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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Confisca - Presupposti
essenziali ed indefettibili - Art. 44, 2° c. T.U. n. 380/2001 (precedentemente
art. 19 L. n. 47/1985). Per disporre la confisca prevista dall'art. 44, 2°
comma del T.U. n. 380/2001 (e precedentemente dall'art. 19 della legge n.
47/1985), il soggetto proprietario della res non deve essere necessariamente
"condannato", in quanto data sanzione ben può essere disposta allorquando sia
stata comunque accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in
tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa,
quale e, ad esempio, l'intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga
alla condanna del suo autore ed alla inflizione della pena". Pertanto,
presupposto essenziale ed indefettibile, per l'applicazione della confisca, è
(secondo I'interpretazione giurisprudenziale costante) che sia stata accertata
l'effettiva esistenza di una lottizzazione abusiva. Inoltre, ulteriore
condizione, che si riconnette alle recenti decisioni della Corte di Strasburgo,
investe l'elemento soggettivo del reato ed è quella del necessario riscontro
quanto meno di profili di colpa (anche sotto gli aspetti dell'imprudenza, della
negligenza e del difetto di vigilanza) nella condotta dei soggetti sul cui
patrimonio la misura viene ad incidere. (Cass. Sez. III, 20.5.2009, n. 21188,
Casasanta ed altri; Cass. Sez. III, 29.4.2009, n. 17865, Quarta ed altri; Cass.
Sez. III, 2.10.2008, n. 37472, Belloi ed altri). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric.
Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc.
13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva - Frazionamento fondiario -
Terreni lottizzati o rientranti nel generale progetto lottizzatorio - Confisca -
Criteri per applicare la misura. La misura della confisca, va estesa ai soli
"terreni lottizzati" ovvero "rientranti nel generale progetto lottizzatorio", da
identificarsi in quelli che risultino oggetto di un'operazione di frazionamento
preordinata ad agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista,
pertanto, un preventivo frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da
tale frazionamento nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed
opere urbanizzative, indipendentemente dall'attività di edificazione posta
concretamente in essere. Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto
un frazionamento fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso
assetto ad una porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella
porzione territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti
separati, dalla edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture (Cass.,
Sez. III, 2.10.2008, n. 37472, Belloi ed altri). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric.
Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc.
13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - PRG - Natura di atto complesso - Interpretazione
unilaterale - Esclusione. Il PRG essendo un atto complesso comporta che, dal
momento dell'approvazione regionale, non è più possibile una interpretazione
unilaterale da parte del Comune o della Regione ma essa va effettuata d'intesa
tra le due autorità. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Reati urbanistici e misure di cautela reale. In
materia di reati urbanistici, la persistente disponibilità del bene comporta
perduranti effetti lesivi dell'equilibrio urbanistico ed ambientale e non
costituisce "un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività" (Cass. Sez.
Unite con la sentenza n. 12878/2003). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009),
Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Configurabilità -
Pluralità di soggetti - Accordo preventivo - Ininfluenza. Il reato di
lottizzazione abusiva secondo concorde interpretazione giurisprudenziale - nella
molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in
essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano
il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto
con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva,
purché ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione
dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi
circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna
necessità di un accordo preventivo. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009),
Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva negoziale - Carattere
plurisoggettivo e nesso causale. La lottizzazione abusiva negoziale - in
particolare - ha carattere generalmente plurisoggettivo, poiché in essa
normalmente confluiscono condotte convergenti verso un'operazione unitaria
caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi
diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale. Pres.
Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Condotta
dell'acquirente - Acquisto del sub-acquirente - Configurabilità - Art. 2. Cost.
- Artt. 5 e 42, 4° c., cod. pen.. La condotta dell'acquirente, non configura
un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un
determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso
di quegli (Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliani) e, per la
cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o
un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una
semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere
anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di
specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta
esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della
Costituzione (sul punto, si vedano le argomentazioni svolte dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la
Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini
del rispetto degli interessi dell'altrui persona umana ed è per la violazione di
questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a
rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone
positivamente la tutela giuridica). L'acquirente, dunque, non può sicuramente
considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di
lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché compartecipe al
medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza
rendersi conto cioè pur avendo adoperato la necessaria diligenza
nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di
partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione. Quando, invece,
l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell' intervento - o avrebbe potuto
esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con intimo
nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni,
apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di
una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al
conseguimento del risultato lottizzatorio. Le posizioni, dunque, sono separabili
se risulti provata la malafede dei venditori, che, traendo in inganno gli
acquirenti, li convincono della legittimità delle operazioni ( Cass., Sez. III,
22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano). Neppure l'acquisto del sub-acquirente
può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla
sussistenza di detta sola qualità, allorché si consideri che l'utilizzazione
delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema
elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative
in materia di lottizzazione negoziale [vedi Cass., Sez. III, 8.11.2000,
Petracchi]. Infine deve ribadirsi, che non è ravvisabile alcuna eccezione al
principio generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod.
pen., dovendo ovviamente valutarsi i casi di errore scusabile sulle norme
integratrici del precetto penale e quelli in cui possa trovare applicazione
l'art. 5 cod. pen. secondo l'interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364/1988
della Corte Costituzionale. Il venditore, non può predisporre l'alienazione
degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa
la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i
soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire
conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona: "Il
compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la
legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di
inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale
illecita del venditore" (Cass., Sez. I11, 26.6.2008, Belloi ed altri). Pres.
Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio -
Attività materiale - Attività giuridica - Lottizzazione cd. "negoziale" o
"cartolare" - Cd. lottizzazione materiale e negoziale - c.d. Lottizzazione
abusiva mista - Configurabilità del reato - Art. 30, 1° c.. del T.U. n.
380/2001. A norma dell'art. 30, 1° comma. del T.U. n. 380/2001, si ha
lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio: quando vengono iniziate
opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi
in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o
adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, o senza la
prescritta autorizzazione [attività materiale]; nonché quando tale
trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o
atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la
dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo
gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di
opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti,
denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio [attività
giuridica]. Questo secondo tipo di lottizzazione viene denominato "negoziale" o
"cartolare" e si fonda sulla presenza di elementi indiziari, da cui risulti, in
modo non equivoco, la destinazione a scopo edificatorio del terreno. Tali
elementi indiziari (descritti con elencazione normativa non tassativa) non
devono essere presenti tutti in concorso fra di loro, in quanto è sufficiente
anche la presenza di uno solo di essi, rilevante ed idoneo a fare configurare,
con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione
(Consiglio di Stato, Sez. V, 145.2004, n. 3136). I due tipi di attività illecite
dianzi descritti (lottizzazione materiale e negoziale) possono essere espletati,
ad evidenza, anche congiuntamente (c.d. lottizzazione abusiva mista), in un
intreccio di atti materiali e giuridici comunque finalizzati a realizzare una
trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni non autorizzata oppure in
violazione della pianificazione vigente. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi
ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009),
Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire - Rilascio - Disponibilità
qualificata con l'immobile - Presupposto indefettibile. Presupposto
indefettibile del rilascio della concessione edilizia (oggi permesso di
costruire) a che il destinatario del provvedimento amministrativo abbia titolo,
in base alla legge, alla trasformazione urbanistica dell'area: si trovi, cioè,
in un rapporto di disponibilità qualificata con l'immobile, da intendersi quale
titolarità di una posizione soggettiva che civilisticamente costituisca titolo
per esercitare un'attività costruttiva sul fondo. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric.
Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc.
13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Titolo concessorio - Permesso di costruire trasferito
"insieme all'immobile" - Rapporto tra area disponibile e indice di
fabbricabilità fondiario - Art. 4 L. n. 10/1977 oggi art. 11 D.P.R. n. 380/2001.
Il titolo concessorio può essere trasferito "insieme all'immobile" e dunque
soltanto a quei soggetti che avrebbero titolo anche a richiederlo autonomamente,
versando, nei confronti dell'immobile o del suo proprietario, in una delle
condizioni già previste dall'art. 4 della legge n. 10/1977 ed oggi dall'art. 11
del D.P.R. n. 380/2001. Parametro cardine di riferimento per la richiesta del
permesso di costruire (già concessione edilizia) è il rapporto tra area
disponibile e volume sulla stessa edificabile e si correla all'indice di
fabbricabilità fondiario, che definisce il rapporto massimo consentito tra metri
cubi edificabili e metri quadrati dell'area o lotto su cui va ad insistere la
costruzione. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Casi di
configurabilità - Incidenza del nuovo insediamento e destinazione programmata
del territorio. Può configurarsi il reato di lottizzazione abusiva in
presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non
sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le
previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un
piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle
caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione, ma anche allorquando,
detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le
sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con la destinazione programmata
del territorio comunale. Nei casi in cui si agisca sul territorio con
un'attività finalizzata ed idonea a snaturarne la programmazione deve ritenersi
inconferente ogni riferimento all'incidenza del nuovo insediamento sullo stato
di urbanizzazione esistente. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n.
39078
DIRITTO URBANISTICO - Pianificazione generale - Zona agricola - Funzione.
Ai sensi del T.U. n. 380/2001, la destinazione a zona agricola di un'area,
costituisce espressione del potere conformativo del diritto di proprietà e non
determina disparità di trattamento, in quanto la valutazione sulla possibilità
di edificazione non si ricollega ad una distinzione tra cittadini, ma solo alla
particolare destinazione dei beni. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009),
Sentenza n. 39078
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DIRITTO URBANISTICO - Pianificazione
urbanistica - Individuazione delle zone agricole - Funzione - Fattispecie.
L’individuazione delle zone agricole nell'ambito del contesto pianificatorio
svolge anche una funzione ambientale, considerando che la loro individuazione
può essere utilizzata pure a salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente "e non
presuppone necessariamente che l'area stessa venga utilizzata per colture
tipiche o sia già in possesso di tutte le caratteristiche previste dalla legge
per tale utilizzazione" (Consiglio di Stato, Sez. IV: 14.10.2005, n. 5713;
31.1.2005, n. 259; 22.6.2004, n. 4466; 10.12.2003, n. 8146). Nella specie,
diventa superflua, conseguentemente, ogni discettazione circa la delimitazione
interpretativa della categoria degli "addetti all'agricoltura", a fronte di una
situazione di fatto che oggettivamente vanifica la valenza conservativa dei
valori naturalistici attribuita alla zona agricola. Pres. Grassi, Est. Fiale,
Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc.
13/07/2009), Sentenza n. 39078
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE
PENALE - Contrasto fra disposizioni legislative interne e disposizione della
CEDU - Soluzione interpretativa - Poteri del giudice - Questioni di legittimità
costituzionale - Art. 117 Cost.. In presenza di un apparente contrasto fra
disposizioni legislative interne ed una disposizione della CEDU, anche quale
interpretata dalla Corte di Strasburgo, può porsi un dubbio di costituzionalità,
ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost., solo se non si possa anzitutto
risolvere il problema in via interpretativa. (Corte costituzionale, dep.
24.7.2009 sentenza n. 239). Pertanto, al giudice comune spetta interpretare la
norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti
nei quali ciò è permesso dai testi delle norme e qualora ciò non sia possibile,
ovvero dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione
convenzionale interposta, egli deve investire, il giudice delle leggi, delle
relative questioni di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell'art.
117, primo comma, Cost." (Cost. Cost. sentenze nn. 348 e 349 del 20071). Pres.
Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - DIRITTO URBANISTICO - Confisca - Funzione e
applicazione - Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - Art. 44, 2°
c. T.U. sull'edilizia n. 380/2001. La confisca già prevista dall'art. 19
della legge n. 47/1955 ed attualmente collocata tra le "sanzioni penali"
dall'art. 44, 2° comma del T.U. sull'edilizia n. 380/2001: "non tende alla
riparazione pecuniaria di un danno, ma mira nella sua essenza a punire per
impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla Legge".
Quindi, una "pena" ai sensi dell'art. 7 della Convenzione e la irrogazione di
tale "pena" senza che sia stata stabilita l'esistenza di dolo o colpa dei
destinatari di essa, costituisce infrazione dello stesso art. 7, una corretta
interpretazione del quale "esige, per punire, un legame di natura intellettuale
(coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento responsabilità nella
condotta dell'autore materiale del reato". (Corte europea dei diritti dell'uomo,
30.8.2007 ed il 20.1.2009, ricorso n. 75909/01 proposto contro l'Italia dalla
s.r.l. "Sud Fondi" ed altri). Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Apponi ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc. 13/07/2009), Sentenza n.
39078
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Oggetto del sequestro -
Art. 321 c.p.p.. Oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma
dell'art. 321 c.p.p. può essere qualsiasi bene a chiunque appartenente e,
quindi, anche a persona estranea al reato purché esso sia, anche indirettamente,
collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire
pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di
agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Cass.:
n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n.
4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992). Pres. Grassi, Est. Fiale,
Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009 (Cc.
13/07/2009), Sentenza n. 39078
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure di cautela reale - Applicazione e limiti di
valutazione. In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi
preclusa ogni valutazione sulla sussistenza, degli indizi di colpevolezza e
sulla gravità degli stessi (Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4] e la eventuale
carenza dell'elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto
allorquando emerga ictu oculi in modo evidente e si riverberi sulla componente
materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato. Pres. Grassi, Est.
Fiale, Ric. Apponi ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/10/2009
(Cc. 13/07/2009), Sentenza n. 39078
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UDIENZA C.C. 13.07.2009
SENTENZA N. 1024
REG. GENERALE n.5480/09
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ili mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Aldo Grassi Presidente
Dott. Alfredo Teresi Componente
Dott. Aldo Fiale
Componente
Dott. Guicla I. Mulliri Componente
Dott. Giulio Sarno Componente
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. A. F., nato a Frosinone il x.xx.xxxx
2. M. M.B., nata a Roma il 2.5.1973
3. M. G., nato a Rivolta d'Adda il 23.3.1943
4. N. M.R., nata a La Spezia il 2.8.1944
5. C. E., nata a Napoli il 6.4.1961
avverso la ordinanza 30.12.2008 (deposita l'8.1.2009) del Tribunale per il
riesame di Roma;
- Visti gli atti, la ordinanza impugnata ed i ricorsi;
- Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo
Fiale
- Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Guglielmo Passacantando, il
quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
- Uditi i difensori, Avv. Luca Petrucci, Ambra Giovene, Francesco Caldarelli, i
quali hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Roma - con ordinanza del 30.12.2008 (depositata l'8.1.2009) -
rigettava le istanze di riesame proposte nell'interesse di A. F., M. M.B.,
M. G., N. M.R. e C. E..
Avverso il decreto 20.10.2008 con cui il G.I.P. del Tribunale di Tivoli aveva
disposto sequestro preventivo di villini facenti parte dei "borghetti nn. 7, 11
e 14", rispettivamente siti in via Codette, via Pian dell'Olmo e via Stazzo
Quadro del Comune di Riano, adottando tale misura di cautela reale in relazione
agli ipotizzati reati di cui:
a) agli artt. 30 e 44, lett. c), D.P.R. n. 380\2001, per avere concorso nella
lottizzazione abusiva di terreni ubicati in agro del Comune di Riano.
Ciò in quanto - su area ricadente nella zona E) [agricola] regolata dall'art. 34
delle NTA della variante di aggiornamento del PRG per la salvaguardia del
territorio, approvata della Regione Lazio con DGR n. 5842 del 14\12\1999, nella
quale consentita la sola edificazione correlata all' attività agricola dei suoli
ed allo sviluppo delle imprese agricole e dove è altresì prevista, a specifiche
e tassative condizioni, la possibilità di accorpamento della cubatura in "borghetti
agricoli" o "atelier d'artista";
- veniva effettuata la realizzazione di costruzioni che, sebbene qualificate nei
titoli abilitativi come borgo agricolo previsto dal PRG, mancavano di ogni
presupposto diretto, connesso e dipendente dal processo di coltivazione agricola
dei terreni, configurandosi, al contrario, come un complesso residenziale
completamente avulso da tale processo, sicché veniva in tal modo conferito al
territorio un assetto urbanistico differente da quello pianificato, in
violazione agli strumenti pianificatori, determinandosi una definitiva
trasformazione dell' area da agricola a residenziale;
b) del reato previsto e punito dall'art. 44, lett. b) D.P.R. n. 380\2001, perché
gli interventi dianzi descritti venivano eseguiti in assenza del possesso del
prescritto permesso di costruire o di altro valido titolo abilitativo, stante di
quello rilasciato.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori delle
persone indagate dianzi specificate, i quali lamentando la incompleta
valutazione, in sede di riesame, delle prospettazioni difensive - con doglianze
comuni hanno eccepito che:
- non sarebbe configurabile, nella specie, il "fumus" dell'ipotizzato
reato di lottizzazione abusiva, in quanto:
- G.I.P. ed il Tribunale avrebbero erroneamente interpretato l'art. 34 delle NTA
della Variante di aggiornamento del PRG comunale e le prescrizioni del Piano
territoriale paesistico (PTP) - ambito territoriale n. 4 Valle del Tevere,
approvato con le leggi della Regione Lazio nn. 24 e 25 del 6.7.1998, assimilando
incongruamente la figura dello "addetto all'agricoltura" (non definita
dall'ordinamento giuridico) a quella dello "imprenditore agricolo",
concettualmente diversa.
Nel ricorso del Moroni si prospetta, inoltre, che egli sarebbe effettivamente "coltivatore
agricolo" e che il sequestro avrebbe illegittimamente colpito anche terreni
coltivati da lui condotti in affitto;
- le norme del PRG ammetterebbero comunque la possibilità edificatoria anche ai
fini residenziali delle zone agricole;
- edificazione era avvenuta in seguito al rilascio di regolari concessioni
edilizie ed ricorrenti [ad eccezione della Calvanese] non avevano realizzato
alcuna attività edificatoria, essendosi limitati ad acquistare manufatti
costruiti da altri: il reato di lottizzazione abusiva, inoltre, sarebbe
configurabile esclusivamente nei confronti del venditore e dell'acquirente di
"terreni illegittimamente frazionati" e non invece dell'acquirente di "un
edificio" già costruito;
- le opere assentite non arrecherebbero pregiudizio al potere pubblico di
programmazione territoriale ma anzi ne costituirebbero diretta emanazione;
- non sussisterebbe la necessità di potenziamento e/o adeguamento delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, né si imporrebbe la realizzazione di nuove
infrastrutture;
- gli indagati sarebbero "estranei al reato di lottizzazione" ed
avrebbero agito "in assoluta
buona fede", avendo fatto razionale affidamento nella professionalità dei
notai che hanno stipulato gli atti di vendita.
Il Consiglio comunale di Riano - con deliberazione del 12.5.2009 - ha affermato
la legittimità degli interventi edificatori già assentiti nella zona E agricola.
Tale delibera avvalorerebbe la tesi dell'affidamento incolpevole degli
acquirenti, perche gli stessi sarebbero stati ripetutamente indotti a ritenere
conformi alla legge i manufatti da loro acquistati ed autorizzati da quel Comune
e l'ente locale, anche con questa più recente determinazione, avrebbe
ulteriormente ribadito la correttezza del proprio operato.
- non sarebbe ravvisabile il preteso "periculum in mora", in relazione
all'art. 321, 1° comma, c.p.p., perche non potrebbe ipotizzarsi alcun pericolo
"concreto ed attuale" di aggravamento delle conseguenze dannose dei reati
(secondo quarto argomentato dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione
con la sentenza 20.3.2003, n. 12878).
E' stato altresì eccepito che il sequestro a stato adottato dal GIP anche ai
sensi del 2° comma dell'art. 321 c.p.p., sul presupposto che, all'accertamento
del reato di lottizzazione abusiva, debba necessariamente seguire la confisca
dell'area e degli immobili interessati, ex art. 44, comma 2, del T.U. n.
380/2001.
Nei confronti dei ricorrenti, invece, non potrebbe essere disposta la confisca
in oggetto, perché la Corte Europea dei diritti dell'uomo - con decisioni del
30.8.2007 e del 20.1.2009, nel ricorso [n. 75909/01] proposto contro l'Italia
dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri - ha affermato che tale misura patrimoniale:
- "non tende alla riparazione di un danno, ma mira nella sua essenza a punire
per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla
legge";
è, quindi, una "pena" e la previsione dell'irrogabilità di tale "pena" al di
fuori di
ipotesi di responsabilità penale incorre nell'infrazione dell'art. 7 della CEDU.
I difensori di Moroni e Navarra [nella memoria depositata il 29.4.2009] hanno
perciò sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'art. 44, 2°
comma, D.P.R. n. 380/2001, nella parte in cui tale norma consente l'applicazione
del provvedimento di confisca "a prescindere dal giudizio di responsabilità e
nei confronti di persone estranee ai fatti", per ravvisato contrasto con gli
artt. 27, 42 e 117, 1° comma, Cost.
I motivi di ricorso sono stati specificati ed integrati con memorie
rispettivamente depositate:
- dal difensore di Apponi e Manca, il 18.5.2009;
- dai difensori di Moroni e Navarra, il 29.4, it 26.6 ed it 2.7.2009;
- dal difensore della Calvanese, il 15.5.2009.
**********
1. La pianificazione del territorio in oggetto
1.1 La pianificazione comunale
Secondo le indagini effettuate dal P.M., l'area in questione a classificata come
zona E
- agricola dalla Variante di aggiornamento al Piano Regolatore Generale per la
salvaguardia
del territorio, adottata dal Comune di Riano ed approvata dalla Regione Lazio
con D.G.R. n. 5842 del 14.12.1999.
La disciplina peculiare si rinviene dall'art 34 delle Norme Tecniche di
Attuazione (NTA), che prevede, in sintesi, quanto segue:
La zona agricola "comprende il territorio attualmente destinato all'agricoltura,
di cui si intende conservare l'attuale valore ambientale e produttivo.
Le zone agricole sono destinate all'esercizio delle attività agricole dirette o
connesse con l'agricoltura.
Sono altresì ammesse le attività sportive equestri, caratteristiche del
territorio di Riano". Le zone agricole sono suddivise nelle seguenti sottozone:
E1- zona ricoperta da boschi; E2- zona soggetta a rimboschimento; E3- zona ad
utilizzazione agricola; E4- zona ricoperta da vegetazione ripariale.
Nella zona E3 ad utilizzazione agricola [tale è la zona ove sorge il complesso
di edifici in esame]:
sono ammesse le costruzioni di fabbricati per addetti all'agricoltura
con i seguenti indici di fabbricabilità fondiaria:
- 0,03 mc./mq. residenziale
- 0,07 mc./mq. per gli annessi agricoli non residenziali, ma
l'applicazione di tale indice subordinato all'accertamento del possesso da parte
del richiedente della qualità di imprenditore agricolo a titolo principale.
Il lotto minimo di intervento a stabilito, per le zone E3, in 100.000 mq. (10
ettari).
Nell'intento di impedire il proliferare di piccole costruzioni sparse in zone
agricole, la Variante in oggetto favorisce l'accorpamento della cubatura in
borghetti agricoli facendo propria la norma di tutela dell'art. 23, punto B),
delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Territoriale Paesistico.
I fabbricati consentiti, pertanto, potranno essere riuniti in borghetti agricoli
alle seguenti condizioni:
- dovranno attestarsi sui percorsi stradali esistenti, evitando quindi
l'apertura di nuove strade ad eccezione di quelle di penetrazione;
- il lotto minimo ammesso, anche derivante da accorpamento di più particelle
contigue dovrà in ogni caso rispettare le indicazioni riportate nella Tav. n. 20
del presente Piano.
In questa zona è ammessa anche l'ubicazione di atelier per artisti con
relativo alloggio, con un indice di fabbricabilità di 0,10 mc./mq. Tali
destinazioni d'uso dovranno essere riunite e concentrate su slarghi e piazze, in
modo da formare nuclei edilizi riuniti e compatti.
1.2 La pianificazione regionale
L'art. 1 della Legge 22.7.1974, n. 34 della Regione Lazio già vietava le
"lottizzazioni di terreno a scope edilizio", definendo tali "le utilizzazioni
del suolo che, indipendentemente dal frazionamento fondiario e dal numero dei
proprietari, prevedano la realizzazione contemporanea o successiva di una
pluralità di edifici a destinazione residenziale, turistica, industriale,
artigianale o commerciale, o comunque l'insediamento di abitanti o di attività
in misura tale da richiedere la predisposizione o l'integrazione delle opere di
urbanizzazione tecnica o sociale occorrenti per le necessità dell'insediamento".
La stessa norma considerava lottizzazioni di terreno a scopo edilizio anche "i
frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività
agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti", nonché
"l'esecuzione anche parziale, da parte dei privati proprietari o per loro conto,
di opere di urbanizzazione tecnica, non strettamente necessarie alla conduzione
dei fondi agricoli o all'accessibilità di edifici già legittimamente
realizzati".
Il Piano territoriale paesistico (PTP) - ambito territoriale n. 4 Valle del
Tevere, ricompreso tra quelli approvati con le leggi della Regione Lazio nn. 24
e 25 del 6.7.1998, prevede a sua volta - al citato art. 23, punto B), delle
Norme Tecniche di Attuazione (richiamato dall'art. 34 delle NTA della Variante
di PRG del Comune di Riano) che "si intendono per zone agricole quelle che sono
destinate di fatto all'esercizio dell'attività agricola o che comunque sono
definite tali negli strumenti urbanistici vigenti".
Nelle zone agricole sono espressamente vietate:
- ogni attività comportante trasformazione dell'uso del suolo diverse della sua
naturale vocazione per l'utilizzazione agricola ed ogni intervento deve essere
indirizzato alla conservazione dei valori tipici e tradizionali propri
dell'agricoltura ed alla difesa dell'esercizio dell'impresa agricola considerate
come strumento attivo per la conservazione dei beni ambientali;
- ogni lottizzazione a scopo
edilizio ai sensi della Legge regionale 22 luglio 1974, n. 34, salva la
possibilità di concentrare l'edificazione in borghi agricoli ai sensi dell'articolo
2 del D.M. 2.4.68 1944, ove ciò sia consentito dagli strumenti urbanistici;
- l'apertura di strade o sentieri che non siano strettamente necessari per
l'utilizzazione dei fondi a scopo di coltivazione e l'esecuzione di opere di
urbanizzazione all'infuori di quelle strettamente connesse ed eseguite in
contestualità delle opere edilizie consentite e che devono risultare dal
progetto relativo a queste ultime.
L'edificazione deve essere
strettamente correlata alla utilizzazione agricola dei suoli ed allo sviluppo
delle imprese agricole ed essa a consentita, sempreché sia possibile secondo le
norme degli strumenti urbanistici, nei limiti di cui all'art. 5, b, alla voce b1
[indice fondiario max. 0,015 mc./mq.; H. max ml. 7,00; con lotto minima di
30.000 mq per una cubatura max. accorpabile di 900 mc.], salvo ulteriori
specifiche prescrizioni per le "abitazioni della famiglia dell'imprenditore
agricolo a titolo principale" e per gli alloggi dei "lavoratori agricoli da
applicare stabilmente all'azienda agricola".
2. La ricostruzione degli aspetti essenziali della vicenda.
2.1 La vicenda che ci occupa si inquadra nella complessiva realizzazione, in un
territorio agricolo del Comune di Riano, di 16 "borghi rurali" composti da circa
100 villini, alcuni dei quali "a schiera".
In detto territorio sono state rilasciate concessioni edilizie per edifici
riuniti in borghetti agricoli ed atelier per artisti che dovevano essere
connessi allo sviluppo agricolo dell'agro romano, mentre risultano realizzati
fabbricati residenziali in nessun modo ricollegabili all'attività agricola ed
allo sviluppo agricolo anzidetto.
In particolare:
* Il c.d. "Borghetto n. 7" insiste su un'area ubicata in via Codette, n. 2 del
Comune di
Riano:
- per esso risulta rilasciata concessione edilizia a Risoluti Giuseppina
autorizzante la costruzione, su una superficie di 10 ettari, di n. 11 villini,
per un totale di 2.997,64 metri cubi;
- il rilascio di tale concessione si connette ad un atto d'obbligo, con il quale la
concessionaria si era impegnata a vincolare l'intero fondo di sua proprietà a
servizio delle costruzioni progettate;
- con rogito del 9.2.2004 è stata trasferita alla s.r.l. "Green Box"
(amministratore unico Palmieri Alessandro) solo una parte di terreno, pari a mq.
20.000, ove a stata concentrata l'edificazione, e detta società ha venduto le
unite immobiliari realizzate a soggetti non addetti all'agricoltura.
A servizio dei manufatti costruiti sono stati realizzati: una rete stradale di
collegamento con la vicina SS Flaminia, un impianto di depurazione delle acque
reflue ed una rete di illuminazione.
* Il c.d. "Borghetto n.11" insiste su un'area ubicata in via Plan dell'Olmo, n.
39 del Comune di Riano:
- per esso risulta rilasciata a Rocchi Antonia e Mancini Carla
(rispettivamente pensionata ed insegnante) concessione edilizia n. 45 del
20.4.2001 autorizzante la costruzione, su una superficie di mq. 201.880, di 11
villini più una tettoia, per un totale di 6.336 metri cubi;
rilascio di tale concessione a stato preceduto da atto d'obbligo, reso per atto
notarile del 18.4.2001, con il quale le concessionarie si impegnavano a
vincolare l'intero fondo di loro proprietà a servizio delle costruzioni
progettate;
- con rogito del 27.11.2002 a stata trasferita alla s.r.l. immobiliare "Il
Borgo" (amministratore unico Celesti Anastasio) solo una parte di terreno, pari
a mq. 57.270; altra parte è stata trasferita a C. E. con atto
notarile del 13.12.2002.
La s.r.l. "Il Borgo" ha venduto singole unità edificate a soggetti non addetti
all'agricoltura.
Gli edifici medesimi risultano completamente ultimati ed a stata realizzata una
strada asfaltata al loro servizio.
* Il c.d. "Borghetto n. 14 (borgo agricolo e villaggio per artisti)" insiste su
un'area ubicata in via Stazzo Quadro, n. 10 del Comune di Riano:
- terreno era originariamente di proprietà di Clementi Lionello e Sales Puig
Alicia;
- per esso risulta rilasciata alla s.r.l. "Immobiliare G.MR." (legalmente rappresentata, fino al 19.3.2002, da N. M.R. e, successivamente da M. G.) concessione edilizia n. 32 del 6.4.2001 autorizzante la costruzione, su una superficie di mq. 253.073, di n. 4 corpi di fabbrica, per un totale di 9.287,58 metri cubi, con n. 22 ville a schiera ed edificio commerciale di prodotti coltivati e di supporto allevamento cavalli.
-
Sono state costruite n. 9 ville a schiera e risultano accatastati, con atto del
16.7.2007, n. 9 unità abitative di categoria A7 ed i relativi locali C6.
La s.r.l. "Immobiliare G.MR.", con nota 5.5.2003 dell'amministratore Moroni ha
rinunciato all'esecuzione di una parte del progetto approvato.
- rilascio della concessione è stato preceduto da atto d'obbligo, con il quale i
concessionari si impegnavano a vincolare l'intero fondo di loro proprietà a
servizio delle costruzioni progettate;
- sono state costruite n. 9 ville a schiera e risultano accatastati, con atto del
16.7.2007, n. 9 uniti abitative di categoria A7 ed i relativi locali C6:
immobili venduti a soggetti non addetti all'agricoltura.
Gli edifici, alla data dell' 11.2.2008, risultavano "in fase di rifinitura" ed
erano ancora da realizzare tutte le opere inerenti la viabilità, le strade
interne di smistamento, le recinzioni di divisione dei vani fabbricati e gli
impianti di illuminazione esterna.
Nei borghetti dianzi descritti gli edifici sono stati concepiti per essere
adibiti a villini residenziali; essi sono stati localizzati in ambito ben
delineato con accesso in comune e strade interne che disimpegnano in modo
autonomo le singole unità immobiliari. Nella tipologia
edilizia non vi è alcuno spazio destinato ad attività agricola, che possa far
presupporre un qualsiasi rapporto di chi vi abita con detta attività
legittimante edificazione medesima.
Sebbene siano stati stipulati atti d'obbligo di vincolo dei terreni, le vendite
effettuate riguardano le singole unità immobiliari ed una limitata area
rispettivamente circostante, con scorporo di fatto di tali ridotte estensioni
territoriali compravendute da quelle necessarie per legittimare l'edificazione
della residenza agricola, senza il rispetto del lotto minima e del rapporto
plano-volumetrico connesso all' indice fondiario.
Alla stregua degli elementi di fatto dianzi compendiati, il G.I.P. ed il
Tribunale del riesame hanno ritenuto che le costruzioni poste in essere, sebbene
autorizzate come borghi agricoli previsti dal P.R.G. - mancando ogni presupposto
diretto, connesso e dipendente dal processo di coltivazione agricola dei terreni
e viceversa integrando un complesso residenziale completamente avulso da tale
processo - hanno conferito un assetto urbanistico differente alle porzioni di
territorio prese in esame, in violazione agli strumenti pianificatori,
concretizzando sostanzialmente un cambio della destinazione di zona,
definitivamente trasformata da agricola in residenziale.
2.2 Per quanto riguarda, poi, le singole responsabilità, il Tribunale per il
riesame ha osservato che:
- era nota e chiara a venditori ed acquirenti la destinazione agricola dell'area interessata dagli interventi edificatori;
-
tutti i soggetti coinvolti, anche i sub-acquirenti, avevano la possibilità di
verificare tale destinazione attraverso il semplice esame del certificato di
destinazione urbanistica ed è impensabile che, anche chi sia completamente
ignorante in materia, possa ritenersi in buona fede allorquando vada ad
acquistare una villa o un appartamento in un'area classificata come destinata ad
usi prevalentemente agricoli. Nel caso in esame, peraltro, la stessa
individuazione degli insediamenti come "borghetti agricoli" e "atelier
d'artista" avrebbe dovuto indurre sospetti negli acquirenti.
3. Gli elementi del reato di lottizzazione abusiva e la loro individuazione nei
fatti in esame.
Ai fini della configurazione del "fumus" della ipotizzata fattispecie
contravvenzionale di cui all'art. 44, lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, si
rendono opportune alcune puntualizzazioni di carattere generale in ordine al
reato di lottizzazione abusiva.
3.1 A norma dell'art. 30, 1° comma. del T.U. n. 380/2001, si ha lottizzazione
abusiva di terreni a scopo edificatorio:
-
quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od
edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o
regionali, o senza la prescritta autorizzazione [attività materiale];
-
nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento
e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro
caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla
sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la
eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi
riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio [attività giuridica].
Questo secondo tipo di lottizzazione viene denominato "negoziale" o "cartolare"
e si fonda sulla presenza di elementi indiziari, da cui risulti, in modo non
equivoco, la destinazione a scopo edificatorio del terreno.
Tali elementi indiziari (descritti con elencazione normativa non tassativa) non
devono essere presenti tutti in concorso fra di loro, in quanto è sufficiente
anche la presenza di uno solo di essi, rilevante ed idoneo a fare configurare,
con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione
(in questo senso a orientata anche la giurisprudenza amministrativa: vedi C.
Stato, Sez. V, 145.2004, n. 3136).
I due tipi di attività illecite dianzi descritti (lottizzazione materiale e
negoziale) possono essere espletati, ad evidenza, anche congiuntamente (c.d.
lottizzazione abusiva mista), in un intreccio di atti materiali e giuridici
comunque finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica e/o edilizia
dei terreni non autorizzata oppure in violazione della pianificazione vigente.
3.2 Secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema, il
reato di lottizzazione abusiva può configurarsi [vedi Cass., Sez. Unite,
28.11.2001, Salvini ed altri, nonché Sez. III, 13.6.2008, n. 24096, Desimine ed
altri; 11.5.2005, Stiffi ed altri; 1.7.2004, Lamedica ed altri; 29.1.2001,
Matarrese ed altri; 30.12.1996, n. 11249, ric. P.M. in proc. Urtis]:
- in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova
definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non
sufficientemente urbanizzata, per cui esiste la necessità di attuare le
previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un
piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle
caratteristiche dell' intervento di nuova realizzazione;
-
ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere
realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con
la destinazione programmata del territorio comunale.
Nei casi in cui si agisca sul territorio con un'attività finalizzata ed idonea a
snaturarne la programmazione deve ritenersi inconferente ogni riferimento
all'incidenza del nuovo insediamento sullo stato di urbanizzazione esistente.
3.3 Viene eccepito, al riguardo, che - alla stregua della formulazione letterale
dell'art. 30, 10 comma, del T.U. n. 380/2001 e tenuto conto del principio di
tassatività delle previsioni penali - il reato di lottizzazione abusiva sarebbe
configurabile esclusivamente nei confronti del venditore e degli acquirenti di
"terreni illegittimamente frazionati" e non invece di "edifici gii costruiti".
Tale eccezione, però, può essere superata allorquando si consideri che
l'alienazione frazionata dei singoli immobili deve ritenersi, per il principio
dell'accessione, intimamente connessa al frazionamento in lotti (o comunque allo
scorporo sia pure soltanto materiale) del terreno sui quali quegli immobili sono
stati edificati.
La norma incriminatrice in esame, facendo testuale riferimento al "frazionamento
e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti" ha inteso (nell'ottica
della necessaria idoneità degli atti a mettere in pericolo la pianificazione
territoriale e della individuazione della loro direzione inequivoca ed oggettiva
a conseguire lo scopo illecito) anticipare la tutela penale dell'interesse
protetto da una fattispecie criminosa che, per la sua natura contravvenzionale,
non prevede la rilevanza penale del tentativo.
La punibilità, dunque, risulta costruita alla stregua del modello legale
previsto dall'ordinamento in via generale nell'art. 56, 1° comma, cod. pen., sia
pure soltanto per i delitti, e sarebbe incongruente affermare che la legge
penale punisca esclusivamente quello che è sostanzialmente un tentativo e non
intenda sanzionare, invece, una vendita di edifici gii realizzati, maggiormente
destinata ad incidere significativamente sul territorio.
Il
legislatore richiede, per la punibilità, un minus ed a maggior ragione bisogna
ricomprendere nella previsione legislativa anche l'ipotesi di maggiore gravità
non espressamente descritta come autonoma figura criminosa.
Tale interpretazione non può essere considerata come elusiva del divieto di
"analogia in malam partem" in materia penale (art. 14 delle preleggi)
sull'assunto che essa condurrebbe ad una non consentita estensione della norma
penale oltre i casi espressamente previsti, trattandosi invece di una
interpretazione logicamente estensiva del tutto coerente con lo scopo di tutela
della fattispecie incriminatrice, la quale risulterebbe - al contrario -
irrazionalmente limitata da una ermeneutica basata sul mero data letterale.
Nella analogia il caso da decidere non è disciplinato dalla norma e non può in
alcun modo essere in essa compreso, anche se questa viene dilatata
dall'interprete fino al limite della sua massima espansione, sicché a quel caso
viene data la regolamentazione stabilita per un'ipotesi diversa seppure simile.
Nell'interpretazione estensiva, invece, il caso esaminato rientra nella ipotesi
astratta configurata dal legislatore, sia pure dando alle parole della legge un
significato più ampio di quello che risulta apparentemente da esse.
E, secondo autorevole dottrina, "ogni disposizione di legge va interpretata in
modo che consegua lo scopo per cui fu posta e non vada al di la di esso. Se una
spiegazione non consente alla norma di raggiungere quello scopo, deve essere
respinta, come va respinta quella che conduce a conseguenze che trascendono la
finalità della norma".
Questo tipo di interpretazione a ammesso in relazione a tulle le disposizioni di
legge, comprese quelle penali, perché non amplia il contenuto effettivo della
norma, ma impedisce che fattispecie ad esse soggette si sottraggano alla sua
discipline per l'ingiustificata mancanza di adeguate espressioni letterali.
Le Sezioni Unite del resto già con la sentenza 28.11.1981, ric. Giulini ebbero
ad affermare che, per la configurabilità del reato all'epoca previsto dall'art.
17, lettera b), ultima ipotesi, della legge n. 10/1977, la nozione di
"lottizzazione dei terreni a scopo edilizio" [allora posta dall'art. 28 della
legge urbanistica n. 1150/1942, modificato dalla legge n. 765/1967] non
comprendeva soltanto i casi di frazionamento di area, ma (alla stregua della
ratio legis e degli interessi tutelati) doveva "essere estesa sino a comprendere
qualsiasi forma di insediamento urbano, non autorizzabile o non legittimamente
autorizzato, realizzato attraverso l'utilizzazione edilizia del territorio": ciò
perché si determina in ogni caso pregiudizio delle autonome scelte
programmatiche sull'uso del territorio, riservate dalla legge alla competenza
del Comune, nonche it condizionamento della pubblica Amministrazione ad eseguire
le correlate opere di urbanizzazione primaria e secondaria ed a sopportare i
relativi costi.
Solo un'interpretazione siffatta, già secondo la pronuncia in oggetto, "sembra
poter comprendere le varie e diverse accezioni del termine lottizzazione, nei
momenti e negli aspetti eterogenei e multiformi, effettivi o simulati, nei
quali essa ha dimostrato, nel tempo, di potersi concretizzare e sviluppare".
Nello specifico, inoltre, C. E. risulta avere acquistato - senza
possedere la qualità di addetta all'agricoltura - un terreno su cui
l'edificazione era stata soltanto "iniziata", per una superficie inferiore al
prescritto lotto minima, e poi avere provveduto direttamente al completarnento
del fabbricato.
3.4 Nella vicenda che ci occupa deve ritenersi correttamente configurato dal
Tribunale per il riesame il sostanziale conferimento di un diverso assetto ad
una porzione di territorio comunale, con "significativa trasformazione" della
organizzazione complessiva di detto territorio messa a punto dagli strumenti
urbanistici anche attraverso il coordinamento delle
varie destinazioni d'uso.
In concreto:
- in area agricola non urbanizzata, in cui è espressamente vietata la
lottizzazione di terreni a scopo edificatorio, sono stati creati nuclei
residenziali, svincolati da qualsiasi attività comunque connessa con
l'agricoltura;
-
risulta violato il c.d. "rapporto di copertura", cioè il rapporto tra l'area
coperta dalla costruzione e l'area del lotto di pertinenza, perché - pure
essendo stati stipulati, ai fini del rilascio delle concessioni, atti d'obbligo
che vincolavano "al servizio delle costruzioni" i terreni la cui esistenza e la
cui estensione costituivano condizioni imprescindibili per l'edificazione delle
residenze - si era proceduto invece alla vendita dei singoli manufatti su lotti
appena eccedenti le loro aree di sedime, ulteriormente parcellizzando il
frazionamento del territorio;
- i singoli manufatti non sono stati trasferiti insieme all'estensione
territoriale oggetto del diritto legittimante l'edificazione di ciascuno di
essi.
4. La disponibilità dell'area edificata ed il rapporto tra area disponibile e
volume edificabile.
Presupposto indefettibile del rilascio della concessione edilizia (oggi permesso
di costruire) a che il destinatario del provvedimento amministrativo abbia
titolo, in base alla legge, alla trasformazione urbanistica dell'area: si trovi,
cioè, in un rapporto di disponibilità qualificata con l'immobile, da intendersi
quale titolarità di una posizione soggettiva che civilisticamente costituisca
titolo per esercitare un'attività costruttiva sul fondo.
Il provvedimento non si riferisce in via immediata alla situazione giuridica del
destinatario, bensì a quella del bene immobile, definita dalle prescrizioni
urbanistiche; costituisce cioè un atto intuitu rei, come dimostra la previsione
espressa della sua trasferibilità insieme al diritto che costituisce presupposto
dell'edificazione [art. 4, 6° comma, della legge n. 10/1977 e art. 11, 2° comma,
del D.P.R. n. 380/2001]. Con tale previsione il legislatore ha voluto appunto
fissare il carattere di inerenza del provvedimento concessorio al bene immobile
cui si riferisce, piuttosto che alla persona alla quale è stato rilasciato.
Il titolo concessorio può essere trasferito "insieme all'immobile" e dunque
soltanto a quei soggetti che avrebbero titolo anche a richiederlo autonomamente,
versando, nei confronti dell'immobile o del suo proprietario, in una delle
condizioni già previste dall'art. 4 della legge n. 10/1977 ed oggi dall'art. 11
del D.P.R. n. 380/2001.
Parametro-cardine di riferimento per la richiesta del permesso di costruire (già
concessione edilizia) è il rapporto tra area disponibile e volume sulla stessa
edificabile e si correla all'indice di fabbricabilità fondiario, che definisce
il rapporto massimo consentito tra metri cubi edificabili e metri quadrati
dell'area o lotto su cui va ad insistere la costruzione.
Qualsiasi costruzione, infatti, anche se eseguita senza il prescritto titolo
abilitativo, impegna la superficie che - in base allo specifico indice di
fabbricabilità applicabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici
vigenti - è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.
Nella fattispecie in esame:
Il P.R.G. prevedeva - per l'edificazione in zona agricola - la necessaria
sussistenza di un lotto minima e su tale lotto, poi, un indice di fabbricabilità
fondiaria di 0,03 mc/mq. per le residenze.
Per l'evidenziato principio della
inerenza del provvedimento concessorio al bene immobile cui si riferisce, ogni fabbricato residenziale si doveva connettere ad
un fondo ben individuato e poi, per "impedire il proliferare di piccole
costruzioni sparse in zone
agricole", i fabbricati consentiti potevano essere riuniti in un borghetto
agricolo a specifiche condizioni.
Le concessioni edilizie, invece, sono state direttamente rilasciate per un "borghetto
agricolo", indipendentemente da qualsiasi valutazione dell'opportunità di
accorpamento delle residenze dei vari proprietari di una pluralità di fondi e,
quanta al rapporto di disponibilità qualificata con un appezzamento di terreno
compiutamente determinato, si è fatto riferimento ad un "atto unilaterale
d'obbligo" con cui veniva "vincolata" una vasta superficie fondiaria "al
servizio" dell' intero borghetto.
In contrasto con la qualificazione "reale" del provvedimento concessorio, il
titolo per esercitare costruttiva a stato così ricondotto ad un rapporto
meramente obbligatorio, nascente da un atto che:
a) non connette direttamente il suolo all'edificazione (in quella connessione che costituisce, invece, presupposto indefettibile per la realizzazione di essa) ma si limita a porlo - con espressione volitiva estremamente generica. - "al servizio" di essa;
b) non assoggetta espressamente il suolo medesimo al vincolo di non edificare su di esso costruzioni computabili agli effetti della volumetria ammessa dal piano.
Successivamente, quindi, ai singoli acquirenti di ciascun "villino ad uso
abitazione" è stata venduta soltanto una determinata "porzione del complesso
immobiliare", completamente avulsa dalla specificazione di ogni e qualsiasi
rapporto con il terreno necessario per l'edificazione di quel fabbricato.
Sono state ulteriormente violate, infine, le prescrizioni del PTP, secondo le
quali nelle zone agricole, individuate come tali per le preminenti finalità di
tutela ambientale peculiari a
tale tipo di piano:
- e vietata ogni attività comportante trasformazione dell'uso del suolo diverso
dalla sua
naturale vocazione per l'utilizzazione agricola ed ogni intervento deve essere
indirizzato alla conservazione dei valori tipici e tradizionali propri dell'agricoltura ed alla difesa dell'esercizio dell'impresa agricola considerato
come strumento attuativo per la conservazione dei beni ambientali;
- l'edificazione consentita deve essere strettamente correlata alla utilizzazione
agricola dei
suoli ed allo sviluppo delle imprese agricole.
5. La individuazione delle "zone agricole" e le caratteristiche
dell'edificazione residenziale in essa consentita.
La concessione edilizia (ed oggi il permesso di costruire), come già si a
accennato, non è personale, nel senso che non è data con una valutazione delle qualità soggettive del concessionario ovvero delle possibilità e capacità
imprenditoriale o patrimoniale di esso (queste potranno essere rilevanti per
determinare, invece, le condizioni del provvedimento concessorio, il regime di
onerosità e gli elementi accidentali dello stesso).
Nella specie l'edificazione a avvenuta in zona E3 ad utilizzazione Agricola,
dove il PRG ammette le costruzioni di fabbricati residenziali per addetti
all'agricoltura.
Si pone quindi il problema dell'interpretazione di tale prescrizione limitativa
e della valutazione della sua incidenza sulla legittimità dell'edificazione
realizzata in concreto.
Giova ricordare, al riguardo, che il D.M. n. 1444/1968 definisce come zone E
(zone agricole) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse
quelle in cui fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il
frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerarsi come zone C
o zone di espansione. In conseguenza di ciò e tenuto conto della ridotta
utilizzazione abitativa di tali zone, l'art. 4 dello stesso D.M. prevede la
riserva di soli mq. 6 per abitante per la realizzazione di strutture per
istruzione (asili nido, scuole materne e scuole d'obbligo) in ragione di mq.
4,50 per abitante e di mq. 2 per abitante per aree da adibirsi ad attrezzature
di interesse comune di vario genere.
Quanto alla funzione delle zone agricole nell'ambito del contesto pianificatorio,
la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto ad esse anche un valore
ambientale, considerando che la loro individuazione può essere utilizzata pure a
salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente "e non presuppone necessariamente
che
l'area stessa venga utilizzata per colture tipiche o sia già in possesso di
tutte le caratteristiche previste dalla legge per tale utilizzazione" [vedi, tra
le decisioni più recenti, C. Stato, Sez. IV: 14.10.2005, n. 5713; 31.1.2005, n.
259; 22.6.2004, n. 4466; 10.12.2003, n. 8146].
L'individuazione delle "zone agricole", nel territorio del Comune di Riano
interessato dall'edificazione in esame, risulta effettuata - come si e detto -
da una "variante di aggiornamento del PRG per la salvaguardia del territorio",
in attuazione di un piano territoriale paesistico che [conformemente al valore
affermato dall'art. 9 della Costituzione] correla tale tipo di zonizzazione "alla
conservazione dei valori tipici e tradizionali propri dell'agricoltura ed alla
difesa dell'esercizio dell'impresa agricola considerato come strumento attivo
per la conservazione dei beni ambientali".
In tali prospettive è stato dunque previsto un limitato sfruttamento abitativo
di dette zone, prescrivendo la necessità di un lotto minimo e riservando anche
l'edificazione residenziale a coloro che si trovino in relazione qualificata
con il fondo.
Si delinea cosi un sistema ambientale complessivo ed integrato nel quale il
suolo e le attività agricole rivestono un ruolo primario e la salvaguardia
dell'impresa agricola (l'esercizio della quale è considerato dal piano
territoriale paesistico come strumento attivo per la conservazione dei beni
ambientali) costituisce un presupposto essenziale in quanto, attraverso questa,
si preservano sia le risorse naturali sia gli aspetti organizzativi e sociali
frutto di una cultura prodotta dai complessi e particolari rapporti che le comunità rurali instaurano con il loro territorio.
L'obiettivo e quello di assicurare la permanenza degli addetti all'agricoltura
al presidio delle aree rurali e di salvaguardare l'integrità dell'azienda agricola
e del territorio rurale: in quest'ottica ben può affermarsi che la residenza si
pone come un accessorio del fondo.
Tutto ciò non appare inficiato da profili di illegittimità, allorché si
consideri che la destinazione a zona agricola costituisce espressione del potere conformativo del diritto di proprietà e non determina disparità di trattamento,
in quanto la valutazione sulle possibilità di edificazione non si ricollega ad
una distinzione tra cittadini, ma solo alla particolare destinazione dei beni
[vedi Corte Cost., 23.6.1988, n. 709].
Detta destinazione non può restringersi, ovviamente, alla sola coltivazione del
fondo, ma deve ritenersi estesa alle attività con questa compatibili e/o
integrative, ed il criterio di compatibilità va individuato nella mancanza di
contrasto tra l'opera e la destinazione dell' area, purché ciò non comporti
l'ampliamento degli insediamenti abitativi, dovendosi comunque evitare
l'ulteriore espansione abitativa residenziale ritenuta pregiudizievole
all'assetto complessivo del territorio [vedi C. Stato, Sez. IV, 10.2.2000, n.
721].
Quello che manca però, nella specie, è proprio l'individuazione di quei "fondi"
nei quali gli abitanti di nuovo insediamento possano rispettivamente esercitare
una qualsiasi attività agricola o ad essa connessa e ciò compromette le
perseguite esigenze di contenimento dell'espansione dell'aggregato urbano e di
mantenimento di un equilibrato rapporto tra aree edificate e spazi liberi, anche
ai fini di tutela ambientale.
Diventa superflua, conseguentemente, ogni discettazione circa la delimitazione
interpretativa della categoria degli "addetti all'agricoltura", a fronte di una
situazione di fatto che oggettivamente vanifica la valenza conservativa dei
valori naturalistici attribuita alla zona agricola.
Il ricorrente Moroni ha prospettato di essere "agricoltore de facto et de iure":
egli coltiverebbe, infatti, tutto il fondo assoggettato a sequestro (asseritamente
per oltre 23 ettari),
effettuando in esso colture di viti, ulivi ed alberi da frutta, attività di
vinificazione e produzione di formaggi, allevamenti di bovini e cavalli.
Tutto ciò, però, non rileva ai fini della configurazione del fumus dei
reati contestati, perché il terreno sequestrato non si appartiene al Moroni ma alla
s.r.l. "Immobiliare G.MR." (da quegli legalmente rappresentata a fare data dal
19.3.2002), che non e impresa agricola collettiva; e questa società immobiliare
che ha ottenuto la concessione edilizia nel 2001; l'indagato poi, quale
amministratore di detta società, ha concesso in fitto a se stesso quale persona
fisica l'azienda societaria nel dicembre del 2003 e successivamente ha concesso
sempre a se stesso il comodato gratuito del fondo e degli annessi fabbricati.
Non vi e, allo stato pur dopo gli espedienti giuridici dianzi descritti - un
fondo di 23 ettari su cui insistono (con il rapporto plano-volumetrico di 0,03
mc./mq.) le abitazioni di addetti all'agricoltura nell'azienda agricola condotta
dal Moroni, in quanto gran parte del fondo medesimo si correla al momento
genetico delle costruzioni di altri e diversi proprietari e non può dissociarsi
da esse. Per alcune di dette costruzioni, inoltre, l'indice di fabbricabilità deve ritenersi ricollegato al diverso rapporto piano-volumetrico di 0,10 mc./mq.
[in relazione a quali componenti del fondo?] previsto per l'ubicazione di
atelier per artisti con relativo alloggio.
6. I possibili soggetti attivi nel reato di lottizzazione abusiva.
Il reato di lottizzazione abusiva secondo concorde interpretazione
giurisprudenziale - nella molteplicità di forme che esso può assumere in
concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in
base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono
partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse
da quella strettamente costruttiva, purché ciascuno di essi apporti un
contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli
diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita
complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo.
La lottizzazione abusiva negoziale - in particolare - ha carattere generalmente plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte
convergenti
verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i
comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di
programmazione territoriale.
La condotta dell'acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quegli [vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliani] e, per la cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della Costituzione [vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell'altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica].
L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua
qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli
tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di
avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè pur avendo adoperato la
necessaria diligenza nell'adempimento
degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad
un'operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell' intervento -
o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si
lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le
rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano
la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo
convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio.
Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei
venditori, che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono della
legittimità delle operazioni [vedi Cass., Sez. III, 22.5.1990, Oranges e
26.1.1998, Cusimano].
Neppure l'acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con
valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità,
allorché si consideri che l'utilizzazione delle modalità dell'acquisto
successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente
finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione
negoziale [vedi Cass., Sez. III, 8.11.2000, Petracchi].
I principi dianzi enunciati non contrastano, nella loro sostanza, con i
postulati della sentenza n. 42741/08 di questa III Sezione (ric. Silvioli ed
altri, depositata i1 17.11.2008), le cui statuizioni restitutorie si connettono
ad una situazione di fatto in cui il tribunale del riesame aveva espressamente
affermato (sia pure con valutazioni ovviamente limitate alla propria cognizione
incidentale) che gli acquirenti degli immobili compendio della lottizzazione
abusiva valutata in quella sede erano "soggetti in buona fede estranei alla
commissione del reato" e che ciò spiegava il mancato esercizio dell'azione
penale nei loro confronti.
Quella sentenza, dunque, si è conformata alle peculiarità del caso ma non ha
inteso affatto affermare una assiomatica e generalizzata posizione di buona fede
dei terzi acquirenti degli immobili in ogni vicenda di lottizzazione abusiva.
7. L'elemento soggettivo della contravvenzione di lottizzazione abusiva.
Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza del 3.2.1990, ric.
Cancilleri - avevano affermato che il reato di lottizzazione abusiva si configura
come una contravvenzione di natura esclusivamente dolosa, "per la cui
sussistenza a necessario che l'evento sia previsto e voluto dal reo, quale
conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e
condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di
programmazione territoriale".
Tale interpretazione, però, è stata superata da plurime successive sentenze di
questa III Sezione con argomentazioni alle quali (per economia di esposizione)
si rinvia e che Collegio pienamente condivide.
In dette decisioni o stato in conclusione rilevato che, dopo che le Sezioni
Unite - con la sentenza 28.11.2001, Salvini hanno riconosciuto (in perfetta
aderenza, del resto, al
testuale dettato normativo) che il reato di lottizzazione abusiva è a
consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di
autorizzazione, sia per il contrasto con le prescrizioni della Legge o degli
strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio escludere (alla
stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la contravvenzione di
esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità della concessione
edilizia) che la contravvenzione medesima, sia negoziale sia materiale, possa
essere commessa per colpa [vedi Cass., Sez.
13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed altri; 11.5.2005, Stiffi ed altri; 10.1.2008,
Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 26.6.2008, Belloi ed altri].
Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio
generale stabilito per le contravvenzioni dall'art. 42, 4° comma, cod. pen.,
dovendo ovviamente
valutarsi i casi di errore scusabile sulle norme integratrici del precetto
penale e quelli in cui possa trovare applicazione l'art. 5 cod. pen. secondo
l'interpretazione fornita dalla pronuncia n. 364/1988 della Corte
Costituzionale.
Il venditore, come si a detto, non può predisporre l'alienazione degli immobili
in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata
destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che
acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle
previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona: "Il compratore che omette di
acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone
colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un
determinante contributo causale illecita del venditore" [così testualmente
Cass., Sez. I11, 26.6.2008, Belloi ed altri].
Va ricordato inoltre, al riguardo, che, qualora si ritenesse che il piano
regolatore generale abbia natura di strumento normativo ovvero di atto
amministrativo generale sostanzialmente normativo, si determinerebbe una
presunzione legale di conoscenza ed dovere legale di conoscenza esclude, per
definizione, la possibilità di invocare l'ignoranza incolpevole.
Nel caso in questione - comunque - il Tribunale del riesame non ha ravvisato
(alto stato) la buona fede degli acquirenti.
8. Le finalità del disposto sequestro.
8.1 In questo procedimento il Tribunale - a fronte di una misura di cautela
reale adottata dal G.I.P. in relazione ad entrambe le ipotesi di cui al prime ed
al secondo comma dell'art. 321 c.p.p. [rispettivamente:
a) pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato, nonché di agevolazione della commissione di altri reati;
b) possibilità di confisca delle unità immobiliari ai sensi dell'art. 44, 2° comma, del D.P.R. n. 380/2001 e divieto di restituzione delle cose sequestrate destinate alla confisca, posto dal comma 7 dell'art. 324 c.p.p.] - ha confermato la sussistenza di entrambe le esigenze preventive.
8.2 Il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato (art.
321,1° comma, c.p.p.)
La vicenda che ci occupa appare inerire ad un imponente fenomeno speculativo che
ha un forte impatto sul territorio, sotto il profilo dell'assetto urbanistico di
esso, in quanto pregiudica le autonome scelte della programmazione edificatoria
e condiziona la pubblica Amministrazione nell'esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria.
In raffronto agli anzidetti beni tutelati e suscettibili di compromissione deve
essere valutata - conseguentemente - la situazione di pericolo che l'adozione
del sequestro preventivo a finalizzata ad impedire.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte Suprema,
oggetto del sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può
essere qualsiasi bene a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona
estranea al reato purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e,
ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di
aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione
della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [vedi Cass.: n.
37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n.
4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992].
Nella specie - tenuto conto dei criteri direttivi generali enunciati dalle
Sezioni Unite di questa Corte Suprema con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti
- risulta adeguatamente e razionalmente evidenziata la concretezza ed attualità
della compromissione dei beni giuridici protetti, poiché il godimento e la disponibilità attuale degli immobili implica una effettiva ulteriore lesione
degli interessi tutelati in quanto:
appare evidente l'aggravamento del c.d. carico urbanistico (sotto i profili del
necessario adeguamento dell'urbanizzazione primaria e secondaria), costituendo
ogni singolo villino parte di un complesso edilizio residenziale realizzato ex
novo, che va integrato con l'aggregato urbano preesistente;
- a fronte di un insediamento non più agricolo ma residenziale, si impone il
rispetto dei diversi e maggiori standards correlati alle residenze dall'art. 3
del D.M. n. 1444/1968 e la esigenza di reperimento delle relative aree da parte
dell'Amministrazione comunale;
si pone, per il Comune, la necessità di provvedere ad una nuova complessiva
organizzazione del proprio territorio (da attuarsi, in sede di ripianificazione,
con il coordinamento delle varie destinazioni d'uso, in tutte le loro possibili
relazioni, e con l'assegnazione ad ogni singola destinazione d'uso di
determinate qualità e quantità di servizi).
La persistente disponibilità del bene comporta, dunque, perduranti effetti
lesivi dell'equilibrio urbanistico ed ambientale e non costituisce "un elemento
neutro sotto il profilo dell'offensività" nel senso illustrato dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 12878/2003.
In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi preclusa ogni
valutazione sulla sussistenza, degli indizi di colpevolezza e sulla gravità
degli stessi [vedi Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4] e la eventuale carenza
dell'elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto allorquando
emerga ictu oculi in modo evidente e si riverberi sulla componente materiale,
incidendo sulla configurabilità stessa del reato.
Alla stregua di detto principio il Tribunale - tenuto conto dei limiti della
cognizione ad esso demandata nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il
riesame di provvedimenti di sequestro [vedi Cass., Sez. Unite, 29.1.1997, ric.
P.M. in pros. Bassi] - non era tenuto a verificare la sussistenza di situazioni
di "buona fede" che non risultassero palesi.
Nella specie comunque, come già si e evidenziato, la pretesa buona fede del
ricorrenti non è stata affermata e, dalle prospettazioni difensive, non è
immediatamente deducibile una loro condizione di ignoranza incolpevole circa la
corretta destinazione urbanistica degli immobili da loro acquistati.
8.3 La finalizzazione alla confisca (art. 321, 2° comma, c.p.p.) e la connessa
questione di costituzionalità.
Quanto, invece, al presupposto della confiscabilità, di cui al secondo comma
dell'art. 321 c.p.p., il Tribunale.
- ha fatto riferimento all'art. 44, 2° comma del T.U. n. 380/2001, ove (con
previsione già posta dall'art. 19 della legge n. 47/1985) viene previsto che "La
sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione
abusiva dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere
abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di
diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune nel cui territorio e avvenuta
la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione
nei registri immobiliari";
- ha aderito poi (ritenendo inapplicabili, nella specie, gli enunciati della
sentenza n. 42741/2008, ric. Silvioli di questa III Sezione - dianzi citata) ad
un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il
quale "la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere
abusivamente costruite sugli stessi deve essere disposta anche nei
confronti dei Beni dei terzi acquirenti in buona fede ed estranei al reato, i
quali potranno fare valere i propri diritti in sede civile" (vedi Cass., Sez.
III, 4.10.2004, n. 38728; 213.2005, n. 10916).
Tale orientamento, però, è stato rielaborato - più recentemente - da questa
stessa Corte nella prospettiva della valutazione dei rapporti tra l'ordinamento
statuale e quelle peculiari norme internazionali contenute nella Convenzione per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ai quali
è stata data esecuzione con la
legge di ratifica 4.8.1955, n. 848.
La Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti, nelle sentenze pronunziate
rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 [ricorso n. 75909/01 proposto
contro l'Italia dalla s.r.l. "Sud Fondi" ed altri] - a fronte di una sentenza
nazionale che aveva disposto la confisca pur ritenendo insussistente l'elemento
soggettivo del reato di lottizzazione abusiva
ha affermato che la confisca già prevista dall'art. 19 della legge n. 47/1955 ed
attualmente collocata tra le "sanzioni penali" dall'art. 44, 2° comma del T.U.
sull'edilizia n. 380/2001:
-
"non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma mira nella sua essenza a
punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite
dalla
Legge";
- è
quindi, una "pena" ai sensi dell'art. 7 della Convenzione e la irrogazione di
tale "pena" senza che sia stata stabilita l'esistenza di dolo o colpa dei
destinatari di essa, costituisce infrazione dello stesso art. 7, una corretta
interpretazione del quale "esige, per punire, un legame di natura intellettuale
(coscienza e volontà) che permetta di rilevare un elemento responsabilità
nella condotta dell'autore materiale del reato".
Al riguardo a opportuno ricordare che:
** Le nozioni di "reato" (infraction; criminal offence) di cui all'art. 7 della CEDU e di "materia penale" (matière pénale) di cui al precedente art. 6
risultano oggetto di valutazione autonoma da parte degli organi della
Convenzione, al fine di poter prescindere (attraverso l'utilizzazione di
parametri sostanziali capaci di cogliere l'intima essenza dell'illecito) dalle
peculiarità delle legislazioni degli Stati membri, si da escludere una
frammentazione su scala nazionale dei termini e dei concetti utilizzati
all'interno della Convenzione.
L'ambito applicativo dell'art. 7 della CEDU si estende ben al di là degli
illeciti e delle sanzioni qualificati come "penali" in base al diritto interno,
finendo per ricomprendere tutte le norme e tutte le misure considerate
"intrinsecamente penali" in base alla concezione autonomista accolta dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo, lasciando comunque alla discrezionalità degli Stati membri la soluzione del problema relativo alla
individuazione delle fonti penali legittime e concentrando la propria attenzione
sugli aspetti sostanziali della legge e sulle garanzie che da essi derivano.
** La Corte Costituzionale, con le sentenze nn. 348 e 349 del 22.10.2007:
a) ha affrontato la questione relativa alla posizione ed al ruolo delle norme
della CEDU ed alla loro incidenza sull'ordinamento giuridico italiano, rilevando
che dette norme, diversamente da quelle comunitarie, non creano un ordinamento
giuridico sopranazionale e sono pur sempre norme internazionali pattizie, che
vincolano lo Stato ma non producono effetti diretti nell'ordinamento interno.
Il
nuovo testo dell'art. 117, 1° comma, della Costituzione, introdotto dalla legge
costituzionale 18-10-2001, n. 3, ha reso inconfutabile la maggiore forza di
resistenza delle norme CEDU (nell'interpretazione ad esse data dalla Corte
europea per i diritti dell'uomo) rispetto alle leggi ordinarie successive,
trattandosi di norma costituzionale che sviluppa la sua concrete operatività
solo se posta in stretto
collegamento con altre norme (cd. fonti interposte», di rango subordinato alla
Costituzione ma intermedio tra questa e la legge ordinaria), destinate a dare
contenuti ad un parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualità
che le leggi in esso richiamate devono possedere;
b) ha attratto le stesse norme CEDU come interpretate dalla Corte europea
(quali norme - diverse sia da quelle comunitarie sia da quelle concordatarie -
che, rimanendo pur sempre ad un livello sub-costituzionale, integrano però il
parametro costituzionale), in ipotesi di asserita incompatibilità con una norma
interna, nella sfera di competenza della Corte Costituzionale, alla quale viene
demandata la verifica congiunta della compatibilità della norma interposta con
la Costituzione e della legittimità della norma legislativa ordinaria rispetto
alla stessa norma interposta;
c) ha escluso che le pronunce della Corte di Strasburgo siano
incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalità delle
leggi nazionali, evidenziando che "tale controllo deve sempre ispirarsi al
ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi
internazionali, quale imposto dall'art. 111, primo comma, Cost. e la tutela
degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della
Costituzione".
Nel rapporto, come sopra delineato, tra il diritto interno e le norme pattizie
poste dalla CEDU, deve rilevarsi che la Corte europea dei diritti dell'uomo
nella citata sentenza 20.1.2009 - ha escluso la "prevedibilità" del carattere
abusivo della lottizzazione sottoposta al suo esame sui rilievi che, alla
stregua di quanto definitivamente affermato dalla Corte di Cassazione, gli
imputati avevano commesso un errore inevitabile e scusabile nell'interpretazione delle norme violate.
La Corte di Strasburgo ha ritenuto perciò "arbitraria" la confisca (considerata
"sanzione penale" secondo le previsioni della CEDU) applicata a soggetti che, a
fronte di una base legale non accessibile e non prevedibile, non erano stati
messi in grado di conoscere il senso e la portata della legge penale, "a causa
di un errore insormontabile che non può in alcun modo essere imputato a colui o
colei che ne è vittima".
I Giudici di Strasburgo non hanno detto, però, che presupposto necessario per
disporre la confisca in esame sia una pronuncia di condanna del soggetto al
quale la res appartiene.
Va ribadito, pertanto, il principio di diritto [già enunciato da questa Sezione
nelle sentenze: 20.5.2009, n. 21188, Casasanta ed altri; 29.4.2009, n. 17865,
Quarta ed altri; 2.10.2008, n. 37472, Belloi ed altri] secondo il quale: "Per disporre
la confisca prevista dall'art. 44, 2° comma del T.U. n. 380/2001 (e
precedentemente dall'art. 19 della legge n. 47/1985), il soggetto proprietario
della res non deve essere necessariamente "condannato", in quanto data sanzione
ben può essere disposta allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza
del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed
oggettivo) anche se per una causa diversa, quale e, ad esempio, l'intervenuto
decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed alla
inflizione della pena".
Anche la Corte Costituzionale ha già avuto modo di affermare che fra le sentenze
di proscioglimento ve ne sono alcune che "pur non applicando una pena
comportano, in diverse forme e gradazioni, un sostanziale riconoscimento della responsabilità dell'imputato
o comunque l'attribuzione del fatto all'imputato
medesimo" [vedi le sentenze n. 85 del 2008 e n. 239 del 2009, pubblicata nelle
more della redazione della presente decisione]. Siffatto "sostanziale
riconoscimento", per quarto privo di effetti sul piano della responsabilità
penale, non è pertanto impedito da una pronuncia di proscioglimento, conseguente
a prescrizione, ove invece I'ordinamento imponga di apprezzare tale profilo per
fini diversi dall'accertamento penale del fatto di reato.
Alla stregua dell'enunciato principio va altresì specificato che:
- presupposto essenziale ed indefettibile, per l'applicazione della confisca in
oggetto, (secondo I'interpretazione giurisprudenziale costante) che sia stata
accertata l'effettiva esistenza di una lottizzazione abusiva;
-
ulteriore condizione, però, che si riconnette alle recenti decisioni della Corte
di Strasburgo, investe l'elemento soggettivo del reato ed è quella del
necessario riscontro quanto meno di profili di colpa (anche sotto gli aspetti
dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza) nella condotta dei
soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere.
Per quanto attiene al presente procedimento, comunque, la questione non incide
mantenimento di un sequestro correttamente ancorato anche alle finalità
preventive di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. e si palesa altresì
irrilevante, poiché non sono state ravvisate (allo stato) situazioni di estraneità al reato dei ricorrenti, dei quali non
è stata altresì razionalmente
riconosciuta una condizione di buona fede immediatamente evidente.
Ove situazioni di condotte effettivamente incolpevoli venissero successivamente
comprovate non potrà aversi evidentemente confisca.
Da ciò discende l'irrilevanza anche della prospettata questione di
incostituzionalità della previsione di cui all'art. 44, 2° comma, del D.P.R. IL
380/2001.
La Corte di appello di Bari, con ordinanza del 9.4.2008, aveva rimesso alla
Corte Costituzionale la valutazione circa la legittimità del provvedimento di
confisca qualora emesso "a prescindere dal giudizio di responsabilità e nei
confronti di persone estranee ai fatti", per asserito contrasto con gli art. 3,
25 - comma 2 e 27 - comma 1 della Costituzione.
La Corte costituzionale - con la sentenza n. 239, depositata il 24.7.2009 (nelle
more della stesura della presente motivazione) - ha espressamente affermato che,
"in presenza di un apparente contrasto fra disposizioni legislative interne ed
una disposizione della CEDU, anche quale interpretata dalla Corte di Strasburgo,
può porsi un dubbio di costituzionalità, ai sensi del primo comma dell'art. 117
Cost., solo se non si possa anzitutto risolvere il problema in via
interpretativa.
Al giudice comune spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla
disposizione internazionale, entro i limiti nei quali ciò è permesso dai testi
delle norme e qualora ciò non sia possibile, ovvero dubiti della compatibilità
della norma interna con la disposizione convenzionale interposta, egli deve
investire [il giudice delle leggi n.d.r.] delle relative questioni di
legittimità costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117, primo comma,
Cost." [sentenze nn. 348 e 349 del 20071.
La Corte Costituzionale ha concluso che "spetta, pertanto, agli organi
giurisdizionali comuni l'eventuale opera interpretativa dell'art. 44, comma 2,
del D.P.R. n. 380 del 2001 che sia resa effettivamente necessaria dalle
decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo; a tale compito,
ha atteso la giurisprudenza di legittimità, con esiti la cui valutazione non è
ora rimessa a questa Corte. Solo ove l'adeguamento interpretativo, che appaia
necessitato, risulti impossibile o l'eventuale diritto vivente che si formi in materia faccia sorgere dubbi sulla
sua legittimità
costituzionale, questa Corte potrà essere chiamata ad affrontare il problema
della asserita, incostituzionalità della disposizione di legge".
Questa Corte Suprema ha già fornito un'interpretazione adeguatrice dell'art.
44, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 alle decisioni della Corte europea dei
diritti dell'uomo e non si ravvisano profili di incostituzionalità a fronte:
-
dell'affermata esclusione dell'applicabilità della confisca nei confronti di
coloro che effettivamente risultino "in buona fede" [Cass., Sez. 1B: 20.5.2009,
n. 21188, Casasanta ed altri; 29.4.2009, n. 17865, Quarta ed altri; 2.10.2008,
n. 37472, Belloi ed altri];
-
dell'affermata ulteriore necessità del rispetto del principio di "proporzionalità",
fissato dall'art. 5 del Trattato della Comunità Europea, secondo il quale "le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi,
sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle liberta del cittadino,
tutelate dal diritto comunitario, in misura superiore, cioè sproporzionata,
rispetto a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il
raggiungimento dello scopo che l'autorità e tenuta a realizzare".
La confisca medesima, in applicazione di tale principio, va estesa ai soli
"terreni lottizzati" ovvero "rientranti nel generale progetto lottizzatorio", da
identificarsi in quelli che risultino oggetto di un'operazione di frazionamento
preordinata ad
agevolarne l'utilizzazione a scopo edilizio. Ove esista, pertanto, un preventivo
frazionamento, va confiscata tutta l'area interessata da tale frazionamento
nonché dalla previsione delle relative infrastrutture ed opere urbanizzative,
indipendentemente dall'attività di edificazione posta concretamente in essere.
Nell'ipotesi, invece, in cui non sia stato predisposto un frazionamento
fondiario e tuttavia si sia conferito, di fatto, un diverso assetto ad una
porzione di territorio comunale, la confisca va limitata a quella porzione
territoriale effettivamente interessata dalla vendita di lotti separati, dalla
edificazione e dalla realizzazione di infrastrutture [vedi Cass., Sez. III,
2.10.2008, n. 37472, Belloi ed altri].
9. La deliberazione n. 11 amanita dal Consiglio comunale di Riano in data
12.5.2009.
Il Consiglio comunale di Riano, in data 12.5.2009, ha adottato una deliberazione
avente ad oggetto la "Interpretazione autentica dell'art. 34 delle N.T.A. della
Variante at P.R.G. approvata con delibera di Giunta regionale n. 5842/1999 -
Borghetti agricoli ed atelier per artisti".
Con tale provvedimento il Consiglio ha considerato:
- che, ai sensi dell'art. 34 delle NTA, "per i borghetti agricoli ... non è
richiesto alcuno specifico requisito personale da parte del richiedente";
-
che - quanto alla prevista ubicazione di atelier per artisti - per artisti "si
devono intendere coloro che svolgono una delle arti quali architettura, pittura,
scultura, poesia, musica, canto, recitazione come pure il compositore di musica
e chi la esegue, l'artista di canto, il poeta, lo scrittore, il pittore, chi
recita in teatro ... come pure chi svolge un'attività cinematografica, teatrale
o nel ruolo di attore, chi pur non esercitando un'arte ha un animo aperto al
senso dell'arte, chi è maestro nel proprio mestiere";
- "che ogni concessione edilizia relativa ai borghetti agricoli ed agli atelier
per artisti è accompagnata da atto d'obbligo notarile registrato e trascritto in
forza del quale l'intera estensione del terreno di cui al progetto rimane
comunque vincolata all'edificio autorizzato, venendo cosi tutelata la
destinazione agricola degli stessi non essendo tra l'altro suscettibili di
ulteriore edificazione di qualsiasi tipo avendo esaurito con la costruzione
l'intera volumetria assentibile;
- che a rafforzare ulteriormente il vincolo pertinenziale di detti terreni
nonché ad escludere frazionamenti e ad assicurare la loro utilizzazione per
fini agricoli è stata adottata la deliberazione di Consiglio comunale n. 16 del
12.4.2006 avente ad oggetto "integrazione norme tecniche di attuazione del PRG",
con la quale alla fine dell'art. 34 è stato inserito il seguente capoverso: "Le
aree agricole che, successivamente all'adozione del vigente PRG, sono state
vincolate con atto d'obbligo o altro mezzo idoneo al fine di permettere
l'edificazione di qualunque genere in zona agricola, sono destinate
esclusivamente alla pratica silvo-agricola-pastorale. Tali aree non possono
essere frazionate ne cambiare destinazione urbanistica, neanche nel caso di
diversa zonizzazione generale delle macrozone in cui ricadono, a seguito di
varianti o nuovo strumento; a tale scopo è redatto a cura dell'UTC settore
Urbanistica un apposito registro contenente gli estremi delle aree vincolate
sopradescritte;
- che pertanto le concessioni edilizie che risultino essere state rilasciate in
conformità alla normativa dettata dall'art. 34 delle Norme Tecniche relative ai borghetti agricoli ed agli atelier per artisti sono da considerarsi legittime".
Sulla base di tali "considerazioni", lo stesso Consiglio ha deliberato di
interpretare nei seguenti termini l'art. 34:
- a) nella sottozona E3 il detto articolo consente la realizzazione di
fabbricati a scopo residenziale accorpati in borghi agricoli, con l'indice di
fabbricabilità dello 0,03 mc./mq., da intendersi anche da parte di soggetti che
non siano addetti all'agricoltura;
- b) il borghetto agricolo si intende concepito come un nucleo edilizio immerso
nella campagna senza richiedere come necessario requisito l'esercizio diretto di
attività agricola da pane dei proprietari delle unità, immobiliari, ciò al fine
di favorire la concentrazione della cubatura e di evitare il proliferare di
piccole costruzioni sparse nella zona agricola;
c) per le stesse motivazioni sono stati altresì previsti dei borghetti destinati
ad atelier per artisti con l'indice di fabbricabilità dello 0,10 inc./mq. che
devono intendersi destinati ad accogliere tutti quegli artisti che esercitano
arti e mestieri come sopra specificati e da intendersi qui riportati;
d) sulla base della corretta e ragionevole interpretazione della surriportata
normativa tecnica di PRG devono ritenersi legittime quelle concessioni edilizie
per borghetti agricoli ed atelier per artisti che risultino rilasciate in
conformità alla relativa normativa nei termini come sopra interpretati".
Il Consiglio comunale ha disposto, quindi, che la delibera in oggetto "venga
inviata alla Regione per le determinazioni di sua competenza".
Rileva al riguardo il Collegio che al deliberato consiliare in esame deve
riconoscersi natura di atto a contenuto pianificatorio.
Esso:
- si pone anzitutto in contrasto con la caratterizzazione conferita alle zone
agricole dal PTP -
ambito territoriale n. 4 Valle del Tevere;
- non "interpreta" l'art. 34 della Variante di PRG ma lo modifica in quanto
elide la previsione dello stesso che riserva agli addetti all'agricoltura
l'edificazione di residenze nelle zone agricole E3: non delimita, infatti, il
novero dei soggetti ai quali detta qualifica possa essere attribuita ma estende
in senso generalizzato la legittimazione a costruire. Viene cosi apportata una
innovazione sostanziale ad una previsione di piano e ad essa viene
illegittimamente attribuito effetto retroattivo.
Sotto il profilo procedimentale, inoltre, deve rilevarsi che il PRG è un atto
complesso sicché, dal momento dell'approvazione regionale, non è più possibile
l'interpretazione unilaterale da parte del Comune o della Regione ma essa va
effettuata d'intesa tra le due autorità. Nella specie, invece, non risulta
intervenuto alcun provvedimento regionale (di concerto preventive o di
approvazione), necessario per il completamento dell'iter formativo e per
l'integrazione dell' efficacia.
Una "variante di piano" nel senso dianzi illustrato d'altro canto - si porrebbe
oggi in contrasto con l'art. 55 della Legge 22.12.1999, a. 38 della Regione
Lazio [come modificato dalle leggi regionale 30.1.2002, n. 4 e 17 marzo 2003, n.
8], a norma del quale - (a decorrere dal 30.6.2002):
- "Fermo restando l'obbligo di procedere prioritariamente al recupero delle
strutture esistenti, nuova edificazione in zona agricola a consentita soltanto
se necessaria alla conduzione del fondo e all'esercizio delle attività) agricole
e di quelle ad esse connesse";
- "Le strutture adibite a scopo abitativo, salvo quanta diversamente e più
restrittivamente indicato dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali
a dalla pianificazione di settore, non possono, comunque, superare il rapporto
di 0,01 metri quadri per metro quadro, fino ad un massimo di 300 metri quadri
per ciascun lotto inteso come superficie continua appartenente alla stessa
intera
proprietà dell'azienda agricola. Il lotto minimo e rappresentato dall'unita
aziendale minima di cui all'articolo 52, comma 3. E ammesso, ai fini del
raggiungimento della superficie del lotto minima, l'asservimento di lotti
contigui, anche se divisi da strade, sassi o corsi d'acqua";
-
"L'unita aziendale minima non può, in ogni caso, essere fissata al di sotto di
10mila metri quadri. In mancanza dell'individuazione dell'unità aziendale
minima, il lotto minima e fissato in 30mila metri quadri".
In ogni caso, comunque, come si è ampiamente illustrato dianzi, nella vicenda
che ci occupa:
- la valutazione sulle possibilità di edificazione non si ricollega ad una
distinzione tra cittadini, ma alla particolare destinazione dei terreni per
prevalenti esigenze ambientali, che sono state disattese e tralignate;
-
resta violato il c.d. "rapporto di copertura", cioè il rapporto tra l'area
coperta dalla costruzione e l'area del lotto di pertinenza, tra l'edificio
singolarmente compravenduto e la porzione di terreno agricolo che costituisce
imprescindibile presupposto di legittimazione della costruzione di esso.
10. L'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ovviamente ai
giudici del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati elementi, della cui
sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni dei
ricorrenti non valgono ad escludere la configurabilità del "fumus" delle
contravvenzioni contestate ed il ravvisato "periculum in mora".
I ricorsi, conseguentemente, per tutte le argomentazioni svolte, devono essere
rigettati e ciascun ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali secondo la disciplina delineata dall'art. 535 c.p.p., come
modificato dall'art. 67, 2° comma, della legge 18.6.2009, n. 69.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127 e 325 c.p.p.,
-
dichiara non rilevante la dedotta questione di legittimità costituzionale;
-
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 13.7.2009.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 OTTOBRE, 2009
Il Consigliere estensore
Il Presidente
(Aldo Fiale)
(Aldo Grassi)
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