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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII,
22/09/2009, Sentenza T-263/07
DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione
di quote di emissioni per l’Estonia per il periodo dal 2008 al 2012 -
Competenze rispettive degli Stati membri e della Commissione - Parità di
trattamento - Artt. 9, nn. 1 e 3, e 11, n. 2, della direttiva 2003/87/CE.
La decisione della Commissione 4 maggio 2007, concernente il piano nazionale
di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra notificato
dalla Repubblica di Estonia per il periodo dal 2008 al 2012, conformemente
alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003,
2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni
dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE
del Consiglio, è annullata. Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed
altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
DIRITTO AMBIENTALE - Trasposizione o attuazione di una direttiva in
materia ambientale - Strumenti impiegati per il raggiungimento degli
obiettivi - artt. 211 CE e 226 art. 249, 3° c. CE. In tema di
trasposizione o attuazione di una direttiva in materia ambientale, occorre
ricordare il dettato dell’art. 249, terzo comma, CE, a norma del quale «la
direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi
nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Ne consegue che, qualora la
direttiva in questione non prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno
specifico risultato, la libertà di azione dello Stato membro quanto alla
scelta delle forme e dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato
resta in via di principio totale. Sicché, in assenza di norme comunitarie
che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono
essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito
dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli
artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati
dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto
comunitario (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7/11/2007, causa
T-374/04, Germania/Commissione). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia
ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - DIRITTO AMBIENTALE - INQUINAMENTO
ATMOSFERICO - Piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a
effetto serra - Scambio di quote - Controllo di legittimità - Poteri del
Tribunale - Valutazioni economiche ed ecologiche complesse - Poteri della
Commissione - Principio di buona amministrazione. Nell’esercizio del
potere di controllo del piano nazionale di assegnazione di quote di
emissione di gas a effetto serra, la Commissione gode di un margine di
discrezionalità nei limiti in cui tale controllo implichi valutazioni
economiche ed ecologiche complesse, realizzate in relazione all’obiettivo
generale di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un
sistema per lo scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza
economica (art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva). Ne consegue che,
nell’ambito del suo controllo di legittimità, il giudice comunitario svolge
un pieno controllo di legittimità quanto alla corretta applicazione da parte
della Commissione delle regole di diritto pertinenti. Il Tribunale non può,
invece, sostituirsi alla Commissione quando quest’ultima deve svolgere in
questo contesto valutazioni economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale
deve per tale ragione limitarsi a verificare se la misura in questione non
sia inficiata da errore manifesto o da sviamento di potere, se l’autorità
competente non abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere
discrezionale e se le garanzie processuali, che rivestono un’importanza
ancor più fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente rispettate
(v., in tal senso, sentenza 7/11/2007, Germania/Commissione; sentenze del
Tribunale 11/09/2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio e causa
T-70/99, Alpharma/Consiglio; 21/10/03, causa T-392/02, Solvay
Pharmaceuticals/Consiglio). Tra le garanzie previste dall’ordinamento
giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi figura in particolare
il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo
dell’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli
elementi pertinenti della fattispecie (sentenze del Tribunale 24 gennaio
1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 86; 29
giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag.
II-669, punto 34, e 20 marzo 2002, causa T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione,
Racc. pag. II-1881, punto 99). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed
altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Atto comunitario - Annullamento parziale -
Presupposti e limiti - Giurisprudenza. L’annullamento parziale di un
atto comunitario è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto
l’annullamento sono separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte
10/122002, causa C-29/99, Commissione/Consiglio e 30/09/2003, causa
C-239/01, Germania/Commissione; v. anche, in tal senso, sentenza 21/01/2003,
causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio). Tale requisito della
separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto
produrrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo (sentenza
della Corte 24/05/2005, causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio; v.
anche, in tal senso, sentenze della Corte 31/03/1998, cause riunite C-68/94
e C-30/95, Francia e a./Commissione). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di
Estonia ed altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Diritto comunitario - Trasposizione o
attuazione di una direttiva - Mancata prescrizione delle forme e i mezzi per
il raggiungimento del risultato - Libertà di azione dello Stato -
Commissione - Potere di controllo - Artt. 211 CE e 226 CE. Qualora una
direttiva non prescriva la forma e i mezzi per raggiungere uno specifico
risultato, la libertà di azione dello Stato membro quanto alla scelta delle
forme e dei mezzi idonei al raggiungimento del detto risultato resta in via
di principio totale. Ne consegue inoltre che, in assenza di norme
comunitarie che prescrivano in modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che
devono essere impiegati dallo Stato membro, spetta alla Commissione,
nell’ambito dell’esercizio del suo potere di controllo, segnatamente ai
sensi degli artt. 211 CE e 226 CE, dimostrare adeguatamente che gli
strumenti impiegati dallo Stato membro sono a tal riguardo in contrasto con
il diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7 novembre
2007, causa T-374/04, Germania/Commissione, Racc. pag. II-4431, punto 78, e
la giurisprudenza ivi citata). Pres./Rel. Forwood - Repubblica di Estonia ed
altri c. Commissione delle Comunità europee. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Sez. VII, 22/09/2009, Sentenza T-263/07
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TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)
23 settembre 2009
«Ambiente - Direttiva 2003/87/CE - Sistema per lo scambio di quote di
emissioni dei gas a effetto serra - Piano nazionale di assegnazione di
quote di emissioni per l’Estonia per il periodo dal 2008 al 2012 -
Competenze rispettive degli Stati membri e della Commissione - Parità di
trattamento - Artt. 9, nn. 1 e 3, e 11, n. 2, della direttiva 2003/87»
Nella causa T-263/07,
Repubblica di Estonia, rappresentata dal sig. L. Uibo, in qualità di
agente,
ricorrente,
sostenuta da
Repubblica di Lituania, rappresentata dal sig. D. Kriauciunas, in
qualità di agente,
e dalla
Repubblica slovacca, rappresentata inizialmente dal sig. J. Corba,
successivamente dalla sig.ra B. Ricziová, in qualità di agenti,
intervenienti,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker, in
qualità di agente, assistito dall’avv. T. Tamme,
convenuta,
sostenuta da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato
inizialmente dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, successivamente dal sig.
L. Seeboruth, ed infine dal sig. S. Ossowski, in qualità di agenti,
assistiti dall’avv. J. Maurici, barrister,
interveniente,
avente ad oggetto l’annullamento della decisione della Commissione 4
maggio 2007, concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di
emissione di gas a effetto serra notificato dalla Repubblica di Estonia
per il periodo dal 2008 al 2012, conformemente alla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che
istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a
effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del
Consiglio (GU L 275, pag. 32),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Settima Sezione),
composto dai sigg. N.J. Forwood (relatore), presidente, D. Šváby e E.
Moavero Milanesi, giudici,
cancelliere: sig.ra K. Pochec, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11
febbraio 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
1 Ai sensi dell’art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo
scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e
che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32; in
prosieguo: la «direttiva»), come modificata dalla direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 27 ottobre 2004, 2004/101/CE (GU L
338, pag. 18):
«La presente direttiva istituisce un sistema per lo scambio di quote di
emissioni di gas a effetto serra nella Comunità al fine di promuovere la
riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di
costi e di efficienza economica».
2 L’art. 9, n. 1, della direttiva prevede:
«Per ciascun periodo di cui all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, ciascuno
Stato membro elabora un piano nazionale che determina le quote totali di
emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale
assegnazione. Il piano si fonda su criteri obiettivi e trasparenti,
compresi i criteri elencati nell’allegato III, e tiene nella dovuta
considerazione le osservazioni del pubblico. Fatto salvo il trattato, la
Commissione elabora entro il 31 dicembre 2003 gli orientamenti per
l’attuazione dei criteri elencati nell’allegato III.
Per il periodo di cui all’articolo 11, paragrafo 1, il piano è
pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro
il 31 marzo 2004. Per i periodi successivi, il piano è pubblicato e
notificato alla Commissione e agli altri Stati membri almeno diciotto
mesi prima dell’inizio del periodo in questione».
3 L’art. 9, n. 3, della direttiva recita come segue:
«Nei tre mesi successivi alla notificazione da parte di uno Stato membro
di un piano nazionale di cui al paragrafo 1, la Commissione può
respingerlo, in tutto o in parte, qualora lo ritenga incompatibile con
l’articolo 10 o con i criteri elencati nell’allegato III. Lo Stato
membro prende una decisione a norma dell’articolo 11, paragrafo 1 o
paragrafo 2, solo previa accettazione da parte della Commissione delle
modifiche che esso propone. La Commissione giustifica ogni decisione di
rigetto».
4 A norma dell’art. 11, n. 2, della direttiva:
«Per il quinquennio che ha inizio il 1° gennaio 2008 e per ciascun
periodo successivo di cinque anni, ciascuno Stato membro decide in
merito alle quote totali di emissioni che assegnerà in tale periodo,
nonché inizia il processo di assegnazione di tali quote al gestore di
ciascun impianto. Tale decisione è presa almeno dodici mesi prima
dell’inizio del periodo in oggetto, sulla base del piano nazionale di
assegnazione di cui all’articolo 9 e nel rispetto dell’articolo 10,
tenendo nella dovuta considerazione le osservazioni del pubblico».
5 L’allegato III della direttiva (in prosieguo: l’«allegato III») elenca
dodici criteri applicabili ai piani nazionali di assegnazione. I criteri
nn. 1-3, 5, 6, 10 e 12 dell’allegato III prevedono rispettivamente
quanto segue:
«1. La quantità totale delle quote da assegnare per il periodo
interessato è coerente con l’obbligo degli Stati membri di limitare le
proprie emissioni ai sensi della decisione [del Consiglio 25 aprile
2002,] 2002/358/CE[, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità
europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei
relativi impegni (GU L 130, pag. 1)] e del Protocollo di Kyoto, tenendo
conto, da un lato, della percentuale delle emissioni complessive che
tali quote rappresentano rispetto alle emissioni prodotte da fonti che
non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva e,
dall’altro, delle politiche energetiche nazionali, e dovrebbe essere
coerente con il programma nazionale sui cambiamenti climatici. La
quantità totale delle quote da assegnare non deve superare le minime
esigenze per la rigorosa applicazione dei criteri del presente allegato.
Fino al 2008, la quantità deve essere conforme ad un orientamento mirato
al raggiungimento o al superamento dell’obiettivo di ciascuno Stato
membro, come previsto dalla decisione 2002/358/CE e dal Protocollo di
Kyoto».
2. La quantità totale delle quote da assegnare è coerente con le
valutazioni dei progressi già realizzati o da realizzare per rispettare
i contributi degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai
sensi della decisione [del Consiglio 24 giugno 1993,]93/389/CEE[, su un
meccanismo di controllo delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto
serra nella Comunità, GU L 167, pag. 31].
3. La quantità delle quote da assegnare è coerente con il potenziale,
compreso il potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle
attività contemplate dal presente sistema. Gli Stati membri possono
basare la ripartizione delle quote sulla media delle emissioni dei gas
ad effetto serra relative ai prodotti di ciascuna attività e sui
progressi realizzabili in ciascuna attività.
(...)
5. Il piano non opera discriminazioni tra imprese o settori per favorire
indebitamente talune imprese o attività, conformemente alle prescrizioni
del trattato, in particolare agli articoli 87 e 88.
6. Il piano contiene informazioni sulle modalità alle quali i nuovi
entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario in
ciascuno Stato membro.
(...)
10. Il piano include un elenco degli impianti disciplinati dalla
presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a
ciascuno.
(...)
12. Il piano specifica l’importo massimo di CER e di ERU che può essere
utilizzato dai gestori nell’ambito del sistema comunitario e inteso come
percentuale delle quote di emissioni assegnate a ciascun impianto. La
percentuale è coerente con gli obblighi di supplementarità assunti dallo
Stato membro ai sensi del Protocollo di Kyoto e delle decisioni adottate
a norma della convenzione UNFCCC e del Protocollo di Kyoto».
Fatti e procedimento
6 La Repubblica di Estonia ha notificato alla Commissione delle Comunità
europee il suo piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di
gas a effetto serra, conformemente alla direttiva. Secondo la Repubblica
di Estonia tale notifica ha avuto luogo il 30 giugno 2006, mentre,
secondo la Commissione, essa è avvenuta il 7 luglio 2006.
7 In seguito ad uno scambio di corrispondenza con la Commissione, la
Repubblica di Estonia le ha presentato, nel febbraio 2007, una nuova
versione del suo piano nazionale di assegnazione di quote di emissione
di gas a effetto serra.
8 Il 4 maggio 2007 la Commissione ha adottato la sua decisione
concernente il piano nazionale di assegnazione di quote di emissione di
gas a effetto serra notificato dalla Repubblica di Estonia per il
periodo dal 2008 al 2012, conformemente alla direttiva (in prosieguo: la
«decisione impugnata»). Tale decisione prevede una riduzione del 47,8%
in rapporto alle quote di emissione che la Repubblica di Estonia
proponeva di emettere.
9 Il dispositivo della decisione impugnata enuncia quanto segue:
«Articolo 1
I seguenti aspetti del piano nazionale di assegnazione di quote dell[a
Repubblica di] Estonia per il primo quinquennio di cui all’art. 11, n.
2, della direttiva sono incompatibili, rispettivamente, con:
1. i criteri [nn.] 1[-]3 dell’allegato III della direttiva: la frazione
della quantità totale delle quote da assegnare, cioè 11,657987 milioni
di tonnellate equivalente CO2 annue che è incompatibile con le
valutazioni effettuate conformemente alla decisione [del Parlamento
europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004,] 280/2004/CE [relativa ad un
meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella
Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 49, pag. 1)], e con
il potenziale, compreso quello tecnologico, di riduzione delle emissioni
delle attività, essendo tale frazione ridotta per tener conto delle
attività di progetti, già operative nel 2005, che riducono o limitano le
emissioni in impianti rientranti nel campo di applicazione della
direttiva, nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni siano state
comprovate e verificate; inoltre, la parte della quantità totale di
quote corrispondente alle emissioni supplementari di un impianto di
combustione non incluso nel piano nazionale di assegnazione redatto per
la prima fase, stimata a 0,313883 milioni di tonnellate annue, che non è
comprovata secondo i metodi generali prescritti nel piano nazionale di
assegnazione, sulla base di dati verificati e comprovati;
2. il criterio [n. 3] dell’allegato III della direttiva: la non
inclusione nella quantità totale di quote da assegnare prevista in base
al piano nazionale di assegnazione, di un accantonamento di quote
costituito dal[la] Repubblica di Estonia conformemente all’art. 3, nn. 1
e 2, della decisione [della Commissione 13 novembre 2006,] 2006/780/CE
[finalizzata ad evitare la doppia contabilizzazione delle riduzioni
delle emissioni di gas serra nell’ambito del sistema comunitario di
scambio delle quote di emissioni per le attività di progetto del
protocollo di Kyoto in applicazione della direttiva 2003/87/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316, pag. 12)], e il fatto che
la quantità di quote assegnate agli impianti che svolgono le attività in
questione non sia proporzionalmente ridotta;
3. il criterio [n.] 5 dell’allegato III della direttiva: l’assegnazione
a taluni impianti di quote superiori alle necessità stimate, tenuto
conto del riconoscimento delle misure adottate in uno stadio precoce,
dell’utilizzo della biomassa o della cogenerazione;
4. il criterio [n.] 6 dell’allegato III della direttiva: le informazioni
sulle modalità alle quali i nuovi entranti potranno cominciare ad
aderire al sistema comunitario;
Articolo 2
Il piano nazionale di assegnazione non sarà oggetto di obiezioni purché
le modifiche seguenti vi siano apportate in modo non discriminatorio e
siano notificate alla Commissione il più rapidamente possibile, tenuto
conto dei termini necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali:
1. la quantità totale di quote da assegnare nell’ambito del sistema
comunitario sarà diminuita di 11,657987 milioni di tonnellate
equivalente CO2 annue, ed i quantitativi assegnati ad un impianto di
combustione supplementare non incluso nel piano stabilito per la prima
fase saranno determinati secondo i metodi generali descritti nel piano
nazionale di assegnazione, sulla base di dati verificati e comprovati
sulle emissioni, mentre la quantità totale verrà ulteriormente ridotta
dell’equivalente della differenza eventuale tra le quote assegnate a
tale impianto ed i 0,313883 milioni di tonnellate corrispondenti alla
riserva annuale per il medesimo; peraltro la quantità totale è
maggiorata delle quote assegnate relativamente ai progetti già operativi
nel 2005, e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di
ridurre o limitare le emissioni negli impianti rientranti nell’ambito di
applicazione della direttiva, nella misura in cui le riduzioni o
limitazioni in parola siano state verificate e comprovate;
2. l’accantonamento di quote che [la Repubblica di] Estonia intende
costituire conformemente all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione
2006/780/CE sarà incluso nella quantità totale di quote di 12,717058
milioni di tonnellate calcolata secondo i criteri [nn.] 1-3
dell’allegato III della direttiva prima dell’adozione della decisione
finale in materia di assegnazione ai sensi dell’art. 11, n. 2, della
direttiva e la quantità di quote assegnate agli impianti che effettuano
le attività in questione sarà proporzionalmente ridotta;
3. le quote assegnate agli impianti non saranno superiori alle necessità
stimate, tenuto conto del riconoscimento delle misure adottate in uno
stadio precoce;
4. saranno fornite informazioni sulle modalità alle quali i nuovi
entranti potranno cominciare ad aderire al sistema comunitario, in modo
conforme ai criteri dell’allegato III della direttiva e al disposto
dell’art. 10 di quest’ultima.
Articolo 3
1. Il totale annuo medio di quote di 12,717058 milioni di tonnellate -
diminuito dell’accantonamento che [la Repubblica di] Estonia intende
costituire conformemente all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione
2006/780/CE, ed ulteriormente ridotto dell’equivalente della differenza
eventuale tra le quote assegnate ad un impianto di combustione
supplementare non incluso nel piano di assegnazione stabilito per la
prima fase, e degli 0,313883 milioni di tonnellate accantonati
annualmente per tale impianto, che non sono comprovati secondo i metodi
generali descritti nel piano nazionale di assegnazione sulla base di
dati verificati e comprovati sulle emissioni, e maggiorato per tener
conto delle emissioni delle attività di progetti già operative nel 2005
e che, nel corso del medesimo anno, hanno consentito di ridurre o
limitare le emissioni in impianti rientranti nell’ambito di applicazione
della direttiva, nella misura in cui tali riduzioni o limitazioni siano
state comprovate e verificate - da assegnare da parte della [Repubblica
di] Estonia, conformemente al suo piano nazionale di assegnazione, agli
impianti menzionati in tale piano ed ai nuovi entranti, non dovrà essere
oltrepassata.
2. Il piano nazionale di assegnazione di quote può essere modificato
senza previa autorizzazione della Commissione se la modifica concerne le
quote assegnate a taluni impianti, nei limiti della quantità totale di
quote da assegnare agli impianti menzionati nel piano, in seguito a
miglioramenti della qualità dei dati, o se consiste nel ridurre la
percentuale delle quote da assegnare gratuitamente nei limiti fissati
all’art. 10 della direttiva.
3. Qualsivoglia modifica del piano nazionale di assegnazione richiesta
al fine di correggere le incompatibilità indicate all’art. 1 della
decisione in parola, ma che si discosti da quelle menzionate all’art. 2,
deve essere notificata il più rapidamente possibile, tenuto conto dei
termini necessari all’attuazione dei procedimenti e necessita il previo
consenso della Commissione conformemente all’art. 9, n. 3, della
direttiva. Ogni altra modifica del piano nazionale di assegnazione,
eccetto quelle richieste all’art. 2 della presente decisione, è
irricevibile.
Articolo 4
La Repubblica di Estonia è destinataria della presente decisione».
10 Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 16 luglio 2007, la Repubblica di Estonia ha proposto il presente
ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata.
11 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata
modificata, il giudice relatore è stato destinato alla Settima Sezione,
cui la presente causa è stata pertanto assegnata.
12 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 ottobre
2007, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha chiesto di
essere ammesso ad intervenire nella presente causa a sostegno delle
conclusioni della Commissione.
13 Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale
rispettivamente il 16 ottobre e l’8 novembre 2007, la Repubblica di
Lituania e la Repubblica slovacca hanno chiesto di essere ammesse ad
intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della
Repubblica di Estonia.
14 Con ordinanza del 29 gennaio 2008, il presidente della Settima
Sezione del Tribunale ha ammesso i tre interventi in questione.
15 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha
deciso di passare alla fase orale ed ha posto dei quesiti alle parti, in
virtù delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64
del regolamento di procedura. Le parti hanno risposto a tali quesiti.
16 Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro risposte,
ai quesiti del Tribunale all’udienza dell’11 febbraio 2009.
Conclusioni delle parti
17 La Repubblica di Estonia chiede che il Tribunale voglia:
- annullare la decisione impugnata;
- condannare la Commissione alle spese.
18 La Repubblica di Lituania chiede che il Tribunale voglia:
- annullare la decisione impugnata;
19 La Repubblica slovacca non ha depositato alcuna memoria di intervento
e non ha formulato conclusioni.
20 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
- dichiarare il ricorso irricevibile per quanto riguarda l’art. 1, nn. 3
e 4, l’art. 2, nn. 3 e 4, nonché l’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione
impugnata;
- dichiarare il ricorso infondato per quanto riguarda le altre
disposizioni della decisione impugnata;
- condannare la Repubblica di Estonia alle spese.
21 Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede che il
Tribunale voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la Repubblica di Estonia alle spese.
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
22 Nel controricorso la Commissione sostiene che il presente ricorso è
irricevibile per quanto riguarda l’art. 1, nn. 3 e 4, l’art. 2, nn. 3 e
4, nonché l’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione impugnata. Essa fa valere
che i motivi addotti concernono essenzialmente la legittimità del tetto
massimo fissato per la quantità totale di quote prevista all’art. 1, n.
1, all’art. 2, n. 1, ed all’art. 3, n. 1, della decisione impugnata
nonché, parzialmente, la non inclusione degli accantonamenti di quote di
cui all’art. 1, n. 2, ed all’art. 2, n. 2, di quest’ultima. Così,
secondo la Commissione, anche se il Tribunale dovesse concludere nel
senso della fondatezza dei motivi sollevati, ciò non comporterebbe
l’annullamento della decisione impugnata nella sua integralità, dato che
la Repubblica di Estonia non avrebbe presentato alcun motivo di fatto o
di diritto connesso alle altre disposizioni della decisione impugnata.
23 La Commissione ricorda che, a norma dell’art. 21 dello Statuto della
Corte di giustizia, l’istanza presentata dinanzi ai giudici comunitari
deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi invocati. Essa
menziona che l’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura
prevede ugualmente che il ricorso deve contenere l’oggetto della
controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tenuto conto
di quanto precede, la Commissione considera che, nel caso di specie, il
ricorso non è conforme a tali requisiti quanto agli artt. 1, nn. 3 e 4,
2, nn. 3 e 4, nonché 3, nn. 2 e 3, della decisione impugnata. Inoltre le
disposizioni in questione potrebbero sussistere in maniera autonoma, pur
supponendo che la decisione impugnata venga annullata per il resto. Così
il presente ricorso, in quanto diretto all’annullamento di tali
disposizioni, dovrebbe essere dichiarato irricevibile.
24 La Repubblica di Estonia sottolinea anzitutto che, nel ricorso, essa
ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata nella sua
integralità.
25 In secondo luogo, la Repubblica di Estonia fa osservare che, secondo
la giurisprudenza, l’annullamento parziale di un atto comunitario è
possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento siano
separabili dal resto dell’atto.
26 Nel caso di specie la decisione impugnata sarebbe un atto singolo,
diretto alla Repubblica di Estonia, il quale presenterebbe un senso ed
una struttura coerenti, poiché i punti della sua motivazione e gli
articoli del suo dispositivo sono tutti connessi tra loro. La Repubblica
di Estonia ritiene che taluni elementi non potrebbero essere separati
senza privare la decisione del suo contenuto o far venir meno la sua
coerenza.
27 Alla luce di quanto precede, la Repubblica di Estonia considera che
il motivo presentato dalla Commissione nel controricorso, fondato sull’irricevibilità
parziale del presente ricorso, non è fondato e che la decisione
impugnata va annullata nella sua integralità.
Giudizio del Tribunale
28 Occorre innanzitutto ricordare che, come risulta da una
giurisprudenza costante, l’annullamento parziale di un atto comunitario
è possibile solo se gli elementi di cui è chiesto l’annullamento sono
separabili dal resto dell’atto (sentenze della Corte 10 dicembre 2002,
causa C-29/99, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-11221, punto 45, e 30
settembre 2003, causa C-239/01, Germania/Commissione, Racc. pag.
I-10333, punto 33; v. anche, in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003,
causa C-378/00, Commissione/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-937,
punto 30). Parimenti la Corte ha ripetutamente avuto modo di affermare
che tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando
l’annullamento parziale di un atto produrrebbe l’effetto di modificare
la sostanza dell’atto medesimo (sentenza della Corte 24 maggio 2005,
causa C-244/03, Francia/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-4021, punto
13; v. anche, in tal senso, sentenze della Corte 31 marzo 1998, cause
riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione, Racc. pag. I-1375,
punto 257, e Commissione/Consiglio, cit., punto 46).
29 Nel caso di specie l’inizio dell’art. 1 della decisione impugnata è
così formulato: «[i] seguenti aspetti del piano nazionale di
assegnazione di quote della [Repubblica di] Estonia per il primo
quinquennio di cui all’art. 11, n. 2, della direttiva sono
incompatibili, rispettivamente, con (…)». Poi, ai nn. 1-4 di tale
articolo, la Commissione elenca diverse incompatibilità del piano
nazionale di assegnazione con vari criteri dell’allegato III. Tenuto
conto della struttura dell’art. 1, l’eventuale annullamento di taluni
dei suoi paragrafi avrebbe la conseguenza di ridurre il numero delle
incompatibilità con la direttiva constatate nella decisione impugnata.
30 Occorre inoltre osservare che l’incipit dell’art. 2 della decisione
impugnata è redatto nei termini seguenti: «[i]l piano nazionale di
assegnazione non sarà oggetto di obiezioni purché le modifiche seguenti
vi siano apportate in modo non discriminatorio e siano notificate alla
Commissione il più rapidamente possibile, tenuto conto dei termini
necessari all’attuazione dei procedimenti nazionali (...)». Ai nn. 1-4
del medesimo articolo, la Commissione prescrive, ad ogni paragrafo, la
modifica del piano necessaria al fine di correggere l’incompatibilità
riscontrata al corrispondente paragrafo dell’art. 1. Pertanto
l’eventuale annullamento unicamente di taluni dei suoi paragrafi avrebbe
la conseguenza di mantenere in vigore l’impegno della Commissione di non
sollevare obiezioni al piano nazionale di assegnazione, riducendo al
tempo stesso il numero di modifiche sotto riserva delle quali tale
impegno è stato inizialmente preso.
31 Dalla struttura dei due articoli in parola risulta che i loro nn. 1-4
non possono essere considerati separabili ai sensi della giurisprudenza
ricordata al precedente punto 28. Infatti l’eventuale annullamento di
uno dei paragrafi dell’art. 1, così come quello del corrispondente
paragrafo dell’art. 2, avrebbero l’effetto di modificare la sostanza
stessa della decisione impugnata.
32 Un annullamento siffatto comporterebbe la sostituzione alla decisione
impugnata, secondo cui il piano nazionale di assegnazione di quote della
Repubblica di Estonia poteva essere adottato con riserva di quattro
modifiche specifiche dirette a porre rimedio a quattro incompatibilità
con i criteri di cui all’allegato III, di una decisione diversa ai sensi
della quale tale piano potrebbe essere adottato con riserva di un numero
meno considerevole di modifiche. Ciò è tanto più vero che la decisione
così sostituita alla decisione impugnata sarebbe sostanzialmente diversa
da quest’ultima, in quanto i motivi addotti dalla Repubblica di Estonia
rimettono in discussione l’incompatibilità constatata e la modifica
corrispondente imposta ai nn. 1 e 2 degli artt. 1 e 2 della decisione
impugnata. Orbene, proprio tali due incompatibilità richiederebbero le
modifiche più significative del piano nazionale di assegnazione di quote
della Repubblica di Estonia.
33 Quanto all’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione impugnata, basti
rilevare che le disposizioni in parola racchiudono precisazioni
riguardanti l’attuazione di altre disposizioni della decisione
impugnata. Così, supponendo che gli artt. 1 e 2 della decisione
impugnata, nonché l’art. 3, n. 1, del pari presi in considerazione con i
motivi sollevati dalla Repubblica di Estonia, siano annullati, l’art. 3,
nn. 2 e 3, diverrebbe senza oggetto.
34 Risulta dall’insieme di quanto precede che, nell’ipotesi in cui i
motivi sollevati dalla Repubblica di Estonia si rivelassero fondati,
occorrerebbe annullare la decisione impugnata nel suo complesso, giacché
le disposizioni oggetto degli addebiti avanzati non sono separabili dal
resto di tale atto. Pertanto gli argomenti della Commissione relativi
alla pretesa irricevibilità parziale del presente ricorso devono essere
respinti.
Nel merito
35 La Repubblica di Estonia solleva cinque motivi fondati, in primo
luogo, sull’eccesso di potere risultante da violazioni dell’art. 9, nn.
1 e 3, e dell’art. 11, n. 2, della direttiva, in secondo luogo, su
errori manifesti di valutazione, in terzo luogo, sulla violazione
dell’art. 175 CE, in quarto luogo, sulla violazione del principio di una
buona amministrazione e, in quinto luogo, sull’assenza di motivazione.
Sul primo motivo, fondato sull’eccesso di potere risultante da
violazioni dell’art. 9, nn. 1 e 3, e dell’art. 11, n. 2, della direttiva
Argomenti delle parti
36 La Repubblica di Estonia, sostenuta dalla Repubblica di Lituania e
dalla Repubblica slovacca, considera che la Commissione ha oltrepassato
le sue competenze derivanti dall’art. 9, nn. 1 e 3, nonché dall’art. 11,
n. 2, della direttiva, adottando la decisione impugnata. A suo avviso
emerge da tali disposizioni che l’elaborazione di un piano nazionale di
assegnazione di quote rientra nella competenza degli Stati membri e che
la Commissione deve limitarsi a controllare se tale piano sia
compatibile con i criteri enunciati all’allegato III nonché all’art. 10
della direttiva. Gli Stati membri avrebbero quindi il diritto di
decidere circa il metodo da essi adottato per elaborare il loro piano di
assegnazione di quote nonché circa dati e previsioni che utilizzano al
fine di stabilire le emissioni autorizzate per gli impianti durante il
periodo fissato dal suddetto piano.
37 Orbene, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe tenuto conto
del metodo con cui la Repubblica di Estonia ha stabilito il suo piano di
assegnazione di quote. Risulterebbe dai punti 5 e 6 della motivazione
della decisione impugnata che, al fine di determinare la quantità totale
di quote ammissibile, la Commissione ha utilizzato il suo proprio metodo
e si è fondata sui dati di base da essa stessa scelti e sul modello
Primes, elaborato da un esperto greco, ignorando in sostanza il piano di
assegnazione di quote della Repubblica di Estonia. Così la Commissione
avrebbe de facto fissato essa stessa la quantità totale di quote da
assegnare nell’ambito del piano di assegnazione della Repubblica di
Estonia.
38 La Repubblica di Estonia aggiunge nella replica che la nozione di
«tetto massimo» costituente, secondo la Commissione, il limite esterno
applicabile alla quantità totale di quote da assegnare da parte di uno
Stato membro, non ha alcun fondamento giuridico e non figura né nella
direttiva né nella decisione impugnata.
39 Infine, nella risposta alla memoria di intervento del Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica di Estonia sottolinea
che, «in uno Stato di diritto», gli atti amministrativi devono essere
adottati conformemente alla legge e, pertanto, nel rispetto delle
competenze attribuite alle varie istanze amministrative. Anche partendo
dal presupposto che l’annullamento della decisione impugnata avrebbe un
effetto sensibile sul sistema di scambio dell’Unione europea, ciò non
può giustificare il mantenimento in vigore di una decisione illegittima.
In ogni caso la Repubblica di Estonia sottolinea che la quantità totale
di quote di emissione da assegnare prevista nel suo piano è marginale
nel più ampio contesto del sistema comunitario per lo scambio di quote
di emissione di gas a effetto serra.
40 La Repubblica di Lituania sottolinea che la Commissione non dispone
di un potere generale di autorizzazione del piano nazionale di
assegnazione, ma unicamente di un potere di controllo limitato alla
questione della compatibilità del piano con i criteri di cui
all’allegato III.
41 In via preliminare la Commissione descrive il sistema comunitario per
lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra e, in
particolare, fa osservare che, durante il primo periodo di applicazione
del sistema dal 2005 al 2007, vi è stata, in una misura rilevante,
un’eccessiva assegnazione di quote in rapporto alle emissioni verificate
del 2005 e del 2006, talché il beneficio per l’ambiente del sistema di
scambio è stato molto limitato, addirittura inesistente. Secondo la
Commissione tale eccedenza di assegnazione di quote è stata molto
significativa in Estonia in quanto le sue emissioni verificate per il
2005 raggiungevano 12,62 milioni di tonnellate equivalente di diossido
di carbonio CO2, mentre la quantità media annua di quote per il primo
periodo era di 19 milioni di tonnellate equivalente CO2.
42 Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord fa valere che, se
la Commissione fosse soccombente in una delle cause relative ai piani di
assegnazione nazionali, il prezzo delle quote nel corso della seconda
fase rischierebbe di diminuire sensibilmente per effetto dell’eccedenza
di offerta di quote che ne risulterebbe, il che ridurrebbe a zero gli
effetti della direttiva quale strumento di riduzione delle emissioni. In
altri termini le conseguenze sarebbero catastrofiche. Il Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord invita il Tribunale ad accogliere
un’interpretazione teleologica della direttiva che permetta alla
Commissione di controllare i piani nazionali di assegnazione in maniera
effettiva e quindi di impedire agli Stati membri di fissare tetti
massimi i quali non avrebbero potuto implicare un aumento del prezzo del
carbonio né, quindi, incoraggiare le riduzioni di emissioni.
43 La Commissione ed il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
sostengono poi che, nella decisione impugnata, la Commissione ha
determinato non già la quantità totale di quote da assegnare da parte
della Repubblica di Estonia, ma ha fissato un tetto massimo per la
quantità totale in questione. La Commissione fa valere che, ai fini
della fissazione del tetto massimo in parola, doveva necessariamente
utilizzare dati oggettivi ed affidabili ed applicare norme di
valutazione comuni fondate sulle medesime premesse per tutta l’Unione,
al fine di minimizzare le distorsioni sul mercato interno ed evitare
qualsiasi disparità di trattamento fra gli Stati membri.
44 La Commissione fa del pari osservare che, ai fini del buon
funzionamento del sistema per lo scambio di quote di emissione di gas a
effetto serra, è essenziale che la quantità totale di quote sia
insufficiente sia al livello dell’Unione, sia al livello degli Stati
membri. Proprio per tali ragioni la Commissione ha utilizzato un modello
unico, cioè il modello Primes, nonché dati cui si può liberamente
accedere, raccolti in consultazione con esperti nazionali, allo scopo di
fissare il tetto massimo per la quantità totale di quote da assegnare a
ciascuno degli Stati membri. La Commissione considera che soltanto un
controllo indipendente e coerente dei dati utilizzati permette di
ottenere sufficienti garanzie attestanti che i dati riflettono la realtà
e che il loro utilizzo non implica in una misura significativa
un’assegnazione eccessiva di quote, come quella verificatasi durante il
primo periodo di scambio dal 2005 al 2007. Secondo il Regno Unito di
Gran Bretagna e Irlanda del Nord gli artt. 87 CE e 88 CE impongono una
valutazione indipendente e oggettiva dei piani nazionali di assegnazione
degli Stati membri.
45 La Commissione ritiene di aver fornito alla Repubblica di Estonia, in
particolare ai punti 2, 5 e 6 della decisione impugnata nonché nelle
varie comunicazioni da essa pubblicate, spiegazioni dettagliate
concernenti le ragioni per cui ha considerato che i dati sulle emissioni
verificate del 2005 fossero i migliori dati disponibili. La Commissione
rileva che alla comunicazione del 7 gennaio 2004 [COM (2003) 830 def.],
menzionata dalla Repubblica di Estonia, hanno fatto seguito due
comunicazioni che perseguono il medesimo obiettivo [COM (2005) 703 def.
e COM (2006) 725 def.], le quali non sarebbero affatto in contrasto con
l’approccio da essa seguito.
46 La Commissione riconosce invece nella controreplica che essa ha
ricevuto per posta elettronica, il 1° luglio 2005, osservazioni da parte
della Repubblica di Estonia, contenute in una relazione figurante
all’allegato 4 del ricorso, in cui gli esperti estoni hanno formulato
taluni rilievi di carattere generale sulla maniera in cui si teneva
conto della produzione di energia elettrica nelle previsioni iniziali
del 2005, ma senza precisare che cosa essi intendessero modificare. La
Commissione fa osservare che la presa in considerazione della relazione
in parola ha indotto l’elaboratore di modelli del politecnico nazionale
di Atene a modificare in maniera significativa i dati e le previsioni
iniziali utilizzati.
47 La Commissione considera che non ha imposto il suo proprio metodo di
calcolo né alla Repubblica di Estonia né ad alcun altro Stato membro e
rileva che vari Stati membri hanno elaborato i loro piani di
assegnazione nazionali nell’osservanza del tetto massimo fissato per la
quantità totale di quote nelle decisioni ad essi indirizzate dalla
Commissione. Sarebbe inesatto affermare che la Commissione ha privato la
Repubblica di Estonia del margine di valutazione di cui si considera che
disponga al fine di elaborare il suo piano nazionale, ivi compreso per
quanto riguarda la quantità totale di quote da assegnare. Parimenti la
consultazione del pubblico, nel contesto dell’elaborazione del piano
nazionale, non sarebbe stata privata di qualsiasi effetto utile. La
Commissione rileva in proposito che i piani nazionali di assegnazione
fissano non soltanto la quantità totale di quote da assegnare, ma anche
la ripartizione delle quote tra i vari impianti sul loro territorio.
48 Circa l’argomento della Repubblica di Estonia fondato sull’art. 30,
n. 2, della direttiva, la Commissione sottolinea che tale disposizione
non fa riferimento all’armonizzazione del metodo di determinazione della
quantità totale di quote, ma alla possibilità di armonizzare
maggiormente tale metodo. In ogni caso la Commissione avrebbe l’unica
scelta di applicare lo stesso metodo per il calcolo del tetto massimo
della quantità totale di quote applicabile a ciascuno degli Stati
membri, a meno che non si violi il principio della parità di
trattamento.
Giudizio del Tribunale
- Sulla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la
Commissione
49 È anzitutto
pacifico tra le parti, e risulta peraltro dai considerando e
dall’economia generale della direttiva, che la riduzione delle emissioni
di gas a effetto serra, in generale, ed il sistema per lo scambio di
quote stabilito dalla direttiva, in particolare, sono di un’importanza
primordiale nell’ambito della lotta contro il riscaldamento climatico,
fenomeno che rappresenta una delle più grandi minacce sociali,
economiche ed ambientali alle quali il mondo è attualmente confrontato.
50 Nondimeno la Repubblica di Estonia ricorda fondatamente, in risposta
agli argomenti del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, che,
in una comunità di diritto, gli atti amministrativi devono essere
adottati nel rispetto delle competenze attribuite alle diverse istanze
amministrative. Così, quand’anche si muovesse dal presupposto che sia
fondata la tesi del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,
secondo cui l’annullamento della decisione impugnata avrebbe
un’incidenza negativa sul buon funzionamento del sistema comunitario per
lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra, una
constatazione siffatta non può giustificare il mantenimento in vigore
della decisione impugnata nell’ipotesi in cui tale atto fosse stato
adottato in violazione delle competenze attribuite dalla direttiva,
rispettivamente agli Stati membri ed alla Commissione.
51 In proposito, quanto alla trasposizione o all’attuazione di una
direttiva in materia ambientale, occorre ricordare il dettato dell’art.
249, terzo comma, CE, a norma del quale «[l]a direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta
per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la
competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Ne
consegue che, qualora la direttiva in questione non prescriva la forma e
i mezzi per raggiungere uno specifico risultato, la libertà di azione
dello Stato membro quanto alla scelta delle forme e dei mezzi idonei al
raggiungimento del detto risultato resta in via di principio totale. Ne
consegue inoltre che, in assenza di norme comunitarie che prescrivano in
modo chiaro e preciso la forma e i mezzi che devono essere impiegati
dallo Stato membro, spetta alla Commissione, nell’ambito dell’esercizio
del suo potere di controllo, segnatamente ai sensi degli artt. 211 CE e
226 CE, dimostrare adeguatamente che gli strumenti impiegati dallo Stato
membro sono a tal riguardo in contrasto con il diritto comunitario (v.,
in tal senso, sentenza del Tribunale 7 novembre 2007, causa T-374/04,
Germania/Commissione, Racc. pag. II-4431, punto 78, e la giurisprudenza
ivi citata).
52 Occorre aggiungere che solo mediante un’applicazione rigorosa di
questi principi può essere garantito il rispetto del principio di
sussidiarietà sancito all’art. 5, secondo comma, CE, principio che si
impone alle istituzioni comunitarie nell’esercizio delle loro funzioni
regolamentari e che si presume sia stato osservato per l’adozione della
direttiva (trentesimo ‘considerando’ della direttiva). Ai sensi di tale
principio, la Comunità europea interviene, nelle materie che non
rientrano nell’ambito della sua competenza esclusiva, solo e nei limiti
in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere
sufficientemente realizzati dagli Stati membri e, in ragione delle
dimensioni o degli effetti dell’azione prevista, possano perciò essere
meglio realizzati a livello comunitario. Pertanto, in una materia come
quella ambientale, regolata dagli artt. da 174 CE a 176 CE, nella quale
le competenze della Comunità e degli Stati membri sono ripartite, spetta
alla Comunità, cioè nel caso di specie alla Commissione, l’onere di
dimostrare in che misura le competenze dello Stato membro e, pertanto,
il suo margine di manovra sono limitati in rapporto all’art. 10 ed ai
criteri di cui all’allegato III della direttiva (sentenza 7 novembre
2007, Germania/Commissione, cit., punto 79).
53 Più precisamente, per quanto riguarda l’attuazione della direttiva,
discende univocamente dall’art. 9, nn. 1 e 3, nonché dall’art. 11, n. 2,
di quest’ultima che lo Stato membro è l’unico competente, da una parte,
ad elaborare il piano nazionale di assegnazione con cui si prefigge di
raggiungere gli obiettivi definiti dalla direttiva circa le emissioni di
gas a effetto serra, piano che notifica alla Commissione, e, dall’altra,
a prendere decisioni finali che fissino la quantità totale di quote da
assegnare per ciascun periodo di cinque anni e la suddivisione di tale
quantità tra gli operatori economici. Nell’esercizio delle sue
competenze, lo Stato membro dispone quindi di un certo margine di
manovra per scegliere le misure che giudica più adatte a conseguire, nel
contesto specifico del mercato nazionale dell’energia, il risultato
prescritto dalla suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza 7
novembre 2007, Germania/Commissione, cit., punto 80).
54 La Commissione dispone invece di un potere di controllo del piano
nazionale di assegnazione, sul fondamento dell’art. 9, n. 3, della
direttiva. Così la Commissione è legittimata a verificare la conformità
del piano nazionale di assegnazione notificato dallo Stato membro con i
criteri enunciati nell’allegato III e col disposto dell’art. 10 della
direttiva ed a respingere tale piano con decisione motivata, a causa di
incompatibilità con tali criteri e disposizioni. Risulta anche dall’art.
9, n. 3, della direttiva che, in caso di rigetto del piano nazionale di
assegnazione, lo Stato membro può adottare una decisione sul fondamento
dell’art. 11, n. 2, solo se le modifiche del piano proposte da tale
Stato in seguito al rifiuto sono state accettate dalla Commissione (v.,
al riguardo, punto 92 infra).
55 Nell’esercizio del suo potere di controllo del piano nazionale di
assegnazione, la Commissione gode di un margine di discrezionalità nei
limiti in cui tale controllo implichi valutazioni economiche ed
ecologiche complesse, realizzate in relazione all’obiettivo generale di
riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra tramite un sistema per
lo scambio di quote valido in termini di costi e di efficienza economica
(art. 1 e quinto ‘considerando’ della direttiva). Ne consegue che,
nell’ambito del suo controllo di legittimità a questo proposito, il
giudice comunitario svolge un pieno controllo di legittimità quanto alla
corretta applicazione da parte della Commissione delle regole di diritto
pertinenti. Il Tribunale non può, invece, sostituirsi alla Commissione
quando quest’ultima deve svolgere in questo contesto valutazioni
economiche ed ecologiche complesse. Il Tribunale deve per tale ragione
limitarsi a verificare se la misura in questione non sia inficiata da
errore manifesto o da sviamento di potere, se l’autorità competente non
abbia palesemente oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale e
se le garanzie processuali, che rivestono un’importanza ancor più
fondamentale in quest’ambito, siano state pienamente rispettate (v., in
tal senso, sentenza 7 novembre 2007, Germania/Commissione, cit., punti
80 e 81; v. ugualmente, in tal senso, sentenze del Tribunale 11
settembre 2002, causa T-13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc.
pag. II-3305, punti 166 e 171, e causa T-70/99, Alpharma/Consiglio,
Racc. pag. II-3495, punti 177 e 182, e 21 ottobre 2003, causa T-392/02,
Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, Racc. pag. II-4555, punti 126 e 188).
- Sull’esercizio da parte della Commissione delle sue competenze nel
caso di specie
56 Nella fattispecie la Repubblica di Estonia addebita alla Commissione
di aver oltrepassato, adottando la decisione impugnata, le sue
competenze derivanti dall’art. 9, nn. 1 e 3, nonché dall’art. 11, n. 2,
della direttiva. Dato che tale argomento è diretto ad accertare che la
Commissione ha male applicato le disposizioni pertinenti, il Tribunale
deve esercitare un controllo completo circa la questione di diritto in
parola. È necessario sottolineare al riguardo che il margine di manovra
di cui dispone la Repubblica di Estonia per l’attuazione della direttiva
ed il margine di valutazione di cui fruisce la Commissione, in quanto il
suo controllo di legittimità del piano nazionale di assegnazione implica
l’effettuazione di proprie valutazioni economiche ed ecologiche
complesse, sono rilevanti soltanto al fine di determinare la portata del
controllo da parte del Tribunale del modo in cui ciascuna autorità ha
esercitato la propria competenza, ma non possono avere per conseguenza
di modificare la ripartizione delle competenze fra tali autorità.
57 Occorre rilevare in proposito che, al punto 13 nonché all’art. 1, n.
1, della decisione impugnata, la Commissione constata che una parte
della quantità totale di quote che la Repubblica di Estonia propone di
assegnare, cioè 11,657987 milioni di tonnellate equivalente CO2 annue, è
incompatibile con i criteri nn. 1-3 di cui all’allegato III. Inoltre la
parte della quantità totale di quote corrispondente alle emissioni
supplementari di un impianto di combustione non incluso nel piano
nazionale di assegnazione stabilito per la prima fase, stimata a
0,313883 milioni di tonnellate equivalente CO2 annue, sarebbe ugualmente
incompatibile con i suddetti criteri.
58 In pari tempo la Commissione precisa, all’art. 2, n. 1, della
decisione impugnata che il piano nazionale di assegnazione non sarà
oggetto di obiezioni purché la quantità totale di quote da assegnare
nell’ambito del sistema comunitario sia diminuita di 11,657987 milioni
di tonnellate equivalente CO2 annue. Conformemente alla medesima
disposizione, la quantità totale di quote così confermata dalla
Commissione dovrà ancora essere ridotta dell’equivalente della
differenza eventuale tra le quote assegnate all’impianto menzionato al
punto precedente e l’importo di 0,313883 milioni di tonnellate
equivalente CO2 accantonate annualmente per quest’ultimo. Infine,
all’art. 3, n. 1, della decisione impugnata, la Commissione precisa che
l’importo totale annuo medio di quote di 12,717058 milioni di tonnellate
equivalente CO2, diminuito dell’«accantonamento» che la Repubblica di
Estonia intende costituire e dell’equivalente della differenza eventuale
tra le quote assegnate all’impianto summenzionato e l’importo di
0,313883 milioni di tonnellate equivalente CO2 accantonate annualmente
per quest’ultimo, non dovrà essere oltrepassato.
59 Nelle sue memorie la Commissione fa valere dinanzi al Tribunale che
l’esclusione delle quantità di quote summenzionate rappresenta
l’imposizione alla Repubblica di Estonia di un limite esterno o di un
«tetto massimo», e non la fissazione della quantità totale di quote che
quest’ultima può assegnare.
60 Occorre però constatare che, precisando una specifica quantità di
quote di cui qualsiasi superamento viene considerato incompatibile con i
criteri stabiliti dalla direttiva, e respingendo il piano nazionale
della Repubblica di Estonia dato che la quantità totale di quote ivi
proposta supera tale soglia, la Commissione ha oltrepassato i limiti del
potere di controllo che le spetta di esercitare sul fondamento dell’art.
9, nn. 1 e 3, nonché dell’art. 11, n. 2, della direttiva.
61 È certo, al riguardo, che la Commissione è competente, conformemente
all’art. 9, n. 3, della direttiva, a controllare il piano nazionale
elaborato da uno Stato membro sul fondamento dell’art. 9, n. 1, della
direttiva ed a respingerlo qualora essa pervenga alla conclusione che è
incompatibile con i criteri enunciati all’allegato III o col disposto
dell’art. 10 della direttiva.
62 Inoltre la Commissione, procedendo ad un controllo siffatto e
motivando tale decisione di rigetto, ha il diritto di emettere critiche
specifiche in merito alle incompatibilità constatate e, se lo ritiene
opportuno, di formulare proposte o raccomandazioni, non vincolanti,
dirette a permettere allo Stato membro di modificare il suo piano in un
modo che, secondo la Commissione, lo farebbe divenire compatibile con i
suddetti criteri e disposizioni.
63 Nell’ambito delle sue valutazioni in ordine alla questione se i piani
nazionali di assegnazione dei vari Stati membri siano compatibili con i
criteri di cui all’allegato III, la Commissione può scegliere un punto
comune di raffronto. A tal fine essa può segnatamente elaborare il suo
proprio modello economico ed ecologico. Grazie all’elaborazione ed
all’utilizzazione di un modello siffatto, la Commissione dispone,
conformemente alla giurisprudenza menzionata al punto 55 supra, di un
margine di valutazione, talché l’utilizzazione di un siffatto punto di
riferimento comune in una decisione di rigetto di un piano nazionale
potrebbe essere contestata solo per il motivo che fosse inficiata da un
errore manifesto di valutazione.
64 Per contro, attraverso l’imposizione, nel dispositivo di una
decisione di rigetto di un piano nazionale di assegnazione, di uno
specifico limite calcolato sulla base del proprio modello economico e
della propria selezione di dati, per la quantità totale di quote che uno
Stato membro ha il diritto di fissare, la Commissione si sostituisce in
pratica allo Stato membro ai fini della fissazione della suddetta
quantità totale. Infatti una disposizione siffatta può obbligare lo
Stato membro a modificare il suo piano nazionale di assegnazione
affinché la quantità totale di quote corrisponda esattamente al limite
indicato dalla Commissione nella decisione di rigetto. In tal caso lo
Stato membro è tenuto a fissare una quantità totale pari o inferiore al
limite indicato dalla Commissione, a meno che non voglia ritrovarsi
nell’impossibilità di adottare una decisione conformemente all’art. 11,
n. 2, della direttiva.
65 Una decisione di rigetto siffatta priva di effetto utile l’art. 11,
n. 2, della direttiva, in quanto tale disposizione prevede che spetta
allo Stato membro, e non alla Commissione, di decidere della quantità
totale di quote da assegnare. Tale constatazione è pertinente in modo
particolare in un caso come la fattispecie in cui il limite specifico
imposto dalla Commissione nella maniera indicata, cioè 12,717058 milioni
di tonnellate equivalente CO2 annue, rappresenta solo il 52,2% della
quantità totale di quote che la Repubblica di Estonia si prefiggeva di
assegnare nel suo piano nazionale di assegnazione.
66 Invero la Repubblica di Estonia rimane libera, nell’ambito della
decisione da essa adottata conformemente all’art. 11, n. 2, della
direttiva, di fissare la quantità totale di quote da assegnare ad un
livello ancor più basso della quantità totale di quote considerata dalla
Commissione compatibile con la direttiva. Tuttavia, dato che la
Commissione ha imposto una riduzione drastica della quantità totale di
quote che la Repubblica di Estonia si prefiggeva di assegnare, è
inconcepibile, nelle circostanze della fattispecie, che quest’ultima
fissi la quantità totale di quote da assegnare ad un livello diverso dal
limite stabilito dalla Commissione nella decisione impugnata. Così, in
realtà, la Commissione ha indirettamente fissato la quantità totale di
quote da assegnare in luogo della Repubblica di Estonia.
67 Si deve poi constatare che la motivazione elaborata dalla Commissione
nella decisione impugnata, al fine di chiarire su quale base il limite
imposto era stato calcolato, conferma che essa non si è limitata a
controllare la legittimità del piano nazionale di assegnazione
notificato dalla Repubblica di Estonia, ma ha effettivamente sostituito
la sua propria analisi a quella effettuata da quest’ultima.
68 Deve rilevarsi al riguardo che l’elaborazione di un piano nazionale
di assegnazione, adottato per conseguire gli obiettivi della direttiva e
che rispetta i criteri enunciati nell’allegato III, in particolare i
criteri nn. 1-3, obbliga lo Stato membro a procedere a varie valutazioni
economiche ed ecologiche complesse, specialmente per quanto riguarda le
politiche e le misure specifiche da adottare a livello nazionale al fine
di raggiungere i suddetti obiettivi, ma anche circa le misure che
dovrebbero essere applicate dagli operatori economici. Per di più le
valutazioni in parola sono essenzialmente previsionali dato che lo Stato
membro deve prevedere l’evoluzione delle emissioni sul suo territorio
con un anticipo di diversi anni, e ciò sulla base dei dati disponibili
al momento dell’adozione del suo piano nazionale di assegnazione.
69 Rientra nella natura stessa di un esercizio siffatto che lo Stato
membro è obbligato a fare delle scelte, in primo luogo, quanto alle
politiche ed alle misure da adottare e, in secondo luogo, quanto al
metodo da utilizzare ed ai dati a partire dai quali viene condotta
l’analisi al fine di anticipare l’evoluzione prevedibile delle emissioni
di cui trattasi. Per ipotesi, scelte del genere non sono né corrette né
inesatte in termini assoluti, poiché un certo numero di diversi metodi e
dati possono essere validamente presi in considerazione. Controllando
tali scelte dello Stato membro, la Commissione deve quindi rispettare il
margine di manovra riconosciuto a quest’ultimo e, dato che tale Stato
membro si fonda su dati e parametri credibili e sufficienti, in rapporto
ai criteri di cui all’allegato III, l’istituzione in parola non può
respingere il suo piano nazionale di assegnazione. Spetta invece alla
Commissione, segnatamente, verificare l’affidabilità e la coerenza di
tutti gli aspetti del piano elaborato dallo Stato membro nonché
controllare se gli elementi in parola costituiscano l’insieme dei
fattori di cui occorre tener conto per valutare una situazione complessa
e se essi siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono desunte.
70 Alla luce di tali osservazioni, è necessario esaminare le critiche
specifiche formulate dalla Commissione nella decisione impugnata
rispetto al piano nazionale di assegnazione della Repubblica di Estonia.
- Sulla scelta delle quantità relative alle emissioni che devono servire
quale punto di partenza ai fini delle previsioni per il periodo dal 2008
al 2012
71 Si deve preliminarmente ricordare che, al punto 4 della decisione
impugnata, la Commissione ha rilevato che il criterio n. 1 di cui
all’allegato III era pertinente nel presente contesto in quanto esso
prevede che la quantità totale di quote da assegnare non deve
oltrepassare quanto necessario, con ogni verosimiglianza, alla rigida
applicazione degli altri criteri di tale allegato. Occorre constatare in
proposito che la Commissione ha definito essa stessa la nozione di
applicazione rigida dei criteri di cui all’allegato III, al punto 18
della comunicazione del 7 gennaio 2004 (v. punto 45 supra) precisando
che, per rispettare tale esigenza, uno Stato membro non dovrebbe
assegnare più quote del necessario alla luce del più vincolante dei
criteri obbligatori, cioè dei criteri nn. 1-5 di cui all’allegato III.
Emerge quindi dalla decisione impugnata che la Commissione, come ha
confermato peraltro all’udienza, ha ritenuto che il piano nazionale
estone di assegnazione fosse incompatibile col criterio n. 1 enunciato
all’allegato III, non in maniera autonoma, ma per il fatto che la
quantità totale di quote proposte non si limitava a quanto necessario in
rapporto ai criteri nn. 2 e 3 di cui all’allegato III.
72 In secondo luogo, risulta dai punti 5-7 della decisione impugnata che
la Commissione ha applicato il criterio n. 2 enunciato all’allegato III
fissando essa stessa quale punto di partenza, relativamente alle
emissioni esistenti di gas a effetto serra, i valori relativi alle
emissioni del 2005, invece di prendere quale punto di partenza i valori
utilizzati dalla Repubblica di Estonia nel suo piano nazionale di
assegnazione e di controllarne la legittimità, verificando segnatamente
se quest’ultima avesse oltrepassato il suo margine di manovra per
l’attuazione della direttiva.
73 Invero una corretta applicazione del criterio n. 2 di cui
all’allegato III autorizza la Commissione a verificare la coerenza della
quantità totale delle quote da assegnare con «le valutazioni dei
progressi già realizzati o da realizzare per rispettare i contributi
degli Stati membri agli impegni assunti dalla Comunità ai sensi della
decisione [280/2004/CE]». Tuttavia la Commissione rileva, al punto 5
della decisione impugnata, che l’ultima valutazione realizzata prima
dell’adozione della decisione stessa, in applicazione della decisione
del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, 280/2004/CE,
relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto
serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 49, pag.
1), è stata effettuata a partire dai valori comunicati per gli impianti
estoni per il 2005, poiché tali dati erano i più affidabili ed i più
esatti che potesse utilizzare. Inoltre, secondo il punto 6 della
decisione impugnata, se diversi Stati membri, tra cui la Repubblica di
Estonia, hanno scelto di utilizzare quale punto di partenza delle loro
previsioni la media dei dati sulle emissioni del 2005 verificate in
maniera indipendente e delle stime delle emissioni fornite da tali Stati
membri per altri anni, onde attenuare gli effetti di eventi particolari
sopravvenuti nel corso di un dato anno, la Commissione ha respinto tale
approccio rilevando che gli effetti di fattori particolari, quali le
condizioni meteorologiche, si compensavano in generale nell’arco di un
anno e che non disponeva di elementi indicanti che i dati sulle
emissioni verificate del 2005 non potessero considerarsi
rappresentativi.
74 Orbene, la competenza della Commissione a controllare la
compatibilità del piano nazionale di assegnazione con le valutazioni
summenzionate non l’autorizzava a considerare che l’utilizzazione, ai
fini del suddetto piano, di valori diversi da quelli utilizzati
nell’ambito di tali ultime valutazioni rendesse il piano incompatibile
col criterio n. 2 di cui all’allegato III, a meno che lo Stato membro
non possa giustificare tale utilizzo. Si deve rilevare in proposito che,
ai punti 5-7 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto gli
argomenti avanzati dalla Repubblica di Estonia nella fase del
procedimento amministrativo a sostegno dei valori considerati nel suo
piano nazionale di assegnazione, segnatamente per il motivo che questi
ultimi erano «meno affidabili» di quelli utilizzati nell’ultima
valutazione e che non sussistevano «ragioni sufficienti, per quanto
concerne l’Estonia, per adottare i dati sulle emissioni verificate in
maniera indipendente del 2005». Essa ha ritenuto che non potesse
escludersi una sopravvalutazione delle emissioni da parte della
Repubblica di Estonia ed ha menzionato il rischio che i valori
comunicati da quest’ultima «non fossero veramente rappresentativi delle
emissioni reali».
75 Respingendo il piano nazionale di assegnazione notificato dalla
Repubblica di Estonia in base a tale ragionamento, che consiste in
sostanza soltanto nel ricordare l’esistenza di dubbi in merito al
carattere affidabile dei dati accolti dalla Repubblica di Estonia, la
Commissione ha commesso un errore di diritto. Come già rilevato ai punti
53-55 supra, le spettava di verificare la legittimità del piano
nazionale di assegnazione rispettando il margine di manovra accordato
allo Stato membro per attuare la direttiva nel contesto
dell’elaborazione del suddetto piano. Respingendo il piano estone per il
motivo che i dati presi in considerazione a tal fine non fossero a suo
avviso i migliori disponibili, che sussistesse quindi un rischio di
sopravvalutazione delle emissioni da parte della Repubblica di Estonia e
che niente indicasse che i dati su cui essa si basava non potessero
considerarsi rappresentativi, essa ha posto in non cale il suddetto
margine di manovra. Infatti l’esistenza di un margine di manovra
siffatto implica necessariamente che lo Stato membro potesse validamente
selezionare dati diversi quale punto di partenza delle sue previsioni.
Orbene, l’approccio della Commissione, equivalente a considerare che
soltanto i dati da essa stessa accolti potessero essere utilizzati ai
fini dell’elaborazione di un piano nazionale di assegnazione, priva gli
Stati membri di qualsiasi margine di manovra in proposito. Adottando un
approccio siffatto, la Commissione ha posto in non cale la circostanza
che le spetta di controllare le scelte operate dallo Stato membro ai
fini dell’elaborazione del suo piano nazionale, piuttosto che operare la
sua propria scelta quanto ai dati da prendere in considerazione, nonché
pronunciarsi solo su contestazioni eventuali di tale scelta da parte
degli Stati membri.
76 In ogni caso risulta dal fascicolo che i valori utilizzati dalla
Commissione non erano necessariamente quelli più rappresentativi, né
quindi quelli più affidabili, per quanto concerne le emissioni della
Repubblica di Estonia. Si deve rilevare al riguardo che le
giustificazioni avanzate, per respingere l’approccio di taluni Stati
membri di cui al punto 6 della decisione impugnata, non possono essere
accolte, almeno per quanto riguarda il caso particolare della Repubblica
di Estonia. In primo luogo, risulta dall’allegato 4 del piano nazionale
di assegnazione che l’anno 2005, preso in considerazione dalla
Commissione, non era un anno rappresentativo quanto alla Repubblica di
Estonia. Infatti le emissioni di tale anno sono nettamente al di sotto
del valore di riferimento, per quanto riguarda le centrali elettriche e
gli impianti industriali, sulla base dei tre anni in cui le emissioni
sono state quelle più elevate tra il 1995 ed il 2005, e ciò malgrado una
crescita importante del prodotto nazionale lordo (PIL) da un anno
all’altro tra il 2000 ed il 2005. In secondo luogo, la Commissione,
interrogata al riguardo dal Tribunale all’udienza, non ha avanzato alcun
elemento idoneo a fondare la propria tesi secondo cui gli effetti dei
diversi fattori presi in considerazione, quali le condizioni
meteorologiche, si compensano, in linea generale, nell’arco di un anno.
77 Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma la Commissione nella
decisione impugnata, non soltanto i valori da essa utilizzati non erano
necessariamente quelli più rappresentativi, né quindi più affidabili,
quanto alle emissioni della Repubblica di Estonia, ma che essa disponeva
di un certo numero di elementi implicanti, almeno nel caso della
Repubblica di Estonia, che la scelta dei valori del 2005, quale punto di
partenza ai fini dei suoi calcoli, rischiava di falsare questi ultimi.
- Sulla scelta dei metodi utilizzati ai fini delle previsioni
dell’evoluzione delle emissioni tra il periodo di riferimento ed il
periodo dal 2008 al 2012
78 Ai punti 8 e segg. della decisione impugnata, la Commissione ha
esaminato la compatibilità del piano nazionale di assegnazione col
criterio n. 3 di cui all’allegato III secondo cui le quantità di quote
da assegnare devono essere «coerent[i] con il potenziale, compreso il
potenziale tecnologico, di riduzione delle emissioni delle attività
coperte dal presente sistema». A tal fine la Commissione ha deciso di
utilizzare i dati ottenuti dal modello Primes, elaborato da un esperto
del politecnico nazionale di Atene, per il motivo che essi «costitui[va]no
le stime più esatte ed affidabili al tempo stesso della crescita del PIL
e dei miglioramenti dell’intensità di carbonio», al fine di valutare
l’evoluzione delle emissioni tra il periodo di riferimento ed il periodo
dal 2008 al 2012, del pari che nel corso di quest’ultimo periodo.
Infatti, nella decisione impugnata, la Commissione ha fondato le sue
previsioni, relative a tale evoluzione, sui valori verificati per le
emissioni del 2005, come adattati con l’applicazione di due coefficienti
che riflettono, rispettivamente, la sua stima del tasso di crescita del
PIL nel corso del periodo dal 2005 al 2010 ed il tasso probabile di
miglioramento dell’intensità di carbonio per unità di PIL nel corso del
medesimo periodo.
79 In proposito, occorre di nuovo ricordare che gli Stati membri
dispongono di un margine di manovra per decidere del metodo da adottare
per l’elaborazione del piano nazionale di assegnazione di quote.
Decidendo di utilizzare i dati ottenuti dal modello Primes in ragione
della loro pretesa migliore affidabilità in rapporto agli altri dati, ma
senza provare il carattere insufficiente del metodo utilizzato dalla
Repubblica di Estonia per calcolare i dati presi in considerazione ai
fini del suo piano nazionale di assegnazione, la Commissione ha posto in
non cale tale margine di manovra.
80 In particolare la Commissione ha essa stessa esplicitamente
riconosciuto, all’udienza, di non avere il diritto di sostituire la sua
propria valutazione degli effetti relativi alle scelte politiche a
quella effettuata da uno Stato membro al fine di elaborare il suo piano
nazionale di assegnazione, e nemmeno di esercitare un controllo
marginale rispetto ad una scelta siffatta. Tuttavia la Commissione ha
sostenuto che una scelta politica siffatta può essere presa in
considerazione nell’ambito della sua valutazione di un piano nazionale
di assegnazione solo in quanto sia stata sancita in strumenti
legislativi prima del 2004 e le sia stata notificata affinché essa possa
tenerne conto nell’elaborazione del suo proprio modello economico.
81 Occorre però rilevare che, tuttavia, la Commissione non ha invocato
alcun testo né regola di diritto che possa giustificare una limitazione
siffatta della presa in considerazione, da parte di uno Stato membro,
della sua politica nazionale in materia di energia ai fini
dell’elaborazione del suo piano nazionale di assegnazione. Al contrario,
spetta proprio allo Stato membro elaborare un piano nazionale di
assegnazione conformemente all’art. 9, n. 1, della direttiva e, quindi,
determinare quali sono gli aspetti della sua politica nazionale in
materia di energia dei quali occorre tener conto. Orbene, risulta dal
punto 3 del piano nazionale di assegnazione della Repubblica di Estonia,
allegato al ricorso, che tale Stato membro ha sottolineato il carattere
strategico delle sue riserve di scisto bituminoso nonché le difficoltà
in termini di sicurezza di approvvigionamento che potrebbero risultare
dall’utilizzazione del gas naturale, rilevando in particolare che le sue
importazioni di gas provengono da un solo paese esportatore, cioè la
Russia.
82 Con l’applicazione del modello Primes, fondato essenzialmente su
parametri economici ed ecologici, la Commissione ha quindi fatto
astrazione, nel caso di specie, dall’eventuale pertinenza di tale
considerazione di ordine geostrategico che pure la Repubblica di Estonia
aveva integrato nel suo piano nazionale di assegnazione in maniera
esplicita ed ha quindi posto in non cale i limiti del suo proprio potere
di controllo.
83 In ogni caso per quanto riguarda, in primo luogo, il tasso di
evoluzione del PIL nel corso del periodo dal 2005 al 2010, risulta dal
fascicolo che i valori relativi alla crescita del PIL utilizzati dalla
Commissione nella decisione impugnata, al fine di determinare il tetto
massimo di emissioni per l’Estonia per il periodo dal 2008 al 2012 non
erano i migliori disponibili al momento dell’adozione della decisione
impugnata. Nel suo piano nazionale di assegnazione, la Repubblica di
Estonia ha fatto ricorso ad una previsione di crescita del 9,6% per il
2006, fondata sugli ultimi dati di cui disponeva il Ministero delle
Finanze estone. Essa prevedeva un tasso di crescita leggermente meno
elevato, tra il 7,4 e l’8,4%, per ognuno dei quattro anni successivi.
84 Nella decisione impugnata la Commissione indica nella nota a piè di
pagina n. 24 che, secondo dati pubblicati nel 2005 in un documento
intitolato «European Energy and Transport Trends», si prevedeva per
l’Estonia una crescita annua del 5,1839% dal 2005 al 2010. Orbene,
risulta dal fascicolo e più particolarmente da una lettura combinata del
documento intitolato «Tabella Primes “Estonia: debole restrizione delle
emissioni di carbonio/nessuna cattura e nessuno stoccaggio del CO2”»,
allegato al ricorso, e della nota a piè di pagina n. 24, della decisione
impugnata che il suddetto tasso del 5,1839% risulta da un semplice
calcolo aritmetico effettuato sulla base dei dati relativi al PIL della
Repubblica di Estonia utilizzati anche nel modello Primes, cioè EUR 8
miliardi nel 2005 e EUR 10,3 miliardi nel 2010. Tuttavia la Commissione
spiega, nella medesima nota a piè pagina che, per tener conto dei dati
più recenti portati a sua conoscenza, essa ha deciso di sostituire il
valore previsto per la crescita del PIL nel documento intitolato «European
Energy and Transport Trends» con altre previsioni economiche pubblicate
nel novembre 2006 in un documento intitolato «Economic Forecasts Autumn
2006», ma unicamente per gli anni per i quali tali più recenti
previsioni erano disponibili. Così essa ha utilizzato tali ultimi dati
per gli anni dal 2006 al 2008, ma ha continuato ad utilizzare, per gli
anni 2009 e 2010, un tasso di crescita calcolato a partire dai dati
presentati nel documento intitolato «European Energy and Transport
Trends» del 2005.
85 Occorre constatare che, così agendo, la Commissione non ha utilizzato
i migliori dati disponibili per quanto concerne le previsioni di
crescita del PIL della Repubblica di Estonia per gli anni 2009 e 2010 e
che non ha neppure sufficientemente giustificato il rigetto delle
previsioni avanzate dalla Repubblica di Estonia per i due anni in
questione. Infatti le previsioni operate dalla Repubblica di Estonia nel
suo piano nazionale di assegnazione sono, da una parte, fondate su dati
di base più recenti di quelli utilizzati nel documento intitolato «European
Energy and Transport Trends» e, dall’altra, più vicine a quelle del
documento intitolato «Economic Forecasts Autumn 2006» su cui la
Commissione si è basata per gli anni 2006-2008 in quanto più affidabili.
Dati tali elementi, non è credibile la posizione della Commissione
secondo cui essa ha utilizzato i migliori dati disponibili per gli anni
2009 e 2010 respingendo le previsioni della Repubblica di Estonia ed
accogliendo al loro posto quelle del documento intitolato «European
Energy and Transport Trends».
86 In secondo luogo, quanto al calcolo del tasso di miglioramento
dell’intensità di emissione di carbonio per unità di PIL, è certo che la
Commissione si è fondata direttamente sui dati risultanti dal modello
Primes, cioè quello di 1 945,3 tonnellate di emissioni di CO2 per
milione di euro di PIL nel 2005 e quello di 1 346,3 tonnellate di
emissioni di CO2 per milione di euro di PIL nel 2010. Tuttavia, come la
Commissione ha riconosciuto all’udienza, se uno dei dati di cui si è
tenuto conto nei calcoli effettuati nell’ambito dell’elaborazione del
modello Primes si rivela non corretto, come accade nella fattispecie
circa il tasso di crescita del PIL della Repubblica di Estonia (v. punti
84 e 85 supra), gli altri dati figuranti nell’ultima versione di tale
modello saranno necessariamente falsati. Infatti questi ultimi sono
fondati su una previsione di crescita del PIL che non era quella più
esatta disponibile al momento dell’elaborazione del modello. Come la
Commissione ha del pari riconosciuto all’udienza, in una situazione
siffatta è necessario calcolare nuovamente tutte le previsioni
risultanti dal modello, utilizzando stime aggiornate del tasso di
crescita del PIL. Poiché la Commissione non vi ha provveduto, i dati da
essa utilizzati nella decisione impugnata non possono ritenersi i
migliori disponibili.
- Sulle altre ragioni addotte dalla Commissione per giustificare il
rigetto del piano nazionale di assegnazione
87 Occorre rispondere, poi, all’argomento della Commissione secondo cui
l’utilizzazione dei dati del 2005 e del modello Primes era giustificata
dalla necessità di valutare ciascun piano nazionale di assegnazione con
riferimento ai medesimi valori e parametri di analisi, al fine di
rispettare le esigenze del principio della parità di trattamento.
88 Tale argomento non può avere successo. Inoltre il fatto di invocare
il suddetto principio non può modificare la ripartizione delle
competenze prevista dalla direttiva tra la Commissione e gli Stati
membri, a norma della quale questi ultimi sono competenti ad elaborare
un piano nazionale di assegnazione ed a prendere una decisione finale
sulla quantità totale di quote da assegnare.
89 Inoltre, come fondatamente rileva la Repubblica di Estonia, la
Commissione può garantire la parità di trattamento degli Stati membri in
maniera adeguata esaminando il piano presentato da ciascuno di essi col
medesimo grado di diligenza. Certo, come già ricordato al punto 63 supra,
la Commissione ha il diritto di elaborare il suo proprio modello
economico ed ecologico fondato sui dati da essa scelti e di servirsene
come punto di raffronto per verificare se il piano nazionale di
assegnazione di ciascuno Stato membro sia compatibile con i criteri di
cui all’allegato III. Ai fini dell’elaborazione di un modello siffatto,
la Commissione dispone, conformemente alla giurisprudenza menzionata al
punto 55 supra, di un margine di valutazione.
90 Tuttavia la Commissione non ha il diritto di sostituire l’analisi
risultante dall’applicazione del proprio modello alla valutazione
effettuata dallo Stato membro nel suo piano nazionale di assegnazione,
né di respingere quest’ultimo per il motivo che sussisterebbe una
divergenza fra tale valutazione e la sua propria analisi. Infatti, se la
Commissione avesse il potere di far prevalere la sua propria analisi,
l’art. 9, n. 1, e l’art. 11, n. 2, della direttiva, che attribuiscono
agli Stati membri la competenza ad elaborare un piano nazionale di
assegnazione di quote e decidere successivamente della quantità totale
di quote da assegnare, sarebbero svuotati del loro senso.
91 In ultimo luogo, occorre respingere l’argomentazione della
Commissione secondo cui l’art. 9, n. 3, della direttiva, che le
conferisce un potere di controllo e di rigetto dei piani nazionali di
assegnazione, sarebbe privato di effetto utile se essa non potesse
adottare una decisione che fissa un tetto massimo per la quantità totale
di quote che uno Stato membro ha il diritto di assegnare.
92 Risulta infatti da quanto precede, e segnatamente dai punti 62 e 63
supra, che la Commissione può utilmente controllare un piano nazionale
di assegnazione e, all’occorrenza, respingerlo senza dover fissare un
tetto massimo siffatto. Inoltre l’argomento secondo cui le disposizioni
della direttiva possono condurre ad una situazione di stallo, se lo
Stato membro e la Commissione non pervengono a mettersi d’accordo su una
quantità totale di quote da assegnare sulla base delle modifiche
successive del piano nazionale presentate da uno Stato membro, non può
avere successo. Da una parte, non spetta al Tribunale risolvere questo
problema potenziale nell’ambito della presente controversia poiché non
viene posto. Dall’altra, se tale problema dovesse essere risolto al fine
di evitare una situazione di stallo permanente, sarebbe inconcepibile
risolverlo facendo prevalere il punto di vista della Commissione su
quello dello Stato membro dato che, come risulta dal punto 54 supra, la
Commissione dispone di un potere di controllo e di rigetto, mentre lo
Stato membro è competente sia a presentare un piano nazionale, sia a
decidere, nella fase finale, circa l’assegnazione delle quote.
93 Infine l’art. 1, n. 1, della decisione impugnata contiene anche la
constatazione secondo cui l’inclusione delle emissioni supplementari di
uno specifico impianto, per un importo di 0,313883 milioni di tonnellate
equivalente CO2 annue, è parimenti incompatibile con i criteri nn. 1-3
di cui all’allegato III. Sul fondamento delle considerazioni suesposte,
occorre annullare la decisione impugnata anche relativamente a tale
constatazione in quanto la Commissione non si è limitata a spiegare le
ragioni che l’hanno condotta a concludere per l’incompatibilità in
parola, ma ha prescritto l’esclusione dell’importo in questione dalla
quantità totale di quote, segnatamente all’art. 2, n. 1, ed all’art. 3,
n. 1, della decisione impugnata.
94 Risulta dall’insieme di quanto precede che l’art. 1, n. 1, l’art. 2,
n. 1 e l’art. 3, n. 1, della decisione impugnata devono essere
annullati. Non occorre quindi esaminare i motivi secondo, terzo e quinto
sollevati dalla Repubblica di Estonia in quanto diretti contro queste
stesse disposizioni.
Sul quarto motivo, fondato sulla violazione del principio di buona
amministrazione
Argomenti delle parti
95 La Repubblica di Estonia fa valere che, in virtù del principio di
buona amministrazione, le istituzioni comunitarie sono tenute ad
adempiere le loro funzioni con cura ed imparzialità. A suo avviso tale
principio dovrebbe applicarsi non soltanto ai loro rapporti con i
singoli, ma anche ai loro rapporti con gli Stati membri. Nel caso di
specie la Commissione non avrebbe tenuto conto di tutti gli elementi
fattuali e delle informazioni fornitile e non avrebbe dunque fatto prova
di una sufficiente diligenza in occasione dell’adozione della decisione
impugnata.
96 Più particolarmente la Repubblica di Estonia addebita alla
Commissione di aver considerato, all’art. 1, n. 2, della decisione
impugnata che il suo piano nazionale di assegnazione di quote era
incompatibile col criterio n. 3 di cui all’allegato III in ragione della
non inclusione, nella quantità totale di quote da assegnare, di un
«accantonamento» di quote, da essa stabilito a norma dell’art. 3, nn. 1
e 2, della decisione della Commissione 13 novembre 2006, 2006/780/CE,
finalizzata ad evitare la doppia contabilizzazione delle riduzioni delle
emissioni di gas serra nell’ambito del sistema comunitario di scambio
delle quote di emissioni per le attività di progetto del protocollo di
Kyoto in applicazione della direttiva (GU L 316, pag. 12). Tale
constatazione della Commissione sarebbe inesatta, in quanto da un
attento esame del piano di assegnazione di quote, ed in particolare dai
suoi allegati 1 e 3, emergerebbe che la Repubblica di Estonia ha
effettivamente incluso nella quantità totale di quote un accantonamento
di quote fissato conformemente all’art. 3, n. 1, della decisione
2006/780.
97 La Commissione nota che l’informazione presentata dalla Repubblica di
Estonia nel suo piano nazionale di assegnazione, segnatamente agli
allegati 1 e 3 di quest’ultimo, relativa all’inclusione di un
«accantonamento» nella quantità totale di quote di emissione, non era
sufficientemente chiara ed era persino contraddittoria. Inoltre i
servizi della Commissione avrebbero addizionato tutte le quantità di
emissioni degli impianti contemplate per il secondo periodo di scambio e
considerate nell’allegato 1 del piano estone di assegnazione di quote.
Tale calcolo non avrebbe permesso di considerare che
dell’«accantonamento» si era tenuto conto in occasione della
determinazione della quantità totale di quote a norma dell’art. 3, nn. 1
o 3, della decisione 2006/780.
98 Per il resto la Commissione rinvia agli argomenti da essa avanzati in
risposta al secondo motivo sollevato dalla Repubblica di Estonia.
Giudizio del Tribunale
99 Occorre osservare che tra le garanzie previste dall’ordinamento
giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi figura in
particolare il principio di buona amministrazione, al quale si ricollega
l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare con cura e
imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenze
del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc.
pag. II-1, punto 86; 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e
a./Commissione, Racc. pag. II-669, punto 34, e 20 marzo 2002, causa
T-31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II-1881, punto
99).
100 Si deve rilevare, in secondo luogo, che la Repubblica di Estonia,
poiché solleva sostanzialmente, nel contesto del presente motivo, i
medesimi vizi da essa fatti valere in quello del secondo motivo, rimette
in questione la fissazione da parte della Commissione del tetto massimo
relativo alla quantità totale di quote da assegnare di cui all’art. 1,
n. 1, all’art. 2, n. 1, ed all’art. 3, n. 1, della decisione impugnata.
Poiché le tre disposizioni in parola sono state già annullate sulla base
del primo motivo, non occorre più statuire su tale parte del presente
motivo.
101 Invece, nei limiti in cui la Repubblica di Estonia addebita alla
Commissione di aver considerato, all’art. 1, n. 2, della decisione
impugnata, che il suo piano nazionale di assegnazione di quote era
incompatibile col criterio n. 3 di cui all’allegato III in ragione della
non inclusione di un «accantonamento» di quote da essa stabilito
conformemente all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780 nella
quantità totale di quote da assegnare, tale parte del motivo sarà
esaminata nei punti che seguono. Dato che l’art. 3 della decisione
2006/780 prevede in realtà la creazione di due distinti accantonamenti,
rispettivamente ai nn. 1 e 2, le due parti dell’accantonamento cui fa
riferimento la Commissione nella decisione impugnata saranno trattate
come due accantonamenti nel seguito della presente sentenza.
102 La Commissione ha sfumato la sua posizione all’udienza, riguardo a
quest’ultima parte del presente motivo. Nelle sue memorie essa sostiene
non soltanto che il piano nazionale di assegnazione era vago quanto agli
accantonamenti previsti all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780,
ma che inoltre risultava dai suoi propri calcoli fondati sugli allegati
di tale medesimo piano che gli accantonamenti in parola non erano stati
inclusi nella quantità totale di quote prevista nel suddetto piano.
Invece, all’udienza, essa ha precisato che, al momento in cui è stata
redatta la decisione impugnata, non risultava con chiarezza, alla
lettura del piano nazionale di assegnazione della Repubblica di Estonia,
e segnatamente dei suoi allegati, se gli accantonamenti summenzionati
fossero stati presi in considerazione ai fini del calcolo della quantità
totale di quote.
103 Deve constatarsi che i valori presentati dalla Repubblica di Estonia
negli allegati del suo piano nazionale di assegnazione sembrano coerenti
e comprensibili e che gli accantonamenti di quote costituiti dalla
Repubblica di Estonia a norma dell’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione
2006/780 sono stati inclusi nella quantità totale di quote da assegnare
prevista in base al piano nazionale di assegnazione, contrariamente a
quanto sostiene la Commissione. Risulta in particolare da una lettura
dell’allegato 1 del piano nazionale di assegnazione e della tabella
figurante alla prima pagina del suo allegato 3 che l’importo di 948 531
tonnellate equivalente CO2 rappresenta la totalità delle quote contenute
nell’accantonamento relativo agli impianti che realizzano attività di
progetti per cui era già stata emessa una lettera di approvazione ai
sensi dell’art. 3, n. 1, della decisione 2006/780. Emerge da tali due
allegati anche che la quantità di quote di 795 026 tonnellate
equivalente CO2 dovrebbe essere compensata dal ritiro di quote a taluni
impianti specifici le cui emissioni sarebbero direttamente ridotte
grazie ai progetti in questione. Risulta da un semplice calcolo
aritmetico, operato a partire dai dati contenuti nei medesimi allegati,
che il saldo dell’accantonamento è pari ad un importo di 153 505
tonnellate equivalente CO2. Dagli allegati in parola discende anche che
tali quantità di quote dovrebbero essere compensate in maniera specifica
attraverso il ritiro di quote ad impianti non ancora individuati, ma
rientranti nel settore della produzione di calore le cui emissioni
sarebbero indirettamente ridotte grazie ai progetti in questione.
104 Parimenti risulta da una lettura combinata dell’allegato 1 del piano
nazionale di assegnazione e della tabella figurante alla seconda pagina
dell’allegato 3 che l’importo di 9 194 742 tonnellate equivalente CO2
rappresenta la totalità delle quote contenute nell’accantonamento
relativo agli impianti che realizzano attività di progetto per cui una
lettera di approvazione non era stata ancora emessa ai sensi dell’art.
3, n. 2, della decisione 2006/780. Emerge dalle spiegazioni fornite in
tale stessa pagina dell’allegato 3 del piano nazionale di assegnazione
che le quantità di quote contenute in tale accantonamento dovrebbero
anche essere compensate da riduzioni di emissioni in taluni impianti non
ancora individuati.
105 È opportuno sottolineare che le quantità di quote incluse nei due
accantonamenti summenzionati sono quindi compensate da riduzioni di
emissioni in taluni impianti delle cui emissioni effettive si tiene pure
conto all’allegato 1 del piano nazionale di assegnazione per calcolare
la quantità totale di quote. L’effetto dell’assegnazione di tali quote
agli accantonamenti è quindi perfettamente neutro poiché si tratta della
quantità totale di quote da assegnare. Ciò posto, se le quantità di
quote comprese in tali accantonamenti non sono defalcate dalla quantità
totale di quote, occorre concludere che esse vi sono necessariamente
incluse.
106 In proposito la somma dei valori indicati all’allegato 1 del piano
nazionale di assegnazione corrispondente alle emissioni di ciascun
impianto elencato è di 112 820 158 tonnellate equivalente CO2. Orbene,
il totale in parola corrisponde precisamente a quello di 112 666 653
tonnellate equivalente CO2 considerato nel calcolo finale figurante
all’ultima pagina del suddetto allegato e corrispondente al totale delle
quote previste per gli impianti che saranno già in attività durante il
periodo dal 2008 al 2012, tranne qualora una quantità di quote di 153
505 tonnellate equivalente CO2 ne sia stata dedotta. Orbene,
quest’ultimo importo corrisponde proprio alla parte dell’accantonamento
costituito conformemente all’art. 3, n. 3, della decisione 2006/780 che
doveva essere compensato in maniera indiretta in impianti non
individuati.
107 Non risulta dagli allegati del piano nazionale di assegnazione per
quali ragioni la Repubblica di Estonia ha considerato che occorresse
defalcare tale importo dalla quantità totale di quote. Conseguentemente
la suddetta parte dell’accantonamento in questione non sembra essere
stata inclusa nella quantità totale di quote calcolata dalla Repubblica
di Estonia. Il piano nazionale di assegnazione pare quanto meno ambiguo
al riguardo.
108 Invece, dal momento che l’altra parte dell’accantonamento costituito
a norma dell’art. 3, n. 1, della decisione 2006/780, cioè una quantità
di quote di 795 026 tonnellate equivalente CO2 nonché la totalità
dell’accantonamento costituito conformemente all’art. 3, n. 2, di tale
decisione non sono state defalcate dalla quantità totale di quote,
deriva dagli elementi del fascicolo che esse sono state fondatamente
incluse in quest’ultima.
109 Non spetta al giudice comunitario determinare in maniera precisa e
definitiva, nell’ambito dell’esame del presente motivo, fondato sulla
pretesa violazione del principio di buona amministrazione, in quale
misura gli accantonamenti in parola sono stati realmente inclusi nella
quantità totale di quote. In tale contesto il giudice comunitario deve
verificare se la Commissione abbia esaminato con cura ed imparzialità
tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.
110 Risulta in proposito da quanto precede che gli elementi del
fascicolo non sembrano armonizzabili con la conclusione accolta della
Commissione nella decisione impugnata secondo cui le quote comprese
negli accantonamenti in questione non sono state incluse nella quantità
totale di quote da assegnare. Inoltre la Commissione non ha chiarito né
nella decisione impugnata né dinanzi al Tribunale su quale base essa sia
arrivata a tale conclusione, poiché quest’ultima si limita ad affermare
nelle sue memorie che i suoi propri calcoli indicavano che ciò non si
verificava e, all’udienza, che non risultava con chiarezza se gli
accantonamenti in questione fossero stati presi in considerazione ai
fini del calcolo della quantità totale di quote. Orbene, all’udienza, la
Commissione, la quale aveva inizialmente chiesto l’autorizzazione di
depositare un documento dinanzi al Tribunale, spiegando che vi erano
descritti i propri calcoli, è in seguito ritornata su tale domanda
indicando che tale elemento non era più rilevante.
111 In assenza di spiegazioni precise relative alle lacune che
presenterebbe il piano nazionale estone di assegnazione o agli errori
che si pretende commessi dalla Repubblica di Estonia in tale piano, la
Commissione non ha provato che i calcoli contenuti nel piano nazionale
estone di assegnazione fossero inficiati da un errore.
112 Alla luce di quanto precede, occorre concludere che la Commissione
non ha esaminato in maniera adeguata il piano nazionale di assegnazione
presentato dalla Repubblica di Estonia, e segnatamente gli allegati 1 e
3, nell’ambito della sua valutazione della questione se gli
accantonamenti previsti all’art. 3, nn. 1 e 2, della decisione 2006/780
fossero inclusi nella quantità totale di quote proposta. Di conseguenza
essa ha violato il principio di buona amministrazione e, pertanto, il
presente motivo è fondato.
113 Occorre quindi annullare l’art. 1, n. 2, e l’art. 2, n. 2, della
decisione impugnata.
Conclusione
114 Come si evince dai punti 31-34 supra, risulta dall’annullamento
dell’art. 1, n. 1, dell’art. 2, n. 1, e dell’art. 3, n. 1, della
decisione impugnata (v. punto 94 supra), e da quello dell’art. 1, n. 2,
e dell’art. 2, n. 2, di tale decisione (v. punto 113 supra), che
quest’ultima dev’essere annullata nella sua totalità. Infatti tali
disposizioni non sono separabili dal resto della decisione impugnata
poiché il loro annullamento modifica la sostanza stessa di quest’ultima.
Sulle spese
115 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione risulta soccombente, occorre condannarla alle spese
conformemente alle conclusioni della Repubblica di Estonia.
116 Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, gli Stati membri
intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. La Repubblica di
Lituania, la Repubblica slovacca ed il Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord sopporteranno quindi le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Settima Sezione)
dichiara e statuisce:
1) La decisione della Commissione 4 maggio 2007, concernente il piano
nazionale di assegnazione di quote di emissione di gas a effetto serra
notificato dalla Repubblica di Estonia per il periodo dal 2008 al 2012,
conformemente alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13
ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica
la direttiva 96/61/CE del Consiglio, è annullata.
2) La Commissione sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute
dalla Repubblica di Estonia.
3) La Repubblica di Lituania, la Repubblica slovacca ed il Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporteranno le proprie spese.
Forwood
Šváby
Moavero Milanesi
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 23 settembre 2009.
Firme
Indice
Contesto normativo
Fatti e procedimento
Conclusioni delle parti
Sulla ricevibilità
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Nel merito
Sul primo motivo, fondato sull’eccesso di potere risultante da
violazioni dell’art. 9, nn. 1 e 3, e dell’art. 11, n. 2, della direttiva
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
- Sulla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la
Commissione
- Sull’esercizio da parte della Commissione delle sue competenze nel
caso di specie
- Sulla scelta delle quantità relative alle emissioni che devono servire
quale punto di partenza ai fini delle previsioni per il periodo dal 2008
al 2012
- Sulla scelta dei metodi utilizzati ai fini delle previsioni
dell’evoluzione delle emissioni tra il periodo di riferimento ed il
periodo dal 2008 al 2012
- Sulle altre ragioni addotte dalla Commissione per giustificare il
rigetto del piano nazionale di assegnazione
Sul quarto motivo, fondato sulla violazione del principio di buona
amministrazione
Argomenti delle parti
Giudizio del Tribunale
Conclusione
Sulle spese
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