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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332



RIFIUTI - Smaltimento di rifiuti - Responsabilità dell’amministratore di una società per azione (S.p.A.) - Dipendenti o altri sottoposti o delegati - Obbligo di vigilanza - Sussistenza - Specifica delega del Consiglio di amministrazione - Ininfluenza - Art. 6, c. 1, lett. b), del d. lgs. n. 22/1997 - D. lgs. n. 152/2006.
In materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore. E', infatti, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione. L'osservanza delle norme in questione consegue, quindi, ope legis e chi è destinatario di esse, legale rappresentante di una società per azione, è tenuto a osservarle non occorrendo che a ciò sia delegato dal Consiglio di amministrazione. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

RIFIUTI - Rappresentante impresa edile - Responsabilità per fatto dei dipendenti - Norme ambientalistiche - Soggetti preposti alla direzione dell'azienda - Obbligo di vigilanza - Fattispecie: formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni. In tema di rifiuti, la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda. In applicazione di tali principi, è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante dell'impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche in tema di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni (Cass. Sez. III, n.47432/2003). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

INQUINAMENTO ATMOSFERICO - RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Impianti che comportano emissioni nell’atmosfera - Art. 24 d.P.R. n. 203/1988, d. lgs. n. 22/1997 ed art. 279 d. lgs. n. 152/2006 - Continuità normativa tra le disposizioni. In materia d'inquinamento atmosferico, sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui all'art. 24 del d.P.R. n. 203/1988 e quelle di cui all'art. 279 d. lgs. n. 152/2006, atteso che in entrambe le disposizioni è previsto il rispetto dei limiti di emissione, l'obbligo di comunicare la messa in esercizio dell'impianto, l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati relativi alle emissioni. Sicché, in tema di gestione dei rifiuti, gli impianti per il trattamento degli stessi che comportano emissioni nell’atmosfera sono soggetti sia alle disposizioni di cui al d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 in materia di rifiuti, sia a quelle di cui al d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, entrambi sostituiti dal d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Cass. n.08051/2007). Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Manifesta infondatezza del ricorso - Sopravvenute cause di estinzione del reato - Preclusione - Onere delle spese. La manifesta infondatezza del ricorso preclude l'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], sicché grava sul ricorrente l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Soria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19332


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UDIENZA  11.03.2009

SENTENZA N. 552

REG. GENERALE n.35392/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO                Presidente
Dott. Ciro PETTI                             Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                      Consigliere
Dott. Margherita MARMO                Consigliere
Dott. Luigi MARINI                          Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Soria Maurizio, nato in Asti il 9.12.1964, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Asti in data 11.03.2008 che lo ha condannato alla pena dell'ammenda per i reati di cui agli art. 6, 24, commi 3-4-5, d.P.R. n. 203/1988 e 51, comma 1 lettera a), lgs. n. 22/1997;

Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;

Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;

Sentito il PM nella persona del PG dott. Vito D'Ambrosio, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza per essere i reati estinti per prescrizione;

osserva

Con sentenza in data 11.03.2008 il Tribunale condannava alla pena dell'ammenda Maurizio Soria, quale legate rappresentante della SIPA s.p.a. esercente la produzione di pannelli di legno,
- per non avere effettuato gli autocontrolli per l'impianto di recupero di rifiuti non pericolosi di cui all'autorizzazione provinciale n. 85873/2002;
- per non avere comunicato la messa in esercizio dell'impianto;
- per non avere rispettato la prescrizione sulle rilevazioni in continuo di ossigeno, CO e temperatura;
- per avere superato i limiti di emissione indicati nell'autorizzazione e nel DM 5.02.1998 per il parametro delle polveri totali;
- per avere effettuato attività di recupero di rifiuti in assenza della necessaria comunicazione alla Provincia ai sensi dell'art. 33 del d. lgs. n. 22/1997.

Proponeva ricorso per cassazione l'imputato eccependo la nullità della notifica dell'avviso di deposito della sentenza e dell'estratto contumaciale presso lo studio del difensore di fiducia anziché presso il domicilio eletto e denunciando violazione di legge

• sull'affermazione di responsabilità in mancanza di prova che egli fosse stato delegato dal CdA di curare gli adempimenti della normativa ambientale;
• sull'omessa verifica, al fine della continuità dell'illecito, della corrispondenza tra le norme contestategli, abrogate dall'art. 280 del d. lgs. n. 152/2006, e quelle introdotte dallo stesso decreto.

Chiedeva l'annullamento della sentenza.

L'eccezione procedurale non è puntuale perché la notifica dell'estratto contumaciale e del deposito della sentenza presso il difensore di fiducia e non presso il domicilio eletto non ha leso il diritto di difesa, avendo l'imputato proposto rituale impugnazione.

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
Sul motivo relativo alla mancanza di delega "al rispetto della normativa ambientale" va osservato che il ricorrente non ha contestato la qualità di legale rappresentante della società, e che, in materia di smaltimento di rifiuti, l'amministratore di una società che gestisce un impianto produttivo è destinatario degli obblighi previsti dalle norme di settore.

E', infatti, configurabile una posizione di garanzia nei confronti del produttore dei rifiuti il quale è tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservino le norme ambientalistiche, dovendosi intendere produttore di rifiuti, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), del d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione.

L'osservanza delle norme in questione consegue, quindi, ope legis e chi è destinatario di esse, legale rappresentante di una società per azione, è tenuto a osservarle non occorrendo che a ciò sia delegato dal Consiglio di amministrazione.

Peraltro, in tema di rifiuti, la responsabilità per l'attività di gestione non autorizzata non attiene necessariamente al profilo della consapevolezza e volontarietà della condotta, potendo scaturire da comportamenti che violino i doveri di diligenza, per la mancata adozione di tutte le misure necessarie per evitare illeciti nella predetta gestione, e che legittimamente si richiedono ai soggetti preposti alla direzione dell'azienda [cfr. Cassazione Sezione III n. 47432/2003 RV. 226868]

Pertanto, in applicazione di tali principi correttamente è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante dell'impresa edile produttrice di rifiuti, tenuto a vigilare che propri dipendenti o altri sottoposti o delegati osservassero le norme ambientalistiche in tema di formazione di un deposito incontrollato in assenza delle prescritte autorizzazioni.

Sebbene il motivo sull'abrogazione del reato d'inquinamento atmosferico sia viziato di genericità, va comunque osservato che sussiste continuità normativa tra le disposizioni di cui all'art. 24 del d.P.R. n. 203/1988 e quelle di cui all'art. 279 d. lgs. n. 152/2006, atteso che in entrambe le disposizioni è previsto il rispetto dei limiti di emissione, l'obbligo di comunicare la messa in esercizio dell'impianto, l'obbligo di comunicare all'autorità competente i dati relativi alle emissioni.

Pertanto "in tema di gestione dei rifiuti, gli impianti per il trattamento degli stessi che comportano emissioni nell’atmosfera sono soggetti sia alle disposizioni di cui al d. lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 in materia di rifiuti, sia a quelle di cui al d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, entrambi sostituiti dal d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152" [Cassazione 08051/2007 RV. 236079].

La manifesta infondatezza del ricorso preclude l'applicazione di eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato [Cassazione SU n. 32/2000, De Luca], sicché grava sul ricorrente l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.
 

P Q M
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma nella pubblica udienza 11.03.2009.

Deposito in Cancelleria il 08.05.2009


 


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