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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9853
INQUINAMENTO ATMOSFERICO - ARIA - Emissioni di calore - Art. 674 c.p.
applicabilità - Esclusione - Art. 844 c.c. - Strumenti di tutela di natura
privatistica - Fattispecie: canna fumaria con emissioni di solo calore. Non
rientrano nell’ipotesi sanzionata dall’articolo 674 c.p. le molestie che
costituiscono una conseguenza indiretta e non diretta della emissione di fumi
(nella specie, attraverso la canna fumaria quale conseguenza del riscaldamento
della predetta canna e della consequenziale propagazione del calore attraverso
le pareti in cui è incorporata nell'appartamento confinante). All’opposto,
l'art. 844 c.c. espressamente annovera tra gli elementi, potenzialmente idonei a
recare molestie, le immissioni di calore, allorché superino la normale
tollerabilità, non menzionate invece nella fattispecie penale, sicché risulta
evidente che il fenomeno di cui si tratta non è riferibile alla esistenza di
interessi collettivi, la cui tutela giustifica l'intervento sanzionatorio dello
Stato, ma riguarda esclusivamente il libero godimento del diritto di proprietà,
la cui compressione consente il ricorso agli strumenti di natura privatistica
che sono posti a tutela di tale diritto. Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric.
Festa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009),
Sentenza n. 9853
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UDIENZA 29.01.2009
SENTENZA N. 248
REG. GENERALE n. 29637/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
Dott. Guicla Immacolata MULLIRI Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Festa Tommaso, n. a Salerno il 23.12.1974, avverso la
sentenza in data 30.1.2008 del Tribunale di Salerno, con la quale venne
condannato alla pena di € 50,00 di ammenda, oltre al risarcimento dei danni in
favore della parte civile, quale colpevole del reato di cui all'art. 674 c.p.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito per la parte civile l'Avv. Antonio Feleppa, che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Carlo Correra, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Salerno ha affermato la colpevolezza
di Festa Tommaso in ordine al reato di cui all'art. 674 c.p., ascrittogli
perché, quale titolare del panificio denominato "Il fornaio di via Botteghelle",
immetteva i fumi derivanti dall'attività di panificazione nel camino che
attraversa l'appartamento sovrastante il predetto esercizio, provocando un
aumento della temperatura all'interno dell'immobile, idoneo a recare molestia
alle persone.
L'imputato veniva tratto a giudizio per rispondere di detto reato a seguito di
denuncia presentata da Crescenzi Anna Maria, abitante l'appartamento sovrastante
il panificio, la quale lamentava che finché non si era verificato un cambio di
gestione dell'esercizio commerciale il calore proveniente dei locali sottostanti
era risultato tollerabile, mentre con la gestione assunta dal Festa la
temperatura all'interno dell'immobile era arrivata anche a 45 gradi,
determinando una situazione non più sopportabile.
In sintesi, il giudice di merito ha accertato in punto di fatto, tramite la
perizia disposta in dibattimento, che le temperature della stanza e del
pavimento in cui corre la canna fumaria del sottostante panificio risultavano
sempre superiori alla temperatura esterna ed a quella delle altre stanze.
Sulla base di tali risultanze la sentenza ha affermato la sussistenza della
fattispecie di cui all'art. 674 c.p., ascritta all'imputato, quale conseguenza
delle emissioni di calore provocate dalla canna fumaria del panificio e delle
conseguenti molestie recate alle persone, stante il superamento del limite della
normale tollerabilità ex art. 844 c.c.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per
violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 420 e ss. c.p.p. in relazione all'art. 178, comma
primo lett. c), c.p.p..
Si deduce che all'udienza del 16.3.2005 il giudice ha disposto il rinvio del
dibattimento al 7 luglio 2005, mentre in effetti il giudizio è proseguito in
un'udienza anteriore e, cioè, in quella del 6 luglio, nella quale l'imputato ed
i suoi difensori non sono comparsi; che, pertanto, la dichiarazione di
contumacia dell'imputato, avvenuta in detta udienza, risulta affetta da nullità
assoluta per violazione delle disposizioni citate.
Sul punto si osserva inoltre che la data del rinvio disposto all'udienza del
16.3.2005, risultante dal verbale, era quella del 7 luglio e che,
successivamente, detta data è stata corretta in quella del 6 luglio 2005; che,
però la data dell'effettivo rinvio era quella originaria, tanto vero che anche i
testi del P.M. erano stati citati per l'udienza del 7 luglio.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata
applicazione dell'art. 674 c.p..
Si deduce che la fattispecie contravvenzionale di cui alla disposizione citata
si concreta nella emissione di gas o vapori o fumo, mentre non è affatto
sanzionata la emissione di calore, che costituisce il fulcro della condotta
attribuita all'imputato; che, peraltro, il panificio gestito dall'imputato non
era neppure idoneo a produrre fumi, venendo utilizzato, quale combustibile del
forno, il metano.
Si aggiunge che la sentenza impugnata ha ritenuto di poter superare le deduzioni
della difesa dell'imputato sul punto, richiamando la giurisprudenza di
legittimità, che ha attribuito natura permanente alle emissioni connesse al
ciclo produttivo della panificazione, ma sempre riferendosi alla ipotesi della
immissione di fumi o vapori e non a quella della emissione di calore.
Si osserva inoltre che nella specie risulta violato il principio della tipicità
della fattispecie penale; in quanto l'art.674 c.p. stabilisce che le emissioni
di gas, fumi o vapore, per costituire reato, devono avvenire nei casi non
consentiti dalle legge; che, però, nessuna normativa regola le emissioni di
calore; che il giudice di merito ha ritenuto di poter colmare il vuoto normativo
in materia facendo impropriamente ricorso al criterio civilistico della normale
tollerabilità ex. art. 844 c.c. ed ai criteri previsti dall'ISPEL in materia di
ambienti di lavoro della pubblica amministrazione.
Con l'ulteriore mezzo di annullamento si denuncia la manifesta illogicità della
sentenza ed il travisamento delle risultanze probatorie afferenti alla perizia
di ufficio.
Si osserva che dalle risultanze dell'elaborato peritale era emerso che
l'innalzamento della temperatura nell'ambiente sovrastante il panificio non era
determinata dall'immissione di fumi, bensì dalla particolare conformazione dei
luoghi, privi di aperture, che ne consentissero la necessaria ventilazione; che,
inoltre, il perito aveva riscontrato un minimo scostamento della temperatura di
detto ambiente, valutato in 1,4 gradi, dai livelli di normale tollerabilità; che
il giudice di merito ha ritenuto sussistente il requisito della intollerabilità
di tale innalzamento della temperatura in base alla esclusiva considerazione che
la parte civile aveva "continuato a coltivare le sue ragioni".
Si denuncia inoltre con altro mezzo di annullamento la violazione del principio
di correlazione tra il fatto contestato e quello accertato, deducendosi che
nella specie non vi era stata alcuna immissione di fumi dalla canna fumaria
dell'impianto di panificazione nell'abitazione sovrastante e che i valori delle
temperature accertate, sia dei fumi che dell'innalzamento termico dell'immobile,
risultano di gran lunga inferiori a quelli contestati nel capo di imputazione,
con la conseguenza che il fatto accertato risulta totalmente diverso da quello
contestato.
Con l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia, infine, la carenza o manifesta
illogicità della motivazione in ordine all'accertamento dell'elemento
psicologico del reato.
Si deduce che nella specie non era ravvisabile l'elemento soggettivo, anche
inteso come mera colpa; che, infatti, il forno era rimasto strutturalmente
inalterato fin dal momento dell'acquisto da parte del Festa e, peraltro, lo
stesso era in esercizio dal 1961 ed era munito di tutte le autorizzazioni
amministrative e sanitarie, attestanti la salubrità dei locali adibiti alla
panificazione e la innocuità del suo esercizio rispetto alle abitazioni
confinanti; né vi era mai stata alcuna lamentela in ordine al suo funzionamento,
sicché doveva ravvisarsi l'assenza di qualsiasi colpa da parte dell'imputato,
che peraltro aveva fatto legittimo affidamento sulle autorizzazioni
amministrative esistenti.
Con memoria difensiva la parte civile ha contestato la fondatezza dei motivi di
ricorso.
Il secondo motivo di gravame, che risulta assorbente rispetto ad ogni altra
censura formulata dal ricorrente, è fondato.
Il fatto contestato all'imputato esula dalla fattispecie tipica prevista
dall'art. 674 c.p., che si concreta nel getto o versamento di cose atte ad
offendere, molestare o imbrattare le persone in luogo di pubblico transito o in
luogo privato ma di comune o altrui uso, ipotesi di cui certamente non ricorrono
gli estremi, ovvero nella emissione di gas, vapori o fumo, nei casi non
consentiti, atti a cagionare tale effetto.
Neppure di tale seconda ipotesi, però nel caso in esame ricorrono gli estremi.
Va rilevato sul punto che la giurisprudenza di questa Suprema Corte citata dal
giudice di merito si riferisce a fattispecie in cui le molestie erano arrecate
direttamente dai vapori provenienti da un impianto di panificazione (cfr. sez.
I, 198903162, Mazzoni, RV 180652 ed altre citate in sentenza), ipotesi ben
diversa da quella oggetto del presente giudizio.
Nel caso in esame, infatti, le molestie, in ordine al cui accertamento peraltro
è ravvisabile il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente con il terzo
mezzo di annullamento, costituiscono una conseguenza indiretta e non diretta
della emissione di fumi attraverso la canna fumaria e, cioè, secondo l'inequivoco
accertamento di fatto contenuto in sentenza, sono conseguenza del riscaldamento
della predetta canna fumaria e della propagazione del calore attraverso le
pareti in cui è incorporata nell'appartamento confinante.
Orbene, tale fenomeno non è riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dalla
fattispecie di cui all'art. 674 c.p..
Va anche rilevato con riferimento alla più recente giurisprudenza di questa
Corte, secondo la quale anche le emissioni di onde elettromagnetiche, se atte a
recare molestie alle persone, rientrano nella ipotesi di reato prevista
dall'art. 674 c.p., che l'interpretazione della norma in tali sensi è riferita
alla nozione di cose (cfr. la recente pronuncia di questa Corte n. 36845/2008),
il cui getto produca gli effetti vietati dalla legge, fattispecie di cui, come
già rilevato, certamente non ricorrono gli estremi, mentre, nel caso in esame,
manca altresì totalmente un fenomeno di getto o di emissione, non potendo essere
assimilato ad esso la propagazione del calore attraverso corpi solidi.
Né, come è noto, è consentita l'applicazione analogica delle disposizioni
penali.
Va, infine, rilevato che l'art. 844 c.c. espressamente annovera tra gli
elementi, potenzialmente idonei a recare molestie, le immissioni di calore,
allorché superino la normale tollerabilità, non menzionate invece nella
fattispecie penale, sicché risulta evidente che il fenomeno di cui si tratta non
è riferibile alla esistenza di interessi collettivi, la cui tutela giustifica
l'intervento sanzionatorio dello Stato, ma riguarda esclusivamente il libero
godimento del diritto di proprietà, la cui compressione consente il ricorso agli
strumenti di natura privatistica che sono posti a tutela di tale diritto.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio perché il
fatto non sussiste.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non
sussiste.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.1.2009.
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