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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3475
URBANISTICA ED EDILIZIA - Società di capitali - Concorso nei reati edilizi
commessi dall'amministratore di fatto - Responsabilità amministratore -
Configurabilità - Fondamento. L'amministratore di una società di capitali ha
il dovere di garantire l'integrità del patrimonio sociale e deve intervenire
tutte le volte in cui tale integrità può essere compromessa. La commissione di
reati da parte di amministratori può esporre la società al rischio di azioni
risarcitorie nei suoi confronti. Sicché, l'amministratore di diritto di una
società di capitali risponde di concorso nei reati edilizi commessi
dall'amministratore di fatto se per dolo o per semplice negligenza (ossia il
fatto di avere omesso di vigilare) non ha impedito che l'evento si verificasse.
Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Pistelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3475
URBANISTICA ED EDILIZIA - Nuova costruzione - Nozione - Installazione di
manufatti leggeri prefabbricati - Non diretti a soddisfare esigenze meramente
temporanee - Permesso di costruire - Necessità - Art. 3 n. 5 Testo Unico
sull'edilizia - D.P.R. n 380/2001 - Caratteristiche della temporaneità. A
norma dell'articolo 3 n 5 del testo unico sull'edilizia si considera nuova
costruzione per la quale è necessario il permesso di costruire anche
l'installazione di manufatti leggeri prefabbricati, e di strutture di qualsiasi
genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni che siano
utilizzati, come abitazioni, ambiente di lavoro, oppure come depositi, magazzini
e simili che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee. La
temporaneità deve desumersi da elementi obiettivi e non dalle caratteristiche
del manufatto o dall'intenzione soggettiva del costruttore. Pres. Altieri, Est.
Petti, Ric. Pistelli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud.
17/12/2008), Sentenza n. 3475
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Struttura c.d.
"provvisoria" - Cassoni di camion adibiti ad abitazione, depositi, servizi
igienici ecc. - Necessità del nulla osta e del permesso di costruire -
Presupposti. L'articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004, già
articolo 163 del decreto legislativo n 490 del 1999, fatta eccezione per gli
interventi di cui all'articolo 149 decreto n 42 del 2004, vieta senza la
prescritta autorizzazione o in difformità da essa lavori di qualsiasi genere su
beni paesaggistici. La norma non distingue tra difformità totale o parziale
dall'autorizzazione o tra opere precarie e non precarie, ma richiede solo che
l'intervento sia astrattamente idoneo a ledere il bene protetto. Quindi anche
una struttura provvisoria, se idonea astrattamente a ledere il bene tutelato
dalla norma, richiede il nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del
vincolo. Nella specie, a norma dell'articolo 3 n 5 del testo unico sull'edilizia
anche i "cassoni di camion" se adibiti ad abitazione, depositi, servizi igienici
ecc. rientrano nella previsione di cui all'articolo 3 del testo unico
sull'edilizia considerandoli nuova costruzione per la quale è necessario il
permesso di costruire. Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Pistelli. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3475
PROCEDURE E VARIE - Ricorso in Cassazione - Motivi aspecifici - Nozione -
Inammissibilità - Art. 591 c. 1 lett. c) - Fattispecie. Si considerano
aspecifici i motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo invero
deve essere apprezzata, non solo per la sua genericità, come indeterminatezza,
ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio
di aspecificità conducente a mente dell'articolo 591 comma 1 lett. c)
all'inammissibilità (Cass. 18/09/1997 Ahemtovic; Cass. sez II, 6/05/2003
Curcillo). Nella fattispecie la ricorrente si limita a riproporre censure già
avanzate alla sentenza di primo grado e puntualmente respinte dalla corte
territoriale senza indicare in maniera specifica i vizi del ragionamento del
giudice censurato. Pres. Altieri, Est. Petti, Ric. Pistelli. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 26/01/2009 (Ud. 17/12/2008), Sentenza n. 3475
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UDIENZA 17.12.2008
SENTENZA N. 2622
REG. GENERALE n.21758/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Enrico ALTIERI Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Pierluigi ONORATO Consigliere
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
sul ricorso proposto da Pistelli Eleonora, nata a Genzano di Roma il 29 gennaio
del 1979, avverso la sentenza della corte d'appello di Roma del 15 gennaio del
2008;
-
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
-
sentito il P.M. nella persona del sostituto procuratore generale dott. Alfredo
Montagna , il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
-
sentito il difensore avv. Antonio Androni,quale sostituto processuale dell'avv.
Fabrizio Federici,il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
-
letti il ricorso e la sentenza denunciata osserva quanto
segue
IN FATTO
La corte d'appello di Roma, con sentenza del 15 gennaio del 2008, confermava
quella pronunciata dal tribunale di Velletri il 19 gennaio del 2007, con cui Pistelli Eleonora era stata condannata alla pena di giorni venti di arresto ed
euro 10.600 di ammenda, quale responsabile dei reati di cui agli artt. 44 lettera
c) del D.P.R, n 380 del 2001 e 163 del decreto legislativo n 490 del 1999 per
avere, in zona vincolata, realizzato alcune opere (livellamento del terreno,due
prefabbricati, due strutture metalliche con copertura di materiale plastico,
alcune insegne pubblicitarie e due celle frigorifere) senza il permesso di
costruire e senza il nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Fatto commesso il 7 novembre del 2003
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata Pistelli
Eleonora, quale amministratrice della società Pistelli Motors, società a
responsabilità limitata, che svolgeva l'attività di deposito di autovetture
nuove ed usate, aveva chiesto ed ottenuto in concessione il suolo pubblico su
cui svolgere l'attività a condizione che non fossero installate opere durevoli e
fosse conservato lo stato dei luoghi, fatta eccezione per la normale pulizia e
la sistemazione del terreno. Essa, invece, aveva realizzato le opere indicate
nel capo d'imputazione senza alcuna autorizzazione.
Tanto premesso, la corte osservava che i prefabbricati e gli altri manufatti per
la loro obiettiva destinazione a servizio della società non potevano
considerarsi opere precarie; che la prevenuta era responsabile, non solo perché
formalmente era l'amministratrice della società, ma anche perché di fatto
l'amministrava, come dimostrato dai contratti di cessione delle autovetture da
lei sottoscritti, ed era la titolare della concessione in uso del suolo e,
peraltro, aveva anche il dovere di impedire che si verificasse l'evento.
Ricorre per cassazione l'imputata deducendo:
1)la violazione della norma incriminatrice e dell'articolo 27 della Costituzione
perché il fatto le era stato addebitato solo per la sua qualità formale di
amministratrice nonché manifesta illogicità della motivazione sul punto;
2)la violazione dell'articolo 40 c.p. e 2392 del codice civile per avere la
corte erroneamente ritenuto che essa avesse l'obbligo di impedire l'evento;
3)la violazione della norma incriminatrice trattandosi di opere precarie per le
quali non era necessario il permesso di costruire;
4)travisamento del fatto o della prova essendo emerso proprio dalla
testimonianza dei vigili urbani e segnatamente da quella del vigile urbano
Barbalisca che non trattavasi di prefabbricati, ma di due cassoni di camion
furgonati semplicemente appoggiati al suolo
IN DIRITTO
Questo collegio, premesso che allo stato il reato non si è
prescritto perché alla scorsa udienza del 21 novembre del 2008, davanti a questa
corte diversamente costituita, il processo è stato rinviato per impedimento del
difensore, per cui il termine prescrizionale che scadeva proprio il 21 novembre
del 2008, per effetto di precedenti sospensioni intercorse nel giudizio di
merito per complessivi mesi cinque e gg 14, è stato sospeso per ulteriori
60 giorni dalla cessazione dell'impedimento, rileva che il ricorso è comunque
inammissibile sotto vari profili.
Anzitutto per l'aspecificità dei motivi.
L'articolo 581 lett. c) c.p.p. dispone che i motivi d'impugnazione debbano
contenere: " l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi
di fatto che sorreggono ogni singola richiesta". Il legislatore del 1988 ha
ribadito l'esigenza di specificazione delle doglianze per garantire un minimo di
serietà all'impugnazione pretendendo che i motivi siano correlati a ciascuna
richiesta mediante l'indicazione chiara e precisa delle censure che si intendono
muovere ai capi o ai punti della sentenza impugnata nonché delle ragioni di
diritto e degli elementi fattuali che sorreggono ogni singola richiesta. Secondo
l'orientamento di questa corte, si considerano aspecifici i motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame. La mancanza di specificità del motivo invero deve essere apprezzata,
non solo per la sua genericità, come indeterminatezza,ma anche per la mancanza
di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente a mente dell'articolo 591 comma 1 lett. c) all'inammissibilità (Cass
18 settembre 1997 Ahemtovic ;Cass.sez II, 6 maggio 2003 Curcillo).
Nella fattispecie la ricorrente si limita a riproporre censure già avanzate alla
sentenza di primo grado e puntualmente respinte dalla corte territoriale senza
indicare in maniera specifica i vizi del ragionamento del giudice censurato.
In secondo luogo per la manifesta infondatezza dei
motivi.
Con riferimento ai primi due motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché
strettamente connessi, si osserva che il riferimento alla giurisprudenza di
questa corte sulla responsabilità del comproprietario dell'area su cui da altri
viene realizzato un manufatto abusivo non è pertinente poiché la posizione della
prevenuta non è assimilabile al comproprietario dell'area estraneo materialmente
all'abuso. Essa infatti non era la proprietaria dell'area, ma al contrario era
la rappresentante legale della società che aveva chiesto la concessione del
suolo su cui svolgere l'attività. Era quindi responsabile degli atti compiuti
per conto della società. Inoltre era la titolare della concessione comunale che
le era stata rilasciata a condizione che non fosse modificato lo stato dei
luoghi. Quindi, quale titolare della
concessione, era personalmente responsabile delle
modificazioni apportate allo stato dei luoghi. Inoltre sottoscriveva
personalmente gli atti di cessione delle autovetture In definitiva svolgeva
tutti i compiti che la legge attribuisce al legale rappresentante di una
società. Non è quindi vero che il fatto le sia stato addebitato unicamente per
la sua qualifica formale. D'altra parte "ad abundantiam" si è sottolineato che era
responsabile anche per non avere impedito l'evento che aveva il preciso dovere
d'impedire, sia per l'impegno assunto nei confronti del comune che per la sua
qualità di amministratrice. Invero, l'obbligo di impedire l'evento, può
dipendere oltre che dalla legge, dal contratto, da un atto amministrativo ed in
genere dall'assunzione di un preciso obbligo, quale può essere quello di non
modificare lo stato dei luoghi da parte del concessionario di un suolo pubblico.
Inoltre proprio dalla lettura dell'articolo 2392 del codice civile,richiamato
dalla ricorrente, si desume che la prevenuta aveva l'obbligo di impedire che
fossero realizzate strutture in contrasto con le condizioni imposte con la
concessione del suolo. Invero, il secondo comma dell'articolo 2392 cod civile
come modificato con il decreto legislativo n 6 del 2003, dispone che gli
amministratori( a parte le conseguenze di ordine penale) sono comunque
solidalmente responsabili civilmente se, essendo consapevoli di fatti
pregiudizievoli (per la società o per i terzi), non hanno fatto quanto potevano
per impedirne il compimento o eliminare o attenuare le conseguenze dannose. La
costruzione di opere abusive, a parte eventuali danni nei confronti dei terzi e
del comune, comportava per la società il rischio della risoluzione del rapporto concessorio con conseguente danno per la società stessa. Non è vero quindi che
non avesse alcun obbligo di impedire l'evento. Al contrario, una volta avuto
contezza dell'installazione di quei manufatti, aveva il dovere di intervenire
per farli rimuovere. In definitiva l'amministratore di una società di capitali
ha il dovere di garantire l'integrità del patrimonio sociale e deve intervenire
tutte le volte in cui tale integrità può essere compromessa. La commissione di
reati da parte di amministratori può esporre la società al rischio di azioni
risarcitorie nei suoi confronti. I giudici del merito hanno ritenuto che la
prevenuta non fosse solo formalmente l’amministratrice della società ma anche
colei che di fatto la gestiva. In ogni caso, quand'anche i reati fossero stati
commessi dal padre, amministratore di fatto, come si insinua nel ricorso,
sarebbe ugualmente evidente la responsabilità dalla prevenuta a norma
dell'articolo 40 del codice penale come ipotizzato "ad
abundantiam" dalla corte territoriale. Più volte questa corte ha affermato la
responsabilità dell'amministratore di diritto per concorso in bancarotta
fraudolenta materialmente commessa dall'amministratore di fatto se, essendo a
conoscenza del fatto, non ha impedito l'evento (cfr Cass 14745 e 10 465 del
1999) Nella fattispecie, trattandosi di contravvenzione,. non è neppure
necessario il dolo essendo sufficiente la semplice negligenza ossia il fatto di
avere omesso di vigilare sull'attività svolta dall'amministratore di fatto. In
definitiva l'amministratore di diritto di una società di capitali risponde di
concorso nei reati edilizi commessi dall'amministratore di fatto se per dolo o
per negligenza non ha impedito che l'evento si verificasse. Ma nella fattispecie
i giudici del merito, con motivazione adeguata, hanno ritenuto la prevenuta
direttamente responsabile dell'evento. Le altre considerazioni sono state svolte
"ad abundantiam" per sottolineare che la Pistelli era comunque responsabile anche
se per ipotesi la società di fatto fosse stata amministrata da altri.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. A norma dell'articolo 3 n 5
del testo unico sull'edilizia si considera nuova costruzione per la quale è
necessario il permesso di costruire anche l'installazione di manufatti leggeri
prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case
mobili, imbarcazioni che siano utilizzati, come abitazioni, ambiente di lavoro,
oppure come depositi, magazzini e simili che non siano diretti a soddisfare
esigenze meramente temporanee.
La temporaneità deve desumersi da elementi obiettivi e non dalle caratteristiche
del manufatto o dall'intenzione soggettiva del costruttore. Nella fattispecie la
corte territoriale ha escluso la temporaneità con motivazione adeguata avendo
sottolineato che trattatasi di manufatti posti a servizio dell'attività svolta
dalla società la quale non era temporanea. Inoltre l'articolo 181 del decreto
legislativo n 42 del 2004, già articolo 163 del decreto legislativo n 490 del
1999, fatta eccezione per gli interventi di cui all'articolo 149 decreto n 42
del 2004, vieta senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa lavori
di qualsiasi genere su beni paesaggistici. La norma non distingue tra difformità
totale o parziale dall'autorizzazione o tra opere precarie e non precarie, ma
richiede solo che l'intervento sia astrattamente idoneo a ledere il bene
protetto. Quindi anche una struttura provvisoria, se idonea astrattamente a
ledere il bene tutelato dalla norma, richiede il nulla osta dell'autorità
preposta alla tutela del vincolo.
Del pari inammissibile è anche il quarto motivo per la sua manifesta
infondatezza, perché anche i "cassoni di camion" se adibiti ad abitazione,
depositi, servizi igienici ecc rientrano nella previsione di cui all'articolo 3
del testo unico sull'edilizia prima citato.
Dall'inammissibilità del ricorso discende l'obbligo di pagare le spese
processuali e di versare una somma , che stimasi equo determinare in € 1000,00 ,
in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza
di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d'inammissibilità
secondo
l'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.186 del
2000
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l’art. 616 c.p.p.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di € 1000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma il 17 dicembre del 2008
Deposito in Cancelleria il 26/01/2009
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