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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza n. 9856
RIFIUTI - Deposito temporaneo - Luogo di produzione - Eccezione alla regola
generale - Impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse
pubblico - Rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture -
Limite - Rifiuti oggettivamente non riutilizzabili - Art. 6 lett. m) D.Lgs. n.
22/1997 (ora art. 183 D.Lgs. n. 152/2006) - Art. 51, c.2°, D.Lgs. n. 22/97 (ora
sostituito dall'art. 256, c. 2°, D.Lgs. n.152/2006). Il deposito temporaneo
di rifiuti deve essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti
stessi (art. 183, comma primo, lett. m) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). A tale
regola generale è stata introdotta un'eccezione dall'art. 230 del D. Lgs n.
152/06, secondo il cui disposto per i rifiuti derivanti da attività di
manutenzione alle infrastrutture effettuata direttamente dal gestore
dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e
servizi di interesse pubblico il luogo di deposito temporaneo può coincidere con
quello di concentramento dei rifiuti, ove gli stessi vengono trasportati per la
successive valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale
effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere
sottoposto ad alcun trattamento. Ne consegue che detta eccezione non trova
applicazione nel caso di rifiuti oggettivamente non riutilizzabili (Cass. sez.
III, 8.6.2007 n. 33866, Balloi). Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric. Dell’Onte.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2009 (Ud. 29/01/2009), Sentenza
n. 9856
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UDIENZA 29.01.2009
SENTENZA N. 256
REG. GENERALE n. 31639/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill. mi Signori
Dott. Pierluigi ONORATO Presidente
Dott. Alfredo TERESI Consigliere
Dott. Alfredo Maria LOMBARDI Consigliere
Dott. Guicla Immacolata MULLIRI Consigliere
Dott. Luigi MARINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
-
Sul ricorso proposto dall'Avv. Aldo Valentini, difensore di fiducia di
Dell'Onte Pierluigi, n. a Urbino il 22.9.1966, avverso la sentenza in data
3.4.2008 del Tribunale di Urbino, con la quale venne condannato alla pena di
€3.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui agli art. 110 c.p. e 256,
comma prima lett. a), del D. Lgs. 152/06, così diversamente qualificato il fatto
contestato quale violazione di cui agli art. 110 c.p. e 256, comma secondo, del
D.Lgs n. 152/06.
-
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
-
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
-
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco Salzano,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
-
Udito il difensore, Avv. Giovanni Brancaccio, in sostituzione dell'Avv. Aldo
Valentini, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Urbino ha affermato la colpevolezza di
Dell'Onte Pierluigi in ordine al reato di cui agli art. 110 c.p. e 256, comma
primo lett. a), del D.Lgs. 152/06, così diversamente qualificato il fatto
contestato quale violazione di cui agli art. 110 c.p. e 256, comma secondo, del
D.Lgs n. 152/06.
Il Dell'Onte era stato tratto a giudizio in ordine alla imputazione
originariamente contestatagli, perché, quale responsabile del servizio fognature
e depurazione della ditta Megas S.p.A., aveva effettuato presso l'impianto di
depurazione comunale gestito dalla predetta società, in luogo diverso da quello
di produzione, un deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi,
delle dimensioni di circa 8 metri cubi, originati dai lavori di manutenzione
straordinaria di altri impianti di depurazione limitrofi, gestiti dalla medesima
società, in difformità delle condizioni dettate dall'art. 6, lett. m) n. 4), del
D.Lgs n. 22/97.
La sentenza ha escluso che nella specie fosse ravvisabile un'ipotesi di deposito
controllato di rifiuti, essendo avvenuto il raggruppamento dei predetti
materiali in luogo diverso da quello di produzione, ed ha, invece, ritenuto
sussistente la fattispecie del deposito preliminare di rifiuti in attesa di una
delle operazioni di smaltimento previste dalla legge; deposito preliminare che
rientra anche esso tra le attività qualificate come smaltimento dei rifiuti, ai
sensi dell'allegato B al D.Lgs n. 22/97 ed attualmente al D.Lgs n. 152/06, parte
quarta allegato B, e, pertanto, soggetta alla autorizzazione prescritta ai sensi
del citato art. 6 lett. g) ed l) del D.Lgs n. 22/97.
Il giudice di merito ha, altresì, escluso che l'impianto di depurazione presso
il quale era avvenuto il raggruppamento dei rifiuti, anche esso gestito dalla
società Megas, potesse qualificarsi quale luogo di produzione dei rifiuti
stessi, ai sensi dell'art. 230 del D.Lgs n. 152/06, che consente il
raggruppamento dei rifiuti provenienti da attività di manutenzione di
infrastrutture in uno dei luoghi diversi da quello di produzione indicati dalla
norma.
Sul punto la sentenza ha osservato che il raggruppamento consentito dal citato
art. 230 deve essere finalizzato alla individuazione del materiale
effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere
sottoposto da alcun trattamento, mentre, nel caso in esame, i rifiuti di cui
alla contestazione risultavano oggettivamente non riutilizzabili.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la
denuncia per violazione di legge e vizi della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 51, comma primo lett. a), del D.Lgs n. 22/97 in
relazione all'art. 6 lett. m) ed i) del medesimo decreto legislativo, nonché la
violazione dell'art. 192 c.p.p. nella valutazione delle risultanze probatorie.
Si osserva, in sintesi, che i materiali depositati dalla ditta Megas all'interno dell'impianto di depurazione di Fossombrone, dalla stessa gestito,
provenivano dall'attività di manutenzione effettuata dalla ditta presso altri
impianti di depurazione sempre gestiti dalla medesima azienda, rimasti
danneggiati a seguito di eventi alluvionali verificatisi nel novembre 2005; che,
pertanto, i predetti materiali costituivano rifiuti propri della ditta Megas ed
erano stati depositati nell'unico luogo a disposizione dell'azienda, in cui era
stato possibile effettuare il deposito controllato degli stessi; che inoltre il
deposito temporaneo era stato motivato da una situazione di eccezionale
emergenza, in attesa del conferimento dei rifiuti ad un'impresa abilitata allo
smaltimento.
Si deduce, quindi, che nella specie doveva essere ravvisata un'ipotesi di
deposito controllato di rifiuti e che erroneamente è stata ritenuta dal giudice
di merito sussistente un'attività di smaltimento dei rifiuti stessi.
Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia carenza e manifesta illogicità
della motivazione della sentenza con riferimento alla esclusione della
configurabilità dell'ipotesi di deposito temporaneo ai sensi dell'art. 6 lett.
m) ed i) del D. Lgs n, 22/97.
Sulla base dei rilievi già esposti nel precedente motivo di gravame si deduce
che il giudice di merito ha illogicamente escluso che l'impianto di depurazione
di Fossombrone fosse il luogo di produzione dei rifiuti, considerato, tra
l'altro, che i rifiuti derivanti da altri impianti di depurazione non potevano
essere depositati temporaneamente presso gli stessi, in quanto ancora
danneggiati a seguito dell'alluvione e sprovvisti di luoghi controllati e
recintati ove raggruppare i rifiuti.
Con il successivo mezzo di annullamento si denuncia violazione di legge e
mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine
all'elemento psicologico del reato.
Si deduce che il giudice di merito non ha valutato, in relazione all'elemento
soggettivo del reato, l'eccezionalità dell'evento meteorologico e la buona fede
dimostrata dal Dell'Onte e dagli altri imputati nel considerare legittima la
collocazione dei rifiuti nel luogo prescelto, in quanto lo stesso presentava
tutte le condizioni richieste dalla legge per essere utilizzato quale deposito
temporaneo, ai sensi dell'art. 6 lett. m) del D.Lgs n. 22/97; che, peraltro,
nella specie non poteva neanche essere stabilito con certezza quale fosse il
luogo di produzione di alcuni rifiuti.
Con il quarto mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione degli art. 183, comma prima lett. m), del D.Lgs n. 152/06 in
relazione all'art. 230, comma primo, del medesimo decreto legislativo.
Si deduce, in sintesi, che il giudice di merito ha erroneamente escluso che
nella specie fosse configurabile l'eccezione prevista dal citato art.230 nella
identificazione del luogo di produzione dei rifiuti, come quello del loro
accumulo allorché si tratti di rifiuti provenienti dall'attività di manutenzione
di infrastrutture, quali erano quelle gestite dalla ditta Megas; che, peraltro i
materiali oggetto del raggruppamento provenivano anche dai depuratori, quali
cavi, quadri elettrici, parti di impianti ed apparecchiature, sicché risultava
sussistente la finalità richiesta dalla norma di procedere ad una valutazione
tecnica degli stessi per l'eventuale riutilizzo.
Con l'ultimo motivo si eccepisce infine la violazione degli art. 516 e 521
c.p.p. e la conseguente nullità della sentenza ex art. 522 c.p.p..
Si deduce che l'imputato è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di
cui all'art. 51, comma secondo, del D.Lgs n. 22/97, per avere depositato in modo
incontrollato i rifiuti in un luogo diverso da quello di produzione, mentre non
è stata contestata alcuna operazione di smaltimento illegittimo di rifiuti; che,
pertanto, l'affermazione di colpevolezza per tale fattispecie di reato ha
riguardato un fatto diverso da quello contestato con violazione del principio di
correlazione tra imputazione e sentenza di cui alle disposizioni citate.
Il ricorso non è fondato
Preliminarmente, stante il suo carattere pregiudiziale, deve essere affermata la
manifesta infondatezza dell'ultimo motivo di gravame, con il quale si eccepisce
la nullità della sentenza per carenza di correlazione tra imputazione e fatto di
cui alla pronuncia di condanna.
Invero, nella specie si tratta esclusivamente della diversa qualificazione
giuridica del fatto oggetto dell'imputazione, ex art. 521, comma primo, c.p.p.,
in quanto il fatto accertato corrisponde puntualmente a quanta contestato nel
capo di imputazione.
Gli altri motivi di gravame sono infondati.
Con riferimento alla fattispecie di cui si tratta è stato puntualmente precisato
da questa Suprema Corte che il deposito di rifiuti speciali, allorché manchi dei
requisiti fissati dall'art. 6 lett. m) del D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 183
D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152) per essere qualificato quale temporaneo, integra,
secondo i casi, l'abbandono o il deposito incontrollato, sanzionato dall'art.
51, comma secondo, del citato D.Lgs. n. 22/97 (ora sostituito dall'art. 256,
comma secondo, D.Lgs.152 del 2006), ovvero un deposito preliminare o stoccaggio,
necessitante della prescritta autorizzazione, in quanto configura una forma di
gestione dei rifiuti (cfr. sez. III, 11.10.2006 n. 39544, Tresolat ed altro, RV
235703).
Inoltre, costituisce regola generale che il deposito temporaneo di rifiuti deve
essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti stessi (art. 183,
comma primo, lett. m) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152).
A tale regola è stata introdotta un'eccezione dall'art. 230 del D. Lgs n.
152/06, secondo il cui disposto per i rifiuti derivanti da attività di
manutenzione alle infrastrutture effettuata direttamente dal gestore
dell'infrastruttura a rete e degli impianti per l'erogazione di forniture e
servizi di interesse pubblico il luogo di deposito temporaneo può coincidere con
quello di concentramento dei rifiuti, ove gli stessi vengono trasportati per la
successive valutazione tecnica, finalizzata all'individuazione del materiale
effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere
sottoposto ad alcun trattamento.
Ne consegue che detta eccezione non trova applicazione nel caso di rifiuti
oggettivamente non riutilizzabili. (cfr. sez. III, 8.6.2007 n. 33866, Balloi, RV
237217).
Sulla base di tali precisazioni in punto di diritto, rileva la Corte che la
sentenza risulta correttamente motivata in ordine alla qualificazione posta in
essere dall'imputato, consistita nel raggruppamento in un unico luogo dei
rifiuti provenienti dagli altri impianti di depurazione, quale deposito
preliminare in attesa di una delle operazioni di smaltimento, ai sensi
dell'allegato B, lett. D15, del D.Lgs n. 22/97 ed attualmente lett.D15
dell'allegato B alla parte quarta del D.Lgs n. 152/06.
Peraltro, nel caso in esame, l'eccezione in ordine alla individuazione del luogo
di produzione dei rifiuti contenuta nell'art. 230, primo comma, del D.Lgs n.
152/06 risulta inapplicabile, non solo in considerazione dell'accertamento di
fatto contenuto nella sentenza relativamente alla natura di rifiuti,
oggettivamente non riutilizzabili, dei materiali raggruppati presso il
depuratore di Fossombrone, ma anche perché in ogni caso non risultavano
rispettate le prescrizioni di cui al secondo comma dell'art. 230, ai sensi del
cui disposto la valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al
comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei
lavori, mentre nel caso in esame non risulta, né è stato mai dedotto, che sia
stata eseguita alcuna verifica in ordine alla riutilizzabilità dei materiali
depositati.
Anche la censura in ordine alla carenza dell'elemento psicologico del reato
risulta infondata, poiché il giudice di merito ne ha ritenuto la sussistenza,
con motivazione corretta, in considerazione della natura anche colposa della
violazione di cui si tratta e delle specifiche cognizioni dell'imputato in
materia, quale gestore di impianti di depurazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 29.1.2009.
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