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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n.19881



ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Campionamento ed analisi - Modalità di prelievo e garanzie difensive - Attività di polizia amministrativa - Tutela della salute pubblica.
Anche in tema di scarico di reflui, le modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute. Inoltre, l'acquisizione agli atti degli esiti delle analisi rende superflua quella dei campioni analizzati. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881

ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Scarico di reflui - Ispezioni, prelievi dei campioni, analisi - Garanzie difensive - Vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica. Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal cod. proc. pen. stante che, le ispezioni, i prelievi dei campioni e la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di reato, non possono essere considerati atti d'indagine preliminare. Qualora l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato e da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del difensore. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881

ACQUE - INQUINAMENTO IDRICO - Ispezioni, campionamento, analisi - Attività di polizia giudiziaria Garanzie difensive - Art. 223 disp. att. c.p.p. - Preavviso all'interessato senza particolari formalità. L'ispezione dello stabilimento industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003, Piropan]. Pertanto, il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo [Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi]. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Impugnazione - Interesse concreto ad impugnare - Sussistenza - Necessità - Eccezione - Artt. 568, c. 4, 654, 652 e 653 c.p.p.. L'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, c.p.p., quale condizione d'ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente. Nei casi in cui si denunci la violazione di una norma di diritto formale sussiste un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza solo se dalla violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato praticamente favorevole [Cassazione SU 13 dicembre 1995, Timpani]. L'unica eccezione a tale regola di ordine generale è costituita dall'accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi con sentenza dibattimentale che sia suscettibile, una volta divenuta irrevocabile quest'ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati dall'art.654 c.p.p., le situazioni giuridiche coinvolgenti il medesimo soggetto in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari regolati dagli articoli 652 e 653 dello stesso codice. Pres. Onorato, Est. Teresi, Ric. Falco. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19881

 


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UDIENZA  11.03.2009

SENTENZA N. 565

REG. GENERALE n. 40092/2008


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill. mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO                    Presidente
Dott. Ciro PETTI                                 Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                          Consigliere
Dott. Margherita MARMO                    Consigliere
Dott. Luigi MARINI                              Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Falco Luigi, nato a Dragoni il 20.06.1922, avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno in San Benedetto del Tronto in data 20.04.2001 che lo ha assolto perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'art. 21 comma 1 legge n. 319/76 e dall'imputazione di cui all'art. 21 comma 3 della stessa legge perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;


Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;


Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;


Sentito il PM nella persona del PG, dott. Vito D'Ambrosio, che ha chiesto che sia dichiarato inammissibile il ricorso;


Sentito il difensore del ricorrente, avv. Massimo Ricci, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;


osserva


Con sentenza in data 20.04.2001 il Tribunale di Ascoli Piceno in San Benedetto del Tronto assolveva Falco Luigi perché il fatto non sussiste dal reato di cui all'art. 21 comma 1 legge n.319/76 e dall'imputazione di cui all'art. 21 comma 3 della stessa legge perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.


Rilevava il Tribunale che non sussisteva il reato d'illecito scarico di acque reflue industriali e che non fosse previsto come reato lo scarico di tali acque col superamento dei limiti d'accettabilità con riferimento al parametro di azoto nitroso a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152/1999 che, nelle tabelle 5 e 3, non aveva più incluso tale sostanza.


Proponeva appello l'imputato deducendo che per il reato di cui all'art. 21, comma 3, della legge citata egli doveva essere assolto con formula più ampia perché
• non poteva essere utilizzato il verbale di prelevamento delle acque eseguito in sua assenza e senza il rispetto del diritto di difesa;
• i campioni prelevati non erano allegati agli atti per cui era stata preclusa la possibilità di verificarne la consistenza in sede dibattimentale;
• il capo d'imputazione avrebbe dovuto esser riformulato secondo la citata nuova normativa.


Chiedeva pronuncia di assoluzione perché il fatto non sussiste o per non avere commesso il fatto e l'eliminazione dell'ordine di trasmissione degli atti all'autorità amministrativa.


Gli atti erano trasmessi a questa Corte con ordinanza della Corte d'Appello di Ancona 18.11.2008.


L'impugnazione è manifestamente infondata e deve essere dichiarata inammissibile con le conseguenze di legge.


Hanno affermato le SU di questa Corte che l'interesse richiesto dall'art. 568, comma 4, c.p.p., quale condizione d'ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente.


Quando si denunci la violazione di una norma di diritto formale sussiste un interesse concreto che renda ammissibile la doglianza solo se dalla violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato praticamente favorevole [Cassazione SU 13 dicembre 1995, Timpani, RV. 203093].


L'unica eccezione a tale regola di ordine generale è costituita dall'accertamento di un fatto materiale oggetto del giudizio penale conclusosi con sentenza dibattimentale che sia suscettibile, una volta divenuta irrevocabile quest' ultima, di pregiudicare, a norma e nei limiti segnati dall'art.654 c.p.p., le situazioni giuridiche coinvolgenti il medesimo soggetto in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno e disciplinari regolati dagli articoli 652 e 653 dello stesso codice.


Pertanto sarebbe astrattamente ravvisabile l'interesse del ricorrente a ottenere una pronuncia che non abbia efficacia di giudicato con riferimento alla disposta trasmissione degli atti all'autorità amministrativa.


Nel caso in esame, però, le sollevate censure sono inidonee a conseguire la richiesta pronuncia perché manifestamente infondate.


Sostiene il ricorrente che il campionamento delle sostanze sarebbe stato eseguito in violazione del diritto di difesa stante che egli non aveva presenziato al prelievo dei campioni, né all'esecuzione delle analisi di laboratorio e che i campioni non erano stati acquisiti agli atti.


Secondo il costante orientamento di questa Corte, l'ispezione dello stabilimento industriale, il prelievo e il campionamento, le analisi dei campioni, configurano attività amministrative che non richiedono l'osservanza delle norme del codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati per le attività di polizia giudiziaria, atteso che l'unica garanzia richiesta per le anzidette attività ispettive è quella prevista dall'art. 223 disp. att. c.p.p. che impone il preavviso all'interessato del giorno, dell'ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi dei campioni [cfr. Cassazione Sezione III, n.15170/2003, Piropan, RV. 224456].


Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione e può esser dato senza particolari formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo [Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi, RV. 192524].


Soltanto se le operazioni di prelievo siano state eseguite su disposizione del magistrato o se sia stato individuato un soggetto determinato, indiziabile di reati, trovano applicazione le garanzie difensive previste dal cod. proc. pen. stante che, per quanto più volte affermato da questa Corte, le ispezioni, i prelievi dei campioni e la loro prima analisi s'inquadrano nella vigilanza amministrativa a tutela della salute pubblica e, in quanto intervengono prima che ci sia un indiziato di reato, non possono essere considerati atti d'indagine preliminare.


Qualora l'analisi dei campioni abbia dato esito sfavorevole sorgono indizi di reato e da quel momento vanno applicate le norme procedurali per l'intervento del difensore.


Anche in tema di scarico di reflui, le modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l'eventuale inosservanza da parte dell'autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute.


Inoltre, l'acquisizione agli atti degli esiti delle analisi rende superflua quella dei campioni analizzati.


Per la manifesta infondatezza del ricorso grava sul ricorrente l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.


P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.


Così deciso in Roma nella pubblica udienza 11.03.2009.
Deposito in Cancelleria l'11/05/2009


 


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