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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n.3583



DIRITTO URBANISTICO - Reati edilizi - Condono edilizio - P.A. richiesta d’integrazione sostanziale della documentazione - Scadenza del termine - Improcedibilità - Ordine di demolizione delle opere abusive - Art. 39, c. 4, L. n. 724/1994.
La domanda di "condono", ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, è improcedibile quando l'Amministrazione comunale richiede l'integrazione sostanziale della documentazione, con atto ritualmente notificato, e detto adempimento non venga compiuto nel termine perentorio di tre mesi dalla richiesta. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Cena. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3583

DIRITTO URBANISTICO - Nozione di "pertinenza urbanistica" - Presupposti giuridici - Carattere di strumentalità funzionale - Fattispecie. La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità che la distinguono da quella civilistica, trattandosi di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. Il “c.d. durevole rapporto di subordinazione” deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale). Nella fattispecie in oggetto, invece, sono stati realizzati "ex novo" più manufatti aventi inequivoca destinazione residenziale in un luogo ove non esisteva alcun edificio principale (non avendo razionalmente i giudici del merito considerata tale una roulotte già installata nel fondo). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Cena. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3583

DIRITTO URBANISTICO - Natura "precaria" di un manufatto - Nozione - Fattispecie. La natura "precaria" di un manufatto ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, né dalla natura dei materiali utilizzati ovvero dalla più o meno facile rimovibilità della stessa, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo. Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno escluso il preteso requisito della temporaneità, non ravvisando un uso realmente precario dei manufatti abusivamente realizzati per fini specifici e cronologicamente delimitabili "ab origine". Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Cena. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3583

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Causa di inammissibilità del ricorso senza versare in colpa - Condanna del ricorrente - Spese del procedimento e versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende - artt. 607, 615 e 616 c.p.p.. Quando non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata. (si veda anche: Corte Costituzionale 13.6.2000, sentenza n. 186). Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Cena. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3583


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UDIENZA  25.11.2008

SENTENZA N. 2427

REG. GENERALE n.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Ernesto LUPO                             Presidente
Dott. Agostino CORDOVA                    Consigliere
Dott. Alfredo M. LOMBARDI                 Consigliere
Dott. Aldo FIALE                                 Consigliere
Dott. Margherita MARMO                     Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
CENA Carla, nata ad Asti il 14.5.1978;
avverso la sentenza 23.4.2003 della Corte di Appello di Torino;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dr. BUA Francesco, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di Torino, con sentenza del 23 4.2003, in parziale riforma della sentenza 11.6.2002 del Tribunale di Torino - Sezione distaccata di Moncalieri, ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Cena Carla in ordine ai reati di cui:


alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), (per avere realizzato, senza la necessaria concessione edilizia, la costruzione di alcuni manufatti e basamenti - acc. in Moncalieri, il 27.5.1998);

alla L. n. 1086 del 1971, art. 13 (in relazione alle opere in cemento armato realizzate) e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, essendo stati unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., determinava la pena complessiva in giorni 15 di arresto ed Euro 4.500,00 di ammenda, confermando la concessione dei doppi benefici e l'ordine di demolizione delle opere abusive.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Cena, la quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- la prescrizione dei reati;

- l'insussistenza della contravvenzione edilizia, poiché "l'oggetto dell'ipotizzato abuso è un insieme di opere di carattere meramente pertinenziale", altresì "caratterizzato dall'assoluta precarietà";

- la incongruità del disposto ordine di demolizione, a fronte di opere assoggettate non al regime concessone ma a mera autorizzazione edilizia.


Tenuto conto della possibilità di presentazione di domanda di "condono edilizio" - D.L. n. 269 del 2001, ex art. 32, convertito dalla L. n. 326 del 2003 - questa Corte, con ordinanza del 21.10.2003, ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 44.


Il Comune di Moncalieri (con nota pervenuta l'1.8.2008) ha comunicato che la Cena ha presentato un'istanza di condono edilizio, in data 18.12.2004, ai sensi della L. n. 326 del 2003; essa, però, ha versato soltanto la prima rata dell'oblazione autodeterminata e non ha fornito a quell'Amministrazione la documentazione richiestale con nota notificatale il 5.12.2005, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.


La ricorrente, con memoria pervenuta il 10.11.2008, ha depositato produzione rivolta a dimostrare di avere provveduto - in data 29.10.2008 - all'integrazione documentale richiestale ed ha avanzato istanza di ulteriore sospensione del giudizio in attesa dell'esito del procedimento amministrativo di sanatoria.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. La nozione di "pertinenza urbanistica" (vedi, ad esempio, Cass., Sez. 3^, 9.12.2004, ric. Bufano; 2711.1997, ric. Spanò; 24.10.1997, ric. Mirabile) ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.


Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentalità funzionale);


nella fattispecie in oggetto, invece, sono stati realizzati "ex novo" più manufatti aventi inequivoca destinazione residenziale in un luogo ove non esisteva alcun edificio principale (non avendo razionalmente i giudici del merito considerata tale una roulotte già installata nel fondo).


2. La natura "precaria" di un manufatto - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. 3^, 13.6.2006, n. 20189, ric. Cavallini; 27.9.2004, n. 37992, ric. Mandò; 10.6.2003, n. 24898, ric. Nagni; 10.10.1999, n. 11839, ric. Piparo; 26.3.1999, n. 4002, ric. Bortolotti) - ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, né dalla natura dei materiali utilizzati ovvero dalla più o meno facile rimovibilità della stessa, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.


Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno escluso il preteso requisito della temporaneità, non ravvisando (ma, in verità, neppure essendo stato indicato dall'imputata) un uso realmente precario dei manufatti abusivamente realizzati (per altro "stabilmente ancorati al suolo"), per fini specifici e cronologicamente delimitabili "ab origine", ed a tale esclusione sono pervenuti con motivazione adeguata, coerente ed immune da vizi logico- giuridici.


3. I reati, accertati il 27.5.1998, non erano prescritti alla data della pronuncia della sentenza impugnata.


Deve evidenziarsi, al riguardo, che il termine massimo prescrizionale sarebbe scaduto il 27.11.2002.


Va computata, però (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese) una interruzione del corso della prescrizione per complessivi mesi 11 e giorni 29, in seguito:


a) a rinvii disposti su richiesta del difensore dal 13.7.1999 al 17.1.2000 e dal 16.4.2002 al 10.6.2002, non per esigenze di acquisizione della prova ne' a causa del riconoscimento di termini a difesa;


b) alla duplice sospensione (ciascuna per giorni 60), decorrente rispettivamente dal 28.1.2000 e dal 22.9.2000, da riconnettersi alla presentazione di due domande di accertamento di conformità L. n. 47 del 1985, ex artt. 13 e 22.


L'anzidetto termine massimo di prescrizione resta spostato, in conseguenza, al 25.11.2003 già a prescindere da ogni ulteriore effetto sospensivo connesso, L. n. 47 del 1985, ex artt. 44 e 38 alla possibilità di presentazione ed all'inoltro effettivo di domanda di "condono edilizio", D.L. n. 269 del 2003, ex art. 32, convertito dalla L. n. 326 del 2003.


La inammissibilità del ricorso - inoltre - non consente il fermarsi di un valido rapporto di impugnazione, per coi non può tenersi conto della prescrizione del reato che venga eventualmente a scadere in epoca successiva aria pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).


4. La domanda di "condono" proposta dalla ricorrente è divenuta improcedibile ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 4, in quanto l'Amministrazione comunale ha richiesto l'integrazione sostanziale della documentazione, con atto ritualmente notificato il 5.12.2005, e detto adempimento non è stato compiuto nel termine perentorio di tre mesi dalla richiesta (del tutto irrilevante, perciò, è il deposito tardivamente effettuato in data 29.10.2008).

 

5. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille/00 in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 25 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2009


 


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