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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 02/07/2009, Sentenza C-343/07
AGRICOLTURA - Denominazione generica - Coesistenza tra un marchio e
un’indicazione geografica protetta - Protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed
alimentari, dei marchi preesistenti - Sindacato di validità - Ricevibilità -
Regolamenti (CEE) n. 2081/92 e (CE) n. 1347/2001 - Validità. Il
regolamento n. 1347/2001 dev’essere interpretato nel senso che esso non
pregiudica la validità e la facoltà di un uso, corrispondente ad una delle
fattispecie contemplate dall’art. 13 del regolamento (CEE) del Consiglio 14
luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche
e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari, dei
marchi preesistenti di terzi in cui figuri il termine «Bavaria», registrati
in buona fede prima della data di deposito della domanda di registrazione
dell’indicazione geografica protetta «Bayerisches Bier», purché tali marchi
non siano viziati dalle cause di nullità o decadenza di cui agli artt. 3, n.
1, lett. c) e g), nonché 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva del
Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa. Pres.
Lenaerts, Rel. Silva de Lapuerta, Bavaria Italia Srl c. Bayerischer
Brauerbund eV. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 02/07/2009, Sentenza
C-343/07
AGRICOLTURA - Denominazione generica - Registrazione della denominazione -
Coesistenza tra un marchio e un’indicazione geografica protetta - Art. 3, n. 1,
Regolamento (CEE) n. 2081/92. In sede di valutazione del carattere generico
di una denominazione, occorre prendere in considerazione, conformemente all’art.
3, n. 1, del regolamento n. 2081/92, i luoghi di produzione del prodotto
considerato sia all’interno sia al di fuori dello Stato membro che ha ottenuto
la registrazione della denominazione in oggetto, il consumo di tale prodotto e
il modo in cui viene percepita dai consumatori la sua denominazione all’interno
e al di fuori di detto Stato membro, l’esistenza di una normativa nazionale
specifica relativa a tale prodotto, nonché il modo in cui detta denominazione è
stata utilizzata nella legislazione comunitaria (CGE. sentenza 26/02/2008, causa
C-132/05). Pres. Lenaerts, Rel. Silva de Lapuerta, Bavaria Italia Srl c.
Bayerischer Brauerbund eV. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 02/07/2009,
Sentenza C-343/07
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
2 luglio 2009 (*)
«Domanda di pronuncia pregiudiziale - Sindacato di validità -
Ricevibilità - Regolamenti (CEE) n. 2081/92 e (CE) n. 1347/2001 -
Validità - Denominazione generica - Coesistenza tra un marchio e
un’indicazione geografica protetta»
Nel procedimento C-343/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte d’appello di Torino con
decisione 6 luglio 2007, pervenuta in cancelleria il 25 luglio 2007,
nella causa
Bavaria NV,
Bavaria Italia Srl,
contro
Bayerischer Brauerbund eV,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. T. von
Danwitz, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. E.
Juhász e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18
settembre 2008,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Bavaria NV e la Bavaria Italia Srl, dai sigg. G. van der Wal e
F. van Schaik, advocaten, nonché dagli avv.ti M. Sterpi e L. Ghedina;
- per il Bayerischer Brauerbund eV, dal sig. R. Knaak, Rechtsanwalt,
nonché dagli avv.ti L. Ubertazzi e B. Ubertazzi;
- per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di
agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;
- per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
- per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in
qualità di agenti;
- per il governo ellenico, dal sig. V. Kontolaimos e dal sig. I.
Chalkias, in qualità di agenti;
- per il governo olandese, dalla sig.ra C.M. Wissels e dal sig. M. de
Grave, in qualità di agenti;
- per il Consiglio dell’Unione europea, dal sig. F. Florindo Gijón,
nonché dalle sig.re A. Lo Monaco e Z. Kupcová, in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra C. Cattabriga
e dal sig. B. Doherty, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 18 dicembre 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità e
sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 28 giugno 2001,
n. 1347, che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 della
Commissione relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e
delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui
all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio (GU L
182, pag. 3), e del regolamento (CEE) del Consiglio 14 luglio 1992, n.
2081, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle
denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU L 208,
pag. 1).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia nella
quale il Bayerischer Brauerbund eV (in prosieguo: il «Bayerischer
Brauerbund») si contrappone alla Bavaria NV e alla Bavaria Italia Srl
(in prosieguo, rispettivamente: la «Bavaria» e la «Bavaria Italia»), in
ordine al diritto d’uso, da parte di queste ultime, di taluni marchi
contenenti il termine «Bavaria», con riferimento all’indicazione
geografica protetta «Bayerisches Bier».
Contesto normativo
3 Ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 2081/92:
«1. Il presente regolamento stabilisce le norme relative alla protezione
delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei
prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana elencati
nell’allegato II del Trattato e dei prodotti alimentari elencati
nell’allegato I del presente regolamento, nonché dei prodotti agricoli
elencati nell’allegato II del presente regolamento.
Tuttavia il presente regolamento non si applica ai prodotti del settore
vitivinicolo né alle bevande spiritose.
L’allegato I può essere modificato secondo la procedura prevista
all’articolo 15».
4 L’art. 2, n. 2, del regolamento n. 2081/92 definisce la denominazione
d’origine protetta (in prosieguo: la «DOP») e l’indicazione geografica
protetta (in prosieguo: l’«IGP»), nei termini seguenti:
«2. Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) “denominazione d’origine”: il nome di una regione, di un luogo
determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un
prodotto agricolo o alimentare
- originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese
e
- la cui qualità o le cui caratteristiche siano dovute essenzialmente o
esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali
ed umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano
nell’area geografica delimitata;
b) “indicazione geografica”: il nome di una regione, di un luogo
determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un
prodotto agricolo o alimentare
- originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese
e
- di cui una determinata qualità, la reputazione o un’altra
caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica e la cui
produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area
geografica determinata».
5 Ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 2081/92:
«1. Le denominazioni divenute generiche non possono essere registrate.
Ai fini del presente regolamento, si intende per “denominazione divenuta
generica” il nome di un prodotto agricolo o alimentare che, pur
collegato col nome del luogo o della regione in cui il prodotto agricolo
o alimentare è stato inizialmente ottenuto o commercializzato, è
divenuto, nel linguaggio corrente, il nome comune di un prodotto
agricolo o alimentare.
Per determinare se una denominazione sia divenuta generica o meno, si
tiene conto di tutti i fattori, in particolare:
- della situazione esistente nello Stato membro in cui il nome ha la sua
origine e nelle zone di consumo,
- della situazione esistente in altri Stati membri,
- delle pertinenti legislazioni nazionali o comunitarie.
Nei casi in cui, secondo la procedura prevista agli articoli 6 e 7,
venga respinta una domanda di registrazione in quanto una denominazione
è divenuta generica, la Commissione pubblica la relativa decisione nella
Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
2. Un nome non può essere registrato come denominazione d’origine o
indicazione geografica qualora sia in conflitto con il nome di una
varietà vegetale o di una razza animale e possa, pertanto, indurre il
pubblico in errore quanto alla vera origine del prodotto.
3. Anteriormente all’entrata in vigore del presente regolamento il
Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della
Commissione, stabilisce e pubblica nella Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee un elenco non esauriente, indicativo delle
denominazioni dei prodotti agricoli o alimentari che rientrano nel campo
di applicazione del presente regolamento e che sono considerati come
denominazione divenuta generica ai sensi del paragrafo 1 e che pertanto
non possono essere registrati ai fini del presente regolamento».
6 L’art. 13, nn. 1 e 3, del regolamento n. 2081/92 dispone quanto segue:
«1. Le denominazioni registrate sono tutelate contro:
a) qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una
denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di
registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili ai
prodotti registrati con questa denominazione o nella misura in cui l’uso
di tale denominazione consenta di sfruttare indebitamente la reputazione
della denominazione protetta;
b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine
vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una
traduzione o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”,
“metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili;
c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla
provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei
prodotti usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o
sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l’impiego, per la
confezione, di recipienti che possono indurre in errore sull’origine;
d) qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il pubblico sulla
vera origine dei prodotti.
Se una denominazione registrata contiene la denominazione di un prodotto
agricolo o alimentare che è considerata generica, l’uso di questa
denominazione generica per il prodotto agricolo o alimentare appropriato
non è contrario al primo comma, lettera a) o b).
(…)
3. Le denominazioni protette non possono diventare generiche».
7 L’art. 14 del regolamento n. 2081/92 così recita:
«1. Qualora una denominazione d’origine o un’indicazione geografica sia
registrata conformemente al presente regolamento, la domanda di
registrazione di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di
cui all’articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto viene
respinta, purché la domanda di registrazione del marchio sia presentata
dopo la data della pubblicazione prevista all’articolo 6, paragrafo 2.
I marchi registrati in modo contrario al primo comma sono annullati.
Il presente paragrafo si applica anche quando la domanda di
registrazione di un marchio è presentata prima della data di
pubblicazione della domanda di registrazione prevista all’articolo 6,
paragrafo 2, purché tale pubblicazione avvenga prima della registrazione
del marchio.
2. Nel rispetto del diritto comunitario, l’uso di un marchio
corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13,
registrato in buona fede anteriormente alla data di presentazione della
domanda di registrazione o della denominazione d’origine o
dell’indicazione geografica può proseguire, nonostante la registrazione
di una denominazione d’origine o di un’indicazione geografica, qualora
il marchio non incorra nella nullità o decadenza per i motivi previsti
dalla direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa
al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sui marchi,
rispettivamente all’articolo 3, paragrafo 1, lettere c) e g) e
all’articolo 12, paragrafo 2, lettera b).
3. Una denominazione d’origine o un’indicazione geografica non è
registrata qualora, tenuto conto della fama di un marchio, della
notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione
è tale da indurre il consumatore in errore quanto alla vera identità del
prodotto».
8 L’art. 17 del regolamento n. 2081/92 così prevede:
«1. Entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data dell’entrata in
vigore del presente regolamento, gli Stati membri comunicano alla
Commissione quali denominazioni, tra quelle giuridicamente protette o,
negli Stati membri in cui non vige un sistema di protezione, sancite
dall’uso, essi desiderano far registrare a norma del presente
regolamento.
2. La Commissione registra, secondo la procedura prevista all’articolo
15, le denominazioni di cui al paragrafo 1 conformi agli articoli 2 e 4.
L’articolo 7 non si applica. Tuttavia non vengono registrate le
denominazioni generiche.
3. Gli Stati membri possono mantenere la protezione nazionale delle
denominazioni comunicate in conformità del paragrafo 1 sino alla data in
cui viene presa una decisione in merito alla registrazione».
9 L’allegato I al regolamento n. 2081/92 stabilisce quanto segue:
«Prodotti alimentari di cui all’articolo 1, paragrafo 1
- Birra
- (…)».
10 L’art. 1 del regolamento n. 1347/2001 ha registrato come IGP la
denominazione «Bayerisches Bier».
11 I ‘considerando’ primo-quinto di tale regolamento così dispongono:
«(1) Per una denominazione notificata dalla Germania a norma
dell’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92, sono state chieste
informazioni complementari al fine di accertare la conformità di detta
denominazione al disposto degli articoli 2 e 4 del regolamento in
parola. L’esame di tali informazioni complementari ha dimostrato la
conformità della denominazione di cui trattasi agli articoli citati.
Tale denominazione va quindi registrata ed inserita nell’allegato del
regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione (…).
(2) In seguito alla notifica da parte delle autorità tedesche della
domanda di registrazione della denominazione “Bayerisches Bier” quale [IGP],
le autorità dei Paesi Bassi e della Danimarca hanno comunicato alla
Commissione l’esistenza di marchi, utilizzati per la birra, che
includono detta denominazione.
(3) Dalle informazioni trasmesse è possibile accertare l’esistenza del
marchio “Bavaria” e la validità dello stesso. Inoltre, la Commissione ha
ritenuto che in base ai fatti e alle informazioni disponibili, la
registrazione della denominazione “Bayerisches Bier” non è tale da
indurre il consumatore in errore quanto alla vera identità del prodotto.
Pertanto, l’indicazione geografica “Bayerisches Bier” e il marchio
“Bavaria” non si trovano nella situazione prevista all’articolo 14,
paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2081/92.
(4) L’uso di alcuni marchi, come per esempio del marchio olandese
“Bavaria” e del marchio danese “Høker Bajer” può essere mantenuto,
nonostante la registrazione dell’indicazione geografica “Bayerisches
Bier”, nella misura in cui essi soddisfano le condizioni previste
all’articolo 14, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2081/92.
(5) Conformemente all’articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2081/92, il
carattere generico di una denominazione che ne ostacola la registrazione
deve essere valutato tenendo conto della situazione comunitaria nel suo
complesso. Nella fattispecie, benché vari indizi lascino supporre che i
termini “bajersk” e “bajer”, corrispondenti alla traduzione in lingua
danese della denominazione “Bayerisches”, stiano diventando un sinonimo
del termine “birra” e dunque un nome comune, il carattere generico della
denominazione “bayerisches” o delle sue traduzioni nelle altre lingue e
negli altri Stati membri non è dimostrato».
12 Il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 8
aprile 2003, n. 692, che modifica il regolamento n. 2081/92 (GU L 99,
pag. 1), così prevede:
«La procedura semplificata di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE)
n. 2081/92, destinata alla registrazione delle denominazioni esistenti,
protette o consacrate dall’uso negli Stati membri, non prevede il
diritto di opposizione. Per motivi di certezza del diritto e di
trasparenza è opportuno sopprimere tale disposizione. Occorre inoltre,
per coerenza, sopprimere il periodo transitorio di cinque anni previsto
all’articolo 13, paragrafo 2, e relativo alle denominazioni registrate
ai sensi di tale disposizione, fermo restando tuttavia l’esaurimento del
suddetto periodo transitorio per quanto riguarda le denominazioni
registrate nell’ambito dell’articolo 17 sopra citato».
13 L’art. 1, punto 15, del regolamento n. 692/2003 così recita:
«L’articolo 13, paragrafo 2 e l’articolo 17 sono abrogati. Tuttavia, le
disposizioni di questi articoli continuano ad applicarsi alle
denominazioni registrate o a quelle la cui registrazione è stata chiesta
secondo la procedura di cui all’articolo 17 prima dell’entrata in vigore
del presente regolamento».
14 A norma dell’art. 3, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21
dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1):
«Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere
dichiarati nulli:
(…)
c) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni
che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la
quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero
l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio,
o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
(…)
g) i marchi di impresa che sono di natura tale da ingannare il pubblico,
per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del
prodotto o del servizio;
(…)».
15 Ai sensi dell’art. 12, n. 2, della prima direttiva 89/104:
«Il marchio di impresa è suscettibile inoltre di decadenza quando esso
dopo la data di registrazione:
(…)
b) è idoneo a indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la
natura, qualità o provenienza geografica dei (…) prodotti o servizi [per
i quali è registrato], a causa dell’uso che ne viene fatto dal titolare
del marchio di impresa o con il suo consenso per i [suddetti] prodotti o
servizi (…)».
Causa principale e questioni pregiudiziali
16 Il Bayerischer Brauerbund è un’associazione tedesca che ha lo scopo
di tutelare gli interessi comuni dei birrifici bavaresi. Secondo quanto
certificato dall’Amtsgericht München, il suo statuto risale al 7
dicembre 1917. Nel 1968 il Bayerischer Brauerbund era titolare dei
marchi collettivi registrati Bayrisch Bier e Bayerisches Bier.
17 La Bavaria è una società olandese produttrice di birra che opera sul
mercato internazionale. Denominata in passato «Firma Gebroeders Swinkels»,
tale società ha cominciato ad utilizzare il termine «Bavaria» nel 1925 e
l’ha incorporato nella sua denominazione sociale nel 1930. La Bavaria
era ed è titolare di numerosi marchi ed elementi figurativi registrati
nei quali compare la dicitura «Bavaria». Le date di registrazione
comprendono gli anni 1947, 1971, 1982, 1991, 1992 e 1995. Talune
registrazioni sono state rinnovate. La Bavaria Italia fa parte del
gruppo Bavaria.
18 La denominazione «Bayerisches Bier» è stata oggetto di accordi
bilaterali in materia di protezione delle indicazioni di provenienza,
delle denominazioni d’origine e di altre denominazioni geografiche tra
la Repubblica federale di Germania, da un lato, e la Repubblica francese
(1961), la Repubblica italiana (1963), la Repubblica ellenica (1964), la
Confederazione svizzera (1967) e il Regno di Spagna (1970), dall’altro.
19 Il 28 settembre 1993, il Bayerischer Brauerbund, in accordo con le
associazioni Münchener Brauereien eV e Verband Bayerischer
Ausfuhrbrauereien eV, presentava presso il governo tedesco una domanda
di registrazione come IGP ai sensi dell’art. 17, n. 1, del regolamento
n. 2081/92, che prevede la procedura cosiddetta «semplificata».
20 Il 20 gennaio 1994, il governo tedesco trasmetteva la domanda di
registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier» alla Commissione, in base
all’art. 17, n. 1, del regolamento citato.
21 Seguiva un intenso scambio di informazioni tra la Commissione e le
autorità tedesche al fine di integrare il fascicolo, ritenuto completo
il 20 maggio 1997.
22 Con lettera del 28 marzo 2008 veniva trasmesso alla Commissione il
disciplinare definitivo, dal quale erano state espunte cinque varietà di
birra inizialmente comprese nell’IGP oggetto della domanda di
registrazione, in quanto non conformi alla descrizione di detto
disciplinare.
23 Il 5 maggio 2000, considerando fondata la domanda, la Commissione
sottoponeva un progetto di regolamento diretto alla registrazione della
«Bayerisches Bier» quale IGP al comitato di regolamentazione delle
indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine (in prosieguo:
il «comitato»).
24 Vari Stati membri si opponevano a tale registrazione. Il dibattito in
seno al comitato riguardava due questioni, vale a dire, da un lato,
l’esistenza di marchi contenenti anch’essi il termine «Bayerisches Bier»
o sue traduzioni e, dall’altro, la considerazione che il termine «Bayerisches»,
ovvero sue traduzioni, era divenuto generico.
25 In seguito ad un’analisi delle questioni poste (preceduta altresì da
un’indagine formale all’interno di tutti gli Stati membri per quanto
riguardava la seconda questione), la Commissione concludeva per
l’infondatezza degli argomenti contrari alla registrazione dell’IGP «Bayerisches
Bier». Il 30 marzo 2001 veniva quindi sottoposto al comitato un secondo
progetto di regolamento. Tuttavia il comitato non ha espresso il proprio
parere, in quanto non era stata raggiunta la maggioranza richiesta ai
sensi dell’art. 15, secondo comma, del regolamento n. 2081/92.
26 Poiché il comitato non esprimeva il proprio parere entro il termine
prescritto, la Commissione convertiva il suo progetto in proposta di
regolamento del Consiglio. Quest’ultimo ha quindi adottato il
regolamento n. 1347/2001 con cui «Bayerisches Bier» veniva registrata
quale IGP.
27 La Bavaria e la Bavaria Italia non hanno presentato alcun ricorso
avverso il regolamento n. 1347/01.
28 Con atto di citazione datato 27 settembre 2004, depositato dinanzi al
Tribunale di Torino, la Bayerischer Brauerbund, facendo seguito ad
analoghe iniziative assunte in altri Stati membri, ha chiesto che nei
confronti della Bavaria e della Bavaria Italia venisse inibito l’uso
della versione italiana dei marchi citati nel punto 17 della presente
motivazione, previa incidentale declaratoria della loro nullità o
decadenza, in quanto interferenti con l’IGP «Bayerisches Bier», ai sensi
degli artt. 13 e 14 del regolamento n. 2081/92, e, in ogni caso, perché
contenenti un’indicazione geografica generica e ingannevole, trattandosi
di birra olandese.
29 Poiché il Tribunale di Torino, con sentenza 30 novembre 2006, ha
accolto parzialmente la domanda della Bayerischer Brauerbund, la Bavaria
e la Bavaria Italia hanno impugnato tale sentenza.
30 In tale contesto, la Corte d’appello di Torino ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il regolamento n. 1347/2001 (…) sia o no invalido, eventualmente
anche come invalidità derivata da quella di altri atti, sotto i seguenti
profili:
Violazione di principi generali
- per invalidità del combinato disposto dell’art. 1.1 e dell’Allegato I
del regolamento n. 2081/1992, nella parte in cui consente la
registrazione di indicazioni geografiche relative alla “birra”, che è
bevanda alcolica (erroneamente) ricompresa nel citato Allegato I tra i
“prodotti alimentari” menzionati nel citato art. 1.1, e non è compresa
tra i ‘prodotti agricoli’ di cui all’Allegato I del Trattato CE ed agli
artt. 32 [CE] (ex 38) e 37 [CE] (ex 43) del medesimo, su cui il
Consiglio ha fondato i propri poteri nell’emanare il regolamento n.
2081/1992;
- per invalidità dell’art. 17 del regolamento n. 2081/1992 nella parte
in cui prevede una procedura accelerata di registrazione tale da
limitare e pregiudicare in misura sostanziale i diritti dei soggetti
interessati, non prevedendo alcun diritto di opposizione, con una chiara
violazione dei principi di trasparenza e di certezza giuridica; ciò, in
particolare, sia alla luce della complessità del procedimento di
registrazione della stessa IGP “Bayerisches Bier”, durato oltre sette
anni dal 1994 al 2001, sia dell’espresso riconoscimento nel
‘considerando’ n. 13 del regolamento n. 691/2003, il cui art. 15 ha per
le citate ragioni abrogato l’art. 17 del regolamento n. 2081/1992;
Carenza di requisiti formali
- perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non soddisfa le condizioni
richieste dall’art. 17 del regolamento n. 2081/1992 per poter accedere
alla registrazione secondo la procedura semplificata dallo stesso
prevista, in quanto tale indicazione, al momento della presentazione
della domanda di registrazione, non era in Germania “giuridicamente
protetta” né “sancita dall’uso”;
- perché la ricorrenza dei requisiti per la registrazione
dell’indicazione “Bayerisches Bier” non è stata debitamente considerata
né dal governo tedesco prima di presentare alla Commissione la domanda
di registrazione, né dalla Commissione stessa dopo aver ricevuto la
domanda, contrariamente a quanto previsto dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia (sentenza 6 dicembre 2001, [causa C-269/99, Carl
Kühne e a., Racc. pag. I-9517]);
- perché la domanda di registrazione dell’indicazione “Bayerisches Bier”
non è stata presentata tempestivamente dal governo tedesco, secondo
quanto previsto dall’art. 17.1 del regolamento n. 2081/1992 (sei mesi
successivamente all’entrata in vigore del Regolamento, avvenuta in data
24 luglio 1993), dal momento che la domanda inizialmente presentata dal
richiedente prevedeva otto diverse indicazioni, con la possibilità di
ulteriori e indefinite variazioni, che confluirono nell’attuale unica
indicazione “Bayerisches Bier” solo dopo che il termine finale del 24
gennaio 1994 era da lungo tempo scaduto;
Carenza di requisiti sostanziali
- perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non soddisfa i requisiti
sostanziali stabiliti dall’art. 2.2.b del regolamento n. 2081/1992 ai
fini della registrazione a titolo di [IGP], stante il carattere generico
di questa indicazione, che ha storicamente designato birra prodotta
secondo un particolare metodo di produzione originato in Baviera nel
corso del XIX secolo e quindi diffusosi nel resto d’Europa ed in tutto
il mondo (il cosiddetto “metodo bavarese” a bassa fermentazione), che
anche oggi in alcune lingue europee (danese, svedese, finlandese) è
termine generico per la birra, e che, in ogni caso, al più può solamente
e genericamente indicare “birra prodotta nella Baviera tedesca”, di
qualsiasi tipologia tra le numerosissime e diversissime esistenti, senza
che sia rinvenibile alcun “nesso diretto” (sentenza della Corte di
giustizia (…) 7 novembre 2000, (…) causa C-312/98, Warsteiner [Brauerei,
Racc. pag. I-9187]) tra una specifica qualità, la reputazione o altre
caratteristiche del prodotto (birra) e la sua specifica origine
geografica (Baviera), né ricorrendo i “casi eccezionali” richiesti dalla
citata norma per consentire la registrazione di un’indicazione
geografica comprensiva del nome di un Paese - perché, per quanto detto
al paragrafo che precede, l’indicazione “Bayerisches Bier” è
un’indicazione “generica”, in quanto tale esclusa dalla possibilità di
registrazione ai sensi degli artt. 3.1 e 17.2 del regolamento n.
2081/1992;
- perché l’indicazione “Bayerisches Bier” non avrebbe dovuto essere
registrata ai sensi dell’art. 14.3 del regolamento n. 1347/2001 dal
momento che “Bayerisches Bier”, tenuto conto della “fama, della
notorietà e della durata di utilizzazione” dei Marchi Bavaria, è “tale
da indurre il consumatore in errore quanto alla vera identità del
prodotto”.
2) In subordine, per il caso di ritenuta irricevibilità o di
infondatezza della questione sub A), se il regolamento n. 2081/1992 (…)
debba ovvero no interpretarsi nel senso che il riconoscimento della IGP
“Bayerisches Bier” ivi contenuto non pregiudichi la validità ed
utilizzabilità dei preesistenti marchi di terzi in cui compaia la
dizione “Bavaria”».
Procedimento dinanzi alla Corte
31 Con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 21
gennaio 2009, la Bavaria e la Bavaria Italia hanno formulato alcune
osservazioni in merito alle conclusioni dall’avvocato generale ed hanno
chiesto alla Corte di essere autorizzate a depositare una replica alle
medesime.
32 Occorre ricordare innanzi tutto che né lo Statuto della Corte di
giustizia né il suo regolamento di procedura prevedono la facoltà per le
parti di presentare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate
dall’avvocato generale. Per giurisprudenza costante, dunque, una domanda
presentata in tal senso dev’essere respinta (v., in particolare,
ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa Sugar, pag. I-665, punti
2 e 19, nonché sentenza 15 febbraio 2007, causa C-292/05, Lechouritou e
a., Racc. pag. I-1519, punto 18).
33 Si deve aggiungere che la stessa conclusione s’imporrebbe nel caso in
cui l’istanza dei ricorrenti nella causa principale dovesse essere
considerata finalizzata ad ottenere la riapertura della fase orale del
procedimento.
34 A questo proposito occorre ricordare che la Corte può, d’ufficio o su
proposta dell’avvocato generale, ovvero su domanda delle parti, riaprire
la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del suo
regolamento di procedura, qualora ritenga di non avere sufficienti
chiarimenti o che la causa debba essere decisa sulla base di un
argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v., in
particolare, sentenze 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters e a.,
Racc. pag. I-1577, punto 42, e 16 dicembre 2008, causa C-210/06,
Cartesio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 46).
35 Tuttavia, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di avere a
disposizione, nella fattispecie, tutti gli elementi necessari per
rispondere alle questioni proposte dal giudice del rinvio e che tali
elementi abbiano formato oggetto di discussione dinanzi ad essa.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
36 Con la sua prima questione, divisa in sottoquestioni, il giudice del
rinvio chiede sostanzialmente se il regolamento n. 1347/2001 sia valido,
tenuto conto di un’eventuale violazione o dei principi generali del
diritto comunitario, o dei presupposti di forma o di sostanza del
regolamento n. 2081/92. Le sottoquestioni riguardanti la conformità ai
principi generali del diritto comunitario si collegano al regolamento
2081/92, quale fondamento normativo del regolamento n. 1347/2001.
Sulla ricevibilità
37 Nelle osservazioni sottoposte alla Corte è stata sollevata la
questione della possibilità di dedurre dinanzi a un giudice nazionale i
motivi di invalidità su cui verte la prima questione. In alcune delle
menzionate osservazioni si afferma l’impossibilità di dedurre tali
motivi dato che il regolamento n. 1347/2001 riguarda direttamente e
individualmente la Bavaria e la Bavaria Italia e queste ultime non lo
avrebbero impugnato con ricorso d’annullamento ex art. 230 CE.
38 Si deve ricordare a questo proposito che, per giurisprudenza
consolidata, configura un principio generale del diritto comunitario il
diritto del ricorrente, nell’ambito di un ricorso proposto in base
all’ordinamento nazionale contro il rigetto di una sua domanda, di
eccepire l’illegittimità di un atto comunitario su cui è basato il
provvedimento nazionale adottato nei suoi confronti, con la conseguenza
che la questione della validità dell’atto comunitario può essere
sottoposta alla Corte nell’ambito di un procedimento pregiudiziale
(sentenze 15 febbraio 2001, causa C-239/99, Nachi Europe, Racc. pag.
I-1197, punto 35, nonché 8 marzo 2007, causa C-441/05, Roquette Frères,
Racc. pag. I-1993, punto 39).
39 Tuttavia, tale principio generale, diretto a garantire che ciascuno
abbia o abbia avuto la possibilità di impugnare un atto comunitario su
cui si fonda una decisione che lo riguarda, non osta assolutamente a che
un regolamento divenga definitivo nei confronti di un singolo soggetto,
rispetto al quale esso deve considerarsi una decisione individuale di
cui detto soggetto avrebbe potuto senza alcun dubbio chiedere
l’annullamento in virtù dell’art. 230 CE, restando così allo stesso
preclusa la possibilità di eccepire l’illegittimità di detto regolamento
dinanzi al giudice nazionale (citate sentenze Nachi Europe, punto 37, e
Roquette Frères, punto 40).
40 Occorre pertanto stabilire se un ricorso d’annullamento della Bavaria
o della Bavaria Italia, ex art. 230, quarto comma, CE, avverso il
regolamento n. 1347/2001 sarebbe stato senz’altro ricevibile in
considerazione del fatto che tale regolamento le riguarderebbe
direttamente e individualmente (v., in tal senso, sentenza 12 dicembre
1996, causa C-241/95, Accrington Beef e a., Racc. pag. I-6699, punto 15,
nonché citate sentenze Nachi Europe, punto 40, e Roquette Frères, punto
41).
41 Si deve rilevare in proposito che la Bavaria e la Bavaria Italia non
possono essere considerate senza alcun dubbio «direttamente e
individualmente interessate», ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE,
dal regolamento n. 1347/2001.
42 Infatti, occorre constatare che detto regolamento mira ad attribuire
al prodotto «Bayerisches Bier» la tutela delle IGP prevista dal
regolamento n. 2081/92, riconoscendo a qualsiasi operatore, i cui
prodotti soddisfino i requisiti prescritti, il diritto di porli in
commercio utilizzando detta IGP.
43 Orbene, quand’anche il regolamento n. 1347/2001 fosse atto ad
incidere sulla posizione giuridica della Bavaria e della Bavaria Italia,
non si potrebbe considerare che ciò derivi direttamente dal regolamento
in parola. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la condizione
secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente
interessata dalla normativa comunitaria, oggetto del ricorso, richiede
che tale normativa produca direttamente effetti sulla posizione
giuridica del singolo soggetto e non lasci alcun potere discrezionale ai
destinatari del provvedimento incaricati della sua applicazione, la
quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa
comunitaria senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenze 5
maggio 1998, causa C-404/96 P, Glencore Grain/Commissione, Racc. pag.
I-2435, punto 41; 29 giugno 2004, causa C-486/01 P, Front national/Parlamento,
Racc. pag. I-6289, punto 34, e 22 marzo 2007, causa C-15/06 P, Regione
Siciliana/Commissione, Racc. pag. I-2591, punto 31).
44 Come risulta dalla semplice lettura dei ‘considerando’ terzo e quarto
del regolamento n. 1347/2001, quest’ultimo giudica valido il marchio
preesistente «Bavaria» e consente di continuarne l’uso, malgrado la
registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier», nel rispetto dei presupposti
stabiliti dall’art. 14, n. 2, del regolamento n. 2081/92. Pertanto,
un’eventuale incidenza sulla posizione giuridica della Bavaria e della
Bavaria Italia non può essere giudicata una conseguenza puramente
automatica di questo regolamento.
45 Pertanto, non si può affermare che la Bavaria e la Bavaria Italia
sono senza alcun dubbio direttamente interessate dal regolamento n.
1347/2001.
46 Occorre dichiarare, quindi, che la Bavaria o la Bavaria Italia non
erano innegabilmente legittimate a promuovere un’azione di annullamento
ex art. 230 CE avverso il regolamento n. 1347/2001. Di conseguenza, esse
hanno il diritto di invocare, in occasione di un ricorso proposto in
base all’ordinamento nazionale, l’invalidità di detto regolamento, pur
non avendo proposto un ricorso di annullamento avverso il medesimo
dinanzi al giudice comunitario nei termini stabiliti dall’art. 230 CE.
Sull’asserita violazione dei principi generali del diritto comunitario
da parte del regolamento n. 2081/92 per quanto attiene all’ambito di
applicazione e al fondamento normativo del medesimo
47 Con la presente sottoquestione, il giudice del rinvio si interroga
sulla validità del regolamento n. 2081/92 in quanto la sua sfera
d’applicazione copre anche la birra. A suo parere, poiché la birra è una
bevanda alcolica, essa non potrebbe essere considerata un «prodotto
alimentare», ai sensi dell’art. 1, n. 1, del citato regolamento, e non
potrebbe conseguentemente comparire nell’allegato I a quest’ultimo.
Inoltre, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla validità del
regolamento n. 2081/92 in quanto, poiché la birra non è compresa tra i
«prodotti agricoli» menzionati nell’allegato I al Trattato, gli artt. 32
CE e 37 CE non costituirebbero il fondamento normativo adeguato ai fini
dell’adozione di questo regolamento.
48 In primo luogo, per quanto riguarda l’assimilazione della birra a un
prodotto alimentare, si deve constatare che la citata normativa
comunitaria non definisce la nozione di «prodotto alimentare». Tuttavia,
nessuna ragione giustifica l’esclusione della birra da tale nozione.
49 Infatti, da un lato, la natura alimentare della birra è
incontestabile, nel senso comune della nozione di «alimento».
Dall’altro, come giustamente rilevato dal governo tedesco e dal
Consiglio, la birra rientra nella definizione della nozione di «prodotto
alimentare» stabilita da un’altra disciplina comunitaria, ossia l’art. 2
del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio
2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della
legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza
alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L
31, pag. 1).
50 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui gli
artt. 32 CE e 37 CE non integrerebbero il fondamento normativo adeguato
per l’adozione del regolamento n. 2081/92 in quanto la birra non rientra
tra i «prodotti agricoli» su cui verte l’allegato I al Trattato, si deve
ricordare che la Corte ha già dichiarato che una normativa che
contribuisca alla realizzazione di uno o più degli obiettivi di cui
all’art. 33 CE dev’essere adottata sul fondamento dell’art. 37 CE anche
se, avendo ad oggetto essenzialmente prodotti inclusi nell’allegato I al
Trattato, riguarda tuttavia in via accessoria taluni prodotti in esso
non compresi (v., in tal senso, sentenze 16 novembre 1989, causa
C-11/88, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 3799, punto 15, e 5 maggio
1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I-2265, punto
134).
51 Nel caso di specie, è pacifico che il regolamento n. 2081/92, da un
lato, ha come scopo principale, come rilevato dal suo secondo
‘considerando’, la realizzazione degli obiettivi stabiliti dall’art. 33
CE e, dall’altro, concerne essenzialmente prodotti contenuti
nell’allegato I al Trattato. Inoltre, benché certamente la birra non sia
espressamente menzionata nel citato allegato, ciò nondimeno la maggior
parte degli ingredienti rientranti nella sua composizione lo sono e la
sua inclusione nella sfera d’applicazione del regolamento n. 2081/92
risponde alla finalità di quest’ultimo, in particolare al conseguimento
degli obiettivi stabiliti dall’art. 33 CE.
52 Pertanto, dall’esame di questa parte della prima questione non sono
emersi elementi atti ad inficiare la validità del regolamento n.
2081/92.
Sulla presunta violazione di principi generali del diritto comunitario
da parte del regolamento n. 2081/92 per quanto concerne la procedura di
registrazione di cui all’art. 17 del medesimo
53 Con detta sottoquestione il giudice del rinvio si chiede se l’art. 17
del regolamento n. 2081/92 sia nullo, dal momento che la procedura da
esso stabilita non prevede nessun diritto d’opposizione.
54 Occorre rilevare immediatamente che, sebbene l’art. 17, n. 2, del
regolamento n. 2081/92 prevedesse espressamente che l’art. 7 del
medesimo non era applicabile nell’ambito della procedura semplificata di
registrazione, ed escludesse pertanto in tale contesto il diritto di
opposizione dei terzi legittimamente interessati previsto dal n. 3 di
quest’ultima disposizione, una registrazione in base a tale procedura
presupponeva anch’essa che le denominazioni fossero conformi alle norme
sostanziali di questo regolamento (v. sentenza 16 marzo 1999, cause
riunite C-289/96, C-293/96 e C-299/96, Danimarca e a./Commissione, detta
«Feta I», Racc. pag. I-1541, punto 92).
55 Si deve comunque ricordare che la Corte ha già dichiarato che
l’interpretazione che occorreva fornire all’art. 17 del regolamento n.
2081/92 non implicava affatto che i terzi interessati, i quali avessero
ritenuto i propri interessi legittimi lesi dalla registrazione di una
denominazione, non potessero farli valere e opporsi dinanzi allo Stato
membro che chiedeva tale registrazione, conformemente in particolare ai
principi relativi alla tutela giurisdizionale, come deriva dal sistema
del regolamento n. 2081/92 (v. sentenza Carl Kühne e a., cit., punto
41).
56 Pertanto, anche nell’ambito della procedura semplificata di cui
all’art. 17 di detto regolamento questi terzi interessati avevano il
diritto di proporre opposizione avverso la domanda di registrazione
controversa.
57 Era compito dei giudici nazionali statuire sulla legittimità di una
domanda di registrazione di una denominazione, ai sensi dell’art. 17 del
regolamento n. 2081/92, nel rispetto delle stesse modalità di controllo
applicabili a qualsiasi atto definitivo che, emanato dalla stessa
autorità nazionale, possa incidere sui diritti che derivano ai terzi
dall’ordinamento comunitario, e di conseguenza considerare ricevibile il
ricorso proposto a questo scopo, anche se le norme procedurali nazionali
non lo prevedono in un caso del genere (v., in tal senso, sentenze 3
dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borelli/Commissione, Racc. pag.
I-6313, punto 13, nonché Carl Kühne e a, cit., punto 58).
58 Ad ogni modo va rilevato che, nella causa principale, la maggior
parte delle obiezioni sollevate avverso la registrazione da parte della
Bavaria e della Bavaria Italia nelle osservazioni da loro presentate
dinanzi alla Corte sono state oggetto di dibattito in seno al comitato,
essenzialmente su proposta delle autorità olandesi, nel corso della
procedura di registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier».
59 Infine, non si può giudicare validamente sostenibile l’argomento
secondo cui l’abrogazione della procedura semplificata da parte del
regolamento n. 692/2003 implichi, alla luce del dettato del tredicesimo
‘considerando’ di quest’ultimo, un riconoscimento implicito
dell’invalidità dell’art. 17 del regolamento n. 2081/92.
60 Infatti, come ricordato dal menzionato ‘considerando’, la procedura
semplificata prevista da detto articolo aveva come scopo, nella versione
iniziale del regolamento n. 2081/92, la registrazione a livello
comunitario delle denominazioni esistenti, protette o consacrate
dall’uso negli Stati membri. Questa procedura era prevista pertanto in
via meramente transitoria.
61 Alla luce di quanto precede, dall’esame di questa parte della prima
questione non sono emersi elementi atti ad inficiare la validità del
regolamento n. 2081/92.
Sulla lamentata inosservanza dei requisiti di forma nel contesto della
procedura di registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier»
62 Con tali sottoquestioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il
giudice del rinvio si chiede se il regolamento n. 1347/2001 sia nullo in
conseguenza del fatto che, da un lato, i presupposti per la
registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier» non sarebbero stati
debitamente esaminati né dal governo tedesco né dal Consiglio o dalla
Commissione e, dall’altro, la domanda di registrazione della menzionata
IGP non sarebbe stata presentata a tempo debito, tenuto conto delle
modifiche introdotte successivamente.
63 In primo luogo, il giudice del rinvio ritiene che né il governo
tedesco né il Consiglio o la Commissione abbiano adempiuto ai loro
compiti di verifica dei presupposti di cui al regolamento n. 2081/92,
nel corso della procedura di registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier».
64 Va ricordato in proposito che, nell’ambito del sistema istituito dal
regolamento n. 2081/92, esiste una ripartizione delle competenze tra lo
Stato membro interessato e la Commissione. Che si tratti di una
registrazione derivante da un procedimento normale o da un procedimento
semplificato, la registrazione può aver luogo solo se lo Stato membro
interessato ha presentato una domanda in tal senso ed ha comunicato un
disciplinare e le informazioni necessarie per la registrazione,
conformemente all’art. 4 del regolamento n. 2081/92 (v. sentenza Carl
Kühne e a, cit., punti 50 e 51).
65 Ai sensi dell’art. 5, n. 5, del regolamento n. 2081/92, spetta agli
Stati membri verificare se la domanda di registrazione secondo il
procedimento normale sia giustificata alla luce dei requisiti fissati da
tale regolamento. Questo articolo prevede infatti che uno Stato membro
al quale è stata sottoposta una domanda di registrazione nell’ambito di
un procedimento normale debba verificare che tale domanda sia
giustificata e, qualora ritenga che i requisiti del regolamento n.
2081/92 siano soddisfatti, trasmetterla alla Commissione. D’altra parte,
risulta dallo stesso tenore letterale dell’art. 6, n. 1, del regolamento
n. 2081/92 che, prima di continuare il procedimento di registrazione
previsto dall’art. 6, nn. 2 e 4, e dall’art. 7 di detto regolamento, la
Commissione svolge soltanto un semplice esame formale per verificare se
tali requisiti siano soddisfatti. Orbene, non occorre applicare principi
diversi nell’ambito del procedimento semplificato (v. sentenza Carl
Kühne e a, cit., punto 52).
66 Ne consegue che la decisione di registrare una denominazione come DOP
o come IGP può essere adottata dalla Commissione solo se lo Stato membro
interessato le ha presentato una domanda a tal fine e che una siffatta
domanda può essere presentata solo se lo Stato membro ha verificato che
essa è giustificata. Tale sistema di ripartizione delle competenze si
spiega in particolare con la circostanza che la registrazione presuppone
la verifica che un certo numero di requisiti sono soddisfatti, il che
richiede, in larga parte, conoscenze approfondite di elementi
particolari dello Stato membro interessato, elementi che possono essere
meglio verificati dalle autorità competenti di tale Stato (v. sentenza
Carl Kühne e a, cit., punto 53).
67 In tale sistema di ripartizione delle competenze spetta alla
Commissione, prima di registrare una denominazione nella categoria
richiesta, verificare in particolare, da un lato, che il disciplinare
che accompagna la domanda sia conforme all’art. 4 del regolamento n.
2081/92, vale a dire che esso contenga gli elementi richiesti e che tali
elementi non siano viziati da errori manifesti, e, dall’altro, sulla
base degli elementi contenuti nel disciplinare, che la denominazione
soddisfi i requisiti di cui all’art. 2, n. 2, lett. a) o b), del
regolamento n. 2081/92 (v. sentenza Carl Kühne e a, cit., punto 54).
68 Lo stesso avviene quando, conformemente all’art. 15 del regolamento
n. 2081/92, le misure previste dalla Commissione non sono conformi al
parere del comitato istituito da detto articolo, oppure un siffatto
parere manca e la decisione di registrazione è adottata dal Consiglio su
proposta della Commissione.
69 Alla luce di tali considerazioni, occorre esaminare gli elementi
dedotti dal giudice a quo.
70 In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene la Corte sia
competente ad analizzare il rispetto dei presupposti previsti dal
regolamento n. 2081/92 relativamente ad una denominazione registrata a
titolo di quest’ultimo, il controllo della verifica di tale rispetto
avviata dalle autorità nazionali competenti spetta ai soli giudici
nazionali, come ricordato nei punti 55 e 57 della presente motivazione.
71 Viceversa, spetta alla Corte verificare se il Consiglio e la
Commissione abbiano correttamente svolto il loro compito di verifica
dell’osservanza dei presupposti previsti dal regolamento n. 2081/92.
72 Nel caso di specie, risulta dagli atti che il Consiglio e la
Commissione hanno correttamente svolto il loro compito di verifica, in
quanto l’indicazione «Bayerisches Bier» è stata registrata solo in esito
ad una lunga procedura, durante la quale sono stati effettuati esami
approfonditi riguardanti l’osservanza, rispetto a tale indicazione, dei
presupposti di cui al regolamento n. 2081/92. Di conseguenza, non può
essere accolta l’obiezione sollevata dal giudice del rinvio.
73 In secondo luogo, il giudice del rinvio mette in dubbio la validità
del regolamento n. 1347/2001, in quanto la domanda di registrazione
dell’IGP di cui trattasi non sarebbe stata presentata tempestivamente,
tenuto conto delle modifiche apportate successivamente.
74 È importante rilevare anzitutto che, come ricordato nel punto 20
della presente motivazione, la domanda di registrazione del governo
tedesco è stata comunicata alla Commissione il 20 gennaio 1994, cioè
prima della scadenza del termine di sei mesi stabilito dall’art. 17 del
regolamento n. 2081/92.
75 Di conseguenza occorre valutare se, come ritenuto dal giudice del
rinvio, la validità del regolamento n. 1347/2001 possa essere messa in
discussione per il fatto che la domanda iniziale sarebbe stata
modificata in modo rilevante, per di più nell’arco di un periodo di
diversi anni successivo alla scadenza del termine di sei mesi.
76 Si deve al riguardo rammentare che, contrariamente all’art. 5 del
regolamento n. 2081/92, il quale prevede espressamente che, nell’ambito
del procedimento normale, la domanda di registrazione sia accompagnata
dal disciplinare, l’art. 17 dello stesso regolamento si limita ad
imporre agli Stati membri l’obbligo di comunicare alla Commissione
«quali denominazioni, tra quelle giuridicamente protette o, negli Stati
membri in cui non vige un sistema di protezione, sancite dall’uso, essi
desiderano far registrare». Pertanto, l’art. 17 del regolamento n.
2081/92 non può essere interpretato nel senso che esso impone agli Stati
membri l’obbligo di comunicare, entro un termine di sei mesi, la
versione definitiva del disciplinare e degli altri documenti rilevanti,
con la conseguenza che qualsiasi modifica del disciplinare inizialmente
presentato comporterebbe l’applicazione del procedimento normale (v.
sentenza Carl Kühne e a, cit., punto 32).
77 Tale interpretazione dell’art. 17 del regolamento n. 2081/92 è
peraltro corroborata dal fatto che storicamente gli Stati membri
dell’Europa settentrionale non avevano registri di denominazioni
protette, in quanto la protezione veniva assicurata dalle normative
relative alle pratiche ingannevoli. Solamente con l’entrata in vigore
del regolamento n. 2081/92 in questi Stati membri è divenuto necessario
redigere un elenco di denominazioni esistenti e determinare se si
trattasse di DOP o di IGP. Sarebbe stato poco realistico esigere che
tali Stati membri fornissero alla Commissione, nei sei mesi seguenti
l’entrata in vigore del regolamento n. 2081/92, tutte le informazioni e
le documentazioni indispensabili per decidere sulla registrazione, in
particolare se si considera il tempo necessario affinché gli interessati
possano esercitare a livello nazionale le garanzie procedurali loro
riconosciute (v. sentenza Carl Kühne e.a, cit., punto 33).
78 Occorre pertanto concludere che, in una causa come quella di cui al
giudizio principale, la modifica della domanda di registrazione iniziale
dopo la scadenza del termine di sei mesi previsto dall’art. 17 del
regolamento n. 2081/92 non rende illegittima l’applicazione della
procedura semplificata.
79 Alla luce di quanto precede, dall’esame di questa parte della prima
questione non sono emersi elementi atti ad inficiare la validità del
regolamento n. 1347/2001.
Sulla presunta violazione dei presupposti sostanziali del regolamento n.
2081/92 in sede di registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier»
80 Con tali sottoquestioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il
giudice del rinvio pone in dubbio la validità del regolamento n.
1347/2001, in quanto la registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier» non
soddisfarebbe una serie di presupposti sostanziali enunciati dal
regolamento n. 2081/92. In primo luogo, la denominazione in questione
non sarebbe stata né giuridicamente protetta né sancita dall’uso, ai
sensi dell’art. 17, n. 1, del regolamento n. 2081/92. In secondo luogo,
essa non soddisfarebbe i presupposti stabiliti dall’art. 2, n. 2, lett.
b), di detto regolamento e sarebbe in realtà una «denominazione
generica» ai sensi degli artt. 3, n. 1, e 17, n. 2, del medesimo
regolamento. In terzo luogo, essa corrisponderebbe all’ipotesi di cui
all’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2081/92.
81 Va rammentato anzitutto, in primo luogo, che il legislatore
comunitario dispone in materia di politica agricola comune di un ampio
potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che
gli artt. 34 CE e 37 CE gli attribuiscono, e che la Corte ha più volte
affermato che solamente il carattere manifestamente inidoneo di un
provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che
l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la
legittimità del provvedimento medesimo (v. sentenze 5 ottobre 1994,
causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punti 89 e 90,
nonché 13 dicembre 1994, causa C-306/93, SMW Winzersekt, Racc. pag.
I-5555, punto 21).
82 Di conseguenza, il controllo della Corte deve limitarsi ad accertare
che il provvedimento di cui trattasi non sia viziato da errore manifesto
o da sviamento di potere, ovvero che l’autorità in questione non abbia
manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale (sentenze
12 luglio 2001, causa C-189/01, Jippes e a., Racc. pag. I-5689, punto
80; 9 settembre 2004, causa C-304/01, Spagna/Commissione, Racc. pag.
I-7655, punto 23, nonché 23 marzo 2006, causa C-535/03, Unitymark e
North Sea Fishermen’s Organisation, Racc. pag. I-2689, punto 55).
83 In secondo luogo, occorre rilevare che, quando si pronunciano su una
domanda di registrazione in base al regolamento n. 2081/92, le
istituzioni comunitarie sono chiamate a valutare una situazione
economica e sociale complessa.
84 Ebbene, quando l’attuazione, da parte del Consiglio o della
Commissione, della politica agricola della Comunità implica la necessità
di valutare una situazione economica o sociale complessa, il potere
discrezionale di cui essi godono non si applica esclusivamente alla
natura e alla portata delle disposizioni da adottare, bensì anche, in
certa misura, all’accertamento di dati fondamentali in tal senso. In
tale quadro, il Consiglio o la Commissione hanno il diritto di basarsi
eventualmente su constatazioni globali (v., in tal senso, sentenze 29
febbraio 1996, causa C-122/94, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-881,
punto 18; 19 febbraio 1998, causa C-4/96, NIFPO e Northern Ireland
Fishermen’s Federation, Racc. pag. I-681, punti 41 e 42; 5 ottobre 1999,
causa C-179/95, Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-6475, punto 29, nonché 25
ottobre 2001, causa C-120/99, Italia/Consiglio, Racc. pag. I-7997, punto
44).
85 È alla luce di quanto sin qui esposto che occorre esaminare la
fondatezza degli interrogativi formulati dal giudice del rinvio.
- Sull’art. 17, n. 1, del regolamento n. 2081/92
86 Il giudice del rinvio ritiene che la procedura di registrazione
prevista dall’art. 17, n. 1, del regolamento n. 2081/92 fosse
inapplicabile alla denominazione «Bayerisches Bier» poiché detta
denominazione non era né «giuridicamente protetta» né «sancita
dall’uso», ai sensi di tale disposizione.
87 A questo proposito si deve constatare che tale valutazione rientra
fra le verifiche che devono essere svolte dalle competenti autorità
nazionali, eventualmente sotto il controllo dei giudici nazionali, prima
che la domanda di registrazione sia comunicata alla Commissione (v.
sentenza Carl Kühne e a., cit., punto 60).
88 Infatti, come ricordato nel punto 66 della presente motivazione, la
verifica del fatto che la denominazione «Bayerisches Bier» fosse o
giuridicamente protetta o sancita dall’uso esige, in ampia misura,
conoscenze approfondite di elementi peculiari allo Stato membro
interessato, elementi che le autorità competenti di detto Stato sono
meglio in grado di verificare.
89 Nella causa principale, da un lato, una siffatta verifica è stata
effettuata dalle autorità tedesche senza che la sua fondatezza sia stata
messa in discussione dinanzi ad un giudice nazionale.
90 Dall’altro, l’esistenza dei cinque trattati bilaterali menzionati nel
punto 18 della presente motivazione, diretti a tutelare l’indicazione «Bayerisches
Bier», letti congiuntamente con gli altri elementi del fascicolo, in
particolare con talune etichette e pubblicazioni, consentiva di dedurre
correttamente che detta denominazione era giuridicamente protetta o,
quantomeno, sancita dall’uso. Dal momento che la valutazione effettuata
dalle competenti autorità tedesche non appare viziata da un errore
manifesto, il Consiglio o la Commissione poteva validamente ritenere che
l’IGP in questione soddisfacesse i presupposti enunciati dall’art. 17,
n. 1, del regolamento n. 2081/92 ai fini di una registrazione secondo la
procedura semplificata.
91 Se ne deve pertanto concludere che dall’esame dei requisiti di cui
all’art. 17, n. 1, del regolamento n. 2081/92 non sono emersi elementi
atti ad inficiare la validità del regolamento n. 1347/2001.
- Sugli artt. 2, n. 2, lett. b), 3, n. 1, e 17, n. 2, del regolamento n.
2081/92
92 Il giudice del rinvio formula dubbi in merito all’osservanza,
relativamente alla denominazione «Bayerisches Bier», dei presupposti di
cui all’art. 2, n. 2, lett. b), del regolamento n. 2081/92, a motivo, da
un lato, della presunta mancanza di un nesso diretto tra la birra
originaria della Baviera e una qualità determinata, la reputazione o
un’altra caratteristica di quest’ultima, attribuibile a detta origine,
e, dall’altro, della mancata corrispondenza del caso di specie ad un
caso eccezionale, che giustificherebbe la registrazione del nome di un
paese. Inoltre, esso si domanda se tale denominazione non sia in realtà
una «denominazione generica», ai sensi degli artt. 3, n. 1, e 17, n. 2,
del regolamento n. 2081/92.
93 A questo proposito occorre ricordare che, dal momento che la
valutazione dei citati presupposti richiede, in ampia misura, conoscenze
approfondite di elementi peculiari allo Stato membro interessato che le
autorità competenti di tale Stato sono meglio in grado di verificare,
tale valutazione rientra parimenti nell’ambito delle verifiche che
devono essere svolte da dette autorità sotto il controllo,
eventualmente, dei giudici nazionali, prima che la domanda di
registrazione sia comunicata alla Commissione. Occorre parimenti
rilevare che, nella causa principale, una siffatta verifica è stata
effettuata dalle autorità tedesche senza che la sua fondatezza sia stata
posta in discussione dinanzi a un giudice nazionale.
94 Per quanto concerne i presupposti di cui all’art. 2, n. 2, lett. b),
del regolamento n. 2081/92, è importante rilevare anzitutto che dal
dettato di questa norma nonché dall’economia di detto regolamento si
evince che la nozione di «paese» riguarda o uno Stato membro o uno Stato
terzo. Di conseguenza, poiché la Baviera è un’entità substatale, nella
causa principale non si pone nemmeno il problema se si sia in presenza o
meno di un «caso eccezionale» ai sensi della citata disposizione.
95 Rispetto al nesso diretto richiesto da detta norma, occorre rilevare
che la registrazione della denominazione «Bayerisches Bier» quale IGP si
basa segnatamente, come sottolineato dal Consiglio e dalla Commissione
dinanzi alla Corte, su un nesso di tal genere tra la reputazione e
l’origine bavarese della birra.
96 Una siffatta conclusione delle istituzioni comunitarie non può essere
capovolta, come proposto dal giudice del rinvio nonché dalla Bavaria e
dalla Bavaria Italia, per il fatto che sia la legge del 1516, sulla
purezza della birra («Reinheitsgebot»), sia il metodo di produzione
tradizionale della stessa a bassa fermentazione, entrambi di origine
bavarese, si sarebbero diffusi, rispettivamente, l’una in Germania, a
partire dal 1906, e l’altra nel mondo intero, durante il XIX secolo.
97 Infatti, va rilevato che né la purezza né il metodo tradizionale a
bassa fermentazione sono stati di per se stessi il fondamento della
registrazione dell’IGP «Bayerisches Bier». Come ricordato nel punto 95
della presente motivazione, determinante è stata piuttosto la
reputazione della birra originaria della Baviera.
98 È certo che il contributo del «Reinheitsgebot» e del metodo
tradizionale a bassa fermentazione a una siffatta reputazione sono
indiscussi. Tuttavia, non si può validamente sostenere che tale
reputazione possa venir meno per il semplice fatto che il «Reinheitsgebot»
sia stato applicato sul resto del territorio tedesco a partire dal 1906,
oppure per il fatto che il menzionato metodo tradizionale si sia diffuso
negli altri paesi durante il XIX secolo. Peraltro, elementi di tal
genere costituiscono il riflesso, al contrario, della reputazione della
birra bavarese, che ha determinato la diffusione sia della legge sulla
purezza che la riguarda sia del suo metodo di produzione e, pertanto,
costituiscono piuttosto indizi che consentono di giustificare che
esiste, o quantomeno esisteva, un nesso diretto tra la Baviera e la
reputazione della sua birra.
99 Di conseguenza, l’individuazione di un nesso diretto di tal genere
tra la birra bavarese e la sua origine geografica non può essere
considerata manifestamente inadeguata a causa degli elementi citati dal
giudice del rinvio nonché dalla Bavaria e dalla Bavaria Italia.
100 In realtà, questi elementi possono collegarsi piuttosto
all’argomento secondo cui la denominazione «Bayerisches Bier»
costituirebbe una «denominazione generica» ai sensi degli artt. 3, n. 1,
e 17, n. 2, del regolamento n. 2081/92 e, di conseguenza, non sarebbe
stata registrabile. In considerazione di quanto sin qui motivato, si
tratta di accertare, in particolare, se la denominazione in questione
fosse diventata generica all’atto del deposito della domanda di
registrazione.
101 A questo proposito va ricordato che, in sede di valutazione del
carattere generico di una denominazione, occorre prendere in
considerazione, conformemente all’art. 3, n. 1, del regolamento n.
2081/92, i luoghi di produzione del prodotto considerato sia all’interno
sia al di fuori dello Stato membro che ha ottenuto la registrazione
della denominazione in oggetto, il consumo di tale prodotto e il modo in
cui viene percepita dai consumatori la sua denominazione all’interno e
al di fuori di detto Stato membro, l’esistenza di una normativa
nazionale specifica relativa a tale prodotto, nonché il modo in cui
detta denominazione è stata utilizzata nella legislazione comunitaria
(v. sentenza 26 febbraio 2008, causa C-132/05, Commissione/Germania,
Racc. pag. I-957, punto 53).
102 Il giudice del rinvio nonché la Bavaria e la Bavaria Italia
ritengono che la generalizzazione della denominazione «Bayerisches Bier»
sia dimostrata, in particolare, dall’uso del termine «Bayerisches» o
delle sue traduzioni quali sinonimi di «birra» in almeno tre Stati
membri (Danimarca, Svezia e Finlandia), nonché come sinonimi dell’antico
metodo bavarese a bassa fermentazione nei nomi, marche ed etichette di
società del mondo intero, ivi compresa la Germania.
103 Un’obiezione di tal genere non può essere accolta nella causa
principale.
104 Infatti, da un lato, per quanto riguarda l’uso della denominazione «Bayerisches»
o di sue traduzioni quali sinonimi del termine «birra», occorre
ricordare che la Commissione ha chiesto informazioni integrative agli
Stati membri a questo riguardo e che dette informazioni hanno
dimostrato, come rilevato dal quinto ‘considerando’ del regolamento n.
1347/2001, che detta denominazione non è divenuta generica sul
territorio comunitario, malgrado alcuni indizi suggeriscano che la
traduzione danese della medesima stia per diventare sinonimo del termine
«birra» e, di conseguenza, un nome comune.
105 Dall’altro, per quanto concerne la presenza sul mercato di marchi ed
etichette di società recanti il termine «Bayerisches» o sue traduzioni,
quali sinonimi dell’antico metodo bavarese a bassa fermentazione,
nemmeno tale circostanza consente di concludere che la denominazione in
questione fosse divenuta generica all’atto del deposito della domanda di
registrazione.
106 Peraltro la registrazione di un’IGP, conformemente al regolamento n.
2081/92, ha come scopo, tra gli altri, quello di evitare l’uso abusivo
di una denominazione da parte di terzi che desiderino trarre profitto
dalla reputazione acquisita da quest’ultima e, del resto, ad evitare la
scomparsa della medesima derivante dalla sua volgarizzazione dovuta a un
suo uso generale al di fuori o della sua origine geografica, o della
determinata qualità, della reputazione o di un’altra caratteristica
attribuibile a tale origine e giustificante la registrazione.
107 Di conseguenza, per quanto concerne un’IGP, una denominazione
diventa generica solo se il nesso diretto tra, da un lato, l’origine
geografica del prodotto e, dall’altro, una qualità determinata dello
stesso, la sua reputazione o un’altra caratteristica del medesimo,
attribuibile a detta origine, sia scomparsa e la denominazione descriva
ormai soltanto un genere o un tipo di prodotti.
108 Nel caso di specie, le istituzioni comunitarie hanno accertato che
l’IGP «Bayerisches Bier» non era divenuta generica e, di conseguenza,
che il nesso diretto esistente tra la reputazione della birra bavarese e
la sua origine geografica non era scomparso, senza che un siffatto
accertamento possa essere qualificato come manifestamente inadeguato a
causa della semplice presenza sul mercato di marchi ed etichette di
società recanti il termine «Bayerisches», o sue traduzioni, quali
sinonimi dell’antico metodo bavarese a bassa fermentazione.
109 Per di più, l’esistenza, tra il 1960 e il 1970, dei marchi
collettivi Bayrisch Bier e Bayrisches Bier nonché di cinque diversi
accordi bilaterali diretti alla tutela della denominazione «Bayerisches
Bier», quale denominazione generica, dimostra piuttosto l’assenza di
carattere generico riguardo a tale denominazione.
110 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre concludere dichiarando
che il Consiglio ha giudicato giustamente, in sede di regolamento n.
1347/2001, che la denominazione «Bayerisches Bier» soddisfacesse i
requisiti posti dall’art. 2, n. 2, lett. b), del regolamento n. 2081/92
e che non costituisse una «denominazione generica» ai sensi degli artt.
3, n. 1, e 17, n. 2, di detto regolamento.
- Sull’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2081/92
111 Il giudice del rinvio si chiede se la registrazione della
denominazione «Bayerisches Bier» non dovesse essere respinta,
conformemente all’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2081/92 dal momento
che, in considerazione della rinomanza, della notorietà e della durata
dell’uso dei marchi contenenti il termine «Bavaria», tale denominazione
sarebbe in grado di indurre il consumatore in errore in merito alla vera
identità del prodotto.
112 A questo proposito, dal terzo ‘considerando’ del regolamento n.
1347/2001 si evince che il Consiglio ha accertato che, in base ai fatti
ed alle informazioni disponibili, la registrazione della denominazione «Bayerisches
Bier» non era tale da indurre il consumatore in errore quanto alla vera
identità del prodotto e che, di conseguenza, la suddetta indicazione
geografica e il marchio Bavaria non si trovavano nella situazione
prevista dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2081/92.
113 Da un lato, l’accertamento del Consiglio non sembra manifestamente
inadeguato e, dall’altro, né il giudice del rinvio né la Bavaria e la
Bavaria Italia hanno dedotto argomenti diretti a mettere in discussione
un siffatto accertamento.
114 Alla luce di ciò, occorre dichiarare che il Consiglio ha giustamente
giudicato, in sede di regolamento n. 1347/2001, che la denominazione «Bayerisches
Bier» non rientrava in una fattispecie prevista dall’art. 14, n. 3, del
regolamento n. 2081/92.
115 Di conseguenza, occorre concludere dichiarando che l’esame della
prima questione sollevata dal giudice del rinvio non ha evidenziato
nessun elemento atto ad inficiare la validità del regolamento n.
1347/2001.
Sulla seconda questione
116 Con tale questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la
circostanza che l’art. 1 del regolamento n. 1347/2001 abbia registrato
la denominazione «Bayerisches Bier» quale IGP, e che il suo terzo
‘considerando’ constati che detta IGP e il marchio Bavaria non rientrano
nella fattispecie prevista dall’art. 14, n. 3, del regolamento n.
2081/92, abbia incidenza sulla validità e sulla facoltà di far uso dei
marchi di terzi preesistenti in cui compare il termine «Bavaria».
117 A questo proposito occorre rilevare che l’art. 14 del regolamento n.
2081/92 disciplina specificamente i rapporti tra le denominazioni
registrate in forza del medesimo regolamento e i marchi, stabilendo,
secondo le diverse situazioni previste, norme per la definizione dei
conflitti la cui portata, gli effetti e i destinatari sono differenti.
118 Infatti, da un lato, l’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2081/92 ha
ad oggetto un’ipotesi di conflitto tra una DOP o un’IGP e un marchio
preesistente, quando la registrazione della denominazione in questione,
in considerazione della rinomanza, della notorietà e della durata
dell’uso del marchio, sia tale da indurre il consumatore in errore in
merito alla vera identità del prodotto. L’effetto previsto nell’ipotesi
di un conflitto di tal genere è il diniego di registrazione delle
denominazioni. Si tratta quindi di una norma che implica un’analisi
preliminare alla registrazione della DOP o dell’IGP e destinata, in
particolare, alle istituzioni comunitarie.
119 Dall’altro, l’art. 14, n. 2, del regolamento n. 2081/92 riguarda
un’ipotesi di conflitto tra una DOP o un’IGP registrata e un marchio
preesistente, quando l’uso di quest’ultimo corrisponde ad una delle
ipotesi previste dall’art. 13 del regolamento n. 2081/92, ed il marchio
sia stato registrato in buona fede prima della data di deposito della
domanda di registrazione della DOP o dell’IGP. L’effetto previsto in
quest’ipotesi è di consentire il proseguimento dell’uso, nonostante la
registrazione della denominazione, quando il marchio non è colpito dalle
cause di nullità o di decadenza previste rispettivamente dagli artt. 3,
n. 1, lett. c) e g), nonché 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva
89/104. Si tratta pertanto di una norma che implica un’analisi
successiva alla registrazione e destinata, in particolare, alle
amministrazioni ed ai giudici chiamati ad applicare le norme in
questione.
120 L’analisi derivante dall’art. 14, n. 3, di detto regolamento si
limita alla possibilità di un eventuale errore del consumatore in merito
alla vera identità del prodotto, a causa della registrazione della
denominazione in questione, in base ad un esame della denominazione da
registrare e del marchio preesistente, tenendo conto nel contempo della
rinomanza, della notorietà e della durata dell’uso di quest’ultimo.
121 Viceversa, l’analisi derivante dall’art. 14, n. 2, del regolamento
n. 2081/92 implica di verificare anzitutto se l’uso del marchio
corrisponda ad una delle ipotesi previste dall’art. 13 di detto
regolamento, poi se il marchio sia stato registrato in buona fede prima
della data di deposito della domanda di registrazione della
denominazione e, in ultimo, eventualmente, se il marchio sia colpito
dalle cause di nullità o di decadenza previste, rispettivamente, dagli
artt. 3, n. 1, lett. c) e g), nonché 12, n. 2, lett. b), della prima
direttiva 89/104.
122 Quest’ultima analisi impone pertanto un esame dei fatti e delle
norme di diritto nazionale, comunitario o internazionale, che solo il
giudice nazionale è competente a svolgere, disponendo eventualmente un
rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE (v., in tal senso, sentenza 4 marzo
1999, causa C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola,
Racc. pag. I-1301, punti 28, 35, 36, 42 e 43).
123 Da tutto ciò si evince che i nn. 2 e 3 dell’art. 14 del regolamento
n. 2081/92 hanno ciascuno scopi e funzioni distinti e sono soggetti a
presupposti differenti. Pertanto, la circostanza che l’art. 1 del
regolamento n. 1347/2001 abbia registrato la denominazione «Bayerisches
Bier» quale IGP e che il suo terzo ‘considerando’ constati che detta IGP
ed il marchio Bavaria non rientrano nell’ipotesi prevista dall’art. 14,
n. 3, del regolamento n. 2081/92 non può incidere sull’esame dei
presupposti per consentire una coesistenza tra detto marchio e detta IGP,
quali previsti dall’art. 14, n. 2, del menzionato regolamento.
124 In particolare, la mancanza di un rischio di confusione nella mente
del consumatore, ai sensi dell’art. 14, n. 3, del regolamento n.
2081/92, tra la denominazione in questione ed il marchio preesistente
non esclude che l’uso di quest’ultimo possa rientrare in una delle
ipotesi previste dall’art. 13, n. 1, di detto regolamento, oppure che
detto marchio possa essere colpito da una delle cause di nullità o di
decadenza previste rispettivamente dagli artt. 3, n. 1, lett. c) e g),
nonché 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva 89/104. Inoltre, la
menzionata assenza di rischi di confusione non esonera nemmeno dal
verificare che il marchio in questione sia stato registrato in buona
fede prima della data di deposito della domanda di registrazione della
DOP o dell’IGP.
125 Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la seconda questione
sollevata dal giudice a quo va risolta dichiarando che il regolamento n.
1347/2001 dev’essere interpretato nel senso che esso non pregiudica la
validità e la facoltà di un uso, corrispondente ad una delle fattispecie
contemplate dall’art. 13 del regolamento n. 2081/92, dei marchi
preesistenti di terzi in cui figuri il termine «Bavaria», registrati in
buona fede prima della data di deposito della domanda di registrazione
dell’IGP «Bayerisches Bier», purché tali marchi non siano viziati dalle
cause di nullità o decadenza di cui agli artt. 3, n. 1, lett. c) e g),
nonché 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva 89/104.
Sulle spese
126 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’esame della prima questione sollevata dal giudice del rinvio non ha
evidenziato nessun elemento atto ad inficiare la validità del
regolamento (CE) del Consiglio 28 giugno 2001, n. 1347, che completa
l’allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione relativo
alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni
di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del
regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio.
2) Il regolamento n. 1347/2001 dev’essere interpretato nel senso che
esso non pregiudica la validità e la facoltà di un uso, corrispondente
ad una delle fattispecie contemplate dall’art. 13 del regolamento (CEE)
del Consiglio 14 luglio 1992, n. 2081, relativo alla protezione delle
indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti
agricoli ed alimentari, dei marchi preesistenti di terzi in cui figuri
il termine «Bavaria», registrati in buona fede prima della data di
deposito della domanda di registrazione dell’indicazione geografica
protetta «Bayerisches Bier», purché tali marchi non siano viziati dalle
cause di nullità o decadenza di cui agli artt. 3, n. 1, lett. c) e g),
nonché 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21
dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri in materia di marchi d’impresa.
Firme
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