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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6940



DIRITTO URBANISTICO - Concessione edilizia - Art. 13 L. n. 10/77 - Mancanza del piano di attuazione - Presenza di opere di urbanizzazione o impegno alla realizzazione - Individuazione delle opere necessarie - Rapporto con la tipologia dell’intervento edilizio e con il regime urbanistico dell’area.
L’art. 13 della legge n. 10 del 1977, ai fini del rilascio della concessione edilizia, richiede, in mancanza del piano di attuazione, o la presenza di “opere di urbanizzazione” o l’impegno alla loro realizzazione. Esso impone necessariamente di procedere alla valutazione di quelle necessarie, e ciò non può che avvenire in rapporto alla tipologia dell’intervento per il quale si domanda la concessione (anche in rapporto al regime urbanistico dell’area), comportando l’esercizio da parte dell’amministrazione di poteri molto limitatamente discrezionali. Pres. f.f. Maruotti, Est. Potenza - S.s.n.c. (avv.ti Michiara e Sanino) c. U.A. (avv.ti Giuffrè e Rutigliano) e altri (n.c.) - (Conferma TAR Emilia Romagna, Parma, n. 197/2001). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6940
 


 

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N. 06940/2009 REG.DEC.
N. 05757/2001 REG.RIC.
N. 06780/2001 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 5757 del 2001, proposto dalla s.n.c. Simonazzi & C e dal Fallimento Simonazzi e C. di Simonazzi Pietro e C. S.n.c., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Michiara e Mario Sanino, con domicilio eletto presso l’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

- la signora Ussi Adriana, rappresentata e difesa dagli avv. Adriano Giuffre, Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso Adriano Giuffre' in Roma, via Gabriele Camozzi N. 1;
- il Comune di Montechiarugolo, in persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio;
- i signori Bertogalli Alberto, Bertogalli Gino, Salsi Giuseppe, Salsi Daniela, Bertogalli Camillo, Marasi Valerio, Carpi Bruno, Riccardi Maria, non costituitisi in giudizio;


Sul ricorso numero di registro generale 6780 del 2001, proposto dal Comune di Montechiarugolo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Braschi e Giorgio Pagliari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Braschi in Roma, viale Parioli, 180;

contro

la signora Ussi Adriana, rappresentata e difesa dagli avvocati Adriano Giuffre e Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adriano Giuffre' in Roma, via Camozzi n. 1;
i signori Salsi Antonio, Bertogalli Alberto, Zilioli Anna, Bertogalli Gino, Melegari Filippo, Bertogalli Camillo, Marasi Valerio, Carpi Bruno, Riccardi Maria, e la s.n.c. Simonazzi e C., in persona del legale rappresentante pro tempore;.

per la riforma

quanto al ricorso n. 5757 del 2001:

della sentenza del Tar Emilia Romagna - Parma n. 00197/2001, resa tra le parti, concernente VARIANTE GENERALE AL P.R.G..

quanto al ricorso n. 6780 del 2001:

della sentenza del Tar Emilia Romagna - Parma n. 00197/2001, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE EDILIZIA - VARIANTE P.R.G..


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2009 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti l’avv. Braschi e l'avv. Giuffrè;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con due ricorsi proposti al TAR Emilia Romagna, sezione di Parma, la sig. ra Adriana Ussi domandava, unitamente ad altri ricorrenti cittadini proprietari di aree nel Comune di Montechiarugolo, l’annullamento di quattro provvedimenti tesi a permettere la realizzazione, in zona agricola, di un deposito di idrocarburi da parte della s.n.c Simonazzi.

In particolare, oggetto del primo ricorso era una modificazione di una precedente variante del vigente PRG mediante introduzione di nuova previsione normativa; la seconda impugnativa censurava la delibera di localizzazione del deposito e la concessione edilizia emessa per la sua realizzazione.

Il TAR, dopo aver esperito istruttoria (demandata a periti tecnici), con unica pronunzia dichiarava improcedibile il primo ricorso, ritenendo invece fondato il secondo con riferimento al sesto motivo, rivolto contro la concessione edilizia, che annullava.

La sentenza del TAR è stata impugnata con i due appelli in epigrafe dal Comune di Montechiarugolo e dalla società Simonazzi, che ne hanno chiesto la riforma, con la reiezione del ricorso di primo grado.

Si è costituita nel giudizio la ricorrente in primo grado, resistendo al gravame ed esponendo insuccessiva memoria le proprie argomentazioni difensive.

Alla pubblica udienza del 30 giugno 2009, gli appelli sono stati trattenuti in decisione.


DIRITTO


1. I due appelli in epigrafe vanno riuniti per essere decisi congiuntamente, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2 - La società Simonazzi ed il Comune di Montechiarugolo hanno appellato la sentenza con cui il TAR per l’Emilia Romagna ha annullato una concessione edilizia rilasciata alla medesima società.

Il TAR ha ravvisato la violazione dell’art. 13 della legge n. 10 del 1977, per il quale, fino all’approvazione dei programmi di attuazione in sostituzione di quelli scaduti, la concessione edilizia può essere può rilasciata solo per opere di urbanizzazione per le quali esista l’impegno del concessionario a realizzarle.

L’appellante società Simonazzi e il Comune di Montechiarugolo hanno dedotto censure tra di loro sostanzialmente .convergenti, volte ad evidenziare l’erroneità della sentenza gravata.

Inoltre, la società ha lamentato la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, rilevando che il TAR avrebbe accolto un motivo in realtà non dedotto in primo grado.

3. Va preliminarmente respinta la censura della società appellante, per la quale la sentenza gravata avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato.

Ed invero dalla lettura del ricorso originariamente proposto al TAR risulta espressamente che la questione controversa è stata posta col sesto motivo di ricorso, ove si lamenta esplicitamente che “la zona in questione non è dotata di sufficienti urbanizzazioni”.

4. Ciò posto, e passando all’esame delle censure complessivamente proposte nei gravami, gli appellanti hanno contestato la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui essa, dopo aver considerato la presenza solo di alcune opere servizi (quali energia elettrica, gas e telefono), ha affermato che l’intervento si sarebbe potuto realizzare a condizione di un espresso impegno, da parte del concessionario, ad accollarsi tutte le opere di urbanizzazione.

Secondo l’assunto, il giudice di prima istanza avrebbe comunque erroneamente annullato la concessione rilevando l’insufficienza complessiva delle opere necessarie, contraddicendo peraltro l’ ordinanza cautelare emessa dallo stesso TAR (n. 4 del 1998, confermata in appello), dalla quale emerge che “le opere esistenti e da realizzare possono essere ritenute rispondenti al dettato normativo”.

A conferma della loro tesi, per la quale erano presenti tutte le opere di urbanizzazione necessarie e sufficienti, gli appellanti hanno richiamato la relazione tecnica al progetto di edificazione, secondo la quale sarebbero state realizzate opere di urbanizzazione più che sufficienti, nonché un parcheggio a servizio dell’area di deposito ed un’ area verde sul fronte stradale.

Pertanto, la sentenza gravata avrebbe erroneamente rilevato l’insufficienza degli impegni assunti dal concessionario in materia di opere di urbanizzazione.

5. Le censure così riassunte sono infondate.

Rileva il collegio che le ordinanze cautelari emesse nel corso del giudizio di primo grado non possono essere invocate come precedenti favorevoli alla tesi dell’appellante:le ordinanze cautelari per loro natura sono emesse sulla base di una delibazione sommaria.

Quanto alla questione centrale, riguardante l’accertamento nella fattispecie sulla sufficienza delle opere di urbanizzazione in relazione a quanto previsto dall’art. 13 della legge n. 10 del 1977 (nonché, in caso negativo, sulla sussistenza dell’impegno del concessionario a realizzarle), il Collegio osserva che la disposizione sopra citata costituisce esplicazione del principio portante dell’intera legge per il quale la concessione non può essere emessa in carenza delle opere di urbanizzazione; essa può quindi essere rilasciata o per interventi che si collochino nell’ambito di piani di edificazione come i programmi di attuazione (che prevedono le opere di urbanizzazione necessarie) o , in mancanza, su aree per le quali esista l’impegno a realizzare le opere in argomento.

La decisione sull’insufficienza complessiva delle opere si è basata su una specifica verificazione peritale, svoltasi per effetto dell’istruttoria disposta; la stessa reca l’indicazione sia delle opere di urbanizzazione realizzate che di quelle non esistenti, fornendo pertanto al giudice la necessaria base per valutare il rispetto del medesimo art. 13 della legge n. 10 del 1977.

Il Collegio non può che convenire con le valutazioni emerse a seguito della verificazione svoltasi in primo grado.

L’art. 13 (applicabile nella specie in considerazione dell’articolo 1 della legge regionale n. 2 del 1978) richiede, in mancanza del piano di attuazione, o la presenza di “opere di urbanizzazione” o l’impegno alla loro realizzazione.

Esso impone necessariamente di procedere alla valutazione di quelle necessarie, e ciò non può che avvenire in rapporto alla tipologia dell’intervento per il quale si domanda la concessione (anche in rapporto al regime urbanistico dell’area), comportando l’esercizio da parte dell’amministrazione di poteri molto limitatamente discrezionali.

La valutazione dell’Amministrazione, sulla sufficienza delle opere da prendere in considerazione, è conseguentemente sindacabile, secondo noti principi, per i relativi profili di eccesso di potere.

Ciò premesso, la verificazione effettuata nel corso del giudizio di primo grado (sul cui esito il TAR ha accolto il sesto motivo del ricorso contro la concessione) ha accertato la presenza delle sole opere relative a forza motrice, gas e telefono ed ha escluso l’esistenza di altre opere (fognature, impianti di depurazione, illuminazione).

Osserva al riguardo il collegio che di tali opere non si può assolutamente escludere la necessità, atteso il carattere primario di tali oneri con particolare riferimento a fognature e depurazione.

Tali opere risultano senz’altro necessarie, anche in considerazione delle specifiche opere di cui è stata assentita la realizzazione (riguardante un deposito di carburanti) in rapporto alla destinazione agricola dell’area (cfr. Cons. di Stato, Sez.V, dec. n. 372 del 1981).

Tenuto conto altresì che né in primo grado né in questa sede sono emersi elementi probanti un formale impegno a realizzare le opere indispensabili e risultate carenti, le valutazioni del primo giudice risultano dunque correttamente formulate nella logica che ispira l’art. 13.

Sotto questo profilo ritiene la Sezione che un formale impegno neppure può desumersi dalla relazione tecnica allegata alla domanda di concessione ed al relativo progetto, poiché occorre che l’impegno sia espressamente previsto e regolato da uno specifico accordo tra l’amministrazione e il concessionario, che ne delimiti l’oggetto con precisione e determinatezza.

La lettura della relazione dei tecnici regionali permette inoltre di respingere la deduzione dell’appellante, secondo cui il TAR avrebbe ‘confuso’ le risultanze peritali rese a seguito dell’istruttoria con quelle indicate della perizia di parte ricorrente e contraria alla concessione.

Parimenti non suffragano la tesi dell’appellante né il testo dell’art. 4 delle NTA del PRG né il fatto che si tratti di un’area verde prospiciente la strada; entrambi gli elementi non permettono infatti di superare carenze essenziali, quali l’impianto di smaltimento fognario, richiesto peraltro dallo stesso citato art. 4.

6 Anche gli altri profili sollevati dagli appellanti non sono meritevoli di accoglimento.

2.1. Gli appellanti hanno dedotto l’insussistenza della violazione dell’art. 13 sotto il profilo rilevato dal TAR atteso che, in conseguenza della scadenza del PPA, l’area interessata dall’intervento non poteva essere inserita in uno strumento non esistente. Essi hanno dedotto che il TAR, nell’affermare l’insufficienza delle opere di urbanizzazione, avrebbe esercitato un inammissibile sindacato sull’attività tecnica dell’amministrazione.

Ritiene il collegio che entrambe le censure non abbiano fondamento.

In ordine alla prima, a ben vedere, la mancanza del piano di attuazione non ha costituito ragione dell’annullamento, bensì il presupposto rilevare l’applicabilità dell’art. 13, che in tal caso prescrive di verificare la sussistenza del requisito costituito dall’impegno del concessionario a realizzare le opere di urbanizzazioni carenti ma necessarie.

Da ciò deriva anche l’irrilevanza del fatto (evidenziato nel terzo motivo d’appello) che il Comune di Montechiarugolo, essendo di popolazione inferiore ai diecimila abitanti, non sia obbligato a dotarsi del PPA (ex art. 6 della legge n. 94 del 1982); sono infatti insuperabili le disposizioni dell’art. 13 della legge n.10/1977 poiché l’approvazione del PPA costituisce nel caso in esame una “facoltà” pianificatoria attuativa, il cui mancato esercizio non preclude in assoluto di rilasciare la concessione, ma non può certo rappresentare ragione per derogare agli altri presupposti indicati dalla legge; e tra questi la possibilità di supplire alle carenze delle opere di urbanizzazione soltanto mediante l’impegno formale del richiedente concessionario a realizzarle.

Quanto alle censure riguardanti il giudizio di insufficienza delle opere di urbanizzazione, il collegio ritiene che la sussistenza o meni dei presupposti di fatto - rilevanti per l’applicazione della legge - ben può essere valutata dal giudice amministrativo (ovviamente sulla base dei dati oggettivi, eventualmente forniti anche da una istruttoria peritale) senza peraltro che tale attività rappresenti un indebito accesso del giudice alla sfera della assoluta discrezionalità tecnica o del merito amministrativo.

7.Gli appellanti hanno anche dedotto che l’annullamento della concessione contrasterebbe infine con l’art. 13, quarto comma, della legge n. 10 del 1977 e con la legge regionale n. 2 del 1978, che, nelle zone agricole, permettono interventi in assenza del piano, purchè non in contrasto con lo strumento urbanistico generale.

Rileva al riguardo il Collegio che, come in precedenza evidenziato, l’art. 4 delle NTA prevede espressamente la realizzazione dell’impianto di smaltimento fognario, la cui carenza ha costituito una insuperabile ragione di annullamento della concessione impugnata in primo grado.

Del resto, il fatto che la zona agricola sia stata individuata per la natura insalubre dell’impianto (non realizzabile in zone urbanizzate ex art. 216 r.d.n. 1265 del 1934) non giustifica una deroga alla necessità che il manufatto sia comunque assistito da tutte le opere di urbanizzazione che rivestono valenza strumentale per l’ordinato sviluppo urbanistico, anche di quelle che possano soddisfare le esigenze di tutela ambientale.

4- Per le ragioni che precedono, gli appelli - previa loro riunione - vanno respinti..

Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge gli appelli n. 5757 del 2001 e n. 6780, previa loro riunione.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2009 con l'intervento dei Signori:

Luigi Maruotti, Presidente FF

Armando Pozzi, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                                                  IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione



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