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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2009 (Ud. 21/01/2009), Sentenza n. 8082
RIFIUTI - Lavorazione del marmo - Versamento in mare dei fanghi residui -
Sequestro preventivo dell’intera azienda - Ammissibilità - Fattispecie. In
materia di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere
anche un'intera azienda ove sussistano indizi che anche taluno soltanto dei Beni
aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la
commissione del reato, non assumendo alcun rilievo la circostanza che l'azienda
svolga anche normali attività imprenditoriali (Cass., Sez. III,
7/11/2007-11/02/2008, n. 6444). Nella specie la condotta di versamento in mare
dei fanghi residui dalla lavorazione del marmo riguardava - nella prospettiva
accusatoria - l’attività dell'intera azienda sicché il sequestro preventivo non
poteva essere limitato ad un determinato processo produttivo specificamente
interessato dalla condotta abusiva. Nell'immediato l'esigenza preventiva sottesa
alla misura cautelare non poteva che afferire all'intera azienda. Pres. Altieri,
Est. Amoroso, Ric. Di Pierdomenico. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
24/02/2009 (Ud. 21/01/2009), Sentenza n. 8082
DIRITTO PROCESSUALE - Sequestro preventivo - Ricorso per cassazione avverso
l'ordinanza di riesame per vizio di motivazione - Inammissibilità - Art. 606
c.p.p.. Il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di riesame in tema di
sequestro preventivo ammissibile solo per violazione di legge, e solo la totale
mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, sono
deducibili sempre sotto il profilo della violazione di legge (art. 606, 1°
comma, lett. c) c.p.p. e non già di quello del vizio di motivazione (art. 606,
1° comma, lett. e), che non è ammissibile (Cass., sez. VI, 18/10/1999,
Albanese). Pres. Altieri, Est. Amoroso, Ric. Di Pierdomenico. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/02/2009 (Ud. 21/01/2009), Sentenza n. 8082
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UDIENZA 21.01.2009
SENTENZA N. 149
REG. GENERALE n. 37454/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
composta dagli ill.mi signori Magistrati:
dott. Enrico Altieri Presidente
1. dott. Agostino Cordova
2. dott. Mario Gentile
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Santi Gazzara
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Di
Pierdomenico Giovanni, n. Fasano il 7.11.1933
-
avverso l'ordinanza del 15 ottobre 2008 del tribunale di Brindisi
-
Udita la relazione fatta in camera di consiglio dal Consigliere Giovanni
Amoroso; - Considerato che il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott.
Gioacchino Izzo ha concluso per l'annullamento dell' impugnata ordinanza;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso del 3/10/2008 Di Pierdomenico Giovanni ha proposto richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il tribunale di Brindisi il 23/9/2008, notificato il 24/9/2008, avente ad oggetto l'impianto dello stabilimento della IMARFA s.r.l., sito in agro di Fasano sulla S.P. n. 4, per i reato p. e p. dagli artt. 256 D.Lgs. 152/06 e 734 c.p..
Con il provvedimento impugnato, il G.I.P. presso il tribunale di Brindisi ha
convalidato il sequestro dello stabilimento suddetto, operato d'urgenza dalla
Guardia di Finanza di Fasano con verbale in data 18/9/2008. In sintesi, i
militari operanti avevano sorpreso due dipendenti della IMARFA nel cuore della
notte, mentre erano intenti ad operare presso le vasche di decantazione dei
fanghi esistenti, come rivelato dalle macchie di fango che ricoprivano i
vestiti. I due si davano inoltre alla fuga alla vista della P.G.. Lo stato dei
luoghi consentiva di rilevare che tali vasche di decantazione erano collegate al
mare da un lungo tubo connesso ad una pompa; inoltre, sulla scogliera erano
presenti consistenti quantità di residui del marmo; ne consegue che, al momento
dell'intervento dei militari, era in corso un'attività di versamento in mare dei
fanghi residui dalla lavorazione del marmo. Tali circostanze di fatto
risultavano pacificamente dalla comunicazione di notizia di reato in atti e
erano state riportate integralmente nel decreto impugnato.
Con ordinanza del 15 ottobre 2008 il tribunale di Brindisi rigettava la
richiesta di riesame confermando il decreto di sequestro impugnato.
2. Osservava il tribunale che non vi erano dubbi sulla illiceità di tale condotta, come contestato al capo A), dato che lo smaltimento di tali rifiuti non poteva certamente essere effettuato in mare.
Rilevava che, sotto il profilo logico, era difficile ipotizzare che i dipendenti
avessero agito in assenza di direttive del datore di lavoro; il quale
risponderebbe comunque del reato, anche solo a titolo colposo. In relazione al
periculum in mora, tribunale osservava che l'attività illecita era in corso in
piena notte quando sono intervenuti i militari operanti, per cui vi era
l'evidente pericolo che tali condotte potevano essere reiterate in caso di
revoca del sequestro.
3. Avverso questa pronuncia
l'imputato propone ricorso per cassazione con un unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è infondato.
Come affermato da questa Corte (Cass., sez. VI, 18 ottobre 1999, Albanese), il
ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di riesame in tema di sequestro
preventivo ammissibile solo per violazione di legge, e solo la totale mancanza
di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, sono deducibili
sempre sotto il profilo della violazione di legge (art. 606, 1° comma, lett. c)
e non già di quello del vizio di motivazione (art. 606, 1° comma, lett. e), che
non è ammissibile.
Nella specie le considerazioni che svolge la difesa dell'indagato in ordine al pericolo di reiterazione del reato, ritenuto insussistente, attengono alle valutazioni di merito e quindi alla motivazione dell'impugnato provvedimento, mentre nessuna violazione di legge è in realtà allegata.
Ne c'e stata alcuna modifica della contestazione essendo rimasto invariata la
condotta addebitata all'indagato; solo la qualificazione giuridica del fatto è
mutata: da violazione del prima comma (attività non autorizzata di smaltimento
di rifiuti) in violazione del secondo comma (trattamento incontrollato di
rifiuti) dell'art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006.
Può aggiungersi che questa Corte (Cass., Sez. III, 7 novembre 2007 — 11 febbraio
2008, n. 6444) ha affermato che, in materia di sequestro preventivo, oggetto
della misura cautelare reale può essere anche un'intera azienda ove sussistano
indizi che anche taluno soltanto dei Beni aziendali, proprio per la sua
collocazione strumentale, sia utilizzato per la commissione del reato, non
assumendo alcun rilievo la circostanza che l'azienda svolga anche normali
attività imprenditoriali.
Nella specie la condotta di versamento in mare dei fanghi residui dalla
lavorazione del marmo riguarda — nella prospettiva accusatoria - attività
dell'intera azienda sicché il sequestro preventivo non poteva essere limitato ad
un determinato processo produttivo specificamente interessato dalla condotta
abusiva. Nell'immediato l'esigenza preventiva sottesa alla misura cautelare non
poteva che afferire all'intera azienda.
3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi deciso in Roma, il 21 gennaio 2009
Presidente
Enrico Altieri
Il Consigliere estensore
Giovanni Amoroso
Deposito in cancelleria il 24/02/2009
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