Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
TAR VENETO, Sez. I, 28 febbraio 2008, sentenza n. 493
ENERGIA ELETTRICA - Elettrodotti - D.P.C.M. 8 luglio 2003 - Fasce di
rispetto per gli elettrodotti - Operatività - Esclusione - Mancata approvazione
ministeriale di cui all’art. 6, ult. comma. La disciplina di cui al D.P.C.M.
8 luglio 2003, per quanto segnatamente attiene ai “parametri per la
determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti”, non è ad oggi
operativa, non essendo ancora intervenuta l’approvazione ministeriale prevista
dall’ultimo comma dell’art. 6 del decreto in esame. Nella perdurante assenza di
una disciplina sostanziale e procedimentale in materia, il controllo dell’A.R.P.A.
sul rispetto dei limiti di qualità dichiarati da Enel Distribuzione potrà
utilmente compiersi anche dopo la realizzazione dell’elettrodotto e in costanza
del suo funzionamento. Pres. Amoroso, Est. Rocco - A.M. e altri (avv.ti Ceruti e
Acerboni) c. Provincia di Vicenza (avv.ti Balzani, Molisani, Mistrorigo e
Fracasso) - T.A.R. VENETO, Sez. I - 28 febbraio 2008, n. 493
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Autotutela - Violazione
del diritto comunitario - Deroga al principio del consolidamento dei
provvedimenti non impugnati - Inconfigurabilità. Il principio del
consolidamento dei provvedimenti non impugnati e della non doverosità
dell'attivazione del procedimento di autotutela non viene derogato quando il
vizio dedotto è costituito dalla violazione del diritto comunitario. Anche
nell'ordinamento comunitario la sola illegittimità dell’atto non è elemento
sufficiente per giustificare la sua rimozione in via amministrativa, in quanto è
necessaria una attenta ponderazione degli altri interessi coinvolti, tra cui
quello del destinatario che ha fatto affidamento sul provvedimento illegittimo.
Né si può sostenere che il provvedimento adottato in violazione del diritto
comunitario sia nullo, in quanto l'entrata in vigore dell'art. 21 septies della
Legge 241 del 1990, introdotto dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15, ha codificato le
ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, che costituiscono quindi un
numero chiuso e all'interno delle quali non rientra il vizio consistente nella
violazione del diritto comunitario (Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2006 n. 1023).
Pres. Amoroso, Est. Rocco - A.M. e altri (avv.ti Ceruti e Acerboni) c. Provincia
di Vicenza (avv.ti Balzani, Molisani, Mistrorigo e Fracasso) - T.A.R. VENETO,
Sez. I - 28 febbraio 2008, n. 493
V.I.A. - Obblighi di verifica ambientale - Procedimento autorizzatorio avviato
prima dell’insorgenza dell’obbligo - Effetti. Gli obblighi di verifica
ambientale non possono essere opposti a progetti il cui procedimento
autorizzativo abbia avuto inizio prima della loro insorgenza (cfr. TAR Veneto,
n. 3587/2006; Corte di Giustizia CE, causa C-209/04; nella specie, è stata
esclusa la necessità di VIA per un elettrodotto esterno di lunghezza inferiore a
10 km, con tensione nominale superiore a 100 KV: l’obbligo è stato infatti
introdotto dalla novella alla L.R. Veneto n. 10/99, introdotta con LR. 24/2000,
mentre il procedimento autorizzativo era stato avviato nel 1999) - Pres.
Amoroso, Est. Rocco - A.M. e altri (avv.ti Ceruti e Acerboni) c. Provincia di
Vicenza (avv.ti Balzani, Molisani, Mistrorigo e Fracasso)- T.A.R. VENETO,
Sez. I - 28 febbraio 2008, n. 493
ENERGIA ELETTRICA - Elettrodotti - Progetto di interramento - Sottoposizione a
VIA - Esclusione. La domanda relativa alla variante di un elettrodotto,
riguardante esclusivamente il progetto di interramento di un tratto di linea,
non rileva ai fini della procedura di VIA, posto che la stessa, per esplicita
disposizione della L.R. 10 del 1999 e dell’Allegato II della Direttiva CEE
85/337, riguarda solamente gli elettrodotti aerei e non quelli in cavo
interrato. Pres. Amoroso, Est. Rocco - A.M. e altri (avv.ti Ceruti e Acerboni)
c. Provincia di Vicenza (avv.ti Balzani, Molisani, Mistrorigo e Fracasso) -
T.A.R. VENETO, Sez. I - 28 febbraio 2008, n. 493
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL VENETO
prima Sezione
Ricorso n. 2191/2006
Sent. n. 493/08
con l’intervento dei signori:
Bruno Amoroso Presidente
Elvio Antonelli Consigliere
Fulvio Rocco Consigliere, Estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. 2191/2006 , proposto da Anzolin Michele, in proprio nonché
quale Presidente pro tempore del “Comitato No all’Elettrodotto lungo Via
Cornetto e Via Ortigara di Valdagno”, e da De Marchi Adriano, Novella Marco,
Pellizzari Ugo, Peruzzo Sergio, Venezia Francesco e Wegher Paolo, tutti
rappresentati e difesi dall’Avv. Matteo Ceruti e dall’Avv. Francesco Acerboni,
con elezione di domicilio presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, Santa
Croce n. 312/A,
contro
la Provincia di Vicenza, in persona del suo pro tempore , costituitosi in
giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Balzani, dall’Avv. Maria
Elisabetta Molisani, dall’Avv. Paola Mistrorigo e dall’Avv. Giorgio Fracasso,
tutti dell’Avvocatura Provinciale, con elezione di domicilio in Venezia-Mestre
presso lo studio dell’Avv. Antonio Sartori, Calle del Sale n. 33,
e nei confronti di
- Enel Distribuzione S.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro
tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. Carla Funes,
dall’Avv. Giovanni Boldon Zanetti, dall’Avv. Giuseppe de Vergottini e dall’Avv.
Cesare Caturani, con elezione di domicilio in Venezia presso l’Ufficio legale di
Enel Distribuzione S.p.a., Dorsoduro n. 3488/U;
- la Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro
tempore, non costituitosi in giudizio;
- il Comune di Valdagno, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in
giudizio,
per l’annullamento
della determina del Dirigente preposto al Dipartimento Territorio e Ambiente
della Provincia di Vicenza Prot. n. 40538-n. 105 dd. 5 luglio 2006, recante
proroga di 24 mesi dei termini per il completamento delle espropriazioni e dei
relativi lavori di costruzione della derivazione a 132 KV per l’esistente cabina
denominata “Valdagno” della linea elettrica a 132 KV Schio – Bussolengo e per il
raccordo della cabina medesima alla linea elettrica a 132 KV Schio – Manifatture
Marzotto, nei Comuni di Valdagno e di Cornedo Vicentino; nonché di ogni altro
atto presupposto e conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati, notificato il 7 novembre 2006 e
depositato il 15 novembre 2006;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Vicenza e di Enel
Distribuzione S.p.a.;
visti i motivi aggiunti di ricorso proposti avverso la nota del Dirigente
preposto al Dipartimento territorio e ambiente della Provincia di Vicenza Prot.
n. 9345 dd. 14 febbraio 2007 di non assoggettare valutazione di impatto
ambientale ovvero a verifica di valutazione ambientale la predetta derivazione a
132 KV per l’esistente cabina denominata “Valdagno” della linea elettrica a
132KV Schio – Bussolengo e per il raccordo della cabina medesima alla linea
elettrica a 132 KV Schio – Manifatture Marzotto, nei Comuni di Valdagno e di
Cornedo Vicentino, con conseguente reiezione della richiesta avanzata in tal
senso in data 9 novembre 2006 dal “Comitato No all’Elettrodotto lungo Via
Cornetto e Via Ortigara di Valdagno”;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza dell’8 novembre 2007, (relatore il consigliere
Fulvio Rocco) l’Avv. M. Ceruti per i ricorrenti, l’Avv. P. Mistrorigo per la
Provincia di Vicenza e l’Avv. G. Boldon Zanetti per Enel Distribuzione S.pa. ;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. I ricorrenti, Signori Michele Anzolin, Adriano De Marchi, Marco Novella,
Ugo Pellizzari, Sergio Peruzzo, Francesco Venezia e Paolo Wegher, espongono di
risiedere in Via Cornetto a Valdagno (Vicenza), rispettivamente ai civici nn.
53, 28, 55, 9, 59/A, 48 e 13.
Gli stessi affermano che immediatamente a ridosso delle proprie abitazioni,
nonché degli altri edifici comunque esistenti sulla stessa Via, è prevista la
posa dei cavi interrati relativi alla realizzanda derivazione a 132 KV per
l’esistente cabina denominata “Valdagno” della linea elettrica a 132KV Schio –
Bussolengo e per il raccordo della cabina medesima alla linea elettrica a 132 KV
Schio – Manifatture Marzotto, nei Comuni di Valdagno e di Cornedo Vicentino.
I ricorrenti affermano che sussisterebbe, pertanto, un “evidente pregiudizio,
anche in termini ambientali ed igienico-sanitari, oltre che
economico-patrimoniali, derivante dalla realizzazione dei lavori” conseguenti, e
pertanto, anche di un loro “interesse personale, concreto ed attuale … ad
impugnare” i relativi atti (cfr. pag. 4 dell’atto introduttivo del presente
giudizio).
Il ricorrente Michele Anzolin precisa – altresì – di agire anche quale
Presidente pro tempore del “Comitato No all’Elettrodotto lungo Via Cornetto e
Via Ortigara di Valdagno”, costituito al fine della tutela della salute dei
residenti “anche impedendo la realizzazione dell’elettrodotto” di cui trattasi
(cfr. ibidem).
Ciò premesso, i ricorrenti espongono pure che la costruzione e l’esercizio
dell’elettrodotto di cui trattasi risultano autorizzati per effetto del decreto
del Presidente della Giunta regionale n. 903 dd. 11 luglio 2003 (cfr. doc. 5 di
parte ricorrente) e che l’opera consisterebbe, per quanto qui segnatamente
interessa, nella realizzazione di un primo tratto di circa 4 Km. in linea aerea,
di un secondo tratto di circa 1,4 Km. in ¬cavo sotterraneo, e di un terzo tratto
di circa 200 metri parimenti in sotterraneo e con un tracciato di posa parallelo
alla viabilità esistente.
I ricorrenti rilevano che tale approvazione sarebbe intervenuta in assenza della
preventiva valutazione di impatto ambientale – asseritamente necessaria - e
malgrado i pareri contrari dei Comuni interessati di Cornedo Vicentino e di
Valdagno, il quale – in particolare – con nota Prot. n. 20702 dd. 6 giugno 2002
a firma del Sindaco e sottoscritta anche dal Sindaco del Comune di Cornedo
Vicentino avrebbe evidenziato il notevole impatto paesaggistico del tratto aereo
ed il mancato rispetto delle distanze minime previste dalla legge per il tratto
interrato che attraverserebbe aree residenziali densamente abitate (cfr. ibidem,
doc. 3).
I ricorrenti riferiscono che i termini assegnati dal decreto regionale di
autorizzazione (rispettivamente: otto mesi per l'inizio dei lavori e per l’avvio
delle procedure di esproprio, nonchè trentasei mesi per la relativa ultimazione)
non sono stati rispettati e che, pertanto, con istanza in data 13 febbraio 2006
Enel Distribuzione S.p.a. – costruttrice dell’opera ha richiesto la proroga di
24 mesi del termine di completamento delle espropriazioni e dei lavori adducendo
di non aver raggiunto un accordo bonario con alcuni proprietari dei terreni
espropriandi (cfr. ibidem, doc. 9).
Malgrado le osservazioni negative formulate dai soggetti interessati, con
determina n. 105 del 5 luglio 2006 il Dirigente preposto al Dipartimento
territorio e ambiente della Provincia di Vicenza ha concesso ad Enel
Distribuzione S.p.a. la proroga richiesta
1.2. Ciò posto, con l’impugnativa in epigrafe i ricorrenti chiedono
l’annullamento di tale ultimo provvedimento di proroga, deducendo al riguardo
quanto segue.
A) Violazione dell’art. 10 della L.R. 6 settembre 1991 n. 24 e dell’art. 13
della L. 25 giugno 1865 n. 2359, nonché eccesso di potere per mancanza del
presupposto e difetto ed illogicità della motivazione.
I ricorrenti richiamano l’art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359, in forza del
quale la proroga dei termini per il compimento dei lavori ed il completamento
delle espropriazioni può avvenire solo “per causa di forza maggiore o per altre
ragioni indipendenti dalla volontà dei concessionari”, ed evidenziano che a tale
norma di principio si conforma pure l’art. 10, comma 4, della L.R. 6 settembre
1991 n. 24, recante la disciplina di fonte regionale in materia di realizzazione
di elettrodotti, laddove – per l’appunto – dispone che “i termini previsti dalla
dichiarazione di pubblica utilità, ove non possano essere osservati per causa di
forza maggiore o per altre cause indipendenti dalla volontà del titolare
dell'autorizzazione .. possono essere prorogati”.
I ricorrenti evidenziano – altresì - che la giurisprudenza ha sempre
interpretato in modo rigorose le suddette previsioni, precisando che le
motivazioni della proroga dei termini debbono consistere in obiettive difficoltà
al compimento degli atti espropriativi, in alcun modo dipendenti dalla volontà
del soggetto espropriante (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez IV, 21 luglio 1997 n.
724; TAR Sardegna, Sez. I, 22 giugno 2001 n. 730 e 23 marzo 2004 n. 391).
I ricorrenti inoltre rilevano che, per contro, nel caso di specie Enel
Distribuzione ha chiesto in data 13 febbraio 2006 di prorogare di 24 mesi i
termini di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità previsti nel
predetto decreto del presidente della Giunta Regionale n. 903 del 2003
affermando che con tre proprietari dei terreni interessati non era stato
raggiunto l’accordo bonario per la realizzazione dell’elettrodotto, che di
conseguenza nei confronti di questi ultimi era iniziata la pratica per
l’acquisizione coattiva delle servitù di elettrodotto e che risultava quindi
indispensabile proseguire l’iter di asservimento amministrativo.
I ricorrenti rilevano che secondo la giurisprudenza l’impossibilità di pervenire
all’acquisizione in via bonaria delle aree necessarie all’esecuzione dei lavori
non integrerebbe un’ipotesi di caso di forza maggiore o di un fatto indipendente
dalla volontà dell’espropriante, ossia non sarebbe riconducibile a nessuna delle
due condizioni in presenza delle quali la legge ammette la proroga dei termini.
In tal senso, il tentativo di acquistare in via bonaria le aree per le quali è
già stata avviata. la procedura espropriativa e disposta l’occupazione d'urgenza
andrebbe riguardata quale scelta discrezionale del soggetto espropriante,
riconducibile alla sola volontà di quest’ultimo e non già a causa di forza
maggiore (cfr. ad es. la sentenza n. 2891 dd. 10 giugno 2002, resa da questa
stessa Sezione e confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2003 n. 8462;
cfr., altresì, Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2002 n. 5755 e Trib. Sup. Acque
Pubbliche 5 marzo 2002 n. 28).
I ricorrenti non sottacciono che il provvedimento impugnato incentra la propria
motivazione non tanto sulle argomentazioni portate dalla domanda di proroga
presentata da Enel Distribuzione, quanto sull’assunto che “il mancato
completamento delle procedure di espropriazione non sarebbe imputabile alla
Società richiedente, tenuto conto che la scadenza dei termini di inizio
espropriazioni è stata posticipata all’11 novembre 2005 a seguito di concessione
di proroga da parte del dirigente regionale con nota del 9 marzo 2004, avendo il
Ministero per i beni Culturali ed Ambientali sospeso il parere di competenza in
attesa di integrazioni e chiarimenti”: essi, peraltro, reputano che anche tale
affermazione non possa fondare la concessione della proroga in questione, posto
che il ritardo della pronuncia da parte della Soprintendenza sarebbe imputabile
in via esclusiva alla stessa Enel Distribuzione.
I ricorrenti riferiscono in tal senso che la controinteressata avrebbe
inizialmente prodotto alla Soprintendenza una documentazione carente,
presentando poi con un ritardo di ben oltre un anno la documentazione
istruttoria richiesta: e ciò in quanto subito dopo il rilascio
dell’autorizzazione alla costruzione dell’opera mediante il predetto decreto del
Presidente della Giunta Regionale n. 903 del 2003, la Soprintendenza di Verona
aveva evidenziato con propria nota Prot. n. 11496 dd. 21 agosto 2003 una carenza
della documentazione pervenuta, chiedendo pure che il progetto fosse corredato
da simulazione fotografiche e da chiarimenti sulle opposizioni formulate dai
Comuni interessati (cfr. doc. 6 di parte ricorrente); e, per l’appunto, soltanto
in data 1 aprile 2004 Enel Distribuzione avrebbe corrisposto a tale richiesta
depositando la relativa documentazione l’Ufficio Regionale del Genio civile di
Vicenza il quale, a sua volta, con nota del 15 aprile 2004 avrebbe provveduto a
trasmetterla alla Soprintendenza medesima.
I ricorrenti, avendo riguardo a quanto testè esposto, rimarcano che la proroga
dei termini previsti dall’art. 13 della L. 2359 del 1865 è istituto di carattere
eccezionale finalizzato a tutelare l’interesse pubblico a che l’opera pubblica
sia realizzata in un congruo arco di tempo, tale da giustificare le ragioni di
serietà dell’azione amministrativa, con la conseguenza della necessaria
individuazione di cause di forza maggiore effettivamente indipendenti dalla
volontà dei concessionari che giustifichino la proroga, in assenza delle quali
deve pertanto ritenersi vulnerato il principio di legalità che informa anche per
tale materia l’attività della Pubblica Amministrazione nella materia (cfr., ad
es., Cons. Stato, Sez. VI, 10 ottobre 2002 n. 5443
I ricorrenti, concludendo sul punto, reputano che la proroga nella specie
assentita risulti comunque del tutto illogica e sproporzionata rispetto alla
durata di circa un anno della sospensione della pronuncia ministeriale.
b) Violazione dell’art. 7 della L. 7 agosto 1990 n. 241 per mancata
comunicazione ai soggetti interessati.
I ricorrenti deducono a tale riguardo che, pur essendo essi proprietari di
immobili ubicati immediatamente a ridosso dell’elettrodotto e pur essendo anche
residenti in tali abitazioni, comunque non sono stati notiziati a’ sensi
dell’art. 7 e ss. della L. 241 del 1990 dell’avvio del procedimento di proroga
dei termini di realizzazione dei lavori, come del resto non sarebbero stati a
suo tempo resi edotti dell’avvio del procedimento di approvazione originaria del
progetto.
Viceversa, sono stati ritenuti soggetti “interessati”, da rendere destinatari
dell’avviso dell’art. 7 della L. 241 del 1990 e succ. modd. soltanto i quattro
proprietari delle aree espropriande: e ciò, nonostante l’atto finale del
procedimento inciderebbe, anche sotto il profilo patrimoniale, quantomeno su
tutti i soggetti proprietari di aree situate entro le cosiddette “fasce di
rispetto” dell’elettrodotto, ove “non è consentita alcuna destinazione di
edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario ovvero ad un uso che comporti
una permanenza non inferiore a quattro ore”, da computarsi a’ sensi di quanto
previsto dalla normativa statale e regionale e nelle quali comunque ricadrebbero
anche le proprietà dei ricorrenti.
I ricorrenti rimarcano, quindi, l’ “evidente illegittimità” (cfr. pag. 10
dell’atto introduttivo del giudizio) della proroga dei termini della
dichiarazione di pubblica utilità non preceduta dalla comunicazione di avvio del
procedimento ai soggetti interessati (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, sez.
VI, l0 ottobre 2002 n. 5443), ed affermano che essi, ove fossero stati notiziati,
avrebbero potuto fornire il proprio apporto partecipativo al procedimento, tra
l’altro evidenziando che non sussisterebbero i presupposti per la concessione di
una proroga dei termini anche per le ragioni già evidenziate al motivo che
precede.
C) Eccesso di potere per carenza di istruttoria in relazione alla determinazione
delle fasce di rispetto dall’elettrodotto.
I ricorrenti affermano che neppure sarebbe chiaro se, nella specie, le fasce di
rispetto dell’elettrodotto siano mai state determinate e verificate dalle
Autorità a ciò competenti.
I medesimi ricorrenti rimarcano che tale operazione risulta necessariamente
preliminare all’individuazione dei soggetti interessati sia all’approvazione del
progetto, sia alla relativa proroga dei termini di costruzione.
I ricorrenti affermano di conoscere in tal senso soltanto una nota datata 14
luglio 2006, nella quale Enel Distribuzione menziona una fascia di rispetto di
appena 1 metro dall’asse di posa del cavo sotterraneo ai fini del rispetto degli
obiettivi di qualità stabiliti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, e che peraltro non
sarebbe chiaro sulla base di quale metodologia di calcolo la fascia di rispetto
sia stata nella specie determinata, posto che l’A. P. A. T. non risulterebbe
ancora aver definito la relativa metodologia, e che la stessa comunque non
risulta essere stata approvata dal Ministero dell’Ambiente, come previsto
dall'art. 6, comma 2, del DPCM 8 luglio 2003 e verificata dall’Amministrazione a
ciò competente, come disposto dall’art. 6, comma l, del medesimo decreto.
Ciò realizzerebbe, ad avviso dei ricorrenti, il vizio di eccesso di potere per
carenza di istruttoria, posto che l’esatta individuazione dei soggetti
interessati -anche alla procedura di proroga dei termini- presupponeva, e
presuppone, la corretta (e verificata) determinazione della fascia di rispetto.
D) Incompetenza del Dirigente provinciale. Violazione del combinato disposto
dell’art. 4 della L.R. 24 del 1991, dell’art. 89 della L.R. 13 aprile 2001 n. 11
e dell’art. 31 della L.R. 13 settembre 2001 n. 27.
I ricorrenti rilevano che a’ sensi art. 4, .comma 1, della LR 24 del 1991 i
provvedimenti autorizzatori relativi agli elettrodotti sino a 150 KV venivano
rilasciati dal Dirigente preposto all’Ufficio Regionale del Genio Civile
territorialmente competente, ovvero dal Dirigente preposto al Dipartimento
Regionale dei Lavori Pubblici, a seconda che gli impianti interessassero il
territorio di una o più Province; ma, in caso di contrasti tra richiedente
l’autorizzazione e gli interessati, ovvero nel caso di parere negativo dei
Comuni attraversati circa la localizzazione dell’opera, l'autorizzazione doveva
essere rilasciata dal Presidente della Giunta Regionale.
Ciò sarebbe – per l’appunto – avvenuto nel caso di specie, stanti i pareri
negativi espressi al riguardo dai Comuni di Valdagno e di Cornedo Vicentino.
I ricorrenti – altresì – precisano che nel caso di specie, per il rilascio
dell’autorizzazione alla costruzione e all'esercizio della linea elettrica di
cui al decreto del Presidente della Giunta n. 903 del 2001 è stata seguita la
procedura dell’art 4, comma 1, della L.R. 24 del 1991: e ciò, malgrado
l’avvenuta delega di funzioni alle Province di cui all’art. 89 della L.R. 13
aprile 2001 n. 11 e dell’art. 31 della L.R. 13 settembre 2001 n. 27 segnatamente
nella persona del Presidente della Provincia in luogo del Presidente della
Giunta Regionale (cfr. art. 31 della L.R. 27 del 2001 cit.).
Viceversa, nel caso di specie si è determinato il Dirigente del Dipartimento
Territorio e Ambiente della Provincia, e non già il Presidente di quest’ultima:
e tale circostanza, per l’appunto, determinerebbe un vizio di incompetenza del
provvedimento di proroga qui impugnato.
e) Violazione dell’art. 31 della L.R. 27 del 2001 in relazione all’assenza alla
seduta dell’organo consultivo provinciale dei rappresentanti regionali.
I ricorrenti, da ultimo, rilevano che lo stesso art. 31 della L.R. 27 del 2001
dispone, ai fini dell’esercizio della delega di funzioni in materia di
elettrodotti, che le Province nell'’ambito della propria autonomia istituiscono
propri organi consultivi (cfr. ivi, comma 2), peraltro con la precisazione che
“alle sedute degli organi consultivi” medesimi “partecipano i rappresentanti
delle strutture regionali competenti al rilascio di nullaosta o autorizzazioni
connesse alla costruzione e all’esercizio di elettrodotti” (cfr. ibidem, comma
3).
Diversamente, nel caso di specie è accaduto che alla riunione dd. 4 luglio 2004
del “Gruppo di lavoro per l’esame dei progetti in materia di elettro dotti con
tensione nominale fino a 150.000 Volt” costituito presso la Provincia di
Vicenza, il medesimo organo collegiale si è espresso in ordine alla determina
dirigenziale provinciale n. 105 del 5 luglio 2006, senza la partecipazione del
Responsabile del Servizio forestale regionale e del Responsabile dell’Ufficio
Regionale del Genio Civile, con conseguente illegittimità del parere reso al
riguardo.
F) Violazione del R.D.L. 30 dicembre 1923 n. 3267, del R.D. 16 maggio 1926 n.
1126 e della L.R. 13 settembre 1978 n. 52; violazione dell’art. 8 della L.R. 24
del 1991 in relazione alle prescrizioni imposte dal Servizio forestale
regionale.
La mancata partecipazione del Responsabile del Servizio forestale regionale
rileverebbe anche ai fini del nulla-osta rilasciato dal Servizio medesimo Prot.
n. 5097-IV-1/3 – 48.039 dd. 27 maggio 2003, che parimenti assiste la
realizzazione dell’opera e in forza del quale le prescrizioni in esso contenute
dovevano essere attuate, a’ sensi dell’art. 8 della L.R. 13 settembre 1978 n.
52, nel termine massimo di 2 anni dalla sua emanazione (cfr. doc. 4 di parte
ricorrente)
L’assenza del Responsabile farebbe sì, quindi, che la proroga per l’esecuzioni
dei lavori non sia assistita anche dalla proroga, per un pari periodo, del
nulla-osta forestale.
2. Si è costituita in giudizio la Provincia di Vicenza, preliminarmente
eccependo l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso sotto più profili, e
concludendo comunque per la reiezione dello stesso.
3. Si è parimenti costituita in giudizio Enel Distribuzione, parimenti
sollevando analoghe eccezioni preliminari e concludendo comunque anch’essa per
la reiezione dell’impugnativa avversaria.
4. Con ordinanza n. 930 dd. 5 dicembre 2006 la Sezione ha respinto la domanda di
sospensione cautelare del provvedimento impugnato, avanzata dai ricorrenti,
rilevando che “dall’esame degli atti impugnati, nonché della stessa relazione
tecnica asseverata prodotta” in quella stessa udienza camerale da parte dei
ricorrenti medesimi, “non … (era) dato di riscontrare … la sussistenza di gravi
pregiudizi per questi ultimi, anche avendo riguardo alla collocazione del tratto
di elettrodotto interrato rispetto alle abitazioni”.
4.1. In data 9 novembre 2006 il patrocinio dei ricorrenti ha inviato alla
Provincia di Venezia e, per conoscenza, al Comune di Valdagno, alla Direzione
Tutela Ambiente della Regione Veneto, al Ministero Ambiente e Territorio –
Direzione per la Salvaguardia Ambientale e alla Commissione dell’unione Europea
– Direzione Ambiente, una nota del seguente tenore:
“Con domanda in data 2 giugno 1999 l’E.N.E.L. chiedeva l’autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio dell’impianto relativo ad una linea elettrica di
derivazione a 132 KV per C.P. “Valdagno” dalla linea a 132 KV Schio-Bussolengo e
raccordo della stessa cabina primaria alla linea 132 KV. Schio-Manifatture
Marzotto, nei Comuni di Valdagno (Vicenza) e Cornedo Vicentino. Successivamente,
con domanda in data 18 febbraio 2002 la stessa E.N.E.L. S.p.A. ¬Compartimento di
Venezia, anche a seguito dell'’entrata in vigore di una più rigorosa normativa
regionale, presentava un nuovo progetto relativo alla costruzione ed esercizio
dell’elettrodotto in esame consistente nella realizzazione di un tratto della
lunghezza di circa 4 Km. in linea aerea in tema semplice ed un tratto di circa
1,4 Km. in cavo sotterraneo. Tale ultimo intervento veniva autorizzato con
decreto del Presidente della Giunta Regionale del Veneto n. 903 dell’11 luglio
2003, malgrado l’assenza di una preventiva valutazione di impatto ambientale o
di una preventiva verifica, con la motivazione che la procedura istruttoria
della pratica era iniziata in data antecedente il 29 dicembre 2000, data di
entrata in vigore della L.R. Veneto 27 dicembre 2000 n. 24 che aveva sottoposto
a VIA gli elettrodotti aerei. In realtà gli impianti di trasporto dell’energia
elettrica sono classificati al pt. 3 b), dell'allegato II, della direttiva n.
85/337/CEE, così come modificata dalla direttiva n. 97/11/CEE tra le opere da
sottopone a preventiva verifica di VIA ai sensi dell’art. 4, paragrafo 2. Poiché
il termine ultimo di recepimento negli Stati membri della direttiva ., 97/11/CEE
scadeva il 14 marzo 1999, il progetto in esame doveva essere sottoposto
quantomeno alla procedura di verifica di valutazione di impatto ambientale
giacchè la relativa domanda (anche tenendo conto della versione originaria) è
stata presentata in data 2 giugno 1999. Né sul punto rilevano i ritardi di
recepimento della direttiva nella normativa nazionale e regionale giacché, com’è
noto, la direttiva comunitaria in materia di VIA è stata ripetutamente
dichiarata self - executing. A ciò si aggiunga peraltro che le rilevanti
modifiche al progetto approvate con la nuova domanda in data 18 febbraio 2002
configurano all’evidenza l’avvio di un diverso e nuovo iter procedimentale, a
tutti gli effetti soggetto alle previsioni della L.R. Veneto 24 del 2000,
entrata in vigore il 29 dicembre 2000, che ha sottoposto alla procedura di VIA.
ex L.R. 26 marzo 1999 n. 10, di competenza provinciale, tutti i progetti per la
costruzione di elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica
con tensione nominale superiore a 100 KV e con tracciato di lunghezza superiore
a 3 Km. A fronte di quanto testè evidenziato, si chiede pertanto a codesta
Amministrazione provinciale di voler adottare, con l’urgenza che il caso impone,
la sospensione dei lavori di cui all’oggetto, sottoponendo il progetto alla
preventiva valutazione di impatto ambientale. A tal proposito si evidenzia come
la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE abbia affermato che,
nel rispetto del principio di leale collaborazione previsto dall’art. 10 CE, gli
Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di una
violazione del diritto comunitario e che, pertanto, spetta alle competenti
autorità amministrative adottare tutti i provvedimenti necessari al fine di
assicurare il rispetto della direttiva 85/337, ivi compresi i provvedimenti di
revoca e di sospensione delle autorizzazioni già rilasciate in assenza della
prescritta valutazione di impatto ambientale (vds. ad es. Corte di Giustizia,
sez. V, 7 gennaio 2004, causa C-201/O2). Si invia altresì la presente alla
Regione del Veneto, al Ministero dell’Ambiente e del Territorio, nonché al
Commissario all’Ambiente dell’U.E. ai fini dell’esercizio delle rispettive
competenze, anche cautelari, di controllo e sanzionatorie, in relazione alla
contestata violazione della normativa comunitaria in materia ambientale. Con
ogni più ampia riserva di azione e tutela, anche ai fini del risarcimento dei
danni. Si rimane in attesa di un tempestivo riscontro. Distintamente” (cfr. doc.
1 di parte ricorrente depositato il 20 marzo 2007).
Con nota Prot. n. 9345 dd. 14 febbraio 2007 il Dirigente preposto al
Dipartimento Territorio e Ambiente della Provincia di Vicenza ha dato riscontro
alla surriportata richiesta nei seguenti termini: “Con riferimento alla Sua del
9 novembre 2006 relativa all’oggetto, si confermano le argomentazioni tutte in
fatto e in diritto già esposte nell’ambito del ricorso avanti il T.A.R. Veneto
n. 2191/2006 -1^ sezione. Per quanto riguarda la richiesta di sospensione dei
lavori, si richiamano le valutazioni già formalizzate dal Tribunale
Amministrativo Regionale per il Veneto nell’ordinanza del 05.12.2006, ovvero
“dall’esame degli atti impugnati, nonché dalla stessa relazione tecnica
asseverata prodotta all’odierna camera di consiglio dalla difesa dei ricorrenti,
non é dato riscontrare - allo stato - la sussistenza di gravi pregiudizi per
questi ultimi, anche avendo riguardo alla collocazione del tratto di
elettrodotto interrato rispetto alle abitazioni.” Distinti saluti”.
4.2. Ciò posto, i ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti avverso tale
ulteriore provvedimento dell’Amministrazione Provinciale, rilevando innanzitutto
la manifesta inconferenza della motivazione di tale risposta, posto che nessuno
dei motivi di censura sottoposti sino a quel momento all’esame di questo giudice
riguardavano la questione della necessità o meno della VIA per la realizzazione
dell’opera in questione.
I ricorrenti, quindi, nel chiedere l’annullamento del nuovo atto reso oggetto di
impugnativa, deducono al riguardo l’avvenuta violazione delle direttive
85/337/CEE e 97/11/CE, nonché della L.R. 10 del 1999.
I ricorrenti rimarcano in tal senso che gli impianti di trasporto dell'energia
elettrica sono classificati al punto 3 b), dell'’allegato II, della direttiva n.
85/337/CEE, così come modificata dalla direttiva n. 97/11/CE, tra le opere da
sottoporre a preventiva verifica di VIA. ai sensi dell'art, 4, paragrafo 2,
della medesima direttiva e ribadiscono – conformemente a quanto già evidenziato
nella surriferita nota – che, essendo il termine ultimo di recepimento negli
Stati membri della direttiva n. 97/1l1CE scaduto il 14 marzo 1999, il progetto
in questione doveva essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale o,
quantomeno, alla procedura di verifica di valutazione di impatto ambientale,
stante l’avvenuta presentazione della relativa domanda (nella versione
originaria) in data 2 giugno 1999.
Sempre ad avviso degli stessi ricorrenti, al riguardo non rileverebbero i
ritardi di recepimento della direttiva nella normativa nazionale e regionale
posto che la direttiva medesima è stata ripetutamente dichiarata self -
executing.
I ricorrenti rimarcano inoltre che la norma invocata nel caso di specie per
ritenere l’opera sottratta ratione temporis all’obbligo della VIA o della
verifica di VIA era contenuta nell’art. 27, comma 4, della L.R. 10 del 1999,
secondo il quale – in effetti – “la procedura di valutazione di impatto
ambientale non si applica ai progetti di cui al comma l per i quali, alla data
di entrata in vigore della presente legge, siano già state presentate le istanze
per l’ottenimento delle autorizzazioni o approvazioni a norma delle disposizioni
vigenti”.
Tale disposizione, tuttavia, risulterebbe abrogata per effetto dell'art. 4 della
LR 24 del 2000 a seguito della procedura di infrazione avviata nei confronti
dell’Italia dalla Commissione UE, la quale ha ritenuto che la disposizione
stessa fosse contraria alle direttive 85/337/CEE e 97/11/CE, precisando che:
“nella misura in cui i progetti coperti dalle suindicate disposizioni regionali
di esenzione corrispondono alle categorie progettuali aggiunte all’allegato II
della direttiva 97/11/CE, tali progetti, ai sensi della direttiva, avrebbero
dovuto essere inclusi, dal 14 marzo 1999 nell’ambito di applicazione delle
normative, statali o regionali, di recepimento della direttiva 97/11/CE” (cfr.
parere motivato del 3 agosto C(2000) 1826 definitivo).
Né andrebbe sottaciuto, ad avviso sempre dei ricorrenti, che - come pure
evidenziato nella predetta nota dd. 9 novembre 2006 stilata dal loro patrocinio
- , in ogni caso le rilevanti modifiche al progetto dell’opera mediante la nuova
domanda in data 18 febbraio 2002 configurerebbero all’evidenza l'avvio di un
diverso e nuovo iter procedimentale, a tutti gli effetti soggetto alle
previsioni della LR 24 del 2000, entrata in vigore il 29 dicembre 2000, e che ha
sottoposto alla procedura di VIA di cui alla LR 10 del 1999, di competenza
provinciale, tutti i progetti per la costruzione di elettrodotti aerei esterni
per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 KV e
con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.
Da ciò discenderebbe, quindi, ad avviso dei ricorrenti, l’illegittimità della
risposta fornita dall’Amministrazione Provinciale.
I ricorrenti reputano - altresì - che, ai sensi dell’art. 19-bis, comma 3, della
L.R. 10 del 1999, l’eventuale giudizio di compatibilità ambientale negativo
risulterebbe assolutamente ostativo alla realizzazione del progetto, ed
evidenziano che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE ha già avuto
modo di affermare che, nel rispetto del principio di leale collaborazione
previsto dall’art. 10 CE, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le
conseguenze illecite di una violazione del diritto comunitario e che, pertanto,
spetta alle competenti autorità amministrative l’adozione di tutti i
provvedimenti necessari al fine di assicurare il rispetto della direttiva 85/337
anche in presenza di autorizzazioni già rilasciate in assenza della prescritta
valutazione di impatto ambientale (cfr., ad es., Corte di Giustizia, Sez. V, 7
gennaio 2004, causa C-20l/02).
5 Sia la Provincia di Vicenza che Enel Distribuzione hanno prodotto puntuali
memorie eccependo in via preliminare l’inammissibilità dei surriferiti motivi
aggiunti e hanno comunque concluso per la loro reiezione.
Tutte le parti hanno inoltre prodotto copiose memorie in replica, insistendo per
le rispettive conclusioni.
6. Alla pubblica udienza dell’8 novembre 2007 la causa è stata trattenuta per la
decisione.
7.1. Il Collegio preliminarmente rileva che il ricorso in epigrafe, nonché i
motivi aggiunti di ricorso susseguentemente proposti, evidenziano non
evanescenti profili di irricevibilità e di inammissibilità.
In particolare – ed in via non esaustiva – va osservato che per quanto attiene
all’impugnazione del provvedimento di proroga dei termini per il completamento
delle espropriazioni e dei relativi lavori di costruzione, la mancata
impugnazione in termini dell’autorizzazione precedentemente rilasciata con
decreto del Presidente della Giunta regionale n. 903 dd. 11 luglio 2003
renderebbe, di per sé, inammissibile la maggior parte delle censure formulate
nell’atto introduttivo del presente giudizio.
Nei confronti, poi, della posizione dei ricorrenti Anzolin, Peruzzo e del
“Comitato No all’Elettrodotto lungo Via Cornetto e Via Ortigara di Valdagno” è
stata pure dedotta dalla difesa della Provincia di Vicenza l’irricevibilità
della relativa impugnativa in quanto, in esito ad un procedimento di accesso a
documentazione amministrativa espletato da tali soggetti ai sensi dell’art. 22 e
ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche, agli stessi è stata
rilasciata copia del qui impugnato provvedimento di proroga in data 13 – 14
luglio 2006 (cfr. doc. 4 di parte resistente), a fronte dell’intervenuta
notificazione dell’atto introduttivo del giudizio avvenuta il 4 novembre 2007,
ossia – considerando pure la sospensione feriale di cui alla L. 7 ottobre 1969
n. 742 - 3 giorni dopo il decorso del termine decadenziale di 60 giorni fissato
dall’art. 21, primo comma, della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come modificato
dall’art. 1 della L. 21 luglio 2000 n. 205 per la valida notificazione dell’atto
introduttivo del giudizio.
Né va sottaciuto il progressivo incremento della giurisprudenza restrittiva in
ordine alla legittimazione processuale nei riguardi dei “comitati costituiti in
forma associativa temporanea, il cui scopo sia quello di assumere la tutela e la
rappresentanza di interessi diffusi e collettivi, in funzione dichiaratamente
strumentale all’esercizio di un’azione popolare” (cfr. così, ad es., T.A.R.
Lazio, Roma, Sez. II, 5 gennaio 2006 n. 100; cfr., altresì, in termini non
dissimili, T.A.R. Veneto, Sez. II, 13 settembre 2005 n. 3426, T.A.R. Toscana,
Sez. II, 21 dicembre 2005 n. 8856, nonché Cons. Stato, Sez. VI, 1 febbraio 2007
n. 416, che espressamente esclude un nesso tra la facoltà di intervento nel
procedimento amministrativo, a’ sensi dell’art. 7 e ss. della L. 241 del 1990,
dei soggetti “portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o
comitati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento” adottando e
legittimazione processuale quale soggetto portatore di un interesse
necessariamente “differenziato e qualificato”).
Per quanto segnatamente attiene ai motivi aggiunti di ricorso proposti avverso
il provvedimento dell’Amministrazione Provinciale recante il diniego a
sottoporre il progetto dell’opera a VIA, non sono evanescenti le eccezioni della
medesima Provincia e di Enel Distribuzione che al riguardo oppongono
l’inammissibilità dell’impugnativa per l’omessa formulazione delle relative
censure entro il predetto termine decadenziale di cui all’art. 21 della L. 1034
del 1971 nei riguardi della presupposta autorizzazione a suo tempo rilasciata
con il predetto decreto del Presidente della Giunta regionale n. 903 dd. 11
luglio 2003.
7.2. Il Collegio, tuttavia, reputa di non soffermarsi sui profili testè
menzionati in quanto l’impugnativa complessivamente proposta dai ricorrenti
risulta, comunque, infondata nel merito.
7.2.1. Per quanto attiene alla pretesa violazione dell’art. 13 della L. 2359 del
1865 e dell’art. 10 della L.R. 24 del 2001, la più recente giurisprudenza,
diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, reputa che il ritardo degli
organi pubblici che comunque intervengono nel procedimento di realizzazione
delle opere si configura quale fatto estraneo alla sfera di disponibilità del
soggetto esecutore dei lavori, con conseguente legittimità dell’applicazione
dell’istituto della proroga di cui all’art. 13 della L. 2369 del 1865” (cfr.
Cons. Stato, Sez. VI, 22 giugno 2005 n. 3298).
Inoltre, nella decisione di Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 2006 n. 6194
espressamente si afferma che il provvedimento di proroga può essere
adeguatamente giustificato anche con il riferimento alla durata delle trattative
intercorse con diversi proprietari di terreni: circostanza, questa, che
intuitivamente determina lo slittamento dei tempi della progettazione esecutiva,
soprattutto se ciò implica – come, per l’appunto, nel caso di specie – non
soltanto le “le ordinarie trattative per la cessione bonaria degli immobili, ma
di più complessi contatti che attengono anche al tracciato dell’elettrodotto”
(cfr. ivi).
Risulta – inoltre – del tutto pretestuoso l’assunto dei ricorrenti secondo il
quale il ritardo assunto a presupposto per il rilascio della proroga qui
impugnata sarebbe ascrivibile al comportamento di Enel Distribuzione laddove
questa avrebbe colpevolmente prodotto alla Soprintendenza BB.AA. di Verona una
documentazione incompleta al fine del rilascio dell’autorizzazione di competenza
di quest’ultima.
E’ ben evidente – infatti – che, a fronte dell’avvenuta produzione a corredo
della domanda ivi presentata dalla medesima Enel Distribuzione, di una
“Relazione tecnico-descrittiva ai fini ambientali”, debitamente corredata di
elaborati grafici , tracciati evidenziati sulla Carta Tecnica Regionale, ampia
documentazione fotografica e schede tecniche (cfr. doc. 5 di parte
controinteressata), la richiesta, da parte della Soprintendenza, di integrare la
pratica con una simulazione fotografica risultava paeter legem, posto che il
D.P.C.M. 12 dicembre 2005 (“Individuazione della documentazione necessaria alla
verifica della compatibilità paesaggistica degli interventi proposti ai sensi
dell’art. 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al
D.L.vo 22 gennaio 2004 n. 42”) di per sé non contempla tale produzione per
quanto segnatamente attiene alle pratiche aventi per oggetto la realizzazione di
elettrodotti, essendo sufficiente al riguardo soltanto la produzione di
fotografie panoramiche dei luoghi.
Invero, i ricorrenti hanno anche rimarcato – sempre al fine di affermare una
responsabilità della controinteressata nel ritardo – che non sarebbe stata da
subito prodotta la documentazione relativa alle osservazioni presentate dai
Comuni nel cui territorio l’opera dovrebbe essere realizzata: tuttavia, dagli
stessi documenti depositati agli atti di causa dalla controinteressata si ricava
che la relativa richiesta della Soprintendenza è stata indotta da un errore di
quest’ultima, posto che la controinteressata medesima, nella propria nota con la
quale ha inoltrato la simulazione anzidetta, ha fatto pure constare che quanto
chiesto dalla Soprintendenza era già stato ad essa trasmesso in data 16 aprile
2003 (cfr. ibidem, doc. 6).
7.2.2. Per quanto attiene alla dedotta violazione dell’art. 7 della L. 241 del
1990, risulta altrettanto evidente che i ricorrenti, non essendo parte del
procedimento espropriativo in quanto i loro terreni non sono assoggettati ad
ablazione totale o parziale, ovvero ad asservimento coattivo, non dovevano
essere notiziati del provvedimento di proroga dei termini per il completamento
delle espropriazioni e dei relativi lavori di costruzione,emanato a’ sensi dei
predetti art. 13 della L. 2359 del 1865 ed art. 10 della L.R. 24 del 2001.
Le distanze di rispetto dalla linea dell’elettrodotto interrato non influiscono,
quindi, sulla titolarità di un diritto reale delle persone fisiche qui
ricorrenti, ma introducono nei loro riguardi un vincolo meramente conformativo.
7.2.3. La dedotta carenza di istruttoria in relazione alla determinazione delle
fasce di rispetto dell’elettrodotto configura, di per sé, una censura che
avrebbe dovuto essere rivolta – al caso – nei riguardi del predetto decreto del
Presidente della Giunta Regionale n. 903 dd. 11 luglio 2003, recante – come si è
detto innanzi - l’approvazione del progetto dell’opera: risulta ben evidente,
infatti, che il provvedimento di proroga dei termini per l’esproprazione e per
la realizzazione dei lavori non è deputato a fissare le fasce di rispetto
dell’opera.
Ma, anche a prescindere da tale pur assorbente profilo di inammissibilità, va
evidenziato che la linea elettrica dovrebbe essere realizzata nelle vicinanze
della proprietà dei ricorrenti è interrata, e che al momento del rilascio
dell’autorizzazione regionale (11 luglio 2003) non vigeva il D.P.C.M. 8 luglio
2003, invocato dai ricorrenti, in quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.
200 dd. 29 agosto 2003.
Nello stesso decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 903 dd. 11 luglio
2003 si dà, comunque, atto che l’elettrodotto garantisce il rispetto della
disciplina a quel momento vigente in materia, ossia quella complessivamente
contenuta nella L.R. 27 del 1993, nonché nelle deliberazioni della Giunta
Regionale n. 1526 dd. 11 aprile 2000 e n. 3407 dd. 27 ottobre 2000, e che
attiene alla posizione dell’opera sul territorio e al rispetto dei valori minimi
di distanza, fissati in via precauzionale, al fine della tutela dai limiti di
emissione dei campi magnetici ed elettrici, conformemente a quanto disposto
dagli artt. 4 e 8 della L. 22 febbraio 2001 n. 36.
Lo ius supeveniens, costituito dal predetto D.P.C.M. 8 luglio 2003, all’art. 3,
intitolato “Limiti di esposizione e soglie di attenzione” dispone che “nel caso
di esposizione a campi elettrici e magnetici alla frequenza di 50 Hz generati da
elettrodotti, non deve essere superato il limite di esposizione di 100 &greco;
mT per l'induzione magnetica e 5 kV/m per il campo elettrico, intesi come valori
efficaci.
A titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo
termine, eventualmente connessi con l'esposizione ai campi magnetici generati
alla frequenza di rete (50 Hz), nelle aree gioco per l'infanzia, in ambienti
abitativi, in ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non
inferiori a quattro ore giornaliere, si assume per l'induzione magnetica il
valore di attenzione di 10 &greco;mT, da intendersi come mediana dei valori
nell'arco delle 24 ore nelle normali condizioni di esercizio”.
Il susseguente art. 4, intitolato “obiettivi di qualità”, dispone a sua volta
che “nella progettazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco
per l'infanzia, di ambienti abitativi, di ambienti scolastici e di luoghi
adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore e nella progettazione dei nuovi
insediamenti e delle nuove aree di cui sopra in prossimità di linee ed
installazioni elettriche già presenti nel territorio, ai fini della progressiva
minimizzazione dell'esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli
elettrodotti operanti alla frequenza di 50 Hz, è fissato l'obiettivo di qualità
di 3 &greco; mT per il valore dell'induzione magnetica, da intendersi come
mediana dei valori nell'arco delle 24 ore nelle normali condizioni di
esercizio”.
L’art. 5 reca quindi la disciplina delle “tecniche di misurazione e di
determinazione dei livelli d'esposizione” , disponendo nel senso che “le
tecniche di misurazione da adottare sono quelle indicate dalla norma CEI 211-6
data pubblicazione 2001-01, classificazione 211-6 prima edizione, «Guida per la
misura e per la valutazione dei campi elettrici e magnetici nell'intervallo di
frequenza 0 Hz-10 kHz, con riferimento all'esposizione umana» e successivi
aggiornamenti. Per la determinazione del valore di induzione magnetica utile ai
fini della verifica del non superamento del valore di attenzione e
dell'obiettivo di qualità il sistema agenziale APAT-ARPA dovrà determinare le
relative procedure di misura e valutazione, con l'approvazione del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio. 3. Per la verifica del rispetto
delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4, oltre alle misurazioni e
determinazioni” di cui sopra, “il sistema agenziale APAT-ARPA può avvalersi di
metodologie di calcolo basate su dati tecnici e storici dell'elettrodotto. Per
gli elettrodotti con tensione di esercizio non inferiore a 132 kV, gli esercenti
devono fornire agli organi di controllo, secondo modalità fornite dagli stessi,
con frequenza trimestrale, 12 valori per ciascun giorno, corrispondenti ai
valori medi delle correnti registrati ogni 2 ore nelle normali condizioni di
esercizio”.
Va a questo punto evidenziato che l’art. 6 del medesimo D.P.C.M. , intitolato
“Parametri per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti”,
così dispone: “Per la determinazione delle fasce di rispetto si dovrà fare
riferimento all'obiettivo di qualità di cui all’art. 4 ed alla portata in
corrente in servizio normale dell'elettrodotto, come definita dalla norma CEI
11-60, che deve essere dichiarata dal gestore al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio, per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV e
alle Regioni, per gli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV. I
gestori provvedono a comunicare i dati per il calcolo e l'ampiezza delle fasce
di rispetto ai fini delle verifiche delle autorità competenti. L’APAT, sentite
le ARPA, definirà la metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di
rispetto con l'approvazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio”.
Orbene, da tutto quanto sopra risulta che la disciplina testè riferita, proprio
per quanto segnatamente attiene ai “parametri per la determinazione delle fasce
di rispetto per gli elettrodotti”, non è ad oggi operativa, non essendo ancora
intervenuta l’approvazione ministeriale prevista dall’ultimo comma dell’art. 6
del decreto in esame.
Comunque sia, consta che Enel Distribuzione ha inoltrato in data 14 luglio 2006
una nota all’Amministrazione Provinciale di Vicenza, titolata a pronunciarsi a’
sensi della predetta L.R. 24 del 1991, recante la conferma che – per quanto qui
segnatamente interessa – il tratto di elettrodotto interrato rispetta i limiti
di qualità stabiliti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003 ad una distanza di 1 metro
dall’asse di posa del cavo sotterraneo (cfr. doc. 20 di parte controinteressata).
Va soggiunto che i ricorrenti, nella loro memoria 31 ottobre 2007, reputano
insufficiente tale comunicazione, in quanto non asseverata dall’A.R.P.A.V. e si
richiamano – altresì – ad una circolare Prot. DSA/2004/25291 dd. 15 novembre
2004 a firma del Dirigente Generale preposto alla Direzione Generale per la
Salvaguardia Ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio depositata dai ricorrenti stessi agli atti di causa il 26 ottobre
2007 e nella quale risultano fissate in via transitoria delle “metodiche da
usarsi per la determinazione … delle fasce di rispetto pertinenti ad una o più
linee elettriche aeree o interrate che insistono sulla medesima porzione di
territorio” .
A fronte di ciò, il Collegio evidenzia – a sua volta – che nella perdurante
assenza di una disciplina sostanziale e procedimentale in materia, il controllo
dell’A.R.P.A.V. sul rispetto dei limiti di qualità dichiarati da Enel
Distribuzione potrà utilmente compiersi anche dopo la realizzazione
dell’elettrodotto e in costanza del suo funzionamento.
Per quanto attiene, poi, all’allegazione da parte dei ricorrenti della predetta
circolare ministeriale, gli stessi nulla hanno dedotto in ordine ad un’eventuale
difformità tra quanto dichiarato da Enel Distribuzione nella predetta sua nota
dd. 14 luglio 2006 e quanto stabilito dalla circolare medesima.
Anche tale motivo di impugnazione va, pertanto, respinto.
7.2.4. Neppure sussiste un’incompetenza a provvedere da parte del Dirigente
Provinciale che ha sottoscritto il provvedimento di proroga: né,
correlativamente, sussiste la violazione del combinato disposto dell’art. 89
della L.R. 11 del 2001 e dell’art. 31 della L.R. 27 del 2001.
Il provvedimento impugnato mediante l’atto introduttivo del presente giudizio
non si configura quale emanazione di una nuova autorizzazione alla costruzione e
all’esercizio dell’elettrodotto, già idoneamente rilasciata dal Presidente della
Giunta Regionale; né reca, comunque, valutazioni di sorta sul contenuto del
progetto.
Se così è, quindi, soccorre al riguardo la competenza generale a provvedere da
parte del Dirigente dell’Amministrazione locale, a’ sensi dell’art. 107 del T.U.
approvato con D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267, nonché di quanto correlativamente
disposto dal Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della
Provincia di Vicenza (cfr. doc. 9 di parte resistente).
Rileva, inoltre, anche per il caso in esame quanto già statuito per una
fattispecie sostanzialmente omologa da Cons. Stato, Sez. VI, 17 ottobre 2006 n.
6194, laddove – tra l’altro - si legge che “è infine infondato il motivo
dell’incompetenza del dirigente ad adottare il provvedimento di proroga dei
termini della procedura di espropriazione; atto che rientrerebbe invece”,
secondo l’ordinamento vigente in Emilia Romagna, “nella competenza della Giunta
provinciale. In attuazione della previsione dell’art. 52, comma II, dello
Statuto della Provincia di Modena, il provvedimento di proroga è stato
correttamente adottato dal dirigente, competente, sulla base della richiamata
norma statutaria, in ordine a tutti i provvedimenti autorizzativi, o di analoga
natura (competenza espressamente estesa, con deliberazione del Consiglio
provinciale, ai provvedimenti relativi agli impianti elettrici). La competenza
del dirigente risulta, peraltro, sussistere anche in base al generale principio
della distinzione tra organi politici ed attività amministrativa di gestione”,
desunto – per l’appunto – dal predetto art. 107 del T.U. approvato con D.L.vo
267 del 2000.
7.2.5. Va respinta anche la censura di violazione dell’art. 31 della L.R. 27 del
2001 per quanto attiene all’assenza alla seduta dell’organo consultivo
provinciale dei rappresentanti della Regione.
L’assenza stessa, ancorché in effetti verificatasi, non ha compromesso, nella
specie, il quorum strutturale dell’organo collegiale (cfr. doc. 11 di parte
resistente): e ciò, nella riscontrata assenza nell’ordinamento di una norma che
vincoli il raggiungimento del quorum medesimo alla necessitata partecipazione
alla seduta da parte dei membri in questione.
7.2.6. Per quanto attiene all’asserita violazione del R.D.L. 3267 del 1923, del
R.D. 1126 del 1926, della L.R.24 del 1991 e dell’art. 8 della L.R. 24 del 1991,
è assorbente la constatazione che con provvedimento Prot. n. 694603 dd. 4
dicembre 2006 il Servizio Forestale Regionale ha rinnovato le proprie
prescrizioni in conseguenza della disposta proroga dei termini per l’esecuzione
dei lavori (cfr. doc. 2 depositato da parte resistente il 25 ottobre 2007).
7.2.7. Da ultimo, per quanto segnatamente attiene ai motivi aggiunti di ricorso,
va innanzitutto evidenziato che la predetta, non evanescente eccezione di
inammissibilità della relativa impugnazione viene a fondarsi sull’assunto
giurisprudenziale secondo cui la mancata impugnazione dell’autorizzazione alla
realizzazione di una data opera preclude che l’intervento possa essere
contestato in sede di susseguente proroga dei termini previsti per la
conclusione dei lavori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2006 n. 6831,
resa a puntuale conferma di T.A.R. Lazio, Sez. III-ter, 27 giugno 2005 n. 5340).
La stessa giurisprudenza ha – altresì – modo di ribadire “che il principio del
consolidamento dei provvedimenti non impugnati e della non doverosità
dell'attivazione del procedimento di autotutela non viene derogato quando il
vizio dedotto è costituito dalla violazione del diritto comunitario. Anche
nell'ordinamento comunitario la sola illegittimità dell’atto non è elemento
sufficiente per giustificare la sua rimozione in via amministrativa, in quanto è
necessaria una attenta ponderazione degli altri interessi coinvolti, tra cui
quello del destinatario che ha fatto affidamento sul provvedimento illegittimo.
Né si può sostenere che il provvedimento adottato in violazione del diritto
comunitario sia nullo, in quanto l'entrata in vigore dell'art. 21 septies della
Legge 241 del 1990, introdotto dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15, ha codificato le
ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, che costituiscono quindi un
numero chiuso e all'interno delle quali non rientra il vizio consistente nella
violazione del diritto comunitario (Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2006 n. 1023).
Deve, pertanto, essere confermata la dichiarazione di inammissibilità della
censura e l'estraneità al presente giudizio di ogni successivo sviluppo delle
procedure comunitarie, richiamate dal ricorrente”.
A questo punto va pure soggiunto che un’ulteriore preclusione si ricava, nello
stesso contesto ordinamentale comunitario, dal principio secondo il quale gli
obblighi di verifica ambientale non possono essere opposti a progetti il cui
procedimento autorizzativo abbia avuto inizio prima della loro insorgenza.
Tale principio è stato già enunciato da questa stessa Sezione con la propria
sentenza n. 3587 dd. 27 ottobre 2006, che l’ha puntualmente desunto dalla
sentenza 23 marzo 2006 resa dalla Corte di Giustizia CE resa nella causa
C-209/04 (ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 12
maggio 2004 dalla Commissione CE contro la Repubblica d’Austria).
Nel testo di tale pronuncia del giudice comunitario si legge, infatti, quanto
segue: “dalla giurisprudenza della Corte risulta che il principio della
soggezione dei progetti che possono avere notevoli incidenze sull’ambiente ad
una valutazione relativa all’ambiente stesso non si applica nel caso in cui la
data di presentazione formale della domanda di autorizzazione di un progetto
precede la data di scadenza del termine di recepimento di una direttiva [v., per
quanto attiene alla direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE,
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), sentenze 11 agosto 1995, causa C 431/92,
Commissione/Germania, Racc. pag. I 2189, punti 29 e 32, nonché 18 giugno 1998,
causa C 81/96, Gedeputeerde Staten van Noord Holland, Racc. pag. I 3923, punto
23]. La Corte ha infatti considerato che tale criterio formale è l’unico che sia
conforme al principio della certezza del diritto e consenta di preservare
l’effetto utile di una direttiva. La ragione di tale considerazione consiste nel
fatto che una direttiva … riguarda in gran parte progetti di una certa ampiezza,
la cui realizzazione necessita molto spesso di un lungo periodo di tempo.
Pertanto non sarebbe opportuno che procedure, già complesse a livello nazionale
e formalmente avviate prima della data di scadenza del termine di attuazione
della direttiva, siano appesantite e ritardate dalle specifiche prescrizioni
imposte da quest’ultima e che situazioni già consolidate ne siano colpite (v.,
per analogia, precitata sentenza Gedeputeerde Staten van Noord Holland, punti 23
e 24). Orbene, la direttiva 85/337 e la direttiva sugli habitat riguardano
entrambe la valutazione degli impatti ambientali di taluni progetti pubblici e
privati. In entrambi i casi il procedimento di valutazione si colloca a monte
della scelta definitiva del progetto. I risultati di tale valutazione devono
essere presi in considerazione quando si decide sul progetto, e quest’ultimo può
essere modificato in funzione dei detti risultati. Le varie fasi dell’esame di
un progetto sono collegate al punto da costituire un’operazione complessa. Il
fatto che il contenuto di talune prescrizioni sia diverso non è in grado di
rimettere in discussione tale valutazione. Ne consegue che la censura dev’essere
valutata alla data in cui il progetto è stato formalmente presentato …”.
I ricorrenti, presumibilmente consci di ciò, affermano quindi che l’obbligo di
assoggettare l’opera alla VIA conseguirebbe dalla variante al progetto,
susseguentemente approvata, con la quale – tra l’altro, all’evidenza mitigando
gli effetti sul territorio discendenti dai precedenti elaborati – è stata
accolta la soluzione dell’interramento dei cavi nella parte del percorso
dell’elettrodotto finitimo alle proprietà dei ricorrenti medesimi.
Tuttavia, ove anche si acceda a tale prospettazione dei ricorrenti
l’impugnativa, per quanto qui di seguito illustrato, non può che essere
respinta.
Innanzitutto, va escluso – per quanto qui segnatamente interessa – il preteso
carattere self-executing della direttiva 85/337/CEE.
L’art. 4, §1, di quest’ultima, nel testo conseguente alle modifiche apportate
dalla direttiva 97/11/CEE e successive stabilisce che i progetti elencati
nell’Allegato I sono sottoposti a valutazione a’ sensi degli articoli da 5 a 10.
Il § 2 dello stesso art. 4 dispone, invece, per i progetti elencati
nell’Allegato II, che gli Stati membri determinano se il progetto debba essere
sottoposto a valutazione a’ sensi degli articoli da 5 a 10.
L’anzidetto Allegato I contempla, al punto 20, la “costruzione di elettrodotti
aerei con un voltaggio di 220 kV o superiore e di lunghezza superiore a 15 Kml”.
Viceversa, l’Allegato II, invece, al punto 3, intitolato “Industria energetica”,
contempla alla lettera b) il “trasporto di energia elettrica mediante linee
aeree (progetti non compresi nell’allegato I)”.
Risulta, quindi, che a’ sensi dell’art. 4, §2 direttiva 85/337/CEE, per le opere
di cui all’Allegato II della stessa Direttiva non sussiste l’obbligo per gli
Stati membri di sottoporre le stesse a VIA e che, pertanto, anche per
l’elettrodotto in questione, avente voltaggio di 132 kV, (ossia inferiore ai 220
kV) e lunghezza inferiore ai 15 km) la sottoposizione a VIA è facoltativa.
Né va sottaciuto che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nella stessa
sentenza 7 gennaio 2004 C- 201/02 menzionata dalla difesa dei ricorrenti,
chiarisce espressamente, nella sua motivazione, la discrezionalità degli Stati
membri per quanto riguarda le opere di cui all’Allegato II della direttiva in
esame.
A tutto ciò risulta, quindi, che – a differenza di quanto sostenuto dai
ricorrenti – l’assogettamento a VIA dell’opera in questione non discende in via
diretta dalla direttiva 85/447/CE e successive modifiche.
Va a questo punto evidenziato che lo Stato Italiano, con il D.P.C.M. 12 aprile
1996, modificato ed integrato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, è intervenuto nella
materia emanando un “atto di indirizzo e coordinamento” alle Regioni affinché
assicurino che “l’attuazione della procedura di valutazione di impatto
ambientale per i progetti indicati negli allegati A e B avvenga nel rispetto
delle disposizioni della direttiva 85/337/CEE” (cfr. art.1 del D.P.C.M. 12
aprile 1996). Per quanto segnatamente attiene agli elettrodotti, l’Allegato A
dello stesso D.P.C.M. 12 aprile 1996 contempla, tra le opere assoggettate a VIA
a’ sensi dell’art. 1, comma 3, gli “elettrodotti aerei“ (non, quindi, interrati)
“esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a
100 kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km”: e ciò in forza della
disposizione di cui alla lettera u), aggiunta per effetto del D.P.C.M. 3
settembre 1999.
L’elettrodotto in questione risulta, invero, in parte anche “aereo”, sia pure in
una zona considerevolmente distante dalle abitazioni e dalle proprietà dei
ricorrenti: ma anche a voler considerare tale sua parziale caratteristica,
l’opera non rientra chiaramente in tale ipotesi di applicazione del procedimento
di via, non fosse altro che per la sua lunghezza, notevolmente inferiore ai 10
Km..
Né le conseguenze mutano applicando la L.R. la disciplina contenuta al riguardo
nella L.R. 10 del 1999.
L’Amministrazione Regionale - e, segnatamente, l’Ufficio Regionale del Genio
Civile di Vicenza - ha infatti nella specie correttamente escluso la necessità
della VIA, in considerazione del fatto che alla data della presentazione della
domanda di autorizzazione da parte di ENEL Distribuzione S.p.a., in data 2
giugno 1999, la predetta L.R. 10 del 1999 non contemplava l’applicazione di tale
procedimento per gli elettrodotti.
L’interramento di una considerevole parte della linea in questione, progettato
da Enel Distribuzione in data 18 febbraio 2002, non va riguardato quale progetto
di una nuova opera, ma quale variante del progetto preesistente, il quale
segnatamente consiste nella realizzazione di un tratto di circa 4 Km. in linea
aerea in terna semplice e di un tratto di circa 1,4 Km. in cavo sotte¬raneo,
seguendo in prevalenza il tracciato della viabilità esistente.
Orbene, poiché la L.R. 10 del 1999 è stata novellata con la L.R. 27 dicembre
2000 n. 24, e poiché soltanto quest’ultima legge ha assoggettato a VIA gli
elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione
nominale superiore a 100 KV, la realizzazione dell’elettrodotto in questione
comunque non risulta sottoposta a tale procedura.
Né va sottaciuto che la domanda relativa alla variante presentata nel 2002
riguarda esclusivamente il progetto di interramento di un tratto di linea, e che
pertanto il relativo progetto comunque non rileverebbe ai fini della procedura
di VIA, posto che la stessa, per esplicita disposizione della L.R. 10 del 1999 e
dell’Allegato II della Direttiva CEE 85/337, riguarda – come si è detto innanzi
- solamente gli elettrodotti aerei e non quelli in cavo interrato, e che, ad
abundantiam, lo stesso art. 3 della L.R. 10 del 1999 prevede l’applicazione
della VIA soltanto “qualora la variante comporti il superamento delle soglie
dimensionali previste negli allegati” (cfr. ivi, lett. d) e “qualora la variante
comporti un incremento di capacità produttiva o di dimensioni originarie
superiore al venticinque per cento” (cfr. ibidem, lett. e): ipotesi, queste, che
nel caso di specie - per l’assunto - non sussistono.
8. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati
tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, nonché sui motivi
aggiunti, li respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio dell’8 novembre 2007.
Il Presidente
l’Estensore
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it