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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 29/04/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 17862
ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico sul suolo - Divieto - Deroga - Condizioni
- Artt. 137 c. 11, 103 e 104 D.L.vo n. 152/2006 - Artt. 29, 30 e 59 c. 8 d. L.vo
n 152/1999. In materia di scarichi, il legislatore con l'articolo 137 comma
11, D.L.vo n. 152 del 2006 conformemente alle direttive comunitarie, ha voluto
ribadire in maniera chiara e precisa il divieto di scarichi nel suolo e nel
sottosuolo, per la natura impermeabile di tale corpo recettore e per
l'impossibilità di controllare le sostanze immesse. Tale divieto può essere
derogato nelle sole ipotesi tassative previste dalla legge tra le quali rientra
quella di cui alla lettera c) dell'articolo 103 decreto legislativo n. 152/2006.
La norma, per potere scaricare sul suolo, richiede tre condizioni che devono
essere puntualmente rispettate dall'autorità amministrativa. La prima è
obbligatoria e riguarda il rispetto dei limiti che le regioni dovranno indicare
per tale specifico scarico al suolo. Le altre due condizioni sono costituite
dall'impossibilità tecnica o dall'eccessiva onerosità rispetto ai benefici
ambientali conseguibili con lo scarico diretto in altro corpo recettore.
L'impossibilità tecnica indica un criterio oggettivo nel senso che sotto il
profilo tecnico sussiste tale condizione quando non è attuabile un altro
scarico. Con riferimento all'eccessiva onerosità, il legislatore non ha
specificato in relazione a cosa l'onere debba considerarsi eccessivo: se con
riferimento alla capacità economica del privato in relazione alla grandezza
dell'insediamento ovvero con riferimento al pregiudizio che si arreca scaricando
sul suolo. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bornigia. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 29/04/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 17862
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Provvedimento di sequestro - Impugnazione in
cassazione - Limiti - Manifesta illogicità - Esclusione - Art. 325 c.p.p.. A
norma dell'articolo 325 c.p.p. il provvedimento di sequestro può essere
impugnato in cassazione solo per violazione di legge processuale o sostanziale,
nella quale violazione può anche includersi la mancanza assoluta di motivazione
o la presenza di motivazione meramente apparente, ma non la manifesta illogicità
della stessa (cfr. Cass. 28/01/2004, Ferrazzi). Pertanto, presunti erronei
apprezzamenti delle risultanze processuali non possono essere censurati in sede
di diritto. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Bornigia. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 29/04/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 17862
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UDIENZA 11.03.2009
SENTENZA N.404
REG. GENERALE n. 39029/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
sul ricorso proposto dal difensore di Bornigia Giancarlo, nato a Roma il 29
settembre del 1930 e Sinibaldi Wilma, nata a Roma il 14 marzo del 1948, avverso
l'ordinanza del tribunale di Roma del 6 ottobre del 2008;
-
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
-
sentito il sostituto procuratore generale dott. Vito D'Ambrosio , il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Messa
Vittorio, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue
IN FATTO
Con ordinanza del 6 ottobre del 2008, il tribunale di Roma confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Tivoli il 30 luglio del 2008.
Secondo la ricostruzione fattuale risultante dal provvedimento impugnato, il 23
luglio del 2008, agenti del nucleo ecologico dei carabinieri di Roma avevano
sequestrato le sale macchine dell'impianto Acquapiper della società SIBOIR,
sulla premessa della mancanza delle autorizzazione allo scarico delle acque
reflue di sopravanzo delle piscine, ipotizzando la violazione dell'articolo 137
comma 1 del decreto legislativo n 152 del 2006. Il provvedimento di sequestro in
via d'urgenza era stato convalidato dal pubblico ministero, ma su impugnazione
degli indagati è stato successivamente annullato dal tribunale perché si era
accertato che la SIBOR era stata autorizzata a recapitare le acque di ciclo nei
terreni circostanti a scopo irriguo, con atto del 22 giugno del 1993,
successivamente rinnovato in data 23 maggio del 2006. A seguito
dell'annullamento il pubblico ministero modificava l'incolpazione contestando
l'ipotesi di cui all'articolo 137 comma 11 del predetto articolo in relazione
all'articolo 103 del decreto legislativo n 152 del 2006 nonché la violazione
dell'articolo 44 lettera b) del testo unico sull'edilizia, in quanto nel
frattempo si era accertato che la società aveva realizzato uno sbancamento per
costruire una trincea per raccogliere i reflui scaricati.
Osservava il tribunale che l'autorizzazione rilasciata il 23 maggio del 2006 era inefficace perché non si era accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità a recapitare in corpi idrici superficiali e comunque la conformità degli scarichi ai valori limite. Precisava altresì il tribunale che sussistevano le esigenze cautelari perché, nonostante il sequestro, gli scarichi erano continuati. Originariamente l'intervento dei carabinieri era stato chiesto dal comandante del vicino aeroporto militare poiché l'acqua di scarico aveva raggiunto anche la pista di atterraggio.
Ricorrono per cassazione gli indagati sulla base di tre motivi.
Con il primo denunciano l'omessa motivazione e trattazione del capo A)
dell'impugnazione. Assumono che l'annullamento dell' originario sequestro,
qualificato probatorio dal pubblico ministero, avrebbe dovuto travolgere anche
il successivo sequestro preventivo.
Con il secondo motivo lamentano l'erronea applicazione di una norma non
applicabile alla fattispecie: assumono che il tribunale del riesame,
contraddicendo peraltro la sua stessa precedente pronuncia che aveva annullato
il sequestro per carenza del "fumus commissi delicti", aveva ritenuto che
alla luce della migliore specificazione del reato , potesse ritenersi la
compatibilità della condotta fattuale con quella prevista dalla norma contestata
(art. 137 comma 11, in relazione all'art. 103 del Dlgs 152/2006;in realtà il
decreto legislativo in questione è successivo all'autorizzazione definitiva
concessa alla Sibor Srl (datata 1993) e dunque non è comunque applicabile alla
fattispecie: infatti l'art. 137 citato, al primo comma, prevede la punibilità di
chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi mentre, come si è detto, lo
scarico contestato alla Sibor Srl non è affatto nuovo.
Con il terzo lamentano manifesta carenza e illogicità della motivazione: il
difensore sostiene che il tribunale aveva aderito alla ipotesi accusatoria
assolutamente apodittica relativa alla circostanza che le autorizzazioni in capo
alla Sibor Srl, seppure formalmente valide, dovessero in realtà considerarsi
inefficaci perché gli enti preposti al rilascio (Asl e Comune di Guidonia) non
avrebbero valutato "l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità a fronte dei
benefici ambientali conseguibili" prima di concedere le ridette autorizzazioni,
così come previsto dal capo "c" dell'art. 103 del decreto legislativo in
questione; tale ragionamento, secondo il ricorrente, non sarebbe condivisibile
in quanto muoverebbe da un inammissibile pregiudizio di colpevolezza non
supportato da alcuna prova neppure indiziaria; si deve al contrario ritenere,
fino a prova del contrario, che gli enti preposti al rilascio
dell'autorizzazione a riversare le acque depurate su terreni di proprietà della
Sibor Sr.l a scopo irriguo, abbiamo compiuto tutti gli accertamenti necessari al
rilascio di quella autorizzazione; del resto allo stato non risulta nei capi di
imputazione contestati alcun riferimento ad abusi od omissioni riferibili ai
funzionari che hanno rilasciato le autorizzazioni, i quali avrebbero dovuto, per
potersi giustificare l'ipotesi di reato così come ipotizzata dal P.M., essere
indagati almeno in concorso con gli esponenti; sostiene infine il difensore che
il Parco acquatico "Aquapiper" gestito dalla Sibor Sr l insiste su zona agricola
non servita da fognatura comunale. Quanto all'ipotesi di reato relativa ai
presunti sbancamenti tendenti a realizzare canali di smaltimento delle acque, si
tratta di opere di canalizzazione di acque irrigue normalmente effettuate nelle
zone agricole per un migliore utilizzo delle acque, opere che non necessitano di
alcuna autorizzazione.
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
Per delimitare il campo d'indagine riservato a questa corte, va premesso che in
questa materia a norma dell'articolo 325 c.p.p. il provvedimento di sequestro
può essere impugnato in cassazione solo per violazione di legge processuale o
sostanziale, nella quale violazione può anche includersi la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, ma non la
manifesta illogicità della stessa (cfr per tutte Cass. 28 gennaio 2004, Ferrazzi).
Pertanto presunti erronei apprezzamenti delle risultanze processuali non possono
essere censurati in questa sede.
Ciò premesso si rileva che il primo motivo è manifestamente infondato perché
nessuna norma vietava al pubblico ministero una volta annullato il sequestro
probatorio di chiedere quello preventivo sulla base di una diversa ipotesi
criminosa e di una modificazione della situazione dei luoghi. Secondo la
ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato i prevenuti, appena
avevano avuto sentore delle indagini, si erano affrettati ad aprire un canale
per la raccolta e lo scolo delle acque che, come sopra precisato, in precedenza
avevano persino raggiunto il vicino aeroporto. Il sequestro però ha per oggetto
lo scarico e non il canale e non risulta disposto per il dedotto abuso edilizio
ma per la violazione dell'articolo 137 comma 11 del decreto legislativo n 152
del 2007.
Infondato è anche il secondo motivo. Ai prevenuti, a seguito della modificazione
dell'incolpazione, non si è più contestata l'apertura di un nuovo scarico senza
l'autorizzazione, ma l'ipotesi contravvenzionale prevista dall'articolo 137
comma 11, la quale ricalca quella prima contemplata dall'articolo 59 comma 8 del
decreto legislativo n 152 del 1999 e sanziona la inosservanza del divieto di
scarico al suolo e negli strati superficiali del sottosuolo nonché lo scarico
diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo, sanciti rispettivamente dagli
artt. 103 e 104 del decreto legislativo n 152 del 2006, fatte salve le tassative
eccezioni elencate dai medesimi artt. 103 e 104 in precedenza dagli artt. 29 e 30
del decreto legislativo n 152 del 1999. Con tale norma il legislatore,
conformemente alle direttive comunitarie, ha voluto ribadire in maniera chiara e
precisa il divieto di scarichi nel suolo e nel sottosuolo, per la natura
impermeabile di tale corpo recettore e per l'impossibilità di controllare le
sostanze immesse. Tale divieto può essere derogato nelle sole ipotesi tassative
previste dalla legge tra le quali rientra quella invocata dalla difesa e più
precisamente quella di cui alla lettera c) dell'articolo 103 decreto legislativo
citato. In base a tale norma, che riproduce il contenuto dell'articolo 29
lettera c) del decreto legislativo n 152 del 1999, sono esclusi dal divieto gli
scarichi di acque reflue urbane ed industriali per le quali sia accertata
l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici
ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli
stessi siano conformi ai criteri ed ai valori limite di emissione fissati a tal
fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101 comma 2. Sino all'emanazione di
nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della tabella 4
dell'allegato n 5 alla parte terza del citato decreto.
La norma, per potere scaricare sul suolo, richiede tre condizioni che devono
essere puntualmente rispettate dall'autorità amministrativa. La prima è
obbligatoria e riguarda il rispetto dei limiti che le regioni dovranno indicare
per tale specifico scarico al suolo. Le altre due condizioni sono costituite
dall'impossibilità tecnica o dall'eccessiva onerosità rispetto ai benefici
ambientali conseguibili con lo scarico diretto in altro corpo recettore.
L'impossibilità tecnica indica un criterio oggettivo nel senso che sotto il
profilo tecnico sussiste tale condizione quando non è attuabile un altro
scarico. Con riferimento all'eccessiva onerosità, il legislatore non ha
specificato in relazione a cosa l'onere debba considerarsi eccessivo: se con
riferimento alla capacità economica del privato in relazione alla grandezza
dell'insediamento ovvero con riferimento al pregiudizio che si arreca scaricando
sul suolo. Secondo una dottrina le due anzidette condizioni non sono alternative
ma rappresentano l'una la specificazione dell'altra. L'impossibilità tecnica
consiste, come dianzi precisato, nell'impossibilità di attuare sotto il profilo
tecnico un altro scarico. L'eccessiva onerosità rispetto ai benefici ambientali
derivanti dall'utilizzazione di altra tipologia di scarico è secondo tale
dottrina un'impossibilità tecnica collegata all' obbligo delle utilizzo delle "
migliori tecniche disponibili"di cui v'è menzione nel comma secondo
dell'articolo 101. In ogni caso la mancanza anche di una sola delle prescrizioni
previste dalla norma rende l'autorizzazione illegittima.
Nella fattispecie il tribunale con valutazione di fatto non manifestamente
illogica ha ritenuto l'insussistenza di tali condizioni e quindi
dell'autorizzazione rilasciata in favore della società gestita dai ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte
Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese
processuali
Così deciso in Roma l'11 marzo del 2009
Deposito in Cancelleria il 29/04/2009
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