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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883
RIFIUTI - Deposito incontrollato o abbandono - Deposito preliminare (o
stoccaggio) - Messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero - Deposito
temporaneo - Configurabilità - Condizioni - Gestione dei rifiuti e operazioni di
smaltimento - Autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata -
Sanzioni - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006 - D.Lgs. n. 22/1997. In tema
di rifiuti, quando il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può
integrare alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o
abbandono, sanzionato a seconda dei casi o come illecito amministrativo ai sensi
del D.Lgs.. n. 152 del 2006, art. 255 - già 14 e 50 decreto Ronchi - o come
reato contravvenzionale ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2,
già art. 51 comma 2 decreto Ronchi); b) gli estremi del deposito preliminare (o
stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della
prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, sanzionato
come contravvenzione dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 -già art. 51
comma 1 del decreto Ronchi-); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa
di recupero, che e' sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un
ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei D.Lgs. n. 22
del 1997 e D.Lgs. n. 152 del 2006), (Cass. Sez. 3°, n.39544/2006, Tesolat). La
scelta tra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della
fattispecie concreta, sicché, quando non ricorre un deposito temporaneo, si
configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive
operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è realizzato in vista
di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito
incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di smaltimento
o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883
RIFIUTI - Depositi: temporanei, preliminari, incontrollati - Configurabilità
- Artt. 255, 256 D.Lgs.. n. 152/2006. Quando non ricorre un deposito
temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista
di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva, se è
realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un
deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna operazione di
smaltimento o di recupero. Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Assenza delle prescrizioni - Accumulo dei
rifiuti - Configurabilità del reato - Sussistenza - Artt. 255, 256 D.Lgs.. n.
152/2006. Una volta accertato che l'accumulo dei rifiuti non corrisponde
alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, non è necessario esaminare
a fondo tutte le violazioni riscontrate essendo sufficiente ai fini della
configurabilità del reato anche la violazione di una sola prescrizione. Pres.
Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883
RIFIUTI - Disciplina sui rifiuti e forme di deposito - Deposito: temporaneo,
preliminare o stoccaggio, sul suolo o nel suolo e deposito incontrollato -
Definizione legislativa - Artt. 183 lett. m), 208 c. 17, 192 c. 1 e 255, c. 1 e
256 c. 2° D. L.vo n. 152/2006 - Artt. 6 lett. m), 14 ,50 e 51 D.Lgs. n. 22/1997
(c.d. Decreto Ronchi). La disciplina sui rifiuti prevedeva e continua a
prevedere diverse forme di deposito in senso lato. In particolare prevede: a) il
deposito temporaneo, definito come l'aggruppamento dei rifiuti effettuato prima
della raccolta nel luogo in cui sono prodotti, secondo i criteri e le condizioni
specificati nella lettera m) dell'articolo 183 del decreto legislativo n 152 del
2006 -già art. 6 lettera m decreto Ronchi-; se sono rispettate le condizioni
stabilite dalla legge il deposito temporaneo è esonerato dall'obbligo di
autorizzazione ed è soggetto a norma dell'articolo 208 comma 17 decreto
legislativo n. 152 del 2006 al solo obbligo di tenuta dei registri di carico e
scarico; b) il deposito preliminare o stoccaggio che consiste nell'operazione di
messa in riserva nell'attesa dello smaltimento o recupero; c) deposito sul suolo
o nel suolo che indica l'operazione di smaltimento finale, come ad esempio il
deposito in discarica; d) deposito incontrollato di cui v'é menzione negli artt.
192 comma 1 e 255 comma 1 e 256 comma secondo del decreto legislativo n. 152 del
2006 (già artt. 14 ,50 e 51 del decreto Ronchi). Pres. Onorato, Est. Petti, Ric.
Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud. 11/03/2009),
Sentenza n. 19883
DANNO AMBIENTALE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE -
Legittimazione nel processo per reati ambientali - Risarcimento del danno
ambientale - Annullamento di atti illegittimi - Art. 318 d.L.vo n. 152/2006 -
Art. 18 c. 5 L. n. 349/1986 - Art. 9 c. 3 D. L.vo n. 267/2000. L’art. 318
decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge
n. 349 del 1986 in materia di risarcimento che in materia di la legittimazione
degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato, sia l'articolo 9
comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle
associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti
territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela
dell'ambiente, ma non è stata esclusa per le associazioni individuate ai sensi
dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, la possibilità di intervenire nel
giudizio per danno ambientale e di ricorrere in sede giurisdizionale per
l'annullamento di atti illegittimi emessi nella stessa materia, ancorché da
autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in quanto il legislatore ha fatto
espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18 della legge n 349 del 1986.
Pres. Onorato, Est. Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
11/05/2009 (Ud. 11/03/2009), Sentenza n. 19883
DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Risarcimento del danno - Associazioni ambientaliste - Legittimazione alla
costituzione di parte civile per danni ambientali - Nuove regole - Applicazione
- Art. 318 d.L.vo n. 152/2006. Anche dopo il decreto legislativo n. 152 del
2006, le associazioni ambientaliste sono legittimate alla costituzione di parte
civile "iure proprio" nel processo per reati ambientali, dal momento che
l'espressa previsione legislativa della possibilità di costituzione di parte
civile per lo Stato e per gli enti pubblici territoriali non esclude
l'applicabilità delle regole generali in materia di risarcimento del danno e di
costituzione di parte civile (Cass. n 35393/2008; n.20681/2007; n.33887/2006).
In ogni caso le nuove regole sulla costituzione di parte civile per danni
ambientali, avendo natura processuale, si applicano solo alle costituzioni
effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, ma restano salve
quelle già ammesse in base alla precedente disciplina. Pres. Onorato, Est.
Petti, Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud.
11/03/2009), Sentenza n. 19883
DANNO AMBIENTALE - ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE - DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Costituzione di parte civile - Associazione ambientalista - Sede regionale -
Legittimità - Presupposti - Accertamento - Potestà del giudice - Fattispecie:
liquidazione del c.d. danno morale. La sede regionale di una associazione
ambientalista, è legittimata a costituirsi parte civile se il bene leso si trova
nell'ambito della regione (Cass. n 8699/1996). Anzi uno stabile collegamento di
interessi con una determinata zona costituisce elemento sintomatico della
possibile sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale. Prima della legge
istitutiva del Ministero dell'ambiente, il criterio della vicinitas era
pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere la legittimazione
ad agire alle associazioni ambientaliste locali. Accertata la legittimazione ad
agire iure proprio, alle associazioni ambientaliste spetta il diritto al
risarcimento conseguente al danno ambientale, sia come titolari di un diritto
della personalità connesso al perseguimento delle finalità statutarie, sia come
enti esponenziali del diritto assoluto alla tutela ambientale. (Cass. n
35393/2008; n.38748/2004; n.33887/2006). L'accertamento della reale sussistenza
del pregiudizio è rimessa alla valutazione del giudice del merito e si sottrae
al sindacato di legittimità se adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato
liquidato soprattutto il danno morale, peraltro in misura assai modesta e la
relativa liquidazione non è stata specificamente contestata nel ricorso, posto
che il ricorrente si è soffermato soprattutto per negare in generale la
legittimazione a costituirsi parte civile di Legambiente ed in particolare per
negare la legittimazione alle articolazioni locali. Pres. Onorato, Est. Petti,
Ric. Fabris. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/05/2009 (Ud.
11/03/2009), Sentenza n. 19883
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UDIENZA 11.03.2009
SENTENZA N. 19883
REG. GENERALE n.43938/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
sul ricorso proposto dal difensore
di Fabris Simone, nato a Thiene il 12 gennaio del 1973, avverso la sentenza
della corte d'appello di Venezia del 1° ottobre del 2008;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale dott.Vito D'Ambrosio , il quale ha
concluso per il rigetto del ricorso ;
Udito il difensore della parte civile avv. Maria Dolores Furlanetto per la
Legambiente Volontariato Veneto, la quale ha concluso per il rigetto del
ricorso;
sentito l'avv. Alberto Delpino, quale sostituto processuale dell'avvocato
Realino Pasquino, il quale nell'interesse del prevenuto, ha concluso per
l'accoglimento del ricorso:
Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
IN FATTO
La corte d'appello di Venezia, con
sentenza del 1° ottobre del 2008, confermava quella resa il 12 aprile del 2007
dal tribunale di Vicenza, con cui Fabris Simone era stato condannato alla pena
di mesi quattro di arresto ed euro 2000 di ammenda, convertita la pena detentiva
nella corrispondente sanzione pecuniaria, quale responsabile del reato di cui
all'articolo 51 comma 1 in relazione all'articolo 6 del decreto legislativo n.
22 del 1997, per avere nel cortile aziendale costituito un deposito irregolare
di rifiuti vari anche pericolosi. Fatto commesso in Arzignano l’11 aprile del
2005.
Al Fabris, nella sua qualità di dipendente, responsabile della gestione rifiuti
della ditta gruppo Mastrotto S.p.A. con sede in Arzignano, si era contestato di
aver effettuato un deposito irregolare di rifiuti all'interno del cortile dello
stabilimento, deposito consistente:
nella collocazione di una cisterna contenente circa 500 litri di rifiuti
pericolosi costituiti da solvente esausto, priva di bacino di contenimento, di
etichetta o targhe idonee ad identificare il rifiuto;
nella collocazione di due cisterne di circa due metri cubi contenenti rifiuti
pericolosi costituiti da solvente esausto, prive di etichetta o targhe idonee a
identificare il rifiuto;
nel mantenimento di un container metallico con la dicitura "imballaggi di
materiali misti" contenente invece rifiuti di diversa tipologia e in particolare
residui di alimenti, scarti di pelle, fili di nastro trasportatore dell'impianto
di spruzzatura, guanti in lattice da lavoro, filtri di plastica e di carta;
nel deposito di vari sacchi "Big Bag" contenenti sia fanghi di filtropressatura
da trattamento degli effluenti, sia morchie costituite da pitture e vernici di
scarto indurite, senza dividerli per tipologia di rifiuto e privi di targa o
etichette idonee all'individuazione della natura e pericolosità del rifiuto
depositato.
Secondo i giudici del merito siffatto deposito era stato istituito senza
l'osservanza delle condizioni previste per il deposito temporaneo e per tale
ragione si era trasformato in deposito preliminare o stoccaggio.
Ricorre per cassazione l'imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:
la violazione della norma incriminatrice nonché delle norme tecniche di cui alla
deliberazione del 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, in quanto dal
decreto legislativo n. 22 del 1997 ovvero da quello n. 152 del 2006 non risulta
che un deposito temporaneo diventa deposito preliminare o stoccaggio se non
vengono osservate le condizioni previste dall'articolo 6 lettera m) del decreto
Ronchi;
la violazione degli artt. 125,192,546 e 592 e 605 c,p,.p, per difetto di
motivazione e travisamento della prova poiché dalla deposizione del teste
Mecenero Mauro si evinceva che i rifiuti erano divisi per tipologie, che
l'azienda era dotata di bacino di contenimento;
la violazione degli artt. 100,122 ,74 e 76 c.p.p. 318 e 311 decreto legislativo
n. 152 del 2006: assume che Legambiente ONLUS è priva di legittimazione a
costituirsi parte civile, in quanto con l'articolo 318 del decreto legislativo
n. 152 del 2006 , è stato abrogato il potere di intervenire in giudizio
riconosciuto a Legambiente e ad enti simili. Inoltre il difensore si era
costituito quale parte civile della Lega Ambiente Onlus con sede in Roma mentre
era munito di procura speciale di Lega Ambiente Volontariato Veneto con sede in
Rovigo; in ogni caso illegittimamente i giudici del merito avevano riconosciuto
la sussistenza di un danno
IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché
infondato
Con riferimento al primo motivo si osserva che la disciplina sui rifiuti
prevedeva e continua a prevedere diverse forme di deposito in senso lato. In
particolare prevede:
a) il deposito temporaneo, definito come l'aggruppamento dei rifiuti effettuato
prima della raccolta nel luogo in cui sono prodotti, secondo i criteri e le
condizioni specificati nella lettera m) dell'articolo 183 del decreto
legislativo n 152 del 2006 -già art 6 lettera m decreto Ronchi-; se sono
rispettate le condizioni stabilite dalla legge il deposito temporaneo è
esonerato dall'obbligo di autorizzazione ed è soggetto a norma dell'articolo 208
comma 17 decreto legislativo n. 152 del 2006 al solo obbligo di tenuta dei
registri di carico e scarico;
b) il deposito preliminare o stoccaggio che consiste nell'operazione di messa in
riserva nell'attesa dello smaltimento o recupero;
c) deposito sul suolo o nel suolo che indica l'operazione di smaltimento
finale, come ad esempio il deposito in discarica;
d) deposito incontrollato di cui v'é menzione negli artt. 192 comma 1 e 255 comma
1 e 256 comma secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006 (già artt. 14 ,50 e
51 del decreto Ronchi)
Il legislatore mentre ha definito il deposito temporaneo, quello sul suolo o nel
suolo nonché il deposito preliminare, non ha fornito una definizione del
deposito incontrollato. Secondo la dottrina il deposito incontrollato riguarda
l'azione di chi si disfa di un modesto cumulo di rifiuti depositandoli in
un'area. Tale ipotesi integrerebbe una condotta diversa, sia da quella
dell'abbandono, come atto unico o occasionale, che dal concetto di discarica.
Esso non coincide con il deposito preliminare o con quello sul suolo di cui alle
lettere b) e c) dianzi indicate, essendo tali attività di deposito subordinate
per legge a preventivi controlli pubblicistici. Da ciò consegue che, se il
controllo previsto di volta in volta non dovesse essere attuato o comunque non
sia intervenuto, dovrebbe applicarsi secondo la dottrina l'ipotesi di gestione
non autorizzata di rifiuti di cui all'articolo 256 comma 1 decreto legislativo
n. 152 del 2006, già articolo 51 comma 1 del decreto Ronchi. Le difficoltà
maggiori sorgono nell'individuare le conseguenze allorché il deposito temporaneo
venga attuato senza il rispetto delle condizioni previste dalla legge. Sul punto
si sono registrate opinioni discordi sia in dottrina che giurisprudenza. Secondo
una condivisibile decisione di questa sezione (n 39544 del 2006, Tesolat) quando
il deposito esula dai confini di quello temporaneo, esso può integrare
alternativamente: a) gli estremi del deposito incontrollato o abbandono,
sanzionato a seconda dei casi o come illecito amministrativo ai sensi del D.Lgs..
n. 152 del 2006, art. 255 - già 14 e 50 decreto Ronchi - o come reato
contravvenzionale ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, già
art 51 comma 2 decreto Ronchi); b) gli estremi del deposito preliminare (o
stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della
prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, sanzionato
come contravvenzione dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 -già art. 51
comma 1 del decreto Ronchi-); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa
di recupero, che e' sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un
ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei D.Lgs. n. 22
del 1997 e D.Lgs. n. 152 del 2006). La scelta tra le varie opzioni dipende
soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non
ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è
realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in
riserva, se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre
si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando non prelude ad alcuna
operazione di smaltimento o di recupero.
Nel caso di specie, la corte territoriale, con valutazione incensurabile in
questa sede, ha ritenuto trattarsi di un deposito preliminare.
Rispetto alle prescrizioni imposte per il deposito temporaneo, si è accertato
che mancava, sia la divisione dei rifiuti, alcuni anche pericolosi, come i
solventi esausti, per tipi omogenei, sia un'etichettatura idonea perché quella
esistente non era leggibile, sia dispositivi di contenimento dei reflui. La
prova delle violazioni risultava documentata con fotografie.
Infondato è anche il secondo motivo. In proposito si osserva che una volta
accertato che quell'accumulo non corrispondeva alle prescrizioni imposte per il
deposito temporaneo, non era necessario esaminare funditus tutte le violazioni
riscontrate essendo sufficiente ai fini della configurabilità del reato anche la
violazione di una sola prescrizione. La motivazione della carte sul punto è
esaustiva e corretta anche con riferimento all'applicabilità alla fattispecie
del decreto interministeriale 27 luglio del 1984. Ha precisato la corte che il
decreto citato era applicabile alla fattispecie perché la norma transitoria di
cui all'articolo 57 del decreto Ronchi faceva salve le norme tecniche di
applicazione del D.P.R. n. 915 del 1982 per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi,
norme che nella fattispecie secondo l'accertamento fattuale contenuto nelle
sentenze dei giudici del merito, non erano state osservate.
Parimenti infondato è il terzo motivo. E' ben vero che l'articolo 318 del
decreto legislativo n. 152 del 2006 ha abrogato, sia l'articolo 18 della legge
n. 349 del 1986 che disciplinava il risarcimento del danno prevedendo la
legittimazione degli enti territoriali, in aggiunta a quella dello Stato,
all'esercizio dell'azione risarcitoria per danno ambientale, sia l'articolo 9
comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000 che riconosceva alle
associazioni ambientaliste un potere sostitutivo generale degli enti
territoriali in caso di inerzia di questi ultimi nelle azioni a tutela
dell'ambiente, ma è altrettanto certo che non è stata esclusa per le
associazioni individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986,
la possibilità di intervenire nel giudizio per danno ambientale e di ricorrere
in sede giurisdizionale per l'annullamento di atti illegittimi emessi nella
stessa materia, ancorché da autorità diverse dal Ministero dell'Ambiente, in
quanto il legislatore ha fatto espressamente salvo il comma 5 dell'articolo 18
della legge n 349 del 1986, così come non è esclusa in forza della regola
generale la possibilità riconosciuta alle associazione, come a qualsiasi altro
soggetto, di agire in giudizio iure proprio allorché abbiano subito un
danno patrimoniale o non. Il problema in questi casi consiste solo nel fornire
la prova del pregiudizio subito. Questa Suprema corte, anche dopo il decreto
legislativo n. 152 del 2006 , ha statuito che le associazioni ambientaliste sono
legittimate alla costituzione di parte civile "iure proprio" nel processo
per reati ambientali, dal momento che l'espressa previsione legislativa della
possibilità di costituzione di parte civile per lo Stato e per gli enti pubblici
territoriali non esclude l'applicabilità delle regole generali in materia di
risarcimento del danno e di costituzione di parte civile (Cass n 35393 del 2008;
n 20681 del 2007; n 33887 del 2006). In ogni caso le nuove regole sulla
costituzione di parte civile per danni ambientali, avendo natura processuale, si
applicano solo alle costituzioni effettuate dopo l'entrata in vigore delle nuove
disposizioni, ma restano salve quelle già ammesse in base alla precedente
disciplina.
Nella fattispecie non si pone alcun problema perché Legambiente si è costituita
in proprio e non in sostituzione degli enti territoriali ed ha chiesto il
risarcimento del solo danno non patrimoniale.
Il ricorrente però sostiene che il difensore della parte civile si sarebbe
costituito per LEGAMBIENTE ONLUS con sede in Roma mentre la procura era stata
conferita da Legambiente Volontariato Veneto.
In proposito si osserva che dall'atto di costituzione emerge chiaramente che la
dichiarazione proveniva dal presidente regionale della Legambiente. Il
riferimento alla sede di Roma contenuto nell'intestazione è dovuto alla
necessità di collegare la sede regionale a quella nazionale trattandosi di
associazione radicata sull'intero territorio nazionale con vari organi
decentrati.
La sede regionale, contrariamente all'assunto del ricorrente, è legittimata a
costituirsi parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione
secondo l'orientamento di questa corte espresso con la decisione n 8699 del
1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona
costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio
concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'ambiente,
il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla
giurisprudenza per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni
ambientaliste locali.
Accertata la legittimazione ad agire iure proprio, alle associazioni
ambientaliste spetta il diritto al risarcimento conseguente al danno ambientale,
sia come titolari di un diritto della personalità connesso al perseguimento
delle finalità statutarie, sia come enti esponenziali del diritto assoluto alla
tutela ambientale. (Cass. n 35393 del 2008;n¬38748b del 2004; n 33887 del 20069)
L'accertamento della reale sussistenza del pregiudizio è rimessa alla
valutazione del giudice del merito e si sottrae al sindacato di legittimità se
adeguatamente motivato. Nella fattispecie è stato liquidato soprattutto il danno
morale, peraltro in misura assai modesta e la relativa liquidazione non è stata
specificamente contestata nel ricorso, posto che il ricorrente si è soffermato
soprattutto per negare in generale la legittimazione a costituirsi parte civile
di Legambiente ed in particolare per negare la legittimazione alle articolazioni
locali
P.Q.M
La Corte
Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla
rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in euro 1885, oltre
accessori di legge
Così deciso in Roma l'11 marzo del 2009.
Deposito in Cancelleria il 11-05-2009.
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