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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847



BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - RIFIUTI - Gestione di un impianto di rifiuti - Rinnovo dell'autorizzazione - Area vincolata - Nulla osta dell'amministrazione competente - Necessità.
Il rinnovo dell'autorizzazione alla gestione dell'impianto, deve essere sostanzialmente equiparato ad una nuova autorizzazione, sicché non appare dubbio che l'autorizzazione medesima debba essere preceduta dal nulla osta dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, anche se imposto successivamente all'inizio dell'attività. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - RIFIUTI - Discarica e abuso in atti d’ufficio - Art. 323 c.p. - Configurabilità - Presupposti - C.d. doppia ingiustizia - Necessità. Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) è necessario che sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta" (Cass. sez. VI, 2003/00062, De Lucia ed altro; conf. Cass. sez. VI, 2003/11415, Gianazza). (Fattispecie in tema di discarica di rifiuti contenenti amianto). Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847


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UDIENZA  29.01.2009

SENTENZA N. 228

REG. GENERALE n.4147/06


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Pierluigi Onorato                           Presidente
Dott. Alfredo Teresi                               Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi                  Consigliere
Dott. Guicla Immacolata Mulliri              Consigliere
Dott. Luigi Marini                                  Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso proposto dall'Avv. Luca. Gastini, difensore di fiducia di Puccio Giuseppe, n. a Roccella Ionica il 22.2.1953, avverso la sentenza in data 13.5.2005 del G.U.P. del Tribunale di Alessandria, con la quale venne assolto, perché il fatto non costituisce reato, dall'imputazione di cui all'art. 323 c.p..

Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;

Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;

Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano che ha concluso per la conversione del ricorso in appello;
 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con la sentenza impugnata il G.U.P. del Tribunale di Alessandria ha assolto Puccio Giuseppe dall'imputazione di cui all'art. 323 c.p., perché il fatto non costituisce reato.

Il Puccio era stato tratto a giudizio per rispondere della fattispecie di cui all'art. 323 c.p., ascrittagli perché quale dirigente e responsabile del Settore Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria, in concorso con De Gasperis Massimo, dipendente dell'impresa Cavaglia S.p.A. e amministratore delegato della Inerte S.r.l., con determina dirigenziale 63318 del 30.9.1999, integrata da successive determinazioni fino alla n. 64739 del 27.7.2001, aveva accolto la richiesta di rinnovo dell'autorizzazione alla gestione di una discarica di seconda categoria, tipo A, presentata dalla predetta impresa inerte, in violazione delle NTA del PRG del Comune di Cassine (art. 11, punto 1 lett. d) e punto 7 lett. b), che non consentono la realizzazione di discariche nelle fasce di rispetto dei fiumi, e nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico, nonché in violazione del vincolo paesaggistico ex art. 146, comma primo lett. c), del D. Lgs n. 490/99, stante l'assenza della prescritta autorizzazione, procurando alla società Inerte S.r.l. un ingiusto vantaggio patrimoniale, consistito nell'esercizio della discarica e nel conseguimento dei relativi profitti.

Il giudice di merito ha ritenuto sussistente l'elemento oggettivo del reato, mentre ha escluso l'elemento soggettivo.

In ordine all'elemento oggettivo del reato la sentenza ha precisato in punto di fatto che nell'area di ubicazione della discarica, sita nella fascia di rispetto di 150 mt. dal fiume Bormida, preesisteva un'attività estrattiva esercitata dalla ditta Favelli s.n.c., all'uopo autorizzata con delibera del 23.4.1980; che la predetta ditta Favelli, cui, in seguito, era regolarmente subentrata la Inerte S.r.l., era stata autorizzata a realizzare e gestire nello stesso luogo una discarica di tipo A, seconda categoria, con delibera in data 28.2.1985 della Giunta Regionale del Piemonte.

Tanto precisato, il giudice di merito ha ritenuto che deve configurarsi la sussistenza delle violazioni di legge ascritte all'imputato, in relazione al rinnovo dell'autorizzazione all'esercizio della discarica di cui alla determina dirigenziale del 30.9.1999 e successive integrazioni, pur risultando che la L. n. 431/85, che aveva imposto il vincolo paesaggistico, era stata emanata successivamente all'autorizzazione alla realizzazione della discarica, e che anche il PRG del Comune di Cassine, comportante gli ulteriori divieti previsti dalle NTA, era stato approvato successivamente, in data 12.9.1995.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione delle disposizioni di cui all'art. 11, punto 1 lett. d) e punto 7 lett. b), delle N.T.A. del PRG del Comune di Cassine e all'art. 146, comma 1 lett. c), del D. Lgs n. 490/99.

Si deduce, con riferimento alla prima violazione di legge, che le norme di regolamentazione urbanistica, introdotte dieci anni dopo la realizzazione della discarica, a suo tempo regolarmente autorizzata dalla Regione, non possono incidere sulla gestione dell'impianto, che non implica l'esecuzione di interventi di rilevanza urbanistica ed edilizia; che, infatti, le norme tecniche citate in imputazione si riferiscono, vietandoli, ai soli interventi realizzativi di opere, ma non riguardano l'esercizio di impianti già esistenti.

Si aggiunge che l’art. 10 delle N.T.A. stabilisce anche che nelle aree di tipo "I", quale quella in esame, possono essere effettuati interventi di ripristino ambientale con la discarica di materiali inerti, come quelli smaltiti nel predetto impianto; che, pertanto, nessun rilievo possono avere le norme tecniche urbanistiche, che concernono la realizzazione di una discarica, nella valutazione della legittimità dell'autorizzazione alla prosecuzione della gestione dell'impianto.

Con riferimento alla seconda violazione di legge si osserva che, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che i vincoli derivanti dalla cosiddetta legge Galasso non trovano applicazione retroattiva con riferimento alle opere già autorizzate alla data della sua entrata in vigore e che già hanno determinato legittimamente una modificazione dell'ambiente; che l’indirizzo interpretativo citato si riferisce alla coltivazione di una cava, che implica un'attività di modificazione ambientale, per cui, a maggior ragione, deve trovare applicazione con riferimento alla gestione di una discarica, quale quella di cui si tratta, che ha finalità ripristinatorie, trattandosi dell'attività di riempimento di uno scavo provocato da precedenti attività estrattive.

Si osserva inoltre che la discarica gestita dalla Inerte S.r.l. era indicata nel Piano Regionale dei Rifiuti quale unica discarica della Provincia di Alessandria autorizzata a ricevere rifiuti contenenti amianto, sicché nessuna illegittimità poteva ravvisarsi sotto il citato profilo; che in applicazione del D. Lgs n. 22/97, cosiddetto decreto Ronchi, la approvazione del progetto e la autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero rifiuti è subordinata, ai sensi dell'art. 27, al rilascio dell'autorizzazione regionale paesaggistica, mentre per l'autorizzazione all'esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero, non è richiesta ai sensi dell'art. 28 del D. Lgs n. 22/97, l'autorizzazione regionale.

Si osserva, infine, che il PAI (Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico) approvato con DPCM del 24 maggio 2001 mentre, per un verso, vieta la installazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero in fascia A, nonché l’ampliamento di quelli esistenti, fa salvo l’esercizio di operazioni di smaltimento e recupero rifiuti già autorizzato ai sensi del D. Lgs n. 22/97 e consente anche rinnovo dell'autorizzazione fino ad esaurimento della capacità residua della discarica derivante dall'autorizzazione originaria.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e carenza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza dell'ingiusto vantaggio patrimoniale.

Si osserva, in sintesi, che per integrare la fattispecie di cui all'art. 323 c.p. occorre il requisito della cosiddetta doppia ingiustizia, "nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l’evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia"; che la sentenza è totalmente carente di qualsiasi argomentazione in relazione al citato elemento costitutivo del reato.

Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.

Preliminarmente va osservato, con riferimento alla richiesta del P.G. di conversione del ricorso in appello, che ai sensi dell'art. 443, prima comma, c.p.p. "L'imputato ed il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento."

Peraltro, il citato limite delle sentenze di proscioglimento, nel cui novero sono indubbiamente incluse le sentenze di assoluzione con qualsiasi formula emesse all'esito del giudizio abbreviato, stante il chiaro significato che il termine proscioglimento assume nella intestazione del capo II, sezione I, titolo III, libro VII del codice di rito, è stato eliminato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 320 del 20 luglio 2007 solo con riferimento alla possibilità di impugnazione da parte del pubblico ministero.

All'imputato, pertanto, resta precluso detto mezzo di gravame, con la conseguente esperibilità del solo ricorso per cassazione.

Passando all'esame del merito del ricorso, osserva il Collegio, con riferimento alle deduzioni afferenti alla fattispecie di cui all'art. 323 c.p., che, secondo l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte "Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) è necessario che sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta" (sez. VI, 200300062, De Lucia ed altro, RV 223194; conf. sez. VI, 200311415, Gianazza, RV 224070; 199901687, RV 212719; 199806561, RV 210895; 199607069, RV 206022).

Orbene, nel caso in esame, non emerge dalla motivazione della sentenza l'esistenza del citato elemento oggettivo del reato di abuso di ufficio, costituito dalla cosiddetta doppia ingiustizia del vantaggio patrimoniale, conseguito dalla società "Inerte" S.r.l. mediante la prosecuzione della gestione della discarica per effetto dell'autorizzazione ottenuta con le determinazioni dirigenziali emesse dal Puccio, quale dirigente e responsabile del Settore Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria.

In particolare non emerge dalla predetta sentenza che sia stata acquisita alcuna prova, non solo del fatto che la società "Inerte" abbia tratto un vantaggio patrimoniale ulteriore rispetto all'utile proprio dell'esercizio di impresa, ma altresì prova dell'ingiustizia intrinseca di tale utile, non avendo formato oggetto di alcun accertamento la intrinseca illiceità della prosecuzione della gestione della discarica, per la impossibilità di un suo legittimo svolgimento, previa acquisizione delle ulteriori autorizzazioni prescritte dalle norme di cui si assume la violazione.

L'accoglimento del secondo motivo di gravame, per la rilevata carenza di un elemento costitutivo della fattispecie delittuosa ascritta all'imputato, è assorbente rispetto alle censure formulate con il primo mezzo di annullamento.

Per completezza di esame va solo sinteticamente rilevato che le deduzioni in punto di diritto in esso contenute sono solo parzialmente fondate.

Si palesa fondata, invero, la censura, con la quale il ricorrente afferma l'inesistenza della violazione delle NTA del PRG del Comune di Cassine, approvato successivamente alla realizzazione della discarica di cui si tratta, riferendosi il divieto della normativa urbanistica alla realizzazione di nuove discariche nella fascia di rispetto dei fiumi e nelle zone sottoposte a vincolo idrogeologico e, quindi, allo svolgimento della relativa attività edilizia di trasformazione del territorio.

Tale divieto, pertanto, non appare estensibile alla mera prosecuzione dell'attività della discarica, che non comporta interventi di natura edilizia o urbanistica.

Non sono, invece, fondate le argomentazioni del ricorrente con le quali si sostiene che l'autorizzazione alla prosecuzione dell'attività della discarica non necessitava del nulla osta della amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico.

Sul punto, invero, non appare conferente la citazione della giurisprudenza di questa Suprema Corte che, con riferimento all'esercizio di cave e torbiere nelle zone di particolare interesse ambientale, ha affermato che la imposizione del vincolo, successivamente al rilascio dell'autorizzazione, non fa venir meno l'efficacia di quest'ultima, allorché le opere autorizzate abbiano già avuto una parziale attuazione (sez. un. 199200006, Midolini, RV 191328).

Nel caso esaminato dalla giurisprudenza citata, invero, si trattava della mera prosecuzione dell'attività già autorizzata prima dell'imposizione del vincolo ambientale e non della diversa ipotesi del rinnovo dell'autorizzazione da parte dell'autorità all'uopo competente per essere scaduta quella rilasciata allorché il vincolo ambientale non esisteva.

Il rinnovo dell'autorizzazione alla gestione dell'impianto, invero, deve essere sostanzialmente equiparato ad una nuova autorizzazione, sicché non appare dubbio a questa Corte che l'autorizzazione medesima debba (essere ndr) preceduta dal nulla osta dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, anche se imposto successivamente all'inizio dell'attività.

In accoglimento del secondo motivo di gravame, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di Puccio Giuseppe e, per l'effetto estensivo, nei confronti di De Gasperis Massimo in ordine al reato di cui all'art. 323 c.p. perché il fatto non sussiste.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Puccio Giuseppe e, per l'effetto estensivo, nei confronti di De Gasperis Massimo in ordine al reato di cui all'art. 323 c.p. perché il fatto non sussiste.

Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.1.2009.

Deposito in Cancelleria il 04/03/2009
 


 


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