AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 14/01/2009), Sentenza n. 9186
URBANISTICA ED EDILIZIA - Ingiunzione a demolire - Richiesta all'autorità
giudiziaria il dissequestro al solo fine di eliminare l'abuso - Acquisizione
immobile abusivo - Disciplina applicabile e sequestro - Art. 31 c. 3 DPR 380/01.
La mera presenza del sequestro penale non determina, di per sé, la sospensione
del termine dei novanta giorni per l'acquisizione dell'immobile al patrimonio
del Comune. In quanto, lo stesso indagato/imputato ben può chiedere all'autorità
giudiziaria il dissequestro al solo fine di eliminare l'abuso in ottemperanza
dell'ingiunzione a demolire notificatagli dal Comune, ovviamente, ciò può
avvenire sempre che "il sequestro non sia più necessario per fini probatori".
(Cass. sez.3, 13.6.2000 n.2403-Galli). Pres. Onorato, Est. Amoresano, Ric. PM in
proc. Mancini ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud.
14/01/2009), Sentenza n. 9186
URBANISTICA ED EDILIZIA - DIRITTO PROCESSUALE - Ingiunzione a demolire - Inottemperanza - Scadenza
del termine - Effetto ablatorio - Notifica - Effetti - Trascrizione nei registri
immobiliari - Art. 31 c. 3 DPR 380/01 - Poteri e compiti del giudice.
L'effetto ablatorio, dell’art. 31 comma 3 DPR 380/01, si verifica ope legis alla
inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all'ingiunzione di
demolire, mentre la notifica dell'accertamento formale dell'inottemperanza si
configura solo come titolo necessario per l'immissione in possesso e per la
trascrizione nei registri immobiliari... (Cass. pen. sez. n.4962/2008). Evidente
corollario dei principi sopra esposti è che il giudice che dispone il
dissequestro di un immobile abusivo, dopo che il responsabile dell'abuso non ha
ottemperato nel termine di legge all'ingiunzione comunale di demolire, e quindi
dopo che si è verificato l'effetto ablativo a favore dell'ente comunale, deve
disporre la restituzione dell'immobile allo stesso ente comunale e non al
privato responsabile , che per avventura sia ancora in possesso del bene. Per
individuare l'avente diritto alla restituzione, infatti, non è sufficiente il
favor possessionis, occorrendo invece la prova positiva dello ius possidenti,
che non compete più al privato ottemperare. Il giudice quindi è tenuto a
verificare se, per il decorso del termine di novanta giorni, senza che sia stato
ottemperato all'ordinanza di demolizione, si sia verificato l'effetto ablatorio.
Sarebbe conseguentemente illegittimo disporre la restituzione dell'immobile al
privato in presenza di siffatto intervenuto effetto ablatorio. Pres. Onorato,
Est. Amoresano, Ric. PM in proc. Mancini ed altro. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 14/01/2009), Sentenza n. 9186
www.AmbienteDiritto.it
UDIENZA 14.01.2009
SENTENZA N. 91
REG. GENERALE n.020188/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi Onorato Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Claudia Squassoni
Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli
avverso l'ordinanza del 7.4.2008
del Tribunale di Tivoli
nei confronti di
1) Mancini Franco nato il 28.9.1968
2) Carrarini Evaristo nato il 29.1.1948
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
lette le conclusioni del P.G., dr. Vito Monetti, che ha chiesto
trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Roma.
OSSERVA
1) Con ordinanza in data 7.4.2008 il
Tribunale di Tivoli, in composizione monocratica, disponeva il dissequestro e la
restituzione alla società Nanino Costruzioni srl dei locali di cui al
provvedimento di sequestro probatorio adottato il 10 maggio 2006. Premetteva il
Tribunale il riepilogo degli accadimenti, evidenziando che il sequestro in
questione eseguito dai vigili urbani era stato convalidato con decreto
dell'11.5.2006 (veniva ipotizzato il reato di cui all'art.44 lett.b) DPR
380/2001 per aver realizzato lavori edilizi in totale difformità dal progetto
assentito, trasformando, in particolare, due locali del fabbricato e
modificandone la destinazione da uso servizi a uso abitazione). Il 22 giugno
2006, con provvedimento n.343, il dirigente del settore VI del Comune di Tivoli
ordinava alla srl Nanino Costruzioni, proprietaria dei locali, la sospensione
immediata dei lavori, con demolizione e rimessa in pristino dello stato dei
luoghi. Tale ordinanza veniva notificata in data 7.7.2006.
Il 12 luglio 2006 Mancini Franco, presidente del consiglio di amministrazione
della società, chiedeva al P.M. il dissequestro dei locali per ottemperare
all'ordinanza di demolizione. Il 13.7.2006 il P.M. rigettava la richiesta di
dissequestro, autorizzando però l'accesso ai luoghi in sequestro per
l'esecuzione della demolizione nel termine di venti giorni. In data 4 luglio
2007 il Gip, accogliendo l'opposizione proposta dal Mancini avverso il rigetto,
da parte del P.M., della richiesta di dissequestro, disponeva la revoca del
sequestro "finalizzato alla esclusiva esecuzione degli interventi di ripristino
dello status quo ante ".
Il 3 ottobre 2007 il Comune di Tivoli revocava l'ordinanza del 22 giugno 2006,
avendo il sopralluogo dei vigili urbani in data 26 settembre 2007 accertato "la
rimessa in pristino" ingiunta.
Il 28 novembre 2007 la Corte di Cassazione annullava l'ordinanza del GIP del
4.7.2007.
Tanto premesso rilevava il Tribunale che non sussisteva più alcuna esigenza
probatoria per il mantenimento del sequestro, essendo stato tra l'altro già
definito il primo grado del giudizio. Escludeva, poi, che i locali ed il
lastrico solare su cui insistevano fossero stati acquisiti al patrimonio
comunale ex art.31 T.U. edilizia, non potendo tenersi conto dell'inerzia del
destinatario dell'ordinanza di demolizione in costanza del sequestro penale. In
ogni caso non vi era prova che l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione si
fosse protratta oltre il termine assegnato.
2) Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Tivoli per violazione di legge, denunciando che erroneamente il
Tribunale ha ritenuto che il sequestro penale sull'immobile determinasse la
sospensione del termine di 90 giorni per l'acquisizione al patrimonio del Comune
dell'immobile medesimo. Tale irrilevanza, del resto, era stata già
implicitamente ritenuta dalla Suprema Corte con la sentenza che aveva annullato
il provvedimento di dissequestro del GIP.
Il destinatario dell'ordinanza può, infatti, chiedere ex art.85 disp.att. la
disponibilità temporanea del bene per provvedere all'esecuzione. La
giurisprudenza richiamata dal Tribunale non è, invece, pertinente.
Chiede, pertanto, l'annullamento dell'impugnato provvedimento.
Con requisitoria scritta dell'8 luglio 2008 il P.G. chiede che la Corte voglia
trasmettere gli atti per competenza alla Corte di Appello di Roma.
Con memoria, depositata in data 8.1.2009, il difensore di Mancini Franco chiede
che venga dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso.
3) Il ricorso è fondato.
3.1) Va verificata preliminarmente la “competenza” di questa Corte.
La sentenza nel giudizio di prima grado risulta emessa in data 31 marzo 2006,
mentre l' ordinanza del Tribunale, oggetto dell'impugnazione, porta la data del
7.4.2008 ed è quindi successiva alla sentenza medesima.
Tale ordinanza inoltre ha ad oggetto il sequestro probatorio disposto
sull'immobile ( in accoglimento della istanza difensiva è stato ordinato il
dissequestro e la restituzione dei locali sequestrati alla società Nanino srl).
Non possono trovare quindi applicazione né l'art.586 c.p.p., che riguarda
l'impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento, né l'art.579 c.p.p. che
riguarda le misure di sicurezza.
3.2) L'art.31 comma 3 DPR 380/01 prevede che "se il responsabile dell'abuso non
provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di
novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella
necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di
opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto gratuitamente al
patrimonio del comune.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata nel ritenere che dal tenore
letterale della norma "risulta evidente che l'effetto ablatorio si verifica
ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare
all'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell' accertamento formale
dell'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l'immissione in
possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari... "(cfr. ex multis
Cass.pen.sez.n.4962/2008, emessa proprio nella vicenda de qua). Tale
decisione ha anche precisato che "Evidente corollario dei principi sopra esposti
è che il giudice che dispone il dissequestro di un immobile abusivo, dopo che il
responsabile dell'abuso non ha ottemperato nel termine di legge all'ingiunzione
comunale di demolire, e quindi dopo che si è verificato l'effetto ablativo a
favore dell'ente comunale, deve disporre la restituzione dell'immobile allo
stesso ente comunale e non al privato responsabile , che per avventura sia
ancora in possesso del bene. Per individuare l'avente diritto alla restituzione,
infatti, non è sufficiente il favor possessionis, occorrendo invece la
prova positiva dello ius possidenti, che non compete più al privato
ottemperare".
Il giudice quindi è tenuto a verificare se, per il decorso del termine di
novanta giorni, senza che sia stato ottemperato all'ordinanza di demolizione, si
sia verificato l'effetto ablatorio. Sarebbe conseguentemente illegittimo
disporre la restituzione dell'immobile al privato in presenza di siffatto
intervenuto effetto ablatorio.
Il Tribunate di Velletri, pur condividendo sostanzialmente la giurisprudenza di
questa Corte sopra richiamata, ha ritenuto che non si sia verificata la perdita
di proprietà dei locali da parte della società, sotto un duplice aspetto;
1) sospensione del termine di 90 giorni per la presenza del sequestro penale;
2)
ottemperanza, comunque, all'ordinanza nel termine prescritto.
3.3) Sotto il primo profilo, non c’è dubbio che, come sostiene il Tribunale,
l'inottemperanza all'ordine di demolizione possa costituire valido presupposto
per la successiva acquisizione gratuita da parte del comune solo in quanto
imputabile al destinatario del provvedimento sanzionatorio, cioè in quanto non
conseguente a circostanze impeditive estranee alla volontà ed al controllo del
predetto".
Deve, però, trattarsi, proprio perché l'effetto ablativo opera di diritto ed
automaticamente con il mero decorso del termine, di un "impedimento assoluto"
che non consenta al destinatario di dare esecuzione all'ordinanza.
Tale non è certamente il sequestro. Come ha ricordato anche il ricorrente, l'art.85
disp. att. prevede che "quando sono state sequestrate cose che possono essere
restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria,
se l'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni
del caso..". E' l'ordinamento stesso, quindi, a consentire di "superare" il
vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello
stesso, alla demolizione.
Le esigenze probatorie e difensive, evidenziate dal Tribunale che
giustificherebbero "l'inerzia" del privato, non sono argomenti decisivi.
E' del tutto evidente, infatti, che in presenza di siffatte esigenze,
rappresentate dall'interessato o ritenute dal giudice, la richiesta di dar luogo
alla esecuzione dell'ordinanza di demolizione, verrebbe rigettata. Ovviamente,
un eventuale provvedimento di rigetto costituirebbe esso sì quel "factum
principis" che inibisce l'esecuzione dell'ordine di demolizione.
A ben vedere la sentenza di questa Corte richiamata dal Tribunale (Cass.sez.3,
13.6.2000 n.2403-Galli) non perviene a conclusioni diverse, dal momento che,
dopo aver affermato che "lo stesso indagato/imputato ben può chiedere
all'autorità giudiziaria il dissequestro al solo fine di eliminare l'abuso in
ottemperanza dell'ingiunzione a demolire notificatagli dal Comune", precisa che
ciò può avvenire sempre che "il sequestro non sia più necessario per fini
probatori".
Può enunciarsi, quindi, il principio che la mera presenza del sequestro penale
non determina, di per sé, la sospensione del termine dei novanta giorni per
l'acquisizione dell'immobile al patrimonio del Comune.
Di tanto si ha una chiara conferma proprio in questo caso. Come da atto lo
stesso Tribunale nell'ordinanza, nonostante che l'immobile fosse sottoposto a
sequestro probatorio, sia il privato che il P.M. ritennero che si potesse dare
esecuzione all'ordinanza del Comune. Ed infatti, su richiesta del Mancini,
presentata in data 12.7.2006, vale a dire cinque giorni dopo la notifica
dell'ordinanza di demolizione, il P.M. autorizzò il medesimo ad accedere ai
luoghi in sequestro "per il solo tempo strettamente necessario all'esecuzione
della demolizione", imponendo all'istante numerose prescrizioni e concedendogli
il termine di giorni venti per l'esecuzione. L' "insufficienza" del termine di
venti giorni, evidenziata nella memoria difensiva, non assume alcuna incidenza,
(ben avrebbe potuto l'interessato chiedere una proroga ove non avesse potuto
portare a termine l'esecuzione dell'ordine demolitorio).
3.4) Una volta accertato che la presenza del sequestro penale non determinava la
sospensione del termine previsto dall'art.31 comma 3 DPR 380/01, bisognava
verificare se il destinatario del provvedimento avesse, comunque, ottemperato,
nel termine prescritto, all'ordinanza.
Non c'è dubbio che trattasi di un accertamento di fatto che, se adeguatamente e
congruamente motivato, sia insindacabile in sede di legittimità.
La motivazione del provvedimento impugnato è, però, sul punto meramente
apparente, con conseguente ipotizzabilità della violazione dell'art.125 comma 3
c.p.p.
Il Tribunale si limita, infatti, a far riferimento all'accertamento dei Vigili
Urbani che comunicavano al P.M. che "Mancini attenendosi alle condizioni dettate
dall'A.G. ha provveduto alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi ad
eccezione del camino presente all'interno del locale int.15 e dei materiali di
risulta che sono stato lasciati all'interno del locale it.14...".
A parte il fatto che vi è confusione anche sulla data del predetto accertamento
( a pag.3 si parla del 26 settembre 2006, mentre nella parte espositiva a pag.1
si indica il 26 luglio (corretto in settembre) ma del 2007, (il che è
estremamente rilevante in ordine alla tempestività dell'ottemperanza), si
sarebbe dovuto accertare se erano state eliminate tutte le opere indicate
nell'ordinanza, essendo indubitabile che l'ottemperanza medesima debba essere
integrale e non soltanto parziale.
Tale ordinanza-ingiunzione, come afferma il Tribunale, faceva riferimento alla
"immediata demolizione e rimessa in pristino ad uso non residenziale dei locali
di cui al verbale di accertamento 11046 entro novanta giorni della data di
notifica...". Bisognava accertare, allora, se tutte le opere indicate nel
predetto verbale fossero state demolite ed il motivo per cui il camino, presente
all'interno del locale int.15, non fosse stato, comunque, eliminato.
L'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Tivoli
che, alla luce dei principi sopra enunciati, accerterà se sia stata data
integrale ottemperanza all'ordinanza n.343 del 22.6.2006 nel termine prescritto.
P. Q. M.
Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Tivoli.
Cosi deciso in Roma il 14.1.2009
Deposito in cancelleria il 02/03/2009
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562