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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07



DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Polonia per il periodo 2008-2012 - Art. 9, nn. 1 e 3, e art. 11, n. 2, dir. 2003/87/CE - Direttiva 96/61/CE.
La decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def., concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata. Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione - Potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione - Limiti sostanziali che temporali - Tre mesi - Artt. 9, n. 3 e 10, dir. 2003/87/CE. Il potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione, ex art. 9, n. 3, della direttiva, è fortemente circoscritto, dato che è soggetto a limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato, è limitato all’esame da parte della Commissione della compatibilità del PNA con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della direttiva e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla notifica del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza del Tribunale 30/04/2007, causa T-387/04, EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione; in tal senso, sentenza del Tribunale 7/11/2007, causa T-374/04, Germania/Commissione). Oltretutto, quanto ai limiti temporali, va constatato che l’art. 9, n. 3, della direttiva prevede un solo termine di tre mesi nel corso del quale la Commissione può pronunciarsi sul PNA. Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Obbligo di motivazione ex art. 253 CE - Iter logico in forma chiara e inequivoca - Necessità. La motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria da cui l’atto controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato affinché possano difendere i loro diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte 19/09/2000, causa C-156/98, Germania/Commissione e sentenza del Tribunale 21/03/2002, causa T-231/99, Joynson/Commissione). Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07

DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Annullamento parziale di un atto comunitario - Elementi separabili dal resto dell’atto - Requisito della separabilità - Limiti. L’annullamento parziale di un atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10/12/2002, causa C-29/99, Commissione/Consiglio e 30/09/2003, causa C-239/01, Germania/Commissione; sentenza 21/01/2003, causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio). Tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24/05/2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio; sentenze della Corte 31/03/1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione). Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07


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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

delle Comunità Europee,


SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

23 settembre 2009 (*)

«Ambiente - Direttiva 2003/87/CE - Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione per la Polonia per il periodo 2008-2012 - Termine di tre mesi - Competenze rispettive degli Stati membri e della Commissione - Parità di trattamento - Obbligo di motivazione - Art. 9, nn. 1 e 3, e art. 11, n. 2, della direttiva 2003/87»



Nella causa T-183/07,

Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E. Osniecka-Tamecka, successivamente dal sig. T. Nowakowski, successivamente dal sig. T. Kozek, successivamente dal sig. M. Dowgielewicz e infine dai sigg. Dowgielewicz, M. Jarosz e M. Nowacki, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica di Ungheria, rappresentata dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich e dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti,

da:

Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriauciunas, in qualità di agente,

e da:

Repubblica slovacca, rappresentata inizialmente dal sig. J. Corba, successivamente dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agenti,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker e dalla sig.ra K. Herrmann, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente dalle sig.re Z. Bryanston-Cross e C. Gibbs, in qualità di agenti, assistite dal sig. H. Mercer, barrister, successivamente dalla sig.ra I. Rao e dal sig. S. Ossowski, in qualità di agenti, assistiti dal sig. J. Maurici, barrister,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di annullamento, totale o parziale, della decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def., concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/ CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32),


IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe (relatore) e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pochec, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 febbraio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


Contesto normativo

I - Normativa internazionale e comunitaria concernente la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto

1 La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici adottata a New York il 9 maggio 1992 (in prosieguo: la «UNFCC»), approvata a nome della Comunità europea dalla decisione del Consiglio 15 dicembre 1993, 94/69/CE, concernente la conclusione della UNFCC (GU 1994, L 33, pag. 11), si propone quale obiettivo ultimo di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico. L’allegato I della UNFCC presenta un elenco di Stati aderenti, tra i quali figura la Repubblica di Polonia che, inoltre, è ivi classificata nella categoria dei paesi in transizione verso un’economia di mercato. La UNFCC è entrata in vigore nella Comunità il 21 marzo 1994. La UNFCC è stata ratificata dalla Repubblica di Polonia il 28 luglio 1994, ove è entrata in vigore il 26 ottobre 1994.

2 Al fine di raggiungere l’obiettivo ultimo della UNFCC, l’11 dicembre 1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto allegato alla UNFCC (Decisione 1/CP.3 «Adozione del Protocollo di Kyoto [allegato alla UNFCC]»). Nell’allegato A del Protocollo di Kyoto compare l’elenco dei gas a effetto serra e quello dei settori/categorie di fonti contemplati dal Protocollo di Kyoto. Nell’allegato B del Protocollo di Kyoto figura l’elenco delle parti del Protocollo di Kyoto con la quantificazione degli impegni in materia di limitazione e riduzione delle emissioni.

3 Il 25 aprile 2002 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione del Consiglio 2002/358/CE, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla [UNFCC] e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1). Il Protocollo di Kyoto, come i suoi allegati A e B, è incluso nell’allegato I della decisione 2002/358. La tabella della quantificazione degli impegni in materia di limitazione e riduzione delle emissioni, destinata a fissare le rispettive quantità di emissioni assegnate alla Comunità ed ai suoi Stati membri in conformità dell’art. 4 del Protocollo di Kyoto, figura all’allegato II della decisione 2002/358.

4 La Repubblica di Polonia, dal canto suo, ha ratificato il Protocollo di Kyoto il 13 dicembre 2002. Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore nella Comunità e nella Repubblica di Polonia il 16 febbraio 2005.

II - Normativa concernente il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra

5 L’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva»), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 ottobre 2004, 2004/101/CE (GU L 338, pag. 18), così prevede:

«La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (…) al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica».

6 L’art. 9 della direttiva recita come segue:

«1. Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro elabora un piano nazionale che determina la quantità totale di quote di emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione. Il piano si fonda su criteri obiettivi e trasparenti, compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il Trattato, la Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III.

Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il piano è pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto mesi prima dell’inizio del periodo in questione.

2. I piani nazionali di assegnazione sono esaminati in seno al comitato di cui all’articolo 23, paragrafo 1 [della direttiva].

3. Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro di un piano nazionale di cui al paragrafo 1, la Commissione può respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di rigetto».

7 Ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva:

«2. Per il quinquennio che ha inizio il 1º gennaio 2008 e per ciascun periodo successivo di cinque anni, ciascuno Stato membro decide in merito alla quantità totale di quote di emissioni che assegnerà in tale periodo, nonché inizia il processo di assegnazione di tali quote al gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi prima dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del piano nazionale di assegnazione di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10, tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico».

8 L’allegato III della direttiva elenca dodici criteri applicabili ai piani nazionali di assegnazione. I criteri nn. 1-3, 5, 6, 10 e 12 dell’allegato III prevedono rispettivamente quanto segue:

«1. La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo interessato è coerente con l’obbligo digli Stati membri di limitare le proprie emissioni ai sensi della decisione 2002/358/CE e del Protocollo di Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali, e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358/CE e dal protocollo di Kyoto.

2. La quantità totale delle quote da assegnare è coerente con le valutazioni dei progressi già realizzati o da realizzare per rispettare i contributi degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai sensi della decisione 93/389/CEE.

3. Le quantità delle quote da assegnare è coerente con il potenziale, compreso il potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività contemplate dal presente sistema. Gli Stati membri possono basare la ripartizione delle quote sulla media delle emissioni dei gas a effetto serra relative ai prodotti di ciascuna attività e sui progressi realizzabili in ciascuna attività.

(…)

5. Il piano non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni del Trattato, in particolare agli articoli 87 e 88.

6. Il piano contiene informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario in ciascuno Stato membro.

(…)

10. Il piano include un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno.

(…)

12. Il piano specifica l’importo massimo di [riduzioni delle emissioni certificate] e di [unità di riduzione delle emissioni] che può essere utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario e inteso come percentuale delle quote di emissioni assegnate a ciascun impianto. La percentuale è coerente con gli obblighi di supplementarità assunti dallo Stato membro ai sensi del Protocollo di Kyoto e delle decisioni adottate a norma della convenzione UNFCCC e del Protocollo di Kyoto».


Fatti


9 Con lettera del 30 giugno 2006 la Repubblica di Polonia ha notificato alla Commissione delle Comunità europee, conformemente al disposto dell’art. 9, n. 1, della direttiva, il proprio piano nazionale di assegnazione per il periodo 2008-2012 (in prosieguo: il «PNA»). In base a detto PNA la Repubblica di Polonia si proponeva di assegnare alla propria industria nazionale contemplata dalla direttiva una media annuale complessiva di 284,648332 milioni di tonnellate di biossido di carbonio equivalente (MteCO2).

10 Al PNA era acclusa una lettera datata 29 giugno 2006, del Ministro dell’Ambiente polacco, indirizzata all’attenzione della Commissione, in cui si segnalava che «le tabelle in cui comparivano i dati precedenti nonché le previsioni di emissioni di cui all’allegato 10 delle summenzionate linee guida, saranno trasmesse alla Commissione non appena ricevuti i dati aggiornati indispensabili» e che «[l]a versione definitiva dell’elenco nominativo dei gestori di impianti e la cifra delle quote loro assegnate saranno comunicate alla Commissione dopo l’adozione in Consiglio dei Ministri».

11 Con lettera del 30 agosto 2006 indirizzata alla Repubblica di Polonia la Commissione, dopo un primo esame del PNA, segnalava l’incompletezza di quest’ultimo e che, a tale stadio, non era compatibile con i criteri nn. 2 e 5 dell’allegato III della direttiva. Essa invitava quindi la Repubblica di Polonia a rispondere, nel termine di dieci giorni lavorativi, a vari quesiti e richieste di informazioni complementari. La Commissione aggiungeva che avrebbe potuto esprimersi in merito al PNA al più tardi entro tre mesi dalla ricezione delle informazioni complete.

12 Con lettera del 30 ottobre 2006 il sottosegretario di Stato del Ministero dell’Ambiente polacco chiedeva alla Commissione di posporre il termine impartito per presentare la risposta alla lettera del 30 agosto 2006 alla fine della terza settimana del novembre 2006, facendo segnatamente valere che tale periodo addizionale gli avrebbe consentito di approntare informazioni esatte e di precisare aspetti essenziali, il che avrebbe di conseguenza posto la Commissione in grado di procedere ad una valutazione corretta ed effettivamente completa del documento presentato.

13 La Repubblica di Polonia rispondeva alla lettera del 30 agosto 2006 con lettera del 29 dicembre 2006 e successivamente, con lettera del 9 gennaio 2007, comunicava informazioni supplementari.

14 Il 26 marzo 2007 la Commissione, ai sensi del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, ha adottato la decisione C (2007) 1295 def., concernente il PNA (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Nella decisione impugnata la Commissione conclude, sostanzialmente, per la violazione di vari criteri dell’allegato III della direttiva e, pertanto, riduce di 76,132937 MteCO2 la quantità totale annuale di quote di emissioni indicata nel PNA, stabilendone il livello massimo a 208,515395 MteCO2.

15 Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

I seguenti aspetti del [PNA] per il primo periodo di cinque anni considerato dall’art. 11, n. 2, della direttiva sono incompatibili, rispettivamente, con:

1. i criteri [nn.] 1[-]3 dell’allegato III della direttiva: la frazione della quantità totale di quote da assegnare - pari alla somma del volume annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento conseguente alle riduzioni del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia ex art. 13, n. 2, della direttiva - non è conforme alle stime effettuate in applicazione della decisione 280/2004/CE e non è compatibile con il potenziale, compreso quello tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività contemplate dal sistema comunitario; tale frazione è ricondotta al tetto delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva, in corso di realizzazione nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o di moderare le loro emissioni, nel limite dei dati verificati e comprovati; inoltre, la frazione della quantità totale di quote, potenzialmente pari a 6,2884 [MteCO2] per anno corrispondente alle emissioni supplementari degli impianti di combustione, nella misura in cui tali emissioni non siano esclusivamente connesse allo sviluppo, da parte degli impianti in parola, di nuove attività e non si basino su dati verificati e comprovati, secondo i metodi generali del [PNA];

2. il criterio [n.] 5 dell’allegato III della direttiva: l’assegnazione a taluni impianti di quote superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;

3. il criterio [n.] 6 dell’allegato III della direttiva: le informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario;

4. il criterio [n.] 10 dell’allegato III della direttiva: l’intenzione della [Repubblica di] Polonia di trasferire le quote inizialmente assegnate agli impianti del settore della produzione di coke verso le centrali elettriche in caso di vendita, da parte di tali impianti, di gas di coke alle centrali elettriche;

5. il criterio [n.] 12 dell’allegato III della direttiva: l’importo massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di riduzione delle emissioni che può essere utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario, come percentuale delle quote assegnate a ciascun impianto, fissata al 25%, non è conforme agli obblighi di supplementarità della [Repubblica di] Polonia derivanti dal Protocollo di Kyoto né alle decisioni adottate a norma della UNFCC o del Protocollo di Kyoto, dato che oltrepassa la soglia del 10%.

Articolo 2

Il [PNA] non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali senza indebito ritardo:

1. la quantità totale di quote da assegnare nell’ambito del sistema comunitario sarà diminuita fino ad essere pari alla somma: del volume annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento conseguente ad ogni riduzione del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia ai sensi dell’art. 13, n. 2, della direttiva; le quote assegnate agli impianti di combustione supplementari sono determinate secondo i metodi generali descritti nel [PNA], sulla base di dati verificati e comprovati sulle emissioni, riguardanti soltanto le nuove attività, mentre la quantità totale è ridotta fino alla differenza tra le quote assegnate agli impianti menzionati ed i 6,2884 [MteCO2] corrispondenti alla riserva annuale per tali impianti; la quantità totale è maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva, già operativi nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le loro emissioni, nella misura in cui le riduzioni o limitazioni in parola siano corroborate da dati verificati e comprovati;

2. le quote assegnate agli impianti non saranno superiori alle necessità stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;

3. saranno fornite informazioni sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario, in modo conforme ai criteri dell’allegato III della [direttiva] e al disposto dell’art. 10 di quest’ultima;

4. la quantità di quote assegnata ad uno degli impianti menzionati nel [PNA] ed operanti su tutto il territorio nazionale non è adeguata alla chiusura di altri impianti presenti su tale territorio;

5. il tetto massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di riduzione di emissioni che i gestori possono utilizzare nell’ambito del sistema comunitario, come di percentuale delle quote assegnate a ciascun impianto, sarà ridotto in modo da non oltrepassare la soglia del 10%.

Articolo 3

1. La quantità totale annuale media di quote che deve essere assegnata dalla [Repubblica di Polonia] in applicazione [del PNA] agli impianti menzionati in tale piano ed ai nuovi entranti - diminuita, da un lato, fino alla somma del livello di adeguamento conseguente ad ogni riduzione del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia a norma dell’art. 13, n. 2, della direttiva e, dall’altro, fino alla differenza tra le quote assegnate agli impianti di combustione supplementari ed i 6,2884 milioni di tonnellate corrispondenti alla riserva annuale per i suddetti impianti, in seguito maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva, già operativi nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le loro emissioni, nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni provengano esclusivamente dall’ampliamento della gamma delle loro attività e siano corroborate da dati verificati e comprovati - è pari a 208,515395 [MteCO2] e non è oltrepassata.

2. Il [PNA] può essere modificato senza previa autorizzazione della Commissione se la modifica concerne le quote assegnate a taluni impianti, nei limiti della quantità totale di quote da assegnare agli impianti menzionati nel piano, in seguito a miglioramenti della qualità dei dati, o se consiste nel ridurre la percentuale delle quote da assegnare gratuitamente nei limiti fissati all’art. 10 della direttiva.

3. Qualsivoglia modifica del [PNA] richiesta al fine di correggere le incompatibilità indicate all’art. 1 della decisione in parola, ma che si discosti da quelle menzionate all’art. 2, deve essere notificata il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione delle procedure nazionali senza indebito ritardo, e necessita il previo consenso della Commissione conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva. Ogni altra modifica del [PNA], eccetto quelle richieste all’art. 2 della presente decisione, è irricevibile.

Articolo 4

La Repubblica di Polonia è destinataria della presente decisione».

Procedimento e conclusioni delle parti

16 Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 maggio 2007, la Repubblica di Polonia ha proposto il presente ricorso.

17 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il medesimo giorno, la Repubblica di Polonia ha domandato di statuire mediante il procedimento accelerato di cui all’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione 10 luglio 2007 il Tribunale (Quinta Sezione) ha respinto tale domanda.

18 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato destinato alla Seconda Sezione, cui la presente causa è stata pertanto assegnata.

19 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 settembre 2007, la Repubblica di Polonia ha presentato una domanda di provvedimenti urgenti, in cui ha concluso chiedendo al presidente del Tribunale di sospendere l’esecuzione della decisione impugnata. Con ordinanza 9 novembre 2007 il presidente del Tribunale ha respinto tale domanda.

20 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 agosto 2007, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di essere ammesso ad intervenire nel presente procedimento a sostegno della Commissione. Con ordinanza 5 ottobre 2007 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha depositato la sua memoria d’intervento il 19 dicembre 2007. Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 7 marzo 2008, la Repubblica di Polonia e la Commissione hanno presentato le rispettive osservazioni sulla memoria d’intervento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

21 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 ottobre 2007, la Repubblica di Lituania ha chiesto di essere ammessa ad intervenire nel presente procedimento a sostegno della Repubblica di Polonia. Con ordinanza 19 novembre 2007 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha constatato che la domanda in questione era stata presentata conformemente all’art. 115 del regolamento di procedura, ma dopo la scadenza del termine di sei settimane di cui all’art. 115, n. 1, del medesimo regolamento. Il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha pertanto ammesso la domanda in parola, pur limitando i diritti della Repubblica di Lituania a quelli previsti dall’art. 116, n. 6, del suddetto regolamento.

22 Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 7 e il 20 febbraio 2008, la Repubblica slovacca e la Repubblica di Ungheria hanno chiesto di essere ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia. Con ordinanza 10 aprile 2008 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha constatato che le due domande in questione erano state presentate conformemente all’art. 115 del regolamento di procedura, ma dopo la scadenza del termine di sei settimane di cui all’art. 115, n. 1, del medesimo regolamento. Il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha pertanto ammesso le due domande, pur limitando i diritti della Repubblica slovacca e della Repubblica di Ungheria a quelli previsti dall’art. 116, n. 6, del suddetto regolamento.

23 La Repubblica di Polonia conclude che il Tribunale voglia:

- annullare, in tutto o in parte, la decisione impugnata;

- condannare la Commissione alle spese.

24 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, conclude che il Tribunale voglia:

- respingere il ricorso;

- condannare la Repubblica di Polonia alle spese.


In diritto


25 In linea generale, come risulta dalla sintesi dei motivi addotti dalla Repubblica di Polonia, che compaiono nell’ultima parte del ricorso, intitolata «Conclusioni», tali motivi sono diretti a dimostrare che la decisione impugnata «è stat[a] adottat[a] dalla Commissione, quando invece non ne aveva la competenza, in violazione delle forme sostanziali, del disposto del Trattato CE e oltrepassando i limiti dei suoi poteri».

26 Più precisamente, a sostegno del suo ricorso, la Repubblica di Polonia deduce nove motivi relativi, in sostanza, da un lato, alla violazione di disposizioni della direttiva, vale a dire dell’art. 9, nn. 1 e 3, dei criteri nn. 1-3 e 12 dell’allegato III e dell’art. 13, n. 2, e, dall’altro, alla violazione del diritto di prendere conoscenza, nel corso del procedimento, degli elementi di fatto sulla base dei quali la decisione impugnata è stata adottata ed alla lesione della sua sicurezza energetica.

I - Sul primo motivo, relativo all’illegittima adozione della decisione impugnata dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto all’art. 9, n. 3, della direttiva

A - Argomenti delle parti

27 La Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione ha violato il disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva per il motivo che, dopo la scadenza del termine di tre mesi di cui dispone, in base al citato articolo, per respingere il PNA o qualunque aspetto di quest’ultimo (in prosieguo: il «termine di tre mesi»), non aveva più il diritto di adottare la decisione impugnata. Il decorso del termine in parola sarebbe iniziato alla data della notifica del PNA, ossia, nella fattispecie, il 30 giugno 2006. La lettera della Commissione del 30 agosto 2006, con cui sollecitava ulteriori informazioni relativamente al PNA, non avrebbe sospeso il termine suddetto. A sostegno della sua tesi la Repubblica di Polonia fa valere la sentenza del Tribunale 23 novembre 2005, causa T-178/05, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. II-4807), e, più specificamente, i punti 55 e 73. Essa ne inferisce che occorre, da un lato, annullare la decisione impugnata e, dall’altro, considerare che il PNA è stato accettato dalla Commissione.

28 Più precisamente, dalla citata sentenza Regno Unito/Commissione, citata al punto 27 supra, discenderebbe che, quando la Commissione ritenga che un PNA sia incompleto, può respingere quest’ultimo ed esigere la notifica di un nuovo PNA solo prima della scadenza del termine di tre mesi. Pertanto, al punto 7 della sua comunicazione sugli orientamenti complementari sui piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE [COM (2005) 703 def.] pubblicata il 22 dicembre 2005, la Commissione avrebbe a torto indicato che il termine di tre mesi ha inizio solo a partire dalla presentazione di un PNA completo. Allo stesso modo, nella sua lettera del 30 agosto 2006, la Commissione avrebbe ribadito siffatta interpretazione errata delle modalità di applicazione del termine di tre mesi dichiarando che avrebbe adottato una decisione entro un termine massimo di tre mesi a partire dalla ricezione delle informazioni complete richieste.

29 Quanto alla lettera del 30 agosto 2006, la Repubblica di Polonia afferma che non costituisce una decisione di rigetto del PNA. La sua domanda di prolungare il termine entro cui rispondere alla lettera in questione avrebbe riguardato il termine di dieci giorni ivi menzionato e non il termine di tre mesi. Essa fa osservare che, pur non avendo fornito risposta alcuna a tale lettera prima del 29 dicembre 2006, la Commissione non ha adottato una decisione di rigetto. Orbene, il termine di tre mesi non può essere interrotto da nessun atto dell’una o dell’altra parte del procedimento.

30 Infine, anche volendo ipotizzare che la mancanza di informazioni complementari richieste nella lettera del 30 agosto 2006 costituisse un motivo sufficiente per giustificare una decisione di rigetto del PNA, la Commissione avrebbe allora dovuto adottare siffatta decisione prima del 30 settembre 2006 e chiedere alla Repubblica di Polonia di presentare un nuovo PNA completo.

31 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, è del parere che, nonostante ciò non sia precisato dalla direttiva, è ragionevole considerare che il termine di tre mesi possa cominciare a decorrere solo a partire dalla notifica del PNA completo. In base al principio di leale cooperazione con gli Stati membri, essa dovrebbe chieder loro di completare il PNA incompleto, e ciò nei tre mesi a partire dalla sua notifica. Essa rileva in ogni caso che, secondo la costante prassi amministrativa, si deve considerare come punto di partenza del termine di tre mesi la data di registrazione del PNA notificato presso la segreteria generale della Commissione, ossia, nella fattispecie, il 6 luglio 2006.

B - Giudizio del Tribunale

32 In via preliminare occorre rilevare che gli elementi seguenti sono pacifici fra le parti. Da un lato, la Repubblica di Polonia ha notificato il PNA il 30 giugno 2006, e tale notifica era accompagnata dalla lettera del Ministro dell’Ambiente polacco ove si indicava espressamente che nel PNA mancavano un certo numero di elementi e che questi ultimi sarebbero stati successivamente comunicati alla Commissione. D’altro canto, la Commissione ha ricevuto il PNA il 30 giugno 2006. Inoltre, nella lettera del 30 agosto 2006, la Commissione ha segnalato espressamente alla Repubblica di Polonia che, allo stato, il PNA era incompleto e incompatibile con taluni criteri dell’allegato III della direttiva e, pertanto, l’invitava a rispondere a vari quesiti e richieste di informazioni complementari. Infine, il 30 ottobre 2006, la Repubblica di Polonia ha formalmente chiesto una proroga del termine impartito per rispondere ai quesiti e alle richieste di informazioni complementari menzionati nella lettera del 30 agosto 2006.

33 In via principale occorre valutare la fondatezza degli argomenti addotti dalla Repubblica di Polonia, tesi a dimostrare che, nel caso di specie, il termine di tre mesi previsto all’art. 9, n. 3, della direttiva, da un lato, ha iniziato a decorrere il 30 giugno 2006, e ciò benché il PNA fosse incompleto, e, dall’altro, è scaduto il 30 settembre 2006.

34 In primo luogo, relativamente alla questione se il termine di tre mesi abbia cominciato a decorrere il 30 giugno 2006 quando il PNA notificato era incompleto, si deve innanzitutto ricordare che, ai sensi del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, nei tre mesi successivi alla notifica di un PNA ad opera di uno Stato membro, la Commissione può respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con i criteri di cui all’allegato III o al disposto dell’art. 10 della direttiva.

35 In secondo luogo, come già dichiarato dal Tribunale, non vi sono ragioni per supporre che, quando un PNA incompleto è notificato, il termine di tre mesi di cui dispone la Commissione per respingere un PNA non possa cominciare a decorrere. Uno Stato membro, infatti, non può, notificando un PNA incompleto, rinviare indefinitamente una decisione della Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva (sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 73).

36 In terzo luogo, dalla giurisprudenza risulta che il potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione, ex art. 9, n. 3, della direttiva, è fortemente circoscritto, dato che è soggetto a limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato, è limitato all’esame da parte della Commissione della compatibilità del PNA con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della direttiva e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla notifica del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza del Tribunale 30 aprile 2007, causa T-387/04, EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione, Racc. pag. II-1195, punto 104; v. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 7 novembre 2007, causa T-374/04, Germania/Commissione, Racc. pag. II-4431, punto 116). Oltretutto, quanto ai limiti temporali, va constatato che l’art. 9, n. 3, della direttiva prevede un solo termine di tre mesi nel corso del quale la Commissione può pronunciarsi sul PNA.

37 Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale dichiara che la Repubblica di Polonia correttamente sostiene che il termine di tre mesi ha cominciato a decorrere a partire dalla notifica del PNA da parte della Repubblica di Polonia, ossia il 30 giugno 2006.

38 Quest’ultima constatazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Commissione secondo cui, in sostanza, il termine di tre mesi inizia a decorrere, in base ad una prassi amministrativa costante, dalla data di registrazione della lettera di notifica del PNA presso la segreteria generale della Commissione, vale a dire, nella fattispecie, il 6 luglio 2006.

39 Occorre infatti constatare, innanzitutto, che la Commissione non apporta elementi probatori a sostegno della sua affermazione relativa all’esistenza di una siffatta prassi amministrativa costante. Inoltre va rilevato che all’art. 9, n. 3, della direttiva è espressamente indicato che il momento di inizio del termine di tre mesi è la notifica del PNA. Orbene, nel caso di specie, la Commissione non contesta di avere ricevuto la notifica del PNA il 30 giugno 2006.

40 In secondo luogo, quanto alla questione se il termine di tre mesi sia scaduto il 30 settembre 2006, si devono valutare gli effetti prodotti dalla lettera della Commissione del 30 agosto 2006, lettera nella quale, da un lato, essa constata l’incompletezza e l’incompatibilità del PNA e, dall’altro, invita la Repubblica di Polonia a rispondere ad un certo numero di quesiti e richieste di informazioni complementari.

41 Innanzitutto, dalla giurisprudenza risulta che il controllo preventivo effettuato ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva non porta necessariamente a una decisione di autorizzazione. Infatti la Commissione deve intervenire solo qualora ritenga necessario sollevare obiezioni nei confronti di alcune parti del PNA notificato e prendere, in caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il proprio PNA, una decisione di rigetto. Tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono aver luogo entro tre mesi dalla notifica del PNA. In mancanza, infatti, il PNA notificato acquista carattere definitivo e beneficia di una presunzione di legittimità che consente di mettere fine al divieto temporaneo di attuazione del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione, punto 37 supra, punto 115). Inoltre, tenuto conto del potere fortemente circoscritto di cui dispone la Commissione per esaminare un PNA, come ricordato al precedente punto 37, tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono necessariamente basarsi sulla constatazione di un’incompatibilità del PNA notificato con i criteri di valutazione menzionati nell’allegato III o con il disposto dell’art. 10 della direttiva.

42 In secondo luogo, in mancanza di un potere generale di autorizzazione stricto sensu della Commissione nei confronti del PNA notificato, l’assenza di obiezioni da parte della stessa alla scadenza del suddetto termine non comporta alcuna presunzione o finzione giuridica di autorizzazione del PNA. Pertanto, alla scadenza del termine consegue solo che il PNA acquista carattere definitivo e può essere messo in atto dallo Stato membro (ordinanza EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione, punto 37 supra, punto 120).

43 Di conseguenza il Tribunale considera che la Commissione può intervenire prima della scadenza del termine di tre mesi, non soltanto, in un primo tempo, sollevando obiezioni o ponendo quesiti vertenti su taluni aspetti del PNA notificato, ma anche, in un secondo tempo, in caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il suo PNA, adottando una decisione di rigetto del PNA notificato. Mentre l’adozione di una decisione di rigetto ha l’effetto di interrompere il decorso del termine di tre mesi, quando la Commissione solleva obiezioni o pone dei quesiti vertenti su taluni aspetti del PNA notificato, il termine di tre mesi è sospeso.

44 Orbene, nel caso di specie, si deve constatare che, nella lettera del 30 agosto 2006, ossia due mesi dopo la notifica del PNA, la Commissione, da un lato, ha formalmente attirato l’attenzione della Repubblica di Polonia non soltanto sull’incompletezza, ma altresì sull’incompatibilità, allo stato, del PNA alla luce dei criteri di valutazione applicabili nell’ambito del suo esame ex art. 9, n. 3, della direttiva e, dall’altro, ha invitato la Repubblica di Polonia a rispondere a vari quesiti e richieste di informazioni complementari al fine di completare il PNA. Per quanto riguarda queste ultime richieste, esse concernevano in particolare l’elenco nominativo dei gestori di impianti e la quantità di quote che la Repubblica di Polonia intendeva assegnare loro, dati che non figuravano nel PNA. Questi due tipi di dati, richiesti ai sensi del criterio n. 10 dell’allegato III della direttiva, presentavano un carattere essenziale al fine di consentire alla Commissione di esaminare la compatibilità del PNA. In mancanza di tali dati, è giocoforza riconoscere che la Commissione non era in grado di esaminare il PNA, conformemente al disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva. Infine il Tribunale constata che dagli elementi del fascicolo risulta che, in seguito alla lettera del 30 agosto 2006, la Repubblica di Polonia non ha rifiutato di modificare il suo PNA e di rispondere ai quesiti posti dalla Commissione nella lettera in parola.

45 Emerge dalle precedenti argomentazioni che la lettera del 30 agosto 2006 conteneva obiezioni sollevate dalla Commissione nel termine di tre mesi, in base alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 42 e 43. Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte al precedente punto 44, la Repubblica di Polonia a torto sostiene che, nel caso di specie, il termine di tre mesi, sospeso dalle obiezioni e dai quesiti riportati nella lettera del 30 agosto 2006, sia scaduto il 30 settembre 2006.

46 Siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che la Commissione non ha adottato una decisione di rigetto del PNA prima della scadenza del termine di tre mesi. Infatti, come ricordato al precedente punto 43, una decisione di rigetto di un PNA, che può avere luogo in un secondo tempo, può essere adottata solo allorché lo Stato membro interessato ha respinto le obiezioni della Commissione o ha rifiutato di modificare il suo PNA. Orbene, nel caso di specie è pacifico che il Ministro dell’Ambiente polacco, nella sua lettera allegata al PNA, notificato il 30 giugno 2006, attirava fin da tale momento l’attenzione dei servizi della Commissione sull’incompletezza del PNA e sulla circostanza che gli elementi mancanti sarebbero stati comunicati successivamente. È inoltre parimenti pacifico che, dopo la lettera della Commissione del 30 agosto 2006, la Repubblica di Polonia, lungi dal rifiutare di rispondere ai quesiti e alle richieste della Commissione, menzionati in detta lettera, o di modificare il PNA, ben al contrario, in occasione delle discussioni tra i propri servizi e quelli della Commissione, e poi formalmente con la lettera del 30 ottobre 2006, ha chiesto alla Commissione di posporre il termine impartito in modo da poter presentare le risposte ai quesiti e alle richieste di informazioni complementari. Inoltre, dalla lettera del 30 ottobre 2006 consta che essa insisteva sulla circostanza che la Commissione avrebbe così potuto procedere ad una valutazione corretta e veramente completa del PNA. In siffatto contesto, è a ragione che la Commissione ha considerato che non occorresse respingere il PNA in tale fase, prima di avere ricevuto la risposta della Repubblica di Polonia ai quesiti e alle richieste di informazioni complementari contenuti nella sua lettera del 30 agosto 2006.

47 Da quanto esposto discende che il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

II - Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione ed alla violazione dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva

A - Argomenti delle parti

48 La Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione ha violato il disposto dell’art. 9, n. 1, della direttiva, poiché avrebbe disatteso, senza ragione e «senza motivazione pertinente», la valutazione dei dati riportati nel PNA e avrebbe sostituito all’esame di tali dati quello dei propri dati ottenuti in seguito all’applicazione incoerente del proprio metodo di analisi economica.

49 In primo luogo, la Repubblica di Polonia asserisce che, nella decisione impugnata, la Commissione ha escluso dal suo esame i dati forniti dallo Stato in parola nel PNA, così come quelli comunicati in risposta ai quesiti nella lettera del 30 agosto 2006. Al fine di giustificare il rigetto di tali dati, la Commissione avrebbe posto in evidenza la loro mancanza di affidabilità, senza tuttavia fornire un motivo più preciso. In proposito la Repubblica di Polonia afferma che la Commissione avrebbe soltanto indicato, al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, che «non si [poteva] quindi escludere che le emissioni effettive fossero state sopravvalutate a causa delle cifre relative alle emissioni degli anni precedenti comunicate dalla [Repubblica di] Polonia». La Commissione avrebbe quindi «privato di credibilità» i dati forniti dalla Repubblica di Polonia e gli sforzi diretti alla preparazione del PNA in base e conformemente alle sue stesse istruzioni.

50 Essa addebita parimenti alla Commissione di non aver dimostrato che i dati riportati nel PNA fossero inadeguati. Orbene, riguardo segnatamente alle emissioni dichiarate dalla Repubblica di Polonia prima del 2005, esse sarebbero state oggetto di una relazione nell’ambito della UNFCC e sarebbero state controllate dalla Commissione, senza la minima osservazione in merito da parte sua.

51 La Repubblica di Polonia aggiunge che, alla luce del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, la Commissione è tenuta ad effettuare una valutazione singola, per settore economico contemplato dalla direttiva, dei dati di cui si è servito lo Stato membro al fine di predisporre il PNA. A tale proposito essa ricorda che il criterio n. 3 dell’allegato III della direttiva riconosce agli Stati membri il diritto di basare i metodi di assegnazione delle quote sui dati utilizzati relativamente alle attività dei vari settori economici coperti dalla direttiva.

52 Nella replica la Repubblica di Polonia fa valere che la posizione adottata dalla Commissione, e che l’ha indotta a non prendere in considerazione i dati citati nel PNA, deriva da un’interpretazione errata e ingiustificata della Commissione del suo ruolo nel processo di valutazione dei PNA. A suo parere, la missione della Commissione consisteva nel dimostrare, adducendo un’argomentazione completa, che il metodo applicato nel PNA violava il disposto della direttiva.

53 Orbene, sempre nella replica, la Repubblica di Polonia insiste sul fatto che, al fine di poter disattendere il metodo adottato per elaborare il PNA, la Commissione doveva, seppure nel rispetto del «ruolo predominante» di cui godono gli Stati membri a tale titolo, dimostrare in modo chiaro e inconfutabile che tale metodo violava le disposizioni della direttiva. Essa considera parimenti che, tanto nella decisione impugnata quanto nel controricorso, la Commissione non ha prodotto la prova che i dati utilizzati nel PNA non sono oggettivi ed affidabili. Peraltro, al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione stessa ammetterebbe che, al momento della sua adozione, non disponeva di prove dell’erroneità o inesattezza dei dati menzionati nel PNA e constaterebbe soltanto che non potesse escludersi che i dati riportati nel PNA «facessero aumentare smisuratamente i livelli effettivi di emissioni di gas».

54 In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione non ha il diritto, senza giustificazione alcuna né consultazione con lo Stato membro interessato, di sostituire ai dati riportati nel PNA da quest’ultimo i propri dati, ottenuti applicando il proprio metodo di analisi economica, metodo che ha pur esso sostituito quello accolto dallo Stato membro in parola. In forza della valutazione di un PNA, la Commissione avrebbe unicamente il diritto di esaminare i dati forniti dallo Stato membro. Un siffatto metodo di valutazione dei dati in questione si distinguerebbe sia dall’applicazione da parte della Commissione del proprio metodo di analisi economica sia dalla sostituzione in tale modello dei propri dati, dalla rettifica discrezionale di questi ultimi ad opera della Commissione e, infine, dall’ordine intimato alla Repubblica di Polonia di utilizzare i risultati così ottenuti.

55 Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non ha indicato né nei suoi orientamenti complementari del 2005 (v. punto 28 supra) né nella lettera del 30 agosto 2006 che intendeva utilizzare il modello Primes come modello di analisi economica ai fini della valutazione della crescita del prodotto interno lordo (PIL) e del potenziale di riduzione delle emissioni. Soltanto con la relazione del 27 ottobre 2006 sui progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi del Protocollo di Kyoto [COM (2006) 658 def.], pubblicata dopo la notifica del PNA da parte della Repubblica di Polonia, la Commissione avrebbe indicato che, per valutare la conformità di un PNA alla luce dei criteri nn. 2 e 3 dell’allegato III della direttiva, intendeva basarsi sul «metodo del PIL», contrapposto al «metodo settoriale» adottato dalla Repubblica di Polonia nel PNA.

56 Del resto, per quanto riguarda l’affidabilità del modello Primes, la Repubblica di Polonia constata che, prima di adottare la decisione impugnata, la Commissione era in possesso dei dati più precisi e più aggiornati relativamente al PIL polacco. Ciò risulterebbe anche dalla nota a pie’ di pagina n. 24 della decisione impugnata, ove la Commissione ha indicato di non aver tenuto conto dei dati delle previsioni intermedie del febbraio 2007, pubblicate dalla sua direzione generale «Affari economici e finanziari» il 16 febbraio 2007, poiché erano disponibili solo per sette Stati membri e, di conseguenza, non costituivano un insieme di dati sufficientemente coerente ed equanime per l’Unione nel suo complesso.

57 Quanto all’affermazione della Commissione nel controricorso, secondo cui, conformemente al principio della parità di trattamento, il metodo di valutazione dei PNA deve essere identico per tutti gli Stati in parola, essa sarebbe contraria sia ai propri orientamenti sull’elaborazione di un PNA, sia alla sua prassi decisionale in materia rispetto ad altri Stati membri. La Repubblica di Polonia fa osservare che utilizzare dati disponibili il più recente e preciso possibile non costituisce una «discriminazione».

58 Essa aggiunge che nel corso del procedimento di valutazione del PNA la Commissione non le ha mai consentito di presentare le proprie osservazioni vertenti, da un lato, sull’asserzione che il suo metodo di valutazione per elaborare il PNA violerebbe il disposto del diritto comunitario, dall’altro, sulla scelta dell’istituzione in parola di valutare il livello di emissioni autorizzate secondo il «metodo del PIL» invece che con il «metodo settoriale» e, infine, sul funzionamento del modello Primes adottato dalla Commissione. Le discussioni all’interno di comitati o di organi rappresentativi concernenti i criteri di cui la Commissione si sarebbe servita non possono esimere quest’ultima dal suo obbligo di presentare alla Repubblica di Polonia le sue conclusioni nel corso del procedimento amministrativo. Di conseguenza, in assenza di siffatta previa consultazione, la Commissione avrebbe violato il principio di cooperazione fra le istituzioni della Comunità e gli Stati membri.

59 Nella replica la Repubblica di Polonia, a sostegno del primo motivo, fa valere che la Commissione, in base alla direttiva, dispone di un ruolo limitato consistente esclusivamente nel valutare i PNA ad essa notificati alla luce dei criteri previsti dalla medesima. Ricorda inoltre, che, conformemente al disposto dell’art. 11, n. 2, della direttiva, ogni Stato membro decide in merito alla quantità totale di quote di emissioni da assegnare ed avvia il processo di assegnazione di tali quote ai gestori interessati. Essa sostiene che la Commissione, prima di respingere un PNA, o di prescrivere autorizzazioni di emissioni di gas a effetto serra più limitative di quelle previste nel PNA, è tenuta a dimostrare in modo certo e dettagliato che quest’ultimo non è conforme al diritto comunitario. Secondo la Repubblica di Polonia, lo scopo della valutazione di un PNA da parte della Commissione non è sostituirsi allo Stato membro nell’elaborazione del suo PNA.

60 La Commissione fa valere che il secondo motivo concerne il modo con cui ha trattato i dati riportati nel PNA nella fase della valutazione di quest’ultimo.

61 Tuttavia la Repubblica di Polonia avrebbe sollevato, nella fase della replica, nella parte dedicata al primo motivo, un motivo nuovo relativo alla violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva, nel senso che la Commissione sarebbe andata al di là delle competenze di controllo conferitele dalla direttiva in parola. La Commissione rileva dal canto suo che il primo motivo dedotto nel ricorso verteva unicamente sulla circostanza che la decisione impugnata sarebbe stata adottata dopo la scadenza del termine di tre mesi. Tale motivo dovrebbe pertanto essere dichiarato irricevibile, conformemente al disposto dell’art. 44, n. 1, lett. c), e dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura.

62 In via principale, la Commissione indica che, nella decisione impugnata, ha considerato che taluni aspetti del PNA non fossero conformi a vari criteri dell’allegato III della direttiva. Essa aggiunge di aver fissato la quantità annuale di quote di emissioni di gas a effetto serra di cui trattasi a 208,515395 MteCO2, diminuendo così di 76,132937 MteCO2 la quantità annuale di quote di emissioni di gas a effetto serra proposta dalla Repubblica di Polonia nel PNA.

63 Essa ricorda che, ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva, valutando il PNA alla luce dei criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva, ha tenuto conto di tre indicatori, ossia, da un lato, dei dati verificati relativi alle emissioni effettive di gas a effetto serra nel 2005 (nell’ambito del criterio n. 2), dall’altro, delle previsioni di crescita del PIL nel 2010 e, infine, delle tendenze relative all’intensità di carbonio per gli anni 2005-2010 (questi ultimi due indicatori attengono al criterio n. 3). Con l’espressione «dati verificati» s’intendono dati trasmessi dagli impianti, successivamente controllati, registrati e verificati da esperti indipendenti.

64 La Commissione sostiene che una valutazione corretta di un PNA sulla base dell’art. 9, n. 3, della direttiva deve consentire di evitare che si formino eccedenze di quote che rischino di condurre in seguito ad una «caduta del mercato», come è accaduto nel corso del periodo di scambio 2005-2007. Soltanto una «scarsità di quote adeguata» potrebbe contribuire alla realizzazione dello scopo della direttiva, cioè ridurre le emissioni di gas a effetto serra in termini di costi e di efficienza economica. A tale riguardo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord afferma che la Commissione, nello scegliere i dati, dovrebbe prendere in considerazione la circostanza che la concessione delle assegnazioni chiesta dalla Repubblica di Polonia condurrebbe ad un eccesso di assegnazioni immediato e quindi ad un eccesso di offerte sul mercato di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra, il che si ripercuoterebbe sul prezzo delle quote in questione.

65 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, considera che l’art. 9, n. 3, della direttiva non le impone di utilizzare il metodo di analisi adottato dallo Stato membro interessato e i dati menzionati nel PNA in esame. Essa non contesta affatto la circostanza che gli Stati membri dispongano di un «ampio potere discrezionale» nell’attuazione del proprio PNA dopo la valutazione della Commissione. Ciò nondimeno, per valutare un PNA alla luce dei criteri dell’allegato III e dell’art. 10 della direttiva, essa dovrebbe utilizzare i dati più oggettivi e più affidabili nonché, per il principio della parità di trattamento fra gli Stati membri, uno stesso metodo di analisi economica per tutti, il che potrebbe talora condurla, rispetto ad alcuni fra questi, a utilizzare dati che non sono perfettamente aggiornati. La Commissione aggiunge che tale obbligo, segnatamente di utilizzare dati affidabili in materia di emissioni, nell’ambito della valutazione dei PNA, ex art. 9, n. 3, della direttiva, deriva dagli artt. 14 e 15 di quest’ultima e dalla decisione della Commissione 29 gennaio 2004, 2004/156/CE, che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva (GU L 59, pag. 1). Considerato l’ampio potere di valutazione di cui gode in funzione delle complesse valutazioni sotto il profilo economico ed ambientale operate nell’ambito del controllo dei PNA, la Commissione ritiene di non essere tenuta a fornire spiegazioni dettagliate circa l’utilizzo degli indicatori economici ed ambientali. Essa sostiene infine che la valutazione da essa effettuata in applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva non si propone di sostituire il PNA, bensì unicamente di stabilire un livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare.

66 Allo scopo di dimostrare che gli Stati membri potevano utilizzare il loro metodo di calcolo per determinare la quantità totale di quote da assegnare, essa cita quale esempio il caso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica francese e del Regno di Danimarca, che non hanno oltrepassato il «limite stabilito» per la quantità di quote possibile relativamente al secondo periodo di scambio, cosicché né i loro PNA né le quantità totali di quote ivi indicate sono stati respinti.

67 Secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la scelta di politica operata dalla Commissione relativamente ai dati, che, per sua natura, comporta una decisione economica complessa la quale è sottoposta ad un controllo giurisdizionale limitato, non consiste soltanto in una valutazione della qualità dei dati interessati, ma comprende anche una valutazione della reazione che il mercato potrebbe avere rispetto alla qualità di tali dati. Inoltre una proposta di assegnazione eccessiva, come quella di cui trattasi nella fattispecie, rischierebbe manifestamente di avere un impatto importante sul sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità. Tale proposta di assegnazione dovrebbe pertanto essere esaminata tenendo presenti le quote supplementari richieste da altri Stati membri nei rispettivi PNA.

68 Secondo la Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, è dunque così che, in primo luogo, avrebbe deciso di accettare i dati concernenti le emissioni in tutti gli Stati membri nel corso del 2005, come pubblicati il 15 maggio 2006 nel Catalogo indipendente comunitario delle operazioni (CITL-Community Independent Transaction Log). Essa aggiunge di aver indicato, con un comunicato stampa del medesimo giorno, che considerava i dati in questione come i migliori ed i più esatti e che ne avrebbe tenuto conto nella valutazione dei PNA per il periodo 2008-2012. Tali dati sarebbero stati anche riportati nel rapporto del 2006 (v. punto 55 supra) e, per quanto riguarda la Repubblica di Polonia, sarebbero stati completati sulla base della risposta di quest’ultima alla lettera del 30 agosto 2006. La Commissione precisa che, contrariamente ai dati delle emissioni concernenti il 2005, quelli notificati dalla Repubblica di Polonia nel PNA, vertenti sugli anni precedenti al 2005, non erano stati verificati in modo indipendente e che non escludeva che essi «facessero aumentare smisuratamente i livelli effettivi di emissioni di gas». La circostanza che i dati in parola fossero stati oggetto di una relazione nel quadro della UNFCC e fossero stati controllati sotto tale profilo dalla Commissione non avrebbe automaticamente comportato il loro «riconoscimento» nel quadro del sistema per lo scambio di quote.

69 In secondo luogo, la Commissione fa osservare, da un lato, di avere utilizzato il modello Primes soltanto per stabilire l’indicatore relativo all’intensità di carbonio per il periodo 2005-2010 e, dall’altro, che si tratta di un modello che integra i dati più affidabili relativamente alla riduzione di emissioni di gas a effetto serra. Tale sistema di dati è elaborato e gestito, per conto della Commissione, da esperti indipendenti dell’Università di Atene. Tali dati sono stati rilevati nel corso del medesimo periodo per tutti gli Stati membri, il che dovrebbe quindi garantire un livello analogo di coerenza ed esattezza. Infine la circostanza che l’esame del PNA si sia rivelato impossibile nel secondo semestre del 2006, poiché la Repubblica di Polonia ha trasmesso alla Commissione le informazioni indispensabili a tale scopo solo nel 2007, non può fare sì che la Repubblica di Polonia si trovi in una situazione diversa, e persino più vantaggiosa, per l’utilizzo delle previsioni del PIL, rispetto a quella di altri Stati membri che avevano notificato un PNA completo.

B - Giudizio del Tribunale

70 Il Tribunale constata che il secondo motivo si divide in due parti. Quanto alla prima parte, la Repubblica di Polonia addebita alla Commissione di avere respinto, senza ragione e «senza motivazione pertinente», il metodo di analisi economica da essa adottato nonché i dati riportati nel PNA. Tenuto conto delle memorie delle parti, il Tribunale considera che, nell’ambito della suddetta parte del secondo motivo, la Repubblica di Polonia contesta alla Commissione di avere violato l’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE. Quanto alla seconda parte, essa le addebita di avere violato il disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva, da un lato, sostituendo il metodo e i dati in parola con il proprio metodo di valutazione ed i propri dati ottenuti in base di quest’ultimo e, dall’altro, imponendogli, a titolo di controllo del PNA, un tetto per la quantità totale di quote da assegnare.

1. Sull’esistenza di un asserito motivo nuovo, dedotto dalla Repubblica di Polonia nella fase della replica e relativo alla circostanza che la Commissione sarebbe andata al di là dei suoi poteri di controllo

71 Occorre accertare se, come sostenuto dalla Commissione, la censura, relativa ad una violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva in quanto la Commissione avrebbe ecceduto i limiti dei poteri di controllo conferitile da tale articolo, costituisca un motivo nuovo il quale, di conseguenza, deve essere respinto.

72 Dal combinato disposto dell’art. 44, n. 1, lett. c), e dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, consta che l’atto introduttivo del giudizio deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi invocati e che la produzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante la fase scritta.

73 Nel caso di specie, innanzitutto, come emerge dalle conclusioni nell’ultima parte del ricorso (v. punto 25 supra), la Repubblica di Polonia addebita alla Commissione, in modo generale, di avere adottato la decisione impugnata, quando invece non ne avrebbe avuto il potere, e ciò «in violazione delle forme sostanziali, di disposizioni del Trattato CE ed oltrepassando i suoi poteri». Dalla sintesi dei motivi dedotti dalla Repubblica di Polonia risulta che, sin dalla fase dell’atto introduttivo del ricorso, essa ha lamentato che la Commissione aveva ecceduto i limiti dei poteri conferitile dall’art. 9, n. 3, della direttiva relativamente al suo potere di valutazione dei PNA.

74 Inoltre il Tribunale constata che, al punto 53 del suo ricorso, la Repubblica di Polonia ha fatto valere, a titolo del secondo motivo, che, nell’ambito della valutazione di un PNA, la Commissione ha soltanto il diritto di esaminare la compatibilità dei dati prodotti dallo Stato membro interessato rispetto ai criteri di valutazione che figurano nella direttiva. La Commissione non avrebbe per contro il diritto, in siffatto contesto, di inserire suoi propri dati in sostituzione dei dati forniti dallo Stato membro. Il Tribunale osserva anche che la Repubblica di Polonia, nello stesso punto del ricorso, aggiunge che non si deve confondere la valutazione dalla Commissione dei dati forniti da uno Stato membro nel suo PNA con l’applicazione da parte della menzionata istituzione del proprio metodo di analisi economica, la sostituzione dei propri dati a quelli presenti in un PNA, la rettifica discrezionale di questi ultimi ad opera della medesima o ancora con l’ordine intimato allo Stato membro in parola dalla Commissione di utilizzare i risultati così ottenuti.

75 Il Tribunale rileva poi che, al punto 54 del ricorso, la Repubblica di Polonia fa valere che ciascuno degli Stati membri può legittimamente attendersi, in forza dell’art. 9, n. 3, della direttiva, che la Commissione operi una valutazione singola dei dati di cui si è servita per elaborare il PNA. Del pari, al punto 56 del ricorso, la Repubblica di Polonia addebita alla Commissione di non avere dimostrato che i dati riportati nel PNA fossero inadeguati.

76 Si deve del resto osservare che gli argomenti presentati dalla Repubblica di Polonia al punto 8 della replica, relativamente al primo motivo, sono sostanzialmente identici a quelli svolti nella medesima fase scritta del procedimento, ma relativamente al secondo motivo (v. punto 54 supra). Nei due casi, infatti, essa fa valere in sostanza che, per adottare una decisione come la decisione impugnata, e in particolare rifiutare il metodo di valutazione utilizzato dallo Stato membro interessato, la Commissione deve, nel rispetto del «ruolo predominante» degli Stati membri nell’elaborazione dei PNA, dimostrare in modo chiaro e inconfutabile che il suddetto metodo viola il disposto della direttiva. Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione non ha fatto valere l’irricevibilità di tale argomentazione presentata nella replica a sostegno del secondo motivo. Infine, dagli argomenti esposti al precedente punto 53, svolti anche nella fase della replica a sostegno del secondo motivo, risulta che la Repubblica di Polonia sostiene espressamente che la posizione adottata dalla Commissione, che l’ha condotta a non prendere in considerazione dati riportati nel PNA, deriva da un’interpretazione errata e ingiustificata, da parte di quest’ultima, del suo ruolo nel processo di valutazione dei PNA.

77 In ogni caso il Tribunale rileva che, nel controricorso, la Commissione ha, da un lato, constatato essa stessa che il secondo motivo concerneva il modo con cui aveva utilizzato i dati presentati in un PNA nella fase di valutazione di quest’ultimo e, dall’altro, ha risposto con chiarezza a tale motivo nel senso che verteva sui presupposti di esercizio del suo potere di controllo del PNA, conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva.

78 Dalle constatazioni che precedono emerge che la Repubblica di Polonia, fin dalla fase del ricorso, non soltanto ha addebitato alla Commissione di non aver rispettato i presupposti di esercizio del suo potere di valutazione dei PNA derivante dal disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, ma ha inoltre fatto valere, sostanzialmente, che la Commissione aveva ecceduto l’ambito del potere stesso, poiché aveva sostituito il proprio metodo di analisi economica ed i propri dati a quelli accolti nel PNA, rettificando discrezionalmente tali dati e obbligandola ad utilizzare i risultati da essa così ottenuti.

79 Pertanto, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la censura, relativa ad una violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva, in quanto la Commissione avrebbe ecceduto i limiti dei poteri di controllo ad essa conferiti da tale articolo, non costituisce un motivo nuovo ed è quindi ricevibile.

2. Sulla fondatezza del secondo motivo

a) Osservazioni preliminari

80 Inizialmente giova ricordare gli obiettivi perseguiti dalla direttiva, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri in forza delle disposizioni di quest’ultima e, infine, la portata del controllo giurisdizionale operato dal giudice comunitario su una decisione come la decisione impugnata.

Sugli obiettivi della direttiva

81 Per quanto riguarda gli obiettivi cui mira la direttiva, il Tribunale ha già statuito che il principale obiettivo dichiarato dalla direttiva consiste nel ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a effetto serra per poter rispettare gli impegni della Comunità e degli Stati membri alla luce del Protocollo di Kyoto. Questo obiettivo deve essere perseguito nel rispetto di una serie di «sotto-obiettivi» e mediante il ricorso a determinati strumenti. Lo strumento principale a questo fine è costituito dal sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (art. 1 e secondo ‘considerando’ della direttiva), il cui funzionamento è determinato da taluni «sotto-obiettivi», cioè il mantenimento di condizioni di validità in termini di costi e di efficienza economica, la preservazione dello sviluppo economico e dell’occupazione nonché dell’integrità del mercato interno e delle condizioni di concorrenza (art. 1, nonché quinto e settimo ‘considerando’, di tale direttiva) (sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 124).

Sulla ripartizione delle competenze fra la Commissione e gli Stati membri

82 Per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli Stati membri sul recepimento di una direttiva in materia ambientale, occorre ricordare il tenore letterale dell’art. 249, terzo comma, CE, secondo il quale «[l]a direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Ne consegue che, qualora la direttiva in questione non prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la libertà di azione dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato resta in via di principio totale. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti, nell’ambito della libertà che viene loro lasciata dall’art. 249, terzo comma, CE, a scegliere le forme e i mezzi più idonei al fine di garantire l’effetto utile delle direttive. Ne consegue inoltre che, in assenza di norme comunitarie che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto comunitario (sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

83 Occorre aggiungere che solo mediante l’applicazione di questi principi può essere garantito il rispetto del principio di sussidiarietà sancito all’art. 5, secondo comma, CE, principio che s’impone alle istituzioni comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni regolamentari e si presume sia stato osservato per l’adozione della direttiva (trentesimo ‘considerando’ della direttiva). Ai sensi di tale principio, la Comunità interviene nelle materie che non rientrano nell’ambito della sua competenza esclusiva solo e nei limiti in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e, in ragione delle dimensioni o degli effetti dell’azione prevista, possano perciò essere meglio realizzati a livello comunitario. Pertanto, in una materia come quella ambientale, regolata dagli artt. 174 CE - 176 CE, nella quale le competenze della Comunità e degli Stati membri sono ripartite, spetta alla Comunità, cioè nel caso di specie alla Commissione, l’onere di dimostrare in che misura le competenze dello Stato membro e, pertanto, il suo margine di manovra sono limitati riguardo alle condizioni previste supra al punto 82 (v., in tal senso, sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 79).

84 Quanto alla direttiva, va rilevato che, ai fini dell’attuazione del sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra, all’art. 9, nn. 1 e 3, e all’art. 11, n. 2, essa stabilisce esplicitamente e con chiarezza la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione per l’elaborazione, il controllo e la realizzazione dei PNA. Di conseguenza, visto lo stretto collegamento che sussiste tra loro relativamente alla ripartizione delle competenze, è necessario considerare congiuntamente gli articoli di cui trattasi, e ciò sia rispetto alla loro interpretazione che alla valutazione di qualsiasi motivo relativo alla loro violazione.

- Sulle competenze degli Stati membri

85 Riguardo alle competenze degli Stati membri, dall’art. 9, n. 1, e dall’art. 11, n. 2, della direttiva deriva inequivocabilmente che gli Stati membri sono i soli competenti, in un primo momento, ad elaborare un PNA il quale precisi la quantità totale di quote che si propongono di assegnare per il periodo interessato e le relative modalità di tale assegnazione e, in un secondo momento, a decidere della quantità totale di quote che assegneranno per ciascun periodo di cinque anni ed avviare il procedimento di singola assegnazione delle quote stesse.

86 È vero che, ai sensi dell’art. 9, n. 1, seconda frase, della direttiva, l’esercizio di siffatte competenze esclusive degli Stati membri deve essere fondato su criteri obiettivi e trasparenti quali quelli elencati nell’allegato III della direttiva. Allo stesso modo, in conformità dell’art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva, allorché la Commissione decide di respingere, in tutto o in parte, un PNA, lo Stato membro prende una decisione a norma dell’art. 11, n. 2, della direttiva solo previa accettazione da parte della Commissione delle modifiche che esso propone.

87 Occorre tuttavia rilevare che la direttiva non stabilisce con chiarezza e precisione la forma e i mezzi per raggiungere il risultato che fissa. Inoltre, come è stato ricordato al precedente punto 86, gli Stati membri sono i soli competenti ad elaborare il proprio PNA e a decidere della quantità totale di quote da assegnare. Si deve pertanto ritenere che essi abbiano un ruolo centrale nella realizzazione del sistema per lo scambio di gas a effetto serra.

88 Tutto ciò premesso, come già dichiarato dal Tribunale, essi dispongono di un certo margine di manovra per il recepimento della direttiva (v., in tal senso, sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 80) e, pertanto, per scegliere le misure che ritengono più adeguate al fine di raggiungere, nel contesto specifico del mercato energetico nazionale, l’obiettivo fissato dalla direttiva in parola.

- Sulle competenze della Commissione

89 Relativamente alle competenze della Commissione, dal disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva emerge inequivocabilmente che il suo potere di controllo e di rigetto dei PNA, come ricordato al precedente punto 36, è fortemente circoscritto. Infatti, relativamente ai limiti sostanziali di detto potere, la Commissione può soltanto verificare la conformità delle misure adottate dallo Stato membro con i criteri di cui all’allegato III e col disposto dell’art. 10 della direttiva. Inoltre, conformemente al disposto dell’art. 9, n. 3, ultima frase, della direttiva, la Commissione, allorché decide di respingere un PNA, deve motivare la sua decisione. Dalla giurisprudenza emerge tuttavia che, qualora l’esercizio di tale potere, fortemente circoscritto, di controllo dei PNA implichi valutazioni economiche ed ecologiche complesse, realizzate in relazione all’obiettivo generale di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un sistema per lo scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva), la Commissione dispone allora, essa stessa, di un margine di valutazione (v., in tal senso, sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 80).

90 Inoltre, al fine di consentire agli Stati membri di prendere una decisione, ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva, riguardo alla quantità totale di quote da assegnare, e ciò nell’osservanza del loro obbligo, ex art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva, a norma del quale la decisione in questione può essere adottata soltanto quando le modifiche proposte siano state accettate dalla Commissione, va considerato che la Commissione, valutando un PNA, può legittimamente operare critiche specifiche quanto alle incompatibilità constatate e, eventualmente, formulare proposte o raccomandazioni, affinché lo Stato membro sia in grado di modificare il PNA in un modo che, secondo la Commissione, lo renderebbe compatibile con i criteri di controllo previsti dalla direttiva.

Sulla portata del controllo giurisdizionale

91 Ne consegue che, nell’ambito del suo controllo di legittimità al riguardo, il giudice comunitario esercita un pieno controllo di legittimità quanto alla corretta applicazione da parte della Commissione delle regole di diritto pertinenti, la cui portata deve essere determinata secondo i metodi di interpretazione riconosciuti dalla giurisprudenza. Il Tribunale non può, invece, sostituirsi alla Commissione quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non sia inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se la Commissione non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale e se le garanzie procedurali, che rivestono un’importanza ancor più fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente rispettate (v. sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

92 Proprio alla luce del complesso dei principi innanzi ricordati, occorre esaminare la fondatezza del secondo motivo dedotto dalla Repubblica di Polonia e diretto, in sostanza, a che il Tribunale valuti se, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia violato il disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva, in quanto avrebbe leso la competenza per l’elaborazione e la realizzazione dei PNA degli Stati membri, ai sensi degli artt. 9, n. 1, e 11, n. 2, della direttiva, e, di conseguenza, abbia ecceduto i limiti del suo potere di controllo dei PNA conferitole dall’art. 9, n. 3, della direttiva.

b) Sulla decisione impugnata

93 In via preliminare si deve rilevare che, all’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, la Commissione constata in particolare che una parte della quantità totale di quote che la Repubblica di Polonia si propone di assegnare nel PNA, ossia 76,132937 MteCO2 per anno, è incompatibile con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva. Al tempo stesso, all’art. 2, n. 1, della decisione impugnata, la Commissione precisa che il PNA non sarà oggetto di obiezioni, purché, tuttavia, vi siano apportate talune modifiche, segnatamente purché la quantità totale di quote da assegnare ai fini del sistema comunitario sia diminuita di 76,132937 MteCO2 per anno. Infine, all’art. 3, n. 1, della decisione impugnata, essa indica che la quantità totale annuale media di quote che la Repubblica di Polonia deve assegnare, in applicazione del PNA, agli impianti in esso menzionati ed ai nuovi entranti è pari a 208,515395 MteCO2 e non deve essere oltrepassata.

94 Il Tribunale osserva che le disposizioni della decisione impugnata di cui al precedente punto 93 si basano tutte sulla conclusione tratta dalla Commissione al tredicesimo ‘considerando’, ultimo comma, della decisione impugnata, ai sensi della quale constata, in particolare, che l’eccedenza annuale media di quote della Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012, pari a 76,132937 MteCO2 al termine della prima fase di calcolo, è incompatibile con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva.

95 Infatti l’art. 1, n. 1, e l’art. 2, n. 1, della decisione impugnata rinviano espressamente alla suddetta eccedenza annuale. Analogamente, come menzionato al precedente punto 63, dalle memorie della Commissione risulta che il tetto massimo della quantità annuale di quote di emissioni di gas a effetto serra in causa fissato all’art. 3, n. 1, della decisione impugnata, fino a 208,515395 MteCO2, è stato ottenuto diminuendo la quantità annuale di quote di emissioni di gas a effetto serra proposta dalla Repubblica di Polonia nel PNA, ossia 284,648332 MteCO2, per il medesimo ammontare di 76,132937 MteCO2.

96 Infine, proprio nell’ambito che va dal quarto al tredicesimo ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione ha controllato la compatibilità del PNA con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva. Occorre quindi valutare la fondatezza del secondo motivo alla luce dei motivi esposti dal quarto al tredicesimo ‘considerando’ della decisione impugnata.

97 Si devono successivamente esaminare le due parti del secondo motivo, iniziando con l’esame della seconda parte, relativa alla violazione dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva.

98 Alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 91, nella misura in cui, al fine di pronunciarsi sulla fondatezza del secondo motivo, il Tribunale deve, in un primo tempo, controllare se, nella decisione impugnata, la Commissione abbia correttamente applicato le norme di diritto pertinenti per la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri ed essa stessa, il controllo operato dal Tribunale relativamente a tale punto di diritto deve essere completo. Soltanto in un secondo tempo, quando sia stato accertato che la Commissione ha correttamente applicato le norme in parola, si dovrà allora procedere ad esaminare se il controllo effettuato della compatibilità del PNA con i criteri elencati nella direttiva e, segnatamente, la scelta del metodo di analisi economica e ambientale del PNA siano viziati da un errore manifesto di valutazione.

Sulla fondatezza della seconda parte del secondo motivo

99 Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, la Repubblica di Polonia addebita alla Commissione di avere violato il disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, da un lato, sostituendo il metodo di analisi accolto da tale Stato membro e i dati riportati nel PNA con il proprio metodo di valutazione e i dati ottenuti sulla base di quest’ultimo e, dall’altro, imponendo, a titolo di controllo del PNA, un tetto massimo invalicabile per la quantità totale di quote da assegnare.

100 In primo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione non era competente, tenuto conto del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, a sostituire il metodo di valutazione da essa scelto e i dati presenti nel PNA con il proprio metodo di valutazione ed i propri dati. Al riguardo il Tribunale osserva che l’insieme degli argomenti addotti a difesa dalla Commissione a tale proposito tendono a confermare che non ha rispettato i limiti della portata delle sue competenze, quali definite nella direttiva.

101 Innazitutto, la Commissione non può affermare, come risulta dalle sue memorie, che la direttiva non la obbliga ad utilizzare i dati riportati nel PNA sottoposto al suo esame e che, per valutarlo, deve utilizzare lo stesso metodo per tutti gli Stati membri. Infatti, conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva, il suo potere di controllo dei PNA riguarda necessariamente i dati presenti nel PNA in causa, nella misura in cui, come ricordato ai punti 83-91 supra, la Commissione deve valutare la loro compatibilità con i criteri dell’allegato III ed il disposto dell’art. 10 della direttiva. È quindi necessariamente suo compito controllare la scelta dei dati dello Stato membro interessato ai fini dell’elaborazione del suo PNA.

102 È vero che, nell’ambito del suo potere di controllo dei PNA, non si può addebitare alla Commissione di aver elaborato un proprio metodo di valutazione dei PNA basato sui dati che ritiene maggiormente adeguati e di essersene servita come strumento di comparazione per la valutazione dei dati riportati nei PNA degli Stati membri, dati di cui deve valutare la compatibilità con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della direttiva. Per questa ragione, in quanto l’elaborazione e l’utilizzo di un siffatto modello richiedono valutazioni complesse sotto il profilo economico e ambientale, la Commissione dispone, come ricordato al precedente punto 89, di un margine di valutazione, e pertanto l’utilizzo di un siffatto modello di valutazione potrebbe essere posto in discussione soltanto nel caso in cui conducesse ad un errore manifesto di valutazione.

103 Per contro, quando la Commissione decide di adottare una decisione sulla base dell’art. 9, n. 3, della direttiva, non può pretendere, come invece fatto valere nelle sue memorie e come emerge dalla decisione impugnata, di rifiutare i dati presenti nel PNA in questione per sostituirli d’un tratto con i dati ottenuti a partire dal proprio metodo di valutazione. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non le compete, in base al principio della parità di trattamento fra gli Stati membri, di stabilire ed applicare un medesimo metodo di valutazione per i PNA di tutti gli Stati membri.

104 A tale proposito, infatti, va innanzitutto rilevato che l’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli Stati membri non può avere l’effetto di modificare la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione, nei termini in cui è prevista dalla direttiva, conformemente al principio di sussidiarietà, il rispetto del quale viene presunto relativamente all’adozione della stessa (trentesimo ‘considerando’ della direttiva in parola). Orbene, come ricordato ai precedenti punti 83-91, gli Stati membri sono i soli competenti ad elaborare un PNA e a prendere una decisione finale sulla quantità totale di quote da assegnare.

105 Inoltre, come ricordato al precedente punto 82, il ricorso da parte degli Stati membri a forme e mezzi diversi per raggiungere lo scopo perseguito da una direttiva è inerente alla natura stessa di un atto del genere. Pertanto, dal momento che la direttiva non prescrive con chiarezza e precisione la forma e i mezzi da impiegare ai fini della sua trasposizione, occorre constatare che, sostenendo che, in base al principio della parità di trattamento, le spettava stabilire ed applicare un medesimo metodo di valutazione per i PNA di tutti gli Stati membri al fine di raggiungere lo scopo perseguito dalla direttiva, la Commissione ha violato il margine di manovra loro conferito dalla direttiva.

106 Consentire alla Commissione di adottare un metodo di valutazione dei PNA per tutti gli Stati membri equivarrebbe a riconoscerle non soltanto un effettivo potere uniformatore nell’ambito dell’attuazione del sistema per lo scambio di quote, ma altresì un ruolo centrale nell’elaborazione dei PNA. Orbene, la Commissione, nell’ambito del suo potere di controllo dei PNA, non ha ricevuto dal legislatore nella direttiva né un siffatto potere uniformatore, né un siffatto ruolo centrale.

107 Nella fattispecie, è pacifico che, in virtù del principio della parità di trattamento, la Commissione, nella decisione impugnata, ha valutato il PNA alla luce dei propri dati ottenuti in base al proprio metodo di valutazione.

108 Procedendo in tal modo, la Commissione non si è quindi limitata, prima dell’adozione della decisione impugnata, come ne aveva il diritto, a paragonare i dati presenti nel PNA con i dati ottenuti tramite il proprio metodo di valutazione, e ciò al fine di valutare la compatibilità dei primi con i criteri esposti nella direttiva. Al contrario, si deve constatare che il metodo di controllo dei PNA da essa adottato equivale, in pratica, a consentire alla Commissione di elaborare essa stessa, in totale autonomia, il proprio PNA di riferimento e di valutare la compatibilità dei PNA notificati, non alla luce dei criteri esposti nella direttiva, ma, in primo luogo, alla luce dei dati e dei risultati ottenuti attraverso il proprio metodo.

109 D’altro canto, il Tribunale osserva che, come sottolineato al precedente punto 66, la Commissione fa notare nelle sue memorie che altri Stati membri hanno potuto utilizzare il loro metodo di calcolo per determinare la quantità totale di quote da assegnare, poiché «non [avevano] oltrepassato il limite fissato alla quantità di quote possibile per il secondo periodo di scambio», e pertanto né il loro PNA né la quantità globale di quote proposta nei rispettivi PNA erano stati respinti. Da siffatta argomentazione emerge che, in linea generale, la Commissione ha considerato che il suo controllo dei PNA dovesse necessariamente partire da un paragone della quantità di quote menzionate nel PNA con la quantità da essa ritenuta «possibile» alla luce dei risultati ottenuti attraverso il proprio metodo di valutazione.

110 Ne consegue che la Commissione si è in definitiva limitata a sostituire i propri dati a quelli presenti nel PNA, senza minimamente controllare la compatibilità di questi ultimi con i criteri esposti nella direttiva.

111 Del resto, sempre per quanto riguarda il rispetto del principio della parità di trattamento fra gli Stati membri di cui si avvale la Commissione, il Tribunale constata che, al terzo ‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che il PNA era stato valutato segnatamente tenendo conto della comunicazione della Commissione 7 gennaio 2004, sugli orientamenti destinati ad assistere gli Stati membri nell’applicazione dei criteri elencati all’allegato III della direttiva e sulle circostanze in cui è dimostrata la forza maggiore [COM (2003) 830 def.].

112 Orbene, il Tribunale rileva che, al punto 10 della summenzionata comunicazione, la Commissione ha espressamente indicato che, per i nuovi Stati membri, non inclusi nella decisione 2002/358, fra i quali compare la Repubblica di Polonia, gli obblighi assunti nell’ambito del Protocollo di Kyoto erano il punto di riferimento per il criterio n. 1 dell’allegato III della direttiva, criterio che opera un collegamento fra la quantità totale di quote e l’obiettivo di riduzione dello Stato membro in applicazione della decisione 2002/358 o del Protocollo di Kyoto stesso. Di conseguenza è giocoforza constatare che la Commissione, nei propri orientamenti, riconosce che i nuovi Stati membri, fra cui rientra la Repubblica di Polonia, godono di un trattamento diversificato rispetto agli altri Stati membri per l’elaborazione dei rispettivi PNA.

113 Quanto all’argomento della Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, secondo cui, in forza del principio della parità di trattamento fra gli Stati membri, essa potrebbe non tenere conto di taluni dati aggiornati del PNA, occorre ricordare che la direttiva ha lo scopo di creare un efficiente mercato europeo delle quote di emissione dei gas a effetto serra, danneggiando il meno possibile lo sviluppo economico e l’occupazione (art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva). Così, sebbene la direttiva abbia come obiettivo la riduzione dei gas a effetto serra conformemente agli impegni assunti dalla Comunità e dagli Stati membri in base al Protocollo di Kyoto, tale obiettivo deve essere perseguito, nei limiti del possibile, rispettando le necessità dell’economia europea. Ne consegue che i PNA elaborati nell’ambito della direttiva devono tenere in considerazione le informazioni e i dati esatti relativi alle emissioni previste per gli impianti ed i settori interessati dalla direttiva. Qualora un PNA si basi in parte su informazioni o valutazioni erronee relativamente al livello delle emissioni di certi settori o di certi impianti, deve essere possibile, per lo Stato membro interessato, proporre modifiche del PNA, ivi compreso un aumento del quantitativo totale di quote da assegnare, così da risolvere tali problemi prima ancora che possano avere ripercussioni sul mercato (sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 60).

114 Allo stesso modo, dalla giurisprudenza risulta che nulla, nel testo della direttiva o nella natura e negli scopi del sistema che essa ha creato, esclude la possibilità che un Stato membro, in seguito alla decisione della Commissione adottata conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva, possa modificare i dati riportati nel suo PNA per, ad esempio, tener conto di nuove informazioni raccolte, in particolare, in occasione della seconda consultazione del pubblico prevista dall’art. 11 della direttiva (sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 58).

115 Inoltre, come riconosciuto dal Tribunale nella sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, gli Stati membri dispongono anche del diritto di procedere a misure di adeguamento a posteriori, dopo avere adottato la decisione di assegnazione individuale conformemente all’art. 11, n. 2, della direttiva.

116 Infine giova ricordare che la consultazione del pubblico, quale prevista all’art. 11, n. 2, della direttiva prima dell’adozione di una decisione definitiva sulla base della medesima disposizione, sarebbe inutile, e le osservazioni del pubblico puramente teoriche, se le modifiche al PNA che possono essere proposte dopo una decisione della Commissione assunta in applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva fossero soltanto quelle che ha indicato la Commissione (v., per analogia, sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 57).

117 Alla luce della giurisprudenza ricordata in precedenza, si deve rilevare che gli Stati membri possono quindi, senza necessariamente essere vincolati dalle raccomandazioni formulate dalla Commissione in una decisione assunta conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva, non soltanto correggere e aggiornare il loro PNA successivamente ad una siffatta decisione, ma altresì procedere al suo adeguamento in un momento posteriore all’adozione della loro decisione di assegnazione individuale.

118 Pertanto, considerato sia il tenore letterale della direttiva che l’economia generale e gli obiettivi del sistema da questa fissati, nonché la giurisprudenza relativa, la Commissione deve vigilare in permanenza a che i PNA tengano conto dei dati e delle informazioni le più esatte e, quindi, le più aggiornate possibile al fine di pregiudicare nella minor misura possibile lo sviluppo economico e l’occupazione, pur mantenendo un sistema efficace di quote di emissioni di gas a effetto serra.

119 Dalle considerazioni suesposte emerge che l’argomento della Commissione secondo cui, in forza del principio della parità di trattamento fra gli Stati membri, essa potrebbe non tenere conto di taluni dati aggiornati del PNA deve essere respinto in quanto infondato.

120 Alla luce dell’insieme degli sviluppi che precedono, e senza che si riscontri la necessità di pronunciarsi sulla fondatezza della scelta della Commissione del modello Primes come modello di valutazione del PNA, occorre concludere che la Repubblica di Polonia a buon diritto sostiene che la Commissione non poteva legittimamente sostituire i dati riportati nel PNA con i propri dati, ottenuti sulla base di un medesimo metodo di valutazione applicato a tutti gli Stati membri.

121 In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene, in sostanza, che la Commissione ha violato il disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, in quanto, alla luce del disposto dell’art. 11, n. 2, della medesima, non aveva il diritto di imporle, a titolo del controllo del PNA, un tetto massimo per la quantità totale di quote da assegnare.

122 Come risulta dagli argomenti presentasi al precedente punto 65, la Commissione fa valere che la valutazione da essa effettuata in applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva non si propone di sostituire il PNA, ma unicamente di fissare un livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare.

123 Va considerato in proposito che, fissando nella decisione impugnata un siffatto tetto massimo di quote al di sopra del quale il PNA sarebbe ritenuto incompatibile con la direttiva, la Commissione ha ecceduto i limiti del potere di controllo che le spetta esercitare conformemente al disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva.

124 È vero che, come ricordato in precedenza, la Commissione è competente in via esclusiva, ex art. 9, n. 3, della direttiva, a controllare, e persino a respingere, i PNA elaborati dagli Stati membri, e ciò alla luce dei criteri enunciati nella direttiva.

125 D’altro canto, considerati i principi ricordati ai precedenti punti 82-90, la Commissione non può, come essa stessa afferma nelle sue memorie, pretendere, in base a tale ultima competenza, di poter fissare un livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare.

126 Del tutto al contrario, come risulta espressamente dalla giurisprudenza, in conformità dell’art. 11, nn. 2 e 3, della direttiva, spetta a ciascuno Stato membro e non alla Commissione decidere, sulla base del PNA elaborato in applicazione dell’art. 9 e conformemente all’art. 10 di tale direttiva, circa le quote totali che intende assegnare per il periodo di cui trattasi e dare corso al procedimento di attribuzione di tali quote al gestore di ciascun impianto, nonché statuire sull’assegnazione delle dette quote (ordinanza della Corte 8 aprile 2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione, Racc. pag. I-2217, punto 75).

127 Nel caso di specie, imponendo nel dispositivo della decisione impugnata un tetto massimo di quote al di sopra del quale il PNA sarebbe ritenuto incompatibile con i criteri di valutazione enunciati nella direttiva, la Commissione si è sostituita, in pratica, alla Repubblica di Polonia rispetto alla fissazione della quantità totale di quote, conformemente all’art. 11, n. 2, della direttiva. Risulta, infatti, dal dispositivo in parola che la Repubblica di Polonia ha l’obbligo di modificare il PNA in modo che il totale delle quote sia in ogni caso inferiore o pari al tetto massimo di cui trattasi, a pena di trovarsi nell’impossibilità di adottare una decisione ex art. 11, n. 2, della direttiva.

128 Pertanto una decisione del genere non solamente ha l’effetto di privare di efficacia le disposizioni dell’art. 11, n. 2, della direttiva, ma, in ogni caso, lede anche la competenza esclusiva che tale articolo conferisce agli Stati membri per decidere della quantità totale di quote da assegnare relativamente a ciascun periodo di cinque anni a partire dal 1° gennaio 2008.

129 Infine, va respinto l’argomento della Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, secondo cui l’annullamento della decisione impugnata, in quanto la Commissione non potrebbe stabilire un tetto massimo per la quantità totale di quote da assegnare diminuendo il quantitativo proposto dalla Repubblica di Polonia nel PNA dell’eccedenza di quote da essa identificate, rischierebbe di comportare una caduta del mercato di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra. È, infatti, sufficiente rilevare che, anche a voler supporre che siffatta tesi fosse fondata, non potrebbe comunque giustificare, in una comunità di diritto quale la Comunità, il mantenimento in vigore della decisione impugnata quando tale atto era stato adottato in violazione della ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione, così come definita nella direttiva.

130 Allo stesso modo, occorre parimenti respingere l’argomento addotto dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord secondo cui spetta alla Commissione scegliere i dati, se non altro in considerazione delle sue scelte sotto il profilo politico. Del tutto al contrario, il Tribunale ritiene che spetta agli Stati membri optare per misure che, a loro avviso, sono quelle più adeguate per raggiungere, nel contesto specifico del mercato energetico nazionale, l’obiettivo fissato dalla direttiva. La posizione della Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, consistente nel considerare che soltanto i dati da essa approvati possano essere utilizzati per l’elaborazione di un PNA, priva manifestamente gli Stati membri del loro margine di manovra, come ricordato al precedente punto 88.

131 Dalle considerazioni suesposte emerge che, fissando un livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare nel dispositivo della decisione impugnata, la Commissione ha ecceduto i limiti dei poteri conferitile in forza del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva.

132 Risulta dalle conclusioni tratte ai precedenti punti 121 e 132 che, nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, la Repubblica di Polonia ha legittimamente addebitato alla Commissione di avere violato il disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva, poiché, da un lato, sostituendo i dati riportati nel PNA con i propri dati, ottenuti mediante il proprio metodo di valutazione dei PNA degli Stati membri e, dall’altro, stabilendo il livello massimo della quantità totale di quote da assegnare da parte della Repubblica di Polonia nel corso del periodo 2008-2012, ha ecceduto i limiti dei poteri conferitile in forza del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva.

133 Di conseguenza, e senza che sia necessario statuire sulle altre censure fatte valere dalla Repubblica di Polonia a sostegno della seconda parte del secondo motivo, occorre dichiarare quest’ultima fondata.

134 In tale contesto, occorre ad abundantiam esaminare la fondatezza degli argomenti addotti a sostegno della prima parte del secondo motivo.

Sulla prima parte del secondo motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

135 Relativamente alla prima parte del secondo motivo, la Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione ha respinto, senza motivazione, il metodo di analisi economica adottato per elaborare il PNA nonché i dati ottenuti sulla base di tale metodo e riportati nel PNA di cui trattasi.

136 In via preliminare giova ricordare che la motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria da cui l’atto controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato affinché possano difendere i loro diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (sentenza della Corte 19 settembre 2000, causa C-156/98, Germania/Commissione, Racc. pag. I-6857, punto 96, e sentenza del Tribunale 21 marzo 2002, causa T-231/99, Joynson/Commissione, Racc. pag. II-2085, punto 164).

137 Il requisito della motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone che esso riguarda direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni (sentenza del Tribunale 16 dicembre 1999, causa T-198/98, Micro Leader Business/Commissione, Racc. pag. II-3989, punto 40). La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve valutare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti dell’art. 253 CE alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza 19 settembre 2000, Germania/Commissione, punto 137 supra, punto 97, e sentenza Joynson/Commissione, punto 137 supra, punto 165).

138 Occorre parimenti rammentare che il rispetto dell’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE, come ribadito all’art. 9, n. 3, ultima frase, della direttiva, relativo alle decisioni con cui la Commissione respinge completamente o parzialmente un PNA, riveste un’importanza tanto più fondamentale in quanto, nel caso di specie, l’esercizio del potere di controllo della Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva in questione implica complesse valutazioni economiche ed ecologiche e in quanto il controllo relativo alla legittimità e alla fondatezza di tali valutazioni da parte del giudice comunitario è limitato (v., in tal senso, sentenza 7 novembre 2007, Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 168 e giurisprudenza ivi citata).

139 In via principale, come già sottolineato dal Tribunale ai precedenti punti 87 e 88, nella misura in cui la direttiva non stabilisce con chiarezza e precisione la forma e i mezzi che gli Stati membri sono tenuti ad utilizzare al fine di realizzare gli obiettivi fissati dalla direttiva, questi ultimi godono di un certo margine di manovra. Ciò si verifica relativamente al metodo di analisi economica e di calcolo dei dati per l’elaborazione dei PNA da parte degli Stati membri.

140 Inoltre, come ricordato al precedente punto 89, dal disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva discende che la Commissione può solamente verificare la conformità delle misure adottate dallo Stato membro con i criteri di cui all’allegato III e con il disposto dell’art. 10 della direttiva.

141 Peraltro, le disposizioni dell’art. 14, n. 1, della direttiva, che prevedono che la Commissione adotti linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra, basate sui principi definiti all’allegato IV della direttiva, non possono essere interpretate nel senso che il legislatore comunitario abbia riconosciuto alla Commissione il potere di fissare il metodo di analisi economica e di calcolo dei dati che debba essere utilizzato dagli Stati membri per elaborare il loro PNA.

142 Dal disposto dell’art. 5, dell’art. 14, nn. 2 e 3, e dell’art. 15 della direttiva risulta, infatti, che le linee guida menzionate determinano le condizioni di monitoraggio e di comunicazione, a cura degli impianti le cui attività sono contemplate dall’allegato I della direttiva, delle emissioni di gas a effetto serra, e ciò sotto il controllo degli Stati membri. Ne consegue che le linee guida adottate dalla Commissione sul fondamento dell’art. 14, n. 1, della direttiva e applicabili nel caso di specie, ossia quelle adottate dalla decisione 2004/156, sono destinate unicamente a consentire sia agli impianti che agli Stati membri di raccogliere i dati più affidabili.

143 Incombeva pertanto alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva, chiarire le ragioni per cui gli strumenti utilizzati dalla Repubblica di Polonia per elaborare il PNA fossero incompatibili con i criteri dell’allegato III e col disposto dell’art. 10 della direttiva. Del resto, come ricordato al precedente punto 89, emerge in modo esplicito dal disposto dell’art. 9, n. 3, ultima frase, della direttiva, che il legislatore ha volontariamente insistito sull’obbligo di motivazione che vincola la Commissione allorché adotta una decisione di rigetto di un PNA.

144 Nella fattispecie in parola va rilevato che, al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, relativamente al controllo della compatibilità del PNA con il criterio n. 2 dell’allegato III della direttiva, la Commissione ha respinto i dati comunicati dalla Repubblica di Polonia riguardanti gli anni anteriori al 2005 come «meno affidabili», perché, a suo parere, da un lato, non erano stati verificati in modo indipendente e coerente e, dall’altro, non era certo che corrispondessero precisamente al numero di impianti inclusi nel sistema dalla Repubblica di Polonia. Al medesimo ‘considerando’ ne ha concluso che «non p[oteva] quindi essere escluso che le emissioni effettive fossero state sovrastimate a causa delle cifre relative alle emissioni degli anni precedenti comunicate dalla [Repubblica di] Polonia» e che una «cifra di partenza, ottenuta dalla media dei dati delle emissioni verificati in modo indipendente per il 2005 e delle altre cifre comunicate dalla [Repubblica di] Polonia, rischierebbe di non essere realmente rappresentativa delle emissioni effettive e non garantirebbe che la quantità totale di quote non [sia superiore] a quanto necessario».

145 Per ciò che concerne il rigetto da parte della Commissione del metodo di analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia per elaborare il PNA, il Tribunale constata che, relativamente al controllo della compatibilità del PNA con il criterio n. 3 dell’allegato III della direttiva, la Commissione non è andata oltre l’affermazione, all’ottavo ‘considerando’ della decisione impugnata, che, fra tutti i dati posti a sua disposizione, riteneva che quelli ottenuti tramite il modello Primes costituissero le stime più esatte e al tempo stesso le più affidabili della crescita del PIL e dei miglioramenti dell’intensità di carbonio. Per contro, la Commissione non ha presentato nella decisione impugnata giustificazioni che consentano di comprendere perché il metodo di analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia non potesse essere affidabile.

146 Quanto al rigetto dei dati riportati nel PNA per la ragione che, a suo parere, non sarebbero stati i migliori disponibili e che, quindi, sarebbe esistito un rischio di sovrastimare le emissioni dalla Repubblica di Polonia, va constatato che, stando alla lettura della decisione impugnata, la Commissione si è limitata a paragonare la quantità totale di quote proposte dalla Repubblica di Polonia nel PNA con i risultati dei propri calcoli. Quindi, sulla base di tale comparazione, ha considerato che non fosse esclusa una sopravvalutazione della quantità in parola e pertanto, basandosi su siffatta mera ipotesi, ha deciso di non accettare i dati presentati dalla Repubblica di Polonia nel PNA.

147 Inoltre, nella decisione impugnata, la Commissione non ha minimamente identificato i dati riportati nel PNA che riteneva «meno affidabili», limitandosi tutt’al più, al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, a richiamare i dati comunicati dalla Repubblica di Polonia per gli anni precedenti.

148 La Commissione non ha nemmeno chiarito le ragioni per cui i dati riportati nel PNA non sarebbero stati affidabili. Al massimo ha semplicemente asserito che non erano stati verificati in modo indipendente e coerente.

149 Su quest’ultimo punto il Tribunale considera che, tenuto conto dell’onere della prova che le incombeva, come ricordato al precedente punto 83, la Commissione non ha fornito, nella decisione impugnata, alcun elemento tale da consentire di comprendere sufficientemente perché il metodo di analisi economica e i dati presentati dalla Repubblica di Polonia sarebbero stati contrari al diritto comunitario.

150 Inoltre, sempre riguardo a quest’ultimo punto, occorre rilevare che la Repubblica di Polonia afferma che i dati riportati nel PNA erano stati oggetto di una relazione nell’ambito della UNFCC e, sotto tale profilo, erano stati controllati dalla Commissione. In risposta a siffatto argomento la Commissione si limita tuttavia ad asserire che ciò non comportava automaticamente il loro «riconoscimento» nell’ambito del sistema per lo scambio di quote.

151 A tale proposito il Tribunale considera che, nella misura in cui la direttiva non prevede un metodo di analisi economica che gli Stati membri devono adottare per elaborare il loro PNA e, al riguardo, riconosce un certo margine di manovra a questi ultimi, una motivazione del genere non consente di comprendere le ragioni per le quali la Commissione abbia respinto tali dati presentati dalla Repubblica di Polonia. Infatti, dal momento che essa non contesta né la circostanza che i dati riportati nel PNA erano stati oggetto di una relazione alla UNFCC né, come affermato dalla Repubblica di Polonia, di aver essa stessa controllato i dati in questione, il Tribunale dichiara che non può escludersi, a priori, che questi presentino un certo grado di affidabilità. Di conseguenza la Commissione era per lo meno tenuta a chiarire perché i dati in parola riportati dalla Repubblica di Polonia nel PNA non sarebbero stati affidabili e, in quanto tali, potessero essere respinti conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva.

152 La mera affermazione della Commissione secondo cui, come emerge dall’ottavo ‘considerando’ della decisione impugnata, i propri calcoli condurrebbero a risultati più affidabili non è di per sé sufficiente, considerata la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione ricordata ai precedenti punti 82-90, a spiegare perché i dati presentati dalla Repubblica di Polonia nel PNA non rispetterebbero i criteri dell’allegato III della direttiva.

153 Tutto ciò premesso, tenuto conto del margine di manovra di cui godono gli Stati membri per elaborare il loro PNA, si rileva che, respingendo come ha fatto il metodo di analisi economica utilizzato dalla Repubblica di Polonia nonché i dati riportati nel PNA, la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione della decisione impugnata. Di conseguenza anche la prima parte del secondo motivo è dichiarata fondata.

154 Dalle conclusioni tratte ai precedenti punti 133 e 153, così come dalle considerazioni formulate dal Tribunale ai precedenti punti 93-95, risulta che il secondo motivo dev’essere accolto in entrambe le parti e, pertanto, si deve procedere all’annullamento dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata.

Conseguenze dell’annullamento dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata sulle altre disposizioni del dispositivo della decisione impugnata

155 In questa fase dell’esame del presente ricorso occorre valutare quali conseguenze l’annullamento delle disposizioni della decisione impugnata di cui al precedente punto 154 può comportare quanto alla legittimità delle altre disposizioni del medesimo atto.

156 Si deve innanzitutto ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante, l’annullamento parziale di un atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10 dicembre 2002, causa C-29/99, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-11221, punto 45, e 30 settembre 2003, causa C-239/01, Germania/Commissione, Racc. pag. I-10333, punto 33; v. altresì, in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003, causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-937, punto 30). La Corte ha anche ripetutamente dichiarato che tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24 maggio 2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-4021, punto 13; v. altresì, in tal senso, sentenze della Corte 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione, Racc. pag. I-1375, punto 257, e Commissione/Consiglio, cit., punto 46).

157 Nel caso di specie, l’inizio dell’art. 1 della decisione impugnata è così formulato: «[g]li aspetti seguenti del [PNA] della [Repubblica di] Polonia per il primo periodo di cinque anni di cui all’art. 11, n. 2, della direttiva sono incompatibili, rispettivamente, con (…)». Poi, ai nn. 1-5 di tale articolo, la Commissione elenca diverse incompatibilità del PNA con vari criteri dell’allegato III della direttiva. Tenuto conto della struttura dell’art. 1, l’eventuale annullamento di taluni dei suoi paragrafi avrebbe la conseguenza di ridurre il numero delle incompatibilità con la direttiva constatate nella decisione impugnata.

158 Occorre inoltre osservare che l’incipit dell’art. 2 della decisione impugnata è redatto nei termini seguenti: «[i]l [PNA] non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali senza indebito ritardo». Successivamente, ai nn. 1-5 del medesimo articolo, la Commissione prescrive, ad ogni paragrafo, la modifica del PNA necessaria, a suo parere, al fine di correggere l’incompatibilità riscontrata al corrispondente paragrafo dell’art. 1. Pertanto l’eventuale annullamento unicamente di taluni dei suoi paragrafi avrebbe la conseguenza di mantenere in vigore l’impegno della Commissione di non sollevare obiezioni al PNA, riducendo al tempo stesso il numero di modifiche sotto riserva delle quali tale impegno è stato inizialmente preso.

159 Analogamente occorre rilevare che, come emerge dai precedenti punti 157 e 158, gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata sono strettamente legati fra loro. Infatti, ciascuna delle incompatibilità di cui ai cinque paragrafi dell’art. 1 è oggetto, nei cinque paragrafi dell’art. 2 della medesima decisione, di una proposta di modifica diretta a rendere il PNA compatibile, secondo la Commissione, con la direttiva. Pertanto, qualora si ipotizzasse che una delle incompatibilità indicate dalla Commissione all’art. 1 non fosse giustificata e, in quanto tale, fosse respinta, il paragrafo dell’art. 2 che propone modifiche al fine di eliminare la suddetta incompatibilità sarebbe automaticamente privato di contenuto.

160 Dalla struttura dei due articoli in parola risulta che i loro nn. 1-5 non possono essere considerati separabili ai sensi della giurisprudenza ricordata al precedente punto 156. Infatti l’eventuale annullamento di uno dei paragrafi dell’art. 1, così come quello del corrispondente paragrafo dell’art. 2, avrebbe l’effetto di modificare la sostanza stessa della decisione impugnata.

161 Un annullamento siffatto comporterebbe la sostituzione della decisione impugnata, secondo cui il PNA poteva essere adottato con riserva di cinque modifiche specifiche dirette a porre rimedio a cinque incompatibilità con i criteri dell’allegato III della direttiva, con una decisione diversa, ai sensi della quale tale piano potrebbe essere adottato con riserva di un numero meno considerevole di modifiche. Ciò è tanto più vero che la decisione così sostituita alla decisione impugnata sarebbe sostanzialmente diversa da quest’ultima, in quanto il secondo motivo dedotto dalla Repubblica di Polonia rimette in discussione l’incompatibilità constatata e la modifica corrispondente imposta, rispettivamente all’art. 1, n. 1, e all’art. 2, n. 1, della decisione impugnata. Orbene, proprio tale incompatibilità richiederebbe la modifica più significativa del PNA.

162 Quanto all’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione impugnata, basti rilevare che le disposizioni in parola racchiudono precisazioni riguardanti l’attuazione di altre disposizioni della decisione impugnata.

163 Dall’insieme delle considerazioni suesposte risulta che, nella misura in cui, come emerge dal precedente punto 154, si deve annullare l’art. 1, n. 1, l’art. 2, n. 1, e l’art. 3, n. 1, della decisione impugnata, occorre, senza esaminare gli altri motivi dedotti a sostegno del presente ricorso, annullare integralmente quest’ultima.

Sulle spese

164 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Repubblica di Polonia.

165 Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Lituania, la Repubblica slovacca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:


1) La decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def., concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata.

2) La Commissione, oltre alle proprie spese, sopporterà quelle sostenute dalla Repubblica di Polonia.

3) La Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Lituania, la Repubblica slovacca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.

Pelikánová


Jürimäe


Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 settembre 2009.

Firme

Indice


Contesto normativo

I - Normativa internazionale e comunitaria concernente la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto

II - Normativa concernente il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

I - Sul primo motivo, relativo all’illegittima adozione della decisione impugnata dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto all’art. 9, n. 3, della direttiva

A - Argomenti delle parti

B - Giudizio del Tribunale

II - Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione ed alla violazione dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva

A - Argomenti delle parti

B - Giudizio del Tribunale

1. Sull’esistenza di un asserito motivo nuovo, dedotto dalla Repubblica di Polonia nella fase della replica e relativo alla circostanza che la Commissione sarebbe andata al di là dei suoi poteri di controllo

2. Sulla fondatezza del secondo motivo

a) Osservazioni preliminari

Sugli obiettivi della direttiva

Sulla ripartizione delle competenze fra la Commissione e gli Stati membri

- Sulle competenze degli Stati membri

- Sulle competenze della Commissione

Sulla portata del controllo giurisdizionale

b) Sulla decisione impugnata

Sulla fondatezza della seconda parte del secondo motivo

Sulla prima parte del secondo motivo, relativa ad una violazione dell’obbligo di motivazione

Conseguenze dell’annullamento dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata sulle altre disposizioni del dispositivo della decisione impugnata

Sulle spese


 


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