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CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. II, 16/07/2009, Sentenza C-254/08
RIFIUTI - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani - Finanziamento
di un servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti urbani - Calcolo della
tassa - Art. 15, lett. a), Direttiva 2006/12/CE - Mancata ripartizione dei
costi dello smaltimento dei rifiuti in funzione della loro effettiva
produzione - Compatibilità con il principio “chi inquina paga” - Domanda di
pronuncia pregiudiziale - Giudice a quo. L’art. 15, lett.
a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 5 aprile 2006,
2006/12/CE, relativa ai rifiuti, dev’essere interpretato nel senso che, allo
stato attuale del diritto comunitario, esso non osta ad una normativa
nazionale che disponga la riscossione, per il finanziamento di un servizio
di gestione e smaltimento dei rifiuti urbani, di una tassa calcolata sulla
base di una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale
servizio e non sulla base del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente
prodotto e conferito. Spetta, tuttavia al giudice a quo accertare,
sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto sottopostigli, se la tassa
per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni su cui verte la causa
principale non comporti che taluni «detentori», nel caso di specie le
aziende alberghiere, non si facciano carico di costi manifestamente non
commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili. Pres.
Timmermans, Rel. Toader, Futura Immobiliare srl Hotel Futura ed altri, c.
Azienda Speciale Igiene Ambientale (ASIA) SpA. CORTE DI GIUSTIZIA CE,
Sez. II, 16/07/2009, Sentenza C-254/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
16 luglio 2009 (*)
«Domanda di pronuncia pregiudiziale - Direttiva 2006/12/CE - Art. 15,
lett. a) - Mancata ripartizione dei costi dello smaltimento dei rifiuti
in funzione della loro effettiva produzione - Compatibilità con il
principio “chi inquina paga”»
Nel procedimento C-254/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale amministrativo regionale
della Campania con decisione 19 marzo 2008, pervenuta in cancelleria il
16 giugno 2008, nella causa
Futura Immobiliare srl Hotel Futura,
Meeting Hotel,
Hotel Blanc,
Hotel Clyton,
Business srl
contro
Comune di Casoria,
e nei confronti di:
Azienda Speciale Igiene Ambientale (ASIA) SpA,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg.
J.-C. Bonichot, K. Schiemann, P. Kuris e dalla sig.ra C. Toader
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. R. Grass
considerate le osservazioni presentate:
- per il Comune di Casoria, dall’avv. M. Spagna;
- per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente,
assistita dalla sig.ra M. Russo, avvocato dello Stato;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra D. Recchia e
dal sig. J.-B. Laignelot, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 23 aprile 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 15, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag.
9), e, in particolare, del cosiddetto principio «chi inquina paga».
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra le
società alberghiere Futura Immobiliare srl Hotel Futura, Meeting Hotel,
Hotel Blanc, Hotel Clyton e Business srl (in prosieguo, congiuntamente:
«Futura Immobiliare e altri») e il Comune di Casoria in ordine alla
determinazione delle tariffe della tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani interni (in prosieguo: la «tassa sui rifiuti») dovuta da
tali società per gli anni 2006 e 2007.
Contesto normativo
Il diritto comunitario
3 Il primo, il sesto e il quattordicesimo ‘considerando’ della
direttiva 2006/12 recitano:
«(1) La direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa
ai rifiuti [GU L 194, pag. 39] è stata modificata a più riprese e in
modo sostanziale (…). A fini di razionalità e chiarezza occorre
provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(…)
(6) Ai fini di un’elevata protezione dell’ambiente è necessario che gli
Stati membri, oltre a provvedere in modo responsabile allo smaltimento e
al recupero dei rifiuti, adottino misure intese a limitare la formazione
dei rifiuti promuovendo in particolare le tecnologie “pulite” e i
prodotti riciclabili e riutilizzabili, tenuto conto delle attuali e
potenziali possibilità del mercato per i rifiuti recuperati.
(…)
(14) La parte dei costi non coperta dal recupero dei rifiuti dovrebbe
essere ripartita secondo il principio “chi inquina paga”».
4 L’art. 1, n. 1, lett. c), della direttiva 2006/12 dispone quanto
segue:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
(…)
c) “detentore”: il produttore dei rifiuti o la persona fisica o
giuridica che li detiene».
5 L’art. 8 della citata direttiva stabilisce quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché ogni
detentore di rifiuti:
a) li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa
che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B,
oppure
b) provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi
alle disposizioni della presente direttiva».
6 L’art. 15 della medesima direttiva recita:
«Conformemente al principio “chi inquina paga”, il costo dello
smaltimento dei rifiuti deve essere sostenuto:
a) dal detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore o ad
un’impresa di cui all’articolo 9,
e/o
b) dai precedenti detentori o dal produttore del prodotto causa dei
rifiuti».
7 Ai sensi dell’art. 20 della direttiva 2006/12:
«La direttiva 75/442/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli
Stati membri relativi ai termini di attuazione di cui all’allegato III,
parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla
presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui
all’allegato IV».
8 L’allegato III, parte B, della direttiva 2006/12 indica come data
limite per la trasposizione della direttiva 75/442 il 17 luglio 1977.
Il diritto nazionale
9 Il decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, recante revisione ed
armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto
sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed
aree pubbliche dei Comuni e delle Province nonché della tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza
territoriale (Supplemento ordinario alla GURI n. 108 del 9 dicembre
1993; in prosieguo, il «decreto n. 507/1993»), ha istituito la tassa sui
rifiuti al suo capo III.
10 A questo proposito, l’art. 58, n. 1, del decreto n. 507/1993 dispone
quanto segue:
«Per il servizio relativo allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
interni, svolto in regime di privativa nell’ambito del centro abitato,
delle frazioni, dei nuclei abitati ed eventualmente esteso alle zone del
territorio comunale con insediamenti sparsi, i Comuni debbono istituire
una tassa [sui rifiuti] annuale, da disciplinare con apposito
regolamento ed applicare in base a tariffa con l’osservanza delle
prescrizioni e dei criteri di cui alle norme seguenti».
11 L’art. 62, nn. 1 e 4, del decreto n. 507/1993, rubricato «Presupposto
della tassa [sui rifiuti] ed esclusioni», prevede che:
«1. La tassa [sui rifiuti] è dovuta per l’occupazione o la detenzione di
locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle
aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse
dalle aree a verde, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui
il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in via continuativa
(…).
(…)
4. Nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia
svolta un’attività economica e professionale, può essere stabilito dal
regolamento che la tassa [sui rifiuti] è dovuta in base alla tariffa
prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a
tal fine utilizzata».
12 Ai sensi dell’art. 65 del decreto n. 507/1993, intitolato
«Commisurazione e tariffe», la tassa sui rifiuti può essere commisurata
o in base alla quantità e alla qualità medie ordinarie per unità di
superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati
producibili nei locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono
destinati, e al costo dello smaltimento. Inoltre, a norma del n. 2 di
tale articolo, le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea
sono determinate dal Comune, secondo il rapporto di copertura del costo
prescelto entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smaltimento
per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno
successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e
qualitativa di rifiuti.
13 L’art. 68 del decreto n. 507/1993, rubricato «Regolamenti», recita:
«1. Per l’applicazione della tassa [sui rifiuti] i Comuni sono tenuti ad
adottare apposito regolamento che deve contenere:
a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di
locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la
medesima misura tariffaria;
(…).
2. L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è
effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe,
tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di
utilizzazione:
(…)
c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e
convivenze, esercizi alberghieri;
(…)».
14 Ai sensi dell’art. 69, nn. 1 e 2, del decreto n. 507/1993:
«1. Entro il 31 ottobre i Comuni deliberano, in base alla
classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento,
le tariffe per unità di superficie dei locali ed aree compresi nelle
singole categorie o sottocategorie, da applicare nell’anno successivo.
In caso di mancata deliberazione nel termine suddetto si intendono
prorogate le tariffe approvate per l’anno in corso.
2. Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare
le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e
previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla
loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno
determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo
(…)».
15 Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante attuazione
delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti
pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio
(Supplemento ordinario alla GURI n. 33 del 15 febbraio 1997; in
prosieguo: il «decreto legislativo n. 22/1997»), dispone la soppressione
della tassa sui rifiuti e l’istituzione di un regime tariffario.
16 Stando alle indicazioni del giudice a quo, la tariffa è composta da
una parte fissa, la quale è intesa a coprire i costi essenziali della
prestazione di servizi ed è determinata sulla base delle superfici dei
locali utilizzati o detenuti. Essa è altresì composta da una parte
variabile, rapportata alla quantità di rifiuti effettivamente conferiti.
17 Il decreto legislativo n. 22/1997 è stato abrogato dall’art. 264 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 96 del 14 aprile 2006).
Il sistema istituito con tale ultimo decreto è ampiamente ispirato a
quello disciplinato con il decreto legislativo n. 22/1997.
18 Tuttavia, secondo quanto osservato dal giudice a quo, la completa
attuazione del regime tariffario istituito con decreto legislativo n.
152 del 3 aprile 2006 non sarebbe ancora stata effettuata, con la
conseguenza che, per gli anni 2006 e 2007, la tassa sui rifiuti
istituita con il decreto n. 507/1993 è rimasta in vigore nel Comune di
Casoria.
Causa principale e questione pregiudiziale
19 La Futura Immobiliare e altri sono società alberghiere stabilite nel
territorio del Comune di Casoria. In quanto tali, sono tenute al
versamento della tassa sui rifiuti. Tuttavia, in applicazione della
citata tassa, gli esercizi alberghieri sarebbero maggiormente tassati
dei privati che occupano locali adibiti ad uso abitativo.
20 Considerando illegittima tale disparità di trattamento, la Futura
Immobiliare srl Hotel Futura ha proposto un ricorso volto
all’annullamento, in primo luogo, della deliberazione del 25 maggio 2006
della Commissione straordinaria concernente la determinazione della
tassa sui rifiuti per l’anno 2006 e, in secondo luogo, della delibera
della Giunta municipale di Casoria del 15 marzo 2005 nonché di altri
atti connessi.
21 La Futura Immobiliare e altri hanno altresì proposto un ricorso volto
all’annullamento di due altre deliberazioni della Commissione
straordinaria del 4 aprile 2007, concernenti rispettivamente
l’approvazione del regolamento per l’applicazione della tassa sui
rifiuti e la determinazione del piano dei costi e delle tariffe per
l’esercizio finanziario 2007, nonché di altri atti connessi.
22 Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, dinanzi al
quale sono stati proposti i ricorsi in esame, ha deciso la riunione
delle cause.
23 Nell’ambito dei ricorsi proposti avverso i citati atti e
provvedimenti, la Futura Immobiliare e altri sostengono, in particolare,
che la tariffa della tassa sui rifiuti riguardante gli alberghi sarebbe
sproporzionata rispetto a quella prevista per le abitazioni e
parametrata in realtà sulla capacità reddittuale piuttosto che sulla
capacità di produzione dei rifiuti. A loro avviso, il tributo di cui
trattasi non tiene conto del tasso di occupazione delle camere, né della
presenza o meno di servizi di ristorazione, che possono comportare la
produzione di una maggiore quantità di rifiuti, né del fenomeno della
stagionalità dell’attività alberghiera e dell’incidenza di superfici
adibite a servizi e quindi non abitate.
24 Orbene, a fronte di una sostanziale equiparazione delle tariffe per
gli esercizi alberghieri e per le abitazioni private, in considerazione
del loro rispettivo livello di produzione di rifiuti, gli atti e le
decisioni impugnati avrebbero invece previsto una tariffa da otto a nove
volte superiore per le strutture alberghiere. Inoltre, la determinazione
della tariffa non sarebbe sorretta da alcuna motivazione sul metodo
applicato, né da alcuna istruttoria sulla quantità e qualità media
ordinaria dei rifiuti producibili per unità dì superficie a seconda
della destinazione d’uso dei locali.
25 Ritenendo che le vigenti disposizioni del diritto nazionale non
appaiano conformi al diritto comunitario, il Tribunale amministrativo
regionale della Campania ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se sia compatibile con il citato articolo 15 della direttiva [2006/12]
e con il principio del “chi inquina paga” la normativa nazionale dettata
dagli articoli 58 e seguenti del decreto legislativo [n. 507/1993] e le
norme transitorie che ne hanno prolungato la vigenza, con ciò
determinando la sopravvivenza di un sistema di carattere fiscale, per la
copertura dei costi del servizio di smaltimento dei rifiuti,
procrastinando l’introduzione di un sistema tariffario nel quale il
costo del servizio sia sostenuto dai soggetti che producono e
conferiscono i rifiuti».
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
Osservazioni presentate alla Corte
26 Il Comune di Casoria deduce, in sostanza, l’inammissibilità della
domanda di pronuncia pregiudiziale nella parte in cui riguarda la
direttiva 2006/12, il cui termine di trasposizione non era ancora
scaduto, atteso che, in quanto direttiva, tale atto comunitario non ha
efficacia diretta nell’ordinamento giuridico italiano.
27 Quanto al governo italiano, esso considera irricevibile la questione
sollevata in quanto, per risolverla, la Corte dovrebbe pronunciarsi
sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto
comunitario. Inoltre ritiene che il giudice a quo non abbia illustrato
in modo sufficiente gli elementi di fatto e di diritto che devono
permettere alla Corte di fornire una risposta utile.
Giudizio della Corte
28 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento del governo
italiano, va ricordato che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non
spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di norme del diritto
interno con il diritto comunitario. Essa è tuttavia competente a fornire
al giudice a quo tutti gli elementi di interpretazione, che rientrano
nel diritto comunitario, atti a consentirgli di valutare tale
compatibilità per pronunciarsi nella causa per la quale è stato adito
(sentenza 22 maggio 2008, causa C-439/06, citiworks, Racc. pag. I-3913,
punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
29 Peraltro, risulta effettivamente da una giurisprudenza costante che
l’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto comunitario che
sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il
contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni
sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali
questioni sono fondate (sentenza 10 marzo 2009, causa C-345/06, Heinrich,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30 e giurisprudenza ivi
citata).
30 Tuttavia, nel procedimento in esame la Corte si considera
sufficientemente edotta dalle indicazioni del giudice a quo in merito
sia agli elementi fattuali sia agli elementi di diritto che
caratterizzano la causa principale.
31 In secondo luogo, quanto all’argomento del Comune di Casoria, si deve
rilevare che, come risulta dal suo primo ‘considerando’, la direttiva
2006/12 ha proceduto, a fini di razionalità e chiarezza, alla
codificazione della direttiva 75/442, il cui termine di recepimento è
scaduto il 17 luglio 1977.
32 Orbene, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 22 delle
sue conclusioni, risulta chiaramente dall’art. 20 della direttiva
2006/12, in combinato disposto con l’allegato III, parte B, della
stessa, che l’abrogazione della direttiva 75/442 alla data di entrata in
vigore della direttiva 2006/12 è avvenuta fatti salvi gli obblighi degli
Stati membri per quanto concerne il termine per il recepimento in
diritto interno della direttiva così abrogata.
33 Pertanto, poiché l’art. 15 della direttiva 2006/12 è redatto in
termini in sostanza identici a quelli dell’art. 11 della direttiva
75/442, l’entrata in vigore della direttiva 2006/12 non ha comportato
l’assegnazione agli Stati membri di un nuovo termine per procedere al
recepimento di detto art. 15.
34 Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune di Casoria, a
norma dell’art. 177 CE, la Corte è competente a statuire, in via
pregiudiziale, sull’interpretazione degli atti emanati dalle istituzioni
della Comunità europea, indipendentemente dal fatto che essi abbiano o
meno efficacia diretta (v., in tal senso, sentenze 20 maggio 1976, causa
111/75, Mazzalai, Racc. pag. 657, punto 7, e 10 luglio 1997, causa
C-261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025, punto 21).
35 Alla luce di tali considerazioni, la questione sollevata dal
Tribunale amministrativo regionale della Campania dev’essere risolta.
Sulla questione pregiudiziale
36 Con tale questione, il giudice a quo chiede in sostanza se l’art. 15,
lett. a), della direttiva 2006/12 debba essere interpretato nel senso
che osta alla normativa nazionale che disponga la riscossione, per il
finanziamento di un servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti
urbani, di una tassa calcolata sulla stima del volume di rifiuti
generato dagli utenti di tale sevizio e non sul quantitativo di rifiuti
effettivamente prodotto e conferito.
37 Detto giudice si chiede in particolare se tale disposizione debba
essere interpretata nel senso che il costo sostenuto dal «detentore» dei
rifiuti, che li conferisce ai fini del loro smaltimento, debba essere
proporzionato alla quantità di rifiuti effettivamente conferita.
Osservazioni presentate alla Corte
38 Il Comune di Casoria e il governo italiano considerano che gli Stati
membri dispongono di una notevole discrezionalità nell’attuazione del
principio «chi inquina paga», tanto più quando si tratta del recepimento
di una disposizione di una direttiva, nella specie l’art. 15 della
direttiva 2006/12. A questo proposito, tale governo invita la Corte a
riconoscere agli Stati membri la stessa discrezionalità che avrebbe
riconosciuto alle istituzioni comunitarie nell’interpretazione dell’art.
130 R del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 174 CE)
considerata nella sentenza 14 luglio 1998, causa C-284/95, Safety
Hi-Tech (Racc. pag. I-4301).
39 In ogni caso, detto governo considera che il sistema italiano, basato
su una tassa, è pienamente compatibile con il principio «chi inquina
paga» poiché il costo della gestione e dello smaltimento dei rifiuti è
posto a carico di coloro che sono in grado di influenzarne la
produzione. Inoltre, sarebbero pertinenti i criteri utilizzati per il
calcolo della citata tassa, quali la capacità produttiva delle varie
categorie di utenti o la qualità dei rifiuti prodotti.
40 La Commissione delle Comunità europee sottolinea che la direttiva
2006/12 non definisce in quale maniera gli Stati membri debbano
organizzare i loro sistemi di allocazione dei costi per la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti urbani e che, a questo proposito, essi restano
competenti quanto alla forma e ai mezzi per raggiungere l’obiettivo di
imputare tali costi ai soggetti che generano i rifiuti.
41 Con riferimento alla comunicazione della Commissione al Consiglio
concernente l’imputazione dei costi e l’intervento dei pubblici poteri
in materia di ambiente - Principi e modalità di applicazione, allegata
alla raccomandazione del Consiglio 3 marzo 1975, 75/436/Euratom, CECA,
CEE, concernente l’imputazione dei costi e l’intervento dei pubblici
poteri in materia di ambiente (GU L 194, pag. 1), la Commissione ritiene
che le normative degli Stati membri debbano prevedere, segnatamente, una
correlazione tra il quantitativo di rifiuti prodotti e l’importo pagato
per il servizio di smaltimento degli stessi.
42 In particolare, le normative nazionali potrebbero prevedere un
sistema che individui talune categorie di utenti, produttori di rifiuti,
al fine di imporre loro una tassa calcolata sulla base delle stime del
quantitativo di rifiuti che tali categorie producono. L’art. 15 della
direttiva 2006/12 non richiederebbe quindi che detta tassa sia calcolata
sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente generato da
ciascun utente. Tuttavia, secondo la Commissione, siffatte normative
nazionali non dovrebbero far sì che siano escluse dallo sforzo di
finanziamento talune categorie di produttori di rifiuti.
Risposta della Corte
43 In forza dell’art. 8 della direttiva 2006/12, ogni «detentore di
rifiuti» è tenuto a consegnarli ad un raccoglitore privato o pubblico, o
ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o
II B, oppure a provvedere egli stesso al recupero o allo smaltimento,
conformandosi alle disposizioni della direttiva stessa.
44 Pertanto, in una situazione come quella su cui verte la causa
principale, in cui i detentori di rifiuti li consegnano ad un
raccoglitore, l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12 stabilisce
che, conformemente al principio «chi inquina paga», il costo dello
smaltimento dei rifiuti dev’essere sostenuto dai detentori dei medesimi.
45 Tale obbligo finanziario grava sui citati detentori a motivo del loro
contributo alla produzione dei rifiuti in parola (v. sentenza 24 giugno
2008, causa C-188/07, Commune de Mesquer, Racc. pag. I-4501, punto 77).
46 Quanto al finanziamento dei costi di gestione e smaltimento dei
rifiuti urbani, trattandosi di un servizio fornito collettivamente ad un
complesso di «detentori», gli Stati membri sono tenuti, in forza
dell’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12, a far sì che, in linea
di principio, tutti gli utenti di tale servizio, in quanto «detentori»
ai sensi dell’art. 1 della medesima direttiva, sopportino
collettivamente il costo globale di smaltimento dei rifiuti di cui
trattasi.
47 Sebbene gli Stati membri destinatari della direttiva 2006/12 siano
vincolati riguardo al risultato da conseguire in termini di assunzione
dell’onere finanziario dei costi connessi allo smaltimento dei rifiuti,
conformemente all’art. 249 CE, essi dispongono tuttavia della competenza
in merito alla forma e ai mezzi per il perseguimento di tale risultato
(v. sentenza Commune de Mesquer, cit., punto 80).
48 Come ha giustamente rilevato la Commissione, allo stato attuale del
diritto comunitario, non vi è alcuna normativa adottata in base all’art.
175 CE che imponga agli Stati membri un metodo preciso quanto al
finanziamento del costo dello smaltimento dei rifiuti urbani, di modo
che tale finanziamento può, a scelta dello Stato membro interessato,
essere indifferentemente assicurato mediante una tassa, un canone o
qualsiasi altra modalità.
49 Va tuttavia sottolineato, in primo luogo, che, come ha rilevato
l’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, è spesso
difficile, persino oneroso, determinare il volume esatto di rifiuti
urbani conferito da ciascun «detentore».
50 In tali circostanze, ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla
capacità produttiva dei «detentori», calcolata in funzione della
superficie dei beni immobili che occupano nonché della loro destinazione
e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di
calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i
vari «detentori», in quanto questi due criteri sono in grado di
influenzare direttamente l’importo di detti costi.
51 Sotto tale profilo, la normativa nazionale che preveda, ai fini del
finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una
tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e
non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e
conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto
comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva
2006/12.
52 In secondo luogo, il principio «chi inquina paga» non osta a che gli
Stati membri adattino, in funzione di categorie di utenti determinati
secondo la loro rispettiva capacità a produrre rifiuti urbani, il
contributo di ciascuna di dette categorie al costo complessivo
necessario al finanziamento del sistema di gestione e di smaltimento dei
rifiuti urbani.
53 Nella causa principale, quanto al calcolo della tassa sui rifiuti,
risulta che le aziende alberghiere costituiscono una categoria di
«detentori» e che, secondo la Futura Immobiliare e altri, esse sarebbero
trattate in modo meno favorevole dei privati.
54 A questo proposito si deve constatare che, al fine del calcolo di una
tassa sullo smaltimento dei rifiuti, una differenziazione tributaria fra
categorie di utenti del servizio di raccolta e di smaltimento di rifiuti
urbani, alla guisa di quella operata dalla normativa nazionale di cui
trattasi nella causa principale fra le aziende alberghiere e i privati,
in funzione di criteri obiettivi aventi un rapporto diretto col costo di
detto servizio, quali la loro capacità produttiva di rifiuti o la natura
dei rifiuti prodotti, può risultare adeguata per raggiungere l’obiettivo
di finanziamento di detto servizio.
55 Anche se la differenziazione tributaria così operata non deve andare
al di là di quanto necessario per raggiungere tale obiettivo di
finanziamento, va tuttavia sottolineato che, nella materia in esame e
allo stato attuale del diritto comunitario, le competenti autorità
nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto concerne la
determinazione delle modalità di calcolo di siffatta tassa.
56 Spetta pertanto al giudice a quo accertare, sulla scorta degli
elementi di fatto e di diritto che gli sono stati sottoposti, se la
tassa sui rifiuti su cui verte la causa principale non comporti che
taluni «detentori», nel caso di specie le aziende alberghiere, non si
facciano carico di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla
natura dei rifiuti da essi producibili.
57 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la questione sollevata
va risolta dichiarando che l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12
dev’essere interpretato nel senso che, allo stato attuale del diritto
comunitario, esso non osta alla normativa nazionale che disponga la
riscossione, per il finanziamento di un servizio di gestione e
smaltimento dei rifiuti urbani, di una tassa calcolata sulla base di una
stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio e non
sulla base del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e
conferito. Spetta tuttavia al giudice a quo accertare, sulla scorta
degli elementi di fatto e di diritto sottopostigli, se la tassa sui
rifiuti su cui verte la causa principale non comporti l’accollo a taluni
«detentori», nel caso di specie le aziende alberghiere, di costi
manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da
essi producibili.
Sulle spese
58 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’art. 15, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE, relativa ai rifiuti, dev’essere
interpretato nel senso che, allo stato attuale del diritto comunitario,
esso non osta ad una normativa nazionale che disponga la riscossione,
per il finanziamento di un servizio di gestione e smaltimento dei
rifiuti urbani, di una tassa calcolata sulla base di una stima del
volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio e non sulla
base del quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e
conferito.
Spetta tuttavia al giudice a quo accertare, sulla scorta degli elementi
di fatto e di diritto sottopostigli, se la tassa per lo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani interni su cui verte la causa principale non
comporti che taluni «detentori», nel caso di specie le aziende
alberghiere, non si facciano carico di costi manifestamente non
commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili.
Firme
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