Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
TAR VALLE D'AOSTA, 16 aprile 2008, sentenza n. 33
RIFIUTI - Materiali litoidi provenienti da disalveo - Determinazione
ministeriale che impone apoditticamente l’osservanza della normativa sui rifiuti
- Contrasto con gli artt. 185 e 186 del d.lgs. n. 152/2006 - D.lgs. n. 4/2008.
La determinazione ministeriale (nella specie, D.M. A.T.T. 3 luglio 2007) con
il quale si stabilisce che "i materiali inerti da scavo e i materiali
provenienti da operazioni di disalveo sono considerati rifiuti e pertanto devono
essere gestiti ai sensi della vigente normativa sui rifiuti", è apodittica e
contrasta con le prescrizioni di cui agli articoli 185 e 186 del d.lgs.
152/2006, anche nel testo risultante a seguito delle modifiche introdotte con il
cd. secondo correttivo di cui al d.lgs. n. 4/2008. Tali disposizioni, infatti,
fanno degli opportuni distinguo fra materiale inquinato e non, ai fini della
loro qualificazione quali “rifiuti” e del loro conseguente utilizzo: se i
materiali non sono contaminati ed hanno una destinazione ben definita, possono
essere sottratti alla disciplina generale sui rifiuti. Pres. Turco, Est.
Panunzio - Regione Autonoma Valle d’Aosta (avv. Gallo) c. Ministero
dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato) -
T.A.R. VALLE D’AOSTA - 16 aprile 2008, n. 33
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA VALLE D'AOSTA
(Sezione Unica)
N. 00033/2008 REG.SEN.
N. 00087/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero 87 del 2007 di registro generale, proposto dalla Regione
Autonoma Valle d'Aosta, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e
difesa dall’avv. Prof. Carlo Emanuele Gallo ed elettivamente domiciliata in
Aosta, presso la Regione Autonoma Valle d'Aosta, place Deffeyes, n. 1.
contro
Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, della Salute e delle
Attività Produttive, in persona dei rispettivi ministri pro-tempore, tutti
rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato ed elettivamente
domiciliati in Torino, corso Stati Uniti n. 45.
nei confronti
del comune di Emarese in persona del sindaco pro-tempore, non costituitosi
in giudizio.
per l'annullamento
del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 3
luglio 2007, prot. 3776/Qdv/M/DI/B, con il quale è stato autorizzato l'avvio dei
lavori previsti nel progetto per la messa in sicurezza permanente del Cratere
dell'Area A, presentato dalla Regione Autonoma della Valle d’Aosta, nella parte
in cui stabilisce, all'art. 1, primo comma, lettera b) che "i materiali inerti
da scavo e i materiali provenienti da operazioni di disalveo sono considerati
rifiuti e pertanto devono essere gestiti ai sensi della vigente normativa sui
rifiuti".
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura distrettuale dello
Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2008 il cons. Rosa Panunzio e
uditi, per le parti, i difensori come specificato nel verbale.
FATTO
La Regione Autonoma Valle d'Aosta ha chiesto al Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio l’autorizzazione per l'avvio dei lavori previsti
nell'elaborato progettuale "interventi di bonifica e messa in sicurezza
permanente. Integrazione del progetto preliminare e definitivo (prima fase)
della messa in sicurezza permanente del Cratere dell'Area A" nell'ambito degli
interventi di bonifica e messa in sicurezza permanente delle ex cave e delle
discariche di amianto.
Dopo la fase istruttoria, con decreto del 3 luglio 2007, il Ministro ha
autorizzato l'avvio dei lavori, stabilendo, però, all'art. 1, primo comma,
lettera b), che "i materiali inerti da scavo e i materiali provenienti da
operazioni di disalveo sono considerati rifiuti e pertanto devono essere gestiti
ai sensi della vigente normativa sui rifiuti".
Contro tale determinazione propone, la Regione, ricorso giurisdizionale,
deducendo i seguenti motivi di censura: violazione di legge, con riferimento
agli articoli 185 e 186 del d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, eccesso di potere per
travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti, illogicità,
contraddittorietà, difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione. La
limitazione contenuta nella prescrizione ministeriale costringe la Regione a
reperire altrove il materiale occorrente per la bonifica, non potendo più
utilizzare né il materiale da scavo né il materiale derivante da operazioni di
disalveo. La determinazione del ministero appare in contrasto con la disciplina
di cui al d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, dove l'art. 185 prevede, espressamente
che non rientra nel campo di applicazione della parte IV del decreto, e perciò
nella disciplina dei rifiuti, "il materiale litoide estratto dai corsi d'acqua,
bacini idrici ed alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità
competenti". Il successivo art. 186 prevede, inoltre, per quanto concerne il
materiale inerte proveniente da scavo, che detto materiale sia assoggettato alla
disciplina dei rifiuti soltanto allorché sia contaminato e non vi sia l'avvio
certo di operazioni di riutilizzo. L'illegittimità del provvedimento sussiste
anche in relazione alla prescrizione di cui al nuovo articolo 186 dello schema
di decreto correttivo del decreto legislativo n. 152/2006 approvato dal
Consiglio dei Ministri il 27 luglio 2007.
Si sono costituite in giudizio le amministrazioni statali intimate che, per il
tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, controdeducono alle tesi
esposte in ricorso e ne chiedono il rigetto, con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 13 marzo 2008, presenti i difensori delle parti, la
causa è stata assunta in decisione dal Tribunale.
DIRITTO
Con il presente ricorso impugna, la Regione Valle d'Aosta, il decreto del
Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 3 luglio 2007, con il
quale è stato autorizzato l'avvio dei lavori previsti nel progetto di bonifica,
presentato dalla Regione, del sito di Emarese, in particolare, dell'area di cava
del cratere A, nella parte in cui stabilisce, all'art. 1, primo comma, lettera
b) che: "i materiali inerti da scavo e i materiali provenienti da operazioni di
disalveo sono considerati rifiuti e pertanto devono essere gestiti ai sensi
della vigente normativa sui rifiuti".
Per la realizzazione di questo intervento di messa in sicurezza del cratere A la
Regione, al fine di limitare i costi e dovendo impiegare una grande quantità di
materiale inerte da scavo, intende utilizzare quello ricavato nel corso
dell'esecuzione di progetti di pertinenza regionale o comunale, ivi compresi i
lavori di manutenzione relativi ai corsi d'acqua, ai bacini idrici ed agli
alvei; la limitazione contenuta nella prescrizione ministeriale la costringe,
viceversa, a reperire altrove (presso altre regioni) il materiale occorrente per
la bonifica, non potendo più utilizzare né il materiale da scavo né il materiale
derivante da operazioni di disalveo, recuperato nell’ambito del suo territorio.
Con l'unico, articolato motivo di censura assume, l’interessata, che la
determinazione del ministero è in contrasto con la disciplina di cui al d. lgs.
3 aprile 2006 n. 152, dove l'art. 185 prevede, espressamente, che non rientra
nel campo di applicazione della parte IV del decreto, e perciò nella disciplina
dei rifiuti "il materiale litoide estratto dai corsi d'acqua, bacini idrici ed
alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità competenti"; e dove il
successivo art. 186 prevede, per quanto concerne il materiale inerte proveniente
da scavo, che sia assoggettato alla disciplina dei rifiuti soltanto allorché sia
contaminato, e non vi sia l'avvio certo di operazioni di riutilizzo.
L'illegittimità del provvedimento sussiste, sempre ad avviso della ricorrente,
anche in relazione alla prescrizione di cui al nuovo art. 186 dello schema di
decreto correttivo del decreto legislativo n. 152/2006, approvato dal Consiglio
dei Ministri il 27 luglio 2007 (oggi d. lgs. 16 gennaio 2008 n. 4), n quanto la
regione intende utilizzare materiale di scavo già immediatamente preordinato
all'attività di bonifica, senza necessità di alcun preventivo trattamento,
garantendo un elevato livello di tutela ambientale.
Il Collegio ritiene che le tesi della ricorrente siano fondate e che, pertanto,
debbano essere accolte.
In un primo tempo, la Regione Valle d'Aosta, nel corso del procedimento conclusi
con il decreto ministeriale impugnato, aveva proposto, per risolvere il problema
della bonifica del “cratere" di Emarese, l'utilizzazione di materiale di
dragaggio e di scavo, ma tale soluzione era stata ritenuta, dal rappresentante
del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nella
Conferenza di Servizi (ex art. 14 legge 241/90) del 13 luglio 2006, non
adeguata, perché i predetti materiali non rispettavano i limiti di cui al
decreto ministeriale n. 471/99 e "non sono stati sufficientemente
caratterizzati”.
Si trattava in effetti, come evidenziato nella memoria difensiva della stessa
amministrazione ricorrente, di materiale proveniente dal bacino idroelettrico di
Brusson, nel quale erano stati individuati metalli vari al di sopra dei limiti
previsti dalla normativa vigente il chè aveva indotto ad accantonare la
proposta.
E di ciò ne è prova il fatto che la stessa Regione, nella “Dichiarazione a
verbale” allegata alla suddetta Conferenza di servizi ha preso atto che "la
messa in sicurezza del cratere dovrà avvenire mediante l'uso di materiale da
scavo caratterizzato ed avente le caratteristiche richieste dell'art. 186, del
d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e/o da materiale naturale".
Tutto ciò premesso, appare al Collegio apodittica la prescrizione contenuta nel
provvedimento di autorizzazione all’avvio dei lavori, in base alla quale: "i
materiali inerti da scavo e i materiali provenienti da operazioni di disalveo
sono considerati rifiuti e pertanto devono essere gestiti ai sensi della vigente
normativa sui rifiuti".
In base all’art. 185 del d. lgs. 156/2006, comma 1, lett. l) , non rientra fra i
rifiuti: “Il materiale litoide estratto da corsi d'acqua, bacini idrici ed
alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità competenti;”.
L’art. 186, a sua volta recita: “1. Le terre e rocce da scavo, anche di
gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo
utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono
rifiuti e sono, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta
del presente decreto solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il
ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di
escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni
preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione
di impatto ambientale…sempreché la composizione media dell'intera massa non
presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti
dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3”.
Le disposizioni, come sopra riportate, fanno degli opportuni distinguo fra
materiale inquinato e non, ai fini della loro qualificazione quali “rifiuti” e
del loro conseguente utilizzo.
Né può essere condiviso l’assunto della difesa erariale laddove ritiene che la
prescrizione contestata sarebbe in linea con l'orientamento espresso dall'Unione
Europea, dalla Corte di Giustizia e con quanto stabilito nell’art. 185 e 186 del
decreto correttivo del codice dell'ambiente, approvato con d. lgs. 16 gennaio
2008, n. 4, dove i materiali inerti da scavo e i fanghi di dragaggio sarebbero
ex se da qualificarsi “rifiuti”.
In effetti è proprio la lettura anche di tali nuove disposizioni (l’art. 185
elenca le tipologie di materiali non ritenuti “rifiuti” ed il 186 indica i
limiti di utilizzabilità delle "terre e rocce da scavo") che induce a
contrastare la tesi dell'amministrazione intimata.
Nell'art. 185, primo comma, lettera c), si dispone che non rientrano nel campo
di applicazione della parte quarta del decreto, che disciplina i rifiuti: "i
materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore
ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di
manutenzione di alvei di scolo ed irrigui", ritenuti perciò materiali naturali.
Mentre, nell'art. 186, vengono elencate tutte le ipotesi in cui le "terre e
rocce da scavo" possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti,
rimodellazioni e rilevati, purché siano rispettate le condizioni
dettagliatamente elencate nello stesso articolo.
Per la parte che qui rileva ed a titolo esemplificativo, rinviando alla lettura
integrale del testo, invero molto articolato, tali materiali possono essere
utilizzati purchè: siano impiegati direttamente nell'ambito di opere o
interventi preventivamente individuati e definiti (lett. a) ; sia accertato che
non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica (lett.
e); le loro caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che il loro
impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità
delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di
tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli
habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato
che materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione
d'uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di
destinazione (lett. f).
Ciò che allora emerge dalla lettura complessiva della norma, e che indica
sopratutto il principio al quale il legislatore si è ispirato, è che, se tali
materiali non sono contaminati ed hanno una destinazione ben definita, possono
essere sottratti alla disciplina generale sui rifiuti.
Sotto questo profilo non appare al Collegio che siano state introdotte
significative modifiche al testo originario del decreto legislativo, ispirato
allo stesso principio.
Alla luce di tali considerazioni, così come evidenziato in ricorso, appare
ingiustificata e generica la prescrizione, contenuta nel provvedimento
impugnato, che esclude tout court e aprioristicamente la possibilità di
utilizzare materiali inerti da scavo e materiali provenienti da operazioni di
disalveo per la bonifica del sito di Emarese, ritenendoli sempre e comunque
"rifiuti", da assoggettare alla normativa vigente in materia.
Il ricorso è pertanto accolto, conseguentemente, è annullato – per la parte
contestata- il provvedimento impugnato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, per le parti
costituite, nella misura indicata in dispositivo; per il comune di Emarese, non
costituito, non è necessaria pronuncia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Valle d’Aosta accoglie il ricorso e,
per l'effetto, annulla l’art. 1, primo comma, lettera b) del decreto
Ministeriale indicato in epigrafe, nella parte in cui considera rifiuti i
materiali inerti da scavo e i materiali provenienti da operazioni di disalveo.
Condanna l'amministrazione intimata al pagamento delle spese di giudizio in
favore della Regione, che liquida forfetariamente nella misura di € 2.500,00
(duemilacinquecento/00) più IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Aosta, nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2008, con
l'intervento dei Magistrati:
Paolo Turco, Presidente
Rosa Panunzio, Consigliere, Estensore
Maddalena Filippi, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it