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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO URBANISTICO - Reati urbanistici - Lottizzazione edilizia approvata e
lottizzazione abusiva - Criterio distintivo tra il semplice abuso edilizio e la
lottizzazione abusiva - Art.30 c. 1, DPR 380/01, T.U.E.. In tema di reati
urbanistici, anche una lottizzazione approvata può, attraverso modifiche non
previste, alterare e modificare le previsioni urbanistiche. Pertanto, a
prescindere dall’esistenza o meno dell’autorizzazione, si tratta di accertare se
l’intervento, completamente o parzialmente abusivo, possa qualificarsi come un
semplice abuso edilizio o piuttosto una lottizzazione abusiva. Pres. De Maio,
Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione edilizia - Nozione - Lottizzazione
abusiva - Criteri d’individuazione - Art.30, DPR 380/01, T.U.E.. A norma
dell'art.30 DPR 380/01, va qualificata come lottizzazione quell’insieme di opere
o di atti giuridici che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia di
terreni a scopo edificatorio intesa quale conferimento all'area di un diverso
assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse
collettivo, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano (Cass. sez. 3 del
3.3.2005 n.17663). Sicché, costituisce lottizzazione edilizia qualsiasi
utilizzazione del suolo che, indipendentemente dall'entità del frazionamento
fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o
successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o
industriale, che postulino l’attuazione di opere di urbanizzazione primaria o
secondaria occorrenti per le necessità dell'insediamento. Il reato di
lottizzazione può configurarsi: "- in presenza di un intervento sul territorio
tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non
urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata , per cui esiste la necessità di
attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la
redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria
adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione; - ma anche
allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato
poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni
di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione
che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi" (cfr. Cass.
sez.3 n.37.472 del 26.6.2008- ric.Belloi ed altri; conf. Cass. sez.3 n.12426 del
7.2.2008- Bardini). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri.
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26586
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Integrazione - Art.30 c.
1, DPR 380/01. Il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche
quando vengano realizzate opere per le quali sia stato rilasciato un
provvedimento di autorizzazione, ove dette opere comportino una trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse
dagli strumenti urbanistici e dalla legge, restando a tal proposito indifferente
se la violazione dipenda dalla carenza del necessario piano di lottizzazione o
se piuttosto l'intervento risulti precluso in radice per le sue connotazioni
obiettive, tali da porlo in contrasto con lo strumento generale di
pianificazione. (Cass. sez.6, 8.2.2005 n.4424). Pres. De Maio, Est. Amoresano,
Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud.
15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Obbligo della motivazione - Ricorso in
cassazione - Violazione dell'art.627, c.3 c.p.p. in relazione agli artt.324 e
325 c.p.p., 125 c. 3 c.p.p. e la mancanza assoluta di motivazione. Rientra
nella questione di diritto l’inadempiuto obbligo della motivazione, onde il
giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio
convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di
fatto relativa al punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare
il giudice il cui provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il
proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento, con la conseguenza che lo stesso
giudice di rinvio resta vincolato al compimento di una determinata indagine, in
precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, ovvero,
ancora, all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul
giudizio conclusivo (Cass. sez. 1 del 15.1.2007, n. 7963; Cass. sez. 1 del
13.11.2007, n.43685). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri.
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26586
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Obbligo della motivazione - Ricorso in
cassazione - "errores in iudicando" o "in procedendo"
- Violazione dell'art.627, c.3 c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p.,
125 c. 3 c.p.p. e la mancanza assoluta di motivazione - Autonomo mezzo di
annullamento - Art.606 lett.e) c.p.p.. Il ricorso per cassazione, a norma
dell'art.325 c.p.p., può essere proposto soltanto per violazione di legge. Nel
concetto di violazione di legge può comprendersi, però, la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate
all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p.,
che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità
della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento
dall'art.606 lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non
risultante dal testo del provvedimento (Cass. sentenza n.2/2004, Terrazzi). Tali
principi sono stati ulteriormente ribaditi, (Cass. sez. unite del 29.5.2008
sentenza n.25932 -Ivanov), secondo cui nella violazione di legge debbono
intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo",
sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato
argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo
dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee
a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Pres. De Maio,
Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro - Poteri del Tribunale del riesame -
Interpretazione limitativa della cognizione incidentale - Fondamento. Nei
procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di
sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al
quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità
dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a
verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi
endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere
conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice
del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione
incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare
surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum
causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della
fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida
attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. (Cass. sez.
unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric.
Nicoletti ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud.
15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Poteri del Tribunale del riesame -
Interpretazione limitativa della cognizione incidentale - Fondamento -
Fumus commissi delicti - Criterio di valutazione dell'antigiuridicità
penale del fatto e degli atti processuali. L'accertamento, della sussistenza
del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità
degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano
fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma
che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono-
in una prospettiva di ragionevole probabilità di sussumere l'ipotesi formulata
in quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un
processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo
nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie
dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che
legittimano il sequestro (Cass. pen. sez.3 n.40189/2006 - ric.Di Luggo). Il
controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica della
riconducibilità in astratto del fatto indicato dall'accusa alla fattispecie
criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell'antigiuridicità
penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto, nell'accertamento del "fumus
commissi delicti", degli elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti
processuali e delle relative contestazioni difensive. (Cass. sez. un. n.23/1997,
…al giudice del riesame spetta quindi il dovere di accertare la sussistenza del
cd.fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo dell'astrattezza, va
sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella
virtuale). Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reato ipotizzato dal p.m. - Prospettazione
dell'accusa giuridicamente infondata - Poteri del Tribunale del riesame -
Giudice cautelare e giudice di merito - Differenza. La verifica da parte del
giudice del riesame del "fumus commissi delicti", ancorché limitata
all'astratta configurabilità del reato ipotizzato dal p.m., importa che lo
stesso giudice, lungi dall'essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione
dell'accusa, abbia il potere-dovere di escluderla, quando essa appaia
giuridicamente infondata. Pur non potendosi, quindi interpretare in modo
burocratico i poteri del giudice cautelare in relazione alla astratta
configurabilità del reato ipotizzato, è assolutamente pacifico che egli non
abbia poteri istruttori. L’unica differenza che corre tra giudice cautelare e
giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione e di valutazione
probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma
tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di diritto se sulla
base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il reato
contestato. Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Nicoletti ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/06/2009 (Ud. 15/04/2009), Sentenza n. 26586
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UDIENZA 15.04.2009
SENTENZA N. 581
REG. GENERALE n.043949/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido De Maio Presidente
Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
Dott. Guicla I. Mùlliri Consigliere
Dott. Giulio Sarno Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Nicoletti Antonio Paolo nato il
4.3.1949
2) Latorre Antonio nato il 2.10.1960
3) Olivieri Nunzio nato il 6.7.1965
4) Tataranni Giuseppe nato il 22.10.1949
avverso l'ordinanza del Tribunale di Matera dell'11.11.2008
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G., dr.Antonio Siniscalchi,che ha chiesto
l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata
sentiti i difensori, avv.ti Michele Laforgia, Nino Matassa e Francesco Calculli,
che hanno chiesto l'accoglimento del ricorso
OSSERVA
1) Il Consiglio comunale di Matera, in data 30.12.1991, approvava, nella vigenza del PRG cd.Piccinato, il piano di lottizzazione dell'area denominata "Centro di quartiere di via dei Normanni in Matera". La Giunta comunale in data 24.2.2002 adottava un nuovo piano di lottizzazione (indicato come variante al precedente), che veniva approvato dal Consiglio Comunale in data 11 aprile 2002. Il 20 febbraio 2003 interveniva la convenzione di lottizzazione e nei mesi di agosto settembre 2003 venivano rilasciati i permessi di costruire. Nel frattempo era stata adottata dal Consiglio Comunale, in data 23.2.2000, una variante al PRG denominata "Variante Nigro 99", poi modificata con delibera del 21.4.2006 ed approvata dalla Regione il 20.12.2006.
Il GIP del Tribunale di Matera, in accoglimento della richiesta del P.M.,
emetteva in data 26.6.2007 decreto di sequestro preventivo ai sensi dell'art.321
commi 1 e 2 c.p.p. di tutta l'area di lottizzazione per complessivi mq.51.220 e
di alcuni immobili, ipotizzando nei confronti degli indagati Nicoletti Antonio
Paolo, Latorre Antonio, Olivieri Nunzio, Tataranni Giuseppe, i primi tre in
qualità di rappresentanti di imprese esecutrici e società lottizzanti e l'ultimo
quale direttore dei lavori, per varie ipotesi di lottizzazione abusiva.
La richiesta di riesame proposta dagli indagati veniva respinta dal Tribunale di
Matera con provvedimento del 26.7.2007. A seguito di ricorso, la Corte di
Cassazione sez.3, con sentenza del 29.11.2007, annullava l'ordinanza impugnata,
con rinvio al Tribunale di Matera, che, a sua volta, con ordinanza del 4.3.2008,
rigettava ancora la richiesta di riesame.
Investita nuovamente la Corte di cassazione dal ricorso degli indagati, la 4
sezione con sentenza dell'8.7.2008 annullava l'ordinanza impugnata, rinviando al
Tribunale di Matera. Quest'ultimo, in sede di rinvio, con ordinanza
dell'11.11.2008, rigettava la originaria richiesta di riesame proposta il
9.7.2007.
Dopo aver ricordato che, secondo la sentenza di annullamento, in sede di rinvio
bisognava accertare se ricorresse ancora la illegittima trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio (una volta recepito nel nuovo PRG il
piano di lottizzazione di via dei Normanni, rimanevano le altre violazioni
oggetto dell'originaria contestazione - trasgressione dell'art.13 L.64/74,
violazione dello standard in tema di parcheggi pubblici, costruzione in alcuni
edifici di piani in più rispetto a quanto stabilito nel piano di lottizzazione)
e che il criterio distintivo tra il semplice abuso edilizio e la lottizzazione
abusiva si trae dall'art.30 comma 1 DPR 380/01, riteneva il Tribunale che la
mancanza del parere di compatibilità ex art.13 L.64/4, pure integrando una
violazione penalmente sanzionata, potrebbe in astratto non avere incidenza nella
valutazione dei riflessi dell'intervento sulla condizione di urbanizzazione
della zone e sulle relative infrastrutture, non altrettanto poteva dirsi in
relazione alle altre due condotte indicate dal giudice di legittimità.
Secondo il Tribunale era proprio la vincolatività delle previsioni tecniche
(nella delibera di approvazione della lottizzazione con riferimento alle sagome
planimetriche si affermava espressamente "fermi restando i volumi ammessi ed il
numero dei piani fuori terra") a far ritenere che la realizzazione di due
livelli in più sui lotti B4 ed un livello in più destinato ad occupare i volumi
tecnici sul lotto C2-C3, anche se sorretta da permesso di costruire (il P.M.
peraltro ipotizzava in ordine al rilascio dello stesso il reato di abuso di
ufficio), avesse indubbia rilevanza ai fini della configurabilità della
lottizzazione, incidendo sicuramente sul carico urbanistico della zona.
Soprattutto in considerazione del fatto che: a) la superficie già realizzata di
mq 12.807,44, compresi i piani interrati, superava già largamente quella di mq
10.240 prevista per l'intero piano di lottizzazione (irrilevante era quindi la
manifestata intenzione di rinunciare a proseguire nella costruzione di altri
lotti al fine di contenere il carico urbanistico); b) risultavano atti
preliminari di compravendita aventi ad oggetto i volumi tecnici (lavatoi),
promessi in vendita a soggetti diversi dagli acquirenti degli ultimi piani; il
che confermava il grave sospetto avanzato dal consulente del P.M. della
imminente modifica, stante le caratteristiche costruttive rilevate, della loro
destinazione. Per non parlare della vendita a terzi di porzioni di quegli
immobili destinati secondo il piano all'uso "direzionale". Non poteva negarsi
che siffatto intervento avrebbe richiesto alla lunga un incremento delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria.
Stante la sopraindicata violazione, era indubitabile, a maggior ragione,
l'incidenza della violazione dello standard in tema di parcheggi pubblici. Non
poteva negarsi, infatti, l'interferenza con la riserva pubblica di
programmazione territoriale con riferimento alla riduzione, rispetto alle
previsioni del piano di lottizzazione, della superficie da destinare a parcheggi
pubblici.
Secondo il Tribunale quindi le alterazioni apportate (piani in più), la minore
area destinata a parcheggi, unitamente alla gestione negoziale degli immobili,
rendevano l'intervento non più riferibile al piano approvato ed alla convenzione
stipulata (si trattava di una struttura urbanistico-edilizia completamente
diversa, con destinazione preminente a servizi e terziario) e determinavano la
creazione di una nuova maglia non programmata di tessuto urbano. Sussistevano,
quindi, sia il fumus del reato di lottizzazione abusiva che le esigenze
cautelari (essendo attuale e concreto il pericolo derivante dal libero uso della
cosa pertinente all'illecito). A tutto ciò doveva aggiungersi la altrettanto
concreta ed attuale ipotesi di confiscabilità dell'area e degli immobili.
2) Propongono ricorso per cassazione il Nicoletti, il Latorre, l'Olivieri ed il
Tataranni. Dopo over premesso che il Tribunale di Matera si è sottratto ancora
una volta al decisum della Corte di legittimità ( le contestazioni ancora
rilevanti erano ormai relative ad asseriti abusi del tutto marginali-
realizzazione di volumi corrispondenti circa il 5% dell'edificato),
realizzazione di volumi tecnici ed asserita mancata destinazione a parcheggi di
un'area modesta) e ricostruito tutti gli sviluppi a amministrativi e giudiziari
della vicenda, denunciano con il primo motivo la violazione dell'art.627 terzo
comma c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p., 125 comma 3 c.p.p. e la
mancanza assoluta di motivazione.
Il Tribunale ha completamente omesso di motivare in ordine alla sussistenza del
fumus dei reati contestati con riferimento alle contestazioni residue,
prescindendo dai motivi di impugnazione e, da ultimo, dalla memoria 15.10.2008.
Con il secondo motivo denunciano la violazione dell'art.627 terzo comma c.p.p.
in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p. e dell'art.30 T.U.E. con riferimento agli
artt.6,8,8 e 33 delle N.T.A del Piano di lottizzazione. La Corte di legittimità
aveva demandato al giudice di rinvio di accertare se le residue violazioni
integrassero dei meri illeciti edilizi punibili ex art. 44 lett.a) e b) T.U.
edilizia oppure fossero idonee a conferire un diverso assetto alla porzione del
territorio comunale in modo da creare una nuova maglia di tessuto urbano.
Bisognava cioè accertare se siffatte violazioni avessero completamente stravolto
il piano di lottizzazione in modo da dare un diverso e nuovo assetto alla parte
di territorio interessata dall'intervento. Nella memoria 15.10.2008 era stato
evidenziato che si trattava di trasgressioni di così modesta portata da non
integrare neppure in astratto il reato di lottizzazione abusiva. Il Tribunale,
pur dando atto della irrilevanza della mancanza del parere di compatibilità, ha
disatteso tutti gli altri rilievi difensivi, con argomentazioni e conclusioni
viziate da violazioni di legge.
In violazione di quanto stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza di
annullamento, il Tribunale non ha accertato la specifica incidenza delle
presunte difformità sull'assetto del territorio e sul piano di lottizzazione,
limitandosi a far riferimento ad un incremento del carico urbanistico in
considerazione, non già della entità e diffusività delle violazioni, ma del
circostante assetto urbano ritenuto (peraltro erroneamente) carente di
strutture. Ma tali considerazioni riguarderebbero eventualmente le finalità
complessive del piano non la rilevanza dei singoli profili di illegittimità
contestati. Inoltre la ordinanza del Tribunale elude il giudicato di legittimità
laddove accerta la sussistenza della lottizzazione abusiva alla luce di elementi
estranei al perimetro di indagine indicato.
Il giudice di rinvio incorre poi in grave confusione nel ritenere che l'area
oggetto di sequestro sarebbe caratterizzata da "carenza di infrastrutture"
(ignorando la differenza tra servizi sociali ed urbanizzazioni).
Non si è mai dubitato che l'area sia completamente urbanizzata, come risulta
dalla stessa consulenza del P.M. e come emerge inequivocabilmente dalla
consulenza di parte depositata davanti al riesame. Non vi è stata, con le
contestate difformità, alcuna radicale trasformazione del territorio, né è stata
creata nessuna maglia di tessuto urbano diversa da quella originariamente
autorizzata.
Con il terzo motivo denunciano la violazione dell'art.125 comma 3 c.p.p.,
dell'art.309 comma nono richiamato dall'art.324 comma settimo, nonchè la
violazione dell'art.627 c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p. e la
violazione dell'art.30 DPR 380/01 in relazione agli artt.2,6,8,9 e 33 della NTA
del Piano di lottizzazione ed all'art.18 delle NTA del PRG Piccinato (con
riferimento alla pretese difformità dal P.d.L. autorizzato), violazione dell'art.9
primo comma della legge 24.3.1989 n.122.
La difesa ha sempre sostenuto che nessuna norma e nessuna tavola del P.d.L.
prescrivesse il numero massimo dei piani da realizzare. L'assunto contrario del
Tribunale è fondato sulla errata lettura delle NTA del Piano. Il PRG Piccinato,
vigente all'epoca, imponeva, infatti, il rispetto del carico urbanistico
previsto per Ia zona attraverso due soli parametri inderogabili (volume massimo
e altezza).
E' manifestamente erronea ed illegittima, pertanto, l'ordinanza del Tribunale in
relazione alla ipotizzata difformità dal piano di lottizzazione dei lotti in
corso di realizzazione ed al ritenuto aggravamento del carico urbanistico.
Analoghe considerazioni valgono per i lavatoi, in ordine ai quali il P.R.G.
Piccinato prevedeva che i relativi ingombri non venissero conteggiati nel limite
volumetrico e nel numero dei piani. Il Tribunale, non potendo prescindere dal
chiaro dato normativo, ha ipotizzato,da un lato, il superamento, con gli immobili
già realizzati, dei limiti consentiti e dall'altro, un presunto mutamento della
destinazione d'uso. Sotto il primo profilo va evidenziato che il presunto
superamento attiene al piano Nigro, che, secondo la Corte di legittimità, non
rileva ai fini del sequestro e sotto il secondo profilo, a parte l'evidente
inammissibile processo alle intenzioni, non si tiene conto che nessun vano
tecnico potrà mai essere adibito a residenza per mancanza del requisito
dell'altezza minima per l'abitabilità (m.2,70). Peraltro è pacifico che il reato
di lottizzazione abusiva può ravvisarsi anche in caso di mutamento della
destinazione d'uso, che riguardi però l'intero complesso immobiliare. In ogni
caso le presunte difformità riguarderebbero percentuali irrisorie (pari a circa
il 5%), non potendosi certamente tener conto dei locali interrati destinati a
garage (peraltro del tutto estranei anche al decreto di sequestro).
Con il quarto motivo denunciano la violazione dell'art.125 comma 3, dell'art.309
comma 9 richiamato dall'art.324, comma settimo, nonché la violazione dell'art.627
c.p.p. in relazione agli artt.324 e 325 c.p.p. (con riferimento alla violazione
delle superfici adibite a parcheggi pubblici), la violazione degli artt.4 e 5
secondo comma D.M. 2 aprile 1968, 17 L.765/67 e 41 sexies L.1150/1942. Era stato
evidenziato dalla difesa che, a parte i calcoli grossolanamente errati del
consulente del P.M., in ogni caso una differenza di soli 1.372 mq della
superficie da adibire a parcheggi era talmente irrisoria da non poter produrre
effetti significativi sui parametri urbanistici. Il Tribunale ha ignorato tali
rilievi, limitandosi apoditticamente ad affermare l'incidenza della constatata
riduzione (laddove sarebbe stato necessario comunque accertare lo stravolgimento
complessivo del piano, che non è desumibile della mera, limitata violazione
dello standard). Chiedono, pertanto, l'annullamento senza rinvio, o, in
subordine, con rinvio, dell'ordinanza impugnata.
3) Nel presente giudizio di legittimità occorre fondamentalmente accertare se il
giudice di rinvio abbia o no osservato la regola dettata dall'art. 627 c.p.p.,
comma 3, ("il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di
cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa") e
dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2, ("nel caso di annullamento con rinvio,
la sentenza enuncia specificamente il principio di diritto al quale il giudice
di rinvio deve uniformarsi"). Va, inoltre, ricordato che dalla giurisprudenza di
questa Corte è stato chiarito che "la Cassazione risolve una questione di
diritto quando giudica inadempiuto l' obbligo della motivazione, onde il giudice
di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di
merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al
punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui
provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento
secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di
annullamento: con la conseguenza che lo stesso giudice di rinvio resta vincolato
al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante
rilevanza ai fini della decisione, ovvero, ancora, all'esame, non effettuato, di
specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo ( Cass.sez.1 n.
7963 del 15.1.2007; Cass.sez. 1 n.43685 del 13.11.2007; Cass., Sez. 1^, 7 maggio
1998, Di Iorio, rv. 210791; Sez. 6^, 7 febbraio 1995, Grande, rv. 201266).
3.1) A norma dell'art.325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto
soltanto per violazione di legge.
Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n.2/2004, Terrazzi), nel
concetto di violazione di legge può comprendersi, però, la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate
all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p.,
che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità
della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606
lett.e) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo
del provvedimento.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con
la sentenza n.25932 del 29.5.2008-Ivanov, secondo cui nella violazione di legge
debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o
"in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere
l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante
o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi
inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice.
3.2) Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, la giurisprudenza di questa
Corte (cfr.in particolare sez.unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi) è
orientata nel ritenere che nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il
riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio"
del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere
della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla
misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi
endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere
conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice
del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione
incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare
surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul "meritum
causae", così da determinare una non consentita preventiva verifica della
fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida
attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento.
L'accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va
compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non
possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con
le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al
fine di verificare se essi consentono- in una prospettiva di ragionevole
probabilità di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del
riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere
l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni
difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni
aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (ex multis
Cass.pen.sez.,3 n.40189 del 2006- ric.Di Luggo).
Il controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica
della riconducibilità in astratto del fatto indicato dall'accusa alla
fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione
dell'antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto,
nell'accertamento del "fumus commissi delicti", degli elementi dedotti
dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni
difensive.
Secondo anche la già citata sentenza (sez. un. n.23/1997), non sempre
correttamente richiamata, al giudice del riesame spetta quindi il dovere di
accertare la sussistenza del cd.fumus commissi delicti che, pur se
ricondotto nel campo dell'astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi
ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale (principi affermati più
volte da questa sezione 3, 29.11.1996, Carli; Cass.sez.3, 1.7.1996, Chiatellino;
30.11.1999, Russo; 2.4.2000, P.M.c.Cavagnoli; n.5145/2006).
In conclusione la verifica da parte del giudice del riesame del "fumus
commissi delicti", ancorché limitata all'astratta configurabilità del reato
ipotizzato dal p.m., importa che lo stesso giudice, lungi dall'essere tenuto ad
accettare comunque la prospettazione dell'accusa, abbia il potere-dovere di
escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata (cfr.Cass.pen.sez.1 n.15914
del 16.2.2007-Borgonovo).
Pur non potendosi, quindi interpretare in modo burocratico i poteri del giudice
cautelare in relazione alla astratta configurabilità del reato ipotizzato, è
assolutamente pacifico che egli non abbia poteri istruttori.
Si è quindi condivisibilmente affermato che "l’unica differenza che corre tra
giudice cautelare e giudice di merito è che il primo non ha poteri di istruzione
e di valutazione probatoria, che sono incompatibili con la natura cautelare del
giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere di valutare in punto di
diritto se sulla base delle prospettazioni hic et inde dedotte ricorra il
reato contestato" (cfr. Cass.pen.sez.3 n.33873 del 7.4.2006-Morooni).
3.3) La sentenza della quarta sezione dell'8.7.2008, nel disporre l'annullamento
della ordinanza del riesame, evidenziava che non era stato esaminato il rapporto
tra gli illeciti residuati, dopo il recepimento del piano di lottizzazione nello
strumento urbanistico vigente, e la valutazione globale del piano di
lottizzazione e delle sue finalità, tenendo conto del carattere di diffusività
offensiva del reato di lottizzazione. Aggiungeva che occorreva accertare la
attuale ricorrenza di una illegittima trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio, intendendosi per tale "una trasformazione di consistenza tale da
incidere in modo rilevante sull'assetto urbanistico della zona, sia nel senso di
intervento innovativo sul tessuto urbanistico che sotto il profilo della
necessità dell'esecuzione di nuove opere di urbanizzazione o di potenziamento di
quelle già esistenti". In altre parole la questione da affrontare è
l'individuazione della natura delle menzionate trasgressioni messe in atto dagli
indagati (al di fuori della violazione del precedente PRG Piccinato), se aventi
una valenza autonoma costituenti mera edificazione illecita punibile ai sensi
dell'art.44 lett.a) e b) T.U. edilizia , ovvero se idonee a conferire un diverso
assetto a porzione del territorio comunale in modo da creare una nuova "maglia"
di tessuto urbano".
La sentenza si muoveva, dichiaratamente (richiamando i pronunciati precedenti)
lungo la linea tracciata dalla giurisprudenza di questa Corte anche meno
recente.
Con la sentenza della sez.3 n. 9633 del 15.5.1991 era stato affermato il
principio che "è configurabile il reato di lottizzazione abusiva quando la
trasformazione urbanistica edilizia del terreno sia realizzata con difformità
tipologiche, volumetriche, strutturali e di destinazione, tanto rilevanti e
diffuse su tutta l'area rispetto al progetto approvato da far ritenere l'opera
non più riferibile a quella pianificata e quindi senza autorizzazione".
Tale enunciato veniva ribadito dalla sentenza della sez.3 n.2408 del 12.1.1996,
secondo cui "Nella nozione di lottizzazione abusiva rientra anche quella che
comporti una trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, realizzata
in concreto con modalità tali da non essere riferibile al piano inizialmente
approvato con la convenzione all'uopo stipulata a causa degli stravolgimenti od
integrali modifiche apportate".
E' del tutto evidente, invero, che anche una lottizzazione approvata possa,
attraverso, modifiche non previste, alterare e modificare le previsioni
urbanistiche. In definitiva, a prescindere dall'esistenza o meno dell'
autorizzazione, si tratta di accertare se l'intervento, completamente o
parzialmente abusivo, possa qualificarsi come un semplice abuso edilizio o
piuttosto una lottizzazione abusiva.
A norma dell'art.30 DPR 380/01 "Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo
edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione
urbanistica ed edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni
degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle
leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando
tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento o la vendita,
o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali
la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione
secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale
previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli
acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio".
Va quindi, alla luce della previsione normativa, qualificata come lottizzazione
quell’insieme di opere o di atti giuridici che comportano una trasformazione
urbanistica od edilizia di terreni a scopo edificatorio intesa quale
conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di
interesse privato e di interesse collettivo, tali da creare una nuova maglia di
tessuto urbano (così Cass.sez.3 n.17663 del 3.3.2005).
Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, costituisce lottizzazione
edilizia qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dall'entità
del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la
realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo
residenziale, turistico o industriale, che postulino l’attuazione di opere di
urbanizzazione primaria o secondaria occorrenti per le necessità
dell'insediamento. Il reato di lottizzazione può configurarsi : " - in presenza
di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione
dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente
urbanizzata , per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello
strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e
la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche
dell'intervento di nuova realizzazione ; - ma anche allorquando detto intervento
non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni
oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di
localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere
modificate da piani urbanistici attuativi" (cfr. Cass. sez.3 n.37.472 del
26.6.2008- ric. Belloi ed altri; conf. Cass. sez.3 n.12426 del 7.2.2008- Bardini).
Il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche quando vengano
realizzate opere per le quali sia stato rilasciato un provvedimento di
autorizzazione, ove dette opere comportino una trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli
strumenti urbanistici e dalla legge, restando a tal proposito indifferente se la
violazione dipenda dalla carenza del necessario piano di lottizzazione o se
piuttosto l'intervento risulti precluso in radice per le sue connotazioni
obiettive, tali da porlo in contrasto con lo strumento generale di
pianificazione... (Cass. sez.6, 8.2.2005 n.4424).
3.3.1) Va quindi accertato se il Tribunale, in cede di rinvio, si sia attenuto
al pronunciato della sezione 4 e se abbia motivato in ordine alla sussistenza
del fumus del reato di lottizzazione alla luce dei principi più volte
enunciati da questa Corte ed in precedenza ricordati.
Il Tribunale avrebbe dovuto, innanzitutto, accertare quali e di che consistenza
erano le "variazioni" apportate in relazione anche ai rilievi difensivi.
Quanto alla costruzione in alcuni edifici di piani non previsti, il Tribunale
assume che "proprio la vincolatività delle previsioni tecniche ....debba indurre
a ritenere che la costruzione di due livelli in più sui lotti B4 (l'ultimo dei
quali nato come "piano lavatoi") e di un livello in più destinato ad occupare i
volumi tecnici sul lotto C2-C3, per una superficie utile non indifferente, in
difformità al piano esecutivo negoziato di cui si discute, pur se sorretta da
permesso a costruire (che la pubblica accusa ipotizza come frutto di abuso
d'ufficio), spieghi rilievo ai fini della ipotizzabilità di una lottizzazione
abusiva". Tale motivazione risulta palesemente apparente ed apodittica.
Da un lato, perché non esamina i rilievi difensivi in relazione al fatto che: 1)
nessuna norma e nessuna tavola del P.d.L. prescriveva il numero massimo dei
piani da realizzare (essendovi due soli parametri inderogabili); 2) per i
lavatoi specifica norma del PRG (art.33 delle relative NTA) ne ammetteva la
realizzazione , precisando che i relativi ingombri non vanno conteggiati nel
limite volumetrico e nel numero dei piani;
3) i locali interrati sono stati arbitrariamente computati. Dall'altro, perché
non precisa quale è l'entità delle "variazioni" ed il rapporto delle stesse (in
termini di percentuale) rispetto a quanto previsto nel piano di lottizzazione.
Anche in ordine all'altra condotta addebitata agli indagati, relativa
all'insufficienza delle aree di lottizzazione solo previste e non concretamente
destinate a parcheggio, il Tribunale avrebbe dovuto con precisione accertare
quale era la dimensione di dette aree rispetto alle previsioni e se nel calcolo
del consulente fossero stati computati anche gli spazi di manovra.
Una volta accertata la natura ed entità degli "abusi" il Tribunale avrebbe
dovuto accertare se questi avessero comportato una radicale trasformazione del
territorio , sì da creare una maglia di tessuto urbano diversa da quella che era
stata autorizzata.
Il Tribunale, invece, sostanzialmente motiva in ordine all'incidenza dell'intero
piano di lottizzazione, senza preoccuparsi di spiegare perché le "difformità"
siano di tale consistenza da determinare lo stravolgimento della lottizzazione
approvata e quindi una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio non
autorizzata.
4) L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio al Tribunale di
Matera per un nuovo esame sulla base dello schema motivazionale già indicato
dalla sentenza dell'8.7.2008 e dei rilievi sopra indicati, sia in relazione al
"fumus" del reato di lottizzazione che al "periculum".
P. Q. M.
Annulla l'ordinanza impugnata, con
rinvio al Tribunale di Matera.
Così deciso in Roma il 15 aprile 2009.
Deposito in Cancelleria il 26 giugno 2009.
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