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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V
- 19 Marzo 2009, n. 1612
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario dell’area - Obbligo di smaltimento -
Responsabilità oggettiva - Inconfigurabilità - Art. 14 d.lgs. n. 22/97 - Art.
192 d.lgs. n. 152/2006. In tema di abbandono di rifiuti, la giurisprudenza
amministrativa, già con riferimento alla misura reintegratoria prevista e
disciplinata dall'art. 14 del D.lgs. n. 22/1997 , statuì che il proprietario
dell'area fosse tenuto a provvedere allo smaltimento solo a condizione che ne
fosse dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito
abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o
commissivo, a titolo doloso o colposo, escludendo conseguentemente che la norma
configurasse un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva (vieppiù, per fatto
altrui). In particolare, fu affermata l'illegittimità degli ordini di
smaltimento di rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo
in ragione della sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da
parte dell'amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e
di un'esauriente motivazione (quand'anche fondata su ragionevoli presunzioni o
su condivisibili massime d'esperienza), dell'imputabilità soggettiva della
condotta. I suddetti principi a fortiori si attagliano anche al disposto
dell'art. 192 del D.lgs. n. 152/2006, dal momento che tale articolo, non
soltanto riproduce il tenore dell'abrogato art. 14 sopra citato, con riferimento
alla necessaria imputabilità a titolo di dolo o colpa, ma in più integra il
precedente precetto precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato
esclusivamente "in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i
soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo". Pres. La Medica, Est.
Russo - A.G. (avv.ti Astuto e Mileto) c. Comune di Sogliano Cavour (avv.ti
Casarano e Caggiula) - (riforma T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, 19 marzo 2008,
n. 793). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V
- 19 Marzo 2009, n. 1612
RIFIUTI - Abbandono - Proprietario - Omessa recinzione del fondo o omessa
spontanea bonifica - Colpa - Inconfigurabilità - Obbligazione propter rem
di diritto pubblico - Introduzione ad opera dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/97
(ora art. 192 d.lgs. n. 152/2006) -
Esclusione. In tema di abbandono di rifiuti, non è ravvisabile colpa nel
fatto che il proprietario non abbia recintato il fondo, per principio generale
del diritto (cfr. art. 841 cod. civ.) la “chiusura del fondo” costituendo una
mera facoltà del proprietario, e dunque giammai un suo obbligo. Tantomeno, la
colpa può ravvisarsi nel fatto negativo di non avere il proprietario
spontaneamente bonificato il proprio fondo, perché un’interpretazione che ciò
sostenga sarebbe in palese contrasto rispetto all’inserimento normativo della
colpevolezza all’interno della fattispecie costitutiva della responsabilità di
cui qui trattasi (art. 192 d.lgs. n. 152/2006). Il sistema, in altri termini,
non è quello che l’interprete reputi “più funzionale”, ma quello che il
legislatore ha positivamente tratteggiato. Il che porta a escludere
l’introduzione, ad opera dell’art. 14 del d.lgs. n. 22/97 (ora art. 192 d.lgs.
n. 152/2006) di una sorta di obbligazione propter rem di diritto pubblico
(in quanto funzionale al pubblico interesse e coercibile da parte
dell’amministrazione nell’ambito dei suoi poteri di polizia amministrativa), a
carico del proprietario o del titolare di un diritto reale sul fondo (ed estesa
anche ai titolari di un diritto personale di godimento, nel caso in cui il
contenuto di questo conferisca al suo titolare i poteri di disposizione
necessari per provvedere alla rimozione), per il caso in cui non sia stato
accertato il responsabile del deposito abusivo di rifiuti. Pres. La Medica, Est.
Russo - A.G. (avv.ti Astuto e Mileto) c. Comune di Sogliano Cavour (avv.ti
Casarano e Caggiula) - (riforma T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, 19 marzo 2008,
n. 793). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V
- 19/03/2009, n. 1612
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 1612/09 REG.DEC.
N. 4729 REG:RIC.
ANNO 2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 4729/08 proposto dalla Sig.ra Anna Galluccio,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Antonio Astuto e Salvatore Mileto, presso il
quale ultimo è elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere dei Mellini n. 44;
c o n t r o
il Comune di Sogliano Cavour, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dagli Avv. Carmelo Casarano e Alfredo Caggiula ed elettivamente
domiciliato in Roma, Via L. Mantegazza n. 24, presso il Cav. Luigi Gardin;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione I, 19 marzo 2008, n. 793;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 2 dicembre 2008, il Consigliere Nicola
RUSSO;
Sentiti gli avv.ti Mileto, quest’ultimo per delega degli avv.ti Casara e
Gaggiula, come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con l’impugnata ordinanza 3 maggio 2006, n. 7, il Sindaco del Comune di Sogliano
Cavour ha ordinato di adottare, entro trenta giorni, ogni necessario intervento
di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale di un fondo di proprietà
della stessa appellante in cui si è riscontrata la presenza di un deposito
abusivo di rifiuti.
Con successivo provvedimento n. 3840 del 6 luglio 2006 lo stesso Comune ha
reiterato l’intimazione a provvedere alla bonifica ordinata; altrettanto è stato
infine ribadito con ulteriore ordinanza n. 29 del 12 dicembre 2006, dopo che il
Consiglio di Stato, in una precedente fase del presente giudizio, aveva accolto
l’istanza cautelare già disattesa in prime cure, non ritenendo di poter
ravvisare nella mancata recinzione del fondo base sufficiente per integrare
l’elemento soggettivo richiesto dalla normativa.
Nondimeno, la sentenza di primo grado ha respinto il ricorso, e successivi
motivi aggiunti, recanti impugnativa di tutti i succitati provvedimenti, avendo
ritenuto che l’art. 14, comma 3, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (poi
sostituito, con analoga formulazione, dall'art. 192, D.Lgs. 3 aprile 2006, n.
152), consenta di fondare la legittimità degli atti impugnati sulla mera
attività omissiva del proprietario del fondo su cui siano stati abbandonati
rifiuti solidi ad opera di ignoti, per non aver costui né recintato il proprio
fondo, né operatane la spontanea bonifica avendovi trovato i rifiuti in
discorso.
Si è costituito il Comune di Sogliano Cavour chiedendo il rigetto del gravame
avversario, con vittoria delle spese di lite.
Con ordinanza n. 4271 del 22 luglio 2008 è stata accolta l’istanza cautelare di
sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
Le parti hanno illustrato le loro posizioni con memorie depositate in vista
dell’udienza di discussione.
La causa è stata spedita in decisione all’udienza pubblica del 2 dicembre 2008.
D I R I T T O
Il primo motivo di appello deduce “violazione dell’art. 12 delle preleggi; vizio
di motivazione; erronea presupposizione dei fatti; violazione ed errata
interpretazione dell’art. 14 D.Lgs. n. 22 del 5.2.97 e 192 del D.Lgs. n. 152 del
3.4.2006; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990; eccesso di
potere per carenza dei presupposti, difetto di motivazione, sviamento, carenza o
insufficienza di istruttoria ed errato esercizio dell’azione amministrativa;
eccesso di potere per contraddittorietà”.
Il motivo è fondato, alla stregua dell’esegesi tracciata da questo Consiglio
circa i citt. artt. 14 e 192; esegesi che il Collegio ritiene oggi di dovere
confermare e ribadire.
Dispone, invero, la citata normativa (art. 14, comma 3) che “Fatta salva
l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i
divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a
recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi
in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di
godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o
colpa. Il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed
il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in
danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
Al comma 1 del medesimo articolo, invece, si stabilisce, in termini più
generali, che “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e
nel suolo sono vietati”.
L’esegesi della norma è tracciata - in esatti termini al nostro caso - da C.d.S.,
V, 25 agosto 2008, n. 4061.
Già allora, questa Sezione ha affermato che, “in tema di abbandono di rifiuti,
la giurisprudenza amministrativa, già con riferimento alla misura reintegratoria
prevista e disciplinata dall'art. 14 del D.lgs. n. 22/1997 (c.d. “Decreto
Ronchi”), statuì che il proprietario dell'area fosse tenuto a provvedere allo
smaltimento solo a condizione che ne fosse dimostrata almeno la
corresponsabilità con gli autori dell'illecito abbandono di rifiuti, per aver
posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o
colposo (v., tra le molte, Cons. St., sez. V, 25.1.2005 , n. 136), escludendo
conseguentemente che la norma configurasse un'ipotesi legale di responsabilità
oggettiva (vieppiù, per fatto altrui)”.
“In particolare, fu affermata l'illegittimità degli ordini di smaltimento di
rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della
sua sola qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione da parte
dell'amministrazione procedente, sulla base di un'istruttoria completa e di
un'esauriente motivazione (quand'anche fondata su ragionevoli presunzioni o su
condivisibili massime d'esperienza), dell'imputabilità soggettiva della
condotta”.
I suddetti principi a fortiori si attagliano anche al disposto dell'art. 192 del
D.lgs. n. 152/2006, dal momento che tale articolo, non soltanto riproduce il
tenore dell'abrogato art. 14 sopra citato, con riferimento alla necessaria
imputabilità a titolo di dolo o colpa, ma in più integra il precedente precetto
precisando che l'ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente "in base
agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai
soggetti preposti al controllo" ”. Calando, dunque, le superiori considerazioni
al caso in esame, va affermato (come già evidenziato in precedenti ordinanze
cautelari rese in questo stesso giudizio) che non è stata né accertata, né
tampoco dimostrata, dall'ente civico, la sussistenza dell'elemento psicologico
(ossia almeno la colpa) che avrebbe dovuto sorreggere la condotta omissiva
dell’appellante - quale condizione necessaria per la legittimità dei
provvedimenti qui impugnati - l’Amministrazione essendosi unicamente limitata a
rilevare la qualità di proprietaria della ricorrente, per ciò solo ordinandole
di bonificare il fondo.
Ritiene il Collegio che, diversamente da quanto opinato dal primo giudice, la
decisione non possa assumersi sul mero rilievo che “Altrimenti nel caso di
mancanza di un responsabile individuato (id quod prelumque accidit),
verrebbe del tutto vanificata la previsione tassativa e fondamentale di cui al
comma 1 dell’articolo 14 del d.lgs. n.22 del 1997, cioè il divieto di depositi
di rifiuti sul fondo”, e perciò assumendo che “Da tale norma, invero, deriva un
divieto generico, per i titolari di un diritto di godimento sugli immobili, di
adibirli o mantenerli a discarica o deposito abusivo di rifiuti”.
Ciò sarebbe esatto se il legislatore avesse strutturato la concorrente
responsabilità del proprietario (rispetto a quella del terzo autore
dell’abbandono dei rifiuti) in termini meramente oggettivi - ossia in assenza di
alcun riferimento all’elemento soggettivo della fattispecie - perché in tal
caso, ma solo allora, l’interprete avrebbe potuto esattamente ravvisare
l’obbligazione di ripristino a carico del titolare di un diritto di godimento
sul bene quale “obbligazione propter rem”.
Siccome invece il diritto positivo, come si evince anche dalla semplice lettura
delle citate disposizioni, ha stabilito l’esatto contrario - ossia il
legislatore ha strutturato la fattispecie in esame in termini indiscutibilmente
soggettivi, radicando solo sulla riscontrata presenza di colpevolezza del
proprietario la sua concorrente responsabilità - in difetto di accertato
concorso, con il terzo autore dell’illecito, di una condotta colpevole del
proprietario del fondo, non è dato ricavare alcuna sua responsabilizzazione per
la bonifica da effettuare.
Con il corollario, evidentissimo sebbene implicito, che l’onere economico della
bonifica del fondo - comunque ovviamente necessaria - non potrà porsi a carico
del proprietario, ma resterà per forza di cose socializzato.
Né, conclusivamente, è ipotizzabile ravvisare colpa nel fatto che il
proprietario non abbia recintato il fondo, per principio generale del diritto (cfr.
art. 841 cod. civ.) la “chiusura del fondo” costituendo una mera facoltà del
proprietario, e dunque giammai un suo obbligo.
Tantomeno, come pur si sostiene nella sentenza gravata, la colpa può ravvisarsi
nel fatto negativo di non avere il proprietario spontaneamente bonificato il
proprio fondo, perché un’interpretazione che ciò sostenga sarebbe in palese
circonvenzione rispetto all’inserimento normativo della colpevolezza all’interno
della fattispecie costitutiva della responsabilità di cui qui trattasi.
Il sistema, in altri termini, non è quello che l’interprete reputi “più
funzionale”, ma quello che il legislatore ha positivamente tratteggiato.
Il che, nella specie, porta a escludere che “il comma 1 dell’articolo 14 del
D.Lgs. n. 22 del 1997 ha introdotto una sorta di obbligazione propter rem
di diritto pubblico (in quanto funzionale al pubblico interesse e coercibile da
parte dell’amministrazione nell’ambito dei suoi poteri di polizia
amministrativa), a carico del proprietario o del titolare di un diritto reale
sul fondo (ed estesa anche ai titolari di un diritto personale di godimento, nel
caso in cui il contenuto di questo conferisca al suo titolare i poteri di
disposizione necessari per provvedere alla rimozione), per il caso in cui non
sia stato accertato il responsabile del deposito abusivo di rifiuti, e cioè
qualora non possa trovare applicazione la sanzione amministrativa
ripristinatoria di cui al successivo comma 3”.
Perché, se così fosse, si dovrebbe in effetti postulare che “essendo connessa
alla mera titolarità del diritto sul bene (in tal senso propter rem),
allora, tale obbligazione di ripristino sorge[rebbe] a carico del titolare, a
prescindere dalla sua responsabilità” in ordine alla formazione di un deposito
abusivo attraverso l’abbandono di rifiuti: ma, poiché ciò sarebbe l’esatto
contrario di quanto il legislatore ha positivamente stabilito inserendo la colpa
tra gli elementi costitutivi della fattispecie in discorso, se ne trae sicura
conferma della non condivisibilità dell’esegesi seguita dalla sentenza qui
appellata.
L’accoglimento del motivo esaminato consente di ritenere assorbiti quelli
ulteriori. Si rinvengono, tuttavia, validi motivi, in considerazione della
particolarità della fattispecie, per compensare integralmente le spese del
giudizio tra le parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente
pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e per l’effetto, in riforma della
sentenza gravata, annulla i provvedimenti impugnati in prime cure.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2008, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V)
riunito in Camera di Consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Domenico La Medica Presidente
Cesare Lamberti Consigliere
Filoreto D’Agostino Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Nicola Russo Consigliere estensore
IL PRESIDENTE
f.to Domenico La Medica
L'ESTENSORE
f.to Nicola Russo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19.03.2009
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
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