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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 24647
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Opere abusive edificate
su aree sottoposte a vincoli - Condono - Applicazione - Limiti - Giurisprudenza
costituzionale - Interpretazione - Art. 32, c. 27, lett. d), ed All. I, punti 4,
5 e 6 del d.l. n. 269/2003. Proprio in materia di urbanistica, la Corte
costituzionale con sentenza n. 54 del 2009 ha dichiarato illegittima una norma
regionale che prevedeva il divieto di sanare le opere abusive edificate su aree
sottoposte a vincoli di tutela solo quando questi ultimi «comportino l'inedificabilità
assoluta», e ciò in ossequio all’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. 269 del
2003 in quanto «attribuisce effetto impeditivo della sanatoria ad ulteriori
vincoli, che la norma impugnata ... avrebbe invece l'effetto di vanificare». E
con la successiva ord. n. 150 del 2009 la Corte costituzionale ha espressamente
rilevato che il principio affermato (secondo cui entro le aree vincolate possono
beneficiare del condono le sole opere di restauro e risanamento conservativo,
nonché di manutenzione straordinaria, nei casi indicati nell'Allegato I al d.l.
n. 269 del 2003, punti 4, 5 e 6) «appare del tutto conforme alla lettera della
disposizione impugnata», precisando inoltre che è erronea una ricostruzione
della giurisprudenza costituzionale nel senso che i vincoli preclusivi della
sanatoria dovrebbero essere esclusivamente quelli che prevedano una
inedificabilità assoluta, «atteso che la sentenza n. 54 del 2009 ha chiarito
come tali vincoli non debbano necessariamente comportare l'inedificabilità
assoluta». Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Marra. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 24647
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Opere abusive realizzate in
aree sottoposte a vincoli idrogeologici, ambientali e paesistici - Sanatoria ai
sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, c.25, 26 e 27, conv. con L. n. 326/2003
(c.d. condono edilizio). In materia edilizia, le opere abusive realizzate in
aree sottoposte a vincolo a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e
paesistici possono ottenere la sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art.
32, commi 25, 26 e 27, convertito con L. 24 novembre 2003, n. 326, solo per gli
interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di
illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1; restauro, risanamento
conservativo e manutenzione straordinaria), che siano conformi agli strumenti
urbanistici (abusi formali), e previo parere favorevole dell'autorità preposta
al vincolo. Sicché sono escluse dal condono tutte le nuove costruzioni - quale è
quella oggetto del presente processo - realizzate, in assenza o in totale
difformità dal titolo edilizio in zona assoggettata ad uno dei suddetti vincoli
(cfr. ex plurimis, Cass. Sez. III, 10.5.2005, n. 33297, Palazzi; Cass.
Sez. III, 11.6.2008, n. 37273, Carillo; Cass. Sez. III, 26.10.2007, n. 45242,
Tirelli). Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Marra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 15/06/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 24647
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Condono ambientale -
Art. 1, c. 37, 38 e 39 L. n. 308/2004 - Effetti - Art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 -
L. n. 326/2003 (c.d. condono edilizio). Il condono ambientale introdotto
dall'art. 1, commi 37, 38 e 39 L. n. 308 del 2004 estingue esclusivamente il
reato di cui all'art. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004 e gli altri reati paesaggistici,
ma non si estende al reato edilizio attesa la mancanza di norme di
coordinamento, diversamente da quanto disciplinato con la L. n. 326 del 2003
(cosiddetto condono edilizio), che espressamente prevedeva che il rilascio del
titolo abilitativo edilizio estinguesse anche il reato per la violazione del
vincolo (Cass. Sez. III, 7.12.2007, Verrillo; Cass. Sez. III, 5.4.2006, Turco).
Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Marra. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
15/06/2009 (Ud. 24/03/2009), Sentenza n. 24647
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UDIENZA 24.03.2009
SENTENZA N. 671
REG. GENERALE n.36447/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Amedeo FRANCO (est.) Consigliere
Dott. Guicla I. MÚLLIRI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Marra Giulia, nata a San Pancrazio Salentino il
9.8.1947;
avverso la sentenza emessa il 7.4.2008 dalla corte d'appello di Lecce;
udita nella pubblica udienza del 24 marzo 2009 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Alfredo Montagna, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la corte
d'appello di Lecce confermò la sentenza 16.5.2007 del giudice del tribunale di
Lecce, sezione distaccata di Nardò, che aveva dichiarato Marra Giulia colpevole
dei reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 349
cod. pen., condannandola alla pena ritenuta di giustizia.
L' imputata propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell'art. 32 D.L. 10.9.2003 n.269; manifesta illogicità della
motivazione in punto di pretesa irrilevanza tanto del condono edilizio quanto
del condono ambientale in riferimento alle opere in contestazione;
violazione dell'art. 1, comma 37, legge 15 dicembre 2004, n. 308, in materia di condono ambientale.
Sostiene, in sintesi, che la corte d'appello ha errato nel ritenere
che l'opera in questione non fosse suscettibile di condono edilizio perché sita
in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, pur non essendo la stessa sottoposta
a divieto di inedificabilità assoluta. Sostiene poi che in ogni caso, ella aveva
presentato domanda di condono ambientale ai sensi della legge 15 dicembre 2004,
n. 308, e che la concessione del condono ambientale, facendo per così dire
caducare il vincolo, avrebbe comportato anche la possibilità di ottenere il
condono edilizio. La corte d'appello ha invero errato nel ritenere che il
condono ambientale avrebbe un ambito coincidente con quello del condono edilizio
e che quindi sarebbe possibile soltanto per gli interventi di minore entità.
L'autorizzazione paesaggistica in sanatoria comporta lo sgravio del vincolo
paesaggistico, rendendo in tal modo possibile l'accesso al condono edilizio
anche per gli immobili realizzati in zona sottoposta a vincolo.
2) manifesta illogicità della motivazione per travisamento del fatto in ordine
all'accertamento della data in cui è stato conosciuto dall'imputato il sequestro
e l'apposizione dei sigilli;
violazione del principio di presunzione di innocenza.
Osserva che erroneamente la corte d'appello ha ritenuto che ella
avrebbe conosciuto il provvedimento di sequestro in data 21.2.2003, dal momento
che in tale data le fu notificato (all'estero dove risiedeva) non il
provvedimento di sequestro ma l'invito ad eleggere domicilio. Il sequestro le fu
invece notificato il 3.3.2003. Ora, non vi è nessuna prova che vi sia stata una
modificazione dello stato dei luoghi successivamente a tale data del 3.3.2003.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è
infondato perché la corte di appello ha correttamente applicato il principio di
diritto costantemente affermato da questa Corte in tema di condono edilizio,
secondo cui, in materia edilizia, le opere abusive realizzate in aree sottoposte
a vincolo a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici
possono ottenere la sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, commi
25, 26 e 27, convertito con L. 24 novembre 2003, n. 326, solo per gli interventi
edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai
nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1; restauro, risanamento conservativo e manutenzione
straordinaria), che siano conformi agli strumenti urbanistici (abusi formali), e
previo parere favorevole dell'autorità preposta al vincolo. Sicché sono escluse
dal condono tutte le nuove costruzioni — quale è quella oggetto del presente
processo — realizzate, in assenza o in totale difformità dal titolo edilizio in
zona assoggettata ad uno dei suddetti vincoli (cfr. ex plurimis, Sez. III,
10.5.2005, n. 33297, Palazzi, m. 232186; Sez. III, 11.6.2008, n. 37273, Carillo;
Sez. III, 26.10.2007, n. 45242, Tirelli).
Non è poi esatto l'assunto della ricorrente che la Corte costituzionale avrebbe
chiarito, con riferimento agli abusi in aree vincolate, che la sanabilità delle
opere realizzate in area vincolata è da escludere solo se si tratti di vincolo
di inedificabilità assoluta (divieti di edificazione o prescrizioni di
inedificabilità ex art. 33 legge 28 febbraio 1985, n. 47) e non anche nella
diversa ipotesi di vincolo di inedificabilità relativa. E difatti, la sentenza
n. 54 del 2009 ha dichiarato illegittima una norma regionale che prevedeva il
divieto di sanare le opere abusive edificate su aree sottoposte a vincoli di
tutela solo quando questi ultimi «comportino l'inedificabilità assoluta», e ciò
proprio perché l’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. 269 del 2003 «attribuisce
effetto impeditivo della sanatoria ad ulteriori vincoli, che la norma impugnata
... avrebbe invece l'effetto di vanificare». E con la successiva ord. n. 150 del
2009 la Corte costituzionale ha espressamente rilevato che il principio
affermato da questa Corte (secondo cui entro le aree vincolate possono
beneficiare del condono le sole opere di restauro e risanamento conservativo,
nonché di manutenzione straordinaria, nei casi indicati nell'Allegato I al d.l.
n. 269 del 2003, punti 4, 5 e 6) «appare del tutto conforme alla lettera della
disposizione impugnata», precisando inoltre che è erronea una ricostruzione
della giurisprudenza costituzionale nel senso che i vincoli preclusivi della
sanatoria dovrebbero essere esclusivamente quelli che prevedano una
inedificabilità assoluta, «atteso che la sentenza n. 54 del 2009 ha chiarito
come tali vincoli non debbano necessariamente comportare l'inedificabilità
assoluta».
La ricorrente poi sostiene che, avendo presentato domanda di condono ambientale
ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n. 308, l'accoglimento di tale domanda e
la concessione del condono ambientale, facendo per così dire caducare il
vincolo, avrebbero comportato anche la possibilità di ottenere il condono
edilizio. Sostiene inoltre che il condono ambientale sarebbe nella specie
concedibile perché esso avrebbe un ambito diverso dal condono edilizio e quindi
sarebbe possibile anche per interventi diversi da quelli di minore entità.
Anche questi assunti sono chiaramente infondati. Va preliminarmente osservato
che nel presente processo l'imputata risponde del solo reato edilizio e non
anche di quello ambientale, che non le è stato contestato. Sono quindi nella
specie irrilevanti tutte le questioni relative all'ambito ed all'estensione del
c.d. condono ambientale. Ed infatti, quand'anche dovesse accogliersi la tesi che
il condono ambientale non sarebbe anch'esso limitato agli interventi di minore
entità e quindi sarebbe concedibile nella specie, in ogni caso non ne potrebbe
derivare alcuna conseguenza in ordine alla possibilità di ottenere il condono
edilizio. E ciò perché, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il
condono ambientale introdotto dall'art. 1, commi 37, 38 e 39 L. n. 308 del 2004
estingue esclusivamente il reato di cui all'art. 181 D.Lgs. n. 42 del 2004 e gli
altri reati paesaggistici, ma non si estende al reato edilizio attesa la
mancanza di norme di coordinamento, diversamente da quanto disciplinato con la
L. n. 326 del 2003 (cosiddetto condono edilizio), che espressamente prevedeva
che il rilascio del titolo abilitativo edilizio estinguesse anche il reato per
la violazione del vincolo (Sez. III, 7.12.2007, Verrillo, m. 234327; Sez. III,
5.4.2006, Turco, m.. 234327).
Il secondo motivo si risolve in una censura in fatto ed è comunque infondato.
Infatti, anche a voler accettare l'assunto della ricorrente secondo cui la
stessa avrebbe avuto notizia del sequestro non in data 21 febbraio 2003, bensì
solo in data 3 marzo 2003, ugualmente sarebbe responsabile del reato di
violazione dei sigilli, perché la prosecuzione dei lavori nonostante il
sequestro fu accertata non solo in data 24 febbraio 2003, ma anche
successivamente in data 28 aprile 2003, quando cioè l'imputata era pacificamente
già da tempo a conoscenza del vincolo imposto al manufatto. Non è poi
sindacabile in questa sede l'accertamento di fatto del giudice del merito che i
lavori abusivi erano proseguiti dopo il 24 febbraio 2003 e fino al 28 aprile
2003.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 24 marzo
2009.
Deposito in Cancelleria il 15/06/2009.
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