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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n.10711



RIFIUTI - Sottoprodotti - Individuazione, criteri, requisiti e condizioni - Definizione legislativa - Mancanza di un requisito - Applicazione della disciplina sui rifiuti - Art. 183, c. 1°, lett. p), D.Lgs. n. 152/2006, come mod. dal D.Lgs. n. 4/2008.
L'articolo 183 lettera p) del decreto legislativo n 152 del 2006, come modificato dal decreto correttivo n 4 del 2008, considera sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1. lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato. La sussistenza delle condizioni indicate deve essere contestuale. La mancanza di una sola di esse rende il residuo di produzione soggetto alla disciplina sui rifiuti. Ai fini del regime derogatorio contemplato per i sottoprodotti, si richiede che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità (Cass. n. 14323/2008; Cass. n. 37303/2006; Cass. n. 14557/2007). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

RIFIUTI - Fanghi provenienti direttamente dallo sfruttamento di cava - Esclusione dalla disciplina dei rifiuti - Gli inerti esaurito il ciclo estrattivo devono considerarsi rifiuti - Fattispecie.
A norma dell'articolo 185 lettera d) del decreto legislativo n 152 del 2006 sono esclusi dalla disciplina prevista per i rifiuti solo i fanghi che provengono direttamente dallo sfruttamento della cava e non pure quelli derivanti da diversa e successiva lavorazione delle materie prime (Cass. n 42966/2005; Cass. n.41584/2007), in altri termini vanno esclusi dalla disciplina sui rifiuti soltanto i materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave nella misura in cui restino entro il ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura: infatti l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali stessi. Gli inerti, ancorché provenienti in origine da una cava, una volta esaurito il ciclo estrattivo, se vengono smaltiti, ammassati ecc. devono considerarsi rifiuti. Nella fattispecie i giudici del merito sulla base degli accertamenti compiuti dai carabinieri hanno escluso che i fanghi potessero provenire dalla prima pulitura degli inerti a seguito dell'attività estrattiva. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

RIFIUTI - Reato di gestione di una discarica abusiva - Configurabilità. Il reato di gestione di una discarica abusiva presuppone l'accertamento delle seguenti condizioni: una condotta non occasionale di accumulo di rifiuti, lo scarico ripetuto, il degrado dell'area, la definitività dell'abbandono dei rifiuti medesimi o di parti di essi. Mancando il requisito dell'abbandono si realizza un deposito preliminare nell'attesa dello smaltimento o del recupero. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Pecetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009 (Ud. 28/01/2009), Sentenza n. 10711

 


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UDIENZA  28.01.2009

SENTENZA N. 180

REG. GENERALE n. 36947/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill. mi Signori


Dott. Ernesto Lupo                             Presidente
Dott. Ciro PETTI                                 Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                          Consigliere
Dott. Margherita MARMO                    Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO                   Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto dal difensore di Pecetti Benito, nato a Perugia il 30 gennaio del 1933;

Pecetti Luca, nato a Perugia il 21 giugno del 1965 e Pecetti Paolo, nato a Perugia l' 8 maggio del 1980, avverso l'ordinanza del tribunale del riesame di Perugia del 6 giugno del 2008;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il procuratore generale nella persona del dott. Francesco Bua, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso ;
letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue


IN FATTO


Il tribunale del riesame di Perugia, con ordinanza del 6 giugno del 2008, rigettava la richiesta avanzata nell'interesse di Pecetti Benito, quale legale rappresentante della società a responsabilità limitata SIMI, e di Pecetti Luca e Pecetti Paolo, avverso il decreto di sequestro preventivo di alcuni terreni di proprietà della SIMI perché pertinenti ai reati di cui agli artt 256 e 260 del decreto legislativo n 152 del 2006, contestati agli attuali ricorrenti.


Il tribunale a fondamento della decisione osservava che il materiale rinvenuto nell'area sequestrata, costituito da fanghi, rivenienti, secondo la prospettazione difensiva, dal lavaggio di materiale inerte, da cumuli di detriti provenienti dalla realizzazione di manufatti in cemento armato nonché da cumuli di altro materiale eterogeneo, costituiva un rifiuto e non un sottoprodotto come sostenuto dalla difesa; che sussisteva l'esigenza cautelare di evitare che sull'area in sequestro potesse essere proseguita l'attività di accumulo di rifiuti.


Ricorrono per cassazione gli indagati per mezzo del comune difensore deducendo:
1) la violazione dell'articolo 321 c.p.p. per l'insussistenza dei presupposti per l'adozione del sequestro, mancando sia il "fumus" dei reati contestati che il pericolo di reiterazione dei medesimi, giacché la situazione dei luoghi non è mutata a seguito del sequestro probatorio dell'area e non v'è il pericolo di aggravamento o prosecuzione del reato.
2) la violazione dell'articolo 183 lettera p) del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni perché il materiale sequestrato non è costituito da rifiuti, ma da sottoprodotti destinati ad essere riutilizzati senza alcun trattamento, in quanto la triturazione alla quale erano sottoposti i detriti in sequestro non può considerarsi trattamento;
3) l'insussistenza della contravvenzione di discarica abusiva perché quel materiale non era destinato all'abbandono;
4) mancata valutazione delle prove documentali esibite dalla difesa, posto che dalla documentazione prodotta emergeva che non trattavasi di materiale destinato all'abbandono


IN DIRITTO


Il ricorso è infondato.


Con riferimento al primo motivo va premesso che il sequestro probatorio, come risulta dalla decisione impugnata, aveva ad oggetto solo il cumulo dei detriti ed era stato disposto per fini istruttori. Quello preventivo ha invece ad oggetto le superfici di pertinenza della SIMI, dove sono stati raccolti i rifiuti, ed è stato disposto al fine di evitare che l'area sequestrata potesse essere utilizzata per depositare ulteriori rifiuti. Non v è quindi incompatibilità tra i due sequestri essendo diverse le finalità e le stesse cose sequestrate.


Precisato ciò, per quanto concerne la sussistenza delle esigenze cautelari poste a base del sequestro, si osserva che nel provvedimento impugnato si è sottolineato che le indagini compiute dopo il primo intervento del NOE avevano evidenziato l'esistenza di un fenomeno di portata più vasta di quella originariamente ipotizzata, giacché si è constatata la ricezione, la gestione e lo smaltimento, in assenza di autorizzazione, di diverse tipologie di rifiuti per quantitativi assai rilevanti. V'era quindi la necessità di evitare la perpetuazione del reato .


Con riferimento al secondo motivo si rileva che in base all'articolo 183 lettera p) del decreto legislativo n 152 del 2006, come modificato dal decreto correttivo n 4 del 2008, sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell' articolo 183, comma 1. lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni:
siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato.


La sussistenza delle condizioni dianzi indicate deve essere contestuale. La mancanza di una sola di esse rende il residuo di produzione soggetto alla disciplina sui rifiuti. Secondo l 'orientamento di questa corte (Cass n 14323 del 2008) in tema di gestione dei rifiuti, ai fini del regime derogatorio contemplato per i sottoprodotti, si richiede che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare (art. 183, comma primo, lett. p), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, come mod. dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4), in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità (cfr nn 37303 del 2006 riv 235076; n14557 del 2007 riv 236375)

Nella fattispecie, nello stesso ricorso si riconosce che i detriti, oltre alla frantumazione, erano sottoposti ad operazioni di epurazione per l'eliminazione del ferro. Inoltre nel piazzale erano raccolti rifiuti vari costituiti non solo da inerti provenienti da residui della lavorazione dei manufatti svolta dalla Generale Prefabbricati, ma anche da inerti provenienti dall'attività di demolizione e costruzione; da rifiuti plastici, da rifiuti in ferro, legno, fanghi, peneumatici fuori uso, ecc. A proposito dei fanghi va precisato che a norma dell'articolo 185 lettera d) del decreto legislativo n 152 del 2006 sono esclusi dalla disciplina prevista per i rifiuti solo i fanghi che provengono direttamente dallo sfruttamento della cava e non pure quelli derivanti da diversa e successiva lavorazione delle materie prime (cfr cass n 42966 del 2005; 41584 del 2007), in altri termini vanno esclusi dalla disciplina sui rifiuti soltanto i materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave nella misura in cui restino entro il ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura: infatti l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali stessi. Gli inerti, ancorché provenienti in origine da una cava, una volta esaurito il ciclo estrattivo, se vengono smaltiti, ammassati ecc devono considerarsi rifiuti. Nella fattispecie i giudici del merito sulla base degli accertamenti compiuti dai carabinieri hanno escluso che quei fanghi potessero provenire dalla prima pulitura degli inerti a seguito dell'attività estrattiva. Siffatto accertamento di merito non è sindacabile in questa sede, posto che il ricorso può essere proposto a norma dell'articolo 325 c.p.p. solo per violazione di legge.


Con riferimento al terzo motivo si osserva che il reato di gestione di una discarica abusiva presuppone l'accertamento delle seguenti condizioni: una condotta non occasionale di accumulo di rifiuti, lo scarico ripetuto, il degrado dell'area, la definitività dell'abbandono dei rifiuti medesimi o di parti di essi. Mancando il requisito dell'abbandono si realizza un deposito preliminare nell'attesa dello smaltimento o del recupero. L'accertamento diretto a stabilire se trattasi di gestione di una discarica o di deposito preliminare spetta al giudice del merito. Per quanto rileva nel presente grado è sufficiente sottolineare che ove non fosse configurabile il reato di realizzazione o gestione di una discarica, sarebbe quanto meno sussistente quello di stoccaggio non autorizzato.


Con il quarto motivo il ricorrente assume che il tribunale aveva omesso di esaminare la documentazione prodotta e per tale omissione aveva ritenuto rifiuto materiale che non era stato destinato all'abbandono. In proposito, ribadito che in questa materia il ricorso non può essere proposto per carenze motivazionali se non si traducono in mancanza assoluta di motivazione, si rileva, da un lato, che il ricorrente non ha indicato in maniera specifica il documento che non sarebbe stato esaminato e, dall'altro, che il tribunale ha dimostrato di avere valutato la documentazione prodotta avendo escluso, per il carattere eterogeneo degli ammassi e per le modalità di conservazione, che quel materiale potesse essere destinato al reimpiego. In ogni caso, anche se parte di quel materiale fosse destinato al recupero, non verrebbero meno le esigenze cautelari poste a base del sequestro per la mancanza di autorizzazioni per lo stoccaggio ed il recupero.


P.Q.M.
LA CORTE


Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali


Così deciso in Roma il 28 gennaio del 2009
Deposito in Cancelleria il 11/03/2009


 


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