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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/01/2009 (Ud. 13/11/2008), Sentenza n. 3195
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Rimessione in pristino stato dei luoghi -
Autorità preposta alla tutela del vincolo - Difformi valutazioni della P.A. -
Poteri autonomi - Art. 163, D.Lgs. n. 490/1999. In tema di tutela penale del
paesaggio, l'obbligo di rimessione in pristino dello stato dei luoghi si colloca
su un piano diverso ed autonomo rispetto a quello dei poteri della pubblica
amministrazione e delle valutazioni della stessa, configurandosi come
conseguenza necessaria sia dell'esigenza di recuperare l'integrità
dell'interesse tutelato, sia del giudizio di disvalore che il legislatore ha
dato all'attuazione degli interventi modificativi del territorio in zone di
particolare interesse ambientale. Pres. Altieri, Est. Marmo, Ric. P.G. in proc.
Amico. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/01/2009 (Ud. 13/11/2008),
Sentenza n. 3195
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UDIENZA 13.11.2008
SENTENZA N. 02323
REG. GENERALE n.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Enrico ALTIERI Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Amedeo FRANCO Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO CORTE D'APPELLO di CALTANISSETTA;
nei confronti di:
1) AMICO SALVATORE, N. IL 11/09/1964;
-
avverso SENTENZA del 27/09/2 007 CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;
-
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
-
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. MARMO
MARGHERITA;
-
Udito il Procuratore Generale in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.
PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso per dichiararsi inammissibile il
ricorso;
- annullamento senza rinvio, limitando l'indulto fino a Euro 10.000,00 alla pena pecuniaria.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pronunciata il 27 settembre 2007 la Corte di Appello di
Caltanisetta confermava la sentenza pronunciata il 16 marzo 2007, con la quale
il Tribunale di Caltanisetta dichiarava Amico Salvatore responsabile della
contravvenzione prevista e punita dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 per aver
eseguito opere edilizie consistite in un fabbricato composto da un piano terra
parzialmente interrato e da un piano primo con copertura piana, avente struttura
portante un cemento armato e tamponatura con blocchetti di cemento e muratura
ordinaria in assenza di permesso di costruire e concesse all'imputato le
attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di due mesi di arresto e
Euro 20.000,00 di ammenda, oltre che al pagamento delle spese del procedimento;
aveva ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del
condannato e disposto la trasmissione della sentenza di condanna alla Regione
Sicilia e al Comune di Caltanisetta. Aveva poi disposto la sospensione
condizionale della pena subordinandola all'esecuzione, entro il termine di sei
mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, dell'ordine di rimessione in
pristino.
La Corte di Appello dichiarava la pena interamente condonata. Hanno proposto
ricorso per Cassazione l'imputato e il Procuratore Generale della Repubblica
presso la Corte di Appello di Caltanisetta. Il primo chiedeva l'annullamento
della sentenza impugnata ed il secondo lamentava la concessione dell'indulto in
misura superiore a quanto prevista dalla L. n. 241 del 2006, art. 1.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico articolato motivo il ricorrente lamenta la mancanza, la
contraddittorie e la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'art.
606 c.p.p., lett. e) formulando una serie di specifici rilievi. In primo luogo
il ricorrente deduce che la sentenza era contraddittoria in quanto il giudice di
primo grado aveva ritenuto all'udienza del 20 maggio 2005 necessaria una perizia
per accertare, tramite analisi di strutture, l'epoca di realizzazione
dell'immobile in sequestro per verificare se l'imputato avesse costruito prima o
dopo l'imposizione del vincolo; peraltro successivamente, nella sentenza, aveva
ritenuto di far discendere la data dell'esecuzione dell'opera dal ritrovamento
di bidoncini di vernice nei luoghi in sequestro.
Tale circostanza era invece irrilevante in quanto il teste verbalizzante aveva
riferito che non vi erano oggetti che lasciassero presupporre lavori in corso.
Il giudice aveva invece ritenuto che la presenza dei bidoncini fosse la prova
della prosecuzione dei lavori senza considerare che comunque anche la
tinteggiatura è irrilevante ai fini dell'abuso edilizio. Il motivo è palesemente
infondato e va dichiarato inammissibile. La Corte di Appello ha infatti rilevato
che da una foto aerea acquisita agli atti risultava che alla data del 24 giugno
1994 le volumetrie e le superfici del fabbricato erano inferiori a quelle
indicate nel capo di imputazione e che in occasione del sequestro era stato
trovato sul posto materiale compatibile con la prosecuzione dei lavori in epoca
prossima al sopralluogo.
Con la seconda censura l'imputato si duole dell'immotivato ordine di ripristino
dello stato dei luoghi in quanto la Sovrintendenza dei Beni Culturali ed
Ambientali aveva espresso parere favorevole ritenendo che le opere in questione
arrecavano lieve pregiudizio e pertanto ne dichiarava la compatibilità
risultando assente il pregiudizio dall'ambiente.
Anche il secondo motivo è palesemente infondato e va dichiarato inammissibile.
La Corte di merito ha infatti precisato, con adeguata e congrua motivazione,
conforme a consolidata giurisprudenza di questa Corte, (v. per tutte Cass. pen.
sez. 3, sent. 20 febbraio 1998, Settimi), che l'obbligo di ripristino si colloca
su un piano diverso ed autonomo rispetto a quello dei poteri della pubblica
amministrazione e delle valutazioni della stessa, configurandosi come
conseguenza necessaria sia dell'esigenza di recuperare l'integrità
dell'interesse tutelato, sia del giudizio di disvalore che il legislatore ha
dato all'attuazione degli interventi modificativi del territorio in zone di
particolare interesse ambientale. Correttamente quindi il Tribunale di
Caltanisetta ha ordinato il ripristino dei luoghi ed ha subordinato a tale
adempimento il beneficio della sospensione condizionale della pena. Rimane
quindi irrilevante in questa sede la valutazione fatta dalla pubblica
amministrazione competente in ordine alla idoneità offensiva dell'opera abusiva
realizzata dall'Amico. Va quindi dichiarato inammissibile il ricorso proposto
dall'imputato, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese
processuali e della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende
nella misura che si reputa congrua di Euro 1.000,00. È invece fondato e merita
accoglimento il ricorso del Procuratore Generale della Repubblica.
Questi deduce che la Corte di merito aveva applicato l'indulto sull'intera pena
pecuniaria ammontante a ventimila euro e non su parte di essa fino ad un massimo
di Euro 10.000,00 come previsto nella legge sull'indulto.
Rileva in proposito il Collegio che ai sensi della L. 31 luglio 2006, n. 241,
art. 1, comma 1 è concesso indulto per tutti i reati commessi fino a tutto il 2
maggio 2006, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non
superiore a Euro 10.000 per quelle pecuniarie, sole o congiunte a pene
detentive. Deve quindi annullarsi, senza rinvio, la sentenza impugnata
limitatamente alla determinazione del beneficio dell'indulto che va ridotto alla
somma di Euro 10.000,00 della pena pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso dell'imputato e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in accoglimento del ricorso del P.G.
limitatamente all'indulto che limita alla somma di Euro 10.000,00 della pena
pecuniaria.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2009
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