AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9192
RIFIUTI - Gestore dell'impianto - Non rispondenza del codice CER attribuito ai
rifiuti conferiti in discarica dal produttore - Responsabilità del gestore -
Formulario di identificazione - Obblighi di verifica della conformità del
rifiuto - Art. 11, c.3, D. Lgs. n.36/03 - Art. 3 del DM 3.8.2005 - Direttiva
1999/31/CE. In materia di un corretto smaltimento, sia il D.Lgs. n. 36/03,
di attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti,
che il DM 3.8.2005 pongono precisi obblighi di verifica a carico del gestore
dell'impianto. Sicché, accertata la non rispondenza del codice CER attribuito ai
rifiuti conferiti in discarica dal produttore degli stessi e la incompatibilità
di detti rifiuti, in considerazione della loro effettiva natura, con le
categorie di quelli che possono essere ammessi nella discarica, in relazione
alla tipologia della stessa ed alla autorizzazione ottenuta, il gestore
dell'impianto non va esente da responsabilità per tale fatto, incombendo sullo
stesso precisi obblighi di verifica della conformità del rifiuto alle
caratteristiche indicate nel formulario di identificazione. Pres. Onorato Est.
Lombardi Ric. Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud.
29/01/2009), Sentenza n. 9192
RIFIUTI - Discariche di rifiuti e corretta gestione dell'impianto - Obblighi
di verifica dei rifiuti a carico del gestore dell'impianto - Legislazione
vigente - Art. 11, c.3, D. Lgs. n.36/03 - Art. 3 del DM 3.8.2005 - Direttiva
1999/31/CE. La legislazione vigente, in tema di gestione e smaltimento dei
rifiuti, prevede, sia attraverso il D. Lgs. n.36/03, di attuazione della
direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, che il DM 3.8.2005,
precisi obblighi di verifica a carico del gestore dell'impianto. Ai sensi
dell'art.11, comma 3, del D.Lgs 13.1.2003 n. 36, ai fini dell'ammissione dei
rifiuti in discarica, il gestore dell'impianto deve effettuare, lett. c) del
terzo comma, "l'ispezione visiva di ogni carico di rifiuti conferiti in
discarica prima e dopo lo scarico e verificare la conformità del rifiuto alle
caratteristiche indicate nel formulario di identificazione...", nonché, lett. f)
del terzo comma, "effettuare le verifiche analitiche della conformità del
rifiuto conferito ai criteri di ammissibilità come indicato all'art.10, comma 1
lett. g), con cadenza stabilita dall'autorità territorialmente competente e,
comunque, con frequenza non superiore ad un anno". Analogo obbligo di verificare
la conformità dei rifiuti alle caratteristiche indicate dal produttore, ai fini
dell'ammissione degli stessi in discarica, è previsto a carico del gestore
dell'impianto dall'art. 3 del DM 3.8.2005. Pres. Onorato Est. Lombardi Ric.
Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009),
Sentenza n. 9192
DIRITTO PROCESSUALE - Tribunale del riesame - Provvedimenti in materia di
misure cautelari reali - Impugnazione in sede di legittimità - Limiti - Art.
325, 1° c., c.p.p. (violazione di legge) - Fattispecie: decreto di sequestro
preventivo. I provvedimenti in materia di misure cautelari reali possono
essere impugnati in sede di legittimità esclusivamente per violazione di legge
ex art. 325, primo comma, c.p.p.. In detta materia inoltre il tribunale del
riesame deve esclusivamente verificare la sussumibilità del fatto per cui si
procede, secondo la prospettazione della pubblica accusa e, cioè, alla luce
degli elementi emersi dalle indagini offerti dal P.M., nella fattispecie di
reato ipotizzata, sia pur tenendo conto degli elementi prodotti dalla difesa
dell'indagato, è preclusa a detto organo giudicante la verifica della effettiva
colpevolezza dell'imputato, il cui accertamento è riservato al giudice di
merito. Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Pinzari. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 02/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9192
www.AmbienteDiritto.it
UDIENZA 29.01.2009
SENTENZA N. 196
REG. GENERALE n. 34490/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
rel.
Dott. Guicla Immacolata MUSSIRI Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- Sul ricorso proposto dagli Avv. Anna Maria Bruni e Bruno Andreozzi, difensori di
fiducia di Pinzari Marina, n. a Roma il 24.4.1959, quale amministratrice della
società Ecologia S.r.l., avverso l'ordinanza in data 21.7.2008 del Tribunale di
Roma, con la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo degli
impianti della predetta società emesso dal G.I.P. del Tribunale di Velletri in
data 23.6.2008.
-
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
-
Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
-
Udito il P.M. in persona del Sost. Procuratore Generale, Dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
-
Uditi i difensori Avv. Bruno Andreozzi, che ha concluso per l'accoglimento del
ricorso;
CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, quale giudice del riesame, ha
confermato il decreto di sequestro preventivo degli impianti della società
Ecologia S.r.l., emesso dal G.I.P. del Tribunale di Velletri in data 23.6.2008,
nell'ambito delle indagini relative al reato di cui agli art. 110 c.p. e 260 del
D.Lgs n.152/2006.
Secondo l'imputazione formulata dal P.M. il reato oggetto di indagini è stato
configurato per avere Pinzari Marina, quale legale rappresentante della società
Ecologia S.r.l., in concorso con Andreini Paolo, legale rappresentante della
società Bonifiche Ambientali S.r.l., Stella Rodolfo, legale rappresentante della
Covecom S.p.A., e Coseglia Nestore, legale rappresentante della ditta "AT&T",
organizzato un ingente traffico illecito di rifiuti, attuato mediante la
attribuzione del codice CER 170605 (materiali da costruzione contenenti amianto
proveniente da demolizione) a Kg. 3.223.960 di rifiuti provenienti dal lotto 2
del cantiere gestito da Covecom e Bonifiche Ambientali, avente ad oggetto la
bonifica del cantiere della Nuova Sacelit, rifiuti che dovevano avere la diversa
caratterizzazione prevista dal codice CER 191301 (rifiuti solidi prodotti dalle
bonifiche di terreni contenenti sostanze pericolose), in modo da poter smaltire
detti rifiuti - con la mediazione di "AT&T"- presso la discarica ecologica di
Pomezia (autorizzata solo per lo smaltimento del rifiuto CER 170605), invece che
presso l'unica struttura esistente in Italia per detta tipologia di rifiuti,
rappresentata dalla società Barricalla S.p.A. con sede in Collegno, con
conseguente minore esborso di spesa rispetto alla somma necessaria per lo
smaltimento lecito di detti rifiuti.
L'ordinanza, dopo aver ripercorso l'iter dei controlli e successivi accertamenti
effettuati dai C.C. del NOE di Pomezia, ha affermato la sussistenza di "fumus"
del reato di cui alla contestazione sulla base dei seguenti elementi emersi
dalle indagini:
- la discarica gestita dalla Ecolologia S.r.l. è autorizzata allo smaltimento
dei rifiuti non pericolosi e di quelli pericolosi, ma questi ultimi solo con il
codice CER 170605, ossia manufatti a base di amianto, in cui l'amianto è
inglobato in matrice compatta;
- tra l'11.2.2007 ed il 7.5.2008 sono stati smaltiti nella predetta discarica
della Ecologia S.r.l. Kg 3.441,320 di rifiuti provenienti dalla bonifica della
ex Sacelit, contrassegnati dal codice CER 170605;
- i predetti rifiuti, provenendo dalla bonifica di una zona non pavimentata con
amianto affiorante, avrebbero dovuto, invece, essere classificati come
pericolosi con codice CER 170601 e, perciò, conferiti all'unica discarica
abilitata in Italia allo smaltimento di tale tipologia di rifiuti;
- il sequestro eseguito il 7 maggio 2008 ha confermato che gli imballaggi
provenienti dalla Covecom, intermediati dalla "AT&T" e accettati dalla Ecologia,
contenevano terreno e non materiali edili e che tale contenuto non corrispondeva
al codice attribuito al rifiuto conferito;
- che il quantitativo di rifiuti smaltito illecitamente ha comportato un lucro
per le società indagate;
L'ordinanza ha inoltre affermato la sussistenza delle esigenze cautelari che
giustificano il sequestro, ravvisandosi il pericolo del protrarsi del descritto
traffico illecito di rifiuti.
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso i difensori dell'indagata, che,
premessa esposizione degli atti di indagine e dei provvedimenti che hanno
preceduto il sequestro preventivo, la denunciano per violazione di norme
processuali, nonché del D.Lgs n.152/06, del Dec.CEE 523/2000, del D.Lgs n.36/03,
dei DM.133/03 e 5.8.2005 e per vizi della motivazione.
Si deduce che nella specie il tribunale del riesame ha omesso di effettuare la
doverosa verifica della rispondenza della fattispecie astratta ipotizzata dalla
pubblica accusa al fatto per cui si procede.
Si deduce, in particolare, che:
a) il tribunale, nella individuazione della tipologia di rifiuti ammessi in
discarica avrebbe dovuto tener conto del fatto che a norma dell'art.7, comma
quinto, del D.Lgs n. 36/03 è il Ministro per l'Ambiente a determinare con
apposito decreto i rifiuti ammessi in discarica e, pertanto, nel caso in esame,
si sarebbe dovuto tener conto di quanto stabilito dal DM. 13.3.2003 e 5.8.2005;
b) ai sensi delle disposizioni citate la classificazione del rifiuto e la
conseguente attribuzione del codice CER deve essere effettuata previo
espletamento di indagini analitiche, mentre l'ordinanza ha affermato che ai
rifiuti conferiti doveva essere attribuito il codice CER 170601 senza che sia
stata eseguita alcuna analisi. Si aggiunge che l'affermazione del Tribunale del
riesame in ordine alla classificazione dei rifiuti contrasta anche con le
risultanze del Piano di Lavoro depositato da Covecom, secondo le quali si
procede alla bonifica di eternit (e quindi di amianto legato in matrice
cementizia o resinoide) nel lotto 2 del cantiere ex Sacelit; che tale materiale
può essere subaffiorante o al di sotto di uno strato di terreno; che a norma del
DM 3.8.2005 la caratterizzazione del rifiuto compete al produttore ed in tale
qualità la Covecom vi ha provveduto. Dallo stesso Piano di Lavoro si evince
inoltre che lo scavo ha lo scopo di portare alla luce i manufatti interi o
frammentati contenenti amianto legato, corrispondenti al codice CER 170605, che
vengono selezionati e incapsulati, come prevede la legge, e successivamente
avviati ad idonei impianto di smaltimento;
c) l'ordinanza ha affermato arbitrariamente che gli imballaggi provenienti dalla Covecom contenevano terreno inquinato e non materiali edili, in quanto non è
stata effettuata alcuna analisi, come prescritto dalle disposizioni già citate,
e, peraltro, dalle analisi fatte eseguire dalla soc. Ecologia è emerso che il
contenuto dei bag era costituito da terra da scavo senza alcun inquinante e,
pertanto, conferibile per lo smaltimento presso gli impianti di detta società;
d) l'affermazione dell'ordinanza secondo la quale, tramite le descritte
operazioni di smaltimento, la società Ecologia avrebbe realizzato un ingiusto
profitto è priva di fondamento, avendo ad oggetto il contratto stipulato tramite
la intermediaria AT&T lo smaltimento del solo eternit, per il quale la società
Ecologia aveva formulato l'offerta migliore, mentre tale contratto di
smaltimento riveste carattere eccezionale e rappresenta solo una piccola parte
dell'attività espletata da detta società.
Si contesta, infine, l'esistenza di un pericolo ambientale conseguente al
protrarsi dell'illecito, in quanto la valutazione sul punto è fondata su dati
meramente assertivi.
Il ricorso non è fondato.
Va premesso che i provvedimenti in materia di misure cautelari reali possono
essere impugnati in sede di legittimità esclusivamente per violazione di legge
ex art. 325, primo comma, c.p.p..
In detta materia inoltre il tribunale del riesame deve esclusivamente verificare
la sussumibilità del fatto per cui si procede, secondo la prospettazione della
pubblica accusa e, cioè, alla luce degli elementi emersi dalle indagini offerti
dal P.M., nella fattispecie di reato ipotizzata (sez. un. 23.4.1993 n.4, Gifuni
e giurisprudenza successiva conforme), sia pur tenendo conto degli elementi
prodotti dalla difesa dell'indagato, mentre è preclusa a detto organo giudicante
la verifica della effettiva colpevolezza dell'imputato, il cui accertamento è
riservato al giudice di merito.
Orbene è agevole rilevare sulla base di tali premesse che l'unica censura in
punto di diritto formulata dalla ricorrente riguarda il potere di attribuire il
codice CER, che le disposizioni citate conferiscono al produttore dei rifiuti,
da cui si fa derivare la carenza di responsabilità del gestore della discarica
nel caso in cui detto codice non corrisponda ai rifiuti effettivamente
conferiti.
Tale assunto non è fondato.
Invero, sia il D. Lgs. n.36/03, di attuazione della direttiva 1999/31/CE
relativa alle discariche di rifiuti, che il DM 3.8.2005 pongono precisi obblighi
di verifica a carico del gestore dell'impianto. Ai sensi dell'art.11, comma 3,
del D.Lgs 13.1.2003 n. 36, infatti, ai fini dell'ammissione dei rifiuti in
discarica, il gestore dell'impianto deve effettuare, lett. c) del terzo comma,
"l'ispezione visiva di ogni carico di rifiuti conferiti in discarica prima e
dopo lo scarico e verificare la conformità del rifiuto alle caratteristiche
indicate nel formulario di identificazione...", nonché, lett. f) del terzo
comma, "effettuare le verifiche analitiche della conformità del rifiuto
conferito ai criteri di ammissibilità come indicato all'art.10, comma 1 lett.
g), con cadenza stabilita dall'autorità territorialmente competente e, comunque,
con frequenza non superiore ad un anno".
Analogo obbligo di verificare la conformità dei rifiuti alle caratteristiche
indicate dal produttore, ai fini dell'ammissione degli stessi in discarica, è
previsto a carico del gestore dell'impianto dall'art. 3 del DM 3.8.2005.
Pertanto, allorché venga accertata, come accaduto nel caso in esame, la non
rispondenza del codice CER attribuito ai rifiuti conferiti in discarica dal
produttore degli stessi e la incompatibilità di detti rifiuti, in considerazione
della loro effettiva natura, con le categorie di quelli che possono essere
ammessi nella discarica, in relazione alla tipologia della stessa ed alla
autorizzazione ottenuta, il gestore dell'impianto non va esente da
responsabilità per tale fatto, incombendo sullo stesso precisi obblighi di
verifica della conformità del rifiuto alle caratteristiche indicate nel
formulario di identificazione.
Ciò precisato in punto di responsabilità della Pinzari in ordine alle condotte
per cui si procede, va rilevato che le ulteriori censure contenute nel ricorso
costituiscono una mera contestazione in punto di fatto delle risultanze delle
indagini, inammissibile in sede di legittimità.
Peraltro, in ordine alla sussistenza di elementi idonei a configurare il reato
per cui si procede la ordinanza impugnata ha puntualmente evidenziato che le
risultanze delle indagini sono frutto di analisi eseguite sul contenuto dei big bags sequestrati a fini probatori, dalle quali era emerso che il rifiuto in essi
contenuto non corrispondeva al codice CER 170605, attribuito dal produttore,
trattandosi, invece, di terre e rocce contenenti sostanze pericolose (CER
170503), ovvero rifiuti provenienti da terreni contenenti sostanze pericolose (CER
191301).
Peraltro, proprio dalle indicazioni del Piano di Lavoro per la bonifica della ex
Sacelit riportate in ricorso si evince che tali ulteriori tipologie di rifiuti
potevano essere effettivamente ritrovate nel corso dell'intervento di bonifica,
ma detti rifiuti non potevano essere conferiti alla discarica gestita dalla
Pinzari, in quanto non abilitata, secondo le risultanze delle indagini riportate
nell'ordinanza, a ricevere gli stessi, potendo smaltire solo manufatti a base di
amianto, in cui l'amianto è inglobato in matrice compatta (codice CER 170605),
oppure rifiuti non pericolosi di altro genere.
Infine, anche in punto di esigenze cautelari, ravvisate nel pericolo di
reiterazione della condotta criminosa, l'ordinanza risulta puntualmente
motivata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue a carico della
ricorrente l'onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 29.1.2009.
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562