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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 29 aprile 2009, n. 2746
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Emissioni - Modifica sostanziale dell’impianto -
Procedimento autorizzatorio - Art. 269, c. 8 d.lgs. n. 152/2006. L'art. 269
comma 8 del d.lgs. 152/06 impone al gestore che intenda sottoporre un impianto a
modifica sostanziale di presentare una domanda di aggiornamento
dell'autorizzazione e richiama, per il procedimento autorizzatorio della
modifica, le stesse disposizioni contenute nel medesimo articolo in relazione
alla disciplina afferente il rilascio della originaria autorizzazione. Per
modifica sostanziale la stessa disposizione intende quella modifica che comporti
un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che altera le
condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse. Pres. La Medica, Est.
Castriota Scanderbeg - D. (avv. Farnararo ) c. Provincia di Firenze (avv.
Bianchi), Comune di Calenzano (avv. Hofer), ARPAT (avv.ti Bora e Ciari) e altro
(n.c.) - (Conferma TAR Toscana n. 276/2008).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 29/04/2009, n. 2746
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 2746/09 REG.DEC.
N. 3512 REG:RIC.
ANNO 2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Quinta Sezione,
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3512/08, proposto da DOVER srl in liquidazione, già
Diddi & Gori s.p.a., in persona del liquidatore, nonché da DIFIN spa, in persona
del legale rappresentante pt, rappresentate e difese dall’avv. Vincenzo
Farnararo ed elettivamente domiciliate in Roma presso lo studio dell’avv. Monica
Scongiaforno alla via Postumia 3;
contro
- la Provincia di Firenze in persona
del vice-Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Alberto
Bianchi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Fabio Lorenzoni
in Roma alla via del Viminale n. 43;
- il Comune di Calenzano in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Felix Hofer ed elettivamente domiciliato in
Roma al Lungotevere Flaminio n.46 presso lo studio Grez e Associati srl;
- l’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - ARPAT in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall’avv. Lucia Bora e Fabio Ciari dell’avvocatura regionale della Toscana,
elettivamente domiciliato in Roma al corso d’Italia 102 presso lo studio
dell’avv. Giovanni Pasquale Mosca;
- l’Azienda Sanitaria Locale 10 di Firenze, in persona del Direttore Generale
pro tempore, n.c.;
e con l’intervento ad adiuvandum
della Società Lenzi Tecnologie srl,
in persona del legale rappresentante pt, rappresentata e difesa in giudizio
dagli avv.ti Anton Ugo Serra e Claudio Gattini ed elettivamente domiciliata in
Roma presso lo studio dell’avv. Monica Scongiaforno alla via Postumia n. 3;
per la riforma
della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione seconda, 14 marzo 2008, n. 276,
con la quale è stato rigettato il ricorso di primo grado proposto dalle odierne
appellanti avverso l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera relativa
all’impianto della Diddi & Gori s.p.a. ubicato in Calenzano, via Petrarca 48
rilasciata, ai sensi dell’art. 269, comma 8, del d. lgs. 152/2006 con atto
dirigenziale della Provincia di Firenze n. 1298 del 12 aprile 2007 e relativo
allegato, nelle parti lesive; nonché avverso la nota del Dirigente lo Sportello
Unico delle Attività Produttive del Comune di Calenzano in data 16 aprile 2006
avente ad oggetto la trasmissione di tale autorizzazione; degli atti della
conferenza di servizi indetta ai sensi dell’art. 269, comma 3, del d. lgs.
152/2006 e di ogni atto conseguente a ridetta autorizzazione e in specie della
diffida adottata con atto dirigenziale della Provincia di Firenze n. 1842 del 30
maggio 2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 16 dicembre 2008, il Consigliere Giulio
Castriota Scanderbeg;
Uditi per le parti gli avv.ti Vincenzo Farnararo, Alberto Bianchi, Pasquale
Mosca su delega dell’avv. Lucia Bora nonché l’avv. Felix Hofer;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Le odierne appellanti, titolari
di un opificio tessile sito nella zona industriale di Calenzano, impugnano la
sentenza in epigrafe, con la quale il Tar della Toscana ha rigettato
l’originario ricorso di esse appellanti volto ad ottenere, con l’annullamento in
parte qua (in relazione a talune particolari prescrizioni imposte con l’atto
abilitativo gravato) della autorizzazione alla emissione in atmosfera rilasciata
in loro favore dalla Provincia di Firenze, il risarcimento dei danni
consequenziali.
2. Le appellanti ripropongono sostanzialmente in questa sede le censure, già
sottoposte con esito infausto al vaglio del primo giudice, avverso gli atti
gravati in prima istanza ed insistono per l’accoglimento, con l’appello, del
ricorso originario, con annullamento per quanto di ragione degli atti impugnati
in totale riforma della sentenza impugnata.
3. Si sono costituiti in appello la Provincia di Firenze, il Comune di Calenzano
e l’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana - ARPAT per
chiedere la reiezione del gravame, con ogni statuizione consequenziale anche in
ordine alle spese di lite. Ha altresì spiegato intervento ad adiuvandum
la società Lenzi Tecnologie srl, cessionaria del ramo d’azienda e subentrante,
rispetto a DOVER srl in liquidazione, nella autorizzazione alle emissioni in
atmosfera oggetto di scrutinio giurisdizionale in questo giudizio.
All’udienza del 16 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
Con il primo motivo d’appello la società ricorrente si duole della erroneità
della gravata pronuncia, lì dove la stessa ha ritenuto pienamente legittimo, ai
sensi dell’art. 269 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, il rilascio di nuova
autorizzazione ambientale (all’emissione in atmosfera) con la contestuale
imposizione di nuove prescrizioni, a fronte di una proposta di modificazione di
un preesistente impianto di emissione finalizzato a riunire le emissioni E1 ed
E2 in un unico camino di venticinque metri al posto dei due preesistenti di
dieci metri ciascuno nonché a fronte di << nuove emissioni di lucidatura a
metano e preparazione mescole>>. Nella prospettazione della ricorrente, la
Provincia non avrebbe dovuto rilasciare una nuova autorizzazione, ma limitarsi
ad aggiornare quella preesistente, senza attivare un nuovo procedimento né
imporre nuovi limiti e prescrizioni.
La censura è infondata e non merita di essere accolta.
E’ da premettere che l’art. 269 comma 8 del d.lgs. 152/06 impone al gestore che
intenda sottoporre un impianto a modifica sostanziale di presentare una domanda
di aggiornamento dell’autorizzazione e richiama, per il procedimento
autorizzatorio della modifica, le stesse disposizioni contenute nel medesimo
articolo in relazione alla disciplina afferente il rilascio della originaria
autorizzazione. Per modifica sostanziale la stessa disposizione intende quella
modifica che comporti un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o
che altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse.
Ora non par dubbio che nella specie la modifica che la odierna appellante
intendeva apportare all’impianto in titolarità avesse carattere sostanziale nei
sensi anzidetti visto che riguardava giustappunto il sistema di convogliamento
delle emissioni funzionale alla loro dispersione in atmosfera. D’altra parte,
come ha ben messo in evidenza il Tar nella sentenza impugnata, è stata la stessa
ricorrente a riconoscere il carattere sostanziale delle modifiche richieste
nella sua istanza del 19 giugno 2006, nella quale si legge esplicitamente che
“la ditta conviene con la Provincia riguardo alla sostanzialità degli interventi
previsti sulle linee di produzione 30 e 31”. Tale circostanza fattuale, da
ritenersi assolutamente pacifica, vale ad elidere ogni consistenza giuridica
all’argomento incentrato sulla pretesa irregolarità procedimentale, atteso che a
ragione la Provincia ha dato corso nella specie, in riscontro alla domanda di
aggiornamento del titolo abilitativo proposta dalla società ricorrente,
all’apertura di un nuovo procedimento funzionale alla emanazione di un nuovo
provvedimento finale.
Con il secondo motivo l’appellante ripropone il tema del preteso difetto di
istruttoria da cui sarebbe inficiato il provvedimento autorizzatorio gravato in
primo grado e lamenta la erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui
non avrebbe congruamente scrutinato tale profilo, anche in relazione al
prospettato sviamento che l’amministrazione procedente avrebbe subito, in sede
di fissazione delle prescrizioni tecniche alle emissioni, dalle lamentele della
popolazione residente e dalle previsioni urbanistiche di zona, tendenzialmente
ostative a localizzazioni di stabilimenti produttivi di emissioni < odorifere>.
Ma anche tale motivo non merita di essere accolto.
La ricorrente, infatti, trascura di considerare che la necessità di fissare
limiti alle emissioni odorifere rilasciate in atmosfera dall’opificio in sua
titolarità ha fatto seguito a diversi sopralluoghi da parte di personale della
competente agenzia regionale per l’ambiente (ARPAT), che si sono conclusi con il
rilievo in concreto di emissioni maleodoranti, aventi per un verso valore di
pieno riscontro delle tante denunce sporte dalla popolazione residente e
legittimanti per altro verso la adozione delle misure precauzionali fissate con
il medesimo provvedimento assentivo. Non appare inoltre senza significato,
contrariamente a quanto sul punto dedotto dall’appellante, che la stessa società
istante nella domanda di aggiornamento dell’impianto abbia proposto un
abbattimento delle emissioni odorigene (nei limiti di 410 U.O./M3), di tal che
la determinazione finale della amministrazione di conservare tale limite massimo
alle emissioni, sia pur rapportato alla nuova altezza del camino (mt 25), non
appare di per sé irragionevole. Né si comprende come possa profilarsi il
prospettato vizio di sviamento di potere, in relazione al fatto che anche le
prescrizioni urbanistiche di zona inducevano a ritenere il territorio non
eleggibile tra quelli destinati ad ospitare opifici industriali implicanti
emissioni; se un incentivo ad una maggiore attenzione al tema è venuto, da parte
delle autorità procedenti in seno alla conferenza di servizi, dalle ridette
previsioni urbanistiche ciò, lungi dal ridondare in illegittimità
provvedimentale per sviamento, si appalesa al contrario opportuna valutazione
concorsuale di tutti gli interessi pubblici implicati nella pertinente sede
procedimentale.
Quanto al terzo motivo, Il Collegio è persuaso che anche in relazione a tale
doglianza il gravame non meriti miglior fortuna.
Con tale motivo la società appellante ha censurato il provvedimento
autorizzatorio, nella parte in cui lo stesso ha riservato all’Ente provinciale
la facoltà di rivedere in qualsiasi momento la autorizzazione << in caso di
maleodoranze, esposti o si ravvisino problemi di carattere igienico-sanitario od
altro>>.
Sul punto la Sezione osserva, in aggiunta ai pertinenti rilievi del giudice di
prime cure circa la carenza di attuale portata lesiva della contestata <<riserva
di provvedere>> che, anche ove non esplicitata in autonoma clausola, la facoltà
di intervenire, al fine di rimodulare con ulteriori prescrizioni il regime
autorizzatorio dell’impianto a fronte di nuove sopravvenienze, è un portato
coessenziale alla diuturnitas della potestà amministrativa, che mai si
consuma e si esaurisce con l’adozione del provvedimento, restando sempre aperta
la strada del suo motivato riesercizio, fino al confine più remoto del ritiro in
autotutela dell’atto adottato.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la erroneità della gravata pronuncia
nella parte in cui la stessa ha disatteso il motivo di ricorso incentrato sulla
illegittima apposizione di un limite in unità olfattometriche pari a 410 U.O.
per metro cubo. Insiste l’appellante nel prospettare la incongruità di tale
parametro, deducendola in particolare dalla inusualità di tale limitazione per
gli impianti industriali civili. Rileva sul punto il Collegio che, come dedotto
dalla Provincia di Firenze nella memoria conclusiva del 3 dicembre 2008,
inusualità non è di per sé sinonimo di illegittimità e che, in ogni caso, per
altri impianti (sia pur esercenti discariche di rifiuti) sono state adottate
misure recanti analoghe limitazioni alle emissioni odorifere, aventi base
giuridica nell’art. 269 4° comma del d.lgs. 152/06. Né si coglie la portata
lesiva della prescrizione in oggetto se si considera che la stessa società
ricorrente, nel prospettare la congruità del suddetto limite ( sia pur con
riguardo alla originaria altezza dei camini di smaltimento), ha indicato in sede
procedimentale di essere nelle condizioni di rispettare senza particolari oneri
il suddetto limite emissivo.
Non merita miglior sorte il quinto motivo. Con questo le ricorrenti contestano
una serie di prescrizioni imposte in relazione alle emissioni in atmosfera
nonché l’obbligo di organizzare forme di autocontrollo, da riassumere in un
manuale contenente le caratteristiche ottimali di utilizzo degli impianti di
abbattimento. Esse però non provano l’incoerenza scientifica di tali
prescrizioni, che la Provincia ha stabilito utilizzando correttamente la propria
discrezionalità tecnica.
I limiti alle emissioni E/1 ed E/2 appaiono ampiamente giustificate
dall’accertata presenza di sostanze tossiche (formaldeide, ammoniaca ed
acrinolitrile) la cui presenza è ammessa dalla stessa Diddi & Gori s.p.a., ed
altrettanto giustificata appare la limitazione alle emissioni E7, anch’essa
ammessa dalla ricorrente. Anche in questo caso non viene fornito un principio di
prova circa l’incoerenza di tali prescrizioni sotto il profilo tecnico
scientifico.
La prescrizione di un manuale per l’autocontrollo infine è coerente con il
carattere della produzione svolta, e non appare misura sproporzionata a fronte
della necessità di tutelare la salute pubblica dall’emissione di inquinanti in
atmosfera.
Da ultimo vanno brevemente esaminate le censure dedotte a mezzo dei motivi
aggiunti. Con i primi motivi aggiunti le appellanti hanno esteso l’impugnazione
alla diffida adottata dalla Provincia di Firenze con atto dirigenziale n. 2225
del 28 giugno 2007, per illegittimità derivata, e con i secondi motivi aggiunti
lamentano che il Comitato per l’ambiente dell’area ex Roller sarebbe stato
ammesso a partecipare al procedimento senza verifica della sua legittimazione.
Per i motivi dedotti con il primo ricorso per motivi aggiunti, a dimostrare la
evidente infondatezza anche di tale impugnativa valgano ( atteso il carattere <
derivato> dei vizi fatti valere ) le considerazioni già svolte a confutazione
delle censure articolate col mezzo principale.
Quanto al motivo dedotto con il secondo ricorso per motivi aggiunti le
appellanti sono prive di interesse poiché non risulta che la partecipazione del
Comitato abbia influito sulle prescrizioni contestate, che ben avrebbero potuto
essere stabilite anche in assenza di qualsivoglia apporto procedimentale
esterno.
In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello non merita di
essere accolto.
Le spese di lite del grado possono essere compensate tra le parti, in
considerazione della particolarità della materia trattata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese del presente grado giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso a Roma, in Palazzo Spada, nella Camera di Consiglio del 16 dicembre
2008, con l'intervento dei signori magistrati:
Domenico La Medica Presidente
Vito Poli Consigliere
Gabriele Carlotti Consigliere
Adolfo Metro Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg Consigliere est.
IL PRESIDENTE
f.to Domenico La Medica
L'ESTENSORE
f.to Giulio Castriota Scanderberg
IL SEGRETARIO
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il................29/04/09..................
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
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