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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori - Effetti giuridici di una clausola abusiva - Vincolo per il
consumatore - Esclusione - Impugnazione della clausola abusiva - Necessità -
Esclusione - Direttiva 93/13/CEE. L’art. 6, n. 1, della direttiva del
Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei
contratti stipulati con i consumatori, dev’essere interpretato nel senso che
una clausola contrattuale abusiva non vincola il consumatore e che non è
necessario, in proposito, che egli abbia in precedenza impugnato utilmente
siffatta clausola. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza
C-243/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratti stipulati con i consumatori -
Clausole abusive - Disapplicazione - Potere e obbligo del giudice nazionale
di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola- Criteri di
valutazione - Direttiva 93/13/CEE. Il giudice nazionale deve esaminare
d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale a partire dal
momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal
fine. Se esso considera abusiva una siffatta clausola, non la applica,
tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga. Tale obbligo incombe al
giudice nazionale anche in sede di verifica della propria competenza
territoriale. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza
C-243/08
DIRITTO DEI CONSUMATORI - Contratto concluso tra un consumatore e un
professionista - Clausole abusive - Giudice nazionale - Competenza - Art. 3,
n. 1, Dir. 93/13. Spetta al giudice nazionale stabilire se una clausola
contrattuale, come quella oggetto della controversia principale, risponda ai
criteri richiesti per poter essere considerata abusiva ai sensi dell’art. 3,
n. 1, della direttiva 93/13. A tal fine, il giudice nazionale deve tener
conto del fatto che può essere considerata abusiva una clausola contenuta in
un contratto concluso tra un consumatore e un professionista, la quale sia
stata introdotta senza essere stata oggetto di negoziato individuale e sia
volta ad attribuire la competenza esclusiva al tribunale della
circoscrizione in cui si trova la sede del professionista. CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 4/06/2009, Sentenza C-243/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
4 giugno 2009 (*)
«Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori - Effetti giuridici di una clausola abusiva - Potere e
obbligo del giudice nazionale di esaminare d’ufficio la natura abusiva
di una clausola attributiva di competenza - Criteri di valutazione»
Nel procedimento C-243/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Budaörsi Városi Bíróság
(Ungheria), con decisione 22 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 2
giugno 2008, nella causa
Pannon GSM Zrt.
contro
Erzsébet Sustikné Gyorfi,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. T. von
Danwitz, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E.
Juhász e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2
aprile 2009,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Pannon GSM Zrt., dagli avv.ti J. Vitári, C. Petia e M.B. Bíró,
ügyvédek;
- per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich, K.
Borvölgyi e dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti;
- per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
- per il governo spagnolo, dal sig. J. López-Medel Bascones, in qualità
di agente;
- per il governo francese, dal sig. B. Cabouat e dalla sig.ra R.
Loosli-Surrans, in qualità di agenti;
- per il governo austriaco, dalle sig.re C. Pesendorfer e A. Hable, in
qualità di agenti;
- per il governo del Regno Unito, dal sig. S. Ossowski, in qualità di
agente, assistito dal sig. T. de la Mare, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Wils e B.
Simon, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della
direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le
clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95,
pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra
l’impresa Pannon GSM Zrt. (in prosieguo: la «Pannon») e la sig.ra
Sustikné Gyorfi, in merito all’esecuzione di un contratto d’abbonamento
telefonico stipulato tra dette parti.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Ai sensi del suo art. 1, la direttiva è volta a ravvicinare le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un
professionista e un consumatore.
4 L’art. 3 della direttiva così dispone:
«1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato
individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona
fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio
dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
2. Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato
individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare
nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di
conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.
(…)
3. L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole
che possono essere dichiarate abusive».
5 Il n. 1, lett. q), di tale allegato concerne le clausole che hanno per
oggetto o per effetto di:
«sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso del
consumatore (...)».
6 L’art. 4, n. 1, della direttiva prevede:
«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola
contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi
oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della
conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta
conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro
contratto da cui esso dipende».
7 Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva:
«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un
contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non
vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro
legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti
secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le
clausole abusive».
8 L’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva sancisce quanto segue:
«1. Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti
professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far
cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un
professionista e dei consumatori.
2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano
a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un
interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del
diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi
competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte
per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino
mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte
clausole».
La normativa nazionale
9 All’epoca dei fatti oggetto della causa principale erano applicabili
il codice civile, nella sua versione risultante dalla legge n. CXLIX del
1997 (Magyar Közlöny 1997/115, in prosieguo: il «codice civile»), e il
decreto governativo n. 18/1999 sulle clausole ritenute abusive nei
contratti stipulati con i consumatori (Magyar Közlöny 1998/8), nella sua
versione in vigore all’epoca della controversia principale.
10 Conformemente all’art. 209, n. 1, del codice civile, una parte può
impugnare ogni condizione contrattuale generale considerata abusiva. Ai
sensi del n. 4 dell’art. 209 B di detto codice, disposizioni speciali
determinano le clausole considerate abusive nei contratti di consumo. In
forza dell’art. 235, n. 1, del codice civile, se utilmente impugnato il
contratto controverso perde efficacia a decorrere dalla data della sua
conclusione. Ai sensi dell’art. 236, n. 1, del codice civile,
l’impugnazione dev’essere comunicata per iscritto all’altra parte entro
il termine di un anno.
11 Il decreto governativo n. 18/1999, come in vigore all’epoca della
controversia principale, suddivide le clausole contrattuali in due
categorie. Rientrano in una prima categoria le clausole contrattuali la
cui inclusione nei contratti di consumo è vietata e che, di conseguenza,
sono nulle di pieno diritto. La seconda categoria raggruppa le clausole
considerate abusive finché non sia fornita prova contraria e l’autore di
una siffatta clausola può confutare tale presunzione.
Causa principale e questioni pregiudiziali
12 Il 12 dicembre 2004 la sig.ra Sustikné Gyorfi aveva stipulato con la
Pannon un contratto d’abbonamento relativo alla fornitura di servizi di
telefonia mobile. Il contratto era stato concluso a mezzo di un
formulario fornito dalla Pannon in cui si stabiliva che, con la
sottoscrizione del contratto, la sig.ra Sustikné Gyorfi prendeva
conoscenza e accettava il contenuto del regolamento di esecuzione che
includeva le condizioni contrattuali generali e che costituiva parte
inscindibile del contratto.
13 In forza di tale regolamento di esecuzione, entrambe le parti nella
causa principale riconoscevano competente il foro della sede della
Pannon per qualsivoglia controversia eventualmente derivante dal
contratto di abbonamento o ad esso connessa. Tale clausola attributiva
di competenza non era stata negoziata tra le due parti.
14 Ritenendo che la sig. ra Sustikné Gyorfi non si fosse conformata ai
suoi obblighi contrattuali, la Pannon ha avviato, in applicazione della
citata clausola, un procedimento d’ingiunzione di pagamento dinanzi al
Budaörsi Városi Bíróság (tribunale municipale di Budaörs), tribunale
nella cui circoscrizione si trova la sua sede sociale.
15 Il giudice adito ha emanato l’ingiunzione richiesta dalla Pannon. La
sig. ra Sustikné Gyorfi ha quindi presentato opposizione contro tale
ingiunzione, nei termini impartiti dalla legge, rendendo in tal modo
contraddittorio il procedimento.
16 Detto giudice ha rilevato che la residenza della sig. ra Sustikné
Gyorfi non si trovava nella sua circoscrizione giudiziaria. Esso ha
constatato che la sig.ra Sustikné Gyorfi, che percepisce una pensione
d’invalidità, ha la sua residenza stabile a Dombegyház, nella provincia
di Békés, cioè a 275 chilometri di distanza da Budaörs, e ha precisato
che le possibilità di trasporto tra Budaörs e Dombegyház sono molto
limitate in quanto non esiste un collegamento diretto né mediante treno
né mediante autobus.
17 Il Budaörsi Városi Bíróság ha osservato che le norme di procedura
applicabili prevedono che il foro territorialmente competente è quello
della circoscrizione in cui risiede la sig.ra Sustikné Gyorfi, vale a
dire il Battonyai Városi Bíróság (tribunale municipale di Battonya).
18 Il giudice del rinvio ha chiarito che ai sensi del codice di
procedura civile l’organo giurisdizionale della circoscrizione
interessata rileva d’ufficio la questione della sua competenza
territoriale. Tuttavia, non trattandosi di una competenza esclusiva,
esso non potrà più rilevare l’incompetenza una volta che il convenuto
abbia presentato un primo atto difensivo con deduzioni relative al
merito della controversia. Il giudice adito potrebbe verificare
l’esattezza dei fatti addotti al fine di determinare la propria
competenza territoriale solo nell’eventualità che questi ultimi siano
contrari a fatti noti o a fatti che l’organo giurisdizionale conosca
d’ufficio, così come nel caso in cui tali fatti siano improbabili o
vengano contestati dalla controparte.
19 Ciò considerato, il Budaörsi Városi Bíróság, nutrendo dubbi
sull’eventuale abusività della clausola attributiva di competenza
inclusa nelle condizioni generali del contratto controverso, ha deciso
di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 6, n. 1, della direttiva [93/13], ai sensi del quale gli
Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto
stipulato da un professionista non vincolano il consumatore, alle
condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, possa essere
interpretato nel senso che il fatto che il consumatore non sia vincolato
da una clausola abusiva predisposta dal professionista non opera ipso
iure ma, esclusivamente, nel presupposto che il consumatore impugni
utilmente tale clausola abusiva mediante una specifica domanda in tal
senso.
2) Se la tutela dei consumatori garantita dalla direttiva [93/13]
imponga che il giudice nazionale - indipendentemente dalla natura del
procedimento, sia esso o meno contraddittorio - anche senza una
specifica domanda in tal senso, ossia senza un’impugnazione fondata
sull’abusività della clausola, si pronunci d’ufficio sulla natura
abusiva di una clausola contrattuale ad esso sottoposta e, in tal modo,
verifichi d’ufficio, nel contesto dell’esame della sua competenza
territoriale, le clausole stabilite dal professionista.
3) In caso di soluzione affermativa alla seconda questione, quali
criteri debbano essere presi in considerazione e ponderati da parte del
giudice del rinvio nell’ambito di tale esame».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
20 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 6, n.
1, della direttiva, ai sensi del quale le clausole abusive contenute in
un contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore non
vincolano quest’ultimo, debba essere interpretato nel senso che il
consumatore non è vincolato esclusivamente nei casi in cui egli abbia
impugnato utilmente siffatta clausola.
21 Per risolvere la questione sottoposta si deve rammentare, in via
preliminare, che l’obbligo imposto agli Stati membri dall’art. 6, n. 1,
della direttiva mira ad accordare un diritto al cittadino, in qualità di
consumatore, e definisce il risultato che la direttiva intende
conseguire (v. sentenze 10 maggio 2001, causa C-144/99,
Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3541, punto 18, e 7 maggio 2002,
causa C-478/99, Commissione/Svezia, Racc. pag. I-4147, punti 16 e 18).
22 In tal modo, il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato
sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità
rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle
trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad
aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter
incidere sul contenuto delle stesse (sentenza 27 giugno 2000, cause
riunite da C-240/98 a C-244/98, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores,
Racc. pag. I-4941, punto 25).
23 La Corte ha parimenti deciso, al punto 26 di detta sentenza, che
l’obiettivo perseguito dall’art. 6 della direttiva non potrebbe essere
conseguito se i consumatori fossero tenuti a eccepire essi stessi
l’abusività di una clausola contrattuale e che una tutela effettiva del
consumatore può essere ottenuta solo se si riconosce al giudice
nazionale la facoltà di valutare d’ufficio siffatta clausola.
24 Occorre sottolineare in proposito che, se si deve garantire tale
facoltà al giudice nazionale, occorre escludere l’interpretazione
dell’art. 6, n. 1, della direttiva nel senso che il consumatore non è
vincolato da una clausola contrattuale abusiva esclusivamente nel caso
in cui egli abbia presentato una specifica domanda a riguardo. Siffatta
interpretazione escluderebbe, infatti, che il giudice nazionale,
nell’ambito dell’esame della ricevibilità della domanda sottopostagli,
possa valutare l’abusività di una clausola contrattuale d’ufficio e in
assenza di un’esplicita richiesta del consumatore.
25 Relativamente agli effetti giuridici che devono essere connessi ad
una clausola abusiva, la Corte ha precisato, nella sua sentenza 26
ottobre 2006, causa C-168/05, Mostaza Claro (Racc. pag. I-10421, punto
36), che l’importanza della tutela dei consumatori ha condotto il
legislatore comunitario a stabilire, all’art. 6, n. 1, della direttiva,
che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un
consumatore e un professionista «non vincolano il consumatore». Essa ha
sottolineato che si tratta di una norma imperativa che, in
considerazione dell’inferiorità di una delle parti contrattuali, mira a
sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i
diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, finalizzato a
ristabilire l’uguaglianza delle parti stesse.
26 La Corte ha aggiunto, al punto 37 di detta sentenza, che la
direttiva, la quale ha lo scopo di rafforzare la tutela dei consumatori,
costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. t), CE, un provvedimento
indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità e,
in particolare, per l’innalzamento del livello e della qualità della
vita al suo interno.
27 Di conseguenza, l’espressione «alle condizioni stabilite dalle loro
legislazioni nazionali», enunciata all’art. 6, n. 1, della direttiva,
non può essere intesa nel senso che essa consente agli Stati membri di
assoggettare il carattere non vincolante di una clausola abusiva ad una
condizione come quella menzionata nella prima questione pregiudiziale.
28 Si deve pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l’art.
6, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che una
clausola contrattuale abusiva non vincola il consumatore e che non è
necessario, in proposito, che egli abbia in precedenza impugnato
utilmente siffatta clausola.
Sulla seconda questione
29 Con la seconda questione il giudice del rinvio interroga la Corte in
merito agli obblighi incombenti al giudice nazionale in forza delle
disposizioni della direttiva, al fine di sapere se quest’ultimo, in sede
di verifica della propria competenza e indipendentemente dalla natura
del ricorso, debba pronunciarsi, se necessario d’ufficio, sull’abusività
di una clausola contrattuale.
30 Per risolvere tale questione si deve rammentare che la Corte, nella
sua sentenza 21 novembre 2002, causa C-473/00, Cofidis (Racc. pag.
I-10875, punto 34), ha rilevato che la tutela prevista a favore dei
consumatori dalla direttiva si estende ai casi in cui il consumatore che
ha stipulato con un professionista un contratto contenente una clausola
abusiva si astenga dal dedurre l’abusività di detta clausola perché
ignora i suoi diritti o perché viene dissuaso dal farli valere a causa
delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe.
31 Occorre parimenti osservare che la Corte ha deciso, al punto 38 della
citata sentenza Mostaza Claro, che la natura e l’importanza
dell’interesse pubblico su cui si fonda la tutela che la direttiva
garantisce ai consumatori giustificano che il giudice nazionale sia
tenuto a valutare d’ufficio la natura abusiva di una clausola
contrattuale, in tal modo ponendo un argine allo squilibrio che esiste
tra il consumatore e il professionista.
32 Il giudice adito ha dunque il compito di garantire l’effetto utile
della tutela cui mirano le disposizioni della direttiva. Di conseguenza,
il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto comunitario
nell’ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di
pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale,
bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale
questione, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di
diritto e di fatto necessari a tal fine, incluso il caso in cui deve
pronunciarsi sulla propria competenza territoriale.
33 Nell’esecuzione di tale obbligo il giudice nazionale non deve
tuttavia, in forza della direttiva, disapplicare la clausola in esame
qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, non
intenda invocarne la natura abusiva e non vincolante.
34 Alla luce di quanto esposto, le caratteristiche specifiche del
procedimento giurisdizionale, che si svolge nel contesto del diritto
nazionale tra il professionista e il consumatore, non possono costituire
un elemento atto a limitare la tutela giuridica di cui deve godere il
consumatore in forza delle disposizioni della direttiva.
35 Si deve pertanto risolvere la seconda questione dichiarando che il
giudice nazionale deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di una
clausola contrattuale a partire dal momento in cui dispone degli
elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. Se esso considera
abusiva una siffatta clausola, non la applica, tranne nel caso in cui il
consumatore vi si opponga. Tale obbligo incombe al giudice nazionale
anche in sede di verifica della propria competenza territoriale.
Sulla terza questione
36 Con la terza questione il giudice del rinvio mira ad ottenere
indicazioni in merito agli elementi che il giudice nazionale deve
prendere in considerazione al fine di valutare l’eventuale carattere
abusivo di una clausola contrattuale.
37 Per risolvere tale questione si deve osservare che, riferendosi alle
nozioni di buona fede e di significativo squilibrio tra i diritti e gli
obblighi delle parti, l’art. 3 della direttiva definisce solo in modo
astratto gli elementi che conferiscono il carattere abusivo ad una
clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale
(sentenza 1° aprile 2004, causa C-237/02, Freiburger Kommunalbauten,
Racc. pag. I-3403, punto 19).
38 In tale contesto, l’allegato cui rinvia l’art. 3, n. 3, della
direttiva contiene solo un elenco indicativo e non esauriente di
clausole che possono essere dichiarate abusive (sentenza Freiburger
Kommunalbauten, cit., punto 20).
39 Inoltre, l’art. 4 della direttiva prevede che il carattere abusivo di
una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura
dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al
momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che
accompagnano detta conclusione.
40 Tuttavia, relativamente alla clausola oggetto della controversia
principale, occorre rammentare che la Corte ha dichiarato, nella citata
sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, punti 21-24, che, in
un contratto concluso tra un consumatore e un professionista ai sensi
della direttiva, una clausola previamente redatta da un professionista e
che non è stata oggetto di negoziato individuale, volta ad attribuire la
competenza per tutte le controversie derivanti dal contratto al giudice
del foro in cui si trova la sede del professionista, risponde a tutti i
criteri per poter essere qualificata abusiva alla luce della direttiva.
41 Infatti, come sottolineato dalla Corte al punto 22 della citata
sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, una clausola del
genere impone al consumatore l’obbligo di assoggettarsi alla competenza
esclusiva di un tribunale che può essere lontano dal suo domicilio, il
che può rendergli più difficoltosa la comparizione in giudizio. Nel caso
di controversie di valore limitato, le spese di comparizione del
consumatore potrebbero risultare dissuasive e indurlo a rinunziare a
qualsiasi azione o difesa. La Corte ha pertanto statuito, al detto punto
22, che siffatta clausola rientra nella categoria di quelle che hanno lo
scopo o l’effetto di sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali
da parte del consumatore, categoria contemplata al punto 1, lett. q),
dell’allegato della direttiva.
42 Se è vero che la Corte, nell’ambito dell’esercizio della competenza
ad essa conferita all’art. 234 CE, al punto 22 della citata sentenza
Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, ha interpretato i criteri
generali utilizzati dal legislatore comunitario per definire la nozione
di clausola abusiva, è pur vero che essa non può pronunciarsi
sull’applicazione di tali criteri generali ad una clausola particolare
che dev’essere esaminata in relazione alle circostanze proprie al caso
di specie (v. sentenza Freiburger Kommunalbauten, cit., punto 22).
43 Alla luce di quanto suesposto spetta al giudice del rinvio stabilire
se una clausola contrattuale possa essere qualificata abusiva ai sensi
dell’art. 3, n. 1, della direttiva.
44 Si deve pertanto risolvere la terza questione nel senso che spetta al
giudice nazionale stabilire se una clausola contrattuale, come quella
oggetto della controversia principale, risponda ai criteri richiesti per
poter essere considerata abusiva ai sensi dell’art. 3, n. 1, della
direttiva. A tal fine, il giudice nazionale deve tener conto del fatto
che può essere considerata abusiva una clausola contenuta in un
contratto concluso tra un consumatore e un professionista, la quale sia
stata introdotta senza essere stata oggetto di negoziato individuale e
sia volta ad attribuire la competenza esclusiva al tribunale della
circoscrizione in cui si trova la sede del professionista.
Sulle spese
45 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’art. 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 5 aprile 1993,
93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori, dev’essere interpretato nel senso che una clausola
contrattuale abusiva non vincola il consumatore e che non è necessario,
in proposito, che egli abbia in precedenza impugnato utilmente siffatta
clausola.
2) Il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di
una clausola contrattuale a partire dal momento in cui dispone degli
elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine. Se esso considera
abusiva una siffatta clausola, non la applica, tranne nel caso in cui il
consumatore vi si opponga. Tale obbligo incombe al giudice nazionale
anche in sede di verifica della propria competenza territoriale.
3) Spetta al giudice nazionale stabilire se una clausola contrattuale,
come quella oggetto della controversia principale, risponda ai criteri
richiesti per poter essere considerata abusiva ai sensi dell’art. 3, n.
1, della direttiva 93/13. A tal fine, il giudice nazionale deve tener
conto del fatto che può essere considerata abusiva una clausola
contenuta in un contratto concluso tra un consumatore e un
professionista, la quale sia stata introdotta senza essere stata oggetto
di negoziato individuale e sia volta ad attribuire la competenza
esclusiva al tribunale della circoscrizione in cui si trova la sede del
professionista.
Firme
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