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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883



RIFIUTI - Deposito incontrollato o abbandono - Deposito preliminare (o stoccaggio) - Messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero - Deposito temporaneo - Configurabilità - Condizioni - Gestione dei rifiuti e operazioni di smaltimento - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata - Sanzioni - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006 - D.Lgs. n. 22/1997.
In tema di rifiuti, quando il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei casi o come illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs.. n. 152 del 2006, art. 255 - già 14 e 50 decreto Ronchi - o come reato contravvenzionale ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, già art. 51 comma 2 decreto Ronchi); b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, sanzionato come contravvenzione dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 -già art. 51 comma 1 del decreto Ronchi-); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che e' sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei D.Lgs. n. 22 del 1997 e D.Lgs. n. 152 del 2006), (Cass. Sez. 3°, n.39544/2006, Tesolat). La scelta tra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

RIFIUTI - Depositi: temporanei, preliminari, incontrollati - Configurabilità - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006. Quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883


RIFIUTI - Deposito temporaneo - Assenza delle prescrizioni - Accumulo dei rifiuti - Configurabilità del reato - Sussistenza - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006. Una volta accertato che l'accumulo dei rifiuti non corrisponde alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, non è necessario esaminare a fondo tutte le violazioni riscontrate essendo sufficiente ai fini della configurabilità del reato anche la violazione di una sola prescrizione. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883


RIFIUTI - Disciplina sui rifiuti e forme di deposito - Deposito: temporaneo, preliminare o stoccaggio, sul suolo o nel suolo e deposito incontrollato - Definizione legislativa - Artt. 183 lett. m), 208 c. 17, 192 c. 1 e 255, c. 1 e 256 c. 2° D. L.vo n. 152/2006 - Artt. 6 lett. m), 14 ,50 e 51 D.Lgs. n. 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi). La disciplina sui rifiuti prevedeva e continua a prevedere diverse forme di deposito in senso lato. In particolare prevede: a) il deposito temporaneo, definito come l'aggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui sono prodotti, secondo i criteri e le condizioni specificati nella lettera m) dell'articolo 183 del decreto legislativo n 152 del 2006 -già art. 6 lettera m decreto Ronchi-; se sono rispettate le condizioni stabilite dalla legge il deposito temporaneo è esonerato dall'obbligo di autorizzazione ed è soggetto a norma dell'articolo 208 comma 17 decreto legislativo n. 152 del 2006 al solo obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico; b) il deposito preliminare o stoccaggio che consiste nell'operazione di messa in riserva nell'attesa dello smaltimento o recupero; c) deposito sul suolo o nel suolo che indica l'operazione di smaltimento finale, come ad esempio il deposito in discarica; d) deposito incontrollato di cui v'é menzione negli artt. 192 comma 1 e 255 comma 1 e 256 comma secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006 (già artt. 14 ,50 e 51 del decreto Ronchi). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DANNO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - Legittimazione nel processo per reati ambientali - Risarcimento del danno ambientale - Annullamento di atti illegittimi - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006 - Art. 18 c. 5 L. n. 349/1986 - Art. 9 c. 3 D. L.vo n. 267/2000. L’art. 318 decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge n. 349 del 1986 in materia di risarcimento che in materia di la legittimazione degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato, sia l'articolo 9 comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela dell'ambiente, ma non è stata esclusa per le associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, la possibilità di intervenire nel giudizio per danno ambientale e di ricorrere in sede giurisdizionale per l'annullamento di atti illegittimi emessi nella stessa materia, ancorché da autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in quanto il legislatore ha fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18 della legge n 349 del 1986. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Risarcimento del danno - Associazioni ambientaliste - Legittimazione alla costituzione di parte civile per danni ambientali - Nuove regole - Applicazione - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006. Anche dopo il decreto legislativo n. 152 del 2006, le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che l'espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude l'applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (Cass. n 35393/2008; n.20681/2007; n.33887/2006). In ogni caso le nuove regole sulla costituzione di parte civile per danni ambientali, avendo natura processuale, si applicano solo alle costituzioni effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma restano salve quelle già ammesse in base alla precedente disciplina. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883

DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Costituzione di parte civile - Associazione ambientalista - Sede regionale - Legittimità - Presupposti - Accertamento - Potestà del giudice - Fattispecie: liquidazione del c.d. danno morale. La sede regionale di una associazione ambientalista, è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione (Cass. n 8699/1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste locali. Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale. (Cass. n 35393/2008; n.38748/2004; n.33887/2006). L'accertamento della reale sussistenza del pregiudizio è rimessa alla valutazione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato liquidato soprattutto il danno morale, peraltro in misura assai modesta e la relativa liquidazione non è stata specificamente contestata nel ricorso, posto che il ricorrente si è soffermato soprattutto per negare in generale la legittimazione a costituirsi parte civile di Legambiente ed in particolare per negare la legittimazione alle articolazioni locali. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883


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UDIENZA  11.03.2009

SENTENZA N. 19883

REG. GENERALE n.43938/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi ONORATO                     Presidente
Dott. Ciro PETTI                                  Consigliere
Dott. Alfredo TERESI                           Consigliere
Dott. Margherita MARMO                     Consigliere
Dott. Luigi MARINI                               Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso proposto da:

sul ricorso proposto dal difensore di Fabris Simone, nato a Thiene il 12 gennaio del 1973, avverso la sentenza della corte d'appello di Venezia del 1° ottobre del 2008;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;

sentito il sostituto procuratore generale dott.Vito D'Ambrosio , il quale ha concluso per il rigetto del ricorso ;

Udito il difensore della parte civile avv. Maria Dolores Furlanetto per la Legambiente Volontariato Veneto, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

sentito l'avv. Alberto Delpino, quale sostituto processuale dell'avvocato Realino Pasquino, il quale nell'interesse del prevenuto, ha concluso per l'accoglimento del ricorso:

Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
 

IN FATTO
 

La corte d'appello di Venezia, con sentenza del 1° ottobre del 2008, confermava quella resa il 12 aprile del 2007 dal tribunale di Vicenza, con cui Fabris Simone era stato condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 2000 di ammenda, convertita la pena detentiva nella corrispondente sanzione pecuniaria, quale responsabile del reato di cui all'articolo 51 comma 1 in relazione all'articolo 6 del decreto legislativo n. 22 del 1997, per avere nel cortile aziendale costituito un deposito irregolare di rifiuti vari anche pericolosi. Fatto commesso in Arzignano l’11 aprile del 2005.

Al Fabris, nella sua qualità di dipendente, responsabile della gestione rifiuti della ditta gruppo Mastrotto S.p.A. con sede in Arzignano, si era contestato di aver effettuato un deposito irregolare di rifiuti all'interno del cortile dello stabilimento, deposito consistente:

nella collocazione di una cisterna contenente circa 500 litri di rifiuti pericolosi costituiti da solvente esausto, priva di bacino di contenimento, di etichetta o targhe idonee ad identificare il rifiuto;

nella collocazione di due cisterne di circa due metri cubi contenenti rifiuti pericolosi costituiti da solvente esausto, prive di etichetta o targhe idonee a identificare il rifiuto;

nel mantenimento di un container metallico con la dicitura "imballaggi di materiali misti" contenente invece rifiuti di diversa tipologia e in particolare residui di alimenti, scarti di pelle, fili di nastro trasportatore dell'impianto di spruzzatura, guanti in lattice da lavoro, filtri di plastica e di carta;

nel deposito di vari sacchi "Big Bag" contenenti sia fanghi di filtropressatura da trattamento degli effluenti, sia morchie costituite da pitture e vernici di scarto indurite, senza dividerli per tipologia di rifiuto e privi di targa o etichette idonee all'individuazione della natura e pericolosità del rifiuto depositato.

Secondo i giudici del merito siffatto deposito era stato istituito senza l'osservanza delle condizioni previste per il deposito temporaneo e per tale ragione si era trasformato in deposito preliminare o stoccaggio.

Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:

la violazione della norma incriminatrice nonché delle norme tecniche di cui alla deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, in quanto dal decreto legislativo n. 22 del 1997 ovvero da quello n. 152 del 2006 non risulta che un deposito temporaneo diventa deposito preliminare o stoccaggio se non vengono osservate le condizioni previste dall'articolo 6 lettera m) del decreto Ronchi;

la violazione degli artt. 125,192,546 e 592 e 605 c,p,.p, per difetto di motivazione e travisamento della prova poiché dalla deposizione del teste Mecenero Mauro si evinceva che i rifiuti erano divisi per tipologie, che l'azienda era dotata di bacino di contenimento;

la violazione degli artt. 100,122 ,74 e 76 c.p.p. 318 e 311 decreto legislativo n. 152 del 2006: assume che Legambiente ONLUS è priva di legittimazione a costituirsi parte civile, in quanto con l'articolo 318 del decreto legislativo n. 152 del 2006 , è stato abrogato il potere di intervenire in giudizio riconosciuto a Legambiente e ad enti simili. Inoltre il difensore si era costituito quale parte civile della Lega Ambiente Onlus con sede in Roma mentre era munito di procura speciale di Lega Ambiente Volontariato Veneto con sede in Rovigo; in ogni caso illegittimamente i giudici del merito avevano riconosciuto la sussistenza di un danno
 

IN DIRITTO
 

Il ricorso va respinto perché infondato

Con riferimento al primo motivo si osserva che la disciplina sui rifiuti prevedeva e continua a prevedere diverse forme di deposito in senso lato. In particolare prevede:

a) il deposito temporaneo, definito come l'aggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui sono prodotti, secondo i criteri e le condizioni specificati nella lettera m) dell'articolo 183 del decreto legislativo n 152 del 2006 -già art 6 lettera m decreto Ronchi-; se sono rispettate le condizioni stabilite dalla legge il deposito temporaneo è esonerato dall'obbligo di autorizzazione ed è soggetto a norma dell'articolo 208 comma 17 decreto legislativo n. 152 del 2006 al solo obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico;
b) il deposito preliminare o stoccaggio che consiste nell'operazione di messa in riserva nell'attesa dello smaltimento o recupero;
c) deposito sul suolo o nel suolo che indica l'operazione di smaltimento finale, come ad esempio il deposito in discarica;
d) deposito incontrollato di cui v'é menzione negli artt. 192 comma 1 e 255 comma 1 e 256 comma secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006 (già artt. 14 ,50 e 51 del decreto Ronchi)

Il legislatore mentre ha definito il deposito temporaneo, quello sul suolo o nel suolo nonché il deposito preliminare, non ha fornito una definizione del deposito incontrollato. Secondo la dottrina il deposito incontrollato riguarda l'azione di chi si disfa di un modesto cumulo di rifiuti depositandoli in un'area. Tale ipotesi integrerebbe una condotta diversa, sia da quella dell'abbandono, come atto unico o occasionale, che dal concetto di discarica. Esso non coincide con il deposito preliminare o con quello sul suolo di cui alle lettere b) e c) dianzi indicate, essendo tali attività di deposito subordinate per legge a preventivi controlli pubblicistici. Da ciò consegue che, se il controllo previsto di volta in volta non dovesse essere attuato o comunque non sia intervenuto, dovrebbe applicarsi secondo la dottrina l'ipotesi di gestione non autorizzata di rifiuti di cui all'articolo 256 comma 1 decreto legislativo n. 152 del 2006, già articolo 51 comma 1 del decreto Ronchi. Le difficoltà maggiori sorgono nell'individuare le conseguenze allorché il deposito temporaneo venga attuato senza il rispetto delle condizioni previste dalla legge. Sul punto si sono registrate opinioni discordi sia in dottrina che giurisprudenza. Secondo una condivisibile decisione di questa sezione (n 39544 del 2006, Tesolat) quando il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono, sanzionato a seconda dei casi o come illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs.. n. 152 del 2006, art. 255 - già 14 e 50 decreto Ronchi - o come reato contravvenzionale ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, già art 51 comma 2 decreto Ronchi); b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, sanzionato come contravvenzione dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 -già art. 51 comma 1 del decreto Ronchi-); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che e' sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei D.Lgs. n. 22 del 1997 e D.Lgs. n. 152 del 2006). La scelta tra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero.

Nel caso di specie, la corte territoriale, con valutazione incensurabile in questa sede, ha ritenuto trattarsi di un deposito preliminare.

Rispetto alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, si è accertato che mancava, sia la divisione dei rifiuti, alcuni anche pericolosi, come i solventi esausti, per tipi omogenei, sia un'etichettatura idonea perché quella esistente non era leggibile, sia dispositivi di contenimento dei reflui. La prova delle violazioni risultava documentata con fotografie.

Infondato è anche il secondo motivo. In proposito si osserva che una volta accertato che quell'accumulo non corrispondeva alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, non era necessario esaminare funditus tutte le violazioni riscontrate essendo sufficiente ai fini della configurabilità del reato anche la violazione di una sola prescrizione. La motivazione della carte sul punto è esaustiva e corretta anche con riferimento all'applicabilità alla fattispecie del decreto interministeriale 27 luglio del 1984. Ha precisato la corte che il decreto citato era applicabile alla fattispecie perché la norma transitoria di cui all'articolo 57 del decreto Ronchi faceva salve le norme tecniche di applicazione del D.P.R. n. 915 del 1982 per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi, norme che nella fattispecie secondo l'accertamento fattuale contenuto nelle sentenze dei giudici del merito, non erano state osservate.

Parimenti infondato è il terzo motivo. E' ben vero che l'articolo 318 del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge n. 349 del 1986 che disciplinava il risarcimento del danno prevedendo la legittimazione degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato, all'esercizio dell'azione risarcitoria per danno ambientale, sia l'articolo 9 comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela dell'ambiente, ma è altrettanto certo che non è stata esclusa per le associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, la possibilità di intervenire nel giudizio per danno ambientale e di ricorrere in sede giurisdizionale per l'annullamento di atti illegittimi emessi nella stessa materia, ancorché da autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in quanto il legislatore ha fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18 della legge n 349 del 1986, così come non è esclusa in forza della regola generale la possibilità riconosciuta alle associazione, come a qualsiasi altro soggetto, di agire in giudizio iure proprio allorché abbiano subito un danno patrimoniale o non. Il problema in questi casi consiste solo nel fornire la prova del pregiudizio subito. Questa Suprema corte, anche dopo il decreto legislativo n. 152 del 2006 , ha statuito che le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che l'espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude l'applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (Cass n 35393 del 2008; n 20681 del 2007; n 33887 del 2006). In ogni caso le nuove regole sulla costituzione di parte civile per danni ambientali, avendo natura processuale, si applicano solo alle costituzioni effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma restano salve quelle già ammesse in base alla precedente disciplina.

Nella fattispecie non si pone alcun problema perché Legambiente si è costituita in proprio e non in sostituzione degli enti territoriali ed ha chiesto il risarcimento del solo danno non patrimoniale.

Il ricorrente però sostiene che il difensore della parte civile si sarebbe costituito per LEGAMBIENTE ONLUS con sede in Roma mentre la procura era stata conferita da Legambiente Volontariato Veneto.

In proposito si osserva che dall'atto di costituzione emerge chiaramente che la dichiarazione proveniva dal presidente regionale della Legambiente. Il riferimento alla sede di Roma contenuto nell'intestazione è dovuto alla necessità di collegare la sede regionale a quella nazionale trattandosi di associazione radicata sull'intero territorio nazionale con vari organi decentrati.

La sede regionale, contrariamente all'assunto del ricorrente, è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione secondo l'orientamento di questa corte espresso con la decisione n 8699 del 1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste locali.

Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale. (Cass. n 35393 del 2008;n¬38748b del 2004; n 33887 del 20069)

L'accertamento della reale sussistenza del pregiudizio è rimessa alla valutazione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato liquidato soprattutto il danno morale, peraltro in misura assai modesta e la relativa liquidazione non è stata specificamente contestata nel ricorso, posto che il ricorrente si è soffermato soprattutto per negare in generale la legittimazione a costituirsi parte civile di Legambiente ed in particolare per negare la legittimazione alle articolazioni locali
 

P.Q.M
La Corte
 

Letto l'articolo 616 c.p.p.

Rigetta

Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in euro 1885, oltre accessori di legge

Così deciso in Roma l'11 marzo del 2009.
Deposito in Cancelleria il 11-05-2009.


 


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