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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. III, 04/06/2009, Sentenza C-22/08 e C-23/08
LAVORO - Attività professionale esercitata in un altro Stato membro -
Livello della remunerazione e durata dell’attività - Conservazione dello
status di “lavoratore” - Diritto alle prestazioni previste in favore delle
persone in cerca di occupazione - Cittadinanza dell’Unione europea - Libera
circolazione delle persone - Artt. 12 CE, e 24, n. 2 Direttiva 2004/38/CE -
Giudizio di validità - Cittadini di uno Stato membro. In materia dei
diritti dei lavoratori, non emerge alcun elemento tale da compromettere la
validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini
dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente
nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n.
1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE,
73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, con
riguardo al diritto dei cittadini degli Stati membri che cercano
un’occupazione in un altro Stato membro. Inoltre, l’art. 12 CE non osta ad
una normativa nazionale che escluda i cittadini degli Stati membri dalla
possibilità di beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che
vengono concesse ai cittadini di Stati terzi. Athanasios Vatsouras
(C-22/08), Josif Koupatantze (C-23/08) contro Arbeitsgemeinschaft (ARGE)
Nürnberg 900. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. III, 04/06/2009, Sentenza
C-22/08 e C-23/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
4 giugno 2009 (*)
«Cittadinanza dell’Unione europea - Libera circolazione delle persone
- Artt. 12 CE e 39 CE - Direttiva 2004/38/CE - Art. 24, n. 2 - Giudizio
di validità - Cittadini di uno Stato membro - Attività professionale
esercitata in un altro Stato membro - Livello della remunerazione e
durata dell’attività - Conservazione dello status di “lavoratore” -
Diritto alle prestazioni previste in favore delle persone in cerca di
occupazione»
Nei procedimenti riuniti C-22/08 e C-23/08,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Sozialgericht Nürnberg (Germania),
con decisioni datate 18 dicembre 2007, pervenute in cancelleria il 22
gennaio 2008, nei procedimenti
Athanasios Vatsouras (C-22/08),
Josif Koupatantze (C-23/08)
contro
Arbeitsgemeinschaft (ARGE) Nürnberg 900,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh,
J.N. Cunha Rodrigues (relatore), U. Lõhmus e dalla sig.ra P. Lindh,
giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer,
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore,
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4
febbraio 2009,
considerate le osservazioni presentate:
- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità
di agenti;
- per il governo danese, dal sig. J. Bering Liisberg e dalla sig.ra B.
Weis Fogh, in qualità di agenti;
- per il governo olandese, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. de
Grave, in qualità di agenti;
- per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao e dal sig. J.
Coppel, in qualità di agenti;
- per il Parlamento europeo, dai sigg. E. Perillo, A. Auersperger Matic
e U. Rösslein, in qualità di agenti;
- per il Consiglio dell’Unione europea, dalle sigg.re M. Veiga e M. Simm,
in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra D. Maidani e
dal sig. F. Hoffmeister, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 12 marzo 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione
degli artt. 12 CE e 39 CE, nonché sulla validità dell’art. 24, n. 2,
della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004,
2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli
Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le
direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE,
75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e
rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35, L 197, pag. 34, nonché GU 2007, L
204, pag. 28).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito delle controversie che
oppongono i sigg. Vatsouras e Koupatantze all’Arbeitsgemeinschaft (ARGE)
Nürnberg 900 (ente consortile per il lavoro, l’assistenza e
l’integrazione sociale di Norimberga 900; in prosieguo: l’«ARGE») in
merito all’annullamento delle prestazioni di base per persone in cerca
di occupazione di cui avevano beneficiato.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Il primo ed il nono ‘considerando’ della direttiva 2004/38 sono
formulati nei seguenti termini:
«(1) La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino
dell’Unione il diritto primario e individuale di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve
le limitazioni e le condizioni previste dal trattato e le disposizioni
adottate in applicazione dello stesso.
(…)
(9) I cittadini dell’Unione dovrebbero aver il diritto di soggiornare
nello Stato membro ospitante per un periodo non superiore a tre mesi
senza altra formalità o condizione che il possesso di una carta
d’identità o di un passaporto in corso di validità, fatto salvo un
trattamento più favorevole applicabile ai richiedenti lavoro, come
riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia».
4 L’art. 6 della direttiva 2004/38 enuncia quanto segue:
«1. I cittadini dell’Unione hanno il diritto di soggiornare nel
territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre
mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta
d’identità o di un passaporto in corso di validità.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari in
possesso di un passaporto in corso di validità non aventi la
cittadinanza di uno Stato membro che accompagnino o raggiungano il
cittadino dell’Unione».
5 L’art. 7 della direttiva 2004/38 così dispone:
«1. Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un
periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a
condizione:
a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro
ospitante; (…).
(…)
3. Ai sensi del paragrafo 1, lettera a), il cittadino dell’Unione che
abbia cessato di essere un lavoratore subordinato o autonomo conserva la
qualità di lavoratore subordinato o autonomo nei seguenti casi:
(…)
c) l’interessato, trovandosi in stato di disoccupazione involontaria
debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata
determinata inferiore ad un anno o venutosi a trovare in tale stato
durante i primi dodici mesi, si è registrato presso l’ufficio di
collocamento competente al fine di trovare un lavoro. In tal caso,
l’interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un
periodo che non può essere inferiore a sei mesi;
(…)».
6 L’art. 14 di tale direttiva prevede, in particolare, che
«1. I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto
di soggiorno di cui all’articolo 6 finché non diventano un onere
eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro
ospitante.
2. I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di
soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le
condizioni fissate negli stessi.
(…)
4. In deroga ai paragrafi 1 e 2 e senza pregiudizio delle disposizioni
del capitolo VI, un provvedimento di allontanamento non può essere
adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari
qualora:
(…)
b) i cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato
membro ospitante per cercare un posto di lavoro. In tal caso i cittadini
dell’Unione e i membri della loro famiglia non possono essere
allontanati fino a quando i cittadini dell’Unione possono dimostrare di
essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità
di trovarlo».
7 Ai sensi dell’art. 24 della direttiva 2004/38:
«1. Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal
trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede,
in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro
ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato
nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si
estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che
siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno
permanente.
2. In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad
attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi
tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo
previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), né è tenuto a
concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente
aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale,
consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che
non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale
status o loro familiari».
La normativa nazionale
8 L’art. 7, n. 1, del libro II del codice tedesco della previdenza
sociale - Prestazioni di base in favore dei disoccupati (Sozialgesetzbuch
II, in prosieguo, l’«SGB II») così dispone:
«1. Le prestazioni previste dal presente libro vengono erogate a coloro
che:
1) siano di età superiore a quindici anni, ma inferiore a
sessantacinque,
2) siano abili al lavoro,
3) si trovino in stato di bisogno, e,
4) abbiano la propria residenza abituale nella Repubblica federale di
Germania (…).
Sono esclusi (…)
2. gli stranieri il cui diritto di soggiorno sia giustificato unicamente
dalla finalità di ricercare un lavoro, i loro familiari, nonché i
soggetti legittimati a ricevere prestazioni in forza dell’art. 1 della
legge sulle prestazioni a favore dei richiedenti asilo (Asylbewerberleistungsgesetz).
Restano impregiudicate le disposizioni in materia di diritto di
soggiorno».
9 In forza dell’art. 23, n. 3, del libro XII del codice tedesco della
previdenza sociale - Assistenza sociale in favore degli stranieri (Sozialgesetzbuch
XII), gli stranieri che abbiano fatto ingresso nel paese per ottenere
un’assistenza sociale, ovvero il cui diritto di soggiorno sia
giustificato unicamente dalla finalità di ricercare lavoro, non hanno
diritto a ricevere prestazioni di assistenza sociale.
10 L’art. 1 della suddetta legge sulle prestazioni assistenziali a
favore dei richiedenti asilo enuncia quanto segue:
«1. Hanno titolo per beneficiare delle prestazioni ai sensi della
presente legge gli stranieri che risiedono effettivamente nel territorio
federale e che
1) siano in possesso di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno ai
sensi della legge sulle procedure in materia di asilo (Asylverfahrensgesetz).
(…)».
Cause principali e questioni pregiudiziali
Causa C-22/08
11 Il sig. Vatsouras, nato il 10 dicembre 1973 e cittadino greco, faceva
il suo ingresso in Germania nel marzo 2006.
12 Il 10 luglio 2006, egli presentava dinanzi all’ARGE una richiesta di
prestazioni ai sensi dell’SGB II, che gli venivano concesse, con
decisione 27 luglio 2006 dell’ARGE, fino al 30 novembre 2006. Poiché il
reddito percepito dal sig. Vatsouras a titolo della sua attività
professionale era stato dedotto dalle prestazioni in questione, il loro
importo mensile ammontava a EUR 169. Con decisione 29 gennaio 2007 dell’ARGE,
il diritto a tali prestazioni veniva prorogato fino al 31 maggio 2007.
13 L’attività professionale del sig. Vatsouras terminava alla fine del
mese di gennaio 2007.
14 Con decisione 18 aprile 2007, l’ARGE annullava tali prestazioni con
effetto a partire dal 30 aprile 2007. L’opposizione proposta dal sig.
Vatsouras avverso detta decisione veniva respinta mediante la decisione
dell’ARGE 4 luglio 2007, con la motivazione che egli non era legittimato
a percepire tali prestazioni ai sensi dell’art. 7, n. 1, seconda frase,
punto 2, dell’SGB II. Il sig. Vatsouras proponeva ricorso
giurisdizionale contro quest’ultima decisione dinanzi al Sozialgericht
Nürnberg.
15 Nel frattempo, il 4 giugno 2007, il sig. Vatsouras riprendeva a
svolgere un’attività professionale che gli consentiva di non dovere più
dipendere dall’assistenza sociale.
Causa C-23/08
16 Il sig. Koupatantze, nato il 15 maggio 1952, è un cittadino greco.
17 Egli faceva ingresso in Germania nell’ottobre 2006 e accettava un
impiego il successivo 1° novembre. Il suo contratto di lavoro veniva
risolto il 21 dicembre dello stesso anno in ragione della mancanza di
ordinativi riscontrata dal datore di lavoro.
18 Il 22 dicembre 2006, il sig. Koupatantze presentava dinanzi all’ARGE
una richiesta di prestazioni di base per persone in cerca di occupazione
ai sensi dell’SGB II. Con decisione dell’ARGE 15 gennaio 2007, gli
veniva accordata una prestazione di importo mensile pari a EUR 670 fino
al 31 maggio 2007. Tuttavia, con decisione 18 aprile 2007, l’ARGE
annullava tale prestazione con effetto a partire dal 28 aprile 2007.
19 L’opposizione proposta dal sig. Koupatantze avverso quest’ultima
decisione veniva respinta mediante decisione dell’ARGE 11 maggio 2007,
con la motivazione che egli non era legittimato a percepire tali
prestazioni ai sensi dell’art. 7, n. 1, seconda frase, punto 2, dell’SGB
II. Il sig. Koupatantze proponeva ricorso contro tale decisione dinanzi
al giudice del rinvio.
20 A far data dal 1° giugno 2007, il sig. Koupatantze riprendeva a
svolgere un’attività professionale che gli consentiva di non dovere più
dipendere dall’assistenza sociale.
Le questioni pregiudiziali
21 In data 18 dicembre 2007, il Sozialgericht Nürnberg ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38 (…) sia compatibile con
l’art. 12 CE in combinato disposto con l’art. 39 CE.
2) In caso di soluzione negativa della questione sub 1), se l’art. 12 CE
in combinato disposto con l’art. 39 CE osti ad una normativa nazionale
che esclude i cittadini dell’Unione dalla possibilità di beneficiare
dell’assistenza sociale, qualora sia stata superata la durata massima
del soggiorno consentita ai sensi dell’art. 6 della direttiva 2004/38
(…), e non sussista un diritto di soggiorno neppure in forza di altre
disposizioni.
3) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1), se l’art. 12
CE osti ad una normativa nazionale che esclude i cittadini di uno Stato
membro dell’Unione europea dalla possibilità di beneficiare persino
delle prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse agli
immigrati irregolari».
22 Con ordinanza 7 aprile 2008, le cause C-22/08 e C-23/08 sono state
riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, come pure
della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Osservazioni preliminari
23 Sebbene nell’ambito della ripartizione delle competenze tra giudici
comunitari e nazionali spetti, in linea di massima, al giudice nazionale
verificare che sussistano, nella causa dinanzi ad esso pendente, le
condizioni di fatto tali da comportare l’applicazione di una norma
comunitaria, la Corte, allorché si pronuncia su un rinvio pregiudiziale,
può, ove necessario, fornire precisazioni tese a guidare il giudice
nazionale nella sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza 4 luglio
2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 58).
24 Come risulta dalla decisione di rinvio, le questioni deferite si
fondano sulla premessa che, all’epoca dei fatti oggetto della causa
principale, i sigg. Vatsouras e Koupatantze non avevano la qualità di
«lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE.
25 Il giudice del rinvio ha constatato che l’attività professionale «in
forma ridotta, di breve durata» esercitata dal sig. Vatsouras era
«inidonea a garantirgli i mezzi di sussistenza» e che l’attività del
sig. Koupatantze «è durata poco più di un mese».
26 A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza
costante, la nozione di «lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE ha portata
comunitaria e non dev’essere interpretata restrittivamente. Per essere
qualificato come «lavoratore», un soggetto deve svolgere attività reali
ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da
potersi definire puramente marginali e accessorie. La caratteristica
essenziale del rapporto di lavoro è, secondo questa giurisprudenza, il
fatto che una persona fornisca per un certo periodo di tempo, in favore
e sotto la direzione di un’altra persona, prestazioni in contropartita
delle quali percepisce una retribuzione (v., in particolare, sentenze 3
luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. pag. 2121, punti 16 e 17,
nonché 11 settembre 2008, causa C-228/07, Petersen, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 45).
27 Né il livello limitato della retribuzione stessa, né l’origine delle
risorse per quest’ultima, possono avere alcuna conseguenza sulla qualità
di «lavoratore» ai sensi del diritto comunitario (v. sentenze 31 maggio
1989, causa 344/87, Bettray, Racc. pag. 1621, punto 15, nonché 30 marzo
2006, causa C-10/05, Mattern e Cikotic, Racc. pag. I-3145, punto 22).
28 Il fatto che il reddito proveniente da un’attività di lavoro
subordinato sia inferiore al minimo vitale non impedisce di qualificare
chi la svolge come «lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE (v. sentenze 23
marzo 1982, causa 53/81, Levin, Racc. pag. 1035, punti 15 e 16, nonché
14 dicembre 1995, causa C-317/93, Nolte, Racc. pag. I-4625, punto 19),
anche se la persona in questione cerca di integrare tali proventi con
altri mezzi di sussistenza, come un aiuto finanziario a carico dello
Stato di residenza (v. sentenza 3 giugno 1986, causa 139/85, Kempf,
Racc. pag. 1741, punto 14).
29 Inoltre, relativamente alla durata dell’attività esercitata, la
circostanza che un’attività di lavoro subordinato sia di breve durata
non può, di per sé, escluderla dall’ambito di applicazione dell’art. 39
CE (v. sentenze 26 febbraio 1992, causa C-3/90, Bernini, Racc. pag.
I-1071, punto 16, e 6 novembre 2003, causa C-413/01, Ninni-Orasche,
Racc. pag. I-13187, punto 25).
30 Ne consegue che, indipendentemente dal livello limitato della
retribuzione e dalla breve durata dell’attività professionale, non si
può escludere che le autorità nazionali reputino quest’ultima, alla luce
di una valutazione complessiva del rapporto di lavoro in questione, come
reale ed effettiva, e, quindi, idonea a conferire a chi la esercita lo
status di «lavoratore» ai sensi dell’art. 39 CE.
31 Nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio pervenisse ad una siffatta
conclusione in ordine alle attività esercitate dai sigg. Vatsouras e
Koupatantze, questi ultimi potrebbero conservare lo status di
«lavoratori» per almeno sei mesi, purché risultino soddisfatte le
condizioni enunciate all’art. 7, n. 3, lett. c), della direttiva
2004/38. Dette valutazioni di fatto devono essere compiute
esclusivamente dal giudice nazionale.
32 Qualora i sigg. Vatsouras e Koupatantze avessero conservato il
proprio status di lavoratori, essi avrebbero avuto diritto a percepire,
nel suddetto periodo di almeno sei mesi, prestazioni come quelle
previste dall’SGB II, in applicazione dell’art. 24, n. 1, della
direttiva 2004/38.
Sulla prima questione
33 Mediante tale questione, il giudice del rinvio chiede se l’art. 24,
n. 2, della direttiva 2004/38 sia compatibile con l’art. 12 CE in
combinato disposto con l’art. 39 CE.
34 L’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38 stabilisce una deroga al
principio della parità di trattamento di cui godono i cittadini
dell’Unione, diversi dai lavoratori subordinati o autonomi, dai soggetti
che mantengano tale status e dai loro familiari, che soggiornano nel
territorio di uno Stato membro ospitante.
35 Secondo detta disposizione, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad
attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale, in
particolare, ai disoccupati durante il lasso di tempo più lungo nel
quale essi hanno il diritto di soggiornarvi.
36 I cittadini di uno Stato membro alla ricerca di un’occupazione in un
altro Stato membro rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 39
CE, e, pertanto, beneficiano del diritto alla parità di trattamento
previsto al n. 2 di tale disposizione (sentenza 15 settembre 2005, causa
C-258/04, Ioannidis, Racc. pag. I-8275, punto 21).
37 Inoltre, tenuto conto dell’istituzione della cittadinanza dell’Unione
e dell’interpretazione giurisprudenziale del diritto alla parità di
trattamento di cui godono i cittadini dell’Unione, non si può più
escludere dall’ambito di applicazione dell’art. 39, n. 2, CE una
prestazione di natura finanziaria destinata a facilitare l’accesso
all’occupazione sul mercato del lavoro di uno Stato membro (sentenze 23
marzo 2004, causa C-138/02, Collins, Racc. pag. I-2703, punto 63, e
Ioannidis, cit., punto 22).
38 Tuttavia, è legittimo che uno Stato membro attribuisca una siffatta
prestazione soltanto previo accertamento dell’esistenza di un legame
reale tra chi è alla ricerca di un lavoro ed il mercato del lavoro del
medesimo Stato (sentenze 11 luglio 2002, causa C-224/98, D’Hoop, Racc.
pag. I-6191, punto 38, e Ioannidis, cit., punto 30).
39 L’esistenza di un legame del genere potrebbe essere verificata, in
particolare, accertando che la persona di cui trattasi ha effettivamente
e concretamente cercato un lavoro nello Stato membro in questione per un
periodo di una durata ragionevole (sentenza Collins, cit., punto 70).
40 Ne consegue che i cittadini degli Stati membri alla ricerca di un
lavoro in un altro Stato membro, i quali abbiano stabilito legami reali
con il mercato del lavoro di quest’ultimo, possono avvalersi dell’art.
39, n. 2, CE al fine di beneficiare di una prestazione di natura
finanziaria destinata a facilitare l’accesso al mercato del lavoro.
41 Spetta alle competenti autorità nazionali e, ove occorra, ai giudici
nazionali, non solo constatare l’esistenza di un legame reale con il
mercato del lavoro, ma altresì esaminare gli elementi costitutivi della
suddetta prestazione, ed in particolare i suoi obiettivi e le condizioni
per la sua concessione.
42 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue
conclusioni, l’obiettivo della prestazione dev’essere esaminato con
riguardo ai suoi risultati e non alla sua struttura formale.
43 Una condizione come quella prevista all’art. 7, n. 1, dell’SGB II,
nella misura in cui implica che l’interessato dev’essere in grado di
esercitare un’attività lavorativa, potrebbe rappresentare un indizio del
fatto che la prestazione è destinata a facilitare l’accesso
all’occupazione.
44 In ogni caso, l’eccezione prevista all’art. 24, n. 2, della direttiva
2004/38 dev’essere interpretata alla luce dell’art. 39, n. 2, CE.
45 Le prestazioni di natura finanziaria che, a prescindere dalla
qualificazione che ne dà la legislazione nazionale, siano destinate a
facilitare l’accesso al mercato del lavoro, non possono essere
considerate «prestazioni d’assistenza sociale», ai sensi dell’art. 24,
n. 2, della direttiva 2004/38.
46 In considerazione di quanto precede, occorre dichiarare che
dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento tale da
compromettere la validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva 2004/38
con riguardo al diritto dei cittadini degli Stati membri che cercano
un’occupazione in un altro Stato membro.
Sulla seconda questione
47 In considerazione della soluzione alla prima questione, non occorre
risolvere la seconda questione.
Sulla terza questione
48 Mediante tale questione, il giudice del rinvio mira a sapere se
l’art. 12 CE osti ad una normativa nazionale che escluda i cittadini di
uno Stato membro dell’Unione europea dalla possibilità di beneficiare
delle prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse agli
immigrati irregolari.
49 Nell’ambito di tale questione, il giudice del rinvio fa riferimento
alle disposizioni della legge sulle prestazioni a favore dei richiedenti
asilo, il cui art. 1, n. 1, primo comma, prevede che gli stranieri
effettivamente residenti nel territorio della Repubblica federale di
Germania hanno diritto alle suddette prestazioni non appena divengano
titolari di un’autorizzazione provvisoria di soggiorno per richiedenti
asilo.
50 Si deve quindi intendere la questione deferita nel senso che il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 12 CE osti a una
normativa nazionale che escluda i cittadini degli Stati membri dalla
possibilità di beneficiare delle prestazioni di assistenza sociale che
vengono invece concesse ai cittadini di Stati terzi.
51 L’art. 12, primo comma, CE vieta, nell’ambito di applicazione del
Trattato e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso
previste, qualsiasi discriminazione effettuata in base alla nazionalità.
52 Tale disposizione riguarda le situazioni, rientranti nell’ambito di
applicazione del diritto comunitario, nelle quali un cittadino di uno
Stato membro subisce un trattamento discriminatorio rispetto ai
cittadini di un altro Stato membro per la sola ragione della sua
nazionalità, e non trova applicazione nel caso di un’eventuale disparità
di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli degli Stati
terzi.
53 Per tali ragioni, si deve risolvere la terza questione nel senso che
l’art. 12 CE non osta ad una normativa nazionale che escluda i cittadini
degli Stati membri dalla possibilità di beneficiare delle prestazioni di
assistenza sociale che vengono concesse ai cittadini di Stati terzi.
Sulle spese
54 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi la Corte (Terza Sezione) dichiara:
1) Dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento tale da
compromettere la validità dell’art. 24, n. 2, della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/38/CE, relativa
al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e
di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che
modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE,
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, con riguardo al diritto dei
cittadini degli Stati membri che cercano un’occupazione in un altro
Stato membro.
2) L’art. 12 CE non osta ad una normativa nazionale che escluda i
cittadini degli Stati membri dalla possibilità di beneficiare delle
prestazioni di assistenza sociale che vengono concesse ai cittadini di
Stati terzi.
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