessate dalla costruzione del rigassificatore di partecipare ai processi decisionali esprimendo il loro parere su scelte implicanti notevoli ricadute sulla salubrità dell’ambiente e sulla sicurezza del territorio.

Le parti resistenti replicano, sostenendo che la consultazione delle popolazioni interessate dovrebbe ritenersi assorbita nel procedimento di VIA, nell’ambito del quale la Olt ha fatto pubblicare sui quotidiani “La Repubblica” ed “Il Tirreno” l’avviso dell’avvenuto deposito della documentazione inerente il proprio progetto presso gli uffici regionali, in assenza di osservazioni da parte del pubblico. D’altro canto, i principi in materia di partecipazione degli interessati al procedimento non dovrebbero applicarsi meccanicamente e formalisticamente, ma in prospettiva sostanzialistica, quindi ai fini indicati dalla ricorrente rileverebbe appunto il rispetto delle garanzie previste dalla procedura di VIA, a questo dovendosi aggiungere –la tesi è sostenuta dalla difesa della società Olt – che la stessa ubicazione dell’impianto a distanza dalla terraferma precluderebbe l’applicazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 334/99 cit..

Anche tale censura è fondata.

La Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, all’art. 6 stabilisce, con disposizione immediatamente precettiva, che ogni decisione relativa ad una serie di attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull’ambiente e dettagliatamente elencate, fra cui quelle relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato. Per "pubblico interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende il pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo. L’informazione dovuta riguarda, in particolare:

a) l'attività proposta e la richiesta su cui sarà presa una decisione;

b) la natura delle eventuali decisioni o il progetto di decisione;

c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione della decisione;

d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali disponibili sull'attività proposta;

e) l'assoggettamento dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello nazionale o transfrontaliero.

La controinteressata assume di aver ottemperato ai suoi obblighi di informazione in materia ambientale mediante la pubblicazione su due quotidiani dell’avviso delle comunicazioni inviate alle amministrazioni procedenti ai fini della valutazione dell’impatto ambientale del progetto, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 349/86. L’efficacia delle modalità di informazione adottate appare, tuttavia, quantomeno discutibile in relazione alle esigenze tutelate dalla Convenzione, sia sotto il profilo del contenuto e, in special modo, della trasmissione diretta al pubblico delle informazioni ambientali disponibili sull’attività proposta (si veda il sopra citato art. 6 co. 2 n. vi) della Convenzione), sia sotto il non meno rilevante profilo della esiguità del termine di trenta giorni per consentire al pubblico stesso di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale, come previsto dal medesimo art. 6 al comma terzo. La fondatezza di tali incertezze è confermata dalle modifiche recentemente apportate alla disciplina interna della VIA dal D.Lgs. n. 4/08, correttivo del D.Lgs. n. 152/06, che ha introdotto l’obbligo di fornire al pubblico non più il semplice annuncio della comunicazione inviata alle autorità, ma la notizia del progetto, con una breve descrizione dello stesso e dei suoi possibili principali impatti ambientali, ed ha prolungato a sessanta giorni il termine per la presentazione di osservazioni e di elementi conoscitivi e valutativi, in modo da contemperare le contrapposte esigenze di celerità dell’istruttoria e di fattiva partecipazione degli interessati; dovendosi pertanto concludere che le pubblicazioni effettuate all’interno della procedura di autorizzazione del rigassificatore Olt rappresentano una forma inadeguata di pubblicità rispetto al criterio di efficacia posto dalla Convenzione del 25 giugno 1998, se il termine di trenta giorni per la formulazione di osservazioni viene parametrato alla novità e complessità della materia trattata, la quale ha richiesto alle amministrazioni procedenti quasi due anni per addivenire alla sola pronuncia di VIA, e più di tre anni per la definizione del procedimento autorizzativo nel suo complesso (mancando ancora la concessione demaniale).

6.1. Nella prospettiva della Convenzione, gli aspetti attinenti alla tutela ambientale “strictu sensu” sono peraltro indissolubilmente legati con quelli riguardanti lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone, e sul medesimo piano si muove altresì il legislatore comunitario nella misura in cui, con la Direttiva 96/82/CE, ha imposto agli Stati membri una disciplina comune in materia di prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con l’utilizzo di determinate sostanze pericolose, onde limitarne le possibili conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il legislatore nazionale ha dato attuazione a detta Direttiva mediante il D.Lgs. n. 334/99, in precedenza già citato, che all’art. 23 richiede la consultazione delle popolazioni interessate nei casi di elaborazione di progetti relativi a nuovi stabilimenti in cui siano presenti sostanze pericolose, ovvero, per quanto qui interessa, di creazione di nuovi insediamenti e infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti. Il parere delle popolazioni interessate deve essere espresso nell’ambito del procedimento di formazione dello strumento urbanistico o del procedimento di valutazione di impatto ambientale con le modalità stabilite dalle regioni o dal Ministro dell'ambiente, secondo le rispettive competenze, che possono prevedere la possibilità di utilizzare la conferenza di servizi con la partecipazione dei rappresentanti istituzionali, delle imprese, dei lavoratori e della società civile, qualora si ravvisi la necessità di comporre conflitti in ordine alla costruzione di nuovi stabilimenti, alla delocalizzazione di impianti nonché alla urbanizzazione del territorio.

Dal punto di vista sistematico, il fatto che la norma rimetta all’autorità competente l’individuazione delle modalità per la espressione del parere è chiaramente sintomatico, ad avviso del collegio, della non perfetta sovrapponibilità delle valutazioni relative all’impatto ambientale e di quelle relative alla immediata pericolosità dell’opera per l’uomo, oltre che per l’ambiente, giacché, in caso contrario, sarebbe stato sufficiente rinviare per le modalità procedimentali alle disposizioni vigenti in tema di VIA; il dato lessicale (“consultazione della popolazione”), unitamente alla possibilità di aprire la conferenza di servizi ai rappresentanti delle imprese, dei lavoratori, della società civile, indica d’altro canto l’esigenza che l’amministrazione si faccia portatrice di un ruolo di promozione del coinvolgimento consapevole del pubblico inteso nella sua dimensione collettiva, o comunque nella sua articolazione in categorie esponenziali, piuttosto che delle iniziative isolate di singoli cittadini. In ragione della specificità delle esigenze tutelate, l’art. 23 in esame deve essere pertanto letto nel senso che le amministrazioni procedenti sono onerate di sollecitare la partecipazione popolare sul particolare tema della prevenzione degli incidenti, previa comunicazione delle informazioni sulle misure di sicurezza da adottare, attraverso forme efficaci di coinvolgimento collettivo; le forme della partecipazione debbono inoltre tenere conto della complessità delle questioni tecniche da esaminare e della eventualità che gli interessati debbano rivolgersi ad esperti anche solo per essere in condizione di apprezzare i margini di rischio legati all’intervento, e formarsi in proposito un’opinione seria e documentata, con i tempi minimi che ciò comporta. Se, pertanto, la mancata predeterminazione delle modalità di raccolta dei pareri è il mezzo per calibrare la partecipazione sulle esigenze del caso concreto, a fronte del progetto di un’opera come quella di un rigassificatore “offshore”, connotata da forti implicazioni sul piano dell’impatto ambientale e della sicurezza, la pubblicazione in fase di VIA dell’annuncio di avvenuta comunicazione – strumento di conoscibilità e non di conoscenza degli elementi essenziali del progetto – ed il breve termine di trenta giorni per le osservazioni non assolvono adeguatamente al compito di mettere la popolazione in grado di pronunciarsi in maniera consapevole, con la conseguenza che il parere delle popolazioni interessate sulla realizzazione di impianti pericolosi non può in nessun caso considerarsi assorbito, stante anche la evidenziata diversità dell’oggetto, dagli adempimenti richiesti dall’art. 6 l. 349/86.

7. In forza di tutte le considerazioni che precedono, e nei loro limiti, il ricorso può trovare accoglimento e l’autorizzazione impugnata deve essere annullata. Avuto riguardo ai motivi accolti, l’annullamento non travolge gli atti presupposti oggetto di gravame.

La novità della materia giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla l’impugnato decreto ministeriale del 23 febbraio 2006.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente
Vincenzo Fiorentino, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
 


 

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