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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Disciplina applicabile - Reg. n.
1774/2002/CE - Artt. 183, c.1° lett. n) e 185, D. Lgs n. 152/06 - Art. 22 D. Lgs.
n. 4/2008 - Dir. n. 2008/98/CE. Gli scarti di origine animali sono sottratti
alla applicazione della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente
soggetti al Regolamento CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente
qualificabili come sottoprodotti, ai sensi dell'art. 183, comma primo lett. n),
del D. Lgs n. 152/06, mentre in ogni altro caso in cui il produttore se ne sia
disfatto per destinarli allo smaltimento restano soggetti alla disciplina del
Testo Unico in materia ambientale. Gli enunciati principi di diritto inoltre
trovano applicazione sia con riferimento al testo originario dell'art. 185 del
D. Lgs. n. 152/06, che alla nuova formulazione dell'articolo introdotta
dall'art. 22 del D. Lgs 16.1.2008 n. 4, dovendo essere privilegiata quella
interpretazione delle norme nazionali che sia conforme al diritto comunitario e
trovando, peraltro, detta interpretazione, in relazione al secondo comma
dell'articolo 185, nella formulazione previgente, un puntuale riscontro
testuale, stante il riferimento della norma all'ambito di applicazione ivi
indicato" (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo profilo sanitario
e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento. Infine, va, rilevato
che la recente Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19.11.2008
n. 2008/98/CE, non risulta avere affatto modificato gli enunciati principi di
diritto che regolano il concorso tra la disciplina sanitaria della gestione dei
sottoprodotti di origine animale e la normativa in materia di rifiuti, in quanto
la esclusione del principio di specialità trova puntuale riscontro proprio nelle
disposizioni in essa contenute. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009),
Sentenza n. 12844
RIFIUTI - Gestione degli scarti di origine animale - D. Lgs. n. 508/1992 e
Dir. n. 90/667/CEE - Rapporto di specialità - Esclusione - D. Lgs n. 22/1997 -
D. Lgs. n. 508/92 - Tutela degli interessi sanitari e di polizia sanitaria -
Reg. n. 1774/2002/CE - D. Lgs n. 152/06. Nella vigenza del D. Lgs 14
dicembre 1992 n. 508 (di attuazione della Direttiva n. 90/667/CEE), non sussiste
rapporto di specialità tra detta normativa in materia di scarti di origine
animale e quella che disciplina la gestione dei rifiuti, di cui al D. Lgs n.
5.2.1997 n. 22, atteso che il citato D. Lgs. n. 508/92 ha come proprio obiettivo
la tutela degli interessi sanitari e di polizia sanitaria che riguardano la fase
di trasformazione dei predetti scarti di origine animale, con esclusione dei
profili di gestione afferenti al loro smaltimento (cfr. Cass. sez. III,
200208520; Cass. sez. III, 5.5.2004 n. 26851, Milone). Tale indirizzo
interpretativo è stato, poi, reiteratamente ribadito all'entrata in vigore del
Regolamento CE n. 1774 del 2002 in tema di gestione di sottoprodotti di origine
animale e della normativa di cui al D. Lgs 3.4.2006 n. 152, in tema di gestione
dei rifiuti, avendo la giurisprudenza di legittimità riaffermato che le
disposizioni di settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano
esclusivamente i profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le
attività di gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane
l'operatività della disciplina generale in materia (Cass. sez. III, 27.3.2007 n.
21095, Guerrini ed altro; Cass. sez. III, 26.1.2007 n. 21676, Zanchin e altro).
Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
RIFIUTI - Sottoprodotti di origine animale - Significato di "carogna" -
Disciplina attualmente vigente - Reg. n. 1774/2002/CE - D. Lgs n. 508/1992.
La disciplina attualmente vigente, in tema di sottoprodotti di origine animale
evidenzia che solo con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il
termine sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di
origine animale utilizzata nel D. Lgs n. 508/92. Il significato di "carogna" non
è del tutto sovrapponibile a quello di sottoprodotto di origine animale
contemplato nel Regolamento CE n. 1774/2002 (le carogne sono i corpi di animali
morti, mentre i sottoprodotti di origine animale, ai sensi dell'art. 2, comma 1
lett. a), del Regolamento sono sia i corpi interi, sia parti di animali o
prodotti di origine animale non destinati al consumo, secondo le specificazioni
contenute nella citata disposizione ed in quelle cui rinvia). Pres. De Maio,
Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
RIFIUTI - Nozione di sottoprodotto - Giurisprudenza comunitaria e nazionale -
Art. 183, c. 1° lett. n), D. Lgs n. 152/06 - Nozione di rifiuto. Si
intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai sensi
dell'art. 183, comma primo lett. n), del D. Lgs n. 152/06 i materiali risultanti
dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto proprio del ciclo
produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad ulteriore
impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza l'intervento
di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente). Inoltre, la
nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere
interpretate in senso restrittivo, (Cass. sez. III, 200208520, Leuci), mentre
devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le esclusioni di
determinate sostanze dall'ambito di applicazione della disciplina generale sui
rifiuti. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
RIFIUTI - Carogne di animali - Disciplina - Tutela ambientale e sanitaria -
Reg. n. 1774/2002/CE. Le carogne sono escluse dalla disciplina generale sui
rifiuti solo in quanto regolate da altre disposizioni normative che assicurano
tutela ambientale e sanitaria. Poiché il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura
solo una tutela sanitaria per le carogne e per i sottoprodotti di origine
animale, la materia delle carogne - in quanto tali - è sempre inclusa nella
disciplina generale sui rifiuti, che assicura anche la tutela ambientale. Pres.
De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Direttive e Regolamenti CE - Differenza -
c.d. self-executing. Le Direttive della Comunità Europea, a
differenza dei Regolamenti CE e delle pronunce della Corte di Giustizia, non
sono "self-executing", ma necessitano di appositi atti normativi per
essere introdotte negli ordinamenti dei singoli Stati appartenenti alla
Comunità. Pres. De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Applicazione delle misure cautelari reali -
Presupposti - Sequestro e confisca - Valutazione del giudice - Art. 273 c.p.p. -
Art. 321, 2° c., c.p.p.. Ai fini della verifica della sussistenza delle
condizioni per l'applicazione delle misure cautelari reali, è preclusa ogni
valutazione in ordine alla esistenza degli indizi di colpevolezza e della
gravità degli stessi, non essendo estensibili al sequestro le condizioni
previste dall'art. 273 c.p.p. per l'applicazione delle misure restrittive della
libertà personale. La valutazione del giudice inoltre deve essere limitata al
controllo della compatibilità della fattispecie concreta oggetto di indagine con
quella di reato ipotizzata secondo le prospettazioni della pubblica accusa
(Cass. sez. un. 23.4.1993 n.4, Gifuni; Cass. sez. un. 4.5.2000 n.7, Mariano).
Inoltre ai sensi dell'art. 321,comma secondo, c.p.p. la suscettibilità di
confisca giustifica di per sé il sequestro della cosa pertinente a reato. Pres.
De Maio, Est. Lombardi, Ric. De Angelis ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 24/03/2009 (Ud. 05/02/2009), Sentenza n. 12844
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UDIENZA 05.02.2009
SENTENZA N. 234
REG. GENERALE n. 35523/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Guicla Immacolata MULLIRI Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
Sui ricorsi proposti dall'Avv. Michele Sarno, difensore di fiducia di De Angelis
Ferdinando, n. a Cava dei Tirreni il 24.11.1950, dall'Avv. Matteo Scarlata,
difensore di fiducia di Salerno Gaetano, n. a Napoli il 26.2.1969, e di Del
Vecchio Giuseppe, n. a Bari il 4.11.1953, e da Cinefra Roberto, n. a Francavilla
Fontana l'1.6.1984, avverso l'ordinanza in data 5.6.2008 del Tribunale di
Brindisi, in funzione di giudice del riesame, con la quale, in accoglimento
dell'appello del P.M. avverso il provvedimento del G.I.P. in data 5.5.2008, è
stato disposto il sequestro preventivo di un autocarro e di alcuni stabilimenti
industriali.
-
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
-
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
-
Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
-
Udito il difensore di Salerno Gaetano e Del Vecchio Giuseppe, Avv. Matteo
Scarlata, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
-
Udito il difensore di Cinefra Roberto, Avv. Ubaldo Papalia, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Brindisi, in funzione di giudice del riesame, in accoglimento dell'appello del P.M. avverso il provvedimento del G.I.P. in data 5.5.2008, ha disposto il sequestro preventivo dell'autocarro tg. CD197HN di proprietà della Meridional Leathers di Cinefra Roberto, degli stabilimenti DEABAN S.p.A., MI.S0 S.r.l., DEL VECCHIO L.&.G. S.n.c. di Del Vecchio Giuseppe, nonché dei mattatoi Sud Allevamenti S.r.l., Mondial Carni S.r.l. e Intercarni S.r.l. in relazione ai reati: a) di cui all'art. 416 c.p.; b) di cui agli art. 81 cpv., 110, 112 n. 1 e 2 c.p. e 260 del D. Lgs n. 152/06; c) di cui agli art. 81 cpv., 110 c.p. e 256, comma primo lett. a), del D.Lgs n. 152/06, oggetto di indagine a carico di Cinefra Luigi, quale legale rappresentante della Cinefra Pelli S.r.l., Cinefra Vito Rocco, quale legale rappresentante della società Nuova Centro Pelli di Cinefra Vito Rocco S.n.c., Cinefra Vincenzo, quale trasportatore, dipendente della ditta Cinefra Pelli S.r.l, Angrisani Alfonso, quale legale rappresentante della Deaban S.r.l., Milone Leopoldo, quale socio e gestore di fatto della MILO S.r.l, Del Vecchio Giuseppe, quale legale rappresentante del centro di transito e stoccaggio Del Vecchio L. & Del Vecchio G. S.n.c., per essersi costoro associati per commettere più delitti di traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da sottoprodotti di origine animale (SOA), appartenenti alla categoria 1 (CER 020202 - scarti di tessuti animali) ed alla categoria 3 (CER 020203 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione) che, prelevati da vari macelli, venivano gestiti illegalmente mediante le condotte integranti il reato fine di cui all'art. 260 del D. Lgs n. 152/06, nonché tutti i predetti indagati effettuato, nelle indicate qualità, attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi senza le prescritte autorizzazioni.
Si osserva nell'ordinanza che il G.I.P., sulla base delle risultanze delle
indagini effettuate dal Corpo Forestale dello Stato, non aveva espresso dubbi in
ordine alla sussistenza dei fatti ascritti agli indagati, ma aveva escluso la
configurabilità dei reati ipotizzati dalla pubblica accusa, ritenendo che i
sottoprodotti di origine animale sono disciplinati esclusivamente dal
Regolamento CE n. 1774/2002, che prevede una disciplina derogatoria rispetto al
D.Lgs n. 152/06.
Secondo il provvedimento del G.I.P., in particolare, l'art. 185, comma secondo,
del D. Lgs n. 152/06, vigente all'epoca dei fatti, prima della sua abrogazione,
conseguente alla nuova formulazione della norma di cui al D. Lgs n. 4 del 2008,
faceva espressamente salva, con riferimento ai sottoprodotti di origine animali,
la disciplina prevista dal citato Regolamento CE.
L'ordinanza impugnata, dopo avere estensivamente riportate le risultanze delle
indagini, ha affermato che, al contrario, non sussiste un rapporto di specialità
tra la normativa di cui al D.Lgs n. 152/06 ed il citato Regolamento Comunitario,
disciplinando quest'ultimo esclusivamente i profili sanitari e di polizia
veterinaria nella gestione dei sottoprodotti di origine animale con la
conseguente configurabilità dei reati oggetto di indagine.
Sul punto è stato anche rilevato che i SOA di categoria 1, in quanto
potenzialmente dannosi per la salute, non possono subire, per espressa
previsione dell'art. 4 del Regolamento CE n. 1774/02, alcun trattamento diverso
dalla eliminazione e che gli indagati avevano altresì proceduto alla illecita
miscelazione dei SOA di categoria 1 con quelli di altre categorie,
potenzialmente destinati anche al consumo umano, con la conseguente pericolosità
della condotta posta in essere.
Sono state, infine, ritenute sussistenti le esigenze cautelari, rilevandosi, con
riferimento al mezzo di trasporto, che lo stesso è suscettibile di confisca
obbligatoria e, con riferimento agli impianti, l'esistenza del pericolo di
reiterazione della condotta criminosa.
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori degli indagati di cui in
epigrafe, che la denunciano per violazione di legge e vizi della motivazione.
Con vari mezzi di annullamento la difesa del De Angelis denuncia:
1) violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta
applicabilità del D. Lgs n. 152/06, invece della normativa comunitaria prevista
dal Regolamento CE n. 1774/2002. Si deduce che i SOA non possono essere
considerati rifiuti, ma devono essere assimilati alle carogne animali e, per
tale motivo, sono sottratti alla normativa in materia di rifiuti fino al loro
ingresso negli inceneritori o nelle discariche; che, in caso contrario, si
verificherebbe una duplicazione nella disciplina della stessa materia.
2) Insussistenza di elementi idonei a configurare il reato di cui all'art. 416
c.p., non essendo emersa dalle indagini l'esistenza di una stabile
organizzazione, né la preordinazione di un progetto criminoso, ma solo
comportamenti sviluppatisi nell'ambito di rapporti tra due persone.
3) Inesistenza delle esigenze cautelari. Sul punto si deduce che la società
Deaban è amministrata da oltre un anno da una persona diversa da quella indagata
ed ha interrotto ogni rapporto legato allo smaltimento dei SOA.
Con il primo mezzo di annullamento il Cinefra Roberto, denuncia la violazione di
norme processuali, nonché degli art. 416 c.p. e 185 del D. Lgs n. 152/06.
Si deduce in primo luogo che il ricorrente, non risultando persona sottoposta
alle indagini, non poteva essere attinto da alcuna misura cautelare.
Nel prosieguo del motivo di gravame, previa analisi degli elementi costitutivi
del delitto di associazione per delinquere, si deduce che dalle indagini non è
emerso alcun dato sintomatico dell'esistenza di un'organizzazione criminale e
che l'ordinanza del riesame non indica alcun elemento di prova dell'esistenza
della associazione, anche con riferimento all'elemento soggettivo della
consapevole partecipazione degli indagati ad un sodalizio criminoso. Si deduce,
infine, che i SOA trovano la loro esclusiva disciplina nel Regolamento CE n.
1774/02 e che gli stessi non possono essere qualificati rifiuti, diventando tali
solo dopo l'incenerimento. Si osserva in particolare che la inapplicabilità
della disciplina in materia di rifiuti trova il suo fondamento normativo
nell'art. 185 del D. Lgs n. 152/06, nella formulazione vigente all'epoca dei
fatti; che l'interpretazione della norma nei sensi indicati nel provvedimento
del G.I.P trova riscontro nella sua successiva riformulazione, effettuata dal
legislatore proprio al fine di adeguare la normativa interna a quella
comunitaria dopo che la Corte di Giustizia Europea aveva dichiarato l'Italia, a
causa di vari provvedimenti, inadempiente agli obblighi derivanti dalla
direttiva in materia di rifiuti.
Si denuncia infine la assoluta carenza di motivazione dell'ordinanza in ordine
alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 260 del
D. Lgs n. 152/06 con particolare riferimento all'elemento psicologico del dolo
specifico richiesto dalla norma.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell'art. 274
c.p.p. e la carenza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla
esistenza delle esigenze cautelari, deducendosi che il sequestro non può essere
giustificato dalla sola suscettibilità di confisca del mezzo di trasporto.
Con quattro motivi di ricorso sostanzialmente identici la difesa di Del Vecchio
e del Salerno denuncia, con il primo di detti motivi, violazione ed erronea
applicazione di legge.
Dopo aver richiamato il quadro normativo antecedente al D. Lgs n. 508/92, in
applicazione del quale gli scarti di origine animale erano stati regolamentati
esclusivamente dalle norme sanitarie e di polizia veterinaria, si osserva che un
elemento di confusione in ordine alla disciplina da applicarsi è stato
introdotto proprio dalla definizione di "rifiuti di origine animali" attribuita
dal citato testo legislativo ai predetti scarti; che, però, sul piano
amministrativo, vari provvedimenti di volta in volta emanati dai ministeri di
sanità ed ambiente direttamente interessati e da altre autorità competenti hanno
sempre chiarito che gli scarti di origine animale non sono soggetti al campo di
applicazione della normativa sui rifiuti.
Con riferimento al più recente D. Lgs. n. 152/06 si osserva che i sottoprodotti
di origine animale non sono inclusi nell'elencazione dei rifiuti contenuta
nell'art. 177, che, peraltro fa salve le disposizioni specifiche, particolari o
complementari, adottate in attuazione di direttive comunitarie, che disciplinano
la gestione di determinate categorie di rifiuti.
Si aggiunge che l'art. 185, comma secondo, del predetto decreto legislativo
espressamente stabilisce che "Resta ferma la disciplina di cui al Regolamento CE
n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 ottobre 2002 recante
norme sanitarie relative a sottoprodotti di origine animale non destinati al
consumo umano, che costituisce disciplina esaustiva ed autonoma nell'ambito del
campo di applicazione ivi indicato".
Si deduce, quindi, che ai sensi di tale disposizione, vigente all'epoca dei
fatti, il provvedimento del G.I.P. aveva correttamente escluso, sulla base di
una diffusa motivazione che si riporta nel motivo di gravame, la applicabilità
delle norme in materia di rifiuti di cui al citato testo legislativo ai
sottoprodotti di origine animale.
Si osserva inoltre sul punto che il Regolamento CE n. 1774/02 impone specifiche
autorizzazioni ed obblighi, sicché, ritenendosi applicabile anche la normativa
in materia di rifiuti, ogni attività risulterebbe soggetta ad una duplice
autorizzazione.
Si aggiunge che la questione di cui si tratta aveva data luogo ad
interpretazioni contrastanti da parte di questa Corte e che secondo una più
recente pronuncia, della quale si riporta quasi integralmente la motivazione, la
normativa in materia di rifiuti trova applicazione solo con riferimento allo
smaltimento dei residui derivanti da operazioni di incenerimento dei
sottoprodotti di origine animale.
Si conclude, affermando che i sottoprodotti di origine animale, a qualsiasi
categoria appartengano, sono esclusivamente soggetti alle disposizioni dettate
dal citato Regolamento CE, la cui violazione è attualmente sanzionata dal D. Lgs.
21.2.2005 n. 36.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la inesistenza dei gravi indizi
di colpevolezza, deducendosi che la tesi accusatoria non trova riscontro in
puntuali risultanze degli accertamenti di polizia giudiziaria, riferibili ad un
unico episodio, ma poggia su basi meramente ipotetiche, scaturenti da fonti
confidenziali e da interpretazioni estensive delle intercettazioni telefoniche.
Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la inesistenza dei presupposti
per la contestazione del delitto di cui all'art 416 c.p., deducendosi la non
configurabilità di detta fattispecie, sia quale conseguenza della
inapplicabilità delle disposizioni di cui all'art. 260 del D. Lgs. n. 152/06,
sia in base al rilievo che dalle indagini e dalle intercettazioni telefoniche
sono esclusivamente emersi singoli rapporti tra le parti interessate con
esclusione di qualsiasi vincolo associativo.
Con l'ultimo motivo si denuncia, infine l'inesistenza delle esigenze cautelari,
evidenziando la gravità delle conseguenze della misura del sequestro sul
complesso aziendale che ne è oggetto e facendosi rilevare che lo stesso
provvedimento del G.I.P. aveva in proposito, in ogni caso, espresso riserve in
ordine alla configurabilità dell'elemento soggettivo dei delitti ipotizzati,
quale conseguenze delle incertezze interpretative in ordine al quadro normativo
applicabile.
Con memoria depositata il 14.1.2009 la difesa dei ricorrenti Salerno e Del
Vecchio ha sostanzialmente ribadito le precedenti argomentazioni in ordine alla
non applicabilità delle disposizioni in materia di rifiuti ai sottoprodotti di
origine animale, ripercorrendo l'evoluzione dei testi legislativi che hanno
regolamentato, sempre separatamente, tali materie.
Si ribadisce inoltre che un elemento di confusione in ordine alla disciplina
applicabile agli scarti di origine animale è derivata dalla definizione di
rifiuti attribuita agli stessi dal D.Lgs n. 508/92, ma che tale elemento di
confusione doveva ritenersi eliminato dal chiaro disposto di cui all'art. 185,
secondo comma, del D. Lgs. n. 152/06, che riserva alla normativa dettata dal
Regolamento CE n. 1774/2002 la disciplina da applicarsi ai sottoprodotti di
origine animale.
Si osserva infine che il Parlamento europeo, al fine di introdurre elementi di
chiarezza in ordine all'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti, ha
emanato in materia l'ulteriore direttiva del 19.11.2008 n. 2008/98/CE, che
abroga precedenti direttive e definisce ulteriormente alcuni concetti basilari
in materia.
Tale Direttiva, dopo aver precisato, al punto 13, che, nel caso in cui i
sottoprodotti di origine animale presentino rischi potenziali per la salute, lo
strumento giuridico idoneo per far fronte a tali rischi è il Regolamento CE n.
1774/2002 e che dovrebbero essere evitate sovrapposizioni inutili con la
normativa in materia di rifiuti, con l'art. 2, punto 2 lett. b) ha espressamente
escluso dall'ambito di applicazione della direttiva sui rifiuti i sottoprodotti
di origine animale.
Si aggiunge, infine, che l'autonomia delle due normative risulta evidenziata
dalla attribuzione delle competenze in materia di autorizzazioni e controlli ad
organi ed enti diversi.
Con memoria difensiva depositata il 29.1.2009 il Cinefra ha, a sua volta,
ribadito le precedenti deduzioni di cui al ricorso.
I ricorsi non sono fondati.
La giurisprudenza prevalente di questa Suprema Corte, con un'unica pronuncia di
segno diverso, (sez. III, 200329236, Miccoli, RV 225419), ha reiteratamente
affermato, nella vigenza del D. Lgs 14 dicembre 1992 n. 508 (di attuazione della
Direttiva n. 90/667/CEE), che non sussiste rapporto di specialità tra detta
normativa in materia di scarti di origine animale e quella che disciplina la
gestione dei rifiuti, di cui al D. Lgs n. 5.2.1997 n. 22, atteso che il citato
D. Lgs. n. 508 ha come proprio obiettivo la tutela degli interessi sanitari e di
polizia sanitaria che riguardano la fase di trasformazione dei predetti scarti
di origine animale, con esclusione dei profili di gestione afferenti al loro
smaltimento (cfr. sez. III, 200208520, Leuci, RV 221273; sez. III, 5.5.2004 n.
26851, Milone, RV 230102).
Tale indirizzo interpretativo è stato, poi, reiteratamente ribadito da questa
Suprema Corte successivamente all'entrata in vigore del Regolamento CE n. 1774
del 2002 in tema di gestione di sottoprodotti di origine animale e della
normativa di cui al D. Lgs 3.4.2006 n. 152, in tema di gestione dei rifiuti,
avendo la giurisprudenza di legittimità riaffermato che le disposizioni di
settore riguardanti i sottoprodotti di origine animale regolano esclusivamente i
profili sanitari e di polizia veterinaria, rimanendo escluse le attività di
gestione degli scarti, in quanto rifiuti, per le quali permane l'operatività
della disciplina generale in materia. (sez. III, 27.3.2007 n. 21095, Guerrini ed
altro, RV 236744; sez. III, 26.1.2007 n. 21676, Zanchin e altro, RV 236703)
In particolare questa Corte si è occupata, ancor più di recente, del rapporto
tra le disposizioni dettate dal citato Regolamento CE, in materia di
sottoprodotti di origine animale, e la normativa generale, che disciplina la
gestione e lo smaltimento di rifiuti proprio con riferimento alla stessa vicenda
di cui ci si occupa, in relazione alla applicazione di misure cautelari
personali (sez. III, sentenza n. 45057/08 del 4.11.2008, Cinefra ed altri),
esaminando in termini assolutamente esaustivi la successione delle leggi e dei
provvedimenti della Comunità europea che hanno disciplinato entrambe le materie
e del rapporto esistente tra le stesse, non configurabile affatto in termini di
specialità.
Orbene, tralasciando il riferimento alla successione dei provvedimenti
normativi, ampiamente riportati nella citata pronuncia, le cui argomentazioni
sono condivise dal Collegio, è stato osservato nella stessa, in relazione alla
legislazione attualmente vigente, che:
1) solo con il Regolamento CE n. 1774/2002 è stato adottato il termine
sottoprodotti di origine animale, abbandonando quello di rifiuti di origine
animale utilizzata nel D. Lgs n. 508/92;
2) si intendono per sottoprodotti, secondo la giurisprudenza comunitaria ed ai
sensi dell'art. 183, comma primo lett. n), del D. Lgs n. 152/06 i materiali
risultanti dal processo produttivo, che pur non costituendo l'oggetto proprio
del ciclo produttivo, scaturiscono da esso e sono destinati dal produttore ad
ulteriore impiego o al consumo (il riutilizzo, però, deve essere certo, senza
l'intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l'ambiente);
3) il significato di "carogna" non è del tutto sovrapponibile a quello di
sottoprodotto di origine animale contemplato nel Regolamento CE n. 1774/2002 (le
carogne sono i corpi di animali morti, mentre i sottoprodotti di origine
animale, ai sensi dell'art. 2, comma 1 lett. a), del Regolamento sono sia i
corpi interi, sia parti di animali o prodotti di origine animale non destinati
al consumo, secondo le specificazioni contenute nella citata disposizione ed in
quelle cui rinvia);
4) la nozione di rifiuto e le espressioni che la qualificano non possono essere
interpretate in senso restrittivo, come peraltro reiteratamente affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte (cfr. cit. sez. III, 200208520, Leuci, RV
221273), mentre devono formare oggetto di interpretazione restrittiva le
esclusioni di determinate sostanze dall'ambito di applicazione della disciplina
generale sui rifiuti.
Dalle riportate puntualizzazioni la pronuncia di questa Corte ha desunto:
"a) le carogne sono escluse dalla disciplina generale sui rifiuti solo in
quanto regolate da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale
e sanitaria;
b) poiché il Regolamento CE n. 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per
le carogne e per i sottoprodotti di origine animale, la materia delle carogne -
in quanto tali - è sempre inclusa nella disciplina generale sui rifiuti, che
assicura anche la tutela ambientale;
c) resta ferma la disciplina sanitaria dettata dal Regolamento n. 1774/2002 in
materia di sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano, e
quindi anche delle carogne, se e in quanto configurabili come sottoprodotti e
non come rifiuti, dovendosi intendere questa disciplina come esaustiva ed
autonoma in ordine al profilo sanitario;"
In conclusione gli scarti di origine animali sono sottratti alla applicazione
della normativa in materia di rifiuti ed esclusivamente soggetti al Regolamento
CE n. 1774/2002, solo se sono effettivamente qualificabili come sottoprodotti,
ai sensi dell'art. 183, comma primo lett. n), del D. Lgs n. 152/06, mentre in
ogni altro caso in cui il produttore se ne sia disfatto per destinarli allo
smaltimento restano soggetti alla disciplina del Testo Unico in materia
ambientale.
Gli enunciati principi di diritto inoltre trovano applicazione sia con
riferimento al testo originario dell'art. 185 del D. Lgs. n. 152/06, che alla
nuova formulazione dell'articolo introdotta dall'art. 22 del D. Lgs 16.1.2008 n.
4, dovendo essere privilegiata quella interpretazione delle norme nazionali che
sia conforme al diritto comunitario e trovando, peraltro, detta interpretazione,
in relazione al secondo comma dell'articolo 185, nella formulazione previgente,
un puntuale riscontro testuale, stante il riferimento della norma all'ambito di
applicazione ivi indicato" (dal Regolamento CE n. 1774/2002) e, quindi, al solo
profilo sanitario e di polizia sanitaria disciplinato da detto Regolamento.
Va, infine, rilevato che la recente Direttiva del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 19.11.2008 n. 2008/98/CE, citata nella memoria del difensore dei
ricorrenti Salerno e Del Vecchio, non risulta avere affatto modificato gli
enunciati principi di diritto che regolano il concorso tra la disciplina
sanitaria della gestione dei sottoprodotti di origine animale e la normativa in
materia di rifiuti, in quanto la esclusione del principio di specialità trova
puntuale riscontro proprio nelle disposizioni richiamate dal ricorrente.
L'art. 2, punto 2, della citata Direttiva, infatti, dispone: "Sono esclusi
dall'ambito di applicazione della presente direttiva nella misura in cui sono
contemplati da altra normativa comunitaria: "lett. b) "sottoprodotti di origine
animale, compresi i prodotti trasformati contemplati dal Regolamento CE n.
1774/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in
discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di
compostaggio."
E' agevole, quindi rilevare che la deroga in favore di altra normativa
comunitaria è riferita alla materia disciplinata dalla stessa (nella specie
profili sanitari e di polizia veterinaria) e che la esclusione dall'ambito dei
rifiuti, in ogni caso, non riguarda i sottoprodotti di origine animale destinati
alle varie forme di smaltimento citate dalla norma (incenerimento, smaltimento
in discarica, utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio)
e, cioè, quegli scarti di origine animale che devono essere qualificati rifiuti
in base alla nozione dettata in materia dalla corrispondente normativa.
Va peraltro e in ogni caso osservato che le Direttive della Comunità Europea, a
differenza dei Regolamenti CE e delle pronunce della Corte di Giustizia, non
sono "self-executing", ma necessitano di appositi atti normativi per
essere introdotte negli ordinamenti dei singoli Stati appartenenti alla
Comunità.
Sicché la indicazione contenuta nel punto 13 della premessa, in ordine alla
necessità di applicare il Regolamento (CE) n. 1774/2002 ai sottoprodotti di
origine animale pericolosi per la salute, con l'esclusione di inutili
sovrapposizioni con la normativa in materia di rifiuti, è evidentemente dettata
dalla necessità di privilegiare il profilo sanitario della regolamentazione in
tale ipotesi e, peraltro, detta precisazione ha esclusivo valore di indirizzo
della legislazione da adottarsi in materia, come reso manifesto dallo stesso uso
del condizionale nella formulazione della premessa.
Osserva, quindi, la Corte, alla luce degli enunciati principi di diritto; che
l'ordinanza impugnata ha correttamente ravvisato la sussistenza di sufficienti
elementi atti a configurare i reati oggetto di indagine, essendo emerso da
queste ultime, le cui risultanze sono ampiamente riportate nel provvedimento,
che gli indagati, in assenza delle prescritte autorizzazioni, ricevevano dai
vari macelli ingenti quantitativi di scarti di macellazione, da qualificarsi
come rifiuti, in quanto il produttore degli stessi se ne era disfatto, e che
detti scarti erano destinati direttamente, o a seguito di operazioni di
trasformazione in farine animali, da inquadrarsi anche esse tra quelle proprie
del ciclo di gestione dei rifiuti, allo smaltimento.
A tali attività, peraltro, si aggiungevano, secondo quanto riportato
nell'ordinanza, altre di miscelazione di SOA di categoria 1), obbligatoriamente
destinati alla eliminazione, ai sensi dell'art. 4, comma secondo, del
Regolamento CE 1774/2002, con SOA di altre categorie per destinarli al
riutilizzo con conseguente pericolo per la salute umana.
In ordine alle contestazioni dei ricorrenti sul punto della configurabilità di
tutti i reati oggetto di indagine è appena il caso di ricordare il consolidato
indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, secondo il quale, ai fini
della verifica della sussistenza delle condizioni per l'applicazione delle
misure cautelari reali, è preclusa ogni valutazione in ordine alla esistenza
degli indizi di colpevolezza e della gravità degli stessi, non essendo
estensibili al sequestro le condizioni previste dall'art. 273 c.p.p. per
l'applicazione delle misure restrittive della libertà personale. La valutazione
del giudice inoltre deve essere limitata al controllo della compatibilità della
fattispecie concreta oggetto di indagine con quella di reato ipotizzata secondo
le prospettazioni della pubblica accusa. (sez. un. 23.4.1993 n. 4, Gifuni; sez.
un. 4.5.2000 n. 7, Mariano, RV 215840 ed altre)
Appaiono, pertanto, inconferenti le deduzioni dei ricorrenti in ordine
all'inesistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed alla carenza di motivazione
dell'ordinanza con riferimento all'elemento soggettivo dei reati, il cui
accertamento è riservato al giudizio di merito, salve le ipotesi in cui sia già
emersa dalle indagini con certezza la sua inesistenza.
Va solo precisato che la configurabilità dei reati in materia di gestione
illecita dei rifiuti costituiti dagli scarti di origine animale giustifica, in
ogni caso, l'adozione delle misure cautelari, sicché si palesa inconferente la
eventuale fondatezza della censura per carenza di motivazione della ordinanza in
ordine alla individuazione degli elementi costitutivi del reato di cui all'art.
416 c.p.,il cui accertamento peraltro ha già formato oggetto di adeguata
valutazione nel giudizio afferente alle misure cautelari personali.
Va, ancora, rilevato, con riferimento ai motivi di gravame del Cinefra, che il
ricorrente figura tra le persone indagate per i reati di cui si tratta e,
peraltro, le misure cautelari reali sono giustificate dalla pertinenza al reato
delle cose sottoposte a vincolo, mentre a nulla rileva l'appartenenza delle
stesse a persona estranea alla commissione dell'illecito. Inoltre ai sensi
dell'art. 321,comma secondo, c.p.p. la suscettibilità di confisca giustifica di
per sé il sequestro della cosa pertinente a reato.
Le ulteriori censure dei ricorrenti in ordine alla sussistenza delle esigenze
cautelari, che, in ogni caso, hanno formato oggetto di adeguata motivazione
nell'ordinanza, attengono a profili di merito, non suscettibili di valutazione
in sede di legittimità e, peraltro, le eventuali modificazioni della situazione
che ha giustificato l'adozione della misura reale devono essere fatte valere, ai
sensi dell'art. 321, comma terzo, c.p.p., in sede di richiesta di restituzione
delle cose sottoposte a sequestro.
I ricorsi, pertanto, devono essere rigettati.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 5.2.2009.
Deposito in Cancelleria il 24/03/2009
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