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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 9177
URBANISTICA ED EDILIZIA - Titolo abilitativo - Profili di illegittimità
sostanziale - Poteri del giudice - Buonafede e di affidamento incolpevole -
Individuazione. In materia urbanistica, il giudice penale, allorquando
accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio,
procede ad un'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non
pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all'enunciato della L. 20
marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 5), ne' incide, con indebita ingerenza,
sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere
che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa
incriminatrice. La "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo
non è condizione essenziale per la configurabilità di un'ipotesi di reato D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni
dolose con organi dell'amministrazione) l'accertata esistenza di profili
assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di
riscontro dell'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche
riguardo all'apprezzamento della colpa. Spetta in ogni caso al giudice del
merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la
individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buonafede e di
affidamento incolpevole. Pres. Onorato, Est. Sarno, Ric. Corvino ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n.
9177
URBANISTICA ED EDILIZIA - Concessione illegittima - Disapplicazione - Poteri
del giudice - Usi pubblici e sociali - Art.5 L. n. 2248/1865, all. E. In
materia edilizia, allorché il giudice accerta l'esistenza di profili di
illegittimità sostanziale del titolo abilitativo non pone in essere la procedura
di disapplicazione riconducibile all'art.5 della legge 20 marzo 1865 n. 2248,
allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della
fattispecie con riferimento all'oggetto della tutela da identificarsi nella
salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli
strumenti urbanistici. (Cass. Sez.3, n. 21487 del 21/03/2006). Pres. Onorato,
Est. Sarno, Ric. Corvino ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 9177
DIRITTO PROCESSUALE - Riesame e giudizio di cognizione - Autonomia dei
procedimenti - In sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato
è preclusa. Per l'assoluta autonomia rispetto al giudizio di cognizione, è
precluso in sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato,
potendo il giudice in questa sede accertare unicamente se il fatto contestato
sia configurabile quale fattispecie astratta di reato (Cass. S.U. 4.5.2000, n.7
e 7.11.1992, n.6). Pres. Onorato, Est. Sarno, Ric. Corvino ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 13/01/2009), Sentenza n. 9177
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UDIENZA 13.01.2009
SENTENZA N. 00074/2009
REG. GENERALE n. 034259/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Ciro PETTI Consigliere
Dott. Mario GENTILE Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
Dott. Giulio SARNO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) CORVINO GIOVANNI ANTONIO N. IL 22/10/1964
2) CORVINO MARCO
N. IL 03/09/1969
3) CORVINO ARMANDO EGIDIO N. IL
25/10/1965
4) SPADACCINI TEODORO
N.IL 27/12/1950
avverso ORDINANZA del 24/07/2008
TRIB. LIBERTA' di CHIETI
sentita la relazione fatta dal Consigliere SARNO GIULIO
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Montagna Alfredo che ha chiesto
l'inammissibilità del ricorso.
Il tribunale del riesame di Chieti, rigettava il ricorso proposto da Armando Egidio Corvino, Marco Corvino, Giovanni Antonio Corvino, Teodoro Spadaccini e Flaviano lacobucci avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP di Vasto in data 30.6.08 di un cantiere con opere in corso per il reato previsto dall'art. 44 lett B) DPR 380101, in relazione ad attività edificatoria in zona interdetta, in quanto interessata da una scarpata morfologica.
Ciò in quanto il permesso di costruire, ottenuto a seguito di accertamento
eseguito dal Comune di Vasto in merito all'insussistenza della scarpata e,
quindi, del divieto a costruire, sarebbe da considerare illegittimo perché
contrastante con l'inserimento della zona in oggetto tra quelle indicate nella
carta di pericolosità allegata al Piano stralcio di bacino (di seguito PAI)
pubblicato sul BURA n. 53 dell'11.5.2005.
Il tribunale, dopo avere ricordato che sulla base degli accertamenti effettuati
dai Carabinieri nella cartografia ufficiale della Regione Abruzzo la zona
oggetto di edificazione si trova esattamente in corrispondenza del tratteggio
indicante la presenza di una scarpata geologica e che dai rilievi in loco
(mediante GPS), era rimasto confermato quanto già rilevato dall'Autorità di
Bacino, confuta espressamente la tesi difensiva secondo cui competeva al Comune
di Vasto la verifica in concreto circa la presenza delle scarpate geologiche
rilevando che l'art. 20 3°co. delle NTA del PAI, demanda ai Comuni unicamente la
"corretta trasposizione" delle scarpate idrogeologiche, stante la necessità di
individuare, su scala maggiore, quanto indicato nella planimetria allegata al
Piano.
Il Comune, pertanto, secondo il tribunale, poteva procedere all'indicazione
sulle proprie planimetrie delle scarpate rilevate nel PAI, ma giammai avrebbe
potuto eliminare delle scarpate senza ottenere una previa modifica del PAI
medesimo, con la logica conseguenza che il Comune non avrebbe potuto in alcun
modo procedere al rilascio del permesso a costruire in difetto di un
accertamento circa l'inesistenza del divieto.
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Corvino Armando Egidio,
Marco e Giovanni Antonio, nonché di Spadaccini Teodoro e Iacobucci Flaviano
deducendo:
1) difetto di motivazione non avendo il tribunale risposto sui rilievi
concernenti l'insussistenza delle ipotesi di pericolo previste dall'art. 321 c.p.p. e la legittimità dell'intervento edilizio avvalorati da:
- esistenza del permesso a costruire ritualmente rilasciato dal Comune di Vasto
in data 11/7/2007;
- inesistenza del vincolo di inedificabilità assoluta sull'area oggetto di
intervento;
- esistenza di un vincolo solo di tipo cd. "lineare", con conseguente necessità
di verifica prima del rilascio del permesso a costruire;
- effettività degli accertamenti posti in essere preventivamente dal Comune di
Vasto e conclusioni dei suoi tecnici;
- errori contenuti negli accertamenti e nelle valutazioni del CT del P.M.;
- criteri per la corretta determinazione della fascia di vincolo.
b) Non utilizzabilità dell'istituto della disapplicazione dell'atto amministrativo in funzione dell'individuazione di fattispecie di reato.
2) inammissibile applicazione dell'istituto della disapplicazione di un atto
amministrativo;
3) conseguente contraddittorietà del provvedimento avendo il giudice di merito
ritenuto l'astratta configurabilità del reato in presenza di un permesso di
costruire - in conformità del quale è stato costruito - senza compiere alcuna
valutazione, neppure incidentale, di tipo penale, senza legare, cioè, alla
stessa disapplicazione alcuna condotta di reato.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Va immediatamente rilevato, in ordine al prima motivo dedotto, che il tribunale
ha sottolineato la necessità del sequestro in quanto la libera disponibilità del
bene avrebbe consentito il proseguimento dell'attività di edificazione.
Vi è dunque motivazione sul "periculum in mora" e le doglianze sul punto
si appalesano del tutto generiche non venendo addotti in questa sede rilievi
specifici alla suddetta motivazione.
Sul "fumus" del reato va invece osservato che l'insieme dei rilievi
indicati nei motivi di ricorso finisce con l'essere in realtà incentrato su due
sostanziali considerazioni:
a) l'erroneità degli accertamenti dell'accusa; e ciò in quanto il tribunale del
riesame non avrebbe tenuto conto "degli accertamenti tecnici scrupolosi e
puntuali" acquisiti dal Comune di Vasto ma si sarebbe limitato a utilizzare i
dati forniti dal consulente del PM decisamente più approssimativi;
b) l'impossibilità per il giudice ordinario di prescindere dall'esistenza di una
concessione legittima non essendo consentita la disapplicazione di tale atto
all'AG procedente.
Sul primo punto è tuttavia agevole osservare che proprio per l'assoluta
autonomia rispetto al giudizio di cognizione, è precluso in sede di riesame la
verifica della sussistenza del fatto reato, potendo il giudice in questa sede
accertare unicamente se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie
astratta di reato (SU 4.5.2000, n.7 e 7.11.1992, n.6).
Eventuali doglianze relative, come nella specie, alle modalità di individuazione
degli elementi di accusa non possono, dunque, formare oggetto di esame in questa
sede ma devono necessariamente essere riservati alla fase di merito.
Quanto alla "disapplicazione" della concessione va in questa sede ribadito
quanto già affermato da questa Sezione (Sez.3, n. 21487 del 21/03/2006 Rv.
234469) e, cioè, che in materia edilizia, allorché il giudice accerta
l'esistenza di profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo non
pone in essere la procedura di disapplicazione riconducibile all'art.5 della
legge 20 marzo 1865 n. 2248, allegato E, atteso che viene operata una
identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all'oggetto della
tutela da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del
territorio regolati dagli strumenti urbanistici.
Si richiamano le puntuali argomentazioni con le quali nella sentenza n. 3/06
citata si è motivata la sussistenza del reato di costruzione abusiva a fronte
dell'illegittimità del permesso di costruire e, soprattutto, i principi
nell'occasione affermati che in questa sede devono intendersi integralmente
ribaditi.
Si è puntualizzato, infatti, che :
a) il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale
del titolo abilitativo edilizio, procede ad un'identificazione in concreto della
fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione"
riconducibile all'enunciato della L.20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 5),
ne' incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica
Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e
giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice;
b) la "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è
condizione essenziale per la configurabilità di un'ipotesi di reato D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni
dolose con organi dell'amministrazione) l'accertata esistenza di profili
assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di
riscontro dell'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche
riguardo all'apprezzamento della colpa;
c) spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame
di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali
situazioni di buonafede e di affidamento incolpevole.
Il ricorso va pertanto rigettato ed i ricorrenti devono essere condannati in
solido al pagamento delle spese processuali.
PQM
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 13.1.2009
Deposito in Cancelleria il 02/03/2009
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