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CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 6 novembre 2009, n. 6940
DIRITTO URBANISTICO - Concessione edilizia - Art. 13 L. n. 10/77 - Mancanza del
piano di attuazione - Presenza di opere di urbanizzazione o impegno alla
realizzazione - Individuazione delle opere necessarie - Rapporto con la
tipologia dell’intervento edilizio e con il regime urbanistico dell’area.
L’art. 13 della legge n. 10 del 1977, ai fini del rilascio della concessione
edilizia, richiede, in mancanza del piano di attuazione, o la presenza di “opere
di urbanizzazione” o l’impegno alla loro realizzazione. Esso impone
necessariamente di procedere alla valutazione di quelle necessarie, e ciò non
può che avvenire in rapporto alla tipologia dell’intervento per il quale si
domanda la concessione (anche in rapporto al regime urbanistico dell’area),
comportando l’esercizio da parte dell’amministrazione di poteri molto
limitatamente discrezionali. Pres. f.f. Maruotti, Est. Potenza - S.s.n.c.
(avv.ti Michiara e Sanino) c. U.A. (avv.ti Giuffrè e Rutigliano) e altri (n.c.)
- (Conferma TAR Emilia Romagna, Parma, n. 197/2001). CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV - 6 novembre 2009, n. 6940
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N. 06940/2009 REG.DEC.
N. 05757/2001 REG.RIC.
N. 06780/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 5757 del 2001, proposto dalla s.n.c.
Simonazzi & C e dal Fallimento Simonazzi e C. di Simonazzi Pietro e C. S.n.c.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e
difesi dagli avvocati Paolo Michiara e Mario Sanino, con domicilio eletto presso
l’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
contro
- la signora Ussi Adriana, rappresentata e difesa dagli avv. Adriano Giuffre,
Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso Adriano Giuffre' in Roma, via
Gabriele Camozzi N. 1;
- il Comune di Montechiarugolo, in persona del Sindaco pro tempore, non
costituitosi in giudizio;
- i signori Bertogalli Alberto, Bertogalli Gino, Salsi Giuseppe, Salsi Daniela,
Bertogalli Camillo, Marasi Valerio, Carpi Bruno, Riccardi Maria, non
costituitisi in giudizio;
Sul ricorso numero di registro generale 6780 del 2001, proposto dal Comune di
Montechiarugolo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avvocati Francesco Braschi e Giorgio Pagliari, con domicilio eletto presso
lo studio dell’avvocato Francesco Braschi in Roma, viale Parioli, 180;
contro
la signora Ussi Adriana, rappresentata e difesa dagli avvocati Adriano Giuffre e
Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adriano
Giuffre' in Roma, via Camozzi n. 1;
i signori Salsi Antonio, Bertogalli Alberto, Zilioli Anna, Bertogalli Gino,
Melegari Filippo, Bertogalli Camillo, Marasi Valerio, Carpi Bruno, Riccardi
Maria, e la s.n.c. Simonazzi e C., in persona del legale rappresentante pro
tempore;.
per la riforma
quanto al ricorso n. 5757 del 2001:
della sentenza del Tar Emilia Romagna - Parma n. 00197/2001, resa tra le parti,
concernente VARIANTE GENERALE AL P.R.G..
quanto al ricorso n. 6780 del 2001:
della sentenza del Tar Emilia Romagna - Parma n. 00197/2001, resa tra le parti,
concernente DINIEGO CONCESSIONE EDILIZIA - VARIANTE P.R.G..
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2009 il Cons. Raffaele
Potenza e uditi per le parti l’avv. Braschi e l'avv. Giuffrè;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con due ricorsi proposti al TAR Emilia Romagna, sezione di Parma, la sig. ra
Adriana Ussi domandava, unitamente ad altri ricorrenti cittadini proprietari di
aree nel Comune di Montechiarugolo, l’annullamento di quattro provvedimenti tesi
a permettere la realizzazione, in zona agricola, di un deposito di idrocarburi
da parte della s.n.c Simonazzi.
In particolare, oggetto del primo ricorso era una modificazione di una
precedente variante del vigente PRG mediante introduzione di nuova previsione
normativa; la seconda impugnativa censurava la delibera di localizzazione del
deposito e la concessione edilizia emessa per la sua realizzazione.
Il TAR, dopo aver esperito istruttoria (demandata a periti tecnici), con unica
pronunzia dichiarava improcedibile il primo ricorso, ritenendo invece fondato il
secondo con riferimento al sesto motivo, rivolto contro la concessione edilizia,
che annullava.
La sentenza del TAR è stata impugnata con i due appelli in epigrafe dal Comune
di Montechiarugolo e dalla società Simonazzi, che ne hanno chiesto la riforma,
con la reiezione del ricorso di primo grado.
Si è costituita nel giudizio la ricorrente in primo grado, resistendo al gravame
ed esponendo insuccessiva memoria le proprie argomentazioni difensive.
Alla pubblica udienza del 30 giugno 2009, gli appelli sono stati trattenuti in
decisione.
DIRITTO
1. I due appelli in epigrafe vanno riuniti per essere decisi congiuntamente, in
quanto proposti avverso la medesima sentenza.
2 - La società Simonazzi ed il Comune di Montechiarugolo hanno appellato la
sentenza con cui il TAR per l’Emilia Romagna ha annullato una concessione
edilizia rilasciata alla medesima società.
Il TAR ha ravvisato la violazione dell’art. 13 della legge n. 10 del 1977, per
il quale, fino all’approvazione dei programmi di attuazione in sostituzione di
quelli scaduti, la concessione edilizia può essere può rilasciata solo per opere
di urbanizzazione per le quali esista l’impegno del concessionario a
realizzarle.
L’appellante società Simonazzi e il Comune di Montechiarugolo hanno dedotto
censure tra di loro sostanzialmente .convergenti, volte ad evidenziare
l’erroneità della sentenza gravata.
Inoltre, la società ha lamentato la violazione del principio di corrispondenza
tra il chiesto ed il pronunciato, rilevando che il TAR avrebbe accolto un motivo
in realtà non dedotto in primo grado.
3. Va preliminarmente respinta la censura della società appellante, per la quale
la sentenza gravata avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il
chiesto ed il pronunciato.
Ed invero dalla lettura del ricorso originariamente proposto al TAR risulta
espressamente che la questione controversa è stata posta col sesto motivo di
ricorso, ove si lamenta esplicitamente che “la zona in questione non è dotata di
sufficienti urbanizzazioni”.
4. Ciò posto, e passando all’esame delle censure complessivamente proposte nei
gravami, gli appellanti hanno contestato la motivazione della sentenza impugnata
nella parte in cui essa, dopo aver considerato la presenza solo di alcune opere
servizi (quali energia elettrica, gas e telefono), ha affermato che l’intervento
si sarebbe potuto realizzare a condizione di un espresso impegno, da parte del
concessionario, ad accollarsi tutte le opere di urbanizzazione.
Secondo l’assunto, il giudice di prima istanza avrebbe comunque erroneamente
annullato la concessione rilevando l’insufficienza complessiva delle opere
necessarie, contraddicendo peraltro l’ ordinanza cautelare emessa dallo stesso
TAR (n. 4 del 1998, confermata in appello), dalla quale emerge che “le opere
esistenti e da realizzare possono essere ritenute rispondenti al dettato
normativo”.
A conferma della loro tesi, per la quale erano presenti tutte le opere di
urbanizzazione necessarie e sufficienti, gli appellanti hanno richiamato la
relazione tecnica al progetto di edificazione, secondo la quale sarebbero state
realizzate opere di urbanizzazione più che sufficienti, nonché un parcheggio a
servizio dell’area di deposito ed un’ area verde sul fronte stradale.
Pertanto, la sentenza gravata avrebbe erroneamente rilevato l’insufficienza
degli impegni assunti dal concessionario in materia di opere di urbanizzazione.
5. Le censure così riassunte sono infondate.
Rileva il collegio che le ordinanze cautelari emesse nel corso del giudizio di
primo grado non possono essere invocate come precedenti favorevoli alla tesi
dell’appellante:le ordinanze cautelari per loro natura sono emesse sulla base di
una delibazione sommaria.
Quanto alla questione centrale, riguardante l’accertamento nella fattispecie
sulla sufficienza delle opere di urbanizzazione in relazione a quanto previsto
dall’art. 13 della legge n. 10 del 1977 (nonché, in caso negativo, sulla
sussistenza dell’impegno del concessionario a realizzarle), il Collegio osserva
che la disposizione sopra citata costituisce esplicazione del principio portante
dell’intera legge per il quale la concessione non può essere emessa in carenza
delle opere di urbanizzazione; essa può quindi essere rilasciata o per
interventi che si collochino nell’ambito di piani di edificazione come i
programmi di attuazione (che prevedono le opere di urbanizzazione necessarie) o
, in mancanza, su aree per le quali esista l’impegno a realizzare le opere in
argomento.
La decisione sull’insufficienza complessiva delle opere si è basata su una
specifica verificazione peritale, svoltasi per effetto dell’istruttoria
disposta; la stessa reca l’indicazione sia delle opere di urbanizzazione
realizzate che di quelle non esistenti, fornendo pertanto al giudice la
necessaria base per valutare il rispetto del medesimo art. 13 della legge n. 10
del 1977.
Il Collegio non può che convenire con le valutazioni emerse a seguito della
verificazione svoltasi in primo grado.
L’art. 13 (applicabile nella specie in considerazione dell’articolo 1 della
legge regionale n. 2 del 1978) richiede, in mancanza del piano di attuazione, o
la presenza di “opere di urbanizzazione” o l’impegno alla loro realizzazione.
Esso impone necessariamente di procedere alla valutazione di quelle necessarie,
e ciò non può che avvenire in rapporto alla tipologia dell’intervento per il
quale si domanda la concessione (anche in rapporto al regime urbanistico
dell’area), comportando l’esercizio da parte dell’amministrazione di poteri
molto limitatamente discrezionali.
La valutazione dell’Amministrazione, sulla sufficienza delle opere da prendere
in considerazione, è conseguentemente sindacabile, secondo noti principi, per i
relativi profili di eccesso di potere.
Ciò premesso, la verificazione effettuata nel corso del giudizio di primo grado
(sul cui esito il TAR ha accolto il sesto motivo del ricorso contro la
concessione) ha accertato la presenza delle sole opere relative a forza motrice,
gas e telefono ed ha escluso l’esistenza di altre opere (fognature, impianti di
depurazione, illuminazione).
Osserva al riguardo il collegio che di tali opere non si può assolutamente
escludere la necessità, atteso il carattere primario di tali oneri con
particolare riferimento a fognature e depurazione.
Tali opere risultano senz’altro necessarie, anche in considerazione delle
specifiche opere di cui è stata assentita la realizzazione (riguardante un
deposito di carburanti) in rapporto alla destinazione agricola dell’area (cfr.
Cons. di Stato, Sez.V, dec. n. 372 del 1981).
Tenuto conto altresì che né in primo grado né in questa sede sono emersi
elementi probanti un formale impegno a realizzare le opere indispensabili e
risultate carenti, le valutazioni del primo giudice risultano dunque
correttamente formulate nella logica che ispira l’art. 13.
Sotto questo profilo ritiene la Sezione che un formale impegno neppure può
desumersi dalla relazione tecnica allegata alla domanda di concessione ed al
relativo progetto, poiché occorre che l’impegno sia espressamente previsto e
regolato da uno specifico accordo tra l’amministrazione e il concessionario, che
ne delimiti l’oggetto con precisione e determinatezza.
La lettura della relazione dei tecnici regionali permette inoltre di respingere
la deduzione dell’appellante, secondo cui il TAR avrebbe ‘confuso’ le risultanze
peritali rese a seguito dell’istruttoria con quelle indicate della perizia di
parte ricorrente e contraria alla concessione.
Parimenti non suffragano la tesi dell’appellante né il testo dell’art. 4 delle
NTA del PRG né il fatto che si tratti di un’area verde prospiciente la strada;
entrambi gli elementi non permettono infatti di superare carenze essenziali,
quali l’impianto di smaltimento fognario, richiesto peraltro dallo stesso citato
art. 4.
6 Anche gli altri profili sollevati dagli appellanti non sono meritevoli di
accoglimento.
2.1. Gli appellanti hanno dedotto l’insussistenza della violazione dell’art. 13
sotto il profilo rilevato dal TAR atteso che, in conseguenza della scadenza del
PPA, l’area interessata dall’intervento non poteva essere inserita in uno
strumento non esistente. Essi hanno dedotto che il TAR, nell’affermare
l’insufficienza delle opere di urbanizzazione, avrebbe esercitato un
inammissibile sindacato sull’attività tecnica dell’amministrazione.
Ritiene il collegio che entrambe le censure non abbiano fondamento.
In ordine alla prima, a ben vedere, la mancanza del piano di attuazione non ha
costituito ragione dell’annullamento, bensì il presupposto rilevare
l’applicabilità dell’art. 13, che in tal caso prescrive di verificare la
sussistenza del requisito costituito dall’impegno del concessionario a
realizzare le opere di urbanizzazioni carenti ma necessarie.
Da ciò deriva anche l’irrilevanza del fatto (evidenziato nel terzo motivo
d’appello) che il Comune di Montechiarugolo, essendo di popolazione inferiore ai
diecimila abitanti, non sia obbligato a dotarsi del PPA (ex art. 6 della legge
n. 94 del 1982); sono infatti insuperabili le disposizioni dell’art. 13 della
legge n.10/1977 poiché l’approvazione del PPA costituisce nel caso in esame una
“facoltà” pianificatoria attuativa, il cui mancato esercizio non preclude in
assoluto di rilasciare la concessione, ma non può certo rappresentare ragione
per derogare agli altri presupposti indicati dalla legge; e tra questi la
possibilità di supplire alle carenze delle opere di urbanizzazione soltanto
mediante l’impegno formale del richiedente concessionario a realizzarle.
Quanto alle censure riguardanti il giudizio di insufficienza delle opere di
urbanizzazione, il collegio ritiene che la sussistenza o meni dei presupposti di
fatto - rilevanti per l’applicazione della legge - ben può essere valutata dal
giudice amministrativo (ovviamente sulla base dei dati oggettivi, eventualmente
forniti anche da una istruttoria peritale) senza peraltro che tale attività
rappresenti un indebito accesso del giudice alla sfera della assoluta
discrezionalità tecnica o del merito amministrativo.
7.Gli appellanti hanno anche dedotto che l’annullamento della concessione
contrasterebbe infine con l’art. 13, quarto comma, della legge n. 10 del 1977 e
con la legge regionale n. 2 del 1978, che, nelle zone agricole, permettono
interventi in assenza del piano, purchè non in contrasto con lo strumento
urbanistico generale.
Rileva al riguardo il Collegio che, come in precedenza evidenziato, l’art. 4
delle NTA prevede espressamente la realizzazione dell’impianto di smaltimento
fognario, la cui carenza ha costituito una insuperabile ragione di annullamento
della concessione impugnata in primo grado.
Del resto, il fatto che la zona agricola sia stata individuata per la natura
insalubre dell’impianto (non realizzabile in zone urbanizzate ex art. 216 r.d.n.
1265 del 1934) non giustifica una deroga alla necessità che il manufatto sia
comunque assistito da tutte le opere di urbanizzazione che rivestono valenza
strumentale per l’ordinato sviluppo urbanistico, anche di quelle che possano
soddisfare le esigenze di tutela ambientale.
4- Per le ragioni che precedono, gli appelli - previa loro riunione - vanno
respinti..
Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) respinge gli
appelli n. 5757 del 2001 e n. 6780, previa loro riunione.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 giugno 2009 con
l'intervento dei Signori:
Luigi Maruotti, Presidente FF
Armando Pozzi, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/11/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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