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CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela dei consumatori - Contratti negoziati
fuori dei locali commerciali - Diritto di recesso - Obbligo d’informazione
da parte del commerciante - Nullità del contratto d’ufficio - Misure
appropriate - Art. 4 Direttiva 85/577/CEE. L’art. 4 della direttiva del
Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per la tutela dei consumatori in
caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali non osta a che un
giudice nazionale dichiari d’ufficio la nullità di un contratto rientrante
nell’ambito di applicazione di tale direttiva a causa della circostanza che
il consumatore non era stato informato del suo diritto di recesso, anche
qualora detta nullità non sia mai stata fatta valere dal consumatore dinanzi
ai giudici nazionali competenti. Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores
SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratti negoziati fuori dei locali
commerciali - Diritto di recesso - Tutela dei consumatori - Disciplina -
Nullità del contratto rilevato d’ufficio - Artt. 5, n. 1 e 4, direttiva
85/577/CEE. Il termine minimo menzionato di sette giorni, ex art. 5, n.
1, della direttiva 85/577/CEE, va calcolato a partire dal momento in cui il
consumatore ha ricevuto dal commerciante l’informazione in questione.
Siffatta prescrizione, si spiega con la considerazione che, se il
consumatore non ha conoscenza dell’esistenza di un diritto di recesso, si
trova nell’impossibilità di esercitarlo (sentenza 13/12/2001, causa
C-481/99, Heininger). In altre parole, il sistema di tutela configurato
dalla direttiva presuppone non solamente che il consumatore, in quanto parte
debole, disponga del diritto di rescindere il contratto, ma anche che abbia
contezza dei propri diritti venendone espressamente informato per iscritto.
Si deve pertanto considerare che, qualora il consumatore non fosse stato
debitamente informato circa il suo diritto di recesso, il giudice nazionale
adito può far valere d’ufficio la violazione delle disposizioni dell’art. 4
della direttiva. Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Tutela del consumatore - Diritto di recesso -
Obbligo d’informazione - Poteri dei giudici nazionali - Artt. 4 e 5, n. 1,
Direttiva 85/577/CEE. In materia di tutela del consumatore, se l’art. 4,
terzo comma, della direttiva attribuisce agli Stati membri la responsabilità
di disciplinare gli effetti del mancato rispetto dell’obbligo
d’informazione, i giudici nazionali investiti di una controversia fra
singoli, devono, dal canto loro, interpretare, per quanto possibile, alla
luce del testo e della finalità della direttiva, il complesso delle norme
nazionali per giungere a una soluzione conforme all’obiettivo da essa
perseguito (v. sentenza 25/10/2005, causa C-350/03, Schulte). Siffatta
conclusione non esclude affatto che altre misure possano ugualmente
assicurare il livello di tutela in parola, come, ad esempio, la riapertura
dei termini applicabili in materia di recesso dal contratto, in modo da
consentire al consumatore di esercitare il diritto attribuitogli dall’art.
5, n. 1, della direttiva. D’altro lato, il giudice nazionale adito potrebbe
altresì dover tenere conto, in talune circostanze, della volontà del
consumatore di non voler far valere la nullità del contratto in discussione
(v., per analogia, sentenza 4/06/2009, causa C-243/08, Pannon GSM).
Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE,
Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Violazione di disposizioni comunitarie -
Giudici nazionali e rilievo d’ufficio - Presupposti e limiti. Il diritto
comunitario, in via di principio, non impone ai giudici nazionali di
sollevare d’ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni
comunitarie, qualora l’esame di tale motivo li obblighi ad esorbitare dai
limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti, basandosi su fatti
e circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse
all’applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria
domanda (v. sentenze 14/12/1995, causa C-430/93, van Schijndel e van Veen;
nonché 7/06/2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a.).
Tale limitazione del potere del giudice nazionale è giustificata dal
principio secondo il quale l’iniziativa di un processo spetta alle parti e
che, pertanto, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali in
cui il pubblico interesse esige il suo impulso (v. citate sentenze van
Schijndel e van Veen, punto 21, nonché van der Weerd e a., punto 35).
Pres./Rel. Tizzano - Martín c. EDP Editores SL. CORTE DI GIUSTIZIA CE,
Sez. I, 17/12/2009, Sentenza C-227/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
17 dicembre 2009
«Direttiva 85/577/CEE - Art. 4 - Tutela dei consumatori - Contratti
negoziati fuori dei locali commerciali - Diritto di recesso - Obbligo
d’informazione da parte del commerciante - Nullità del contratto -
Misure appropriate»
Nel procedimento C-227/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Audiencia Provincial de Salamanca
(Spagna), con decisione 20 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 26
maggio 2008, nella causa
Eva Martín Martín
contro
EDP Editores SL,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, facente
funzione di presidente della Seconda Sezione,dai sigg. A. Borg Barthet e
M. Ilešic, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12
marzo 2009,
considerate le osservazioni presentate:
- per la EDP Editores SL, dall’avv. J.M. Sanchez Garcia, abogado;
- per il governo spagnolo, dalla sig.ra B. Plaza Cruz e dal sig. J.
López-Medel Bascones, in qualità di agenti;
- per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di
agente;
- per la Commissione europea, dai sigg. R. Vidal Puig e W. Wils, in
qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 7 maggio 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE,
per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei
locali commerciali (GU L 372, pag. 31; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale domanda è stata sottoposta nell’ambito di una controversia tra la
EDP Editores SL (in prosieguo: la «EDP») e la sig.ra Eva Martín Martín
relativamente al rifiuto di quest’ultima di rispettare gli impegni presi
al momento della sottoscrizione di un contratto concluso presso il suo
domicilio con un rappresentante della EDP.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 I ‘considerando’ dal quarto al sesto della direttiva così recitano:
«(...) la caratteristica dei contratti conclusi fuori dai locali
commerciali del commerciante è che, di regola, il commerciante prende
l’iniziativa delle trattative, il consumatore è impreparato di fronte a
queste trattative e si trova preso di sorpresa; (...) il consumatore non
ha spesso la possibilità di confrontare la qualità e il prezzo che gli
vengono proposti con altre offerte; (...)
(...) è opportuno accordare al consumatore il diritto di rescissione da
esercitarsi entro un termine non inferiore a sette giorni, per
permettergli di valutare gli obblighi che derivano dal contratto;
(...) occorre inoltre adottare opportuni provvedimenti affinché il
consumatore sia informato per iscritto del suo diritto a disporre di
questo periodo di riflessione (...)».
4 L’art. 1, n. 1, della direttiva dispone quanto segue:
«La presente direttiva si applica ai contratti stipulati tra un
commerciante che fornisce beni o servizi e un consumatore:
(…)
- durante una visita del commerciante:
i) al domicilio del consumatore o a quello di un altro consumatore;
(…)
qualora la visita non abbia luogo su espressa richiesta del
consumatore».
5 Ai sensi dell’art. 4 della direttiva:
«Il commerciante deve informare per iscritto il consumatore, nel caso di
transazioni contemplate all’articolo 1, del suo diritto di rescindere il
contratto entro i termini di cui all’articolo 5, nonché del nome e
indirizzo della persona nei cui riguardi può essere esercitato tale
diritto.
Detta informazione deve recare una data e menzionare gli elementi che
permettono d’individuare il contratto. Essa è consegnata al consumatore:
a) al momento della stipulazione del contratto nel caso dell’articolo 1,
paragrafo 1;
(…)
Gli [S]tati membri fanno sì che la loro legislazione nazionale preveda
misure appropriate per la tutela dei consumatori qualora non venga
fornita l’informazione di cui al presente articolo».
6 L’art. 5 della direttiva stabilisce che:
«1. Il consumatore ha il diritto di rescindere il proprio impegno
indirizzando una comunicazione entro un termine di almeno 7 giorni dal
momento in cui ha ricevuto l’informazione di cui all’articolo 4, e
secondo le modalità e condizioni prescritte dalla legislazione
nazionale. (…)
2. Con l’invio della comunicazione il consumatore è liberato da tutte le
obbligazioni derivanti dal contratto rescisso».
7 L’art. 8 della direttiva in parola così dispone:
«La presente direttiva non osta a che gli [S]tati membri adottino o
mantengano in vigore disposizioni ancora più favorevoli in materia di
tutela dei consumatori nel settore da essa disciplinato».
La normativa nazionale
8 La legge 21 novembre 1991, n. 26, relativa ai contratti conclusi fuori
dei locali commerciali (BOE n. 283, del 26 novembre 1991) traspone la
direttiva nel diritto spagnolo.
9 L’art. 3 di tale legge prevede che:
«1. Il contratto o la proposta contrattuale di cui all’art. 1 devono
essere formalizzati per iscritto in doppia copia, unitamente ad un
modulo di revoca del consenso, e vanno datati e sottoscritti dal
consumatore di proprio pugno.
2. Il documento contrattuale deve presentare in caratteri evidenti,
immediatamente sopra allo spazio riservato alla firma del consumatore,
un riferimento chiaro e preciso al diritto di quest’ultimo di revocare
il consenso accordato, nonché ai presupposti e agli effetti
dell’esercizio di tale diritto.
3. Il modulo di revoca del consenso deve recare in caratteri evidenti il
titolo “modulo di revoca” e indicare il nome e l’indirizzo della persona
cui deve essere inviato nonché gli elementi identificativi del contratto
e delle parti contraenti.
4. Una volta sottoscritto il contratto, l’imprenditore o la persona che
agisce per suo conto ne trasmette una copia al consumatore insieme al
modulo di revoca del consenso.
5. Spetta all’imprenditore provare l’adempimento degli obblighi di cui
al presente articolo».
10 L’art. 4 della legge n. 26/1991 riporta le conseguenze del mancato
rispetto dei requisiti ex art. 3 della stessa e stabilisce che:
«Il contratto stipulato o la proposta formulata in violazione delle
condizioni stabilite dall’articolo precedente possono essere annullati
su domanda del consumatore.
In nessun caso la causa di nullità potrà essere invocata
dall’imprenditore, salvo che l’inadempimento sia interamente imputabile
al consumatore».
11 Ai sensi dell’art. 9 della legge citata:
«I diritti conferiti al consumatore dalla presente legge sono
irrinunciabili. Ciononostante, si considereranno valide le clausole
contrattuali che risultino più favorevoli per il consumatore».
Causa principale e questione pregiudiziale
12 Il 20 maggio 2003 la sig.ra Martín Martín sottoscriveva, presso il
suo domicilio, un contratto con un rappresentante dell’EDP avente ad
oggetto l’acquisto di 15 volumi di un’opera, di 5 dischi DVD e di un
lettore DVD. Tali prodotti le sono stati consegnati il 2 giugno 2003.
13 Non avendo ricevuto i pagamenti per la merce fornita, l’EDP ha
chiesto al Juzgado de Primera Instancia n. 1 de Salamanca (Tribunale
civile di Salamanca) di emettere un decreto ingiuntivo di pagamento nei
confronti della sig.ra Martín Martín reclamando l’importo di EUR 1
861,52, maggiorato degli interessi di mora e delle spese.
14 La convenuta, condannata, con decisione 14 giugno 2007, a pagare
l’importo richiesto, ha interposto appello dinanzi all’Audiencia
Provincial de Salamanca (Corte d’appello di Salamanca).
15 Nell’ordinanza di rinvio l’Audiencia Provincial de Salamanca ritiene,
innanzitutto, che il contratto di cui trattasi potrebbe essere
dichiarato nullo dal momento che la convenuta non è stata debitamente
informata del suo diritto di revoca del proprio consenso entro 7 giorni
dal ricevimento della merce né delle condizioni e conseguenze
dell’esercizio di tale diritto. Il giudice a quo rileva, tuttavia, che
la sig.ra Martín Martín non ha mai fatto valere la nullità, né dinanzi
al giudice di primo grado né con il ricorso in appello.
16 Orbene, tenuto conto della circostanza che l’art. 4 della legge n.
26/1991 esige che sia il consumatore a chiedere la dichiarazione di
nullità del contratto concluso in violazione delle condizioni fissate
all’art. 3 della stessa legge e che, nel diritto spagnolo, nei
procedimenti civili di norma vige il cosiddetto principio «dispositivo»
(«de justicia rogada»), in forza del quale il giudice non può prendere
in considerazione d’ufficio fatti, prove e domande non presentati dalle
parti, l’Audiencia Provincial de Salamanca si chiede se, per potersi
pronunciare sull’appello interposto avverso la decisione di primo grado,
debba prendere in considerazione unicamente i motivi dedotti nell’ambito
dell’opposizione e nel procedimento d’appello oppure se, invece, le
disposizioni della direttiva le consentano di dichiarare d’ufficio
l’eventuale nullità del contratto.
17 In tale contesto l’Audiencia Provincial de Salamanca ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se l’art. 153 CE, letto in combinato disposto con gli artt. 3 CE e 95
CE, con l’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea [proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU L 364, pag. 1)],
nonché con la [direttiva], e in particolare con l’art. 4 di
quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che consente al
giudice investito del ricorso d’appello avverso la sentenza di primo
grado di dichiarare d’ufficio la nullità di un contratto rientrante
nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva, qualora risulti
che tale nullità non è mai stata eccepita in alcun momento dal
consumatore convenuto, né nell’ambito dell’opposizione al procedimento
ingiuntivo, né in sede di udienza, né nel ricorso di appello».
Sulla questione pregiudiziale
18 Con la sua questione l’Audiencia Provincial de Salamanca chiede, in
sostanza, se l’art. 4 della direttiva debba essere interpretato nel
senso che consente ad un giudice nazionale di rilevare d’ufficio la
violazione di tale disposizione e di dichiarare la nullità di un
contratto compreso nell’ambito di applicazione della direttiva in parola
in quanto il consumatore non è stato informato del suo diritto di
recesso, e ciò benché la nullità di cui trattasi non sia mai stata fatta
valere dal consumatore dinanzi ai giudici nazionali competenti.
19 Per fornire una soluzione a detta questione occorre, innanzitutto,
ricordare che il diritto comunitario, in via di principio, non impone ai
giudici nazionali di sollevare d’ufficio un motivo basato sulla
violazione di disposizioni comunitarie, qualora l’esame di tale motivo
li obblighi ad esorbitare dai limiti della lite quale è stata
circoscritta dalle parti, basandosi su fatti e circostanze diversi da
quelli che la parte processuale che ha interesse all’applicazione di
dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda (v. in
tal senso, in particolare, sentenze 14 dicembre 1995, causa C-430/93,
van Schijndel e van Veen, Racc. pag. I-4705, punto 22, nonché 7 giugno
2007, cause riunite da C-222/05 a C-225/05, van der Weerd e a., Racc.
pag. I-4233, punto 36).
20 Tale limitazione del potere del giudice nazionale è giustificata dal
principio secondo il quale l’iniziativa di un processo spetta alle parti
e che, pertanto, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali
in cui il pubblico interesse esige il suo impulso (v. citate sentenze
van Schijndel e van Veen, punto 21, nonché van der Weerd e a., punto
35).
21 Si deve quindi determinare, in primo luogo, se la disposizione
comunitaria di cui alla causa principale, ossia l’art. 4 della
direttiva, possa essere considerata come basata su siffatto interesse
pubblico.
22 In proposito è necessario osservare che, come risulta segnatamente
dal quarto e quinto ‘considerando’, la direttiva è volta a tutelare il
consumatore contro i rischi derivanti dalle circostanze specifiche
inerenti alla conclusione dei contratti fuori dei locali commerciali
(sentenza 10 aprile 2008, causa C-412/06, Hamilton, Racc. pag. I-2383,
punto 32), i contratti in parola sono caratterizzati dalla circostanza
che è di regola il commerciante a prendere l’iniziativa delle trattative
e che il consumatore non si è per nulla preparato ad una vendita a
domicilio, in particolare confrontando la qualità e il prezzo proposti
con altre offerte.
23 È considerando tale squilibrio che la direttiva assicura la tutela
del consumatore disponendo, in primis, a suo favore un diritto di
recesso. Questo diritto, infatti, mira proprio a compensare gli
svantaggi risultanti per il consumatore da una vendita fuori dei locali
commerciali, attribuendogli la possibilità, durante almeno sette giorni,
di valutare gli obblighi che derivano dal contratto (v., in tal senso,
sentenza Hamilton, cit., punto 33).
24 Al fine di rafforzare la tutela del consumatore in una situazione in
cui è colto di sorpresa, la direttiva richiede, inoltre, all’art. 4, che
il commerciante informi per iscritto il consumatore del suo diritto di
rescindere il contratto nonché delle modalità e condizioni relative
all’esercizio del diritto di cui trattasi.
25 Infine, dall’art. 5, n. 1, della direttiva risulta che il termine
minimo menzionato di sette giorni va calcolato a partire dal momento in
cui il consumatore ha ricevuto dal commerciante l’informazione in
questione. Siffatta prescrizione, come la Corte ha avuto l’occasione di
precisare, si spiega con la considerazione che, se il consumatore non ha
conoscenza dell’esistenza di un diritto di recesso, si trova
nell’impossibilità di esercitarlo (sentenza 13 dicembre 2001, causa
C-481/99, Heininger, Racc. pag. I-9945, punto 45).
26 In altre parole, il sistema di tutela configurato dalla direttiva
presuppone non solamente che il consumatore, in quanto parte debole,
disponga del diritto di rescindere il contratto, ma anche che abbia
contezza dei propri diritti venendone espressamente informato per
iscritto.
27 Di conseguenza occorre constatare che l’obbligo d’informazione ex
art. 4 della direttiva riveste un ruolo centrale nell’economia generale
della stessa, in quanto garanzia essenziale, come osservato
dall’avvocato generale ai paragrafi 55 e 56 delle sue conclusioni, di un
esercizio effettivo del diritto di recesso e, pertanto, dell’effetto
utile della tutela dei consumatori voluta dal legislatore comunitario.
28 Una disposizione del genere, di conseguenza, concerne l’interesse
pubblico che, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 20 della
presente sentenza, può giustificare un intervento positivo del giudice
nazionale al fine di supplire allo squilibrio esistente fra il
consumatore e il commerciante nell’ambito dei contratti conclusi fuori
dei locali commerciali.
29 Si deve pertanto considerare che, qualora il consumatore non fosse
stato debitamente informato circa il suo diritto di recesso, il giudice
nazionale adito può far valere d’ufficio la violazione delle
disposizioni dell’art. 4 della direttiva.
30 Ciò posto, al fine di risolvere la questione sottoposta dall’Audiencia
Provincial de Salamanca, è necessario, in secondo luogo, apportare
alcune precisazioni relativamente alle conseguenze derivanti da una
siffatta violazione e, più specificamente, dalla possibilità per il
giudice nazionale adito di dichiarare la nullità del contratto concluso
senza osservare l’obbligo d’informazione di cui trattasi.
31 A tale proposito la Corte ha avuto l’occasione di precisare che, se
l’art. 4, terzo comma, della direttiva attribuisce agli Stati membri la
responsabilità di disciplinare gli effetti del mancato rispetto
dell’obbligo d’informazione, i giudici nazionali investiti di una
controversia fra singoli, devono, dal canto loro, interpretare, per
quanto possibile, alla luce del testo e della finalità della direttiva,
il complesso delle norme nazionali per giungere a una soluzione conforme
all’obiettivo da essa perseguito (v. in particolare, in tal senso,
sentenza 25 ottobre 2005, causa C-350/03, Schulte, Racc. pag. I-9215,
punti 69, 71 e 102).
32 In tale contesto va rilevato, da un lato, che la nozione di «misure
appropriate per la tutela dei consumatori» cui si riferisce l’art. 4,
terzo comma, della direttiva riconosce alle autorità nazionali un
margine discrezionale quanto alla determinazione delle conseguenze da
trarre dalla mancanza d’informazione, purché questa discrezionalità sia
esercitata in conformità dello scopo principale della direttiva al fine
di preservare la tutela riconosciuta ai consumatori in condizioni
adeguate con riferimento alle circostanze distintive del caso di specie.
33 D’altro lato, occorre parimenti ricordare che la direttiva procede ad
un’armonizzazione minima, poiché, stando ai termini dell’art. 8, essa
non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano in vigore
disposizioni ancora più favorevoli in materia di tutela dei consumatori
nel settore da essa disciplinato (v., in tal senso, sentenza Hamilton,
cit., punto 48).
34 Di conseguenza, una misura, come quella considerata dal giudice del
rinvio, consistente nel dichiarare la nullità del contratto controverso
può qualificarsi «appropriata», ai sensi del menzionato art. 4, terzo
comma, in quanto sanziona l’inosservanza di un obbligo il cui rispetto,
come illustrato ai punti 26 e 27 della presente sentenza, è essenziale
ai fini della formazione della volontà del consumatore e della
realizzazione del livello di tutela voluto dal legislatore comunitario.
35 Va infine precisato che, da un lato, siffatta conclusione non esclude
affatto che altre misure possano ugualmente assicurare il livello di
tutela in parola, come, ad esempio, la riapertura dei termini
applicabili in materia di recesso dal contratto, in modo da consentire
al consumatore di esercitare il diritto attribuitogli dall’art. 5, n. 1,
della direttiva. D’altro lato, il giudice nazionale adito potrebbe
altresì dover tenere conto, in talune circostanze, della volontà del
consumatore di non voler far valere la nullità del contratto in
discussione (v., per analogia, sentenza 4 giugno 2009, causa C-243/08,
Pannon GSM, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33).
36 Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono occorre
risolvere la questione sottoposta nel senso che l’art. 4 della direttiva
non osta a che un giudice nazionale dichiari d’ufficio la nullità di un
contratto rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva a
causa della circostanza che il consumatore non era stato informato del
suo diritto di recesso, anche qualora detta nullità non sia mai stata
fatta valere dal consumatore dinanzi ai giudici nazionali competenti.
Sulle spese
37 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’art. 4 della direttiva del Consiglio 20 dicembre 1985, 85/577/CEE, per
la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei
locali commerciali non osta a che un giudice nazionale dichiari
d’ufficio la nullità di un contratto rientrante nell’ambito di
applicazione di tale direttiva a causa della circostanza che il
consumatore non era stato informato del suo diritto di recesso, anche
qualora detta nullità non sia mai stata fatta valere dal consumatore
dinanzi ai giudici nazionali competenti.
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