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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 25149
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - Caccia - Differenza tra uccellagione e caccia
con mezzi vietati - Artt. 3, 12 e 13 L. n. 157/1992. La distinzione fra
caccia con mezzi vietati ed uccellagione è costituita dall’uso e dalla
particolare offensività degli strumenti utilizzati, atteso che l’uccellagione è
diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari, ivi compresi
quelli dei quali la cattura è vietata in modo assoluto, mentre la caccia con
mezzi vietati è diretta alla cattura di singoli e specifici esemplari. (Cass.
sez. III, 21.3.2007 n. 17272, Del Pesce; conf. con specifico riferimento alla
caccia mediante l'uso di reti: Cass. sez. III, 1.2.2006 n. 6343, Fagoni; Cass.
sez. III, 199909607, Baire; Cass. sez. III, 199604918, Giusti). Pres. Onorato,
Est. Lombardi, Ric. Locatelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
17/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 25149
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - Caccia - Uccellagione e esercizio venatorio
- Nozione - Artt. 3, 12 e 13 L. n. 157/1992. Costituisce uccellagione
qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego non
momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie, ecc.), diretto
alla cattura di un numero indiscriminato di volatili. Costituisce esercizio
venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli esemplari di fauna
selvatica. Pertanto, a norma dell'articolo 3, L. n. 157 del 1992 l'uccellagione
è sempre vietata, e si distingue dall'attività venatoria che è consentita se
esercitata nei tempi e nei modi previsti dalla legge (art. 12 e 13 n. 157/1992).
Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Locatelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 25149
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - Caccia - Uccellagione e esercizio venatorio
- Differenza - Offensività degli strumenti usati - Cattura di un numero
indiscriminato di esemplari - Destinazione dell'esemplare catturato (uccisione o
conservazione in vita) - Ininfluenza - Artt. 3, 12 e 13 L. n. 157/1992.
L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio
venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e dalla
particolare offensività degli strumenti usati nel senso che l'uccellagione è
diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari con possibilità di
colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la
cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo vietato di
volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari. Non è quindi la
destinazione dell'esemplare catturato - uccisione o conservazione in vita - che
distingue le due forme di attività ma la maggiore offensività del mezzo illecito
adoperato. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Locatelli. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n. 25149
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - Caccia - Utilizzo di una rete - Attività di
uccellagione - Art. 8 Dir. CEE 79/409 - Artt. 3, 12 e 13 L. n. 157/1992.
L'adozione di una rete, se è idonea alla cattura indiscriminata di volatili, da
luogo all'attività di uccellagione e non all'esercizio venatorio con mezzo non
consentito perché l'uccellagione non presuppone necessariamente l'uso di un
complesso sistema di estese reti essendo sufficiente l'adozione di reti,
ancorché di modesta grandezza, purché idonee alla cattura indiscriminata e non
momentanea di volatili. Sicché, secondo la definizione contenuta nell'art. 3
della L. n. 157/92, l'uccellagione costituisce una condotta più grave della mera
cattura di uccelli e che, alla luce dell'art. 8 della Direttiva CEE 79/409, con
il termine uccellagione deve intendersi la cattura di uccelli in strutture
predisposte di ampie dimensioni con il ricorso a mezzi, impianti e metodi di
uccisione in massa o comunque non selettivi e che possono portare localmente
alla scomparsa di una specie. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Locatelli.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 17/06/2009 (Ud. 23/04/2009), Sentenza n.
25149
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UDIENZA 23.04.2009
SENTENZA N. 891
REG. GENERALE n.1632/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi Onorato Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Santi Gazzara Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Alberto Riva, difensore di fiducia di Locatelli
Orientino, n. a Bonate
Sotto il 29.1.1941, avverso la sentenza in data 23.10.2008 del Tribunale di
Bergamo, con la quale venne condannato alla pena di € 1.400,00 di ammenda, quale
colpevole dei reati: a) di cui all'art. 30 lett. e) della L. 11.2.1992 n. 157;
b) di cui agli art. 18, comma primo lett. b), e 30 lett. h) della L. 11.2.1992
n. 157, unificati sotto il vincolo della continuazione.
-
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
-
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
-
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Guglielmo
Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
-
Udito il difensore, Avv. Lorenzo Cantucci, in sostituzione dell'Avv. Alberto
Riva, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il
Tribunale di Bergamo ha affermato la colpevolezza di Locatelli Orientino in
ordine ai reati: a) di cui all'art. 30 lett. e) della L. 11.2.1992 n. 157; b) di
cui agli art. 18, comma primo lett. b), e 30 lett. h) della L. 11.2.1992 n. 157,
a lui ascritti per avere esercitato l'uccellagione a mezzo di una rete verticale
e per avere detenuto uccelli di cui non è consentita la caccia al di fuori del
periodo venatorio.
Il giudice di merito, nell'affermare la colpevolezza dell'imputato in ordine al
reato di cui al capo a), ha osservato che l'uso di una rete a tramaglio integra
il reato di uccellagione, in quanto consente la cattura indiscriminata di
uccelli di tutte le specie, con la conseguente possibilità di arrecare un danno
al patrimonio avicolo ben maggiore di quello ricollegabile alla normale cattura
o abbattimento di uccelli con mezzi vietati, sanzionato dall'art. 30 lett. h)
della L. n. 157/92.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli art. 3 e 30, comma primo lett. e), della L. n. 157/92.
Si deduce, in sintesi, che l'ipotesi di reato prevista dalle disposizioni citate
è integrata esclusivamente dall'uso di reti per uccellagione e, cioè, di reti
che per le loro caratteristiche siano idonee a consentire la cattura di massa di
uccelli, mentre l'uso di reti diverse, di modeste dimensioni, rientra
nell'ipotesi dell'esercizio della caccia con mezzi vietati, sanzionata dall'art.
30, primo comma lett. h), della medesima legge.
Si osserva sul punto che la disposizione da ultimo citata prevede tra le varie
ipotesi di reato anche quella della cattura di uccelli con mezzi vietati, che
non potrebbe mai effettuarsi con l'uso di strumenti quale un'arma da sparo,
mentre l'art. 21 lett. u) della medesima legge espressamente indica tra i mezzi
vietati le reti, senza ulteriori specificazioni.
Si aggiunge che l’art. 21 lett. v) della legge vieta, invece, in modo assoluto
la vendita a privati e la detenzione da parte di privati di "reti da
uccellagione", a dimostrazione che il legislatore ha voluto operare una
significativa distinzione tra la cattura di uccelli mediante semplici reti e
l'uso di reti da uccellagione.
Si osserva, infine, che, secondo la definizione contenuta nell'art. 3 della L.
n. 157/92, l'uccellagione costituisce una condotta più grave della mera cattura
di uccelli e che, alla luce dell'art. 8 della Direttiva CEE 79/409, con il
termine uccellagione deve intendersi la cattura di uccelli in strutture
predisposte di ampie dimensioni con il ricorso a mezzi, impianti e metodi di
uccisione in massa o comunque non selettivi e che possono portare localmente
alla scomparsa di una specie.
Si deduce, quindi, che la sentenza impugnata ha erroneamente interpretato le
disposizioni citate, ritenendo irrilevante la valutazione del tipo di rete
adoperata dall'imputato ed in particolare affermando che anche l'uso di reti
diverse da quelle per uccellagione integra il reato di cui all'art. 30, primo
comma lett. e), della legge n. 157/92.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia mancanza o manifesta illogicità
della motivazione della sentenza.
Si osserva che il giudice di merito aveva acconsentito alla produzione da parte
della difesa della relazione redatta dal consulente prof. Ettore Medani in
ordine alle caratteristiche della rete adoperata dall'imputato, dalla quale
poteva desumersi che la stessa aveva carattere di selettività e si escludeva che
potesse qualificarsi rete da uccellagione.
Si deduce, quindi, che il giudice di merito ha omesso di valutare le risultanze
del documento citato ovvero omesso di motivare in ordine alla rilevanza della
predetta relazione, che risultava utilizzabile quanto meno alla stregua di una
memoria difensiva dopo che ne era stata ammessa la produzione.
Il ricorso non è fondato.
La definizione della condotta, che integra il reato di uccellagione, è stata
oggetto di reiterate pronunce di questa Suprema Corte, il cui indirizzo
interpretativo più recente, da cui il Collegio non ravvisa ragioni per
discostarsi, è consolidato nell'affermare che "La distinzione fra caccia con
• mezzi vietati ed uccellagione è costituita dall'uso e dalla particolare
offensività degli strumenti
• utilizzati, atteso che l’uccellagione è diretta alla cattura di un numero
indiscriminato di esemplari, ivi compresi quelli dei quali la cattura è vietata
in modo assoluto, mentre la caccia con mezzi vietati é diretta alla cattura di
singoli e specifici esemplari." (sez. III, 21.3.2007 n. 17272, Del Pesce, RV
236497; conf. con specifico riferimento alla caccia mediante l'uso di reti: sez.
III, 1.2.2006 n. 6343, Fagoni, RV 233316; sez. III, 199909607, Baire, RV 214597;
sez. III, 199604918, Giusti, RV 205462).
Si è osservato, infatti, nelle citate pronunce che la L. n. 157 del 1992
distingue l'uccellagione, che a norma dell'articolo 3 è sempre vietata,
dall'attività venatoria che è consentita se esercitata nei tempi e nei modi
previsti dalla legge (art. 12 e 13).
Costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi
fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti,
panie, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili.
Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli
esemplari di fauna selvatica.
L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio
venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e dalla
particolare offensività degli strumenti usati nel senso che l'uccellagione è
diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari con possibilità di
colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la
cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo vietato di
volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari.
Non è quindi la destinazione dell'esemplare catturato - uccisione o
conservazione in vita - che distingue le due forme di attività ma la maggiore
offensività del mezzo illecito adoperato.
L'adozione di una rete, se è idonea alla cattura indiscriminata di volatili, da
luogo all'attività di uccellagione e non all'esercizio venatorio con mezzo non
consentito perché l'uccellagione non presuppone necessariamente l'uso di un
complesso sistema di estese reti essendo sufficiente l'adozione di reti,
ancorché di modesta grandezza, purché idonee alla cattura indiscriminata e non
momentanea di volatili.
Orbene, nel caso in esame, il giudice di merito ha accertato, con valutazione
non censurabile in sede di legittimità che la rete "a tramaglio" adoperata
dall'imputato consentiva la cattura indiscriminata di uccelli di tutte le specie
con la possibilità di arrecare al patrimonio avicolo un danno ben maggiore di
quello ricollegabile alla normale cattura o abbattimento di uccelli e la
conseguente sussistenza della fattispecie dell'uccellagione contestata nel capo
di imputazione.
Peraltro, detta valutazione di merito si riferisce specificamente al tipo di
rete adoperata dal Locatelli con la conseguente infondatezza anche del secondo
motivo di gravame, con il quale vengono sostanzialmente formulate censure in
punto di fatto avverso l'accertamento delle caratteristiche della rete
adoperata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 23.4.2009.
Deposito in Cancelleria il 17 giugno 2009.
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