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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12478



URBANISTICA ED EDILIZIA - Manufatti interrati (piscina) - Permesso di costruire - Necessità - Fondamento - Art. 44 lett. b), d.P.R. 380/01 - Art. 181, d. Lvo 42/04.
Costituiscono lavori edilizi necessitanti il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso di edificazione di una piscina (Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia). Pres. De Maio, Est. Gazzara, Ric. Varetton. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12478

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Causa di inammissibilità del ricorso - Condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende - Presupposto - Art. 616 c.p.p. - C. Cost. n. 186/2000. Nei casi in cui non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell'art. 616 c.p.p., va condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata (Corte Costituzionale 13/6/2000, sentenza n. 186). Pres. De Maio, Est. Gazzara, Ric. Varetton. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 20/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12478



 


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UDIENZA  05.02.2009

SENTENZA N. 243

REG. GENERALE n.39579/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido DE MAIO                   Presidente
Dott. Mario GENTILE                    Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI      Consigliere
Dott. Guicla I. MÚLLIRI                 Consigliere
Dott. Santi GAZZARA                   Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso proposto da:

Varetton Cinzia, nata a Treviso il 9/1/66

Avverso la ordinanza resa dal Tribunale del Riesame di Treviso il 23/9/08

Visti gli atti, la ordinanza ed il ricorso
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Santi Gazzara
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale, don. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto

osserva
 

RITENUTO IN FATTO


Il Gip presso il Tribunale di Treviso convalidava il sequestro, eseguito d’iniziativa ed in via di urgenza dalla p.g., dell'area corrente in Treviso, Strada Canizzano n. 180, su cui insiste un cantiere per la realizzazione di una piscina interrata, con relativi locali tecnici, contestualmente disponendone il sequestro preventivo, per la ipotesi di reato di cui all'art. 44 lett. b), d.P.R. 380/01 e art. 181, d. Lvo 42/04, a carico di Varetton Cinzia.

Avverso detto provvedimento ha avanzato richiesta di riesame la indagata che il Tribunale di Treviso ha rigettato con ordinanza del 23/9/08.

Propone ricorso per cassazione la difesa della Varetton, con i seguenti motivi:

- mancanza o manifesta illogicità della motivazione non avendo il decidente dato adeguato riscontro alle ragioni che lo hanno determinato a rigettare la istanza di riesame;
- insussistenza del reato di cui all’art. 44, d.P.R. 380/01, per mancanza di necessità del permesso di costruire per la realizzazione di una piscina.
 

RILEVATO IN DIRITTO


Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale, sulla quale si fonda il decisum, si appalesa logica e corretta.

Il giudice del merito ha evidenziato che il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Treviso, a seguito di un accesso effettuato in un cantiere, realizzato in area di proprietà della Varetton, sita in C.da Cannizzano, n. 180, riscontrava alcune irregolarità della procedura amministrativa per la realizzazione di una piscina, nonché delle difformità tra i manufatti in corso di realizzazione e gli elaborati presentati in allegato alla D.I.A., e sottoponeva a sequestro data area. Il decidente ha rilevato sussistere nella fattispecie, allo stato degli atti, il fumus richiesto ai fini della emissione del provvedimento cautelare, in base agli elementi di fatto evidenziati ed anche fotograficamente documentati nella comunicazione della notizia di reato; così come è indubbio che la materiale disponibilità dell'area in sequestro, in capo alla indagata, comporti, proprio in relazione al verosimile e probabile completamento dei lavori, un concreto pericolo di aggravamento delle conseguenze dei reati ipotizzati.

La prima censura mossa in gravame è inammissibile in quanto attiene a vizi di motivazione, la cui contestazione non è proponibile in questa sede, visto l’esplicito dettato normativo dell'art. 325, c.1, c.p.p., che ammette, in tema di provvedimenti applicativi di misure cautelari reali, la proponibilità del ricorso per cassazione solo per denunciare violazione di legge.

Del pari totalmente privo di fondamento si rivela il secondo motivo di impugnazione, rilevato che, contrariamente all'assunto della difesa della Varetton, costituiscono lavori edilizi necessitanti il preventivo rilascio del permesso di costruire non solo quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi, come nel caso di edificazione di una piscina ( Cass. 29/4/03, Agresti; Cass. 27/9/2000, Cimaglia ).

La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la Varetton abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, a norma dell'art. 616 c.p.p., va condannata al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, in euro 1.000,00.

P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 5/2/09.

Deposito in Cancelleria il 20/03/2009.


 


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