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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 21 dicembre 2009, Sentenza n. 8532


RIFIUTI - Impianti di smaltimento - Localizzazione - Competenze statali, regionali e provinciali - Artt. 195-199 d.lgs. n. 152/2006 - Delibera della Giunta regionale Lombarda n. 6581/2008. La disciplina normativa in tema di localizzazione degli impianti prevede all’articolo 195 comma 1 lettera p) del D.Lgs.152 del 2006 che tra le competenze statali vi è la indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Si tratta quindi di una indicazione in negativo, che comporta la esclusione di una serie di aree da quelle potenzialmente allocatarie di impianti. (cfr., in tema, Corte Costituzionale n. 249/2009). Per le regioni, l’art. 196, comma 1 prevede la competenza “alla definizione dei criteri per l’individuazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p) (lettera o)”, e “la definizione di criteri per la individuazione, da parte delle provincie, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p” (lettera n). La sede per la previsione dei criteri in questione da parte della regione è il piano regionale di gestione dei rifiuti, come si evince dall’art. 199, lettera h), o altro atto di tipo generale. Alle province spetta ai sensi dell’art. 197, comma 1 lettera d) “la individuazione…delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti”. Tale individuazione avviene con indicazioni di ordine positivo (la previsione delle zone idonee) e di ordine negativo (la previsione delle zone non idonee). L’attività provinciale è a sua volta sottoposta a una serie di vincoli sia contenutistici che procedimentali: la individuazione va effettuata sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento ex art. 20 TUEL e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h) del TU Ambientale, ossia in conformità di quanto previsto nel piano regionale di gestione dei rifiuti o altro atto a valenza generale o pianificatoria; l’ individuazione va effettuata “sentiti l’Autorità d’ambito ed i comuni” (pareri obbligatori ma non vincolanti) .(Fattispecie relativa alla delibera della Giunta regionale lombarda n. 6581 del 2008, con cui è stato escluso in modo assoluto che le attività di recupero rifiuti possano essere localizzate in zone soggette a vincolo paesaggistico, ovvero a distanza inferiore a 1.000 metri da beni culturali singolarmente individuati). Pres. Cossu, Est.De Felice - B. E. s.r.l. (avv.ti Carrà e Rota) c. Provincia di Lecco (avv. Anghileri) e Regione Lombardia (avv. Pujatti) - (Conferma TAR Lombardia Milano, n. 2065/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 21/12/2009, Decisione n. 8532

 


 

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N. 08532/2009 REG.DEC.
N. 05097/2009 REG.RIC.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 5097 del 2009, proposto da:
Brivio Ecologica Srl, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Carra' e Gianluigi Rota, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via della Vite N.7;
contro
Provincia di Lecco, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Anghileri, con domicilio eletto presso Francesco Pecora in Roma, via Gavinana 1;
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Piera Pujatti, con domicilio eletto presso Emanuela Quici in Roma, via della Farnesina n. 272;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia,: Sezione IV n. 02065/2009, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire impianti per recupero rifiuti non pericolosi.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Lecco;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2009 il Consigliere Sergio De Felice e uditi per le parti l’avvocato Rota, l'avv. Anghilleri e l'avv. Quici, su delega dell'avv.Pujatti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia la società Brivio Ecologica srl agiva chiedendo l’annullamento del provvedimento di diniego del permesso di costruire (in realtà diniego di autorizzare l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi) emesso in data 10 dicembre 2008 atto n.55.236 dal Dirigente di Settore della Provincia di Lecco, nella parte in cui si considera come escludente “la possibilità di realizzare nuovi impianti o la possibilità di realizzare varianti sostanziali agli impianti esistenti che implichino ulteriore consumo di suolo” con riferimento fondante agli articoli 10, commi 2, 11, comma 1, 54 del D.Lgs.42 del 2004.


Con tale atto in sostanza veniva negato alla società istante il permesso di costruire un impianto –rectius, di avviare l’attività - per il recupero di rifiuti non pericolosi, all’interno di un capannone già costruito.
Il ricorso, che proponeva i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, veniva respinto in quanto il primo giudice riteneva che:

1) il rifiuto alla autorizzazione è direttamente discendente dalla Delibera di Giunta Regionale 6581 del 2008, che stabilisce su quali aree del territorio lombardo si possano o meno stabilire nuovi impianti di gestione dei rifiuti, ai sensi dell’art. 196 del D.Lgs.152 del 2006;

2) all’interno di tale delibera alcune previsioni riguardano le aree paesaggisticamente vincolate che vincolano anche le Province in attesa dei Piani provinciali, che potrebbero prevedere prescrizioni più rigorose ma non potrebbero scendere sotto il livello di tutela minimo fissato in ambito generale; 3) il diniego dell’autorizzazione in realtà attiene alla attività di gestione dei rifiuti e non riguarda questioni di tipo edilizio, sicchè non vi è alcuna contraddittorietà tra la autorizzazione paesaggistica in sede di costruzione del capannone, precedentemente assentita, e l’impugnato diniego; 4) il diniego era necessitato perché la delibera regionale richiamata prevede non solo prescrizioni (impeditive) in materia ambientale, ma anche la impossibilità di installare tali impianti laddove sussista un vincolo ambientale-paesaggistico esigendo il rispetto di una distanza di almeno mille metri, distanza nella specie non rispettata rispetto al Castel di Brivio e alla chiesa di Sant’Antonio.


La società Brivio Ecologica srl propone appello, sostenendo che in realtà non aveva proposto cinque motivi di censura su cui il primo giudice si è pronunciato, ma sette motivi, lamentando la sostanziale omissione di pronuncia su due motivi, non assorbiti; in realtà, però, tali motivi non vengono riproposti in appello.


Con l’appello (da pagina 7 a pagina 11) in sostanza si sostiene che sulla base dell’articolo 196 comma 1 lettera n) del D.Lgs. n. 152 del 2006 la definizione dei criteri spetta alle Regioni, ma la individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti spetta alle Province; inoltre, secondo l’appello, l’atto di indirizzo regionale è di tipo collaborativo e non precettivo; come terzo errore di diritto l’appello sottolinea l’erroneo riferimento al vincolo paesaggistico, che nella specie non è assoluto e non può precludere un insediamento industriale; come ulteriore osservazione, l’appello rappresenta che nella specie si tratta di impianto che non modifica l’aspetto esteriore di quello precedente, trattandosi di attività di recupero e messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi all’interno di un capannone già costruito nell’anno 1994 e che la delibera regionale precisa per tale caso che tali ipotesi sono sottratte a specifiche autorizzazioni paesaggistiche.


L’appellante quindi deduce che non solo il diniego non era necessitato, ma anche che la omissione del preavviso rimane una grave violazione di legge.


Viene riproposta la deduzione di incompetenza della Regione in tema di beni culturali; con riguardo alle circostanze di fatto parte appellante fa presente che l’azienda è all’estremo della periferia del paese e che i riferimenti culturali della Chiesa di sant’Antonio Abate e del castello di Brivio, pur essendo a circa 1.000 metri dall’impianto, ma situati in un cono ottico interamente costruito, rendono improprio il richiamo ad un vincolo di tipo estetico.


Si è costituita la Regione Lombardia, che chiede il rigetto dell’appello perché infondato, osservando che essa ha esercitato competenze in materia ambientale riservate dalla norma alla regione.
Si è costituita altresì la Provincia di Lecco ribadendo la legittimità del suo operato, sulla base di quanto effettivamente previsto e prescritto dalla delibera regionale: in sostanza la delibera regionale ha fissato i criteri per la individuazione delle zone ove non possono essere collocati impianti di gestione di rifiuti; il piano provinciale di gestione dei rifiuti precisa che tutto il territorio del Comune di Brivio “è interamente assoggettato a vincoli escludenti”.


La Regione Lombardia ha escluso, nella sua delibera, in modo assoluto che le attività di recupero di rifiuti possano essere localizzate in zone soggette a vincolo paesaggistico, ovvero a distanza inferiore a 1.000 metri da beni culturali singolarmente individuati.


Alla udienza di discussione del 10 novembre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


Il diniego provinciale impugnato in primo grado è stato motivato perché si è ritenuto che la delibera regionale sopra richiamata escluda, nel luogo su cui insisteva il capannone, “la possibilità di realizzare nuovi impianti o la possibilità di realizzare varianti sostanziali agli impianti esistenti che impichino ulteriore consumo di suolo” con riferimento fondante agli articoli 10, commi 2, 11, comma 1, 54 del D.Lgs. n.42 del 2004.


Con tale atto in sostanza veniva negato alla società istante il permesso di costruire (rectius, l’autorizzazione a gestire) un impianto per il recupero di rifiuti non pericolosi, all’interno di un capannone già costruito anni addietro.


L’appello è infondato, dovendosi pienamente condividere nella sostanza il ragionamento del primo giudice.


Infatti: 1) il rifiuto alla autorizzazione è discendente dalla D.G.R.6581 del 2008, che stabilisce, determinando e definendo i criteri, su quali aree del territorio lombardo si possano o meno stabilire nuovi impianti di gestione dei rifiuti, ai sensi dell’art. 196 del D.Lgs. n.152 del 2006; 2) all’interno di tale delibera alcune previsioni riguardano le aree paesaggisticamente vincolate; tali previsioni vincolano anche le Province in attesa dei Piani provinciali, che potrebbero prevedere prescrizioni più rigorose ma non potrebbero scendere sotto il livello di tutela fissato in ambito generale; 3) il diniego dell’autorizzazione in realtà attiene alla attività di gestione dei rifiuti e non riguarda questioni di tipo edilizio, sicchè non vi è alcuna contraddittorietà tra la autorizzazione paesaggistica in sede di costruzione del capannone e l’impugnato diniego; 4) il diniego era necessitato - e da tale vincolatività deriva anche la infondatezza della censura riguardante il mancato preavviso di diniego, perché sarebbe inutiliter dato - perché la delibera regionale richiamata prevede non solo prescrizioni (impeditive) in materia ambientale, ma anche la impossibilità di installare tali impianti laddove sussista un vincolo ambientale-paesaggistico esigendo il rispetto di una distanza di almeno mille metri da beni vincolati, distanza assente rispetto al Castel di Brivio e alla chiesa di Sant’Antonio.
Deve inoltre ritenersi non condivisibile quanto sostenuto nell’appello con riferimento alla natura non precettiva ma solo di indirizzo collaborativo della delibera regionale, sulla base dei poteri spettante alla regione sulla base del richiamato articolo 196.


La delibera regionale ha fissato i criteri per la individuazione delle zone ove non possono essere collocati impianti di gestione di rifiuti; il piano provinciale di gestione dei rifiuti precisa che tutto il territorio del Comune di Brivio “è interamente assoggettato a vincoli escludenti”.


La Regione Lombardia ha escluso, nella sua delibera, in modo assoluto che le attività di recupero rifiuti possano essere localizzate in zone soggette a vincolo paesaggistico, ovvero a distanza inferiore a 1.000 metri da beni culturali singolarmente individuati.


Gli impugnati atti della Regione e della Provincia sono rispondenti alla definizione di competenze contenute nel D.Lgs.152 del 2006 agli articoli dal 195 al 199 (competenze di Stato, Regioni, Province e Comuni).


L’articolo 196 del D.Lgs. n.152 del 2006 prevede alla lettera n) che è di competenza delle regioni la definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p) (che al riguardo delle competenze statali prevede la spettanza della indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti); l’articolo 197, che enumera le competenze delle province, prevede la competenza per la individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento (..ove già adottato) e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h), nonché sentiti l’Autorità d’ambito ed i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti.


L’assetto normativo sulla localizzazione degli impianti e sulle competenze dei vari livelli di governo è contenuta nel D.Lgs. n.152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni che detta in proposito una pluralità di disposizioni, mentre nulla al proposito dice il cosiddetto decreto discariche, ossia il d.lsg.13 gennaio 2003, n.36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE, richiamato dall’art. 182 del D.Lgs.152 del 2006.


L’allocazione di un impianto di smaltimento di rifiuti costituisce una scelta frutto di valutazioni discrezionali che contemperano vari, diversi e a volte contrapposti interessi, tutti di indubbio valore.


La disciplina normativa (articoli da 195 a 198 sulle competenze di Stato, Regioni, province e comuni in materia ambientale) in tema di localizzazione degli impianti prevede all’articolo 195 comma 1 lettera p) del D.Lgs.n.152 del 2006 che tra le competenze statali vi è la indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Si tratta quindi di una indicazione in negativo, che comporta la esclusione di una serie di aree da quelle potenzialmente allocatarie di impianti. Tale competenza statale è conforme ad una recente sentenza del giudice delle leggi, che ha sostenuto che la determinazione dei criteri generali per la individuazione delle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti non risulta lesiva di alcuna competenza regionale, costituendo esercizio della competenza statale a dettare i principi fondamentali in tema di governo del territorio (Corte Costituzionale n. 249 del 24 luglio 2009).


Per le regioni, la legge prevede all’art. 196, comma 1 la competenza “alla definizione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p) (lettera o)”, ma prima ancora “la definizione di criteri per la individuazione, da parte delle provincie, delle aree idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali indicati nell’articolo 195, comma 1, lettera p” (lettera n).


Pertanto, non è in dubbio la competenza nei termini sopra previsti sia della Regione che della Provincia.


La sede per la previsione dei criteri in questione da parte della regione è il piano regionale di gestione dei rifiuti, come si evince dall’art. 199, lettera h), o altro atto di tipo generale, come la delibera regionale della fattispecie.


Alle province spetta ai sensi dell’art. 197, comma 1 lettera d) “la individuazione…delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti, nonché delle zone non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti”.


Tale individuazione, da parte delle province, avviene con indicazioni di ordine positivo (la previsione delle zone idonee) e di ordine negativo (la previsione delle zone non idonee).


Tale attività provinciale è a sua volta sottoposta a una serie di vincoli sia contenutistici che procedimentali: la individuazione va effettuata sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento ex art. 20 TUEL e delle previsioni di cui all’articolo 199, comma 3, lettere d) e h) del TU Ambientale, ossia in conformità di quanto previsto nel piano regionale di gestione dei rifiuti o altro atto a valenza generale o pianificatoria; la individuazione va effettuata “sentiti l’Autorità d’ambito ed i comuni” (obbligatori ma non vincolanti); in ogni caso, ai sensi dell’art. 196 alla regione spetta la definizione dei criteri per la individuazione da parte delle province delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti .


Nella specie, quindi, legittimamente, la Regione Lombardia ha definito i criteri per la individuazione da parte delle province delle aree non idonee; la Provincia di Lecco ha legittimamente individuato, sulla base dei suddetti criteri, le aree idonee e quelli non idonee.


Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2009 con l'intervento dei Signori:
Luigi Cossu, Presidente
Armando Pozzi, Consigliere
Antonino Anastasi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                                            IL PRESIDENTE

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
 



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