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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 18/11/2008), Sentenza n. 6904



RIFIUTI - Attività di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256 D.Lgs. 152/2006) e trasporto di rifiuti pericolosi con formulari di identificazione mancanti o falsi (art. 258, comma 4, D.Lgs. 152/2006) - Confisca mezzi di trasporto - Art. 321 c.p.p. - Art. 240, c. 3, c.p..
In tema di gestione non autorizzata e trasporto abusivo di rifiuti, per legittimare il sequestro preventivo, occorre un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e una persona, giacché a norma dell'art. 321 c.p.p.: a) non è indispensabile per adottare la misura che sia individuato il responsabile del reato stesso; b) la misura può colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato. Sicché, in sede cautelare, l'esigenza di prevenire la commissione dei reati prevale sulla tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole. Al contrario, in sede di misura di sicurezza patrimoniale, prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole, posto che l’art. 240, comma 3, c.p. esclude la confisca facoltativa e quella obbligatoria delle cose che costituiscano il prezzo del reato quando le cose appartengono a persona estranea al reato (per un'applicazione del principio in tema di trasporto abusivo di rifiuti v. da ultimo Cass. Sez. III, n. 26529 del 20.5.2008, Torre). Con tutta evidenza, la misura di sicurezza, anche quando ha per oggetto una "res" patrimoniale, come nel caso della confisca, conserva una finalità specialpreventiva che intende colpire la persona che in qualche modo è colpevole del reato. Pres. De Maio, Est. Onorato, Ric. Arcuri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 18/11/2008), Sentenza n. 6904

 


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UDIENZA  18.11.2008

SENTENZA N. 1260

REG. GENERALE n.25016/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Guido de MAIO                           Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO                    Consigliere
Dott. Mario GENTILE                          Consigliere
Dott. Amedeo FRANCO                      Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO                   Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto per ARCURI Massimiliano, nato a Crotone il 20.11.1975, in qualità di amministratore unico della Recycling s.r.l,
avverso la ordinanza resa in data 11.6.2008 dal Tribunale per il riesame di Foggia.
Visto il provvedimento denunciato e il ricorso,
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Vincenzo Geraci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
Udito il difensore dell'indagato, avv. Giuseppe Valentino, che ha insistito nel ricorso, Osserva:


Fatto e diritto


1 - Con ordinanza dell' 11.6.2008, il Tribunale collegiale di Foggia, in sede di riesame, ha confermato il provvedimento del 27.5.2008, con cui il g.i.p. dello stesso tribunale aveva disposto il sequestro preventivo - tra gli altri - di tre autocarri intestati alla s.r.l. Recycling e utilizzati dalla s.p.a. A.Ge.Co.S. per esercitare attività di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256 D.Lgs. 152/2006) e trasporto di rifiuti pericolosi con formulari di identificazione mancanti o falsi (art. 258, comma 4, D.Lgs. 152/2006).


Tre dei soci della s.p.a. A.Ge.Co.S. erano indagati per i reati suddetti per aver ripetutamente trasportato con gli autocarri poi sequestrati notevoli quantità di terriccio inquinato e inquinante e per averle sversate nell'alveo del fiume Cervaro.


Prendendo in considerazione i motivi di censura proposti nell'istanza di riesame, il Tribunale ha in sostanza rilevato e osservato quanto segue:
- sussisteva "il fumus" dei reati contestati, peraltro neppure confutato nella istanza di riesame;

- non era decisiva la prospettazione di estraneità ai fatti e di buona fede formulata dall'istante, amministratore unico della s.r.l. Recycling, sul rilievo che gli automezzi "de quibus" erano stati concessi in uso alla società A.Ge.Co.S., con un contratto di "nolo a caldo", per attività di movimento terra con percorso da Deliceto a Foggia o nell' ambito di un cantiere sito in località Coppa Montone di Deliceto, ed erano stati invece usati, al di fuori dai patti contrattuali e all'insaputa del concedente, in località Castelluccio dei Sauri, per sversare il terriccio nell'alveo del fiume Cervaro: e ciò perché - secondo il giudice - le finalità sottese al sequestro sono assolutamente preponderanti rispetto alla circostanza che i mezzi sequestrati siano nella formale titolarità di un terzo estraneo, la cui buona fede, quindi, deve cedere rispetto all'esigenza di prevenire la reiterazione della condotta criminosa;

- sussisteva altresì il "periculum in mora", perché il carattere sistematico della condotta criminosa faceva ragionevolmente prevedere che la restituzione degli automezzi in sequestro avrebbe consentito il riutilizzo degli stessi per commettere analoghi reati;
- infine, il sequestro preventivo era legittimo non solo ex art. 321, comma 1, c.p.p., ma anche ai sensi dell'art. 321, comma 2, c.p.p., trattandosi di cose soggette a confisca obbligatoria. Infatti, l'art. 259, comma 2, DLgs. 152/2006, che è norma speciale rispetto a quella dell'art. 240 c.p., prevede la confisca obbligatoria dei mezzi di trasporto usati per commettere i reati di cui agli artt. 256 e 258, comma 4, D.Lgs. 152/2006, anche se appartenenti a persone estranee al reato stesso, atteso che non contiene la clausola di esclusione per i terzi prevista invece nel terzo comma dell'art. 240 c.p..


2 - Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'amministratore unico della s.r.l. Recycling, Massimiliano Arcuri, deducendo in sostanza due motivi di annullamento per violazione degli artt. 321, comma 1, e 324, comma 7, c.p.p. e dell'art. 259, comma 2, D.Lgs. 152/2006, nonché per mancanza e manifesta illogicità di motivazione.


2.1 - Anzitutto sostiene che il titolare degli automezzi, concedendoli alla società A.Ge.Co.S. attraverso un contratto di c.d. noleggio a caldo si era spogliato della disponibilità degli stessi e non poteva essere a conoscenza dell'uso illecito che ne avevano fatto gli autisti. Nel noleggio a caldo il noleggiante fornisce i mezzi e gli operatori, ma - secondo il difensore - non si obbliga a un risultato, come accade nel subappalto, in cui il subappaltatore assume il rischio di impresa e si obbliga a un risultato verso il subappaltante.


Per conseguenza, non poteva ravvisarsi il pericolo concreto che la restituzione degli automezzi alla società intestataria potesse agevolare la reiterazione delle condotte criminose.

 

2.2 - In secondo luogo il ricorrente evidenzia che il g.i.p. aveva correttamente distinto, disponendo il sequestro con finalità specialpreventive ex art. 321, comma 1, c.p.p. degli automezzi appartenenti a soggetti non indagati, e il sequestro con finalità di confisca ex art. 321, comma 2, c.p.p. degli automezzi appartenenti agli indagati.


Il tribunale del riesame, invece, ha illegittimamente ritenuto che il sequestro degli automezzi appartenenti a terzi in buona fede fosse da confermare non solo ai sensi del primo comma, ma anche a mente del secondo comma dell'art. 321 c.p.p., sul rilievo che il settimo comma dell'art. 324 c.p.p. impedisce il dissequestro di cose soggette a confisca obbligatoria. In tal modo però non ha considerato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la confisca obbligatoria di beni non intrinsecamente pericolosi è vietata quando tali beni appartengano a terzi estranei al reato che siano in buona fede e non ne abbiano tratto profitto.


3 - Il ricorso non merita accoglimento.
In ordine al primo motivo (2.1), l'argomentazione del giudice del riesame è sostanzialmente corretta, sicché non si può ravvisare la inesistenza o apparenza di motivazione dedotta dal difensore.


Nel caso di specie, il difensore non ha contestato né il "fumus commissi delicti" né il nesso di pertinenzialità tra gli automezzi sequestrati e i reati ipotizzati; ha solo dedotto la buona fede del titolare degli automezzi rispetto all'uso criminoso fattone da terzi.


Ma questa impostazione difensiva ignora il carattere reale e non personale della misura cautelare in esame. Per legittimare il sequestro preventivo, invero, occorre un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata e non tra il reato e una persona, giacché a norma dell'art. 321 c.p.p.: a) non è indispensabile per adottare la misura che sia individuato il responsabile del reato stesso; b) la misura può colpire anche cose di proprietà di terzi estranei al reato, purché la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato.


Secondo il legislatore, quindi, in sede cautelare, l'esigenza di prevenire la commissione dei reati prevale sulla tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole. Al contrario, in sede di misura di sicurezza patrimoniale, prevale la tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole, posto che l’art. 240, comma 3, c.p. esclude la confisca facoltativa e quella obbligatoria delle cose che costituiscano il prezzo del reato quando le cose appartengono a persona estranea al reato (per un'applicazione del principio in tema di trasporto abusivo di rifiuti v. da ultimo Cass. Sez. III, n. 26529 del 20.5.2008, Torre, mass. 240551). Con tutta evidenza, la misura di sicurezza, anche quando ha per oggetto una "res" patrimoniale, come nel caso della confisca, conserva una finalità specialpreventiva che intende colpire la persona che in qualche modo è colpevole del reato.


In questo senso va rettificata la motivazione formulata sul punto dal giudice del riesame. Ma la relativa censura del difensore ricorrente, di cui al n. 2.2, è irrilevante, giacché a giustificare il sequestro preventivo "de quo" è sufficiente il disposto di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p., con la conseguenza che è superflua la giustificazione adottata dall' ordinanza impugnata ai sensi dell'art. 321, comma 2, c.p.p..


Infine, risulta infondata anche la censura con cui il ricorrente contesta la sussistenza del "periculum in mora" (di cui al superiore n. 2.1). Proprio la stipulazione di un noleggio c.d. a caldo tra la s.r.l. Recycling e la società. A.Ge.Co.S. con la fornitura a quest'ultima di mezzi di trasporto e di operatori, dimostra che la restituzione degli automezzi alla Recycling può agevolare concretamente la reiterazione dell'abusiva gestione e dell'abusivo trasporto di rifiuti attraverso gli stessi automezzi.


4 - Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto del ricorso, non si ritiene di irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.


la Corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma il 18.11.2008.
Deposito in Cancelleria il 18/02/2009

 


 


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