AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II,
23/09/2009, Sentenza T-183/07
DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione
di quote di emissione per la Polonia per il periodo 2008-2012 - Art. 9, nn.
1 e 3, e art. 11, n. 2, dir. 2003/87/CE - Direttiva 96/61/CE. La
decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def., concernente
il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto
serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il periodo 2008-2012,
conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13
ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote
di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la
direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata. Pres. Pelikánová - Rel.
Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità
europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II,
23/09/2009, Sentenza T-183/07
DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione - Potere
di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione - Limiti
sostanziali che temporali - Tre mesi - Artt. 9, n. 3 e 10, dir. 2003/87/CE.
Il potere di controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione, ex
art. 9, n. 3, della direttiva, è fortemente circoscritto, dato che è
soggetto a limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato,
è limitato all’esame da parte della Commissione della compatibilità del PNA
con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della direttiva
e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla notifica del
PNA da parte dello Stato membro (ordinanza del Tribunale 30/04/2007, causa
T-387/04, EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione; in tal senso, sentenza
del Tribunale 7/11/2007, causa T-374/04, Germania/Commissione). Oltretutto,
quanto ai limiti temporali, va constatato che l’art. 9, n. 3, della
direttiva prevede un solo termine di tre mesi nel corso del quale la
Commissione può pronunciarsi sul PNA. Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe -
Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee.
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009,
Sentenza T-183/07
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Obbligo di motivazione ex art. 253 CE -
Iter logico in forma chiara e inequivoca - Necessità. La motivazione
prescritta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non
equivoca l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria da cui l’atto
controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le
ragioni del provvedimento adottato affinché possano difendere i loro diritti
ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo (sentenza della
Corte 19/09/2000, causa C-156/98, Germania/Commissione e sentenza del
Tribunale 21/03/2002, causa T-231/99, Joynson/Commissione). Pres. Pelikánová
- Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c. Commissione delle
Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez.
II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Annullamento parziale di un atto
comunitario - Elementi separabili dal resto dell’atto - Requisito della
separabilità - Limiti. L’annullamento parziale di un atto comunitario è
possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano
separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10/12/2002, causa
C-29/99, Commissione/Consiglio e 30/09/2003, causa C-239/01,
Germania/Commissione; sentenza 21/01/2003, causa C-378/00,
Commissione/Parlamento e Consiglio). Tale requisito della separabilità non è
soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di
modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24/05/2005,
causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio; sentenze della Corte
31/03/1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione).
Pres. Pelikánová - Rel. Jürimäe - Repubblica di Polonia ed altri c.
Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE
COMUNITÀ EUROPEE, Sez. II, 23/09/2009, Sentenza T-183/07
www.AmbienteDiritto.it
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
23 settembre 2009 (*)
«Ambiente - Direttiva 2003/87/CE - Sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di
quote di emissione per la Polonia per il periodo 2008-2012 - Termine di
tre mesi - Competenze rispettive degli Stati membri e della Commissione
- Parità di trattamento - Obbligo di motivazione - Art. 9, nn. 1 e 3, e
art. 11, n. 2, della direttiva 2003/87»
Nella causa T-183/07,
Repubblica di Polonia, rappresentata inizialmente dalla sig.ra E.
Osniecka-Tamecka, successivamente dal sig. T. Nowakowski,
successivamente dal sig. T. Kozek, successivamente dal sig. M.
Dowgielewicz e infine dai sigg. Dowgielewicz, M. Jarosz e M. Nowacki, in
qualità di agenti,
ricorrente,
sostenuta da:
Repubblica di Ungheria, rappresentata dalle sig.re J. Fazekas, R.
Somssich e dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti,
da:
Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriauciunas, in
qualità di agente,
e da:
Repubblica slovacca, rappresentata inizialmente dal sig. J. Corba,
successivamente dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agenti,
intervenienti,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker e
dalla sig.ra K. Herrmann, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da:
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato
inizialmente dalle sig.re Z. Bryanston-Cross e C. Gibbs, in qualità di
agenti, assistite dal sig. H. Mercer, barrister, successivamente dalla
sig.ra I. Rao e dal sig. S. Ossowski, in qualità di agenti, assistiti
dal sig. J. Maurici, barrister,
interveniente,
avente ad oggetto una domanda di annullamento, totale o parziale, della
decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def.,
concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione
di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il
periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/ CE, che istituisce un sistema
per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella
Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275,
pag. 32),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),
composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe (relatore) e
dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,
cancelliere: sig.ra K. Pochec, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10
febbraio 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
I - Normativa internazionale e comunitaria concernente la convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il Protocollo di
Kyoto
1 La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
adottata a New York il 9 maggio 1992 (in prosieguo: la «UNFCC»),
approvata a nome della Comunità europea dalla decisione del Consiglio 15
dicembre 1993, 94/69/CE, concernente la conclusione della UNFCC (GU
1994, L 33, pag. 11), si propone quale obiettivo ultimo di stabilizzare
le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello
tale che escluda qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane
sul sistema climatico. L’allegato I della UNFCC presenta un elenco di
Stati aderenti, tra i quali figura la Repubblica di Polonia che,
inoltre, è ivi classificata nella categoria dei paesi in transizione
verso un’economia di mercato. La UNFCC è entrata in vigore nella
Comunità il 21 marzo 1994. La UNFCC è stata ratificata dalla Repubblica
di Polonia il 28 luglio 1994, ove è entrata in vigore il 26 ottobre
1994.
2 Al fine di raggiungere l’obiettivo ultimo della UNFCC, l’11 dicembre
1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto allegato alla UNFCC
(Decisione 1/CP.3 «Adozione del Protocollo di Kyoto [allegato alla UNFCC]»).
Nell’allegato A del Protocollo di Kyoto compare l’elenco dei gas a
effetto serra e quello dei settori/categorie di fonti contemplati dal
Protocollo di Kyoto. Nell’allegato B del Protocollo di Kyoto figura
l’elenco delle parti del Protocollo di Kyoto con la quantificazione
degli impegni in materia di limitazione e riduzione delle emissioni.
3 Il 25 aprile 2002 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la
decisione del Consiglio 2002/358/CE, riguardante l’approvazione, a nome
della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla [UNFCC] e
l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1). Il
Protocollo di Kyoto, come i suoi allegati A e B, è incluso nell’allegato
I della decisione 2002/358. La tabella della quantificazione degli
impegni in materia di limitazione e riduzione delle emissioni, destinata
a fissare le rispettive quantità di emissioni assegnate alla Comunità ed
ai suoi Stati membri in conformità dell’art. 4 del Protocollo di Kyoto,
figura all’allegato II della decisione 2002/358.
4 La Repubblica di Polonia, dal canto suo, ha ratificato il Protocollo
di Kyoto il 13 dicembre 2002. Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore
nella Comunità e nella Repubblica di Polonia il 16 febbraio 2005.
II - Normativa concernente il sistema comunitario per lo scambio di
quote di emissioni di gas a effetto serra
5 L’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13
ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica
la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32; in prosieguo: la
«direttiva»), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 27 ottobre 2004, 2004/101/CE (GU L 338, pag. 18), così
prevede:
«La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di
emissioni di gas a effetto serra nella Comunità (…) al fine di
promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità
in termini di costi e di efficienza economica».
6 L’art. 9 della direttiva recita come segue:
«1. Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2,
ciascuno Stato membro elabora un piano nazionale che determina la
quantità totale di quote di emissioni che intende assegnare per tale
periodo e le modalità di tale assegnazione. Il piano si fonda su criteri
obiettivi e trasparenti, compresi i criteri elencati nell’allegato III,
e tiene nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto
salvo il Trattato, la Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli
orientamenti per l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III.
Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il piano è
pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro
il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il piano è pubblicato e
notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto
mesi prima dell’inizio del periodo in questione.
2. I piani nazionali di assegnazione sono esaminati in seno al comitato
di cui all’articolo 23, paragrafo 1 [della direttiva].
3. Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato
membro di un piano nazionale di cui al paragrafo 1, la Commissione può
respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con
l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato
membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o
paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle
modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di
rigetto».
7 Ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva:
«2. Per il quinquennio che ha inizio il 1º gennaio 2008 e per ciascun
periodo successivo di cinque anni, ciascuno Stato membro decide in
merito alla quantità totale di quote di emissioni che assegnerà in tale
periodo, nonché inizia il processo di assegnazione di tali quote al
gestore di ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi
prima dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del piano nazionale
di assegnazione di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10,
tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico».
8 L’allegato III della direttiva elenca dodici criteri applicabili ai
piani nazionali di assegnazione. I criteri nn. 1-3, 5, 6, 10 e 12
dell’allegato III prevedono rispettivamente quanto segue:
«1. La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo
interessato è coerente con l’obbligo digli Stati membri di limitare le
proprie emissioni ai sensi della decisione 2002/358/CE e del Protocollo
di Kyoto, tenendo conto, da un lato, della percentuale delle emissioni
complessive che tali quote rappresentano rispetto alle emissioni
prodotte da fonti che non rientrano nel campo di applicazione della
presente direttiva e, dall’altro, delle politiche energetiche nazionali,
e dovrebbe essere coerente con il programma nazionale sui cambiamenti
climatici. La quantità totale delle quote da assegnare non deve superare
le minime esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente
allegato. Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un
orientamento mirato al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di
ciascuno Stato membro, come previsto dalla decisione 2002/358/CE e dal
protocollo di Kyoto.
2. La quantità totale delle quote da assegnare è coerente con le
valutazioni dei progressi già realizzati o da realizzare per rispettare
i contributi degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai
sensi della decisione 93/389/CEE.
3. Le quantità delle quote da assegnare è coerente con il potenziale,
compreso il potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle
attività contemplate dal presente sistema. Gli Stati membri possono
basare la ripartizione delle quote sulla media delle emissioni dei gas a
effetto serra relative ai prodotti di ciascuna attività e sui progressi
realizzabili in ciascuna attività.
(…)
5. Il piano non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire
indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni
del Trattato, in particolare agli articoli 87 e 88.
6. Il piano contiene informazioni sulle modalità alle quali i nuovi
entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario in
ciascuno Stato membro.
(…)
10. Il piano include un elenco degli impianti disciplinati dalla
presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a
ciascuno.
(…)
12. Il piano specifica l’importo massimo di [riduzioni delle emissioni
certificate] e di [unità di riduzione delle emissioni] che può essere
utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario e inteso come
percentuale delle quote di emissioni assegnate a ciascun impianto. La
percentuale è coerente con gli obblighi di supplementarità assunti dallo
Stato membro ai sensi del Protocollo di Kyoto e delle decisioni adottate
a norma della convenzione UNFCCC e del Protocollo di Kyoto».
Fatti
9 Con lettera del 30 giugno 2006 la Repubblica di Polonia ha notificato
alla Commissione delle Comunità europee, conformemente al disposto
dell’art. 9, n. 1, della direttiva, il proprio piano nazionale di
assegnazione per il periodo 2008-2012 (in prosieguo: il «PNA»). In base
a detto PNA la Repubblica di Polonia si proponeva di assegnare alla
propria industria nazionale contemplata dalla direttiva una media
annuale complessiva di 284,648332 milioni di tonnellate di biossido di
carbonio equivalente (MteCO2).
10 Al PNA era acclusa una lettera datata 29 giugno 2006, del Ministro
dell’Ambiente polacco, indirizzata all’attenzione della Commissione, in
cui si segnalava che «le tabelle in cui comparivano i dati precedenti
nonché le previsioni di emissioni di cui all’allegato 10 delle
summenzionate linee guida, saranno trasmesse alla Commissione non appena
ricevuti i dati aggiornati indispensabili» e che «[l]a versione
definitiva dell’elenco nominativo dei gestori di impianti e la cifra
delle quote loro assegnate saranno comunicate alla Commissione dopo
l’adozione in Consiglio dei Ministri».
11 Con lettera del 30 agosto 2006 indirizzata alla Repubblica di Polonia
la Commissione, dopo un primo esame del PNA, segnalava l’incompletezza
di quest’ultimo e che, a tale stadio, non era compatibile con i criteri
nn. 2 e 5 dell’allegato III della direttiva. Essa invitava quindi la
Repubblica di Polonia a rispondere, nel termine di dieci giorni
lavorativi, a vari quesiti e richieste di informazioni complementari. La
Commissione aggiungeva che avrebbe potuto esprimersi in merito al PNA al
più tardi entro tre mesi dalla ricezione delle informazioni complete.
12 Con lettera del 30 ottobre 2006 il sottosegretario di Stato del
Ministero dell’Ambiente polacco chiedeva alla Commissione di posporre il
termine impartito per presentare la risposta alla lettera del 30 agosto
2006 alla fine della terza settimana del novembre 2006, facendo
segnatamente valere che tale periodo addizionale gli avrebbe consentito
di approntare informazioni esatte e di precisare aspetti essenziali, il
che avrebbe di conseguenza posto la Commissione in grado di procedere ad
una valutazione corretta ed effettivamente completa del documento
presentato.
13 La Repubblica di Polonia rispondeva alla lettera del 30 agosto 2006
con lettera del 29 dicembre 2006 e successivamente, con lettera del 9
gennaio 2007, comunicava informazioni supplementari.
14 Il 26 marzo 2007 la Commissione, ai sensi del disposto dell’art. 9,
n. 3, della direttiva, ha adottato la decisione C (2007) 1295 def.,
concernente il PNA (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Nella
decisione impugnata la Commissione conclude, sostanzialmente, per la
violazione di vari criteri dell’allegato III della direttiva e,
pertanto, riduce di 76,132937 MteCO2 la quantità totale annuale di quote
di emissioni indicata nel PNA, stabilendone il livello massimo a
208,515395 MteCO2.
15 Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:
«Articolo 1
I seguenti aspetti del [PNA] per il primo periodo di cinque anni
considerato dall’art. 11, n. 2, della direttiva sono incompatibili,
rispettivamente, con:
1. i criteri [nn.] 1[-]3 dell’allegato III della direttiva: la frazione
della quantità totale di quote da assegnare - pari alla somma del volume
annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento
conseguente alle riduzioni del numero di impianti e di un quinto della
quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia ex art.
13, n. 2, della direttiva - non è conforme alle stime effettuate in
applicazione della decisione 280/2004/CE e non è compatibile con il
potenziale, compreso quello tecnologico, di riduzione delle emissioni
delle attività contemplate dal sistema comunitario; tale frazione è
ricondotta al tetto delle quote assegnate relativamente ai progetti
riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva, in corso di
realizzazione nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno
consentito di ridurre o di moderare le loro emissioni, nel limite dei
dati verificati e comprovati; inoltre, la frazione della quantità totale
di quote, potenzialmente pari a 6,2884 [MteCO2] per anno corrispondente
alle emissioni supplementari degli impianti di combustione, nella misura
in cui tali emissioni non siano esclusivamente connesse allo sviluppo,
da parte degli impianti in parola, di nuove attività e non si basino su
dati verificati e comprovati, secondo i metodi generali del [PNA];
2. il criterio [n.] 5 dell’allegato III della direttiva: l’assegnazione
a taluni impianti di quote superiori alle necessità stimate, tenuto
conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce,
dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;
3. il criterio [n.] 6 dell’allegato III della direttiva: le informazioni
sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad
aderire al sistema comunitario;
4. il criterio [n.] 10 dell’allegato III della direttiva: l’intenzione
della [Repubblica di] Polonia di trasferire le quote inizialmente
assegnate agli impianti del settore della produzione di coke verso le
centrali elettriche in caso di vendita, da parte di tali impianti, di
gas di coke alle centrali elettriche;
5. il criterio [n.] 12 dell’allegato III della direttiva: l’importo
massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di riduzione
delle emissioni che può essere utilizzato dai gestori nell’ambito del
sistema comunitario, come percentuale delle quote assegnate a ciascun
impianto, fissata al 25%, non è conforme agli obblighi di
supplementarità della [Repubblica di] Polonia derivanti dal Protocollo
di Kyoto né alle decisioni adottate a norma della UNFCC o del Protocollo
di Kyoto, dato che oltrepassa la soglia del 10%.
Articolo 2
Il [PNA] non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti vi
siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla
Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini
necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali senza indebito
ritardo:
1. la quantità totale di quote da assegnare nell’ambito del sistema
comunitario sarà diminuita fino ad essere pari alla somma: del volume
annuale di emissioni di 76,132937 [MteCO2], del livello di adeguamento
conseguente ad ogni riduzione del numero di impianti e di un quinto
della quantità totale di quote assegnata dalla [Repubblica di] Polonia
ai sensi dell’art. 13, n. 2, della direttiva; le quote assegnate agli
impianti di combustione supplementari sono determinate secondo i metodi
generali descritti nel [PNA], sulla base di dati verificati e comprovati
sulle emissioni, riguardanti soltanto le nuove attività, mentre la
quantità totale è ridotta fino alla differenza tra le quote assegnate
agli impianti menzionati ed i 6,2884 [MteCO2] corrispondenti alla
riserva annuale per tali impianti; la quantità totale è maggiorata delle
quote assegnate relativamente ai progetti riguardanti gli impianti
contemplati dalla direttiva, già operativi nel 2005, e che, nel corso
del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o limitare le loro
emissioni, nella misura in cui le riduzioni o limitazioni in parola
siano corroborate da dati verificati e comprovati;
2. le quote assegnate agli impianti non saranno superiori alle necessità
stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno
stadio precoce, dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;
3. saranno fornite informazioni sulle modalità alle quali i nuovi
entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario, in modo
conforme ai criteri dell’allegato III della [direttiva] e al disposto
dell’art. 10 di quest’ultima;
4. la quantità di quote assegnata ad uno degli impianti menzionati nel [PNA]
ed operanti su tutto il territorio nazionale non è adeguata alla
chiusura di altri impianti presenti su tale territorio;
5. il tetto massimo di riduzione di emissioni certificate e di unità di
riduzione di emissioni che i gestori possono utilizzare nell’ambito del
sistema comunitario, come di percentuale delle quote assegnate a ciascun
impianto, sarà ridotto in modo da non oltrepassare la soglia del 10%.
Articolo 3
1. La quantità totale annuale media di quote che deve essere assegnata
dalla [Repubblica di Polonia] in applicazione [del PNA] agli impianti
menzionati in tale piano ed ai nuovi entranti - diminuita, da un lato,
fino alla somma del livello di adeguamento conseguente ad ogni riduzione
del numero di impianti e di un quinto della quantità totale di quote
assegnata dalla [Repubblica di] Polonia a norma dell’art. 13, n. 2,
della direttiva e, dall’altro, fino alla differenza tra le quote
assegnate agli impianti di combustione supplementari ed i 6,2884 milioni
di tonnellate corrispondenti alla riserva annuale per i suddetti
impianti, in seguito maggiorata delle quote assegnate relativamente ai
progetti riguardanti gli impianti contemplati dalla direttiva, già
operativi nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito
di ridurre o limitare le loro emissioni, nella misura in cui tali
riduzioni o limitazioni provengano esclusivamente dall’ampliamento della
gamma delle loro attività e siano corroborate da dati verificati e
comprovati - è pari a 208,515395 [MteCO2] e non è oltrepassata.
2. Il [PNA] può essere modificato senza previa autorizzazione della
Commissione se la modifica concerne le quote assegnate a taluni
impianti, nei limiti della quantità totale di quote da assegnare agli
impianti menzionati nel piano, in seguito a miglioramenti della qualità
dei dati, o se consiste nel ridurre la percentuale delle quote da
assegnare gratuitamente nei limiti fissati all’art. 10 della direttiva.
3. Qualsivoglia modifica del [PNA] richiesta al fine di correggere le
incompatibilità indicate all’art. 1 della decisione in parola, ma che si
discosti da quelle menzionate all’art. 2, deve essere notificata il più
rapidamente possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione
delle procedure nazionali senza indebito ritardo, e necessita il previo
consenso della Commissione conformemente all’art. 9, n. 3, della
direttiva. Ogni altra modifica del [PNA], eccetto quelle richieste
all’art. 2 della presente decisione, è irricevibile.
Articolo 4
La Repubblica di Polonia è destinataria della presente decisione».
Procedimento e conclusioni delle parti
16 Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 28 maggio 2007, la Repubblica di Polonia ha proposto il presente
ricorso.
17 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il
medesimo giorno, la Repubblica di Polonia ha domandato di statuire
mediante il procedimento accelerato di cui all’art. 76 bis del
regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione 10 luglio 2007 il
Tribunale (Quinta Sezione) ha respinto tale domanda.
18 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata
modificata, il giudice relatore è stato destinato alla Seconda Sezione,
cui la presente causa è stata pertanto assegnata.
19 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il
7 settembre 2007, la Repubblica di Polonia ha presentato una domanda di
provvedimenti urgenti, in cui ha concluso chiedendo al presidente del
Tribunale di sospendere l’esecuzione della decisione impugnata. Con
ordinanza 9 novembre 2007 il presidente del Tribunale ha respinto tale
domanda.
20 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 agosto
2007, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di
essere ammesso ad intervenire nel presente procedimento a sostegno della
Commissione. Con ordinanza 5 ottobre 2007 il presidente della Seconda
Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Il Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord ha depositato la sua memoria d’intervento il
19 dicembre 2007. Con atti depositati presso la cancelleria del
Tribunale il 7 marzo 2008, la Repubblica di Polonia e la Commissione
hanno presentato le rispettive osservazioni sulla memoria d’intervento
del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
21 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 ottobre
2007, la Repubblica di Lituania ha chiesto di essere ammessa ad
intervenire nel presente procedimento a sostegno della Repubblica di
Polonia. Con ordinanza 19 novembre 2007 il presidente della Seconda
Sezione del Tribunale ha constatato che la domanda in questione era
stata presentata conformemente all’art. 115 del regolamento di
procedura, ma dopo la scadenza del termine di sei settimane di cui
all’art. 115, n. 1, del medesimo regolamento. Il presidente della
Seconda Sezione del Tribunale ha pertanto ammesso la domanda in parola,
pur limitando i diritti della Repubblica di Lituania a quelli previsti
dall’art. 116, n. 6, del suddetto regolamento.
22 Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale,
rispettivamente il 7 e il 20 febbraio 2008, la Repubblica slovacca e la
Repubblica di Ungheria hanno chiesto di essere ammesse ad intervenire a
sostegno delle conclusioni della Repubblica di Polonia. Con ordinanza 10
aprile 2008 il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha
constatato che le due domande in questione erano state presentate
conformemente all’art. 115 del regolamento di procedura, ma dopo la
scadenza del termine di sei settimane di cui all’art. 115, n. 1, del
medesimo regolamento. Il presidente della Seconda Sezione del Tribunale
ha pertanto ammesso le due domande, pur limitando i diritti della
Repubblica slovacca e della Repubblica di Ungheria a quelli previsti
dall’art. 116, n. 6, del suddetto regolamento.
23 La Repubblica di Polonia conclude che il Tribunale voglia:
- annullare, in tutto o in parte, la decisione impugnata;
- condannare la Commissione alle spese.
24 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord, conclude che il Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la Repubblica di Polonia alle spese.
In diritto
25 In linea generale, come risulta dalla sintesi dei motivi addotti
dalla Repubblica di Polonia, che compaiono nell’ultima parte del
ricorso, intitolata «Conclusioni», tali motivi sono diretti a dimostrare
che la decisione impugnata «è stat[a] adottat[a] dalla Commissione,
quando invece non ne aveva la competenza, in violazione delle forme
sostanziali, del disposto del Trattato CE e oltrepassando i limiti dei
suoi poteri».
26 Più precisamente, a sostegno del suo ricorso, la Repubblica di
Polonia deduce nove motivi relativi, in sostanza, da un lato, alla
violazione di disposizioni della direttiva, vale a dire dell’art. 9, nn.
1 e 3, dei criteri nn. 1-3 e 12 dell’allegato III e dell’art. 13, n. 2,
e, dall’altro, alla violazione del diritto di prendere conoscenza, nel
corso del procedimento, degli elementi di fatto sulla base dei quali la
decisione impugnata è stata adottata ed alla lesione della sua sicurezza
energetica.
I - Sul primo motivo, relativo all’illegittima adozione della decisione
impugnata dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto all’art. 9,
n. 3, della direttiva
A - Argomenti delle parti
27 La Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione ha violato il
disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva per il motivo che, dopo la
scadenza del termine di tre mesi di cui dispone, in base al citato
articolo, per respingere il PNA o qualunque aspetto di quest’ultimo (in
prosieguo: il «termine di tre mesi»), non aveva più il diritto di
adottare la decisione impugnata. Il decorso del termine in parola
sarebbe iniziato alla data della notifica del PNA, ossia, nella
fattispecie, il 30 giugno 2006. La lettera della Commissione del 30
agosto 2006, con cui sollecitava ulteriori informazioni relativamente al
PNA, non avrebbe sospeso il termine suddetto. A sostegno della sua tesi
la Repubblica di Polonia fa valere la sentenza del Tribunale 23 novembre
2005, causa T-178/05, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. II-4807), e,
più specificamente, i punti 55 e 73. Essa ne inferisce che occorre, da
un lato, annullare la decisione impugnata e, dall’altro, considerare che
il PNA è stato accettato dalla Commissione.
28 Più precisamente, dalla citata sentenza Regno Unito/Commissione,
citata al punto 27 supra, discenderebbe che, quando la Commissione
ritenga che un PNA sia incompleto, può respingere quest’ultimo ed
esigere la notifica di un nuovo PNA solo prima della scadenza del
termine di tre mesi. Pertanto, al punto 7 della sua comunicazione sugli
orientamenti complementari sui piani nazionali di assegnazione per il
periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema per lo scambio
delle quote di emissione dell’UE [COM (2005) 703 def.] pubblicata il 22
dicembre 2005, la Commissione avrebbe a torto indicato che il termine di
tre mesi ha inizio solo a partire dalla presentazione di un PNA
completo. Allo stesso modo, nella sua lettera del 30 agosto 2006, la
Commissione avrebbe ribadito siffatta interpretazione errata delle
modalità di applicazione del termine di tre mesi dichiarando che avrebbe
adottato una decisione entro un termine massimo di tre mesi a partire
dalla ricezione delle informazioni complete richieste.
29 Quanto alla lettera del 30 agosto 2006, la Repubblica di Polonia
afferma che non costituisce una decisione di rigetto del PNA. La sua
domanda di prolungare il termine entro cui rispondere alla lettera in
questione avrebbe riguardato il termine di dieci giorni ivi menzionato e
non il termine di tre mesi. Essa fa osservare che, pur non avendo
fornito risposta alcuna a tale lettera prima del 29 dicembre 2006, la
Commissione non ha adottato una decisione di rigetto. Orbene, il termine
di tre mesi non può essere interrotto da nessun atto dell’una o
dell’altra parte del procedimento.
30 Infine, anche volendo ipotizzare che la mancanza di informazioni
complementari richieste nella lettera del 30 agosto 2006 costituisse un
motivo sufficiente per giustificare una decisione di rigetto del PNA, la
Commissione avrebbe allora dovuto adottare siffatta decisione prima del
30 settembre 2006 e chiedere alla Repubblica di Polonia di presentare un
nuovo PNA completo.
31 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord, è del parere che, nonostante ciò non sia precisato dalla
direttiva, è ragionevole considerare che il termine di tre mesi possa
cominciare a decorrere solo a partire dalla notifica del PNA completo.
In base al principio di leale cooperazione con gli Stati membri, essa
dovrebbe chieder loro di completare il PNA incompleto, e ciò nei tre
mesi a partire dalla sua notifica. Essa rileva in ogni caso che, secondo
la costante prassi amministrativa, si deve considerare come punto di
partenza del termine di tre mesi la data di registrazione del PNA
notificato presso la segreteria generale della Commissione, ossia, nella
fattispecie, il 6 luglio 2006.
B - Giudizio del Tribunale
32 In via preliminare occorre rilevare che gli elementi seguenti sono
pacifici fra le parti. Da un lato, la Repubblica di Polonia ha
notificato il PNA il 30 giugno 2006, e tale notifica era accompagnata
dalla lettera del Ministro dell’Ambiente polacco ove si indicava
espressamente che nel PNA mancavano un certo numero di elementi e che
questi ultimi sarebbero stati successivamente comunicati alla
Commissione. D’altro canto, la Commissione ha ricevuto il PNA il 30
giugno 2006. Inoltre, nella lettera del 30 agosto 2006, la Commissione
ha segnalato espressamente alla Repubblica di Polonia che, allo stato,
il PNA era incompleto e incompatibile con taluni criteri dell’allegato
III della direttiva e, pertanto, l’invitava a rispondere a vari quesiti
e richieste di informazioni complementari. Infine, il 30 ottobre 2006,
la Repubblica di Polonia ha formalmente chiesto una proroga del termine
impartito per rispondere ai quesiti e alle richieste di informazioni
complementari menzionati nella lettera del 30 agosto 2006.
33 In via principale occorre valutare la fondatezza degli argomenti
addotti dalla Repubblica di Polonia, tesi a dimostrare che, nel caso di
specie, il termine di tre mesi previsto all’art. 9, n. 3, della
direttiva, da un lato, ha iniziato a decorrere il 30 giugno 2006, e ciò
benché il PNA fosse incompleto, e, dall’altro, è scaduto il 30 settembre
2006.
34 In primo luogo, relativamente alla questione se il termine di tre
mesi abbia cominciato a decorrere il 30 giugno 2006 quando il PNA
notificato era incompleto, si deve innanzitutto ricordare che, ai sensi
del disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva, nei tre mesi successivi
alla notifica di un PNA ad opera di uno Stato membro, la Commissione può
respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con i
criteri di cui all’allegato III o al disposto dell’art. 10 della
direttiva.
35 In secondo luogo, come già dichiarato dal Tribunale, non vi sono
ragioni per supporre che, quando un PNA incompleto è notificato, il
termine di tre mesi di cui dispone la Commissione per respingere un PNA
non possa cominciare a decorrere. Uno Stato membro, infatti, non può,
notificando un PNA incompleto, rinviare indefinitamente una decisione
della Commissione ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva (sentenza
Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 73).
36 In terzo luogo, dalla giurisprudenza risulta che il potere di
controllo e di rigetto del PNA da parte della Commissione, ex art. 9, n.
3, della direttiva, è fortemente circoscritto, dato che è soggetto a
limiti sia sostanziali che temporali. Tale controllo, da un lato, è
limitato all’esame da parte della Commissione della compatibilità del
PNA con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art. 10 della
direttiva e, dall’altro, va effettuato entro tre mesi a decorrere dalla
notifica del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza del Tribunale 30
aprile 2007, causa T-387/04, EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione,
Racc. pag. II-1195, punto 104; v. anche, in tal senso, sentenza del
Tribunale 7 novembre 2007, causa T-374/04, Germania/Commissione, Racc.
pag. II-4431, punto 116). Oltretutto, quanto ai limiti temporali, va
constatato che l’art. 9, n. 3, della direttiva prevede un solo termine
di tre mesi nel corso del quale la Commissione può pronunciarsi sul PNA.
37 Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale dichiara
che la Repubblica di Polonia correttamente sostiene che il termine di
tre mesi ha cominciato a decorrere a partire dalla notifica del PNA da
parte della Repubblica di Polonia, ossia il 30 giugno 2006.
38 Quest’ultima constatazione non può essere rimessa in discussione
dall’argomento della Commissione secondo cui, in sostanza, il termine di
tre mesi inizia a decorrere, in base ad una prassi amministrativa
costante, dalla data di registrazione della lettera di notifica del PNA
presso la segreteria generale della Commissione, vale a dire, nella
fattispecie, il 6 luglio 2006.
39 Occorre infatti constatare, innanzitutto, che la Commissione non
apporta elementi probatori a sostegno della sua affermazione relativa
all’esistenza di una siffatta prassi amministrativa costante. Inoltre va
rilevato che all’art. 9, n. 3, della direttiva è espressamente indicato
che il momento di inizio del termine di tre mesi è la notifica del PNA.
Orbene, nel caso di specie, la Commissione non contesta di avere
ricevuto la notifica del PNA il 30 giugno 2006.
40 In secondo luogo, quanto alla questione se il termine di tre mesi sia
scaduto il 30 settembre 2006, si devono valutare gli effetti prodotti
dalla lettera della Commissione del 30 agosto 2006, lettera nella quale,
da un lato, essa constata l’incompletezza e l’incompatibilità del PNA e,
dall’altro, invita la Repubblica di Polonia a rispondere ad un certo
numero di quesiti e richieste di informazioni complementari.
41 Innanzitutto, dalla giurisprudenza risulta che il controllo
preventivo effettuato ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva non
porta necessariamente a una decisione di autorizzazione. Infatti la
Commissione deve intervenire solo qualora ritenga necessario sollevare
obiezioni nei confronti di alcune parti del PNA notificato e prendere,
in caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il proprio PNA, una
decisione di rigetto. Tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono
aver luogo entro tre mesi dalla notifica del PNA. In mancanza, infatti,
il PNA notificato acquista carattere definitivo e beneficia di una
presunzione di legittimità che consente di mettere fine al divieto
temporaneo di attuazione del PNA da parte dello Stato membro (ordinanza
EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione, punto 37 supra, punto 115).
Inoltre, tenuto conto del potere fortemente circoscritto di cui dispone
la Commissione per esaminare un PNA, come ricordato al precedente punto
37, tali obiezioni e tale decisione di rigetto devono necessariamente
basarsi sulla constatazione di un’incompatibilità del PNA notificato con
i criteri di valutazione menzionati nell’allegato III o con il disposto
dell’art. 10 della direttiva.
42 In secondo luogo, in mancanza di un potere generale di autorizzazione
stricto sensu della Commissione nei confronti del PNA notificato,
l’assenza di obiezioni da parte della stessa alla scadenza del suddetto
termine non comporta alcuna presunzione o finzione giuridica di
autorizzazione del PNA. Pertanto, alla scadenza del termine consegue
solo che il PNA acquista carattere definitivo e può essere messo in atto
dallo Stato membro (ordinanza EnBW Energie Baden-Württemberg/Commissione,
punto 37 supra, punto 120).
43 Di conseguenza il Tribunale considera che la Commissione può
intervenire prima della scadenza del termine di tre mesi, non soltanto,
in un primo tempo, sollevando obiezioni o ponendo quesiti vertenti su
taluni aspetti del PNA notificato, ma anche, in un secondo tempo, in
caso di rifiuto dello Stato membro di modificare il suo PNA, adottando
una decisione di rigetto del PNA notificato. Mentre l’adozione di una
decisione di rigetto ha l’effetto di interrompere il decorso del termine
di tre mesi, quando la Commissione solleva obiezioni o pone dei quesiti
vertenti su taluni aspetti del PNA notificato, il termine di tre mesi è
sospeso.
44 Orbene, nel caso di specie, si deve constatare che, nella lettera del
30 agosto 2006, ossia due mesi dopo la notifica del PNA, la Commissione,
da un lato, ha formalmente attirato l’attenzione della Repubblica di
Polonia non soltanto sull’incompletezza, ma altresì
sull’incompatibilità, allo stato, del PNA alla luce dei criteri di
valutazione applicabili nell’ambito del suo esame ex art. 9, n. 3, della
direttiva e, dall’altro, ha invitato la Repubblica di Polonia a
rispondere a vari quesiti e richieste di informazioni complementari al
fine di completare il PNA. Per quanto riguarda queste ultime richieste,
esse concernevano in particolare l’elenco nominativo dei gestori di
impianti e la quantità di quote che la Repubblica di Polonia intendeva
assegnare loro, dati che non figuravano nel PNA. Questi due tipi di
dati, richiesti ai sensi del criterio n. 10 dell’allegato III della
direttiva, presentavano un carattere essenziale al fine di consentire
alla Commissione di esaminare la compatibilità del PNA. In mancanza di
tali dati, è giocoforza riconoscere che la Commissione non era in grado
di esaminare il PNA, conformemente al disposto dell’art. 9, n. 3, della
direttiva. Infine il Tribunale constata che dagli elementi del fascicolo
risulta che, in seguito alla lettera del 30 agosto 2006, la Repubblica
di Polonia non ha rifiutato di modificare il suo PNA e di rispondere ai
quesiti posti dalla Commissione nella lettera in parola.
45 Emerge dalle precedenti argomentazioni che la lettera del 30 agosto
2006 conteneva obiezioni sollevate dalla Commissione nel termine di tre
mesi, in base alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 42 e 43.
Pertanto, alla luce delle considerazioni esposte al precedente punto 44,
la Repubblica di Polonia a torto sostiene che, nel caso di specie, il
termine di tre mesi, sospeso dalle obiezioni e dai quesiti riportati
nella lettera del 30 agosto 2006, sia scaduto il 30 settembre 2006.
46 Siffatta conclusione non può essere rimessa in discussione dalla
circostanza che la Commissione non ha adottato una decisione di rigetto
del PNA prima della scadenza del termine di tre mesi. Infatti, come
ricordato al precedente punto 43, una decisione di rigetto di un PNA,
che può avere luogo in un secondo tempo, può essere adottata solo
allorché lo Stato membro interessato ha respinto le obiezioni della
Commissione o ha rifiutato di modificare il suo PNA. Orbene, nel caso di
specie è pacifico che il Ministro dell’Ambiente polacco, nella sua
lettera allegata al PNA, notificato il 30 giugno 2006, attirava fin da
tale momento l’attenzione dei servizi della Commissione
sull’incompletezza del PNA e sulla circostanza che gli elementi mancanti
sarebbero stati comunicati successivamente. È inoltre parimenti pacifico
che, dopo la lettera della Commissione del 30 agosto 2006, la Repubblica
di Polonia, lungi dal rifiutare di rispondere ai quesiti e alle
richieste della Commissione, menzionati in detta lettera, o di
modificare il PNA, ben al contrario, in occasione delle discussioni tra
i propri servizi e quelli della Commissione, e poi formalmente con la
lettera del 30 ottobre 2006, ha chiesto alla Commissione di posporre il
termine impartito in modo da poter presentare le risposte ai quesiti e
alle richieste di informazioni complementari. Inoltre, dalla lettera del
30 ottobre 2006 consta che essa insisteva sulla circostanza che la
Commissione avrebbe così potuto procedere ad una valutazione corretta e
veramente completa del PNA. In siffatto contesto, è a ragione che la
Commissione ha considerato che non occorresse respingere il PNA in tale
fase, prima di avere ricevuto la risposta della Repubblica di Polonia ai
quesiti e alle richieste di informazioni complementari contenuti nella
sua lettera del 30 agosto 2006.
47 Da quanto esposto discende che il primo motivo deve essere respinto
in quanto infondato.
II - Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di
motivazione ed alla violazione dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva
A - Argomenti delle parti
48 La Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione ha violato il
disposto dell’art. 9, n. 1, della direttiva, poiché avrebbe disatteso,
senza ragione e «senza motivazione pertinente», la valutazione dei dati
riportati nel PNA e avrebbe sostituito all’esame di tali dati quello dei
propri dati ottenuti in seguito all’applicazione incoerente del proprio
metodo di analisi economica.
49 In primo luogo, la Repubblica di Polonia asserisce che, nella
decisione impugnata, la Commissione ha escluso dal suo esame i dati
forniti dallo Stato in parola nel PNA, così come quelli comunicati in
risposta ai quesiti nella lettera del 30 agosto 2006. Al fine di
giustificare il rigetto di tali dati, la Commissione avrebbe posto in
evidenza la loro mancanza di affidabilità, senza tuttavia fornire un
motivo più preciso. In proposito la Repubblica di Polonia afferma che la
Commissione avrebbe soltanto indicato, al quinto ‘considerando’ della
decisione impugnata, che «non si [poteva] quindi escludere che le
emissioni effettive fossero state sopravvalutate a causa delle cifre
relative alle emissioni degli anni precedenti comunicate dalla
[Repubblica di] Polonia». La Commissione avrebbe quindi «privato di
credibilità» i dati forniti dalla Repubblica di Polonia e gli sforzi
diretti alla preparazione del PNA in base e conformemente alle sue
stesse istruzioni.
50 Essa addebita parimenti alla Commissione di non aver dimostrato che i
dati riportati nel PNA fossero inadeguati. Orbene, riguardo segnatamente
alle emissioni dichiarate dalla Repubblica di Polonia prima del 2005,
esse sarebbero state oggetto di una relazione nell’ambito della UNFCC e
sarebbero state controllate dalla Commissione, senza la minima
osservazione in merito da parte sua.
51 La Repubblica di Polonia aggiunge che, alla luce del disposto
dell’art. 9, n. 3, della direttiva, la Commissione è tenuta ad
effettuare una valutazione singola, per settore economico contemplato
dalla direttiva, dei dati di cui si è servito lo Stato membro al fine di
predisporre il PNA. A tale proposito essa ricorda che il criterio n. 3
dell’allegato III della direttiva riconosce agli Stati membri il diritto
di basare i metodi di assegnazione delle quote sui dati utilizzati
relativamente alle attività dei vari settori economici coperti dalla
direttiva.
52 Nella replica la Repubblica di Polonia fa valere che la posizione
adottata dalla Commissione, e che l’ha indotta a non prendere in
considerazione i dati citati nel PNA, deriva da un’interpretazione
errata e ingiustificata della Commissione del suo ruolo nel processo di
valutazione dei PNA. A suo parere, la missione della Commissione
consisteva nel dimostrare, adducendo un’argomentazione completa, che il
metodo applicato nel PNA violava il disposto della direttiva.
53 Orbene, sempre nella replica, la Repubblica di Polonia insiste sul
fatto che, al fine di poter disattendere il metodo adottato per
elaborare il PNA, la Commissione doveva, seppure nel rispetto del «ruolo
predominante» di cui godono gli Stati membri a tale titolo, dimostrare
in modo chiaro e inconfutabile che tale metodo violava le disposizioni
della direttiva. Essa considera parimenti che, tanto nella decisione
impugnata quanto nel controricorso, la Commissione non ha prodotto la
prova che i dati utilizzati nel PNA non sono oggettivi ed affidabili.
Peraltro, al quinto ‘considerando’ della decisione impugnata, la
Commissione stessa ammetterebbe che, al momento della sua adozione, non
disponeva di prove dell’erroneità o inesattezza dei dati menzionati nel
PNA e constaterebbe soltanto che non potesse escludersi che i dati
riportati nel PNA «facessero aumentare smisuratamente i livelli
effettivi di emissioni di gas».
54 In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che la
Commissione non ha il diritto, senza giustificazione alcuna né
consultazione con lo Stato membro interessato, di sostituire ai dati
riportati nel PNA da quest’ultimo i propri dati, ottenuti applicando il
proprio metodo di analisi economica, metodo che ha pur esso sostituito
quello accolto dallo Stato membro in parola. In forza della valutazione
di un PNA, la Commissione avrebbe unicamente il diritto di esaminare i
dati forniti dallo Stato membro. Un siffatto metodo di valutazione dei
dati in questione si distinguerebbe sia dall’applicazione da parte della
Commissione del proprio metodo di analisi economica sia dalla
sostituzione in tale modello dei propri dati, dalla rettifica
discrezionale di questi ultimi ad opera della Commissione e, infine,
dall’ordine intimato alla Repubblica di Polonia di utilizzare i
risultati così ottenuti.
55 Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non ha indicato né
nei suoi orientamenti complementari del 2005 (v. punto 28 supra) né
nella lettera del 30 agosto 2006 che intendeva utilizzare il modello
Primes come modello di analisi economica ai fini della valutazione della
crescita del prodotto interno lordo (PIL) e del potenziale di riduzione
delle emissioni. Soltanto con la relazione del 27 ottobre 2006 sui
progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi del Protocollo di
Kyoto [COM (2006) 658 def.], pubblicata dopo la notifica del PNA da
parte della Repubblica di Polonia, la Commissione avrebbe indicato che,
per valutare la conformità di un PNA alla luce dei criteri nn. 2 e 3
dell’allegato III della direttiva, intendeva basarsi sul «metodo del
PIL», contrapposto al «metodo settoriale» adottato dalla Repubblica di
Polonia nel PNA.
56 Del resto, per quanto riguarda l’affidabilità del modello Primes, la
Repubblica di Polonia constata che, prima di adottare la decisione
impugnata, la Commissione era in possesso dei dati più precisi e più
aggiornati relativamente al PIL polacco. Ciò risulterebbe anche dalla
nota a pie’ di pagina n. 24 della decisione impugnata, ove la
Commissione ha indicato di non aver tenuto conto dei dati delle
previsioni intermedie del febbraio 2007, pubblicate dalla sua direzione
generale «Affari economici e finanziari» il 16 febbraio 2007, poiché
erano disponibili solo per sette Stati membri e, di conseguenza, non
costituivano un insieme di dati sufficientemente coerente ed equanime
per l’Unione nel suo complesso.
57 Quanto all’affermazione della Commissione nel controricorso, secondo
cui, conformemente al principio della parità di trattamento, il metodo
di valutazione dei PNA deve essere identico per tutti gli Stati in
parola, essa sarebbe contraria sia ai propri orientamenti
sull’elaborazione di un PNA, sia alla sua prassi decisionale in materia
rispetto ad altri Stati membri. La Repubblica di Polonia fa osservare
che utilizzare dati disponibili il più recente e preciso possibile non
costituisce una «discriminazione».
58 Essa aggiunge che nel corso del procedimento di valutazione del PNA
la Commissione non le ha mai consentito di presentare le proprie
osservazioni vertenti, da un lato, sull’asserzione che il suo metodo di
valutazione per elaborare il PNA violerebbe il disposto del diritto
comunitario, dall’altro, sulla scelta dell’istituzione in parola di
valutare il livello di emissioni autorizzate secondo il «metodo del PIL»
invece che con il «metodo settoriale» e, infine, sul funzionamento del
modello Primes adottato dalla Commissione. Le discussioni all’interno di
comitati o di organi rappresentativi concernenti i criteri di cui la
Commissione si sarebbe servita non possono esimere quest’ultima dal suo
obbligo di presentare alla Repubblica di Polonia le sue conclusioni nel
corso del procedimento amministrativo. Di conseguenza, in assenza di
siffatta previa consultazione, la Commissione avrebbe violato il
principio di cooperazione fra le istituzioni della Comunità e gli Stati
membri.
59 Nella replica la Repubblica di Polonia, a sostegno del primo motivo,
fa valere che la Commissione, in base alla direttiva, dispone di un
ruolo limitato consistente esclusivamente nel valutare i PNA ad essa
notificati alla luce dei criteri previsti dalla medesima. Ricorda
inoltre, che, conformemente al disposto dell’art. 11, n. 2, della
direttiva, ogni Stato membro decide in merito alla quantità totale di
quote di emissioni da assegnare ed avvia il processo di assegnazione di
tali quote ai gestori interessati. Essa sostiene che la Commissione,
prima di respingere un PNA, o di prescrivere autorizzazioni di emissioni
di gas a effetto serra più limitative di quelle previste nel PNA, è
tenuta a dimostrare in modo certo e dettagliato che quest’ultimo non è
conforme al diritto comunitario. Secondo la Repubblica di Polonia, lo
scopo della valutazione di un PNA da parte della Commissione non è
sostituirsi allo Stato membro nell’elaborazione del suo PNA.
60 La Commissione fa valere che il secondo motivo concerne il modo con
cui ha trattato i dati riportati nel PNA nella fase della valutazione di
quest’ultimo.
61 Tuttavia la Repubblica di Polonia avrebbe sollevato, nella fase della
replica, nella parte dedicata al primo motivo, un motivo nuovo relativo
alla violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva, nel senso che la
Commissione sarebbe andata al di là delle competenze di controllo
conferitele dalla direttiva in parola. La Commissione rileva dal canto
suo che il primo motivo dedotto nel ricorso verteva unicamente sulla
circostanza che la decisione impugnata sarebbe stata adottata dopo la
scadenza del termine di tre mesi. Tale motivo dovrebbe pertanto essere
dichiarato irricevibile, conformemente al disposto dell’art. 44, n. 1,
lett. c), e dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura.
62 In via principale, la Commissione indica che, nella decisione
impugnata, ha considerato che taluni aspetti del PNA non fossero
conformi a vari criteri dell’allegato III della direttiva. Essa aggiunge
di aver fissato la quantità annuale di quote di emissioni di gas a
effetto serra di cui trattasi a 208,515395 MteCO2, diminuendo così di
76,132937 MteCO2 la quantità annuale di quote di emissioni di gas a
effetto serra proposta dalla Repubblica di Polonia nel PNA.
63 Essa ricorda che, ai sensi dell’art. 9, n. 3, della direttiva,
valutando il PNA alla luce dei criteri nn. 1-3 dell’allegato III della
direttiva, ha tenuto conto di tre indicatori, ossia, da un lato, dei
dati verificati relativi alle emissioni effettive di gas a effetto serra
nel 2005 (nell’ambito del criterio n. 2), dall’altro, delle previsioni
di crescita del PIL nel 2010 e, infine, delle tendenze relative
all’intensità di carbonio per gli anni 2005-2010 (questi ultimi due
indicatori attengono al criterio n. 3). Con l’espressione «dati
verificati» s’intendono dati trasmessi dagli impianti, successivamente
controllati, registrati e verificati da esperti indipendenti.
64 La Commissione sostiene che una valutazione corretta di un PNA sulla
base dell’art. 9, n. 3, della direttiva deve consentire di evitare che
si formino eccedenze di quote che rischino di condurre in seguito ad una
«caduta del mercato», come è accaduto nel corso del periodo di scambio
2005-2007. Soltanto una «scarsità di quote adeguata» potrebbe
contribuire alla realizzazione dello scopo della direttiva, cioè ridurre
le emissioni di gas a effetto serra in termini di costi e di efficienza
economica. A tale riguardo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del
Nord afferma che la Commissione, nello scegliere i dati, dovrebbe
prendere in considerazione la circostanza che la concessione delle
assegnazioni chiesta dalla Repubblica di Polonia condurrebbe ad un
eccesso di assegnazioni immediato e quindi ad un eccesso di offerte sul
mercato di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra, il
che si ripercuoterebbe sul prezzo delle quote in questione.
65 La Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda
del Nord, considera che l’art. 9, n. 3, della direttiva non le impone di
utilizzare il metodo di analisi adottato dallo Stato membro interessato
e i dati menzionati nel PNA in esame. Essa non contesta affatto la
circostanza che gli Stati membri dispongano di un «ampio potere
discrezionale» nell’attuazione del proprio PNA dopo la valutazione della
Commissione. Ciò nondimeno, per valutare un PNA alla luce dei criteri
dell’allegato III e dell’art. 10 della direttiva, essa dovrebbe
utilizzare i dati più oggettivi e più affidabili nonché, per il
principio della parità di trattamento fra gli Stati membri, uno stesso
metodo di analisi economica per tutti, il che potrebbe talora condurla,
rispetto ad alcuni fra questi, a utilizzare dati che non sono
perfettamente aggiornati. La Commissione aggiunge che tale obbligo,
segnatamente di utilizzare dati affidabili in materia di emissioni,
nell’ambito della valutazione dei PNA, ex art. 9, n. 3, della direttiva,
deriva dagli artt. 14 e 15 di quest’ultima e dalla decisione della
Commissione 29 gennaio 2004, 2004/156/CE, che istituisce le linee guida
per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto
serra ai sensi della direttiva (GU L 59, pag. 1). Considerato l’ampio
potere di valutazione di cui gode in funzione delle complesse
valutazioni sotto il profilo economico ed ambientale operate nell’ambito
del controllo dei PNA, la Commissione ritiene di non essere tenuta a
fornire spiegazioni dettagliate circa l’utilizzo degli indicatori
economici ed ambientali. Essa sostiene infine che la valutazione da essa
effettuata in applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva non si
propone di sostituire il PNA, bensì unicamente di stabilire un livello
massimo per la quantità totale di quote da assegnare.
66 Allo scopo di dimostrare che gli Stati membri potevano utilizzare il
loro metodo di calcolo per determinare la quantità totale di quote da
assegnare, essa cita quale esempio il caso del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord, della Repubblica di Slovenia, della
Repubblica francese e del Regno di Danimarca, che non hanno oltrepassato
il «limite stabilito» per la quantità di quote possibile relativamente
al secondo periodo di scambio, cosicché né i loro PNA né le quantità
totali di quote ivi indicate sono stati respinti.
67 Secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la scelta
di politica operata dalla Commissione relativamente ai dati, che, per
sua natura, comporta una decisione economica complessa la quale è
sottoposta ad un controllo giurisdizionale limitato, non consiste
soltanto in una valutazione della qualità dei dati interessati, ma
comprende anche una valutazione della reazione che il mercato potrebbe
avere rispetto alla qualità di tali dati. Inoltre una proposta di
assegnazione eccessiva, come quella di cui trattasi nella fattispecie,
rischierebbe manifestamente di avere un impatto importante sul sistema
per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella
Comunità. Tale proposta di assegnazione dovrebbe pertanto essere
esaminata tenendo presenti le quote supplementari richieste da altri
Stati membri nei rispettivi PNA.
68 Secondo la Commissione, sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord, è dunque così che, in primo luogo, avrebbe deciso di
accettare i dati concernenti le emissioni in tutti gli Stati membri nel
corso del 2005, come pubblicati il 15 maggio 2006 nel Catalogo
indipendente comunitario delle operazioni (CITL-Community Independent
Transaction Log). Essa aggiunge di aver indicato, con un comunicato
stampa del medesimo giorno, che considerava i dati in questione come i
migliori ed i più esatti e che ne avrebbe tenuto conto nella valutazione
dei PNA per il periodo 2008-2012. Tali dati sarebbero stati anche
riportati nel rapporto del 2006 (v. punto 55 supra) e, per quanto
riguarda la Repubblica di Polonia, sarebbero stati completati sulla base
della risposta di quest’ultima alla lettera del 30 agosto 2006. La
Commissione precisa che, contrariamente ai dati delle emissioni
concernenti il 2005, quelli notificati dalla Repubblica di Polonia nel
PNA, vertenti sugli anni precedenti al 2005, non erano stati verificati
in modo indipendente e che non escludeva che essi «facessero aumentare
smisuratamente i livelli effettivi di emissioni di gas». La circostanza
che i dati in parola fossero stati oggetto di una relazione nel quadro
della UNFCC e fossero stati controllati sotto tale profilo dalla
Commissione non avrebbe automaticamente comportato il loro
«riconoscimento» nel quadro del sistema per lo scambio di quote.
69 In secondo luogo, la Commissione fa osservare, da un lato, di avere
utilizzato il modello Primes soltanto per stabilire l’indicatore
relativo all’intensità di carbonio per il periodo 2005-2010 e,
dall’altro, che si tratta di un modello che integra i dati più
affidabili relativamente alla riduzione di emissioni di gas a effetto
serra. Tale sistema di dati è elaborato e gestito, per conto della
Commissione, da esperti indipendenti dell’Università di Atene. Tali dati
sono stati rilevati nel corso del medesimo periodo per tutti gli Stati
membri, il che dovrebbe quindi garantire un livello analogo di coerenza
ed esattezza. Infine la circostanza che l’esame del PNA si sia rivelato
impossibile nel secondo semestre del 2006, poiché la Repubblica di
Polonia ha trasmesso alla Commissione le informazioni indispensabili a
tale scopo solo nel 2007, non può fare sì che la Repubblica di Polonia
si trovi in una situazione diversa, e persino più vantaggiosa, per
l’utilizzo delle previsioni del PIL, rispetto a quella di altri Stati
membri che avevano notificato un PNA completo.
B - Giudizio del Tribunale
70 Il Tribunale constata che il secondo motivo si divide in due parti.
Quanto alla prima parte, la Repubblica di Polonia addebita alla
Commissione di avere respinto, senza ragione e «senza motivazione
pertinente», il metodo di analisi economica da essa adottato nonché i
dati riportati nel PNA. Tenuto conto delle memorie delle parti, il
Tribunale considera che, nell’ambito della suddetta parte del secondo
motivo, la Repubblica di Polonia contesta alla Commissione di avere
violato l’obbligo di motivazione ai sensi dell’art. 253 CE. Quanto alla
seconda parte, essa le addebita di avere violato il disposto dell’art.
9, nn. 1 e 3, della direttiva, da un lato, sostituendo il metodo e i
dati in parola con il proprio metodo di valutazione ed i propri dati
ottenuti in base di quest’ultimo e, dall’altro, imponendogli, a titolo
di controllo del PNA, un tetto per la quantità totale di quote da
assegnare.
1. Sull’esistenza di un asserito motivo nuovo, dedotto dalla Repubblica
di Polonia nella fase della replica e relativo alla circostanza che la
Commissione sarebbe andata al di là dei suoi poteri di controllo
71 Occorre accertare se, come sostenuto dalla Commissione, la censura,
relativa ad una violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva in quanto
la Commissione avrebbe ecceduto i limiti dei poteri di controllo
conferitile da tale articolo, costituisca un motivo nuovo il quale, di
conseguenza, deve essere respinto.
72 Dal combinato disposto dell’art. 44, n. 1, lett. c), e dell’art. 48,
n. 2, del regolamento di procedura, consta che l’atto introduttivo del
giudizio deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione
sommaria dei motivi invocati e che la produzione di motivi nuovi in
corso di causa è vietata, a meno che essi si basino su elementi di
diritto e di fatto emersi durante la fase scritta.
73 Nel caso di specie, innanzitutto, come emerge dalle conclusioni
nell’ultima parte del ricorso (v. punto 25 supra), la Repubblica di
Polonia addebita alla Commissione, in modo generale, di avere adottato
la decisione impugnata, quando invece non ne avrebbe avuto il potere, e
ciò «in violazione delle forme sostanziali, di disposizioni del Trattato
CE ed oltrepassando i suoi poteri». Dalla sintesi dei motivi dedotti
dalla Repubblica di Polonia risulta che, sin dalla fase dell’atto
introduttivo del ricorso, essa ha lamentato che la Commissione aveva
ecceduto i limiti dei poteri conferitile dall’art. 9, n. 3, della
direttiva relativamente al suo potere di valutazione dei PNA.
74 Inoltre il Tribunale constata che, al punto 53 del suo ricorso, la
Repubblica di Polonia ha fatto valere, a titolo del secondo motivo, che,
nell’ambito della valutazione di un PNA, la Commissione ha soltanto il
diritto di esaminare la compatibilità dei dati prodotti dallo Stato
membro interessato rispetto ai criteri di valutazione che figurano nella
direttiva. La Commissione non avrebbe per contro il diritto, in siffatto
contesto, di inserire suoi propri dati in sostituzione dei dati forniti
dallo Stato membro. Il Tribunale osserva anche che la Repubblica di
Polonia, nello stesso punto del ricorso, aggiunge che non si deve
confondere la valutazione dalla Commissione dei dati forniti da uno
Stato membro nel suo PNA con l’applicazione da parte della menzionata
istituzione del proprio metodo di analisi economica, la sostituzione dei
propri dati a quelli presenti in un PNA, la rettifica discrezionale di
questi ultimi ad opera della medesima o ancora con l’ordine intimato
allo Stato membro in parola dalla Commissione di utilizzare i risultati
così ottenuti.
75 Il Tribunale rileva poi che, al punto 54 del ricorso, la Repubblica
di Polonia fa valere che ciascuno degli Stati membri può legittimamente
attendersi, in forza dell’art. 9, n. 3, della direttiva, che la
Commissione operi una valutazione singola dei dati di cui si è servita
per elaborare il PNA. Del pari, al punto 56 del ricorso, la Repubblica
di Polonia addebita alla Commissione di non avere dimostrato che i dati
riportati nel PNA fossero inadeguati.
76 Si deve del resto osservare che gli argomenti presentati dalla
Repubblica di Polonia al punto 8 della replica, relativamente al primo
motivo, sono sostanzialmente identici a quelli svolti nella medesima
fase scritta del procedimento, ma relativamente al secondo motivo (v.
punto 54 supra). Nei due casi, infatti, essa fa valere in sostanza che,
per adottare una decisione come la decisione impugnata, e in particolare
rifiutare il metodo di valutazione utilizzato dallo Stato membro
interessato, la Commissione deve, nel rispetto del «ruolo predominante»
degli Stati membri nell’elaborazione dei PNA, dimostrare in modo chiaro
e inconfutabile che il suddetto metodo viola il disposto della
direttiva. Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione non ha
fatto valere l’irricevibilità di tale argomentazione presentata nella
replica a sostegno del secondo motivo. Infine, dagli argomenti esposti
al precedente punto 53, svolti anche nella fase della replica a sostegno
del secondo motivo, risulta che la Repubblica di Polonia sostiene
espressamente che la posizione adottata dalla Commissione, che l’ha
condotta a non prendere in considerazione dati riportati nel PNA, deriva
da un’interpretazione errata e ingiustificata, da parte di quest’ultima,
del suo ruolo nel processo di valutazione dei PNA.
77 In ogni caso il Tribunale rileva che, nel controricorso, la
Commissione ha, da un lato, constatato essa stessa che il secondo motivo
concerneva il modo con cui aveva utilizzato i dati presentati in un PNA
nella fase di valutazione di quest’ultimo e, dall’altro, ha risposto con
chiarezza a tale motivo nel senso che verteva sui presupposti di
esercizio del suo potere di controllo del PNA, conformemente all’art. 9,
n. 3, della direttiva.
78 Dalle constatazioni che precedono emerge che la Repubblica di
Polonia, fin dalla fase del ricorso, non soltanto ha addebitato alla
Commissione di non aver rispettato i presupposti di esercizio del suo
potere di valutazione dei PNA derivante dal disposto dell’art. 9, n. 3,
della direttiva, ma ha inoltre fatto valere, sostanzialmente, che la
Commissione aveva ecceduto l’ambito del potere stesso, poiché aveva
sostituito il proprio metodo di analisi economica ed i propri dati a
quelli accolti nel PNA, rettificando discrezionalmente tali dati e
obbligandola ad utilizzare i risultati da essa così ottenuti.
79 Pertanto, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la
censura, relativa ad una violazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva,
in quanto la Commissione avrebbe ecceduto i limiti dei poteri di
controllo ad essa conferiti da tale articolo, non costituisce un motivo
nuovo ed è quindi ricevibile.
2. Sulla fondatezza del secondo motivo
a) Osservazioni preliminari
80 Inizialmente giova ricordare gli obiettivi perseguiti dalla
direttiva, la ripartizione delle competenze tra la Commissione e gli
Stati membri in forza delle disposizioni di quest’ultima e, infine, la
portata del controllo giurisdizionale operato dal giudice comunitario su
una decisione come la decisione impugnata.
Sugli obiettivi della direttiva
81 Per quanto riguarda gli obiettivi cui mira la direttiva, il Tribunale
ha già statuito che il principale obiettivo dichiarato dalla direttiva
consiste nel ridurre sostanzialmente le emissioni dei gas a effetto
serra per poter rispettare gli impegni della Comunità e degli Stati
membri alla luce del Protocollo di Kyoto. Questo obiettivo deve essere
perseguito nel rispetto di una serie di «sotto-obiettivi» e mediante il
ricorso a determinati strumenti. Lo strumento principale a questo fine è
costituito dal sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni
dei gas a effetto serra (art. 1 e secondo ‘considerando’ della
direttiva), il cui funzionamento è determinato da taluni
«sotto-obiettivi», cioè il mantenimento di condizioni di validità in
termini di costi e di efficienza economica, la preservazione dello
sviluppo economico e dell’occupazione nonché dell’integrità del mercato
interno e delle condizioni di concorrenza (art. 1, nonché quinto e
settimo ‘considerando’, di tale direttiva) (sentenza
Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 124).
Sulla ripartizione delle competenze fra la Commissione e gli Stati
membri
82 Per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra la
Commissione e gli Stati membri sul recepimento di una direttiva in
materia ambientale, occorre ricordare il tenore letterale dell’art. 249,
terzo comma, CE, secondo il quale «[l]a direttiva vincola lo Stato
membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere,
salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma
e ai mezzi». Ne consegue che, qualora la direttiva in questione non
prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la
libertà di azione dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e
dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato resta in via di
principio totale. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti, nell’ambito
della libertà che viene loro lasciata dall’art. 249, terzo comma, CE, a
scegliere le forme e i mezzi più idonei al fine di garantire l’effetto
utile delle direttive. Ne consegue inoltre che, in assenza di norme
comunitarie che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi
che devono essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione,
nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai
sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli
strumenti impiegati dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto
con il diritto comunitario (sentenza Germania/Commissione, punto 37
supra, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).
83 Occorre aggiungere che solo mediante l’applicazione di questi
principi può essere garantito il rispetto del principio di sussidiarietà
sancito all’art. 5, secondo comma, CE, principio che s’impone alle
istituzioni comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni regolamentari
e si presume sia stato osservato per l’adozione della direttiva
(trentesimo ‘considerando’ della direttiva). Ai sensi di tale principio,
la Comunità interviene nelle materie che non rientrano nell’ambito della
sua competenza esclusiva solo e nei limiti in cui gli obiettivi
dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri e, in ragione delle dimensioni o degli effetti
dell’azione prevista, possano perciò essere meglio realizzati a livello
comunitario. Pertanto, in una materia come quella ambientale, regolata
dagli artt. 174 CE - 176 CE, nella quale le competenze della Comunità e
degli Stati membri sono ripartite, spetta alla Comunità, cioè nel caso
di specie alla Commissione, l’onere di dimostrare in che misura le
competenze dello Stato membro e, pertanto, il suo margine di manovra
sono limitati riguardo alle condizioni previste supra al punto 82 (v.,
in tal senso, sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 79).
84 Quanto alla direttiva, va rilevato che, ai fini dell’attuazione del
sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra,
all’art. 9, nn. 1 e 3, e all’art. 11, n. 2, essa stabilisce
esplicitamente e con chiarezza la ripartizione delle competenze fra gli
Stati membri e la Commissione per l’elaborazione, il controllo e la
realizzazione dei PNA. Di conseguenza, visto lo stretto collegamento che
sussiste tra loro relativamente alla ripartizione delle competenze, è
necessario considerare congiuntamente gli articoli di cui trattasi, e
ciò sia rispetto alla loro interpretazione che alla valutazione di
qualsiasi motivo relativo alla loro violazione.
- Sulle competenze degli Stati membri
85 Riguardo alle competenze degli Stati membri, dall’art. 9, n. 1, e
dall’art. 11, n. 2, della direttiva deriva inequivocabilmente che gli
Stati membri sono i soli competenti, in un primo momento, ad elaborare
un PNA il quale precisi la quantità totale di quote che si propongono di
assegnare per il periodo interessato e le relative modalità di tale
assegnazione e, in un secondo momento, a decidere della quantità totale
di quote che assegneranno per ciascun periodo di cinque anni ed avviare
il procedimento di singola assegnazione delle quote stesse.
86 È vero che, ai sensi dell’art. 9, n. 1, seconda frase, della
direttiva, l’esercizio di siffatte competenze esclusive degli Stati
membri deve essere fondato su criteri obiettivi e trasparenti quali
quelli elencati nell’allegato III della direttiva. Allo stesso modo, in
conformità dell’art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva, allorché
la Commissione decide di respingere, in tutto o in parte, un PNA, lo
Stato membro prende una decisione a norma dell’art. 11, n. 2, della
direttiva solo previa accettazione da parte della Commissione delle
modifiche che esso propone.
87 Occorre tuttavia rilevare che la direttiva non stabilisce con
chiarezza e precisione la forma e i mezzi per raggiungere il risultato
che fissa. Inoltre, come è stato ricordato al precedente punto 86, gli
Stati membri sono i soli competenti ad elaborare il proprio PNA e a
decidere della quantità totale di quote da assegnare. Si deve pertanto
ritenere che essi abbiano un ruolo centrale nella realizzazione del
sistema per lo scambio di gas a effetto serra.
88 Tutto ciò premesso, come già dichiarato dal Tribunale, essi
dispongono di un certo margine di manovra per il recepimento della
direttiva (v., in tal senso, sentenza Germania/Commissione, punto 37
supra, punto 80) e, pertanto, per scegliere le misure che ritengono più
adeguate al fine di raggiungere, nel contesto specifico del mercato
energetico nazionale, l’obiettivo fissato dalla direttiva in parola.
- Sulle competenze della Commissione
89 Relativamente alle competenze della Commissione, dal disposto
dell’art. 9, n. 3, della direttiva emerge inequivocabilmente che il suo
potere di controllo e di rigetto dei PNA, come ricordato al precedente
punto 36, è fortemente circoscritto. Infatti, relativamente ai limiti
sostanziali di detto potere, la Commissione può soltanto verificare la
conformità delle misure adottate dallo Stato membro con i criteri di cui
all’allegato III e col disposto dell’art. 10 della direttiva. Inoltre,
conformemente al disposto dell’art. 9, n. 3, ultima frase, della
direttiva, la Commissione, allorché decide di respingere un PNA, deve
motivare la sua decisione. Dalla giurisprudenza emerge tuttavia che,
qualora l’esercizio di tale potere, fortemente circoscritto, di
controllo dei PNA implichi valutazioni economiche ed ecologiche
complesse, realizzate in relazione all’obiettivo generale di riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un sistema per lo
scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza economica
(art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva), la Commissione dispone
allora, essa stessa, di un margine di valutazione (v., in tal senso,
sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 80).
90 Inoltre, al fine di consentire agli Stati membri di prendere una
decisione, ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva, riguardo alla
quantità totale di quote da assegnare, e ciò nell’osservanza del loro
obbligo, ex art. 9, n. 3, seconda frase, della direttiva, a norma del
quale la decisione in questione può essere adottata soltanto quando le
modifiche proposte siano state accettate dalla Commissione, va
considerato che la Commissione, valutando un PNA, può legittimamente
operare critiche specifiche quanto alle incompatibilità constatate e,
eventualmente, formulare proposte o raccomandazioni, affinché lo Stato
membro sia in grado di modificare il PNA in un modo che, secondo la
Commissione, lo renderebbe compatibile con i criteri di controllo
previsti dalla direttiva.
Sulla portata del controllo giurisdizionale
91 Ne consegue che, nell’ambito del suo controllo di legittimità al
riguardo, il giudice comunitario esercita un pieno controllo di
legittimità quanto alla corretta applicazione da parte della Commissione
delle regole di diritto pertinenti, la cui portata deve essere
determinata secondo i metodi di interpretazione riconosciuti dalla
giurisprudenza. Il Tribunale non può, invece, sostituirsi alla
Commissione quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto
valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per
tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non sia
inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se la
Commissione non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere
discrezionale e se le garanzie procedurali, che rivestono un’importanza
ancor più fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente
rispettate (v. sentenza Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 81 e
giurisprudenza ivi citata).
92 Proprio alla luce del complesso dei principi innanzi ricordati,
occorre esaminare la fondatezza del secondo motivo dedotto dalla
Repubblica di Polonia e diretto, in sostanza, a che il Tribunale valuti
se, adottando la decisione impugnata, la Commissione abbia violato il
disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva, in quanto avrebbe leso
la competenza per l’elaborazione e la realizzazione dei PNA degli Stati
membri, ai sensi degli artt. 9, n. 1, e 11, n. 2, della direttiva, e, di
conseguenza, abbia ecceduto i limiti del suo potere di controllo dei PNA
conferitole dall’art. 9, n. 3, della direttiva.
b) Sulla decisione impugnata
93 In via preliminare si deve rilevare che, all’art. 1, n. 1, della
decisione impugnata, la Commissione constata in particolare che una
parte della quantità totale di quote che la Repubblica di Polonia si
propone di assegnare nel PNA, ossia 76,132937 MteCO2 per anno, è
incompatibile con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della direttiva.
Al tempo stesso, all’art. 2, n. 1, della decisione impugnata, la
Commissione precisa che il PNA non sarà oggetto di obiezioni, purché,
tuttavia, vi siano apportate talune modifiche, segnatamente purché la
quantità totale di quote da assegnare ai fini del sistema comunitario
sia diminuita di 76,132937 MteCO2 per anno. Infine, all’art. 3, n. 1,
della decisione impugnata, essa indica che la quantità totale annuale
media di quote che la Repubblica di Polonia deve assegnare, in
applicazione del PNA, agli impianti in esso menzionati ed ai nuovi
entranti è pari a 208,515395 MteCO2 e non deve essere oltrepassata.
94 Il Tribunale osserva che le disposizioni della decisione impugnata di
cui al precedente punto 93 si basano tutte sulla conclusione tratta
dalla Commissione al tredicesimo ‘considerando’, ultimo comma, della
decisione impugnata, ai sensi della quale constata, in particolare, che
l’eccedenza annuale media di quote della Repubblica di Polonia per il
periodo 2008-2012, pari a 76,132937 MteCO2 al termine della prima fase
di calcolo, è incompatibile con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III
della direttiva.
95 Infatti l’art. 1, n. 1, e l’art. 2, n. 1, della decisione impugnata
rinviano espressamente alla suddetta eccedenza annuale. Analogamente,
come menzionato al precedente punto 63, dalle memorie della Commissione
risulta che il tetto massimo della quantità annuale di quote di
emissioni di gas a effetto serra in causa fissato all’art. 3, n. 1,
della decisione impugnata, fino a 208,515395 MteCO2, è stato ottenuto
diminuendo la quantità annuale di quote di emissioni di gas a effetto
serra proposta dalla Repubblica di Polonia nel PNA, ossia 284,648332
MteCO2, per il medesimo ammontare di 76,132937 MteCO2.
96 Infine, proprio nell’ambito che va dal quarto al tredicesimo
‘considerando’ della decisione impugnata, la Commissione ha controllato
la compatibilità del PNA con i criteri nn. 1-3 dell’allegato III della
direttiva. Occorre quindi valutare la fondatezza del secondo motivo alla
luce dei motivi esposti dal quarto al tredicesimo ‘considerando’ della
decisione impugnata.
97 Si devono successivamente esaminare le due parti del secondo motivo,
iniziando con l’esame della seconda parte, relativa alla violazione
dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva.
98 Alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 91,
nella misura in cui, al fine di pronunciarsi sulla fondatezza del
secondo motivo, il Tribunale deve, in un primo tempo, controllare se,
nella decisione impugnata, la Commissione abbia correttamente applicato
le norme di diritto pertinenti per la ripartizione delle competenze fra
gli Stati membri ed essa stessa, il controllo operato dal Tribunale
relativamente a tale punto di diritto deve essere completo. Soltanto in
un secondo tempo, quando sia stato accertato che la Commissione ha
correttamente applicato le norme in parola, si dovrà allora procedere ad
esaminare se il controllo effettuato della compatibilità del PNA con i
criteri elencati nella direttiva e, segnatamente, la scelta del metodo
di analisi economica e ambientale del PNA siano viziati da un errore
manifesto di valutazione.
Sulla fondatezza della seconda parte del secondo motivo
99 Per quanto riguarda la seconda parte del secondo motivo, la
Repubblica di Polonia addebita alla Commissione di avere violato il
disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, da un lato, sostituendo il metodo di
analisi accolto da tale Stato membro e i dati riportati nel PNA con il
proprio metodo di valutazione e i dati ottenuti sulla base di
quest’ultimo e, dall’altro, imponendo, a titolo di controllo del PNA, un
tetto massimo invalicabile per la quantità totale di quote da assegnare.
100 In primo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione
non era competente, tenuto conto del disposto dell’art. 9, n. 3, della
direttiva, a sostituire il metodo di valutazione da essa scelto e i dati
presenti nel PNA con il proprio metodo di valutazione ed i propri dati.
Al riguardo il Tribunale osserva che l’insieme degli argomenti addotti a
difesa dalla Commissione a tale proposito tendono a confermare che non
ha rispettato i limiti della portata delle sue competenze, quali
definite nella direttiva.
101 Innazitutto, la Commissione non può affermare, come risulta dalle
sue memorie, che la direttiva non la obbliga ad utilizzare i dati
riportati nel PNA sottoposto al suo esame e che, per valutarlo, deve
utilizzare lo stesso metodo per tutti gli Stati membri. Infatti,
conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva, il suo potere di
controllo dei PNA riguarda necessariamente i dati presenti nel PNA in
causa, nella misura in cui, come ricordato ai punti 83-91 supra, la
Commissione deve valutare la loro compatibilità con i criteri
dell’allegato III ed il disposto dell’art. 10 della direttiva. È quindi
necessariamente suo compito controllare la scelta dei dati dello Stato
membro interessato ai fini dell’elaborazione del suo PNA.
102 È vero che, nell’ambito del suo potere di controllo dei PNA, non si
può addebitare alla Commissione di aver elaborato un proprio metodo di
valutazione dei PNA basato sui dati che ritiene maggiormente adeguati e
di essersene servita come strumento di comparazione per la valutazione
dei dati riportati nei PNA degli Stati membri, dati di cui deve valutare
la compatibilità con i criteri dell’allegato III e il disposto dell’art.
10 della direttiva. Per questa ragione, in quanto l’elaborazione e
l’utilizzo di un siffatto modello richiedono valutazioni complesse sotto
il profilo economico e ambientale, la Commissione dispone, come
ricordato al precedente punto 89, di un margine di valutazione, e
pertanto l’utilizzo di un siffatto modello di valutazione potrebbe
essere posto in discussione soltanto nel caso in cui conducesse ad un
errore manifesto di valutazione.
103 Per contro, quando la Commissione decide di adottare una decisione
sulla base dell’art. 9, n. 3, della direttiva, non può pretendere, come
invece fatto valere nelle sue memorie e come emerge dalla decisione
impugnata, di rifiutare i dati presenti nel PNA in questione per
sostituirli d’un tratto con i dati ottenuti a partire dal proprio metodo
di valutazione. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione,
sostenuta dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non le
compete, in base al principio della parità di trattamento fra gli Stati
membri, di stabilire ed applicare un medesimo metodo di valutazione per
i PNA di tutti gli Stati membri.
104 A tale proposito, infatti, va innanzitutto rilevato che
l’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli Stati
membri non può avere l’effetto di modificare la ripartizione delle
competenze fra gli Stati membri e la Commissione, nei termini in cui è
prevista dalla direttiva, conformemente al principio di sussidiarietà,
il rispetto del quale viene presunto relativamente all’adozione della
stessa (trentesimo ‘considerando’ della direttiva in parola). Orbene,
come ricordato ai precedenti punti 83-91, gli Stati membri sono i soli
competenti ad elaborare un PNA e a prendere una decisione finale sulla
quantità totale di quote da assegnare.
105 Inoltre, come ricordato al precedente punto 82, il ricorso da parte
degli Stati membri a forme e mezzi diversi per raggiungere lo scopo
perseguito da una direttiva è inerente alla natura stessa di un atto del
genere. Pertanto, dal momento che la direttiva non prescrive con
chiarezza e precisione la forma e i mezzi da impiegare ai fini della sua
trasposizione, occorre constatare che, sostenendo che, in base al
principio della parità di trattamento, le spettava stabilire ed
applicare un medesimo metodo di valutazione per i PNA di tutti gli Stati
membri al fine di raggiungere lo scopo perseguito dalla direttiva, la
Commissione ha violato il margine di manovra loro conferito dalla
direttiva.
106 Consentire alla Commissione di adottare un metodo di valutazione dei
PNA per tutti gli Stati membri equivarrebbe a riconoscerle non soltanto
un effettivo potere uniformatore nell’ambito dell’attuazione del sistema
per lo scambio di quote, ma altresì un ruolo centrale nell’elaborazione
dei PNA. Orbene, la Commissione, nell’ambito del suo potere di controllo
dei PNA, non ha ricevuto dal legislatore nella direttiva né un siffatto
potere uniformatore, né un siffatto ruolo centrale.
107 Nella fattispecie, è pacifico che, in virtù del principio della
parità di trattamento, la Commissione, nella decisione impugnata, ha
valutato il PNA alla luce dei propri dati ottenuti in base al proprio
metodo di valutazione.
108 Procedendo in tal modo, la Commissione non si è quindi limitata,
prima dell’adozione della decisione impugnata, come ne aveva il diritto,
a paragonare i dati presenti nel PNA con i dati ottenuti tramite il
proprio metodo di valutazione, e ciò al fine di valutare la
compatibilità dei primi con i criteri esposti nella direttiva. Al
contrario, si deve constatare che il metodo di controllo dei PNA da essa
adottato equivale, in pratica, a consentire alla Commissione di
elaborare essa stessa, in totale autonomia, il proprio PNA di
riferimento e di valutare la compatibilità dei PNA notificati, non alla
luce dei criteri esposti nella direttiva, ma, in primo luogo, alla luce
dei dati e dei risultati ottenuti attraverso il proprio metodo.
109 D’altro canto, il Tribunale osserva che, come sottolineato al
precedente punto 66, la Commissione fa notare nelle sue memorie che
altri Stati membri hanno potuto utilizzare il loro metodo di calcolo per
determinare la quantità totale di quote da assegnare, poiché «non
[avevano] oltrepassato il limite fissato alla quantità di quote
possibile per il secondo periodo di scambio», e pertanto né il loro PNA
né la quantità globale di quote proposta nei rispettivi PNA erano stati
respinti. Da siffatta argomentazione emerge che, in linea generale, la
Commissione ha considerato che il suo controllo dei PNA dovesse
necessariamente partire da un paragone della quantità di quote
menzionate nel PNA con la quantità da essa ritenuta «possibile» alla
luce dei risultati ottenuti attraverso il proprio metodo di valutazione.
110 Ne consegue che la Commissione si è in definitiva limitata a
sostituire i propri dati a quelli presenti nel PNA, senza minimamente
controllare la compatibilità di questi ultimi con i criteri esposti
nella direttiva.
111 Del resto, sempre per quanto riguarda il rispetto del principio
della parità di trattamento fra gli Stati membri di cui si avvale la
Commissione, il Tribunale constata che, al terzo ‘considerando’ della
decisione impugnata, la Commissione ha indicato che il PNA era stato
valutato segnatamente tenendo conto della comunicazione della
Commissione 7 gennaio 2004, sugli orientamenti destinati ad assistere
gli Stati membri nell’applicazione dei criteri elencati all’allegato III
della direttiva e sulle circostanze in cui è dimostrata la forza
maggiore [COM (2003) 830 def.].
112 Orbene, il Tribunale rileva che, al punto 10 della summenzionata
comunicazione, la Commissione ha espressamente indicato che, per i nuovi
Stati membri, non inclusi nella decisione 2002/358, fra i quali compare
la Repubblica di Polonia, gli obblighi assunti nell’ambito del
Protocollo di Kyoto erano il punto di riferimento per il criterio n. 1
dell’allegato III della direttiva, criterio che opera un collegamento
fra la quantità totale di quote e l’obiettivo di riduzione dello Stato
membro in applicazione della decisione 2002/358 o del Protocollo di
Kyoto stesso. Di conseguenza è giocoforza constatare che la Commissione,
nei propri orientamenti, riconosce che i nuovi Stati membri, fra cui
rientra la Repubblica di Polonia, godono di un trattamento diversificato
rispetto agli altri Stati membri per l’elaborazione dei rispettivi PNA.
113 Quanto all’argomento della Commissione, sostenuta dal Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord, secondo cui, in forza del principio
della parità di trattamento fra gli Stati membri, essa potrebbe non
tenere conto di taluni dati aggiornati del PNA, occorre ricordare che la
direttiva ha lo scopo di creare un efficiente mercato europeo delle
quote di emissione dei gas a effetto serra, danneggiando il meno
possibile lo sviluppo economico e l’occupazione (art. 1 e quinto
‘considerando’ della direttiva). Così, sebbene la direttiva abbia come
obiettivo la riduzione dei gas a effetto serra conformemente agli
impegni assunti dalla Comunità e dagli Stati membri in base al
Protocollo di Kyoto, tale obiettivo deve essere perseguito, nei limiti
del possibile, rispettando le necessità dell’economia europea. Ne
consegue che i PNA elaborati nell’ambito della direttiva devono tenere
in considerazione le informazioni e i dati esatti relativi alle
emissioni previste per gli impianti ed i settori interessati dalla
direttiva. Qualora un PNA si basi in parte su informazioni o valutazioni
erronee relativamente al livello delle emissioni di certi settori o di
certi impianti, deve essere possibile, per lo Stato membro interessato,
proporre modifiche del PNA, ivi compreso un aumento del quantitativo
totale di quote da assegnare, così da risolvere tali problemi prima
ancora che possano avere ripercussioni sul mercato (sentenza Regno
Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 60).
114 Allo stesso modo, dalla giurisprudenza risulta che nulla, nel testo
della direttiva o nella natura e negli scopi del sistema che essa ha
creato, esclude la possibilità che un Stato membro, in seguito alla
decisione della Commissione adottata conformemente all’art. 9, n. 3,
della direttiva, possa modificare i dati riportati nel suo PNA per, ad
esempio, tener conto di nuove informazioni raccolte, in particolare, in
occasione della seconda consultazione del pubblico prevista dall’art. 11
della direttiva (sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto
58).
115 Inoltre, come riconosciuto dal Tribunale nella sentenza
Germania/Commissione, punto 37 supra, gli Stati membri dispongono anche
del diritto di procedere a misure di adeguamento a posteriori, dopo
avere adottato la decisione di assegnazione individuale conformemente
all’art. 11, n. 2, della direttiva.
116 Infine giova ricordare che la consultazione del pubblico, quale
prevista all’art. 11, n. 2, della direttiva prima dell’adozione di una
decisione definitiva sulla base della medesima disposizione, sarebbe
inutile, e le osservazioni del pubblico puramente teoriche, se le
modifiche al PNA che possono essere proposte dopo una decisione della
Commissione assunta in applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva
fossero soltanto quelle che ha indicato la Commissione (v., per
analogia, sentenza Regno Unito/Commissione, punto 27 supra, punto 57).
117 Alla luce della giurisprudenza ricordata in precedenza, si deve
rilevare che gli Stati membri possono quindi, senza necessariamente
essere vincolati dalle raccomandazioni formulate dalla Commissione in
una decisione assunta conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva,
non soltanto correggere e aggiornare il loro PNA successivamente ad una
siffatta decisione, ma altresì procedere al suo adeguamento in un
momento posteriore all’adozione della loro decisione di assegnazione
individuale.
118 Pertanto, considerato sia il tenore letterale della direttiva che
l’economia generale e gli obiettivi del sistema da questa fissati,
nonché la giurisprudenza relativa, la Commissione deve vigilare in
permanenza a che i PNA tengano conto dei dati e delle informazioni le
più esatte e, quindi, le più aggiornate possibile al fine di
pregiudicare nella minor misura possibile lo sviluppo economico e
l’occupazione, pur mantenendo un sistema efficace di quote di emissioni
di gas a effetto serra.
119 Dalle considerazioni suesposte emerge che l’argomento della
Commissione secondo cui, in forza del principio della parità di
trattamento fra gli Stati membri, essa potrebbe non tenere conto di
taluni dati aggiornati del PNA deve essere respinto in quanto infondato.
120 Alla luce dell’insieme degli sviluppi che precedono, e senza che si
riscontri la necessità di pronunciarsi sulla fondatezza della scelta
della Commissione del modello Primes come modello di valutazione del PNA,
occorre concludere che la Repubblica di Polonia a buon diritto sostiene
che la Commissione non poteva legittimamente sostituire i dati riportati
nel PNA con i propri dati, ottenuti sulla base di un medesimo metodo di
valutazione applicato a tutti gli Stati membri.
121 In secondo luogo, la Repubblica di Polonia sostiene, in sostanza,
che la Commissione ha violato il disposto dell’art. 9, n. 3, della
direttiva, in quanto, alla luce del disposto dell’art. 11, n. 2, della
medesima, non aveva il diritto di imporle, a titolo del controllo del
PNA, un tetto massimo per la quantità totale di quote da assegnare.
122 Come risulta dagli argomenti presentasi al precedente punto 65, la
Commissione fa valere che la valutazione da essa effettuata in
applicazione dell’art. 9, n. 3, della direttiva non si propone di
sostituire il PNA, ma unicamente di fissare un livello massimo per la
quantità totale di quote da assegnare.
123 Va considerato in proposito che, fissando nella decisione impugnata
un siffatto tetto massimo di quote al di sopra del quale il PNA sarebbe
ritenuto incompatibile con la direttiva, la Commissione ha ecceduto i
limiti del potere di controllo che le spetta esercitare conformemente al
disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva.
124 È vero che, come ricordato in precedenza, la Commissione è
competente in via esclusiva, ex art. 9, n. 3, della direttiva, a
controllare, e persino a respingere, i PNA elaborati dagli Stati membri,
e ciò alla luce dei criteri enunciati nella direttiva.
125 D’altro canto, considerati i principi ricordati ai precedenti punti
82-90, la Commissione non può, come essa stessa afferma nelle sue
memorie, pretendere, in base a tale ultima competenza, di poter fissare
un livello massimo per la quantità totale di quote da assegnare.
126 Del tutto al contrario, come risulta espressamente dalla
giurisprudenza, in conformità dell’art. 11, nn. 2 e 3, della direttiva,
spetta a ciascuno Stato membro e non alla Commissione decidere, sulla
base del PNA elaborato in applicazione dell’art. 9 e conformemente
all’art. 10 di tale direttiva, circa le quote totali che intende
assegnare per il periodo di cui trattasi e dare corso al procedimento di
attribuzione di tali quote al gestore di ciascun impianto, nonché
statuire sull’assegnazione delle dette quote (ordinanza della Corte 8
aprile 2008, causa C-503/07 P, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione,
Racc. pag. I-2217, punto 75).
127 Nel caso di specie, imponendo nel dispositivo della decisione
impugnata un tetto massimo di quote al di sopra del quale il PNA sarebbe
ritenuto incompatibile con i criteri di valutazione enunciati nella
direttiva, la Commissione si è sostituita, in pratica, alla Repubblica
di Polonia rispetto alla fissazione della quantità totale di quote,
conformemente all’art. 11, n. 2, della direttiva. Risulta, infatti, dal
dispositivo in parola che la Repubblica di Polonia ha l’obbligo di
modificare il PNA in modo che il totale delle quote sia in ogni caso
inferiore o pari al tetto massimo di cui trattasi, a pena di trovarsi
nell’impossibilità di adottare una decisione ex art. 11, n. 2, della
direttiva.
128 Pertanto una decisione del genere non solamente ha l’effetto di
privare di efficacia le disposizioni dell’art. 11, n. 2, della
direttiva, ma, in ogni caso, lede anche la competenza esclusiva che tale
articolo conferisce agli Stati membri per decidere della quantità totale
di quote da assegnare relativamente a ciascun periodo di cinque anni a
partire dal 1° gennaio 2008.
129 Infine, va respinto l’argomento della Commissione, sostenuta dal
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, secondo cui
l’annullamento della decisione impugnata, in quanto la Commissione non
potrebbe stabilire un tetto massimo per la quantità totale di quote da
assegnare diminuendo il quantitativo proposto dalla Repubblica di
Polonia nel PNA dell’eccedenza di quote da essa identificate,
rischierebbe di comportare una caduta del mercato di scambio delle quote
di emissioni di gas a effetto serra. È, infatti, sufficiente rilevare
che, anche a voler supporre che siffatta tesi fosse fondata, non
potrebbe comunque giustificare, in una comunità di diritto quale la
Comunità, il mantenimento in vigore della decisione impugnata quando
tale atto era stato adottato in violazione della ripartizione delle
competenze fra gli Stati membri e la Commissione, così come definita
nella direttiva.
130 Allo stesso modo, occorre parimenti respingere l’argomento addotto
dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord secondo cui spetta
alla Commissione scegliere i dati, se non altro in considerazione delle
sue scelte sotto il profilo politico. Del tutto al contrario, il
Tribunale ritiene che spetta agli Stati membri optare per misure che, a
loro avviso, sono quelle più adeguate per raggiungere, nel contesto
specifico del mercato energetico nazionale, l’obiettivo fissato dalla
direttiva. La posizione della Commissione, sostenuta dal Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord, consistente nel considerare che
soltanto i dati da essa approvati possano essere utilizzati per
l’elaborazione di un PNA, priva manifestamente gli Stati membri del loro
margine di manovra, come ricordato al precedente punto 88.
131 Dalle considerazioni suesposte emerge che, fissando un livello
massimo per la quantità totale di quote da assegnare nel dispositivo
della decisione impugnata, la Commissione ha ecceduto i limiti dei
poteri conferitile in forza del disposto dell’art. 9, n. 3, della
direttiva.
132 Risulta dalle conclusioni tratte ai precedenti punti 121 e 132 che,
nell’ambito della seconda parte del secondo motivo, la Repubblica di
Polonia ha legittimamente addebitato alla Commissione di avere violato
il disposto dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva, poiché, da un lato,
sostituendo i dati riportati nel PNA con i propri dati, ottenuti
mediante il proprio metodo di valutazione dei PNA degli Stati membri e,
dall’altro, stabilendo il livello massimo della quantità totale di quote
da assegnare da parte della Repubblica di Polonia nel corso del periodo
2008-2012, ha ecceduto i limiti dei poteri conferitile in forza del
disposto dell’art. 9, n. 3, della direttiva.
133 Di conseguenza, e senza che sia necessario statuire sulle altre
censure fatte valere dalla Repubblica di Polonia a sostegno della
seconda parte del secondo motivo, occorre dichiarare quest’ultima
fondata.
134 In tale contesto, occorre ad abundantiam esaminare la
fondatezza degli argomenti addotti a sostegno della prima parte del
secondo motivo.
Sulla prima parte del secondo motivo, relativa ad una violazione
dell’obbligo di motivazione
135 Relativamente alla prima parte del secondo motivo, la Repubblica di
Polonia sostiene che la Commissione ha respinto, senza motivazione, il
metodo di analisi economica adottato per elaborare il PNA nonché i dati
ottenuti sulla base di tale metodo e riportati nel PNA di cui trattasi.
136 In via preliminare giova ricordare che la motivazione prescritta
dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca
l’iter logico seguito dall’autorità comunitaria da cui l’atto
controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere
le ragioni del provvedimento adottato affinché possano difendere i loro
diritti ed al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo
(sentenza della Corte 19 settembre 2000, causa C-156/98,
Germania/Commissione, Racc. pag. I-6857, punto 96, e sentenza del
Tribunale 21 marzo 2002, causa T-231/99, Joynson/Commissione, Racc. pag.
II-2085, punto 164).
137 Il requisito della motivazione deve essere valutato in funzione
delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto,
della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari
dell’atto o altre persone che esso riguarda direttamente e
individualmente possano avere a ricevere spiegazioni (sentenza del
Tribunale 16 dicembre 1999, causa T-198/98, Micro Leader
Business/Commissione, Racc. pag. II-3989, punto 40). La motivazione non
deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di
diritto pertinenti, in quanto si deve valutare se la motivazione di un
atto soddisfi i requisiti dell’art. 253 CE alla luce non solo del suo
tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche
che disciplinano la materia (sentenza 19 settembre 2000,
Germania/Commissione, punto 137 supra, punto 97, e sentenza Joynson/Commissione,
punto 137 supra, punto 165).
138 Occorre parimenti rammentare che il rispetto dell’obbligo di
motivazione ai sensi dell’art. 253 CE, come ribadito all’art. 9, n. 3,
ultima frase, della direttiva, relativo alle decisioni con cui la
Commissione respinge completamente o parzialmente un PNA, riveste
un’importanza tanto più fondamentale in quanto, nel caso di specie,
l’esercizio del potere di controllo della Commissione ai sensi dell’art.
9, n. 3, della direttiva in questione implica complesse valutazioni
economiche ed ecologiche e in quanto il controllo relativo alla
legittimità e alla fondatezza di tali valutazioni da parte del giudice
comunitario è limitato (v., in tal senso, sentenza 7 novembre 2007,
Germania/Commissione, punto 37 supra, punto 168 e giurisprudenza ivi
citata).
139 In via principale, come già sottolineato dal Tribunale ai precedenti
punti 87 e 88, nella misura in cui la direttiva non stabilisce con
chiarezza e precisione la forma e i mezzi che gli Stati membri sono
tenuti ad utilizzare al fine di realizzare gli obiettivi fissati dalla
direttiva, questi ultimi godono di un certo margine di manovra. Ciò si
verifica relativamente al metodo di analisi economica e di calcolo dei
dati per l’elaborazione dei PNA da parte degli Stati membri.
140 Inoltre, come ricordato al precedente punto 89, dal disposto
dell’art. 9, n. 3, della direttiva discende che la Commissione può
solamente verificare la conformità delle misure adottate dallo Stato
membro con i criteri di cui all’allegato III e con il disposto dell’art.
10 della direttiva.
141 Peraltro, le disposizioni dell’art. 14, n. 1, della direttiva, che
prevedono che la Commissione adotti linee guida per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra, basate sui
principi definiti all’allegato IV della direttiva, non possono essere
interpretate nel senso che il legislatore comunitario abbia riconosciuto
alla Commissione il potere di fissare il metodo di analisi economica e
di calcolo dei dati che debba essere utilizzato dagli Stati membri per
elaborare il loro PNA.
142 Dal disposto dell’art. 5, dell’art. 14, nn. 2 e 3, e dell’art. 15
della direttiva risulta, infatti, che le linee guida menzionate
determinano le condizioni di monitoraggio e di comunicazione, a cura
degli impianti le cui attività sono contemplate dall’allegato I della
direttiva, delle emissioni di gas a effetto serra, e ciò sotto il
controllo degli Stati membri. Ne consegue che le linee guida adottate
dalla Commissione sul fondamento dell’art. 14, n. 1, della direttiva e
applicabili nel caso di specie, ossia quelle adottate dalla decisione
2004/156, sono destinate unicamente a consentire sia agli impianti che
agli Stati membri di raccogliere i dati più affidabili.
143 Incombeva pertanto alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio del
suo potere di controllo, conformemente all’art. 9, n. 3, della
direttiva, chiarire le ragioni per cui gli strumenti utilizzati dalla
Repubblica di Polonia per elaborare il PNA fossero incompatibili con i
criteri dell’allegato III e col disposto dell’art. 10 della direttiva.
Del resto, come ricordato al precedente punto 89, emerge in modo
esplicito dal disposto dell’art. 9, n. 3, ultima frase, della direttiva,
che il legislatore ha volontariamente insistito sull’obbligo di
motivazione che vincola la Commissione allorché adotta una decisione di
rigetto di un PNA.
144 Nella fattispecie in parola va rilevato che, al quinto
‘considerando’ della decisione impugnata, relativamente al controllo
della compatibilità del PNA con il criterio n. 2 dell’allegato III della
direttiva, la Commissione ha respinto i dati comunicati dalla Repubblica
di Polonia riguardanti gli anni anteriori al 2005 come «meno
affidabili», perché, a suo parere, da un lato, non erano stati
verificati in modo indipendente e coerente e, dall’altro, non era certo
che corrispondessero precisamente al numero di impianti inclusi nel
sistema dalla Repubblica di Polonia. Al medesimo ‘considerando’ ne ha
concluso che «non p[oteva] quindi essere escluso che le emissioni
effettive fossero state sovrastimate a causa delle cifre relative alle
emissioni degli anni precedenti comunicate dalla [Repubblica di]
Polonia» e che una «cifra di partenza, ottenuta dalla media dei dati
delle emissioni verificati in modo indipendente per il 2005 e delle
altre cifre comunicate dalla [Repubblica di] Polonia, rischierebbe di
non essere realmente rappresentativa delle emissioni effettive e non
garantirebbe che la quantità totale di quote non [sia superiore] a
quanto necessario».
145 Per ciò che concerne il rigetto da parte della Commissione del
metodo di analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia per
elaborare il PNA, il Tribunale constata che, relativamente al controllo
della compatibilità del PNA con il criterio n. 3 dell’allegato III della
direttiva, la Commissione non è andata oltre l’affermazione, all’ottavo
‘considerando’ della decisione impugnata, che, fra tutti i dati posti a
sua disposizione, riteneva che quelli ottenuti tramite il modello Primes
costituissero le stime più esatte e al tempo stesso le più affidabili
della crescita del PIL e dei miglioramenti dell’intensità di carbonio.
Per contro, la Commissione non ha presentato nella decisione impugnata
giustificazioni che consentano di comprendere perché il metodo di
analisi economica adottato dalla Repubblica di Polonia non potesse
essere affidabile.
146 Quanto al rigetto dei dati riportati nel PNA per la ragione che, a
suo parere, non sarebbero stati i migliori disponibili e che, quindi,
sarebbe esistito un rischio di sovrastimare le emissioni dalla
Repubblica di Polonia, va constatato che, stando alla lettura della
decisione impugnata, la Commissione si è limitata a paragonare la
quantità totale di quote proposte dalla Repubblica di Polonia nel PNA
con i risultati dei propri calcoli. Quindi, sulla base di tale
comparazione, ha considerato che non fosse esclusa una sopravvalutazione
della quantità in parola e pertanto, basandosi su siffatta mera ipotesi,
ha deciso di non accettare i dati presentati dalla Repubblica di Polonia
nel PNA.
147 Inoltre, nella decisione impugnata, la Commissione non ha
minimamente identificato i dati riportati nel PNA che riteneva «meno
affidabili», limitandosi tutt’al più, al quinto ‘considerando’ della
decisione impugnata, a richiamare i dati comunicati dalla Repubblica di
Polonia per gli anni precedenti.
148 La Commissione non ha nemmeno chiarito le ragioni per cui i dati
riportati nel PNA non sarebbero stati affidabili. Al massimo ha
semplicemente asserito che non erano stati verificati in modo
indipendente e coerente.
149 Su quest’ultimo punto il Tribunale considera che, tenuto conto
dell’onere della prova che le incombeva, come ricordato al precedente
punto 83, la Commissione non ha fornito, nella decisione impugnata,
alcun elemento tale da consentire di comprendere sufficientemente perché
il metodo di analisi economica e i dati presentati dalla Repubblica di
Polonia sarebbero stati contrari al diritto comunitario.
150 Inoltre, sempre riguardo a quest’ultimo punto, occorre rilevare che
la Repubblica di Polonia afferma che i dati riportati nel PNA erano
stati oggetto di una relazione nell’ambito della UNFCC e, sotto tale
profilo, erano stati controllati dalla Commissione. In risposta a
siffatto argomento la Commissione si limita tuttavia ad asserire che ciò
non comportava automaticamente il loro «riconoscimento» nell’ambito del
sistema per lo scambio di quote.
151 A tale proposito il Tribunale considera che, nella misura in cui la
direttiva non prevede un metodo di analisi economica che gli Stati
membri devono adottare per elaborare il loro PNA e, al riguardo,
riconosce un certo margine di manovra a questi ultimi, una motivazione
del genere non consente di comprendere le ragioni per le quali la
Commissione abbia respinto tali dati presentati dalla Repubblica di
Polonia. Infatti, dal momento che essa non contesta né la circostanza
che i dati riportati nel PNA erano stati oggetto di una relazione alla
UNFCC né, come affermato dalla Repubblica di Polonia, di aver essa
stessa controllato i dati in questione, il Tribunale dichiara che non
può escludersi, a priori, che questi presentino un certo grado di
affidabilità. Di conseguenza la Commissione era per lo meno tenuta a
chiarire perché i dati in parola riportati dalla Repubblica di Polonia
nel PNA non sarebbero stati affidabili e, in quanto tali, potessero
essere respinti conformemente all’art. 9, n. 3, della direttiva.
152 La mera affermazione della Commissione secondo cui, come emerge
dall’ottavo ‘considerando’ della decisione impugnata, i propri calcoli
condurrebbero a risultati più affidabili non è di per sé sufficiente,
considerata la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la
Commissione ricordata ai precedenti punti 82-90, a spiegare perché i
dati presentati dalla Repubblica di Polonia nel PNA non rispetterebbero
i criteri dell’allegato III della direttiva.
153 Tutto ciò premesso, tenuto conto del margine di manovra di cui
godono gli Stati membri per elaborare il loro PNA, si rileva che,
respingendo come ha fatto il metodo di analisi economica utilizzato
dalla Repubblica di Polonia nonché i dati riportati nel PNA, la
Commissione ha violato l’obbligo di motivazione della decisione
impugnata. Di conseguenza anche la prima parte del secondo motivo è
dichiarata fondata.
154 Dalle conclusioni tratte ai precedenti punti 133 e 153, così come
dalle considerazioni formulate dal Tribunale ai precedenti punti 93-95,
risulta che il secondo motivo dev’essere accolto in entrambe le parti e,
pertanto, si deve procedere all’annullamento dell’art. 1, n. 1,
dell’art. 2, n. 1, e dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata.
Conseguenze dell’annullamento dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e
dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata sulle altre disposizioni
del dispositivo della decisione impugnata
155 In questa fase dell’esame del presente ricorso occorre valutare
quali conseguenze l’annullamento delle disposizioni della decisione
impugnata di cui al precedente punto 154 può comportare quanto alla
legittimità delle altre disposizioni del medesimo atto.
156 Si deve innanzitutto ricordare che, come risulta da una
giurisprudenza costante, l’annullamento parziale di un atto comunitario
è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano
separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10 dicembre 2002,
causa C-29/99, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-11221, punto 45, e 30
settembre 2003, causa C-239/01, Germania/Commissione, Racc. pag.
I-10333, punto 33; v. altresì, in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003,
causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-937,
punto 30). La Corte ha anche ripetutamente dichiarato che tale requisito
della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di
un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo
(sentenza della Corte 24 maggio 2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento
e Consiglio, Racc. pag. I-4021, punto 13; v. altresì, in tal senso,
sentenze della Corte 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95,
Francia e a./Commissione, Racc. pag. I-1375, punto 257, e
Commissione/Consiglio, cit., punto 46).
157 Nel caso di specie, l’inizio dell’art. 1 della decisione impugnata è
così formulato: «[g]li aspetti seguenti del [PNA] della [Repubblica di]
Polonia per il primo periodo di cinque anni di cui all’art. 11, n. 2,
della direttiva sono incompatibili, rispettivamente, con (…)». Poi, ai
nn. 1-5 di tale articolo, la Commissione elenca diverse incompatibilità
del PNA con vari criteri dell’allegato III della direttiva. Tenuto conto
della struttura dell’art. 1, l’eventuale annullamento di taluni dei suoi
paragrafi avrebbe la conseguenza di ridurre il numero delle
incompatibilità con la direttiva constatate nella decisione impugnata.
158 Occorre inoltre osservare che l’incipit dell’art. 2 della decisione
impugnata è redatto nei termini seguenti: «[i]l [PNA] non sarà oggetto
di obiezioni purché le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non
discriminatorio e siano notificate alla Commissione il più rapidamente
possibile, tenuto conto dei termini necessari all’attuazione dei
procedimenti nazionali senza indebito ritardo». Successivamente, ai nn.
1-5 del medesimo articolo, la Commissione prescrive, ad ogni paragrafo,
la modifica del PNA necessaria, a suo parere, al fine di correggere
l’incompatibilità riscontrata al corrispondente paragrafo dell’art. 1.
Pertanto l’eventuale annullamento unicamente di taluni dei suoi
paragrafi avrebbe la conseguenza di mantenere in vigore l’impegno della
Commissione di non sollevare obiezioni al PNA, riducendo al tempo stesso
il numero di modifiche sotto riserva delle quali tale impegno è stato
inizialmente preso.
159 Analogamente occorre rilevare che, come emerge dai precedenti punti
157 e 158, gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata sono strettamente
legati fra loro. Infatti, ciascuna delle incompatibilità di cui ai
cinque paragrafi dell’art. 1 è oggetto, nei cinque paragrafi dell’art. 2
della medesima decisione, di una proposta di modifica diretta a rendere
il PNA compatibile, secondo la Commissione, con la direttiva. Pertanto,
qualora si ipotizzasse che una delle incompatibilità indicate dalla
Commissione all’art. 1 non fosse giustificata e, in quanto tale, fosse
respinta, il paragrafo dell’art. 2 che propone modifiche al fine di
eliminare la suddetta incompatibilità sarebbe automaticamente privato di
contenuto.
160 Dalla struttura dei due articoli in parola risulta che i loro nn.
1-5 non possono essere considerati separabili ai sensi della
giurisprudenza ricordata al precedente punto 156. Infatti l’eventuale
annullamento di uno dei paragrafi dell’art. 1, così come quello del
corrispondente paragrafo dell’art. 2, avrebbe l’effetto di modificare la
sostanza stessa della decisione impugnata.
161 Un annullamento siffatto comporterebbe la sostituzione della
decisione impugnata, secondo cui il PNA poteva essere adottato con
riserva di cinque modifiche specifiche dirette a porre rimedio a cinque
incompatibilità con i criteri dell’allegato III della direttiva, con una
decisione diversa, ai sensi della quale tale piano potrebbe essere
adottato con riserva di un numero meno considerevole di modifiche. Ciò è
tanto più vero che la decisione così sostituita alla decisione impugnata
sarebbe sostanzialmente diversa da quest’ultima, in quanto il secondo
motivo dedotto dalla Repubblica di Polonia rimette in discussione
l’incompatibilità constatata e la modifica corrispondente imposta,
rispettivamente all’art. 1, n. 1, e all’art. 2, n. 1, della decisione
impugnata. Orbene, proprio tale incompatibilità richiederebbe la
modifica più significativa del PNA.
162 Quanto all’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione impugnata, basti
rilevare che le disposizioni in parola racchiudono precisazioni
riguardanti l’attuazione di altre disposizioni della decisione
impugnata.
163 Dall’insieme delle considerazioni suesposte risulta che, nella
misura in cui, come emerge dal precedente punto 154, si deve annullare
l’art. 1, n. 1, l’art. 2, n. 1, e l’art. 3, n. 1, della decisione
impugnata, occorre, senza esaminare gli altri motivi dedotti a sostegno
del presente ricorso, annullare integralmente quest’ultima.
Sulle spese
164 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La
Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese,
conformemente alla domanda della Repubblica di Polonia.
165 Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di
procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le
proprie spese. La Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Lituania, la
Repubblica slovacca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
sopporteranno le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della Commissione 26 marzo 2007, C (2007) 1295 def.,
concernente il piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione
di gas a effetto serra, notificato dalla Repubblica di Polonia per il
periodo 2008-2012, conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per
lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità
e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata.
2) La Commissione, oltre alle proprie spese, sopporterà quelle sostenute
dalla Repubblica di Polonia.
3) La Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Lituania, la Repubblica
slovacca e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
sopporteranno le proprie spese.
Pelikánová
Jürimäe
Soldevila Fragoso
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 settembre 2009.
Firme
Indice
Contesto normativo
I - Normativa internazionale e comunitaria concernente la convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il Protocollo di
Kyoto
II - Normativa concernente il sistema comunitario per lo scambio di
quote di emissioni di gas a effetto serra
Fatti
Procedimento e conclusioni delle parti
In diritto
I - Sul primo motivo, relativo all’illegittima adozione della decisione
impugnata dopo la scadenza del termine di tre mesi previsto all’art. 9,
n. 3, della direttiva
A - Argomenti delle parti
B - Giudizio del Tribunale
II - Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di
motivazione ed alla violazione dell’art. 9, nn. 1 e 3, della direttiva
A - Argomenti delle parti
B - Giudizio del Tribunale
1. Sull’esistenza di un asserito motivo nuovo, dedotto dalla Repubblica
di Polonia nella fase della replica e relativo alla circostanza che la
Commissione sarebbe andata al di là dei suoi poteri di controllo
2. Sulla fondatezza del secondo motivo
a) Osservazioni preliminari
Sugli obiettivi della direttiva
Sulla ripartizione delle competenze fra la Commissione e gli Stati
membri
- Sulle competenze degli Stati membri
- Sulle competenze della Commissione
Sulla portata del controllo giurisdizionale
b) Sulla decisione impugnata
Sulla fondatezza della seconda parte del secondo motivo
Sulla prima parte del secondo motivo, relativa ad una violazione
dell’obbligo di motivazione
Conseguenze dell’annullamento dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e
dell’art. 3, n. 1, della decisione impugnata sulle altre disposizioni
del dispositivo della decisione impugnata
Sulle spese
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006