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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936



DIRITTO URBANISTICO - ESPROPRIAZIONE - Vincolo preordinato all’esproprio - Reiterazione - Indicazione di un indennizzo e della relativa copertura finanziaria - Necessità - Esclusione - Ragioni - Art. 39 T.U. n. 327/2001.
L’art. 39 del testo unico n. 327 del 2001, avente natura ricognitiva del preesistente quadro normativo, evidenzia che l’ordinamento non impone l’indicazione di un indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio (e, dunque, la relativa copertura finanziaria), poiché la sua spettanza o meno è del tutto eventuale e va accertata (solo quando il vincolo sia stato effettivamente reiterato) sulla base della istanza dell’interessato, che può attivare un procedimento nel corso del quale ha l’onere di dare prova del pregiudizio concretamente ricevuto dagli atti amministrativi. Pres. f.f. Maruotti, Est. Potenza - D.F. (avv. Marcello) c. Comune di Squillace (avv. Nisticò) - (Conferma TAR Calabria, Catanzaro, n. 517/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936


DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Giudizio di ottemperanza - Vizi inficianti l’azione amministrativa - Specifica denuncia - Onere del ricorrente - Condanna della P.A. al pagamento di somme di denaro - Indicazione delle omissioni o degli errori di calcolo. Nel giudizio per l'ottemperanza è onere del ricorrente denunciare, con pertinenti e documentate censure, i vizi che inficiano l'azione amministrativa, non potendo la sua contestazione esaurirsi in una generica dichiarazione d'insoddisfazione per il risultato raggiunto, rispetto a quello che si prefigurava di conseguire. Pertanto, nel caso di sentenza di condanna della pubblica amministrazione al pagamento di somme di denaro, è onere del ricorrente, una volta in possesso del prospetto contenente i conteggi eseguiti dall'amministrazione, indicare le omissioni ovvero gli errori di calcolo che sarebbero stati commessi in suo danno dagli uffici, onde porre il giudice adito in condizione di verificare, attraverso il raffronto tra i prospetti elaborati dalle parti in causa, se il giudicato è stato effettivamente eseguito solo in parte.(Consiglio di Stato , sez. IV, 24 febbraio 1996, n. 172). Pres. f.f. Buonvino, Est. Taormina - B. s.p.a. (avv.ti Macchia e Vinti) c.Azienda Speciale Molise Acque (avv. Neri). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6936
 


 

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N. 06936/2009 REG.DEC.
N. 02947/2004 REG.RIC

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sull’appello n. 2947 del 2004, proposto dal signor Domenico Scalzo, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianfranco Marcello, con domicilio eletto presso il signor Gianfranco Marcello in Roma, via di Priscilla, 35;

contro

Il Comune di Squillace, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sandro Nistico', con domicilio eletto presso il signor Renato Marini in Roma, via dei Monti Parioli n. 48;

per la riforma della sentenza del Tar Calabria - Catanzaro :sez. prima n. 00517/2004, resa tra le parti, concernente REITERAZIONE VINCOLO SCADUTO PER REALIZZ. OPERE PUBBLICHE-RIS. DANNO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 30 giugno 2009 il cons. Raffaele Potenza e uditi l’avv. Carbone, su delega dell'avv. Marcello, e l'avv. Pafundi, su delega dell'avv. Nisticò;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con contratto in data 16 9 1997, i signori Domenico e Fabio Scalzo acquistavano un terreno agricolo situato in Comune di Squillace, sottoposto dal PRG (approvato il 23 3 1992) a vincolo espropriativo (quinquennale) per la realizzazione di opere pubbliche.

Con il ricorso di primo grado (proposto al TAR Calabria), essi esponevano che, successivamente alla scadenza del vincolo, il Comune dapprima continuava a certificare erroneamente la precedente destinazione urbanistica (recata dal vincolo espropriativo) e nel prosieguo, con un nuovo atto di pianificazione, provvedeva a reiterare il vincolo scaduto, prevedendo un indennizzo per il nuovo periodo; pertanto, ritenendo tale operato dannoso in quanto precludente l’attività edificatoria, gli esponenti chiedevano la condanna del Comune al risarcimento del danno.

Il Tribunale respingeva, in quanto infondata, la tesi sugli effetti lesivi della errata certificazione, e dichiarava inammissibile la domanda di indennizzo da reiterazione del vincolo, per difetto di giurisdizione.

Con l’appello in esame, il sig. Domenico Scalzo ha chiesto che, in riforma della sentenza gravata, sia accolto il ricorso di primo grado.

Si è costituito nel giudizio il Comune di Squillace. che ha chiesto la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 30 giugno 2009, la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1- Con la sentenza impugnata, il TAR per la Calabria ha respinto il primo ordine di doglianze, osservando che la scadenza del vincolo sulla zona agricola ha sì conferito capacità edificatoria ad un terreno degli interessati, seppur nei limiti indicati dall’art. 4, ultimo comma, della legge n. 10 del 1977, ma che il ricorrente, il quale ha acquistato il terreno successivamente alla scadenza del vincolo stesso, non ha mai esercitato tale facoltà edilizia e non può quindi sostenere che il suo mancato esercizio sia dipeso dalle certificazioni sulla destinazione urbanistica, rilasciati dal Comune.

Nel censurare tale statuizione, l’appellante ha riproposto la propria pretesa risarcitoria in conseguenza della rinnovazione del vincolo, che però non risulta impugnata.

In ogni caso, la Sezione ritiene di condividere la statuizione con cui il TAR ha respinto la pretesa di primo grado, perché non è mai stata esercitata la facoltà di costruire, essendo mancata la proposizione di una domanda di concessione edilizia.

2- Sulla seconda questione, inerente le pretese patrimoniali avanzate in relazione alla successiva reiterazione del vincolo, il TAR ha ritenuto non sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo, ma quella del giudice ordinario, attesa la previsione della salvezza di quest’ultima per effetto dell’art. 34, comma 3, lett. b, del decreto legislativo n. 80 del 1998.

Contro queste argomentazioni l’appellante ha osservato che il ricorso di primo grado aveva appunto richiesto la tutela risarcitoria e non la corresponsione di un indennizzo per la reiterazione del vincolo, sicché tale azione rientrerebbe nella giurisdizione amministrativa.

Inoltre, la domanda sarebbe fondata, considerando la ingiustificata compressione del diritto di edificare subita dall’appellante.

Osserva al riguardo la Sezione che il ricorso di primo grado risultava esplicitamente proposto “ per il risarcimento del danno derivante dal mantenimento di vincoli di inedificabilità………e dalla mancata corresponsione dell’indennizzo per la reiterazione dei medesimi”.

Quanto alla pretesa all’indennizzo, il TAR ha correttamente dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa.

Quanto alla pretesa risarcitoria, essa risulta infondata e va respinta, perché non sono stati dedotti elementi tali da indurre a ravvisare alcuna responsabilità dell’amministrazione.

Quanto al dedotto profilo di illegittimità per difetto di motivazione della delibera di adozione della variante che ha condotto alla reiterazione del vincolo, esso – anche a volerlo considerare ritualmente proposto, superando l’articolata eccezione formulata dal Comune – risulta infondato.

Infatti, l’Amministrazione ha posto a base dell’atto una specifica e diffusa motivazione sulle perduranti ragioni di interesse pubblico, avverso le quali nulla è stato dedotto in questa sede.

3 Risultano nel loro complesso infondate e vanno respinte anche le ulteriori censure secondo cui gli atti di reieterazione del vincolo avrebbero dovuto prevedere specificamente un indennizzo e la relativa copertura finanziaria.

Per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (per tutte, v. la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7 del 24 maggio 2007, le cui considerazioni il collegio condivide e fa proprie), l’art. 39 del testo unico n. 327 del 2001, avente natura ricognitiva del preesistente quadro normativo, evidenzia che l’ordinamento non impone l’indicazione di un indennizzo nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio (e, dunque, la relativa copertura finanziaria), poiché la sua spettanza o meno è del tutto eventuale e va accertata (solo quando il vincolo sia stato effettivamente reiterato) sulla base della istanza dell’interessato, che può attivare un procedimento nel corso del quale ha l’onere di dare prova del pregiudizio concretamente ricevuto dagli atti amministrativi.

Le questioni concernenti la spettanza o meno dell’indennizzo non riguardano dunque i provvedimenti con cui il vincolo è reiterato.

4- Conclusivamente, le censure dell’appellante rigettato vanno respinte, perché infondate.

Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge l’appello n. 2947 del 2004.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 giugno 2009 con l'intervento dei Signori:

Luigi Maruotti, Presidente FF

Armando Pozzi, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                                                                 IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione



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