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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - RIFIUTI - Gestione di un impianto di rifiuti -
Rinnovo dell'autorizzazione - Area vincolata - Nulla osta dell'amministrazione
competente - Necessità. Il rinnovo dell'autorizzazione alla gestione
dell'impianto, deve essere sostanzialmente equiparato ad una nuova
autorizzazione, sicché non appare dubbio che l'autorizzazione medesima debba
essere preceduta dal nulla osta dell'amministrazione competente alla tutela del
vincolo, anche se imposto successivamente all'inizio dell'attività. Pres.
Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - RIFIUTI - Discarica e abuso in atti d’ufficio -
Art. 323 c.p. - Configurabilità - Presupposti - C.d. doppia ingiustizia -
Necessità. Ai fini dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323
c.p.) è necessario che sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che
ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed
ingiusto deve essere l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante
in base al diritto oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una
duplice distinta valutazione in proposito, non potendosi far discendere
l’ingiustizia del vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato
e quindi dalla accertata esistenza dell'illegittimità della condotta" (Cass.
sez. VI, 2003/00062, De Lucia ed altro; conf. Cass. sez. VI, 2003/11415,
Gianazza). (Fattispecie in tema di discarica di rifiuti contenenti amianto).
Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Puccio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9847
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UDIENZA 29.01.2009
SENTENZA N. 228
REG. GENERALE n.4147/06
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi Onorato Presidente
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Guicla Immacolata Mulliri Consigliere
Dott. Luigi Marini Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Luca. Gastini, difensore di fiducia di Puccio
Giuseppe, n. a Roccella Ionica il 22.2.1953, avverso la sentenza in data
13.5.2005 del G.U.P. del Tribunale di Alessandria, con la quale venne assolto,
perché il fatto non costituisce reato, dall'imputazione di cui all'art. 323 c.p..
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano
che ha concluso per la conversione del ricorso in appello;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il G.U.P. del Tribunale di Alessandria ha assolto
Puccio Giuseppe dall'imputazione di cui all'art. 323 c.p., perché il fatto non
costituisce reato.
Il Puccio era stato tratto a giudizio per rispondere della fattispecie di cui
all'art. 323 c.p., ascrittagli perché quale dirigente e responsabile del Settore
Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria, in concorso
con De Gasperis Massimo, dipendente dell'impresa Cavaglia S.p.A. e
amministratore delegato della Inerte S.r.l., con determina dirigenziale 63318
del 30.9.1999, integrata da successive determinazioni fino alla n. 64739 del
27.7.2001, aveva accolto la richiesta di rinnovo dell'autorizzazione alla
gestione di una discarica di seconda categoria, tipo A, presentata dalla
predetta impresa inerte, in violazione delle NTA del PRG del Comune di Cassine
(art. 11, punto 1 lett. d) e punto 7 lett. b), che non consentono la
realizzazione di discariche nelle fasce di rispetto dei fiumi, e nelle zone
sottoposte a vincolo idrogeologico, nonché in violazione del vincolo
paesaggistico ex art. 146, comma primo lett. c), del D. Lgs n. 490/99, stante
l'assenza della prescritta autorizzazione, procurando alla società Inerte S.r.l.
un ingiusto vantaggio patrimoniale, consistito nell'esercizio della discarica e
nel conseguimento dei relativi profitti.
Il giudice di merito ha ritenuto sussistente l'elemento oggettivo del reato,
mentre ha escluso l'elemento soggettivo.
In ordine all'elemento oggettivo del reato la sentenza ha precisato in punto di
fatto che nell'area di ubicazione della discarica, sita nella fascia di rispetto
di 150 mt. dal fiume Bormida, preesisteva un'attività estrattiva esercitata
dalla ditta Favelli s.n.c., all'uopo autorizzata con delibera del 23.4.1980; che
la predetta ditta Favelli, cui, in seguito, era regolarmente subentrata la
Inerte S.r.l., era stata autorizzata a realizzare e gestire nello stesso luogo
una discarica di tipo A, seconda categoria, con delibera in data 28.2.1985 della
Giunta Regionale del Piemonte.
Tanto precisato, il giudice di merito ha ritenuto che deve configurarsi la
sussistenza delle violazioni di legge ascritte all'imputato, in relazione al
rinnovo dell'autorizzazione all'esercizio della discarica di cui alla determina
dirigenziale del 30.9.1999 e successive integrazioni, pur risultando che la L.
n. 431/85, che aveva imposto il vincolo paesaggistico, era stata emanata
successivamente all'autorizzazione alla realizzazione della discarica, e che
anche il PRG del Comune di Cassine, comportante gli ulteriori divieti previsti
dalle NTA, era stato approvato successivamente, in data 12.9.1995.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione delle disposizioni di cui all'art. 11, punto 1 lett. d) e
punto 7 lett. b), delle N.T.A. del PRG del Comune di Cassine e all'art. 146,
comma 1 lett. c), del D. Lgs n. 490/99.
Si deduce, con riferimento alla prima violazione di legge, che le norme di
regolamentazione urbanistica, introdotte dieci anni dopo la realizzazione della
discarica, a suo tempo regolarmente autorizzata dalla Regione, non possono
incidere sulla gestione dell'impianto, che non implica l'esecuzione di
interventi di rilevanza urbanistica ed edilizia; che, infatti, le norme tecniche
citate in imputazione si riferiscono, vietandoli, ai soli interventi
realizzativi di opere, ma non riguardano l'esercizio di impianti già esistenti.
Si aggiunge che l’art. 10 delle N.T.A. stabilisce anche che nelle aree di tipo
"I", quale quella in esame, possono essere effettuati interventi di ripristino
ambientale con la discarica di materiali inerti, come quelli smaltiti nel
predetto impianto; che, pertanto, nessun rilievo possono avere le norme tecniche
urbanistiche, che concernono la realizzazione di una discarica, nella
valutazione della legittimità dell'autorizzazione alla prosecuzione della
gestione dell'impianto.
Con riferimento alla seconda violazione di legge si osserva che, contrariamente
a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la giurisprudenza di legittimità ha
affermato che i vincoli derivanti dalla cosiddetta legge Galasso non trovano
applicazione retroattiva con riferimento alle opere già autorizzate alla data
della sua entrata in vigore e che già hanno determinato legittimamente una
modificazione dell'ambiente; che l’indirizzo interpretativo citato si riferisce
alla coltivazione di una cava, che implica un'attività di modificazione
ambientale, per cui, a maggior ragione, deve trovare applicazione con
riferimento alla gestione di una discarica, quale quella di cui si tratta, che
ha finalità ripristinatorie, trattandosi dell'attività di riempimento di uno
scavo provocato da precedenti attività estrattive.
Si osserva inoltre che la discarica gestita dalla Inerte S.r.l. era indicata nel
Piano Regionale dei Rifiuti quale unica discarica della Provincia di Alessandria
autorizzata a ricevere rifiuti contenenti amianto, sicché nessuna illegittimità
poteva ravvisarsi sotto il citato profilo; che in applicazione del D. Lgs n.
22/97, cosiddetto decreto Ronchi, la approvazione del progetto e la
autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero
rifiuti è subordinata, ai sensi dell'art. 27, al rilascio dell'autorizzazione
regionale paesaggistica, mentre per l'autorizzazione all'esercizio delle
operazioni di smaltimento e recupero, non è richiesta ai sensi dell'art. 28 del
D. Lgs n. 22/97, l'autorizzazione regionale.
Si osserva, infine, che il PAI (Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico)
approvato con DPCM del 24 maggio 2001 mentre, per un verso, vieta la
installazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero in fascia A, nonché
l’ampliamento di quelli esistenti, fa salvo l’esercizio di operazioni di
smaltimento e recupero rifiuti già autorizzato ai sensi del D. Lgs n. 22/97 e
consente anche rinnovo dell'autorizzazione fino ad esaurimento della capacità
residua della discarica derivante dall'autorizzazione originaria.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e carenza o
manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza
dell'ingiusto vantaggio patrimoniale.
Si osserva, in sintesi, che per integrare la fattispecie di cui all'art. 323
c.p. occorre il requisito della cosiddetta doppia ingiustizia, "nel senso che
ingiusta deve essere la condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed
ingiusto deve essere l’evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante
in base al diritto oggettivo regolante la materia"; che la sentenza è totalmente
carente di qualsiasi argomentazione in relazione al citato elemento costitutivo
del reato.
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
Preliminarmente va osservato, con riferimento alla richiesta del P.G. di
conversione del ricorso in appello, che ai sensi dell'art. 443, prima comma,
c.p.p. "L'imputato ed il pubblico ministero non possono proporre appello
contro le sentenze di proscioglimento."
Peraltro, il citato limite delle sentenze di proscioglimento, nel cui novero
sono indubbiamente incluse le sentenze di assoluzione con qualsiasi formula
emesse all'esito del giudizio abbreviato, stante il chiaro significato che il
termine proscioglimento assume nella intestazione del capo II, sezione I,
titolo III, libro VII del codice di rito, è stato eliminato dalla sentenza della
Corte Costituzionale n. 320 del 20 luglio 2007 solo con riferimento alla
possibilità di impugnazione da parte del pubblico ministero.
All'imputato, pertanto, resta precluso detto mezzo di gravame, con la
conseguente esperibilità del solo ricorso per cassazione.
Passando all'esame del merito del ricorso, osserva il Collegio, con riferimento
alle deduzioni afferenti alla fattispecie di cui all'art. 323 c.p., che, secondo
l'ormai consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte "Ai fini
dell'integrazione del reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.) è necessario che
sussista la c.d. doppia ingiustizia, nel senso che ingiusta deve essere la
condotta, in quanto connotata da violazione di legge, ed ingiusto deve essere
l'evento di vantaggio patrimoniale, in quanto non spettante in base al diritto
oggettivo regolante la materia. Ne consegue che occorre una duplice distinta
valutazione in proposito, non potendosi far discendere l’ingiustizia del
vantaggio conseguito dalla illegittimità del mezzo utilizzato e quindi dalla
accertata esistenza dell'illegittimità della condotta" (sez. VI, 200300062,
De Lucia ed altro, RV 223194; conf. sez. VI, 200311415, Gianazza, RV 224070;
199901687, RV 212719; 199806561, RV 210895; 199607069, RV 206022).
Orbene, nel caso in esame, non emerge dalla motivazione della sentenza
l'esistenza del citato elemento oggettivo del reato di abuso di ufficio,
costituito dalla cosiddetta doppia ingiustizia del vantaggio patrimoniale,
conseguito dalla società "Inerte" S.r.l. mediante la prosecuzione della gestione
della discarica per effetto dell'autorizzazione ottenuta con le determinazioni
dirigenziali emesse dal Puccio, quale dirigente e responsabile del Settore
Tutela e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Alessandria.
In particolare non emerge dalla predetta sentenza che sia stata acquisita alcuna
prova, non solo del fatto che la società "Inerte" abbia tratto un vantaggio
patrimoniale ulteriore rispetto all'utile proprio dell'esercizio di impresa, ma
altresì prova dell'ingiustizia intrinseca di tale utile, non avendo formato
oggetto di alcun accertamento la intrinseca illiceità della prosecuzione della
gestione della discarica, per la impossibilità di un suo legittimo svolgimento,
previa acquisizione delle ulteriori autorizzazioni prescritte dalle norme di cui
si assume la violazione.
L'accoglimento del secondo motivo di gravame, per la rilevata carenza di un
elemento costitutivo della fattispecie delittuosa ascritta all'imputato, è
assorbente rispetto alle censure formulate con il primo mezzo di annullamento.
Per completezza di esame va solo sinteticamente rilevato che le deduzioni in
punto di diritto in esso contenute sono solo parzialmente fondate.
Si palesa fondata, invero, la censura, con la quale il ricorrente afferma
l'inesistenza della violazione delle NTA del PRG del Comune di Cassine,
approvato successivamente alla realizzazione della discarica di cui si tratta,
riferendosi il divieto della normativa urbanistica alla realizzazione di nuove
discariche nella fascia di rispetto dei fiumi e nelle zone sottoposte a vincolo
idrogeologico e, quindi, allo svolgimento della relativa attività edilizia di
trasformazione del territorio.
Tale divieto, pertanto, non appare estensibile alla mera prosecuzione
dell'attività della discarica, che non comporta interventi di natura edilizia o
urbanistica.
Non sono, invece, fondate le argomentazioni del ricorrente con le quali si
sostiene che l'autorizzazione alla prosecuzione dell'attività della discarica
non necessitava del nulla osta della amministrazione preposta alla tutela del
vincolo paesaggistico.
Sul punto, invero, non appare conferente la citazione della giurisprudenza di
questa Suprema Corte che, con riferimento all'esercizio di cave e torbiere nelle
zone di particolare interesse ambientale, ha affermato che la imposizione del
vincolo, successivamente al rilascio dell'autorizzazione, non fa venir meno
l'efficacia di quest'ultima, allorché le opere autorizzate abbiano già avuto una
parziale attuazione (sez. un. 199200006, Midolini, RV 191328).
Nel caso esaminato dalla giurisprudenza citata, invero, si trattava della mera
prosecuzione dell'attività già autorizzata prima dell'imposizione del vincolo
ambientale e non della diversa ipotesi del rinnovo dell'autorizzazione da parte
dell'autorità all'uopo competente per essere scaduta quella rilasciata allorché
il vincolo ambientale non esisteva.
Il rinnovo dell'autorizzazione alla gestione dell'impianto, invero, deve essere
sostanzialmente equiparato ad una nuova autorizzazione, sicché non appare dubbio
a questa Corte che l'autorizzazione medesima debba (essere ndr) preceduta dal nulla osta
dell'amministrazione competente alla tutela del vincolo, anche se imposto
successivamente all'inizio dell'attività.
In accoglimento del secondo motivo di gravame, pertanto, la sentenza impugnata
deve essere annullata senza rinvio nei confronti di Puccio Giuseppe e, per
l'effetto estensivo, nei confronti di De Gasperis Massimo in ordine al reato di
cui all'art. 323 c.p. perché il fatto non sussiste.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Puccio
Giuseppe e, per l'effetto estensivo, nei confronti di De Gasperis Massimo in
ordine al reato di cui all'art. 323 c.p. perché il fatto non sussiste.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.1.2009.
Deposito in Cancelleria il 04/03/2009
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