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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
URBANISTICA ED EDILIZIA - Ristrutturazione - Connessione finalistica delle opere
eseguite - Ristrutturazioni edilizie di portata minore - Definizione - Denunzia
di inizio dell’attività (DIA) - Artt.10 c. 1 lett.c) e 22 c. 3 lett.a) DPR n.
380/01. L’attività di ristrutturazione, può attuarsi attraverso una serie di
interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi ad altre
tipologie edilizie. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione
finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate partitamente
ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno
rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un
edificio in tutto o in parte nuovo. Inoltre, dalle disposizioni legislative (artt.10 comma 1 lett.c) e 22 comma 3 lett.a) DPR n. 380/01) si deduce che sono sempre
realizzabili previa mera denunzia di inizio dell’attività le ristrutturazioni
edilizie di portata minore: quelle cioè che determinano una semplice modifica
dell’ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione,
in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua
iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle descritte nell’art.10 comma
1 lett.c) DPR n.380/01 che possono incidere sul carico urbanistico). Pres.
Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
URBANISTICA ED EDILIZIA - Opere interne, interventi di ristrutturazione
edilizia, manutenzione ordinaria o straordinaria - Disciplina applicabile -
Mutamento di destinazione d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente
autonome - Centro storico - Permesso di costruire - Necessità - Mutamento di
destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee - Realizzati fuori del
centro storico - Denuncia di inizio attività (DIA) - Lottizzazione cd. Materiale
- Modificazione della destinazione d'uso di un edificio già esistente -
Configurabilità. Le opere interne e gli interventi di ristrutturazione
edilizia, come pure quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria,
ogniqualvolta comportino mutamento di destinazione d'uso tra categorie
d'interventi funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e, qualora
debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel caso in cui comportino
mutamento di destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea, come ad
esempio quella industriale o residenziale, richiedono il permesso di costruire.
Gli stessi interventi di ristrutturazione o manutenzione, comportanti
modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee,
qualora siano realizzati fuori del centro storico richiedono solo la denuncia di
inizio attività. Inoltre, la c.d. lottizzazione cd. materiale non presuppone
necessariamente il compimento di opere su un suolo inedificato, ma può
verificarsi anche attraverso la modificazione della destinazione d'uso di un
edificio già esistente (Cass. sez. III, sentenza n.6990 del 2006). Pres.
Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
URBANISTICA ED EDILIZIA - Intervento di "ristrutturazione pesante” - Permesso
di costruire - Necessità - Ristrutturazione edilizia di portata minore - DIA.
In materia edilizia sono realizzabili con denuncia di inizio attività gli
interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero che comportano
una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti
dell'immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale,
classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia
descritti dall'art.10, comma primo lett.c) DPR n.380 del 2001, che portano ad un
organismo in tutto o in parte diverso dal precedente con aumento delle unità
immobiliari o modifiche del volume, sagoma, prospetti o superfici e per i quali
è necessario il preventivo permesso di costruire. (Cass. pen. sentenza n.1893
del 13.12.2006; conf. Cass. pen. sez.3 del 25.2.2003, n.12369). Pres. Onorato,
Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
URBANISTICA ED EDILIZIA - Organismo edilizio e "autonoma utilizzabilità" -
Nozione. Nella previsione normativa il riferimento alla "autonoma
utilizzabilità" non impone, infatti, che l’organismo edilizio abusivamente
realizzato sia separato dal principale, ma soltanto che determini la creazione
di una struttura precisamente individuabile e suscettibile di uso indipendente,
anche se l'accesso sia comune (cfr. Cass. sez.3, del 5.7.2005, n.34142). Pres.
Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
URBANISTICA ED EDILIZIA - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Permesso di costruire
e DIA - Legislazione regionale in materia urbanistica - Ambito della rilevanza
penale dell’art.22 DPR n. 380/01 T.U. Edilizia - Riserva di legge statale in
materia di ordinamento penale. L'ambito della rilevanza penale, anche in
tema urbanistico, non può essere modificato dalla legislazione regionale stante
la riserva di legge statale in materia di ordinamento penale (artt. 25 e 117
Cost.). L'art.22 DPR n. 380/01 T.U.E., nel consentire alle Regioni di estendere
o ridurre l'ambito della DIA, precisa che restano ferme le sanzioni penali di
cui all'art. 44. Così come l'art.10, nel consentire alle Regioni di ampliare o
restringere l'ambito del permesso di costruire precisa che la violazione di tali
norme non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art.44. Pres.
Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso in cassazione per inadempiuto l'obbligo
della motivazione - Obblighi del giudice di rinvio. La Cassazione risolve
una questione di diritto quando giudica inadempiuto l'obbligo della motivazione,
onde il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio
convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di
fatto relativa al punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare
il giudice il cui provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il
proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento: con la conseguenza che lo stesso
giudice di rinvio resta vincolato al compimento di una determinata indagine, in
precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, ovvero,
ancora, all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul
giudizio conclusivo (Cass. sez. 1, 15.1.2007, n. 7963; Cass. sez. 1, del
13.112007, n.43685; Cass., Sez. 1^, 7/05/1998, Di Iorio; Cass. Sez. 6^,
7/02/1995, Grande). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. Meraviglia. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 13/05/2009 (Ud. 11/02/2009), Sentenza n. 20149
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UDIENZA 11.02.2009
SENTENZA N. 263
REG. GENERALE n.035158/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Claudia SQUASSONI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1) Meraviglia Isidoro nato il
17.12.1939
-
avverso l'ordinanza del 22.7.2008 del Tribunale di Savona
-
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
-
sentite le conclusioni del P.G., dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto
l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
-
sentito il difensore, avv. Alberto Barletta, in sostituzione dell' avv. Fausto
Mazzitelli, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
OSSERVA
1) Con provvedimento in data
1.7.2006 il GIP del Tribunale di Savona disponeva sequestro preventivo
dell'immobile sito nel Comune di Alassio, contrada San Rocco, di proprietà della
"CIDA srl", rappresentata da Meraviglia Salvatore, ipotizzando a carico del
predetto i reati di cui agli artt.181 D.L.vo 42/2004 e 44 DPR 380/01 per aver,
in assenza di autorizzazione ambientale e di permesso di costruire, eseguito
lavori di ristrutturazione e sistemazione interna diretti a modificare la
destinazione d'uso del predetto immobile da residenziale turistico a
residenziale civile.
Con ordinanza del 3.10.2006 il Tribunale del riesame di Savona confermava
provvedimento di sequestro.
A seguito di ricorso del Meraviglia, questa Corte sez.3, con sentenza del
7.12.2006, annullava l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Savona,
rilevando che gli interventi di ristrutturazione o manutenzione, comportanti
modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di categorie omogenee,
qualora realizzati fuori del centro storico, richiedono solo la denuncia di
inizio attività, a meno che non determinino la modificazione della sagoma
dell'edificio o l'aumento delle superfici o delle unità abitative. Risultava
ipotizzata la semplice modificazione della destinazione d'uso nell'ambito della
categoria residenziale, senza precisare se l'immobile ricadesse o no nel centro
storico (c.d.zona A) e, comunque, se ricorressero modificazioni non autorizzate
del numero delle unità immobiliari, della sagoma, dei volumi.
In sede di rinvio il Tribunale di Savona, con ordinanza in data 5.6.2007,
accogliendo la richiesta di riesame, annullava il provvedimento di sequestro
preventivo, rilevando che l'immobile non era collocato in zona A e che, non
sussistendo, congiuntamente, le altre condizioni previste dall'art.10 comma 1
lett.c) DPR 380/01, l'intervento non aveva rilevanza penale.
A seguito di ricorso del Procuratore della Repubblica di Savona, il quale
assumeva che gli interventi edilizi riguardavano sia l'aumento delle unità
abitative, sia la sagoma sia i prospetti esterni dell'edificio, questa Corte
sezione 4, con sentenza del 17 gennaio 2008, annullava l'ordinanza in questione,
rinviando per nuovo esame al Tribunale di Savona. Non era stata data, invero,
una risposta persuasiva in ordine alla effettiva natura dell'intervento, dal
momento che già durante il sopralluogo effettuato dalla p.g. nel maggio 2006 era
stata accertata la realizzazione di 49 unità abitative distinte e separate tra
loro, nonché dei connessi impianti di servizio interni ed esterni; né si era
tenuto conto della legislazione regionale (L.R. Liguria n.25/1995) che in
relazione alla determinazione degli oneri di urbanizzazione distingue,
considerandole categorie diverse, quella residenziale da quella indicata
"turismo", né del piano urbanistico di Alassio.
Il Tribunale di Savona, in data 22.7.2008, respingeva la richiesta di riesame,
confermando il provvedimento di sequestro preventivo del GIP dell'1.7.2006.
Dopo aver riepilogato la vicenda processuale e ricordato la giurisprudenza della
Corte di Cassazione (in particolare la sentenza n.24096/08 del 7.3.2008),
riteneva il Tribunale che gli interventi di ristrutturazione edilizia
necessitano sempre di permesso di costruire quando comportino mutamento di
destinazione d'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista
urbanistico, che sia la legislazione regionale che le norme di attuazione del
PUC di Alassio individuano la categoria funzionale residenziale come nettamente
distinta da quella turistico alberghiera; che l'intervento eseguito aveva quindi
rilevanza penale, potendosi ipotizzare anche la più grave fattispecie di
lottizzazione abusiva.
2) Propone ricorso per cassazione il Meraviglia, a mezzo del difensore.
Dopo aver ricordato le varie pronunce del Tribunale del riesame e della
Cassazione, denuncia con il primo motivo la violazione di legge in relazione
agli artt.3, 10, 22, 37 e 44 DPR 380/01. L'art.10 T.U. (in combinato disposto
con gli artt.22, 37, ultimo comma e 44 comma 2 bis) chiaramente e senza
possibilità di equivoci assoggetta a permesso di costruire (e quindi a sanzione
penale) solo gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino
un aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei
prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi
nelle zone omogenee A, comportino “mutamento della destinazione d’uso”.
La distinzione tra "mutamento di destinazione d'uso" tra categorie differenti e
mero “mutamento d'uso" all'interno di una stessa categoria funzionale è
insostenibile sotto il profilo giuridico e logico (l’unico penalmente rilevante
è quello tra categorie diverse). Non è condivisibile pertanto quanto affermato
con la sentenza n.24096/08 della sez.3 della Corte di Cassazione.
L'eventuale inadeguatezza dell'apparato sanzionatorio in relazione a determinate
condotte può solo essere oggetto di rimessione alla Corte Costituzionale. La
considerazione che gli interventi di manutenzione e restauro non possono dar
luogo a mutamenti di destinazione d'uso e che quindi detto mutamento dovrebbe
essere soggetto a permesso di costruire (anche) in caso di ristrutturazione pur
se al di fuori delle zone A, è argomento solo suggestivo e potrebbe anche esso
essere oggetto di censura di incostituzionalità della norma.
Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt.3,
10, 22, 37 e 44 T.U.380/01 ed alla L.R. n.25/1995 e agli artt.3, 25 e 117 Cost.,
laddove l'ordinanza impugnata attribuisce rilevanza alla legislazione regionale
nell'individuazione di ulteriori attività edilizie (tra cui i mutamenti di
destinazione) come soggette a permesso di costruire e quindi, in caso di
violazione, a sanzione penale. L'ambito della rilevanza penale, infatti, non può
essere modificato dalla legislazione regionale stante la riserva di legge
statale in materia di ordinamento penale (artt. 25 e 117 Cost.). L'art.22 DPR cit.,
nel consentire alle Regioni di estendere o ridurre l'ambito della DIA, precisa
che restano ferme le sanzioni penali di cui all'art.44.; così come l'art.10, nel
consentire alle Regioni di ampliare o restringere l'ambito del permesso di
costruire precisa che la violazione di tali norme non comporta l'applicazione
delle sanzioni di cui all'art.44.
Con il terzo motivo denuncia ulteriore violazione di legge in relazione alla
L.R. n.25/1995 che non può avere alcuna incidenza, sia perché precedente al T.U.
380/2001 , sia perché essa riguarda soltanto i contributi di costruzione, e può
avere quindi un effetto di (ri)penalizzazione.
Con il quarto motivo denuncia ulteriore violazione di legge non determinando,
comunque, l'intervento de quo (mutamento da edificio ricettivo
residenziale a normale residenza) l’alterazione dell'assetto urbanistico -
quanto ad incidenza sugli standard urbanizzativi- da cui l'indirizzo
giurisprudenziale richiamato dall'ordinanza impugnata fa derivare il mutamento
di destinazione d'uso assentibile con permesso di costruire. Con il quinto
motivo denuncia la violazione di legge in relazione al Piano urbanistico, dal
momento che le residenze turistiche sono poste nella categoria non degli
alberghi ma della case per vacanze, il cui passaggio a residenza viene reputato
indifferente quanto al carico insediativo.
Con memoria deposita in data 27.1.2009 il difensore del Meraviglia si riporta a
tutti i motivi di ricorso, sottolineando ancora una volta che il mutamento di
destinazione d'uso non solo è avvenuto tra categorie urbanistiche omogenee
(all'interno della categoria residenziale), ma che esso è assolutamente
indifferente per quanto concerne l'assetto urbanistico e gli eventuali
interventi di urbanizzazione. Inoltre il chiaro tenore dell'art.10 DPR 380/01,
contrariamente a quanto ritenuto dalla S.C. con la sentenza n.24096/2008, che il
Tribunale sembra condividere, esclude rilevanza penale alle ipotesi di
ristrutturazioni edilizie, comportanti il solo mutamento della destinazione
d'uso, effettuate fuori dai centri storici (zone omogenea A).
Nel caso tale unica possibile letterale interpretazione venga ritenuta viziata
di irragionevolezza, gli atti andrebbero inviati alla Corte Costituzionale,
previa eventuale rimessione alle sezioni unite stante il contrasto
giurisprudenziale esistente sul punto.
3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1) Nel presente giudizio di legittimità, che fa seguito a ben due sentenze di
annullamento con rinvio, occorre fondamentalmente accertare se il giudice di
rinvio abbia o no osservato la regola dettata dall'art. 627 c.p.p., comma 3,
("il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di cassazione per
ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa") e dall'art. 173
disp. att. c.p.p., comma 2, ("nel caso di annullamento con rinvio, la sentenza
enuncia specificamente il principio di diritto al quale il giudice di rinvio
deve uniformarsi"). Va, inoltre, ricordato che dalla giurisprudenza di
legittimità è stato chiarito che "la Cassazione risolve una questione di
diritto quando giudica inadempiuto l'obbligo della motivazione, onde il giudice
di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di
merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al
punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui
provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento
secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di
annullamento: con la conseguenza che lo stesso giudice di rinvio resta vincolato
al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante
rilevanza ai fini della decisione, ovvero, ancora, all'esame, non effettuato, di
specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo ( Cass.sez,1 n.
7963 del 15.1.2007; Cass.sez. 1 n.43685 del 13.112007; Cass., Sez. 1^, 7 maggio
1998, Di Iorio, rv. 210791; Sez. 6^, 7 febbraio 1995, Grande, rv. 201266).
3.2) Tanto premesso, il Tribunale del riesame nell'ordinanza impugnata si è
attenuto ai principi ed alla "direttive” contenuti in entrambe le sentenze di
annullamento, ritenendo la rilevanza penale dell'intervento eseguito e che
quindi legittimamente fosse stato disposto il sequestro preventivo.
Con la seconda sentenza di annullamento del 17.1.2008, invero, si evidenziava
espressamente che il Tribunale di Savona “dovrà attenersi ai principi dianzi
enunciati ed a quelli affermati con la precedente sentenza di annullamento per
verificare la legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, limitandola
a tal uopo al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella
legale, precludendo cioè ogni valutazione di merito riguardante la sussistenza
degli indizi di colpevolezza e la gravità degli stessi."
Con la prima sentenza di annullamento del 7.12.2006 era stato ricordato che,
secondo la ricostruzione fattuale (peraltro non contestata) del provvedimento di
sequestro, nel luglio 2002 la CIDIA srl proprietaria dell'immobile aveva
presentato una DIA per opere interne di manutenzione, consistenti nella
eliminazione di parti comuni e nella realizzazione di nuove unità abitative. Il
1° gennaio 2003 -la società aveva presentato richiesta di concessione edilizia,
da intendersi come integrativo della DIA, per poter realizzare opere consistenti
in un aumento di volumi per potenziare l'offerta alberghiera. Nel luglio 2003
era presentata ulteriore richiesta di concessione edilizia, sempre ad
integrazione della DIA, in cui veniva indicato l'aumento di alcune unità
abitative, con la medesima finalità di potenziare l'offerta alberghiera. La
Commissione edilizia integrata esprimeva parere favorevole a condizione che la
società "ottenesse la classificazione alberghiera". Nel dicembre 2000, infine,
erano presentate 49 domande di condono edilizio, relative a 4 unità abitative
ottenute dalla trasformazione di parti comuni della residenza
turistico-alberghiera, e dalla trasformazione di 45 residenze turistiche
alberghiere in alloggi destinati a civili abitazioni. Tanto premesso in fatto e
ricordate le disposizioni normative vigenti di cui al DPR 380/01, la sentenza
7.12.2006 richiamava la giurisprudenza precedente, secondo cui le opere interne
e gli interventi di ristrutturazione edilizia, come pure quelli di manutenzione
ordinaria o straordinaria, ogniqualvolta comportino mutamento di destinazione
d'uso tra categorie d'interventi funzionalmente autonome dal punto di vista
urbanistico e, qualora debbano essere realizzati nei centri storici, anche nel
caso in cui comportino mutamento di destinazione d'uso all'interno di una
categoria omogenea, come ad esempio quella industriale o residenziale,
richiedono il permesso di costruire. Gli stessi interventi di ristrutturazione o
manutenzione, comportanti modificazioni della destinazione d'uso nell'ambito di
categorie omogenee, qualora siano realizzati fuori del centro storico richiedono
solo la denuncia di inizio attività”. Veniva, inoltre, ricordato che la
lottizzazione cd. materiale non presuppone necessariamente il compimento di
opere su un suolo inedificato, ma può verificarsi anche attraverso la
modificazione della destinazione d'uso di un edificio già esistente (la sentenza
n.6990 del 2006 della stessa 3 sezione aveva recepito tale orientamento proprio
con riferimento alla modificazione di un albergo in civili abitazioni in
contrasto con il piano di lottizzazione).
Essendo carente l'analisi motivazionale su tali punti, l'ordinanza impugnata
veniva annullata con rinvio al Tribunale di Savona, non solo per accertare se
l’immobile ricadesse nella zona A (cioè se si trovasse all'interno del centro
storico), ma anche se, “a prescindere dalla modificazione della destinazione
d’uso, ricorrano comunque le altre condizioni dianzi richiamate: modificazioni
non autorizzate del numero delle unità immobiliari, modificazione della sagoma,
dei volumi, ecc.. Con riguardo al reato di cui al capo a) dovrà accertare se, in
relazione alla modificazione della destinazione d'uso sia stato o no alterato
l'aspetto esteriore dell'edificio".
Il Tribunale si limitava, in sede di rinvio, ad accertare che l’immobile non
ricadeva nella zona A. Soltanto genericamente invece escludeva che ricorressero,
congiuntamente, le altre condizioni previste dall'art.10 comma 1 lett.c) DR
380/01. Con l'ulteriore sentenza di annullamento del 17 gennaio 2008 veniva,
pertanto, censurata l'ordinanza emessa dal Tribunale, che aveva sostanzialmente
eluso il decisum della prima sentenza. Si ribadiva infatti che, sul piano
fattuale, era stato accertato nel corso del sopralluogo eseguito dalla p.g. nel
maggio 2006 che erano state realizzate 49 unità abitative distinte e separate
tra loro, oltre che i connessi impianti di servizio interni ed esterni. Sicché
tale accertata tipologia di ristrutturazione “avrebbe ben potuto legittimare la
conclusione che si era in presenza, più che di una formale trasformazione della
destinazione d'uso della categoria "residenziale-turistico" a quella "residenziale-civile,
di una effettiva modificazione in aumento dello stato dei luoghi e dell'aspetto
esteriore...".
3.2.1) Dalla sentenza di annullamento del 17 gennaio che integra e richiama
quella del 7.12.2000, veniva quindi tracciato il binario entro il quale avrebbe
dovuto muoversi il giudice di rinvio. Stante l'accertata realizzazione di ben 49
unità abitative (4 come si è visto ottenute dalla trasformazione di parti comuni
della residenza turistico alberghiera e le altre attraverso la trasformazione in
alloggi destinati a civili abitazioni, con i connessi impianti di servizio..),
andava verificata la rilevanza penale di tale intervento di "ristrutturazione
pesante”.
3.2.2) Ha già in precedenza affermato questa Corte, con la sentenza n.1893 del
13.12.2006, così massimata: “In materia edilizia sono realizzabili con denuncia
di inizio attività gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata
minore, ovvero che comportano una semplice modifica dell'ordine in cui sono
disposte le diverse parti dell'immobile, e con conservazione della consistenza
urbanistica iniziale, classificabili diversamente dagli interventi di
ristrutturazione edilizia descritti dall'art.10, comma primo lett.c) DPR n.380
del 2001, che portano ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente
con aumento delle unità immobiliari o modifiche del volume, sagoma, prospetti o
superfici e per i quali è necessario il preventivo permesso di costruire." (conf.Cass.pen.sez.3
n.12369 del 25.2.2003-).
In motivazione si evidenzia che “la stessa attività di ristrutturazione, del
resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente
considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati.
L'elemento caratterizzante, però è la connessione finalistica delle opere
eseguite, che non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro
complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero
edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in
parte nuovo" e dopo aver esaminato gli artt.10 comma 1 lett.c) e 22 comma 3
lett.a) DPR 380/01 conclude che "Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate
si deduce che sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio
dell’attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle cioè che
determinano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse
parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando
complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza
urbanistica (diverse da quelle descritte nel citato DPR , art.10 comma 1 lett.c)
che possono incidere sul carico urbanistico".
Che con la realizzazione delle 49 unità immobiliari (secondo le modalità già più
volte evidenziate) si desse vita ad un organismo edilizio completamente diverso
dal precedente (si pensi in particolare alle 4 unità ottenute dalla
trasformazione delle parti comuni) diverso dal precedente non può minimamente
essere revocato in dubbio. Del resto, della necessità del permesso di costruire
era convinta la stessa società proprietaria dell'immobile, tanto che ne faceva
espressamente richiesta ad integrazione della DIA e, successivamente, chiedeva
di condonare le predette 49 unità abitative.
Non c'è dubbio, poi, che le abusive trasformazioni potessero aggravare il carico
urbanistico e quindi sussistesse il pericolo che la libera disponibilità delle
49 unità abitative realizzate potesse protrarre le conseguenze del reato.
Nella previsione normativa il riferimento alla "autonoma utilizzabilità" non
impone, infatti, che l’organismo edilizio abusivamente realizzato sia separato
dal principale, ma soltanto che determini la creazione di una struttura
precisamente individuabile e suscettibile di uso indipendente, anche se
l'accesso sia comune (cfr.Cass.sez.3 n.34142 del 5.7.2005).
3.2.3) Trattandosi di questioni di diritto, la motivazione dell'ordinanza
impugnata può nel senso sopra evidenziato essere integrata e precisata.
Conseguentemente tutte le altre doglianze difensive in ordine al mutamento di
destinazione d'uso tra categorie omogenee, alla legislazione regionale, al PUC
debbono ritenersi assorbite.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma l'11 febbraio 2009.
Deposito in Cancelleria il 13/05/2009.
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1974-9562