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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/02/2009 (Ud. 04/12/2008), Sentenza n. 4532



RIFIUTI - Capannone adibito a deposito di rifiuti illecitamente raccolti - Provvedimento inibitorio della P.A. e sequestro - Fattispecie: in tema di motivazione circa la permanenza del "
periculum in mora" e specifica motivazione. Il solo fatto dell'emissione di un provvedimento inibitorio della pubblica amministrazione non è sufficiente a fra ritenere cessate le esigenze cautelari. Una volta che un capannone sia stato adibito a deposito dei rifiuti illecitamente raccolti, e per questa ragione sequestrato, le esigenze cautelari possono dirsi superate solo nel caso che non permangano rischi connessi alla presenza di sostanze e nel caso che il capannone risulti destinato a diversa utilizzazione, così interrompendosi il nesso che lo lega alle condotte illecite. Nella fattispecie, non è stato concesso all'a.g. far discendere la necessità di mantenere sequestro sulla cosa dalla mera circostanza che gli indagati abbiano violato la legge, essendo il requisito del "periculum in mora" diverso e ulteriore rispetto al "fumus" di reato e, dunque, tale da richiedere una specifica motivazione. Pres. Lupo, Est. Marini, Ric. Tissi ed altro (Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pistoia). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 03/02/2009 (Ud. 04/12/2008), Sentenza n. 4532

 


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UDIENZA  04.12.2008

SENTENZA N. 4532

REG. GENERALE n.26816/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Ernesto LUPO                            Presidente
Dott. Agostino CORDOVA                   Consigliere
Dott. Ciro PETTI                                 Consigliere
Dott. Claudia SQUASSONI                  Consigliere
Dott. Luigi MARINI                              Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso proposto da:

TISSI DINO, nato a Agliana il 21 Dicembre 1950.

FERRARI MAURO, nato a Modena il 23 Aprile 1940


Avverso la ordinanza in data 4 Luglio 2008 del Tribunale di Pistoia, quale giudice del riesame, con cui è stato confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari in data 12 Febbraio 2008 in relazione al reato previsto dall'art.216 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 in relazione all'art.256 del medesimo decreto.

 

Sentita la relazione effettuata dal Consigliere LUIGI MARINI

 

Udito il Pubblico Ministero nella persona del CONS. GUGLIELMO PASSACANTANDO, che ha concluso per il regetto del ricorso.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso.

Udito il Difensore, AVV. ANTONINO DENARO, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.


RILEVA


La Procura della Repubblica di Pistoia procede nei confronti dei ricorrenti per violazione della normativa in materia di rifiuti, ed in particolare per avere la societa "Lo.Di.Va." dato corso mediante l'utilizzo di un capannone industriale ad attività di recupero di rifiuti in mancanza di comunicazione ed autorizzazione ex art.216 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, ovvero senza avere atteso il decorso del temine legale di novanta giorni dalla comunicazione.

Nell'ambito di tale procedimento il Giudice per le indagini preliminari ha emesso in data 12 Febbraio 2008 decreto di sequestro preventivo del capannone industriale che veniva utilizzato per le attività correlate alle condotte asseritamene illecite.


Tale decisione è stata contestata dai ricorrenti che hanno osservato come fossero venute meno le esigenze cautelari, posto che in data 25 Febbraio 2008 l'amministrazione provinciale competente ha inibito, con provvedimento n.467, l'inizio dell'attività di recupero che avrebbe dovuto avere luogo nel capannone in sequestro.

Con l'ordinanza oggi impugnata il Tribunale di Pistoia ha respinto la richiesta di riesame, affermando che l'atto inibitorio emanato dall'amministrazione non rappresenta una circostanza in grado di far cessare le esigenze cautelari, dal momento che i ricorrenti hanno dimostrato di non attenersi ai vincoli di legge, così rivelandosi capaci di tenere condotte illecite, e non hanno fornito alcuna indicazione circa la futura destinazione ad altre attività del capannone in sequestro.


Avverso tale decisione i Sigg. Tissi e Ferrari propongono ricorso per cassazione lamentando violazione di legge.


Premesso che l'istituto del sequestro preventivo non ha lo scopo di inibire qualsiasi potenziale condotta irregolare, ma di impedire che una condotta illecita sia proseguita o portata ad ulteriori conseguenze, i ricorrenti affermano che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto irrilevante il citato provvedimento amministrativo che impedisce ai ricorrente di dare corso alle attività oggetto di indagine.
 

OSSERVA
 

L'ipotesi di reato avanzata dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia concerne la violazione dell'art.216, sanzionata dal successivo art.256, del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 che sarebbe integrata dall'avere i ricorrenti iniziato un'attività di recupero di rifiuti senza attendere il decorso del termine di 60 giorni dalla comunicazione previsto dal citato art.216.

Tale attività risulterebbe effettuata mediante l'utilizzazione di un capannone industriale, denominato "A2" ed oggetto del sequestro preventivo effettuato in via d'urgenza e quindi convalidato dal Giudice per le indagini preliminari.

Rileva la Corte che il provvedimento giudiziale datato 12 Febbraio 2008, dopo avere ritenuto sussistere il "fumus" del reato contestato, motiva la convalida del sequestro del capannone con l'esigenza di "evitare la protrazione della condotta illecita".

Rileva, altresì, che dagli atti emerge che successivamente al decreto di sequestro l'ente provinciale competente ha emanato un provvedimento inibitorio che fa divieto ai ricorrenti di dare avvio all'attività di recupero dei rifiuti.

A fronte di quest'ultima circostanza, che secondo i ricorrenti farebbe venire meno i presupposti del mantenimento del vincolo penale, il Tribunale di Pistoia ha affermato che il divieto amministrativo "non sembra avere alcuna efficacia di impedimento della prosecuzione dell'attività criminale, soprattutto in considerazione che entrambi gli indagati, con la loro condotta oggi censurata, si sono dimostrati ampiamente capaci di commettere attività penalmente rilevanti, esercitando un'attività di recupero dei rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione della pubblica autorità competente".


La Corte ritiene di dover affrontare la materia soggetta al suo giudizio affrontando due diversi aspetti emergenti dal ricorso.


Deve infatti considerarsi, sotto un primo profilo, che il solo fatto dell'emissione di un provvedimento inibitorio della pubblica amministrazione non è sufficiente a fra ritenere cessate le esigenze cautelari. Una volta che il capannone sia stato adibito a deposito dei rifiuti illecitamente raccolti, e per questa ragione sequestrato, le esigenze cautelari possono dirsi superate solo nel caso che non permangano rischi connessi alla presenza di sostanze e nel caso che il capannone risulti destinato a diversa utilizzazione, così interrompendosi il nesso che lo lega alle condotte illecite. Tali aspetti risultano affrontati dal provvedimento del Tribunale di Pistoia con il richiamo alla mancanza di indicazioni circa la futura destinazione del capannone stesso.

Rileva la Corte che, invece, la motivazione del provvedimento impugnato risulta apodittica ed apparente, e come tale meritevole di censura, nella parte in cui ravvisa ragioni di mantenimento della misura cautelare sugli stessi elementi per cui ha fondato la esistenza del "fumus" di reato.


Non ogni violazione di legge comporta il rischio di reiterazione delle condotte criminose, così che per l'apposizione e il mantenimento di un vincolo sulle cose utilizzate per commettere il reato, qualora non ne sia prevista la confisca obbligatoria, occorre verificare l'esistenza dell'attualità e concretezza del pericolo che il sequestro preventivo intende prevenire ed evitare.

Nel caso in esame si è in presenza di reato che non sarebbe stato commesso mediante lo svolgimento di un'attività totalmente abusiva, bensì non rispettando il termine che la legge stabilisce al fine di consentire alla pubblica amministrazione le opportune verifiche circa la sussistenza di tutti i requisiti per l'avvio di un'attività sensibile e potenzialmente pericolosa. Inoltre, la cosa sequestrata non presenta in sé carattere di illiceità e potrebbe essere destinata ad attività diverse e lecite.

In questo contesto, non è concesso all'autorità giudiziaria far discendere la necessità di mantenere sequestro sulla cosa dalla mera circostanza che gli indagati abbiano violato la legge, essendo il requisito del "periculum in mora" diverso e ulteriore rispetto al "fumus" di reato e, dunque, tale da richiedere una specifica motivazione.

Il percorso argomentativo adottato dal Tribunale di Pistoia non soddisfa tale obbligo e la decisione risulta quindi sostenuta da motivazione apodittica ed apparente.

Ritiene la Corte che l'ordinanza cautelare debba dunque essere annullata con riferimento al secondo degli aspetti sopra affrontati, con rinvio al Tribunale di Pistoia che procederà a nuovo esame avendo riferimento ai principi qui affermati in tema di motivazione circa la permanenza del "periculum in mora".
 

P.Q.M.
 

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pistoia.

 

Così deciso in Roma il 4/12/2008


 


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