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Segnalata dall'avv. Nicola Giudice
CORTE
DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
per la Regione Siciliana - 25 Marzo 2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - Piano di lottizzazione - Armonizzazione delle
iniziative private con le scelte generali di pianificazione - Tipologie
edificatorie. Il piano di lottizzazione costituisce lo strumento tipico
attraverso cui conseguire l’armonizzazione delle singole iniziative private con
le scelte generali della pianificazione territoriale; perché siffatta
armonizzazione possa essere conseguita, occorre anche che le tipologie
insediative, ancorché non definite in specifici progetti edificatori, siano
enunciate e che le stesse rispondano - nelle linee esenziali - agli obiettivi ed
alle scelte desunti dalla programmazione generale e dalle regole tecniche che le
governano. Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini)
c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni
Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.).
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25/03/2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - Insediamento sul territorio - Distillerie - Assimilabilità alle industrie manifatturiere - Esclusione. In materia urbanistica, ai fini dell’insediamento sul territorio, appare legittimo il giudizio di non assimilabilità delle distillerie alle industrie manifatturiere. Posto che oggetto dell’attività manifatturiera è, in senso lato, la trasformazione della materia prima in prodotto finito, è agevole rilevare che la manipolazione delle materie prime e dei sottoprodotti della lavorazione, nel tipo di industria di cui si tratta, in concreto, giustifica, sul piano delle conoscenze tecniche, il giudizio di non assimilabità ontologica della relativa attività a quella il cui oggetto è propriamente denominato “manifatturiero”. Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25/03/2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - Piano di lottizzazione - Dimensioni ammissibili dei lotti - Mancata espressa indicazione - Desunzione interpretativa. Le dimensioni ammissibili dei lotti, ancorché non espressamente indicate nel piano di lottizzazione o nelle norme tecniche, possono essere desunte, interpretativamente, dal tipo di insediamento industriale la cui presenza sia ritenuta urbanisticamente tollerabile in zona (nella specie, media e piccola impresa manifatturiera ed artigianale).Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25/03/2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - Piano stralcio e norme attuative - Natura - Atti amministrativi - canoni ermeneutici - Disposizioni preliminari al cod. civ. - Applicabilità - Esclusione - Regole comuni ci interpretazione degli atti negoziali. Il piano stralcio e le norme attuative sono atti di natura e contenuto amministrativi, ai quali si applicano canoni ermeneutici desunti, non dalle disposizioni preliminari al codice civile e dalle regole generali sulla interpretazione degli atti normativi, bensì dalle regole comuni di interpretazione degli atti negoziali, che impongono di tenere conto della volontà concreta ed effettiva di chi le esprime piuttosto che del significato letterale delle espressioni adoperate. Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25 Marzo 2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Siciliana - Piani regolatori - Approvazione - Parere del Comitato regionale dell’urbanistica - Valenza prevalente rispetto al parere dell’organo interno comunale istruttorio. Il Comitato regionale dell’urbanistica, istituito nella Regione Siciliana con legge regionale 27 dicembre 1978 n. 71 (art. 58) presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, con il compito precipuo di esprimere pareri, fra l’altro, sui piani regolatori generali, è l’organo deputato per legge ad affiancare - con funzioni consultive - l’Autorità preposta alla approvazione dei piani regolatori generali dei singoli comuni e, pertanto, del tutto legittimamente, in sede di approvazione del piano regolatore generale, al parere di tale organo è annessa valenza prevalente rispetto a quello dell’organo interno istruttorio, non occorrendo neppure una esplicita motivazione compositiva del contrasto manifestatosi nei due distinti pareri. Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25 Marzo 2009, n. 185
URBANISTICA ED EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Zona da sottoporre a vincolo paesaggistico - Delimitazione - Discrezionalità tecnica e amministrativa. La delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale bellezza di insieme costituisce espressione di discrezionalità tecnica e in parte amministrativa non sindacabile in sede di giudizio di legittimità se non sotto il profilo dell’evidente arbitrarietà ed illogicità della scelta operata (Cons. Stato, sez. VI, n. 106 del 20 gennaio 1998). Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25 Marzo 2009, n. 185
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Piani paesistici - Esistenza del vincolo - Sopravvenienza di nuovi atti impositivi del vincolo. I piani paesistici attengono alla fase della programmazione della tutela e presuppongono l’esistenza del vincolo (Cons. Stato, sez. VI, n. 873 del 14 novembre 1992), ma non escludono la sopravvenienza di nuovi atti impositivi del vincolo, nel corso della loro operatività. Pres. Virgilio, Est. Millemaggi Cogliani - D.B. s.p.a. (avv. Lentini) c. Comune di Mazara del Vallo (avv. Armao), Assessorato Regionale ai Beni Culturali e Ambientali ed alla Pubblica Istruzione (Avv. Stato) e altro (n.c.). CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA per la Regione Siciliana - 25 Marzo 2009, n. 185
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
N. 185/09 Reg.Dec.
N. 992 Reg.Ric.
ANNO 2006
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 992 del 2006, proposto dalla
DISTILLERIA BERTOLINO s.p.a.,
in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv.
Giovanni Lentini, con domicilio eletto in Palermo, via Siracusa n. 30, presso lo
studio dell’avv. Roberto Genna;
contro
il COMUNE DI MAZARA DEL VALLO, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e
difeso dall’avv. Gaetano Armao, con domicilio eletto presso il suo studio, in
Palermo, via Noto n. 12;
l’ASSESSORATO REGIONALE AI BENI CULTURALI E AMBIENTALI ED ALLA PUBBLICA
ISTRUZIONE, in persona dell’Assessore in carica, rappresentato e difeso "ex
lege" dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui
uffici in via A. De Gasperi n. 81, è domiciliato per legge;
l’ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO ED AMBIENTE, in persona dell’Assessore in
carica, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione
prima della sede di Palermo, n. 1004/05 del 20 giugno 2005.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’avv. G. Armao per il Comune di
Mazara del Vallo e dell’Avvocatura dello Stato per l’Assessorato regionale beni
culturali ed ambientali e alla P.I.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 24 settembre 2008, il Consigliere Chiarenza
Millemaggi Cogliani; uditi, altresì, l’avv. G. Lentini per la società
appellante, l’avv. G. Armao per il comune appellato e l’avv. dello Stato Tutino
per l’Assessorato appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1.1. Con sentenza n. 1004/05 del 20 giugno 2005, la Sezione I della Sede di
Palermo del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, riuniti tre
ricorsi proposti dalla attuale appellante, oggettivamente ed in parte
soggettivamente connessi (i ricc. nn. 2427/2001, 4139/2002, 3280/2003 reg. ric.
TAR Palermo), e superate le eccezioni preliminari delle amministrazioni
resistenti, li ha respinti e, con essi, ha anche respinto i relativi motivi
aggiunti, interamente compensando fra le parti le spese del giudizio.
Oggetto di impugnazione erano:
1° (ric. n. 2427/2001) = la deliberazione del Consiglio comunale di Mazara del
Vallo dell’11.4.2001 n. 48, di reiezione del progetto di lottizzazione di
un’area industriale presentato, dalla società Erasmus s.r.l. di Castelvetrano
(fiduciaria della Soc. Distilleria Bertolino, odierna appellante);
2° (ric. n. 4139/2002) = il decreto reso il 5.4.2002 dal dipartimento regionale
dei beni culturali ed ambientali dell’Assessorato Regionale ai BB. CC. AA e PI
della Regione Siciliana e comunicato a parte ricorrente il 13.9.2002, ogni altro
atto connesso o consequenziale a quello su indicato, ed in particolare: i
verbali dell’8.11.2000, 23.11.2000, 13.12.2000 della Commissione provinciale per
la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Trapani; la nota della
Soprintendenza B.B.C.C.A.A di Trapani del 20.9.2000; il DA n. 3702 del
28.9.2000;
3° (ric. n. 3280/2003) = il decreto reso il 14.2.2003 dal dirigente del
Dipartimento regionale urbanistica dell’Assessorato Regionale al Territorio ed
Ambiente della Regione Siciliana con cui è stato approvato il PRG del Comune di
Mazara del Vallo nella parte in cui elimina la destinazione a zona industriale
delle aree poste a nordest del territorio comunale destinandole a verde
agricolo.
Inoltre, sul primo dei ricorsi sopra specificati, l’interessata società ha
proposto motivi aggiunti, volti all’impugnazione della deliberazione del
Consiglio Comunale di Mazara del Vallo del 16.10.2001 n. 124 che confermava il
diniego di cui alla precedente deliberazione n. 48 dell’11.4.2001 (oggetto del
ricorso principale) dopo che il giudice adito, in sede cautelare aveva invitato
l’ente locale a riesaminare il Piano, con ordinanza propulsiva successivamente
riformata in appello da questo Consiglio.
Nel primo giudizio era anche avanzata azione di accertamento dichiarativo e
condanna, del Comune intimato, al risarcimento dei danni conseguenti alla
illegittimità dell’atto deliberativo impugnato.
1.2. La vicenda, in fatto, traeva origine dalla iniziativa della Distilleria
Bertolino s.p.a. che aveva ottenuto, nel 1997, un finanziamento dal Ministero
dell’Industria per la realizzazione di un fabbricato per uso industriale
strumentale, anche per la produzione di idrocarburi ecologici - di presentare,
tramite la fiduciaria soc. Erasmus s.p.a., in data 1 settembre 1998, un piano di
lottizzazione, relativo ad appezzamento, a tale fine acquistato dalla soc.
Coprein s.p.a., in territorio del comune di Mazara del Vallo, zona industriale
D1.
Il piano ebbe a ricevere un primo parere favorevole, con prescrizioni, della
competente Commissione edilizia (in data 5 marzo 1999).
In data 6 dicembre 1999 era stato, poi, presentato il piano asseritamente
adeguato alle prescrizioni del PRGC adottato dal Comune (che dettava parametri
urbanistici più restrittivi).
Trascorsi i novanta giorni di cui all’articolo 14 della legge regionale n. 71
del 1978 per la sua approvazione su sollecitazione della parte e diffida
dell’Assessorato regionale - il Comune (con nota del 7 agosto 2000) comunicava,
però, all’Assessorato anzidetto l'intervenuto parere negativo della CEC, per
essere stato riscontrato il mancato adeguamento all’indice di edificabilità
fissato dal PRGC.
Riproposto, in data 16 novembre 2000, il piano, con modificazioni adeguative,
l’Assessorato regionale, decorsi ulteriori novanta giorni, convocava una
conferenza di servizi, cui, però, non partecipava il Comune che anzi, con nota
del 24 aprile 2001, comunicava le ragioni della mancata presenza alla
conferenza, la sua opposizione alla realizzazione, nel suo territorio, dello
stabilimento industriale della Distilleria Bertolino, nonché la reiezione, con
deliberazione consiliare 11 aprile 2001 n. 48, del piano di lottizzazione, in
conformità a parere negativo del settore urbanistica in data 8 gennaio 2001 e
del parere CEC 23 gennaio 2001, nonché della III commissione consiliare LL.PP.
del 13 marzo 2001, sulla base delle seguenti ragioni ostative:
- l'area era destinata alle piccole e medie imprese manifatturiere, nel cui
ambito non poteva essere ricompressa la distilleria;
- mancava l’adeguamento all’indice massimo territoriale di edificabilità in
relazione al nuovo PRGC;
- l’intervento si poneva in contrasto con le norme di piano relative
all’allocazione di industrie manifatturiere medie e piccole (in cui non
rientrerebbe l’industria ipotizzata), in quanto incidente secondo le previsioni
progettuali su di un lotto troppo esteso per gli insediamenti previsti.
A parte ciò l’intervento si poneva in contrasto con il vincolo paesaggistico
"in itinere".
Ciò in quanto, con nota del 10 ottobre 2000, la Soprintendenza per i BB.CC.AA.
di Trapani aveva trasmesso al Comune di Mazara del Vallo il d.a. BB.CC.AA. prot.
n. 3702 del 28 settembre 2000 emesso ai sensi dell’art. 153 del D.Lgs. n. 490
del 1999 e dell’art. 17, comma 1, del regolamento approvato con R.D. n. 1357 del
1940, riguardante la tutela dell’area archeologica delle Cave di Cusa (nel cui
ambito doveva ricomprendersi, l’Amministrazioni locale e quella regionale,
l’area interessata dalla lottizzazione in questione); erano state disposte sul
territorio le necessarie misure di salvaguardia e, successivamente, con nota
dell’8 gennaio 2001 la Soprintendenza di Trapani aveva trasmesso al Comune di
Mazara del Vallo il verbale redatto dalla Commissione provinciale per le
bellezze naturali e panoramiche di Trapani, planimetrie, dalle quali derivava
l’interessamento dell’area da lottizzare alla imposizione del vincolo.
La deliberazione n. 48/2001 era impugnata dalla Soc. Distilleria Bertolino, con
il primo dei citati ricorsi, nel cui ambito erano proposti motivi aggiunti, una
volta che il Comune, su sollecitazione del TAR (con ordinanza resa in sede
cautelare, successivamente riformata da questo Consiglio) aveva emesso la
successiva deliberazione consiliare 16 ottobre 2001 di conferma di quella
originariamente impugnata.
Con il ricorso principale, erano dedotti il difetto di motivazione,
l’illegittimità della mancata partecipazione del Comune alla conferenza di
servizi, il vizio del procedimento logico per cui era stato rinvenuto un
ostacolo nell’ampiezza del lotto relazionato alle dimensioni della impresa (in
zona destinata a piccole e medie industrie) e la mancanza dei presupposti di
fatto. Con i motivi aggiunti, erano riproposti i medesimi motivi ed inoltre, in
particolare, l’irrilevanza del vincolo paesaggistico ai fini della approvazione
della lottizzazione (da tenere in considerazione nella successiva fase di esame
del permesso di costruire) e la mancanza di fondamento delle altre obiezioni
mosse dal Comune.
L’interessata proponeva, inoltre, azione risarcitoria, per i danni determinati
dall’illegittimo diniego.
Con il secondo dei ricorsi era impugnato, poi, il sopravvenuto decreto 5 aprile
2002 dell’Assessorato regionale ai BB.CC., appositivo, su conforme parere della
Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di
Trapani, del vincolo paesaggistico sulla zona.
Il decreto era illegittimo in quanto:
- la valutazione di bellezza non era stata espressa trenta anni orsono e da
allora la zona aveva sempre avuto destinazione industriale, cosicché era
illogico il richiamo ivi contenuto nel PRGC con l’affermazione che se ne era
tenuto conto nella valutazione;
- mancava la motivazione sul mutamento di giudizio in relazione al verificarsi
di circostanze sopravvenute;
- in ogni caso la valutazione era affetta da difetto di istruttoria e
travisamento dei fatti (secondo una puntuale elencazione di errori in fatto
rinvenibili nel provvedimento impugnato);
- difettava la nozione di beni cospicui o l’indicazione di elementi di fatto
idonei a caratterizzare il valore estetico e tradizionale dei beni sottoposti a
vincolo;
- infine la soprintendenza non aveva risposto alle osservazioni di merito della
distilleria che era stata indotta all’acquisto dell’appezzamento sito nell’area
proprio in considerazione della sua vocazione industriale ed in vista della
installazione di uno stabilimento ammesso agli aiuti regionali.
In prosieguo, era, infine, impugnato (con il terzo dei ricorsi sopra indicati)
anche il decreto regionale 14 febbraio 2003, con il quale il competente
Assessorato approvava il nuovo PRGC di Mazara del Vallo, per la parte in cui
imprimeva, alla zona in cui era stata localizzata l’area industriale, la
destinazione a verde agricolo, senza individuazione di altra localizzazione,
salvo il suggerimento al Comune di provvedervi.
Il decreto di approvazione del nuovo PRG era illegittimo in quanto l’Assessore
regionale al territorio ed ambiente, immotivatamente disattendendo il parere del
proprio organo istruttorio, favorevole al permanere della zona D sull’area
originariamente a destinazione industriale, si era invece adeguato alle
indicazioni del CRU privando il territorio comunale di una propria zona
industriale (esistente, in quel comune, a far data dal 1973), per effetto di una
inammissibile confusione con l’area nella quale insistono le Cave di Cusa
(ubicate nel differente territorio del Comune di Campobello di Mazara). Sarebbe
mancata ogni istruttoria sulle inesistenti sopraggiunte esigenze di tutela
paesaggistica.
Costituitesi nei giudizi le Amministrazioni intimate (ciascuna resistendo in
rito e nel merito), il Giudice di primo grado, con la sentenza sopra meglio
indicata ha respinto i ricorsi (previamente riuniti) non ravvisando, nei
provvedimenti impugnati, nessuno dei vizi denunciati dalla società ricorrente.
2. Avverso la detta sentenza propone appello la soc. Distilleria Bertolino,
sulla base di censure che possono essere raggruppate e sintetizzate come segue.
1° Il giudice di primo grado avrebbe trasposto illegittimamente nella nozione di
lottizzazione lo scopo economico perseguito dalla proprietaria, in difetto di un
progetto di stabilimento industriale non ancora presentato e sul quale si è
indebitamente formata la volontà ostativa del Comune in rapporto alle
prescrizioni di piano regolatore: invero non è stato tenuto conto dei motivi di
impugnazione volti a contestare che in sede di decisione sulla lottizzazione si
potesse incentrare la valutazione con riferimento alla natura dello stabilimento
(ben potendo, il terreno, una volta lottizzato, essere utilizzato per la
progettazione di opifici di differente natura).
Peraltro, del tutto erroneamente è stata negata la natura di industria
manifatturiera alla Distilleria Bertolino, ponendosi l’accento sulla produzione
di bietanolo e del carburante verde da biomassa nonché sulle dimensioni fisiche
dello stabilimento piuttosto che sulla tipologia, giuridicamente rilevante, di
impresa media, rispondente alla destinazione urbanistica della zona (I motivo);
il concetto è ulteriormente sviluppato nel secondo motivo, in cui è sottolineata
la natura “politica” della decisione di rigetto, ovvero, l’uso distorto e
strumentale del potere, in relazione ad un piano il cui dimensionamento non era
collegato all’attività industriale della committente.
2° La sentenza sarebbe anche viziata nella parte in cui avrebbe omesso di
prendere posizione sui motivi aggiunti (concernenti il rinnovato diniego, su
invito di riesame del T.A.R.); erroneamente il giudice di primo grado si sarebbe
attestato sulla ritenuta natura assorbente della non conformità del piano di
lottizzazione allo strumento urbanistico generale, con riferimento al
dimensionamento dei lotti ivi previsti ed alla presunta univoca destinazione del
piano ad accogliere l’impianto industriale della Distilleria Bertolino (III
motivo).
Sono, quindi riproposte le censure dedotte con i suddetti “motivi aggiunti”,
consistenti nella sostanziale contestazione delle valutazioni di meritotecnico
sul contenuto della lottizzazione, scollegata dalle previsioni dello strumento
urbanistico generale di cui, al contrario, costituirebbe corretta attuazione: si
tratterebbe di valutazioni del tutto arbitrarie, disancorate dalle prescrizioni
del P.R.G. e delle norme di attuazione, dallo stato dei luoghi, in relazione
alla estensione della lottizzazione ed alle effettive previsioni del piano (con
riferimento in particolare alle opere di urbanizzazione primarie e secondarie,
ed al rispetto degli standard di legge, alla indicazione della fonte di
approvvigionamento idrico, al procedimento di smaltimento dei rifiuti, per i
quali era stata già ottenuta autorizzazione). In particolare: le valutazioni
tecniche sul progetto dovevano essere precedute da richiesta di integrazioni o
modificazioni; vi sarebbe stata un’indebita intrusione nelle scelte progettuali;
la nuova deliberazione sarebbe comunque viziata da difetto di istruttoria e
motivazione; la mancanza del nulla osta alla attività industriale non
inciderebbe sul piano urbanistico; non è stato richiesto il parere della
soprintendenza sulla conformità del piano al vincolo; fermo restando l’erronea
qualificazione dell’attività dell’impresa Bertolino che vede essere qualificata
quale impresa alimentare (e quindi, manifatturiera) e non chimica.
3° Nella parte in cui investe il ricorso n. 4139/2002, la sentenza appellata
avrebbe sostanzialmente omesso di affrontare i profili di illegittimità dedotti
avverso il decreto impositivo del vincolo (punto 7 dell’appello in esame), che
sono espressamente riproposti, così come riprodotti nei punti dal 4 al 6 del
ricorso in appello, e cioè, in sintesi.
a) la valutazione di bellezza non fu espressa trenta anni orsono e da allora la
zona ha sempre avuto destinazione industriale; sarebbe quindi illogico
richiamarsi al PRGC tenendone conto nella valutazione;
b) mancherebbe della necessaria motivazione della mutata valutazione, con
riferimento a circostanze sopravvenute;
c) la valutazione sarebbe frutto di numerosi errori di fatto dell’Assessorato:
ciò evidenzierebbe difetto di istruttoria e travisamento;
d) mancherebbero, d’altra parte, concreti elementi idonei a caratterizzare il
valore estetico e tradizionale dell’area;
e) la Sovrintendenza avrebbe omesso di rispondere alle osservazioni di merito
dell’interessata.
4° Infine, con i paragrafi dal 9 al 13 dell’atto di appello (non si rinviene, un
paragrafo 8, evidentemente omesso per una svista di redazione), sono sottoposti
a censura i capi della sentenza che investono il ricorso n. 3280/2003: essi
sarebbero affetti da salti logici e contraddittorietà nell’esame dei vizi
dedotti in primo grado (par. 13), cosicché le censure proposte con il ricorso
introduttivo, riprodotte nei paragrafi dal 9 al 12, sono interamente reiterate,
e cioè:
a) contraddittorietà del parere del CRU con quello espresso dall'ufficio
istruttore;
b) illegittima ingerenza della Regione nelle scelte di merito sulla dislocazione
urbanistica comunale, con l’eliminazione della zona industriale;
c) mancanza di fondamento, in fatto, del presupposto interesse comunitario
dell’area;
d) violazione dell’articolo 7 legge 1150 del 1942 e dell’art. 8 della L. reg. 71
del 1978 che prevedono l’obbligo dalla zonizzazione anche in fascia D
industriale.
5° Il 15°, articolato, paragrafo dell’atto di appello è dedicato a sostenere la
pretesa risarcitoria, sulla base della analitica enunciazione degli elementi da
prendere in considerazione ai fini della liquidazione.
3. Nel presente grado del giudizio si sono costituite le intimate
Amministrazioni le quali resistono all’appello, per quanto di rispettivo
interesse.
Le parti hanno depositato CTP e memorie.
Il Consiglio ha disposto istruttoria con ordinanza n. 944/2007 del 9 ottobre
2007, integrata, poi, da ordinanza 331/2008 del 22 aprile 2008, intesa ad
acquisire, da parte della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di
Trapani, una dettagliata relazione sullo stato del vincolo paesaggistico e sulla
sua estensione, con particolare riferimento all’area interessata
dall’insediamento industriale previsto dal piano, sulla sussistenza di un parco
archeologico delle Cave di Cusa e sulla sua estensione, con la specificazione
della relazione fisicogeografica con l’area interessata dall’insediamento
industriale previsto dal piano, il tutto corredato dalla simulazione grafica,
con schizzi panoramici, idonea a dare conto dell’impatto visivo
dell’insediamento industriale previsto dal piano dai punti cospicui la cui
visuale deve essere tutelata mediante l’applicazione del vincolo paesaggistico.
Sugli esiti istruttori si sono poi incentrate ulteriori difese dei contendenti.
Infine la causa, chiamata alla pubblica udienza del 24 settembre 2008, è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
2.1. Nella complessa vicenda - opportunamente decisa in unico contesto dal
giudice di primo grado - devono essere affrontate, prioritariamente, l’insieme
delle censure rivolte avverso il diniego opposto dal Comune al piano di
lottizzazione, oggetto del primo dei ricorsi proposti, in primo grado, dalla
attuale appellante.
2.2. In tale ambito, un posto centrale occupa la denuncia di eccesso di potere
sotto il profilo dello sviamento, alla quale il giudice di primo grado non
avrebbe attribuito, secondo l’interessata, il necessario rilievo.
La tesi di fondo è che la pregiudiziale avversione dell’Amministrazione comunale
alla istallazione, nel territorio, dello stabilimento industriale per il quale
la Distilleria Bertolino era stata ammessa all’aiuto regionale (e relativa
iniziativa produttiva) avrebbe avuto un ruolo determinante nell’indirizzare la
valutazione. Ciò emergerebbe espressamente dalle ragioni addotte dal Comune per
giustificare la sua mancata partecipazione alla conferenza indetta dalla
Regione.
Si osserva al contrario che il provvedimento negativo poggia essenzialmente su
pareri tecnici conformi, i quali a loro volta assumono, a base del giudizio, il
confronto degli elaborati progettuali e della relazione allegata al piano con le
prescrizioni urbanistiche, in ragione, esclusivamente, del dimensionamento dei
lotti e dalla tipologia degli insediamenti (così come indicata nella citata
relazione illustrativa).
Chiarito tale aspetto, é irrilevante, che nel corso della complessa relazione
con il Comune (e, a vario titolo, con la Regione, la quale sull’iniziativa
industriale si era pronunciata, ammettendola al finanziamento) sia anche venuto
in evidenza, di fatto, l’interesse sostanziale, sottostante all’acquisto del
terreno ed alla presentazione del piano di lottizzazione, in quanto, allo stato
degli atti, mancano sintomi di sviamento, con riferimento ad un provvedimento
che decide in conformità a pareri resi esclusivamente sulla considerazione delle
previsioni del piano di lottizzazione e del loro contrasto con le prescrizioni
urbanistiche di zona.
A tutto concedere, può, tutt’al più ritenersi che sia stata proprio
l’incompatibilità del piano di lottizzazione con le scelte urbanistiche
dell’Ente locale a determinare la volontà “politica” di non partecipare alla
conferenza indetta dalla Regione, manifestando poi la contrarietà all’iniziativa
industriale della Distilleria Bertolino (non definita nel piano di
lottizzazione, ma che, di fatto, non poteva essere ignorata).
2.3. Ciò premesso, le ragioni del diniego, espresso con riferimento al
dimensionamento dei lotti e del tipo di industrie di cui il piano di
lottizzazione ha previsto l’insediamento, indipendentemente dalle sopravvenute
esigenze di salvaguardia ambientale (che non costituiscono la sola ragione del
diniego, né quella essenziale), non soggiacciono alle censure dedotte con il
ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, come correttamente rilevato
nella sentenza appellata, che ne ha, altrettanto correttamente, ritenuto la
natura assorbente.
Nell’ambito di una lottizzazione localizzata in un’area destinata ad
insediamenti di “piccola e media industria manifatturiere” nonché ad
insediamenti “a carattere artigianale misto residenziale”, la dimensione dei
lotti (soltanto due), di vasta estensione e la destinazione ad “insediamenti
industriali” del tipo indicato dal progettista nella sua relazione (“cartiere,
cantieristica navale, industrie automobilistiche, siderurgie e distillerie”),
costituiscono ragionevoli indici di una tipologia insediativa incompatibile con
le prescrizioni urbanistiche con le quali il progetto Erasmus doveva essere
confrontato.
Il piano di lottizzazione costituisce lo strumento tipico attraverso cui
conseguire l’armonizzazione delle singole iniziative private con le scelte
generali della pianificazione territoriale; perché siffatta armonizzazione possa
essere conseguita, occorre anche che le tipologie insediative, ancorché non
definite in specifici progetti edificatori, siano enunciate e che le stesse
rispondano nelle linee esenziali agli obiettivi ed alle scelte desunti dalla
programmazione generale e dalle regole tecniche che le governano.
Di ciò, del resto, ha mostrato di essere consapevole il progettista nello
specificare, nella sua relazione illustrativa (costituente parte integrante del
piano di lottizzazione proposto) quale dovesse essere, programmaticamente, la
vocazione edificatoria dei due lotti previsti in progetto.
Dimensioni e destinazione, secondo le scelte progettuali del progettista, non
costituiscono, in fatto, oggetto di contestazione.
A posteriori, la relazione del prof. Di Cristina in atti non fa che confermare,
sul punto, le considerazioni oppositive dei pareri che sono alla base del
provvedimento (ovvero, che la produzione tipo di impianti destinati a
“distilleria” non si esaurisce nella manipolazione della materia prima/prodotto
finito alimentare, ma attiene anche a processi chimici che coinvolgono anche,
come elemento essenziale e non secondario del ciclo di produzione la
manipolazione dei sottoprodotti con finalità di impiego specifiche e del tutto
estranee, dal punto di vista della produzione, alla manifattura in senso
tecnico).
E’ superfluo sottolineare ancora una volta come sia esplicito il riferimento a
tale caratterizzazione nei pareri negativi che hanno costituito il presupposto
del provvedimento impugnato in primo grado.
Tanto è sufficiente per negare che il giudizio tecnico e la valutazione che ne è
seguita abbiano tratto aliunde le ragioni dell’orientamento negativo (ovvero da
regole che, propriamente, governano l’attività edilizia, e che sono destinate ad
incidere sulla concessione edilizia piuttosto che sull’approvazione del piano di
lottizzazione proposto).
Il progetto Erasmus, con gli aggiustamenti e le modifiche di volta in volta
apportati dal compilatore (i quali, come precisato nella sentenza impugnata, non
hanno visto alcuna opposizione formale della proponente alle obiezioni degli
uffici tecnici), sono stati posti a confronto con il piano stralcio di Capo
Gravignola che interessa la zona D1 (investito della lottizzazione) e le
relative norme di attuazione.
La società appellante non offre elementi plausibili per smentire il giudizio
tecnico di estraneità delle “distillerie” (che costituiscono una delle tipologie
di insediamenti indicati nella relazione illustrativa del piano Erasmus) al
“tipo” dell’industria manifatturiera i cui insediamenti erano consentiti nella
zona.
Posto che oggetto dell’attività manifatturiera è, in senso lato, la
trasformazione della materia prima in prodotto finito, è agevole rilevare che la
manipolazione delle materie prime e dei sottoprodotti della lavorazione, nel
tipo di industria di cui si tratta, in concreto, giustifica, sul piano delle
conoscenze tecniche, il giudizio di non assimilabità ontologica della relativa
attività a quella il cui oggetto è propriamente denominato “manifatturiero”.
La relazione di parte in atti, dove è chiaramente definita la tipologia
produttiva dell’impianto di distilleria cui era preordinata la redazione del
piano di lottizzazione risolve a posteriori ogni possibile dubbio.
A parte ciò, deve ritenersi logico e non arbitrario il giudizio desunto dal
dimensionamento dei lotti.
Non vale replicare, al riguardo, che il piano e le relative norme tecniche non
hanno stabilito, letteralmente, alcuna dimensione, né dei lotti, né degli
insediamenti.
Tale indicazione infatti può essere desunta, interpretativamente, dal tipo di
insediamento industriale la cui presenza è stata ritenuta urbanisticamente
tollerabile in zona, correlandola anche con l’ipotizzata ammissibilità di
insediamenti artigianali misti con abitazione, rinvenendosi l’elemento di
collegamento fra i due tipi proprio nella entità comune dell’impegno urbanistico
dell’insediamento in sé.
Un ruolo decisivo è assegnato, nella pianificazione all’oggetto dell’attività
(manifatturiera e artigianale), ed alla dimensione, assunta come entità “fisica”
e non come qualificazione giuridica del tipo imprenditoriale. In altri termini
la corretta interpretazione della disposizione urbanistica, in assenza di
indicatori delle dimensioni degli insediamenti e dei lotti, esige che gli
aggettivi “media” e “piccola” siano interpretati come specificazione, non già
della organizzazione economicogiuridica dell’attività imprenditoriale, ma
piuttosto, della quantità di territorio che la pianificazione urbanistica
sarebbe stata disposta a tollerare per ciascun insediamento, con riferimento,
cioè, alle presumibili dimensioni “fisiche” di una imprenditoria manifatturiera
rispondente ad una nozione empirica di piccole e medie dimensioni.
La formulazione della disposizione urbanistica non è, certamente, tecnicamente
appropriata, ma l’intenzione dell’Amministrazione è evidente e riconoscibile, in
particolare, come precisato per l’accostamento alle attività artigianali, miste
con insediamenti abitativi.
Erronea è, dunque, non l’applicazione che delle disposizioni urbanistiche ha
fatto l’Amministrazione, ma l’interpretazione letterale delle espressione
adoperate, dalla quale muovono le censure al provvedimento ed alla sentenza
impugnati.
Il piano stralcio e le norme attuative sono atti di natura e contenuto
amministrativi, ai quali si applicano canoni ermeneutici desunti, non dalle
disposizioni preliminari al codice civile e dalle regole generali sulla
interpretazione degli atti normativi, bensì dalle regole comuni di
interpretazione degli atti negoziali, che impongono di tenere conto della
volontà concreta ed effettiva di chi le esprime piuttosto che del significato
letterale delle espressioni adoperate.
Le conclusioni alle quali è pervenuto, sul punto, il giudice di primo grado
devono essere, in conclusione, interamente condivise, con consequenziale
conferma della legittimità del diniego di approvazione del piano espresso nel
primo ed originale provvedimento impugnato con l’atto introduttivo del giudizio
di primo grado, sulla base delle concorrenti ragioni ostative derivanti dalla
dimensione dei lotti e dal tipo di industria (indicata nella relazione allegata
al piano), sufficienti da sole a giustificarlo, indipendentemente dalla
salvaguardia paesaggistica, cui pure il provvedimento allude senza, peraltro,
farne l’impedimento esclusivo.
2.4. Le considerazioni che precedono non esauriscono il quadro delle censure
proposte contro il capo delle sentenza che decide il ricorso n. 2427/2001.
L’appellante si duole, infatti, (con il terzo motivo) che la sentenza impugnata
non si sia convenientemente pronunciata «sui motivi aggiunti che attengono alla
rinnovata deliberazione di diniego della domanda di approvazione del piano di
lottizzazione».
In argomento si rende necessario precisare (come del resto il giudice di primo
grado non ha mancato di sottolineare) che la deliberazione consiliare n. 124 del
16 ottobre 2001 (impugnata con i motivi aggiunti) non è un provvedimento
innovativo, emesso di propria iniziativa dal Comune, nell’esercizio di un
autonomo potere di riesame.
Si è trattato, infatti, di un atto emesso in ottemperanza alla ordinanza
propulsiva adottata dal T.A.R. in sede cautelare, interamente riformata, poi, in
appello, da questo stesso Consiglio, con ordinanza 25 ottobre 2001, ovvero di un
provvedimento (a contenuto confermativo delle determinazioni in precedenza
adottate) che ha esaurito la sua funzione ed i suoi effetti, con la riforma, in
appello, dell’ordinanza cautelare che ne aveva reso ineludibile l’adozione
(senza rinuncia alla impugnazione).
Non vi si può, pertanto, riconoscere alcuna volontà innovativa, rispetto al
precedente diniego, neppure per effetto di talune considerazioni aggiuntive, di
natura “squisitamente urbanistica”, così come precisato in sentenza.
Anche a non voler prendere in esame il problema della procedibilità della
impugnazione dell’atto, una volta rimossa l’ordinanza cautelare che l’aveva
provocato, resta ferma la considerazione del giudice di primo grado secondo cui
l’accertata legittimità dell’originario diniego ha natura assorbente e dirime
ogni questione sulla legittimità, anche, del reiterato provvedimento, basato
sulle medesime ragioni ostative.
3. Maggior pregio non può riconoscersi ai motivi di appello avverso i capi della
sentenza che decidono i ricorsi avverso il decreto impositivo del vincolo (ric.
n. 4139/2002) e quello di approvazione del P.R.G. del Comune di Mazara del Vallo
(ric. n. 3280/2003).
4.1. Su proposta della competente Soprintendenza, con decreto 14 febbraio 2003
il Dirigente del servizio tutela ed acquisizioni del dipartimento regionale dei
beni culturali ed ambientali della Regione Sicilia ha dichiarato di notevole
interesse pubblico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 139, lett. c) e d) del
Testo unico approvato con D. Lgs. n. 490/1999, l’area del Parco archeologico
Cave di Cusa e degli ambienti naturalistici di Mazara del Vallo ricadenti nei
Comuni di Campobello di Mazara e Mazara del Vallo, descritta nel verbale 13
dicembre 2002 della commissione per la tutela delle bellezze naturali e
panoramiche di Trapani e delimitata nella planimetria ivi allegata, con le
specificazioni di cui ai successivi verbali 8 novembre e 1 dicembre 2000,
anch’esse allegate al decreto.
Le disposizioni di cui l’Autorità preposta ha fatto applicazione sottopongono a
tutela “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto
avente valore estetico e tradizionale” (art. 139 lett. c) e “le bellezze
panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di
belvedere, accessibili al pubblico dai quali si goda lo spettacolo di quelle
bellezze” (art. 139 lett. d).
La società interessata sottoposto a sindacato (paragrafo 7 dell’atto di appello)
il procedimento logico giuridico sulla cui base è stata respinta l’impugnazione,
in quanto, a suo dire, il giudice di primo grado si sarebbe attestato sulla
natura discrezionale delle valutazioni, addentrandosi in argomentazioni
dimostrative che evidenzierebbero il fondamento delle censure piuttosto che la
legittimità del provvedimento, stante la mancanza di un interesse pubblico
specifico alla imposizione del vincolo, per l’evidente sovradimensionamento,
rispetto alla effettiva esigenza di conservazione dei valori paesaggistici -
ripropone le censure dedotte con il ricorso introduttivo del primo grado del
giudizio, con cui sono denunciati:
1) l’illogicità manifesta ed il difetto di motivazione che precipuamente investe
il verbale della Commissione nella parte in cui enuncia che “la perimetrazione
proposta dalla Soprintendenza tiene conto della previsione dello strumento
urbanistico adottato dal Comune di Mazara del Vallo e di quello previsto dal
Comune di Campobello di Mazara” in quanto se ciò davvero fosse stato, non poteva
essere ignorato che il piano comprensoriale di circa trent’anni prima aveva
individuato la porzione di territorio di Mazara del Vallo destinato ad
accogliere lo sviluppo industriale della città, previo parere favorevole della
Soprintendenza, espresso in sede di comitato regionale urbanistico e che
successivamente il Comune di Campobello di Mazara aveva ritenuto la vocazione
industriale dell’area proprio in funzione della posizione limitrofa a quella del
vicino Comune di Mazara del Vallo, escludendo che le aree rivestissero un
particolare interesse agronomo forestale, cosicché, con il passare del tempo non
era dato comprendere come si fosse potuto mutare orientamento, sovrapponendosi
la valutazione alle scelte urbanisticoterritoriali dei comuni, in assenza di
sopravvenuti nuovi elementi di giudizio (punto 4 dell’atto di appello);
2) il difetto di istruttoria ed il contrasto con precedenti provvedimenti;
l’erronea e falsa applicazione dell’art. 139 del T.U. n. 490/1999, per essere
mancata la necessaria istruttoria sulle caratteristiche dei luoghi; la travisata
lettura della cartografia allegata al decreto del Ministero dell’ambiente del 3
aprile 2000; dei fatti in ordine alla distanza dell’area “parco di Messina” in
territorio di Comune di Campobello di Mazara, rispetto alle Cave di Cusa ed al
confine del parco di protezione delle Cave stesse; l’alterato rapporto visuale
tra le Cave di Cusa e l’area di proprietà della società appellante ricadente in
area industriale di Comune di Mazara del Vallo; la non adeguata perimetrazione
con quanto previsto dai piani paesaggistici territoriali; non considerato il
nulla osta all’impianto rilasciato dall’A.R.T.A.; l’omessa considerazione della
precedente perimetrazione della Cave di Cusa di cui al D.A. BB.CC.AA. del 30
novembre 1982 istitutivo del parco omonimo (punto 5 dell’appello);
3) la violazione dell’art. 141, comma 2 del T.U. n. 490/1999 per non essere
stata data risposta su tutti i punti del ricorso amministrativo alle obiezioni
dell’interessata (punto 6 dell’atto di appello).
4.2. Sui punti controversi questo Consiglio, rinviata ogni determinazione di
rito e di merito sulla controversia, ha disposto istruttoria (ordinanze n.
944/2007 dell’11 luglio 2007 e n. 331/2008 del 22 aprile 2007), per acquisire,
dalla Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Trapani chiarimenti
documentali in ordine allo stato del vincolo paesaggistico; alla sua estensione
con particolare riferimento alla proprietà della attuale appellante in area
industriale del Comune di Mazara del Vallo; all’impatto visivo dell’insediamento
industriale previsto dal piano di lottizzazione di cui al precedente ricorso dai
punti cospicui la cui visuale deve essere tutelata mediante l’applicazione del
vincolo paesaggistico.
All’incombente è stata data risposta con atti e planimetrie depositate il 15
febbraio ed il 25 giugno 2008.
Malgrado debba darsi atto al Comune appellato della non esaustività
dell’adempimento, rispetto alla disposta istruttoria, deve ritenersi che,
considerato anche quanto sopra deciso sul diniego di approvazione del piano di
lottizzazione, sussistano elementi istruttori sufficienti per decidere,
definitivamente, sulla base degli atti.
4.3. In parte modificando l’ordine di esame, occorre sgombrare subito il campo
dalla censura contenuta al paragrafo 6 dell’atto di appello (punto 3 del
paragrafo 4.1. che precede) trattandosi di censura smentita "per tabulas",
quanto alla dedotta mancata decisione della opposizione proposta
dall’interessata, e per il resto infondata.
Dal confronto dell’atto di opposizione alla proposta di vincolo (depositato
dall’Assessorato ed il cui contenuto è in massima parte anche riportato nelle
premesse del decreto impugnato), con le articolate ragioni con cui l’Autorità
preposta ne ha deciso la reiezione (anch’esse trascritte in dettaglio nelle
premesse del decreto), emerge la pretestuosità della censura, in quanto si
rinviene risposta a ciascuno dei rilievi su cui poggia il ricorso
dell’interessata, con puntuale riferimento a ciascuno degli argomenti
oppositivi.
L’omissione denunciata non può desumersi dal fatto che l’Amministrazione ha
rivendicato al proprio insindacabile potere discrezionale il giudizio e la
valutazione del collegamento funzionale dei singoli elementi costituenti
bellezza di insieme e l’estensione della perimetrazione, configurando, le
relative affermazioni, già di per sé risposta alle censure di merito dedotte con
l’atto di opposizione.
Quanto alla mancata attivazione della inchiesta pubblica, la norma la prevede
come mera eventualità la cui esigenza non può essere desunta dalle mere
“perplessità” di uno solo dei componenti della Commissione provinciale, sulla
“vastità del territorio perimetrato” sulla considerazione che sussiste già un
vincolo ben preciso sulle Cave di Cusa. Trattasi di una obiezione di per sé
inidonea a fare scattare una qualche doverosità, in ordine alla indizione
dell’inchiesta prevista dalla norma, perché inadeguata rispetto agli obiettivi
della proposta, ed alla somma dei valori che ne hanno costituito il presupposto.
“Perplessità” e “voto contrario” minoritario entrano nella dinamica propria
della formazione di volontà degli organi collegiali, senza per questo richiedere
supplementi istruttori, a meno di non costituire oggetto di un’espressa,
circostanziata richiesta del dissenziente che vincoli l’organo collegiale a
darvi corso (o per legge, o perché oggetto di apposita mozione regolarmente
approvata).
4.4. La reiterazione degli altri motivi portati nel ricorso di primo grado
(punti 4 e 5 dell’atto di appello), muove dall’affermazione che ad essi non
avrebbe dato adeguata risposta la sentenza appellata.
Si osserva, al contrario, che il giudice di primo grado ha proceduto ad una
puntuale e corretta disamina delle censure dedotte, pervenendo a conclusioni
corrette, sulla base di un impianto motivazionale che deve essere interamente
condiviso.
Preliminarmente non sembra inutile ricordare che la società interessata non
adduce altro titolo di qualificazione della posizione legittimante, che la
proprietà di una porzione di territorio in ex area industriale del Comune di
Mazara del Vallo, per la quale é stato presentato il piano di lottizzazione di
cui al primo dei ricorsi riuniti, e l’aspettativa (di fatto) di potervi
installare un proprio impianto industriale già ammesso agli aiuti regionali.
Il terreno di proprietà dell’appellante ricade nella perimetrazione di cui al
decreto impugnato: esso impegna, infatti, quella parte della ex zona industriale
che l’Autorità preposta ha ritenuto meritevole di tutela perché “in vista” delle
Cave di Cusa.
Infatti, non tutta la zona (ex) D1 del Comune di Mazara del Vallo, è stata
sottoposta a vincolo, ma soltanto quella parte per la quale si è reso necessario
preservare “la quinta di sfondo”, a differenza della zona industriale del
limitrofo comune di Campobello di Mazara, interamene perimetrata in
considerazione della sua maggiore prossimità alle cave ed all’area archeologica.
Sul territorio di tale Comune, peraltro, l’attuale appellante non rivendica
proprietà di sorta, né enuncia collegamenti di alcun tipo con il relativo
territorio, cosicché le censure che investono il denunciato conflitto con le
previsioni urbanistiche di tale Comune possono anche avere valenza argomentativa,
ma non rilevano, nel presente giudizio, in termini puntuali di legittimità della
perimetrazione, non avendo, l’attuale appellante, alcuna legittimazione al
riguardo.
Quanto alla limitata parte in cui la perimetrazione incide sulla zona
industriale di Mazara del Vallo, non può prescindersi dalla natura del vincolo
apposto (riconducibile alla seconda delle ipotesi contemplate nella lett. d)
dell’art. 139 del T.U. del 1999), alla cui ragionevolezza e non arbitrarietà è
sufficiente la compatibilità orografica in relazione al bene pubblico
preservato, non essendo invece determinante la distanza del “punto di vista”
rispetto al bene archeologico in sé (le Cave di Cusa), ovvero (secondo le
affermazioni della parte) due chilometri dal reperto, isolatamente considerato,
trattandosi di un dato insufficiente, da solo, ad escludere la godibilità
visiva, in funzione della quale il sito è stato incluso nella perimetrazione
contestata, senza che vengano addotti e dimostrati impedimenti naturali o
compromissioni antropiche, quali, ad esempio, potrebbero essere gli insediamenti
industriali già realizzati o altri elementi idonei ad alterare l’obiettivo di
completezza di tutela, cui si rivolge la fattispecie conservativa di cui al
citato art. 139 lett. d) (Cons. Stato, sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 932).
Esclusa, dunque, per tale profilo, l’illegittimità del decreto impugnato, non si
rinvengono elementi per contraddire che i valori che il decreto ha inteso
preservare non si concentrino ed esauriscano nel bene archeologico in quanto
tale (già da tempo tutelato ai sensi della legge n. 1089 del 1939), ma
investano, piuttosto le Cave di Cusa come elemento trainante nell’ambito di
un’area nella quale convergono molteplici valenze (riconosciute anche in ambito
comunitario) che conferiscono al territorio, nel suo complesso, connotazioni di
un “quadro panoramico naturale da tutelare nella sua integrità sostanziale e non
esclusivamente estetica, da possibili utilizzi incontrollati”.
E’ in tale ottica che ne deve essere accertata la legittimità in relazione alle
censure sollevate dalla appellante.
Orbene, come correttamente enunciato nella sentenza appellata, la delimitazione
dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale bellezza di
insieme costituisce espressione di discrezionalità tecnica e in parte
amministrativa non sindacabile in sede di giudizio di legittimità se non sotto
il profilo dell’evidente arbitrarietà ed illogicità della scelta operata (Cons.
Stato, sez. VI, n. 106 del 20 gennaio 1998).
Nel caso in esame, la valutazione secondo cui il sito perimetrato costituisce
“un habitat dotato di caratteri panoramici, naturalistici, geomorfologici,
vegetazionali, storici, archeologici e geologici, infungibili”, sulla
considerazione, fra l’altro, del singolare equilibrio del territorio delle Cave
“con la dolcezza del paesaggio agrario, caratterizzato principalmente da culture
arboree e del rapporto organico con cui il bene archeologico viene a porsi
rispetto ad importanti aree naturalistiche, altre puntuali testimonianze
archeologiche, bagli, strutture produttive e storicizzate, elementi di
significativo interesse geologico (superficie rocciosa “Magaggiaro”) e botanico
(palme nane)”, non può essere scalfita, sul piano della logicità e non
arbitrarietà della scelta, né dalle scelte urbanistiche dei due comuni (in
parte) ricompresi nella perimetrazione (sia pure l’uno e l’altro a differente
titolo), né dalla circostanza che in passato, e per lungo tempo, la tutela dei
singoli elementi di pregio individuati dalla Soprintendenza come bellezza di
insieme, sia stata o trascurata del tutto o frammentaria e parziale, in vista di
specifici e differenti interessi pubblici.
4.5. La pianificazione urbanistica del territorio risponde ad esigenze ed
interessi pubblici che devono essere tenuti distinti da quelli che sono alla
base della tutela paesaggistica, e si pongono, rispetto a questi ultimi, in
posizione subgradata, per il rilievo costituzionale ad essi conferito (art. 9
Cost.). Sebbene, dunque, i relativi poteri convergano su una medesima entità
fisica, è escluso in linea di principio che le scelte urbanistiche possano
condizionare gli obiettivi di tutela di cui si discute (Cons. Stato, sez. VI, n.
3733 del 21 giugno 2006).
Il diritto positivo, via via adeguatosi al precetto costituzionale contiene
norme specifiche in forza delle quali sono i valori paesistici, debitamente
accertati, che condizionano la pianificazione urbanistica e non queste ultime a
delimitare gli ambiti di tutela del paesaggio.
Al più gli interventi antropici che siano, eventualmente intervenuti ad
alterarne i valori, possono ragionevolmente esplicare una qualche incidenza, ma
non a ciò si rivolgono le censure di parte appellante allorché si duole che la
perimetrazione (in parte) dell’area industriale del Comune di Mazara del Vallo
(e dell’altro Comune limitrofo) sia avvenuta nonostante che il provvedimento e
la sottostante proposta, abbiano affermato di avere tenuto conto delle
prescrizioni urbanistiche contenute nei Piani regolatori dei due Enti locali.
L’attenzione riposta alle situazioni già definite ed alle aspettative
legittimamente determinatesi, hanno indotto nel Comune e nella zona di interesse
dell’appellante ad una perimetrazione contenuta alla “porzione in vista delle
Cave di Cusa, in quanto quest’ultima avrebbe potuto essere alterata con
l’esecuzione incontrollata di manufatti industriali che, danneggiando la quinta
di sfondo del parco archeologico, avrebbero arrecato grave nocumento all’area
protetta”.
Ciò è quanto basta ad escludere qualsiasi contraddittorietà fra il presupposto
enunciato e l’inclusione (parziale) dell’area nella perimetrazione.
Sotto differente profilo, la sopravvenienza del decreto di vincolo dopo una
trentennale disattenzione alla somma dei valori che caratterizzano, sotto il
profilo paesaggistico, il territorio di cui si discute non può, ragionevolmente
assumersi come sintomo di illogicità o arbitrarietà.
La sentenza appellata dedica ampio spazio alla evoluzione normativa della
disciplina paesaggistica in ambito nazionale e della attenzione rivolta ai
valori di insieme in ambito comunitario.
L’accresciuta sensibilità dell’Amministrazione regionale costituisce proprio
quell’elemento di novità che parte appellante del tutto erroneamente va
ricercando in elementi “nuovi”, fisicamente definiti.
Nel provvedimento opposto e nella proposta recepita, si rinviene
l’individuazione (seppure sommaria) di singoli elementi, tutti già presenti nel
territorio ed in buona misura, anche, oggetto di singolare tutela, ora
considerati come funzione di un unico, complesso ed inscindibile quadro
panoramico unitario, da tutelare nella sua integrità sostanziale.
Giudizio e valutazione, appartengono alla discrezionalità tecnica ed
amministrativa degli organi e dell’Autorità che li ha espressi, la cui coerenza
logica non soltanto non è scalfita, ma è anzi avvalorata dalla singolare tutela
di cui sono stati fatti oggetto (tutti o parte di tali elementi), in funzione di
interessi pubblici specifici di differente natura.
La valenza monumentale delle Cave di Cusa e la tutela impressa a tale fine con
il decreto a suo tempo emesso in base alla legge n. 1089/39, non esaurisce
l’ambito degli interessi pubblici sul bene archeologico e non preclude la
concorrente tutela paesaggistica, in forza del rinvenuto rapporto organico in
cui il bene archeologico viene a collocarsi con le aree naturalistiche, le altre
testimonianze archeologiche del territorio perimetrato, i bagli, le strutture
produttive storicizzate, le evidenze geologiche e botaniche.
La compresenza di coltivazioni a vigneti di talune aree non esclude la
preponderanza delle culture arboree indicate nell’atto e degli ulteriori
elementi che caratterizzano, per il loro valore, il comprensorio.
Non è possibile, senza superare i limiti propri di un giudizio di legittimità,
isolare singole aree comprese nella bellezza di insieme e verificare se ad esse
siano specificamente riferibili le caratteristiche indicate
dall’amministrazione, con riferimento ai valori complessivamente considerati
nella motivazione e nel parere reso dall’apposito comitato (Cons. Stato, n. 106
del 20 gennaio 1998).
E’ improprio il richiamo ai piani paesistici. Essi attengono alla fase della
programmazione della tutela e presuppongono l’esistenza del vincolo (Cons.
Stato, sez. VI, n. 873 del 14 novembre 1992), ma non escludono la sopravvenienza
di nuovi atti impositivi del vincolo, nel corso della loro operatività.
Altrettanto irrilevante è la circostanza che l’A.R.T.A., per differenti fini ed
a tutela di altro, specifico interesse pubblico, abbia dato il proprio
nullaosta, alla iniziativa industriale della attuale appellante.
Non incide sulla validità della perimetrazione, la vicinanza di una discarica ad
essa esterna, né induce ad un giudizio di arbitrarietà la circostanza che
ragionando per assurdo, l’intero territorio della Regione Siciliana sia da
considerare “bellezza di insieme”.
Si tratta, nel presente giudizio, di un ambito territoriale ben definito nei
suoi contorni geografici, contenuto negli ambiti del territorio geografico
mazarese, all’interno della cui perimetrazione neppure l’appassionata difesa
dell’appellante ha individuato alterazioni e compromissioni idonee a mettere in
discussione il valore di insieme attribuitogli dall’Autorità preposta.
In conclusione, l’appello, per tale parte, deve essere respinto, non essendo in
gioco i poteri discrezionali dell’Amministrazione, nella specifica materia (di
cui la stessa appellante si dichiara convinta, negli argomenti adoperati per
sindacare la sentenza appellata).
5. In seguito e per effetto del vincolo imposto su parte della ex area
industriale del Comune di Mazara del Vallo, l’Autorità regionale, in sede di
approvazione, è intervenuta sulla destinazione della ex zona D, mutandola in
“verde agricolo” sulla base delle indicazioni del C.R.U. e diversamente da
quanto invece indicato dal proprio organo istruttorio, favorevole al
mantenimento della destinazione industriale originariamente impressa dal Comune.
Su ciò si incentrano le censure di parte appellante, portate, in primo grado,
con il ricorso n. 3280/2003 ed in appello con motivi di impugnazione che non
tengono in alcun conto l’articolata motivazione della sentenza appellata, per
riproporre, invece il complesso delle censure dedotte in primo grado e che, in
buona parte si riallacciano, poi, alla già esaminata impugnazione avverso il
decreto dichiarativo di notevole interesse pubblico del comprensorio.
E’ sottoposto, in particolare, al controllo di legittimità del giudice di
appello, l’intervento incisivo dell’amministrazione regionale sulle scelte
urbanistiche del Comune, fra l’altro sostanzialmente privando l’Ente locale
della zona industriale, e che ciò sia avvenuto sulla base delle indicazioni del
C.R.U. piuttosto che attenersi, l’Assessorato, alle indicazioni del proprio
Ufficio istruttorio (favorevole al mantenimento della zona industriale).
Le censure dedotte in primo grado sono state respinte dalla sentenza impugnata
con motivazione che deve essere condivisa.
Il Comitato regionale dell’urbanistica, istituito nella Regione Siciliana con
legge regionale 27 dicembre 1978 n. 71 (art. 58) presso l'Assessorato regionale
del territorio e dell'ambiente, con il compito precipuo di esprimere pareri, fra
l’altro, sui piani regolatori generali, è l’organo deputato per legge ad
affiancare - con funzioni consultive - l’Autorità preposta alla approvazione dei
piani regolatori generali dei singoli comuni e, pertanto, del tutto
legittimamente, in sede di approvazione del piano regolatore generale del Comune
di Mazara del Vallo, al parere di tale organo è stata annessa valenza prevalente
rispetto a quello dell’organo interno istruttorio, non occorrendo neppure una
esplicita motivazione compositiva del contrasto manifestatosi nei due distinti
pareri, in ordine al mantenimento della zona industriale della quale si discute.
Sotto differente profilo, il parere di tale organo - fra l’altro non
specificamente impugnato con il ricorso di primo grado - è sufficientemente
motivato, fra l’altro, con riferimento alla recente perimetrazione, in funzione
di tutela paesaggistica, costituendo gli ulteriori rilievi elementi non
essenziali, rispetto alla premessa maggiore, costituita dalla sopravvenienza del
vincolo apposto con riferimento alla posizione dell’area in vista dell’elemento
pregnante del bene paesaggistico tutelato.
Correttamente, pertanto, la sentenza appellata ha ritenuto legittimo, per tale
profilo, l’operato dell’Amministrazione regionale.
Sotto differente aspetto, deve essere affermato che altrettanto correttamente,
l’Amministrazione regionale è intervenuta sul piano regolatore adottato dal
Comune senza considerazione delle sopravvenienze di natura
ambientalepaesaggistica, dopo che l’Assessorato aveva già emanato e diffuso la
circolare 11 luglio 2000 n. 2CRU (non impugnata), contenente puntuali indirizzi
per la formazione degli strumenti urbanistici generali e attuativi, con
specifico riferimento, alla necessità di considerare, nella destinazione delle
aree, i limiti derivanti dalla tutela paesaggistica e la natura dei valori
preservati.
Come sottolineato nella sentenza appellata, è la stessa legislazione nazionale
che consente alle Regioni di intervenire, per tali profili, sulla pianificazione
locale, cosicché non sussiste il "vulnus" dell’autonomia del Comune,
denunciato dall’appellante, il quale non può neppure riconoscersi come
sussistente una volta che la stessa Amministrazione locale ha mostrato di
condividere pienamente la decisione regionale: l’appellante, infatti, non ha
titolo per farsi paladino, in questa sede, della tutela di un interesse pubblico
non coincidente con quello privato, sulla base della posizione giuridica
qualificante enunciata (costituita, esclusivamente, dalla proprietà del fondo
allocato nella (ex) zona D1 e non anche da provvedimenti favorevoli in
precedenza intervenuti, quali assentimento della lottizzazione al contrario
legittimamente negata o l’ammissione a concessione edilizia del progetto per la
realizzazione del disegno industriale ammesso agli aiuti regionali.
Per i profili urbanistici e per effetto della legittima reiezione del piano di
lottizzazione e delle intervenute esigenze di tutela paesaggistica, la posizione
dell’attuale appellante non evidenzia una specifica aspettativa di diritto,
meritevole di tutela, in ordine alla destinazione urbanistica dell’area, non
essendo sufficiente il “motivo” dell’acquisto della proprietà fondiaria a
qualificare alla stregua di “aspettativa” giuridicamente rilevante sulla
pianificazione del territorio (provengano le decisioni direttamente dall’Ente in
sede di adozione del piano o dipendano dai poteri esercitati in ambito
regionale, in sede di approvazione) idonee ad incidere, se non opportunamente
apprezzate, sulla legittimità delle determinazioni regionali.
La considerazione vale sia per la destinazione a verde dell’area, sia per la
mancata previsione di altre aree destinate ad insediamenti industriali, per le
quali la Regione ha ritenuto doversi fare ricorso a future determinazioni, da
adottarsi in sede di variante.
In argomento, pertanto, devono essere interamente confermate le considerazioni
in base alle quali la sentenza appellata è pervenuta alla decisone di reiezione
del terzo dei ricorsi riuniti in primo grado.
6. L’appello deve essere, pertanto, respinto, con assorbimento della domanda
risarcitoria, ponendosi a carico dell’appellante le spese del giudizio, che si
liquidano in dispositivo, in favore di entrambe le amministrazioni resistenti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede
giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe;
Condanna la società appellante al pagamento, in favore del Comune di Mazara del
Vallo e dell’Assessorato regionale ai beni culturali ed ambientali e pubblica
istruzione, al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in
complessivi € 6.000,00 (seimila//00) da ripartirsi in ragione di € 3000,00
(tremila//00) per ciascuna delle parti resistenti, oltre, per la difesa privata,
CPA ed IVA nonché, per la difesa erariale, oneri previdenziali e fiscali, in
quanto dovuti;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, il 24 settembre 2008, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l'intervento dei Signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Chiarenza Millemaggi Cogliani, estensore, Paolo D’Angelo, Antonino Corsaro, Pietro Ciani, componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Chiarenza Millemaggi Cogliani, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria il 25 marzo 2009
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