AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 Settembre 2009, n. 5459
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Regione Sardegna - Paesaggio - Competenza
legislativa regionale - Sentenza Corte Cost. n. 51/2006 - D.lgs. n. 42/2004 -
Norma di riforma economico sociale - Limite alla competenza regionale - Art. 144
d.lgs. n. 42/2004 - Applicabilità nella Regione Sardegna - PPR - Misure di
salvaguardia. Nonostante la tutela del paesaggio rientri, ai sensi dell’art.
117 Cost., nella competenza legislativa statale esclusiva (Corte cost., 7
novembre 2007 n. 367), e che lo statuto della Regione Sardegna non contempli
espressamente il paesaggio tra le materie di competenza legislativa regionale,
la Corte costituzionale ha tuttavia riconosciuto, in relazione alla l.r. n.
8/2004, la competenza della Regione Sardegna a legiferare in materia di
paesaggio (Corte cost. 10 febbraio 2006 n. 51), fondandola sul decreto
legislativo di attuazione dello statuto quanto al governo del territorio (d.P.R.
22 maggio 1975 n. 480), e riconducendola all’art. 3 dello statuto medesimo.
Tuttavia, la citata pronuncia della Corte, pur riconoscendo la competenza del
legislatore regionale a intervenire in materia di tutela del paesaggio, afferma
che tale competenza incontra i limiti di cui all’art. 3 dello statuto, e
segnatamente il limite derivante dalle norme statali di <<riforma economico
sociale>>. Si deve ritenere che il d.lgs. n. 42/2004 trovi applicazione nella
regione Sardegna quanto alle norme di <<riforma economico sociale>>. La regola
contenuta nell’art. 144, d.lgs. n. 42/2004, secondo cui i piani paesistici
prevedono misure di salvaguardia può pertanto senz’altro essere ritenuta una
norma di riforma economico-sociale di diretta applicazione nella Regione
Sardegna. Alla luce di tale ricostruzione, è l’art. 144, co. 3, d.lgs. n.
42/2004 che fonda il potere del PPR di prevedere misure di salvaguardia, e che
dunque rende legittimo l’art. 15 delle nta del piano regionale, a tenore del
quale sono precluse costruzioni negli ambiti di paesaggio costieri fino
all’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPR.
Pres. Ruoppolo, Est. De Nictolis - C.G. s.r.l. (avv.ti Massa, Molè e Vignolo) c.
Ministero per i beni e le attività culturali e altro (Avv. Stato), Regione
Autonoma della Sardegna (avv. Contu) e Comune di Villasimius (avv. Candiu) -
(Conferma Tar Sardegna - Cagliari, sez. II, n. 01997/2008) - CONSIGLIO DI
STATO, Sez. VI - 10 settembre 2009, n. 5459
www.AmbienteDiritto.it
N. 05459/2009 REG.DEC.
N. 01689/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1689 del 2009, proposto da:
Cala Giunco s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica,
rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Massa, Marcello Molè, Marcello
Vignolo, con domicilio eletto presso Marcello Molè in Roma, via della Farnesina,
n. 272;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza Bapsae Prov. di
Cagliari e Oristano, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui per legge domiciliano, in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del presidente in carica,
rappresentata e difesa dall'avvocato Gian Piero Contu, domiciliata in Roma, via
Lucullo, n. 24;
Comune di Villasimius, in persona del legale rappresentante in carica,
rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Candio, con domicilio eletto presso
Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, n. 1;
per la riforma
della sentenza del Tar Sardegna – Cagliari, sez. II, n. 01997/2008, resa tra
le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione delle amministrazioni appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il consigliere Rosanna
De Nictolis e uditi per l’appellante gli avvocati Molé e Vignolo, per le
amministrazioni statali l’avvocato dello Stato F Tortora, per la Regione
Sardegna l’avv. Contu e per il Comune di Villasimius l’avv. Candio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il presente contenzioso costituisce l’epilogo di una vicenda ultratrentennale
relativa ad un piano di lottizzazione nel territorio costiero del Comune di
Villa Simius, in zona F, denominato piano <<Cala Giunco>> più volte, nel corso
degli anni, modificato e ridimensionato, sia sul piano dell’oggetto (da una
lottizzazione a scopo di insediamento residenziale si è passati ad una
lottizzazione a scopo di insediamento turistico alberghiero), sia sul piano
della volumetria realizzabile e delle opere di urbanizzazione.
Le vicende precedenti ai fatti di causa, sebbene puntualmente richiamate da
parte ricorrente, verranno indicate solo nei limiti in cui hanno effettiva
rilevanza per l’attuale contenzioso.
1.1. Dopo l’approvazione del piano di lottizzazione in questione è entrata in
vigore la l.r. 25 novembre 2004 n. 8.
Nel vigore di tale legge, la società odierna appellante ha chiesto alla Regione
Sardegna l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere di
urbanizzazione.
Nel silenzio della Regione, la società ha chiesto l’intervento sostitutivo della
competente Soprintendenza statale, che, con provvedimento 27 giugno 2006 n. 52
ha negato l’autorizzazione paesaggistica, con la seguente motivazione:
<<l’intervento proposto risulta non coerente con la disciplina transitoria
relativa all’ambito di paesaggio costiero di cui all’art. 15 delle norme
tecniche di attuazione del piano paesistico regionale adottato con decreto del
presidente della regione n. 46 del 24 maggio 2006>>.
1.2. La società ha pertanto proposto un primo ricorso di primo grado con cui ha
impugnato:
a) il citato provvedimento n. 52/2006 recante diniego dell’autorizzazione
paesaggistica;
b) la delibera di giunta regionale n. 22/3 del 24 maggio 2006 recante adozione
del piano paesaggistico regionale;
c) il decreto del presidente della Regione Sardegna n. 46 del 24 maggio 2006 con
cui è stata disposta la pubblicazione del piano paesistico.
1.3. Con il ricorso ha, in sintesi, lamentato:
a) il decorso dei termini per le misure di salvaguardia ex lege previste
dall’art. 3, l.r. n. 8/2004;
b) l’illegittima estensione, da parte del piano paesistico, delle misure di
salvaguardia previste dalla citata legge regionale oltre i termini ivi previsti;
c) l’inesistenza di altre norme primarie idonee a fondare la competenza del
piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia;
d) l’applicabilità, comunque, del regime di deroga alle misure di salvaguardia
previsto dalla stessa l.r. n. 8/2004, essendo già state realizzate le opere di
urbanizzazione.
2. La società odierna appellante avviava un distinto procedimento presso il
Comune di Villa Simius, finalizzato all’ottenimento della concessione edilizia.
Allo scopo, occorreva che il Comune procedesse, previamente, all’accertamento
della volumetria complessiva massima assentibile nella zona F, ai sensi
dell’art. 6, l.r. n. 8/2004, al fine di stabilire se vi fosse residua volumetria
non ancora utilizzata, e se fossero dunque ancora rilasciabili concessioni
edilizie.
2.1. Il Comune effettuava un primo accertamento, con i criteri prescritti dalla
legislazione regionale, da cui risultava una residua volumetria non ancora
utilizzata.
2.2. Tuttavia la Regione segnalava un errore di calcolo, osservando che andava
conteggiata la sola linea di costa escludendo le emergenze minori quali isole e
scogli.
2.3. Il Comune rettificava il calcolo secondo le indicazioni regionali, e dal
nuovo conteggio emergeva il superamento della capacità insediativa massima nelle
zone turistiche F, con conseguente impossibilità di rilascio della concessione
edilizia alla società odierna appellante.
2.4. Di qui un secondo ricorso al Tar Sardegna, avente ad oggetto:
a) la nota prot. 2 febbraio 2007 n. 1885 con cui il Comune di Villasimius ha
comunicato l’impossibilità di rilasciare concessione edilizia per il
completamento del piano di lottizzazione Cala Giunco <<in quanto non risulta
soddisfatta la condizione prevista dall’art. 6 della legge regionale 8/2004>>;
b) la deliberazione del consiglio comunale di Villasimius 19 gennaio 2007 n. 2
con cui è stato approvato l’atto di <<ricognizione dei volumi presenti nelle
zone F del territorio comunale ai sensi degli artt. 4 e 6 della legge regionale
25 novembre 2004 n. 8 – Rettifica dei calcoli>>;
c) la nota 28 febbraio 2006 n. 19662/DG con cui l’assessorato regionale
competente ha invitato il comune di Villasimius a rettificare il calcolo
dell’estensione costiera prendendo in considerazione la sola linea di costa ed
escludendo tutte le emergenze minori – isole e scogli;
d) la delibera di giunta regionale 5 settembre 2006 n. 36/7 con cui è stato
approvato il piano paesistico regionale, nella parte in cui condiziona il
completamento dei piani attuativi approvati e convenzionati alla previa verifica
della cubatura disponibile di cui all’art. 6, l.r. n. 8/2004.
2.5. Si lamentava, in sintesi:
a) erronea applicazione dell’art. 6, l.r. n. 8/2004 e del c.d. decreto Floris
ivi richiamato;
b) errata misurazione della lunghezza di costa;
c) violazione del procedimento previsto dalla circolare esplicativa n. 40/GAB
del 3 febbraio 2005 per la determinazione dell’esistenza di eventuali volumi
residui nelle zone F;
d) in subordine: illegittimità costituzionale della previsione della l.r. n.
8/2004 che dimezza la volumetria edificabile nelle zone F anche con riferimento
a lottizzazioni già approvate e convenzionate per le quali sono state già
completate le opere di urbanizzazione.
3. Il Tar adito, con la sentenza 12 novembre 2008 n. 1997:
a) ha riunito i due ricorsi;
b) ha respinto il ricorso rivolto contro il diniego di autorizzazione
paesaggistica e contro il piano paesaggistico regionale, ritenendo, da un lato,
che esiste una norma primaria regionale a fondamento della competenza del piano
paesistico a prevedere misure di salvaguardia e che, dall’altro lato, non
trovasse applicazione la deroga alle misure di salvaguardia, non essendovi,
nell’ambito della lottizzazione Cala Giunco, opere di urbanizzazione
legittimamente avviate;
c) ha dichiarato improcedibile il ricorso contro il diniego di concessione
edilizia e gli atti presupposti, per difetto di interesse derivante dalla
impossibilità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica (per effetto del
rigetto del ricorso avverso quest’ultima).
4. Ha proposto appello l’originaria ricorrente, con cui vengono riproposte le
censure di cui al ricorso di primo grado e vengono mosse motivate critiche alla
sentenza gravata, chiedendo altresì la sospensione dell’esecuzione della
sentenza.
5. Nell’udienza fissata per l’esame della domanda cautelare (24 marzo 2009) la
causa è stata rinviata al merito, poi fissato per l’udienza odierna (7 luglio
2009).
6. Si sono costituiti:
a) il Ministero per i beni e le attività culturali, con la Soprintendenza per i
beni architettonici e paesaggistici della Sardegna;
b) il Comune di Villasimius;
c) la Regione Sardegna.
7. Con l’atto di appello si ripropongono, anzitutto, le censure con cui si
lamenta che il piano paesistico regionale non avrebbe avuto competenza a fissare
misure di salvaguardia, per difetto di una norma primaria regionale che lo
consentisse.
7.1. Si assume che la norma primaria invocata dalla sentenza del Tar Sardegna, e
segnatamente l’art. 11, co. 8, l.r. n. 45/1989, sarebbe stato abrogato dalla
l.r. n. 8/2004.
8. Il mezzo va, nel suo complesso, disatteso, e la sentenza va in parte qua
confermata, ancorché con diversa motivazione.
8.1. Giova ricostruire il complesso quadro normativo di riferimento.
L’art. 11, l.r. n. 45/1989, oggetto di numerose modifiche legislative, nella
versione ultima anteriore all’intervento di cui alla l.r. n. 8/2004 (di cui si
dirà a breve), prevede che dalla data di adozione e fino all’approvazione del
piano paesistico regionale trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui
alla l. 3 novembre 1952 n. 1902.
8.2. La l.r. 25 novembre 2004 n. 8 all’art. 2 dispone che <<per le procedure di
redazione della proposta, adozione e approvazione del PPR si applicano le
disposizioni di cui all'articolo 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n.
45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), così modificato>>.
Segue un testo dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, nel quale non vi è più la citata
disposizione che richiama le misure di salvaguardia.
8.3. Secondo la sentenza del Tar, la l.r. n. 8/2004 avrebbe inteso non già
sostituire integralmente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, ma solo modificarlo
limitatamente alla parte relativa alle procedure di redazione, adozione e
approvazione del PPR, lasciando in vita la previsione relativa alle misure di
salvaguardia. Tanto si desumerebbe anche dalla circostanza che l’art. 9, l.r. n.
8/2004, recante le abrogazioni, abroga espressamente gli artt. 10, 12 e 13, l.r.
n. 45/1989, ma non l’art. 11 di tale legge.
8.4. Secondo parte appellante, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, opera una integrale
sostituzione dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, sicché non può restare in vita uno
spezzone di articolo non compreso nell’articolo come modificato.
Tanto si desumerebbe anche dal dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004,
secondo cui la modifica è riferita all’intero art. 11, e non solo ad una parte
delle sue disposizioni (si dice che l’articolo è <<così modificato>>).
8.5. Il Collegio non può esimersi dallo stigmatizzare la cattiva tecnica
utilizzata dal legislatore regionale, che viola i canoni di semplificazione
normativa e chiarezza del linguaggio legislativo, e dunque il principio di
ragionevole affidamento del cittadino.
Osserva, però, che secondo il dato testuale dell’art. 2, l.r. n. 8/2004, emerge
l’intento di modificare l’intero art. 11, e non solo una parte di esso.
Pertanto, l’art. 2, l.r. n. 8/2004, nel riscrivere tra virgolette un testo
dell’art. 11, l.r. n. 45/1989, lo sostituisce integralmente, e non solo in
parte, come affermato dal Tar.
Pertanto, effettivamente l’art. 11, l.r. n. 45/1989, come riscritto dall’art. 2,
l.r. n. 8/2004, si compone di soli cinque commi, e non contiene alcun
riferimento a misure di salvaguardia da applicarsi nel periodo temporale che va
dall’adozione all’approvazione del PPR.
8.6. Tuttavia, ad avviso del Collegio, questo non significa che manchi una norma
primaria che fondi l’applicazione di misure di salvaguardia nel suddetto
intervallo temporale.
Giova infatti osservare che poco prima della l.r. n. 8/2004 era entrato in
vigore il d.lgs. statale n. 42/2004, recante il codice dei beni culturali e del
paesaggio.
L’art. 144, co. 3, di tale codice, sin dalla sua originaria versione, stabiliva
che <<Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono
cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e
delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi
eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di
salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici
e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla
tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque
prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione>>.
Vi è dunque una norma primaria statale che consente ai piani paesaggistici, una
volta affermatone il primato gerarchico rispetto ai piani urbanistici, di
fissare norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli
strumenti urbanistici rispetto alle previsioni dei piani paesaggistici.
8.7. Tale norma statale è applicabile nella regione Sardegna.
Va premesso che, nonostante la tutela del paesaggio rientri, ai sensi dell’art.
117 Cost., nella competenza legislativa statale esclusiva (Corte cost., 7
novembre 2007 n. 367), e che lo statuto della Regione Sardegna non contempli
espressamente il paesaggio tra le materie di competenza legislativa regionale,
la Corte costituzionale ha tuttavia riconosciuto, proprio in relazione alla l.r.
n. 8/2004, la competenza della Regione Sardegna a legiferare in materia di
paesaggio (Corte cost. 10 febbraio 2006 n. 51), fondandola sul decreto
legislativo di attuazione dello statuto quanto al governo del territorio
(segnatamente il d.P.R. 22 maggio 1975 n. 480), e riconducendola all’art. 3
dello statuto medesimo.
Afferma testualmente la Corte costituzionale: <<Tenendo presente che le norme di
attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed
integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di
competenza delle regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate
che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli
statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (…), è evidente
che la regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze
statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire
in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale. Ciò sia sul piano
amministrativo che sul piano legislativo (in forza del c.d. «principio del
parallelismo» di cui all’art. 6 dello statuto speciale), fatto salvo, in questo
secondo caso, il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del
medesimo statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa
primaria della regione (l’armonia con la Costituzione e con i principî
dell’ordinamento giuridico della Repubblica e il rispetto degli obblighi
internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica)>>.
Tuttavia, la citata pronuncia della Corte, pur riconoscendo la competenza del
legislatore regionale a intervenire in materia di tutela del paesaggio, afferma
che tale competenza incontra i limiti di cui all’art. 3 dello statuto, e
segnatamente il limite derivante dalle norme statali di <<riforma economico
sociale>>.
Si afferma infatti testualmente: <<A tale ultimo riguardo, va osservato che il
legislatore statale conserva quindi il potere di vincolare la potestà
legislativa primaria della regione speciale attraverso l’emanazione di leggi
qualificabili come «riforme economico-sociali»: e ciò anche sulla base — per
quanto qui viene in rilievo — del titolo di competenza legislativa nella materia
«tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art.
117, 2° comma, lett. s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio
quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le
norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale
materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore
della regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella
materia «edilizia ed urbanistica>>.
Si deve pertanto ritenere che il d.lgs. n. 42/2004 trovi applicazione nella
regione Sardegna quanto alle norme di <<riforma economico sociale>>.
La regola contenuta nell’art. 144, d.lgs. n. 42/2004, secondo cui i piani
paesistici prevedono misure di salvaguardia può senz’altro essere ritenuta una
norma di riforma economico-sociale di diretta applicazione nella Regione
Sardegna.
Tale ricostruzione trova conferma nella stessa l.r. n. 8/2004, che, varata dopo
il d.lgs. n. 42/2004, lo richiama ripetutamente, quanto ai contenuti della
pianificazione paesaggistica regionale.
La successione temporale (prima d.lgs. n. 42/2004, poi l.r. n. 8/2004) spiega
anche perché il legislatore regionale nel 2004 abbia ritenuto di abrogare senza
riproduzione una precedente norma regionale sulle misure di salvaguardia
relative ai piani paesistici adottati; ciò in quanto era nel frattempo
sopravvenuta una norma statale, di diretta applicazione nella Regione, che
regolava appunto tali misure di salvaguardia.
8.8. Alla luce di tale ricostruzione, è l’art. 144, co. 3, d.lgs. n. 42/2004 che
fonda il potere del PPR di prevedere misure di salvaguardia, e che dunque rende
legittimo l’art. 15 delle nta del piano regionale, a tenore del quale sono
precluse costruzioni negli ambiti di paesaggio costieri fino all’adeguamento
degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPR.
9. Va disattesa, poi, la censura di genericità delle norme di salvaguardia
contenute nel PPR perché riferite ad aree non determinate con precisione e per
mancanza, nel piano, di una specifica normativa di uso del territorio.
Intanto la censura non può essere riferita all’intero PPR, per difetto di
interesse, ma va riferita solo alla parte di piano incidente sull’area di
proprietà della ricorrente.
Le misure di salvaguardia sono, in parte qua, riferite al paesaggio costiero e
sono volte a compulsare le amministrazioni comunali ad adeguare i piani
urbanistici, sicché si tratta di misure ragionevoli e sufficientemente
determinate sul piano oggettivo.
10. Con l’ultimo profilo di censura relativa al diniego di autorizzazione
paesaggistica, si osserva che ai sensi dell’art. 4, l.r. n. 8/2004 e dell’art.
15, nta del PPR, nelle zone F quale quella per cui è processo possono essere
realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi purché
approvati e con convenzione efficace alla data del 10 agosto 2004 e ricadenti
nella fascia di 2000 metri dalla linea di battigia marina, purché a tale data
siano legittimamente avviate le opere di urbanizzazione, nel senso che sua stati
realizzato il reticolo stradale e si sia determinato un mutamento consistente ed
irreversibile dello stato dei luoghi.
10.1. Si assume che nel caso di specie erroneamente il provvedimento impugnato e
la sentenza del Tar riterrebbero che alla data del 10 agosto 2004 non fossero
state legittimamente avviate le opere di urbanizzazione.
Si assume che è stato effettuato un verbale di sopralluogo da cui risultano
tutte le opere di urbanizzazione realizzate.
Solo in grado di appello, si adducono elementi atti a dimostrare che le opere di
urbanizzazione, oltre che anteriori al 10 agosto 2004, sarebbero state
legittimamente avviate in virtù di atti di assenso pregressi, succedutisi nel
tempo.
10.2. Osserva tuttavia la Sezione che l’art. 4, l.r. n. 8/2004 e l’art. 15,
n.t.a., richiedono non solo che le opere di urbanizzazione siano state
legittimamente avviate, ma anche che si sia determinato un mutamento consistente
ed irreversibile dello stato dei luoghi; trattasi di presupposti concorrenti e
non alternativi, sicché la mancanza anche di uno solo dei due presupposti
impedisce l’applicazione del regime transitorio di deroga.
Il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica fonda il diniego non
solo sul mancato avvio delle opere di urbanizzazione, ma anche sul rilievo che
non risulta irreversibilmente modificato lo stato dei luoghi.
Il ricorso di primo grado, come anche l’atto di appello, si incentrano solo
sulla questione del legittimo avvio di opere di urbanizzazione, ma nulla
obiettano all’assunto del provvedimento secondo cui lo stato dei luoghi non è
stato irreversibilmente modificato.
In difetto di censure sul punto, tale capo di provvedimento è inoppugnabile e
idoneo, anche da solo, a fondare il diniego di autorizzazione.
11. Occorre, secondo quanto espressamente richiesto dall’appellante, esaminare
le censure contenute nell’altro ricorso di primo grado, che il Tar ha ritenuto
improcedibili per asserito difetto di interesse.
11.1. Anche tali censure, già sintetizzate, sono infondate.
Dispone l’art. 6, l.r. n. 8/2004, che il dimensionamento delle volumetrie degli
insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50
per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi
stabiliti per la suddetta zona dal Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U
dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica (c.d. decreto Floris).
11.2. Parte appellante contesta il criterio di calcolo utilizzato dal Comune di
Villasimius in ossequio ai rilievi regionali, secondo cui va calcolata la linea
di costa escludendo le emergenze minori (isole e scogli).
11.3. Va anzitutto osservato che l’art. 6 della citata l.r. pone un limite
massimo di volumetria assentibile, ma non impedisce ai Comuni di assentire una
volumetria inferiore rispetto a quella massima assentibile.
Pertanto non è neppure impedito di adottare un criterio di lettura restrittivo
del decreto Floris, avendo riguardo alla <<fruibilità ottimale del litorale>>
solo con riferimento alla costa effettivamente fruibile, che il decreto Floris
indica come costa sabbiosa, senza computare le emergenze minori quali isole e
scogli, che non sono effettivamente fruibili.
11.4. Inoltre, correttamente viene calcolata la volumetria sulla base della
capacità insediativa massima calcolata sulla fruibilità ottimale del litorale
(posti bagnanti per metro lineare di costa sabbiosa), e non con riferimento
all’indice fondiario di 0,75 mc/mq. Infatti l’indice fondiario non riguarda la
volumetria complessiva massima assentibile nell’intera zona F, ma la volumetria
massima assentibile per ciascun lotto.
11.5. Sono infondate per genericità le censure articolate in prime cure riferite
a presunti errori di calcolo commessi dal Comune di Villasimius nel misurare le
coste sabbiose, atteso che non vengono forniti elementi atti a dimostrare
l’errore di calcolo e l’effettiva diversità dello stato dei luoghi.
11.6. Va disattesa la censura di violazione, nel procedimento di ricognizione
della volumetria assentibile, delle regole dettate da una circolare. E’ noto,
infatti, che le circolari non contengono (non possono contenere) disposizioni
vincolanti.
11.7. Vanno infine disattese per manifesta infondatezza le censure di
illegittimità costituzionale della l.r. n. 8/2004 sotto il profilo che il
dimezzamento delle volumetrie assentibili nelle zone F, anche per le
lottizzazioni in corso, violerebbe gli artt. 3, 9, 41, 42, 97 e 118 Cost.
Infatti la previsione regionale, di particolare rigore, trova piena
giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile
bellezza, che ha già subito attentati a causa della propensione italica ad una
edificazione indiscriminata.
Nella valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla
salvaguardia del paesaggio, anche a tutela delle generazioni future, e quello
individuale e imprenditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici, trova
piena legittimità costituzionale la previsione regionale, estesa anche alle
lottizzazioni in corso.
12. Per quanto esposto l’appello va respinto.
La complessità delle questioni giustifica la integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Sezione
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre
massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE -
Ricerca in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright ©
- AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 -
ISSN 1974-9562