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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2009 (Ud. 09/01/2009), Sentenza n. 6564
RIFIUTI - Sentenza di condanna o di pena concordata - Obblighi - Sequestro e
confisca - Effetti ed Adempimenti - Obblighi di bonifica o di ripristino dello
stato dei luoghi - Art. 256 c.3 D. L.vo 152/2006. Il disposto dell'art. 256
c.3 D. L.vo 152/2006 prevede che, alla sentenza di condanna o di pena
concordata, consegua la confisca del sito sul quale è stata realizzata la
discarica se di proprietà dell'autore o del compartecipe del reato "fatti salvi
gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi" (obblighi che
devono essere ottemperati prima della acquisizione definitiva della area al
patrimonio pubblico). La norma è esplicita nel precisare che la confisca è
applicabile anche se il sito è stato bonificato per cui tale circostanza (che fa
venire meno le esigenze di cautela di cui all'art. 321 c.1 c.p.p.) non ha
rilievo per la ipotesi del c.2 dello articolo. Pres. Lupo, Est. Squassoni, Ric.
Anatriello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2009 (Ud.
09/01/2009), Sentenza n. 6564
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UDIENZA 09.01.2009
SENTENZA N. 53
REG. GENERALE n. 33940/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Ernesto LUPO Presidente
Dott. SQUASSONI Consigliere
Dott. A. FRANCO Consigliere
Dott. M. MARNO Consigliere
Dott. MULLIRI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Anatriello Sosio n. 8.1.1947 Frottomaggiore e del suo
difensore avv. Luigi Tuccillo
Avverso l’ordinanza 13.6.2008 del Tribunale di Napoli
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Squassoni
Udito il Pubblico Ministero nella persona del dott. Meloni Vittorio che ha
concluso per il rigetto del ricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 13 giugno 2008, il
Tribunale di Napoli ha respinto l'appello proposto dallo indagato Anatriello
Sosio avverso il provvedimento 3 marzo 2008 del Giudice per le indagini
preliminari della stessa città di reiezione della istanza di revoca di un
sequestro preventivo che grava su di un sito oggetto di discarica abusiva.
A sostegno della conclusione, il Tribunale ha rilevato che la misura cautelare
era stata disposta sia a sensi del c.1 sia a sensi del c.2 dell'art. 321 cpp e
che l'area era passibile di confisca obbligatoria, per la previsione
dell'art. 256 DLvo 152/2006, benché fosse stata bonificata.
Per l'annullamento della ordinanza, l'indagato ed il suo difensore hanno
proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di
legge, in particolare, rilevando:
- che il provvedimento di sequestro non è chiaro nel disporre il vincolo anche
per la ipotesi dell'art. 321 c.2 cpp;
- che la confisca obbligatoria che impedisce la restituzione delle cose, a mente
dell'art. 324 c. 7 cpp, è solo quella dell'art. 240 c.2 cp;
- che la misura prevista dall'art. 256 D. L.vo 152/2006 differisce da quella
codicistica perché si applica solo in caso di condanna, o di pena concordata, e
non si estende agli estranei al reato.
Nei motivi aggiunti, l'indagato ribadisce ed approfondisce quanto asserito in
quelli principali.
I ricorsi non sono meritevoli di accoglimento.
E' appena il caso di rilevare come il sequestro preventivo, disciplinato
dall'art. 321 c.1 cpp, sia applicabile in presenza di esigenze cautelari, cioè,
quando la libera disponibilità del bene può protrarre nel tempo o aggravare in
intensità le conseguenze del reato oppure agevolare la commissione di ulteriori
illeciti.
L'art. 321 c.2 cpp prevede la possibilità di disporre la misura cautelare su
cose di cui è consentita la confisca; trattasi di una figura specifica ed
autonoma rispetto a quella introdotta nel c.1 che prescinde dalla prognosi di
pericolosità dei beni ed ha come presupposto la confiscabilità, discrezionale o
obbligatoria, delle res.
Entrambi i tipi di sequestro presuppongono la sussistenza di indizi di
commissione del fatto per il quale si procede ad indagini e la sua sussunzione
nella ipotesi di reato enucleata dal Pubblico Ministero.
Su questo tema, il ricorrente non ha formulato censure, ma ha rilevato come il
decreto di sequestro non fosse esplicito nel disporre la misura anche per la
ipotesi dell'art. 321 c.2 cpp.
La tesi difensiva è superabile dalla lettura del testo del provvedimento
impositivo del vincolo ove il Giudice ha avuto cura di rilevare che i beni
sequestrati sono passibili di confisca, pur non precisando la norma che lo
consente; la omissione non influisce sulla chiarezza della disposizione e sui
diritti della difesa dal momento che l'obbligo in oggetto è inserito nello
stesso articolo, citato nel provvedimento, (art. 256 DLvo 152/2006) che punisce
la gestione di discarica abusiva. La proposta lettura del decreto di sequestro
trova conforto nella analoga interpretazione fornita dal Giudice per le indagini
preliminari che ha respinto la istanza di restituzione dei beni motivando sulla
confiscabilità della area.
Ora il disposto dell'art. 256 c.3 DLvo. 152/2006 prevede che, alla sentenza di
condanna o di pena concordata, consegua la confisca del sito sul quale è stata
realizzata la discarica se di proprietà dell'autore o del compartecipe del reato
"fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi"
(obblighi che devono essere ottemperati prima della acquisizione definitiva
della area al patrimonio pubblico).
La norma è esplicita nel precisare che la confisca è applicabile anche se il
sito è stato bonificato per cui tale circostanza (che fa venire meno le
esigenze di cautela di cui all'art. 321 c.1 cpp) non ha rilievo per la ipotesi
del c.2 dello articolo.
Il ricorrente sostiene che il divieto di revoca della misura riguarda, a sensi
dell'art. 324 c.7 cpp, solo la confisca obbligatoria prevista dall'art. 240 c. 2
cp; l'esegesi della norma è puntuale (la previsione, ponendo una eccezione al
generale principio di revocabilità dei sequestri, non è suscettibile di
interpretazione analogica), ma la sua citazione non è pertinente.
L'art. 324 c.7 cpp richiama le disposizioni contenute nello art. 309 c.9 e c.10
cpp che prevedono la perdita di efficacia della misura per il mancato rispetto
dei termini della procedura del riesame e permette, in tale caso, il
mantenimento del vincolo; nella ipotesi che ci occupa, non si è verificata la
perenzione della misura per la ricordata causa per cui la disposizione dell'art. 324
c.7 cpp non rileva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Roma, 9 gennaio 2009
Deposito in Cancelleria 16/02/2009
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