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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006

 

 

 

T.A.R. VENETO, Sez. III - 18 giugno 2008, n. 1801


RIFIUTI - Fanghi destinati allo spargimento - Impianti di stoccaggio e condizionamento - L. R. Veneto n. 3/2000 - Poteri della Provincia - Adeguatezza del progetto sotto il profilo tecnico ambientale - Funzioni urbanistiche - Non competono alla Provincia. Dalla disciplina della presentazione dei progetti per la realizzazione di impianti di stoccaggio e condizionamento dei fanghi destinati allo spargimento e dell’istruttoria per la loro approvazione (artt. 22 e 23 l.r.Veneto n. 3/00) si desume che la Provincia ha il compito di valutare l’adeguatezza del progetto presentato sotto un profilo precipuamente tecnico-ambientale: non è invece questa, ma la conferenza (che non è certamente un organo collegiale della Provincia) a sostituirsi (art. 23, II comma) alle autorità altrimenti competenti, come il Comune, ad esprimersi su altri profili. Ne segue allora che, se la conferenza, sia pure indebitamente, non sia stata convocata, non per questo l’Amministrazione provinciale potrà ritenersi investita di funzioni che, per legge, non le appartengono, tra cui quelle in materia di piano regolatore. Pres. De Zotti, Est. Gabricci - M.P. (avv.ti Rizzardi, Varotto e Veronese) c. Provincia di Venezia (avv.ti Brusegan e De Benetti) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 18 giugno 2008, n. 1801

 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Ric. n. 2320/2005

Sent. n. 1801/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:


Angelo De Zotti Presidente
Angelo Gabbricci Consigliere Relatore
Stefano Mielli Referendario

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nel giudizio introdotto con il ricorso 2320/05, proposto da Maria Pauletto, rappresentata e difesa dagli avv. ti Rizzardi, Varotto e Veronese, con domicilio eletto presso il loro studio in Venezia Marghera, via delle Industrie, 19/c


contro


la Provincia di Venezia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. ti Brusegan e De Benetti, con domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Venezia, S. Marco 2662,


per l’annullamento:
a) del provvedimento 13 luglio 2005, prot. n. 51038/05, con il quale la Provincia di Venezia ha respinto l’istanza per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di stoccaggio e condizionamento di fanghi biologici destinati all’utilizzo in agricoltura;
b) degli atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali ovvero comunque connessi.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’ atto di costituzione in giudizio della Provincia di Venezia;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 28 febbraio 2008 - relatore il consigliere avv. A. Gabbricci - l’avv. Ostan, in sostituzione di Veronese e Rizzardi, per la ricorrente e l’avv. Brusegan per la Provincia di Venezia;


ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO E DIRITTO


1.1. L’impresa individuale Pauletto Maria è stata autorizzata dalla Provincia di Venezia – determinazione dirigenziale 9 gennaio 2004, n. 966 – al prelievo, trasporto e spandimento su terreni agricoli di fanghi derivanti dalla depurazione di acque reflue, secondo quanto consentito dal d. lgs. 27 gennaio 1992, n. 99.
L’autorizzazione specifica dettagliatamente presso quali insediamenti produttivi i fanghi devono essere prelevati, presso quali aziende agricole possono essere sparsi, in che quantità e con quali modalità; fissa inoltre svariate ulteriori prescrizioni per l’esercizio della attività, sottoposta a puntuale controllo.


1.2. Lo spargimento dei fanghi – in sostanza, una concimazione – è intuitivamente correlato al ciclo delle coltivazioni e si effettua in primavera ed in autunno: scansione che, secondo quanto si legge nel ricorso in esame, mal si concilia con le esigenze degli stabilimenti da cui i fanghi devono essere prelevati ed allontanati con relativa continuità.


1.3. La Pauletto ha perciò chiesto di essere autorizzata a realizzare un impianto di stoccaggio e condizionamento dei fanghi destinati allo spargimento.
La Provincia di Venezia, acquisito il parere del Comune di S. Michele al Tagliamento, nel cui territorio l’impianto dovrebbe essere costruito, ha tuttavia respinto la richiesta con il provvedimento 13 luglio 2005, prot. n. 51038/05, del dirigente del settore politiche ambientali.


1.4. Il diniego richiama, anzitutto, la circostanza – risultante sia dalla relazione progettuale, sia dalla nota 26 aprile 2004 del Comune – che “l’ex Zuccherificio Eridania, nel quale è prevista l’installazione dell’impianto … ricade fra l’altro nella zona E, agricola, sottozona E6 agroindustriale del vigente strumento urbanistico … ed è soggetta a piano di recupero secondo l’art. 50 delle norme tecniche di attuazione”.
In seguito, prosegue il diniego, il Comune aveva fatto pervenire un’altra nota, in cui senza prendere una chiara posizione, si affermava che, ove l’attività richiesta dalla Pauletto fosse davvero da classificarsi come agroindustriale, essa sarebbe rientrata tra le destinazioni d’uso ammesse per il complesso ex Eridania.
La determinazione provinciale continua rilevando come i fanghi in questione, quale ne sia la provenienza, in tutte le fasi precedenti l’utilizzazione in agricoltura sono da considerare rifiuti, sicché le operazioni cui sono sottoposti prima di tale impiego non possono corrispondere ad attività assimilabili a quelle agroalimentari, ovvero agroindustriali: e tanto sarebbe confermato dalla circolare 4 agosto 1998, punto 1), lett. z), del Ministero dell’ambiente.
Così, in conclusione, a causa “della tipologia dei materiali dei quali si sono proposti lo stoccaggio e il condizionamento presso l’ex Zuccherificio Eridania e per i vincoli di tipo urbanistico ed edilizio” posti dalla disciplina del Comune di S. Michele al Tagliamento “si ritiene che le operazioni relative ai fanghi proposte … nell’edificio indicato non siano conformi alle norme ed agli strumenti citati”: cosicché la richiesta viene respinta.


1.5. Il provvedimento negativo della Provincia è stato impugnato con il ricorso in esame; l’Ente si è costituito in giudizio, concludendo per la reiezione.


2.1. Il primo motivo di ricorso è rubricato nella violazione dell’art. 10 bis l. 241/90: il diniego (la circostanza non è controversa) non è stato preceduto dal preavviso prescritto dalla predetta disposizione.


2.2. Nel motivo seguente si lamenta la violazione dell’art. 15 della l.r. 16 aprile 1985, n. 33, nonché dell’art. 27 del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e, ancora, l’eccesso di potere sotto il profilo del difetto d’istruttoria: il dirigente provinciale avrebbe assunto il provvedimento impugnato senza aver prima richiesto il parere della commissione tecnica provinciale per l’ambiente, asseritamente obbligatoria secondo il combinato disposto delle disposizioni testé citate.


2.3.1. A sua volta, il terzo motivo censura il provvedimento per illogicità ed eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e dello sviamento: in sintesi, la giustificazione, addotta dalla Provincia a fondare il diniego, esorbiterebbe dall’ambito della sua competenza.


2.3.2. Invero, come osserva la Pauletto, stante il rinvio contenuto nel citato d. lgs. 99/92, la procedura per l’autorizzazione d’un impianto di stoccaggio fanghi era all’epoca disciplinata dal d. lgs. 22/97 che, all’art. 27, attribuiva alle regioni la competenza sulle relative domande, prevedendo la convocazione di un’apposita conferenza di servizi per la valutazione dei progetti.


2.3.3. La Regione Veneto con la l.r. 3/00 ha attribuito gran parte dei propri poteri in materia alle province e, così, la competenza alla “approvazione dei progetti, e loro eventuali modifiche relativi a … 5) operazioni di stoccaggio di rifiuti” (art. 6, I comma, l.r. cit.).
Al capo V della stessa l.r. 3/00 ha poi previsto che la Provincia, per gli interventi di sua competenza, valuti, attraverso la prescritta istruttoria, i requisiti tecnici e l’ubicazione degli impianti da autorizzare, pervenendo quindi alla decisione.
Secondo la Pauletto, invero, la valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione sarebbe “espressamente volta a deliberare i profili ambientali” e, nel caso, che l’impianto di stoccaggio fanghi “non provochi fenomeni d’inquinamento del territorio”.


2.3.4. Ora, nel corso del procedimento concluso con l’atto gravato, sarebbe stato “puntualmente documentato quanto richiesto dal capo V della legge regionale 3/00; dalle relazioni prodotte si evince con certezza il rispetto dei principi di tutela del territorio di cui al d. lgs. n. 99/92 e al d. lgs. n. 22/97”.
La Provincia, infatti, non ha negato l’autorizzazione per motivi di ordine ambientale, ma per ragioni di natura urbanistica: l’unico motivo è infatti rappresentato dalle preclusioni asseritamente poste dal piano regolatore alla realizzazione dell’impianto, siano esse o meno esistenti.
Tuttavia, osserva la ricorrente, alla Provincia compete di valutare gli aspetti tecnico ambientali dell’intervento richiesto, e non quelli urbanistici; questi competono al Comune, che, peraltro, non ha assunto nel caso una posizione definitiva.


3.1. Orbene, non pare dubbio al Collegio che il procedimento de quo sia viziato per svariati profili, a partire dall’inosservanza delle norme sulla partecipazione, il cui rispetto avrebbe probabilmente consentito alla Pauletto di fornire all’Amministrazione elementi rilevanti anche sulla compatibilità urbanistica della sua attività, stante anche la posizione incerta assunta sul punto dal Comune, che pure, come si dirà, era evidentemente tenuto ad esprimersi univocamente sul punto.


3.2. Non è poi neppure legittimo che l’Amministrazione provinciale abbia deliberato senza aver prima convocato la commissione tecnica provinciale (l.r. 33/85), la quale deve esprimersi sul progetto presentato, giusta art. 23 l.r. 3/00: e le stesse difese dell’Amministrazione non hanno saputo giustificare tale omissione, se non affermando che la conclusione del procedimento non avrebbe potuto essere comunque diversa.
Una difesa, questa, peraltro da respingere se non altro perché della commissione – che svolge la funzione di conferenza di servizi - avrebbe dovuto far parte il sindaco del Comune interessato, il quale avrebbe potuto cospicuamente influire sul parere conclusivo, sebbene la destinazione urbanistica non sia di per sè risolutiva, poichè ex art. 27, V comma, l. 22/97, l’approvazione del progetto, sulla base delle risultanze della conferenza (ma non necessariamente in conformità alla stessa) costituisce, ove occorra, “variante allo strumento urbanistico comunale”, a conferma che la destinazione di piano di per sé non può impedire l’approvazione dell’intervento.


3.3. Da ultimo, come pure ben osserva la ricorrente, alla Provincia sono assegnate specifiche competenze in materia ambientale, ma non urbanistica.
In particolare, dalla disciplina della presentazione dei progetti e dell’istruttoria per la loro approvazione (artt. 22 e 23 l.r. 3/00) si desume che la Provincia ha il compito di valutare l’adeguatezza del progetto presentato sotto un profilo precipuamente tecnico-ambientale: non è invece questa, ma la conferenza (che non è certamente un organo collegiale della Provincia) a sostituirsi (art. 23, II comma) alle autorità altrimenti competenti, come il Comune, ad esprimersi su altri profili.
Ne segue allora che, se la conferenza, sia pure indebitamente, non sia stata convocata, non per questo l’Amministrazione provinciale potrà ritenersi investita di funzioni che, per legge, non le appartengono, tra cui, appunto, quelle in materia di piano regolatore: sicché, sotto tale profilo, anche il terzo motivo può trovare accoglimento.


3.4. Nel quarto motivo la ricorrente intende dimostrare come il suo impianto fosse comunque compatibile con la destinazione di piano.
La censura deve peraltro ritenersi assorbita, giacché la sentenza impone la rinnovazione del procedimento con l’intervento di soggetti che non hanno partecipato al giudizio e che da questo non possono essere vincolati.


4. Il ricorso va dunque accolto; le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe impugnato sub a.
Condanna la Provincia di Venezia alla rifusione delle spese di lite, in favore della ricorrente, liquidandole in € 4.500,00 per diritti, onorari e spese generali, ed in € 300,00 per spese anticipate, oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio addì 28 febbraio 2008.


Il Presidente

l’Estensore

Il Segretario

 

 


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