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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 19/05/2009), Sentenza n. 26573



DIRITTO URBANISTICO - Pertinenze soggette a permesso di costruire - Criteri di individuazione - Art.3 c. 1, lett. e) e punto 6 del D.P.R. n 380/2001 - Art. 10, D.P.R. n 380/2001 T.U.E..
La norma per individuare le pertinenze soggette a permesso di costruire indica due criteri: uno qualitativo, che si sostanzia nella possibilità concessa ai Comuni di restringere ulteriormente l'area delle opere pertinenziali, realizzabili con la semplice denuncia di inizio attività, sottoponendo a permesso di costruire tutti gli interventi che, in ragione delle caratteristiche delle aree in cui si intende operare, richiedono un più penetrante controllo; ed uno quantitativo,che si concreta nel considerare comunque nuova costruzione l'intervento pertinenziale che determina un aumento del 20% del volume dell'edificio principale. In questo caso, dunque, il legislatore presume che un volume superiore al limite quantitativo prefissato determini senz'altro un aggravio al carico urbanistico esistente. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Morandin. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 19/05/2009), Sentenza n. 26573

DIRITTO URBANISTICO - Pertinenze - Valutazione dell'ente territoriale e legislazione statale - Fattispecie. La valutazione dell'ente territoriale di qualificare un intervento pertinenziale come nuova costruzione a prescindere dalla sue dimensioni allorché ricade in determinate zone degne di maggiore tutela da parte dell'ente territoriale, non si pone in contrasto con la legislazione statale, posto che questa riconosce all'ente territoriale tale facoltà. Nella specie, il tecnico comunale ha precisato che l'opera non era sanabile e che richiedeva il permesso di costruire in base agli strumenti urbanistici del comune perché ricadente in zona agricola. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Morandin. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 19/05/2009), Sentenza n. 26573

DIRITTO URBANISTICO - Natura precaria di un manufatto - Uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo. In materia edilizia, la natura precaria di un manufatto, ai fini della sua non sottoposizione al preventivo rilascio del permesso di costruire, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dall'utilizzatore, né dal dato che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo, ma deve riconnettersi ad una intrinseca destinazione materiale dell'opera stessa ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con la conseguente e sollecita eliminazione del manufatto alla cessazione dell'uso (Cass nn.. 24898/2003 e 46172/2002). Pertanto, non riveste alcuna rilevanza stabilire se il manufatto fosse o no stabilmente ancorato al suolo, posto che l' uso precario non risulta dalla natura dell'opera, non è stato peraltro indicato dal ricorrente ed è stato negato dal tecnico comunale. Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Morandin. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 19/05/2009), Sentenza n. 26573

 


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UDIENZA  19.05.2009

SENTENZA N. 1079

REG. GENERALE n.1906/09


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott.  Guido De Maio                    Presidente
Dott.  Ciro Petti                            Consigliere
Dott.  Amedeo Franco                  Consigliere

Dott.  Margherita Marmo               Consigliere
Dott.  Silvio Amoresano                Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto dal difensore di Morandin Massimino, nato a Valencia (Venezuela) il 7 marzo del 1951,avverso la sentenza della corte d'appello di Venezia del 4 luglio del 2008;

udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;

sentito il sostituto procuratore generale dott. Francesco Lo Voi , il quale ha concluso per l'annullamento senza rinvio per l'insussistenza del fatto ;

udito il difensore avv. Catia Salvalaggio , che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;

Letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto segue
 

IN FATTO
 

La corte d'appello di Venezia,con sentenza del 4 luglio del 2008, confermava quella resa dal tribunale di Treviso il 28 ottobre del 2007, con cui Morandin Massimino era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche, del reato di cui all'articolo 44 lettera b), per avere realizzato nei pressi della piscina una struttura coperta senza il permesso di costruire. Fatto accertato il 14 novembre del 2006

A fondamento della decisione la corte osservava che non trattatasi di opera precaria e che in base alle norme tecniche di attuazione del Comune di San Biagio di Callalta anche per gli interventi pertinenziali occorreva il permesso di costruire

Ricorre per cassazione l'imputato deducendo:
- l'erronea applicazione dell'articolo 3 comma 1 lettera e) e 6 del D.P.R. n 380 del 2001, giacché l'intervento in questione, avendo natura pertinenziale, non richiedeva il permesso di costruire, in quanto le norme tecniche di attuazione del piano regolatore del Comune di San Biagio di Collalta, in relazione alla zona in cui si trova la costruzione in esame non contengono particolari vincoli ambientali o paesaggistici;

- inoltre la previsione contenuta nel Regolamento edilizio del Comune di San Biagio in ordine alla necessità di ottenere il permesso di costruire anche per gli interventi pertinenziali è inapplicabile in quanto in contrasto con la normativa statale;
- manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si è esclusa la natura precaria dell'opera.
 

IN DIRITTO
 

Il ricorso va respinto perché infondato

Con riferimento al primo motivo si osserva che l'articolo 3 comma 1 lettera e) punto 6 del T.U considera «interventi di nuova costruzione», subordinati ai sensi dell'art. 10 al permesso di costruire «gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale».

La norma per individuare le pertinenze soggette a permesso di costruire indica due criteri: uno qualitativo, che si sostanzia nella possibilità concessa ai Comuni di restringere ulteriormente l'area delle opere pertinenziali, realizzabili con la semplice denuncia di inizio attività, sottoponendo a permesso di costruire tutti gli interventi che, in ragione delle caratteristiche delle aree in cui si intende operare, richiedono un più penetrante controllo; ed uno quantitativo,che si concreta nel considerare comunque nuova costruzione l'intervento pertinenziale che determina un aumento del 20% del volume dell'edificio principale. In questo caso, dunque, il legislatore presume che un volume superiore al limite quantitativo prefissato determini senz'altro un aggravio al carico urbanistico esistente.

La valutazione dell'ente territoriale di qualificare un intervento pertinenziale come nuova costruzione a prescindere dalla sue dimensioni allorché ricade in determinate zone degne di maggiore tutela da parte dell'ente territoriale,contrariamente all'assunto del ricorrente, non si pone in contrasto con la legislazione statale, posto che questa riconosce all'ente territoriale tale facoltà.

Nella fattispecie, come risulta dalla sentenza impugnata, il tecnico comunale ha precisato che l'opera non era sanabile e che richiedeva il permesso di costruire in base agli strumenti urbanistici del comune perché ricadente in zona agricola. Lo stesso ricorrente alla pagina cinque del ricorso riconosce che in base al piano regolatore (art 4) nelle zone agricole occorreva il permesso di costruire anche per gli interventi pertinenziali, ma sostiene che la norma regolamentare non poteva derogare alla disciplina statale. Si è però già precisato che la norma regolamentare non conteneva alcuna deroga alla disciplina statale perché questa, come prima chiarito, attribuisce ai comuni la possibilità di ampliare la fascia degli interventi pertinenziali per i quali è necessario il permesso di costruire. Le Norme Tecniche di attuazione dovevano adeguarsi alla previsione del Piano Regolatore e comunque non contengono alcuna deroga al principio fissato dall' articolo 4 del Regolamento. D'altra parte, se la realizzazione dell'intervento in questione non avesse richiesto il permesso di costruire non sarebbe stata disposta dal comune la demolizione

Con riferimento al secondo motivo si rileva che, in materia edilizia, secondo il consolidato orientamento di questa corte, la natura precaria di un manufatto, ai fini della sua non sottoposizione al preventivo rilascio del permesso di costruire, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dall'utilizzatore, né dal dato che si tratti di un manufatto smontabile e non infisso al suolo, ma deve riconnettersi ad una intrinseca destinazione materiale dell'opera stessa ad un uso realmente precario per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con la conseguente e sollecita eliminazione del manufatto alla cessazione dell'uso (cfr per tutte Cass n 24898 del 2003;46172 del 2002) Quindi non ha alcuna rilevanza stabilire se il manufatto fosse o no stabilmente ancorato al suolo, posto che l'uso precario non risulta dalla natura dell'opera, non è stato peraltro indicato dal ricorrente ed è stato negato dal tecnico comunale
 

P.Q.M.
LA CORTE
 

Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta

Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il19 maggio del 2009.
Deposito in Cancelleria il 26 giugno 2009.


 


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