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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - Mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato
attraverso la realizzazione di opere edilizie - Permesso di costruire - Art. 3,
1° c., lett. d), T.U. n.380/2001. Quanto al mutamento di destinazione di uso
di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, qualora
esso venga realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua
esistenza, si configura in ogni caso un'ipotesi di ristrutturazione edilizia
(art. 3, 1° comma, lett. d), del T.U. n. 380/2001), in quanto l'esecuzione dei
lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". L'intervento
rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di costruire con
pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa destinazione.
Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - Destinazione di un immobile - Concetto di uso
urbanistico. La destinazione di un immobile non si identifica con l'uso che
in concreto ne fa il soggetto che lo utilizza, ma con quella impressa dal titolo
abilitativo assentito. Ciò significa che "il concetto di uso urbanisticamente
rilevante è ancorato alla tipologia strutturale dell'immobile, quale individuata
nell'atto di concessione, senza che esso possa essere influenzato da
utilizzazioni difformi rispetto al contenuto degli atti autorizzatori e/o
pianificatori" (T.a.r. Lombardia-Milano, Sez. 1, 7.5.1992, n. 219; C.d.S. Sez.
V, 9.2.2001, n. 583). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - Cambio della destinazione d'uso di un fabbricato -
Strumento urbanistico - Alterazione di equilibri prefigurati - Insanabilità.
La richiesta di cambio della destinazione d'uso di un fabbricato, qualora non
inerisca all'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una
determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto
difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento
urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione
formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal
piano, bensì in un'alternazione idonea ad incidere significativamente sulla
destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare
gli equilibri prefigurati in quella sede. (Consiglio di Stato Sez. V, 3.1.1998,
n. 24). Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.
III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - Attività di ristrutturazione edilizia - Connessione
finalistica delle opere eseguite. La ristrutturazione edilizia non è
vincolata, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali
esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può
comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari,
né modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro
e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto
edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con
l'edificio conservato). La stessa attività di ristrutturazione, nel reato, può
attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben
potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento
caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che
non devono essere riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al fine
di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio
attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo. Pres.
Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - DIA (denunzia di inizio dell'attività) - Mancanza o
difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA - Effetti - Art. 22 cc.. 1, 2
e 3; 37, 6° c.; 44, lett. b) T.U. n. 380/2001 - D.Lgs n. 301/2002. Nei casi
previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001 come modificato dal
D.Lgs 27.12.2002, n. 301 - in cui la DIA, si pone come titolo abilitativo
esclusivo (non alternativo, cioè, al permesso di costruire) - la mancanza della
denunzia di inizio dell'attività o la difformità delle opere eseguite rispetto
alla DIA effettivamente presentata non comportano l'applicazione di sanzioni
penali ma sono sanzionate soltanto in via amministrativa (art. 37, 6° comma, del
T.U. n. 380/2001). Dovendo ritenersi, però, che sia comunque punibile ai sensi
dell'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001 - pure se preceduta da rituale
denuncia d'inizio l'esecuzione di interventi sostanzialmente difformi da quanto
stabilito da strumenti urbanistici e regolamenti edilizi. Nei casi previsti dal
3° comma, dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001, invece - in cui la DIA si pone come
alternativa al permesso di costruire (ai sensi del comma 2 bis del successivo
art. 44) l'assenza sia del permesso di costruire sia della denunzia di inizio
dell'attività ovvero la totale difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA
effettivamente presentata integrano il reato di cui al successivo art. 44, lett.
b) [vedi Cass.: Sez. V, 26.4.2005, Giordano; Sez. III 9/03/2006, n. 8303;
26/01/2004, n. 2579, Tollon]. Non trova comunque sanzione penale la difformità
parziale (vedi Cass., Sez. III, 23/09/2004, roattini). Ciò che conta non è la
qualificazione dell'intervento data dal privato nella DIA presentata ma la
esatta indicazione e descrizione, in tale denuncia, delle opere poi
effettivamente eseguite. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Stirpe. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009), Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - PRG - Destinazione d'uso urbanistico - Atto di
destinazione specifica - Controllo della destinazione d'uso degli immobili -
Modalità - D.M. n.1444/1968. Lo strumento urbanistico rappresenta l'atto di
destinazione generica ed esso trova attuazione nelle prescrizioni imposte dal
titolo che abilita a costruire, quale atto di destinazione specifica che vincola
il titolare ed i suoi aventi causa. Possono conseguentemente distinguersi: una
destinazione d'uso urbanistico, riferita alle categorie specificate dalla legge
e dal D.M. n. 1444/1968; una destinazione d'uso edilizio, che attiene al singolo
edificio ed alle sue capacità funzionali. Duplice è, dunque, l'esigenza
correlata al controllo della destinazione d'uso degli immobili: da un lato
quella di assicurare tutela alla zonizzazione funzionale, dall'altro quella di
consentire l'applicazione della normativa sugli standards, regolatrice della
differenziazione infrastrutturale del territorio. Il mutamento di destinazione
d'uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente
autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell'ambito delle
stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi
urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi
urbanistici nell'ambito della medesima categoria. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric.
Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009),
Sentenza n. 9894
DIRITTO URBANISTICO - Denuncia di inizio attività (DIA) - Mutamento di
destinazione d'uso senza opere - Mutamento di destinazione d'uso, con opere
incidenti - Disciplina applicabile - Regione Campania - Art. 2 L.R. Campania n.
19/2001, mod. L.R.C. , n.16/2004. Nella Regione Campania - ai sensi
dell'art. 2 della legge regionale 28-11-2001, n. 19, modificata dalla legge
regionale 22-12-2004, n. 16 - possono essere realizzati in base a semplice
denuncia di inizio attività "i mutamenti di destinazione d'uso di immobili o
loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell'aspetto
esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova destinazione d'uso deve essere
compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le
singole zone territoriali omogenee". Il mutamento di destinazione d'uso senza
opere, nell'ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali
omogenee, è libero. Il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano
sulla sagoma dell'edificio o che determinano un aumento piano volumetrico, che
risulti compatibile con le categorie edilizie previste per le singole zone
omogenee è soggetto a permesso di costruire. Il mutamento di destinazione d'uso,
con opere che incidano sulla sagoma, sui volumi e sulle superfici, con passaggio
di categoria edilizia, purché tale passaggio sia consentito dalla norma
regionale, è soggetto a permesso di costruire. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric.
Stirpe. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009 (Ud. 20/01/2009),
Sentenza n. 9894
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UDIENZA 20.01.2009
SENTENZA N. 125
REG. GENERALE n.32042/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Guido DE MAIO Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
Dott. Santi GAZZARA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TARALLO Alfredo, nato a Napoli il 24.8.1974
avverso la ordinanza 13.6.2008 del Tribunale per il riesame di Napoli
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in camera di consiglio, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Guglielmo Passacantando, il
quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
Udito il difensore, Avv.to Attilio Belloni - sostituto processuale degli Avv.ti
Alfonso Furgiuele ed Enrico Soprano - il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso
FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 13.6.2008, rigettava l'istanza di
riesame proposta nell'interesse di Tarallo Alfredo avverso il provvedimento
26.5.2008 con cui il G.I.P. di quello stesso Tribunale - in relazione agli
ipotizzati reati di cui agli artt.: 44, lett. b), del T.U. n. 380/2001; 659 e
674 cod. pen. - aveva disposto il sequestro preventivo dei locali adibiti ad
esercizio commerciale denominato "CONAD", siti in Napoli - alla via Scarlatti n.
57, nonché dei connessi impianti esterni acustici, di refrigerazione e
condizionamento.
Secondo la prospettazione accusatoria, detti locali, ubicati al piano interrato
di un edificio residenziale, erano stati interessati da lavori edilizi eseguiti
senza permesso di costruire, che finalizzati all'adattamento degli stessi
all'esercizio dell'attività commerciale di supermercato - avevano comportato: un
aumento di superficie attraverso innovazioni apportate ad un soppalco;
l'alterazione del prospetto dell'edificio, mediante ampliamento di un
preesistente varco di accesso, nonché il mutamento della originaria destinazione
d'uso.
All' effettivo esercizio dell' attività commerciale si connetterebbero, poi:
- rumori (rilevanti ex art. 659 cod. pen.) - idonei a disturbare il riposo di un
numero indeterminato di persone - prodotti dalle operazioni di carico, scarico e
trasporto delle merci, oltre che dalla diffusione sonora di musica ed avvisi
pubblicitari e dalla gestione e manutenzione degli impianti di refrigerazione e
condizionamento;
- emissioni di polveri e odori molesti (rilevanti ex art. 674 cod. pen.),
ricollegabili in particolare alla pulizia delle ventole degli impianti di
refrigerazione mediante getti di aria compressa ed all'esistenza di un
ricettacolo di acqua stagnante su un telone di plastica posto a copertura della
rampa di accesso al supermercato.
Avverso tale ordinanza di rigetto hanno proposto ricorso i difensori del
Tarallo, i quali hanno eccepito, sotto il profilo della violazione di legge:
- la inesistenza della ritenuta modificazione della destinazione d'uso dei
locali, in quanto gli stessi sarebbero stati già adibiti, da oltre trent'anni, a
"sala giochi" e cioè ad attività pacificamente rientrante tra quelle
commerciali.
La licenza edilizia rilasciata per la costruzione del fabbricato inibisce
unicamente l'utilizzazione dei locali in oggetto come autorimessa o deposito di
materiali infiammabili, mentre le vigenti disposizioni pianificatorie comunali
consentirebbero la destinazione commerciale anche per i vani interrati. In
proposito erroneamente sarebbe stato ritenuto applicabile l'art. 99 delle norme
tecniche di attuazione (NTA) del vigente piano regolatore generale, mentre la
corretta disciplina della fattispecie dovrebbe rinvenirsi, invece, nelle
previsioni poste dal successivo art. 124 delle stesse NTA;
- la non riconducibilità a categorie disomogenee di utilizzazione dell'uso
residenziale e di quello di attività commerciale al minuto strettamente connessa
con le residenze;
- la legittimità della esperita procedura di denunzia di inizio dell'attività
(DIA), alla quale ritualmente si sarebbe fatto ricorso, in alternativa alla
richiesta del permesso di costruire, ai sensi dell' art. 22, comma 3, del D.P.R.
n. 380/2001 (pure qualora fosse effettivamente configurabile un'ipotesi di
ristrutturazione edilizia).
Nella specie la DIA presentata in data 23.6.2005 e la successiva "variante" del
settembre 2005 prevedrebbero espressamente tanto la realizzazione di un nuovo
soppalco in sostituzione di quello preesistente tanto l'effettuato ampliamento
del varco di accesso;
- la inconfigurabilità giuridica delle contravvenzioni di cui agli artt. 659 e
674 cod. pen.;
- la insussistenza del ravvisato "periculum in mora", poiché non
sarebbero riscontrabili rumori ed emissioni recanti molestia ad un numero
indeterminato di persone e, essendo stati ultimati i lavori edilizi nell'anno
2005, non sarebbe ravvisabile alcuna incidenza negativa sul carico urbanistico
in quanto dovendosi classificare l'esercizio commerciale in oggetto come
"esercizio di vicinato" e non già come "media struttura di vendita" esso
potrebbe svolgere la sua attività senza doversi attenere al DM n. 1444/1968 ed
alla legge n. 756/1967 per l'apprestamento di proporzionali parcheggi.
Le doglianze anzidette sono state ulteriormente specificate ed illustrate in una
memoria difensiva depositata all'udienza odierna.
* * * * * * * ** *
Il ricorso merita accoglimento nei limiti di seguito specificati.
1. La qualificazione dell'intervento edilizio
1.1 A giudizio del Collegio si verte inconfutabilmente, nella specie, in tema di
ristrutturazione edilizia.
Al riguardo va rilevato che:
a) L'art. 3, 1° comma - lett. d), del D.P.R. n. 380/2001 - come modificato dal
D.Lgs 27.12.2002, n. 301 - definisce interventi di ristrutturazione edilizia
quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi costitutivi l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli
elementi tipologici, formali e strutturali esistente e differisce sia dalla
manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie
utile o del numero delle unità immobiliari, né modifica della sagoma o mutamento
della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non
può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente
soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del reato, può attuarsi attraverso una
serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi
agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la
connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate
partitamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano
o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di
un edificio in tutto o in parte nuovo.
Alla stregua di tali considerazioni appaiono ad evidenza infondate le
argomentazioni difensive che, nel caso in esame, tendono a frazionare le singole
opere realizzate ed a valutarle autonomamente e separatamente nel contesto
dell'intervento complessivo di trasformazione dei locali in un supermercato.
b) L'art. 10, 1° comma - lett. c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal
D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di
ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari,
modifiche del volume, della sagoma, del prospetti o delle superfici", ovvero si
connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A).
c) L'art. 22, 3° comma - lett. a), dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs.
n. 301/2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato ed in alternativa al
permesso di costruire - gli interventi di cui all'art. 10, 1° comma - lett. c),
possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività.
1.2 La vicenda in oggetto è connotata dalla intervenuta trasformazione dei
locali interrati mediante un insieme sistematico di opere, con modifiche
riguardanti anche (sia pure lievemente) il prospetto ed inserimento di nuovi
elementi ed impianti, che hanno portato ad un organismo diverso dal precedente.
Tale intervento, assoggettato in via ordinaria a permesso di costruire, si
sarebbe potuto realizzare (a scelta dell'interessato) - pure in ipotesi di
connessa modifica della destinazione d'uso anche in base a semplice denunzia di
inizio attività, ai sensi dell'art. 22, 3° comma - lett. a), del D.P.R. n.
380/2001.
Nella specie, però, la DIA in concreto presentata non conteneva alcun
riferimento ad un mutamento di destinazione d'uso, sicché - ove tale mutamento
fosse stato posto in essere si configurerebbe la totale difformità delle opere
eseguite rispetto alla DIA inoltrata integrante pur sempre il reato di cui
all'art. 44, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001.
Giova ricordare, in proposito, che la DIA prevista dal 3° comma dell'art 22 del
D.P.R. n. 380/2001 non è istituto ontologicamente diverso da quello disciplinato
dai due commi precedenti [dal quale non si distingue certo per il carattere
dell'onerosità, che ben può essere comune] e differisce da esso soltanto in
relazione agli interventi assoggettabili (alternativamente) alla procedura.
Diverso, invece, è il connesso regime sanzionatorio, poiché:
a) Nei casi previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001 - in cui
la DIA. si pone come titolo abilitativo esclusivo (non alternativo, cioè, al
permesso di costruire) - la mancanza della denunzia di inizio dell'attività o la
difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata non
comportano l'applicazione di sanzioni penali ma sono sanzionate soltanto in via
amministrativa (art. 37, 6° comma, del T.U. n. 380/2001). Dovendo ritenersi,
però, che sia comunque punibile ai sensi dell'art. 44, lett. a), del T.U. n.
380/2001 - pure se preceduta da rituale denuncia d'inizio l'esecuzione di
interventi sostanzialmente difformi da quanto stabilito da strumenti urbanistici
e regolamenti edilizi.
b) Nei casi previsti dal 3° comma, dell'art. 22 del T.U. n. 380/2001, invece -
in cui la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire (ai sensi del
comma 2 bis del successivo art. 44) l'assenza sia del permesso di costruire sia
della denunzia di inizio dell'attività ovvero la totale difformità delle opere
eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata integrano il reato di cui
al successivo art. 44, lett. b) [vedi Cass.: Sez. V, 26.4.2005, Giordano; Sez.
III 9 marzo 2006, n. 8303; 26 gennaio 2004, n. 2579, Tollon]. Non trova comunque
sanzione penale la difformità parziale (vedi Cass., Sez. III, 23 settembre 2004,
Croattini).
Ciò che conta non è la qualificazione dell'intervento data dal privato nella DIA
presentata ma la esatta indicazione e descrizione, in tale denuncia, delle opere
poi effettivamente eseguite.
2. La destinazione d'uso degli immobili
La questione controversa, nel caso che ci occupa, è quella di verificare:
- se effettivamente possa prospettarsi una intervenuta modifica della
destinazione d'uso dei locali;
- se tale modifica possa ritenersi consentita alla stregua delle disposizioni
pianificatorie vigenti.
2.1 Al riguardo va evidenziato che la destinazione d'uso è un elemento che
qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di
interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione.
Essa individua il bene sotto l’aspetto funzionale, specificando le destinazioni
di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della
differenziazione infrastrutturale del territorio, prevista e disciplinata dalla
normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della
diversa destinazione di zona.
L'organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono
realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d'uso in tutte
le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono
negativamente sull'organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo
assetto territoriale (vedi Cass., Sez. III: 7.3.2008, Desimine e 12.7.2002,
Cinquegrani).
Lo strumento urbanistico rappresenta l'atto di destinazione generica ed esso
trova attuazione nelle prescrizioni imposte dal titolo che abilita a costruire,
quale atto di destinazione specifica che vincola il titolare ed i suoi aventi
causa.
Possono conseguentemente distinguersi:
-
una destinazione d'uso urbanistico, riferita alle categorie specificate dalla
legge e dal D.M. n. 1444/1968;
-
una destinazione d'uso edilizio, che attiene al singolo edificio ed alle sue
capacità funzionali.
Duplice è, dunque, l'esigenza correlata al controllo della destinazione d'uso
degli immobili: da un lato quella di assicurare tutela alla zonizzazione
funzionale, dall'altro quella di consentire l'applicazione della normativa sugli
standards, regolatrice della differenziazione infrastrutturale del territorio.
2.2 Il mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante è solo quello
tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto
conto che nell'ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto,
ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali
equivalenze dei carichi urbanistici nell'ambito della medesima categoria.
Il Consiglio di Stato (Sez. V, 3.1.1998, n. 24) ha affermato, al riguardo, che
"la richiesta di cambio della destinazione d'uso di un fabbricato, qualora non
inerisca all'ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una
determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto
difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento
urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione
formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal
piano, bensì in un'alternazione idonea ad incidere significativamente sulla
destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare
gli equilibri prefigurati in quella sede".
2.3 Per determinate in concreto la precedente destinazione d'uso, al fine di
verificarne la variazione, sono stati utilizzati - nella pratica - riferimenti
diversi e si è tenuto alternativamente conto: della destinazione in atto, specie
se consolidata nel tempo; dell'ultima destinazione nota (in caso di manufatto
abbandonato); della destinazione indicata nell'ultima concessione o licenza
edilizia relativa all'edificio; della destinazione risultante dal catasto.
A giudizio del Collegio - in adesione all'orientamento espresso anche dal
Consiglio di Stato (vedi Sez. V, 9.2.2001, n. 583) - la destinazione di un
immobile non si identifica con l'uso che in concreto ne fa il soggetto che lo
utilizza, ma con quella impressa dal titolo abilitativo assentito (ovviamente
quando tale titolo sussista e sia determinato sul punto).
Ciò significa che "il concetto di uso urbanisticamente rilevante è ancorato alla
tipologia strutturale dell'immobile, quale individuata nell'atto di concessione,
senza che esso possa essere influenzato da utilizzazioni difformi rispetto al
contenuto degli atti autorizzatori e/o pianificatori" (cosi T.a.r.
Lombardia-Milano, Sez. 1, 7.5.1992, n. 219).
Alla destinazione stabilita dal titolo abilitativo assentito fanno espresso
riferimento anche alcune legislazioni regionali (vedi ad esempio: la legge
16.4.2002, n. 19 della Regione Calabria; la legge 25.11.2002, n. 31 della
Regione Emilia-Romagna; la legge 18.2.2004, n. 1 della Regione Umbria).
2.4 Quanto al mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso
la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che, qualora esso venga
realizzato dopo l'ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza (ipotesi
ricorrente nella vicenda in esame), si configura in ogni caso un'ipotesi di
ristrutturazione edilizia [secondo la definizione fornita dall'art. 3, 1° comma,
lett. d), del T.U. n. 380/2001], in quanto l'esecuzione dei lavori, anche se di
entità modesta, porta pur sempre alla creazione di "un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente".
L'intervento rimane assoggettato, pertanto, al previo rilascio del permesso di
costruire con pagamento del contributo di costruzione dovuto per la diversa
destinazione.
2.5 Un delicato problema di coordinamento interpretativo si correla alla
disposizione dell'art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001, secondo la
quale sono subordinati a permesso di costruire "gli interventi di
ristrutturazione edilizia che…, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A), comportino mutamenti della destinazione d'uso". Il che potrebbe
portare ad affermare che, fuori delle zone omogenee A), la ristrutturazione
edilizia (purché non comporti aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici) sarebbe sottratta al
regime del permesso di costruire e realizzabile mediante denuncia di inizio
dell'attività anche se si accompagni alla modifica della destinazione d'uso.
Una conclusione siffatta, però si porrebbe in contrasto con l'assoggettamento al
permesso di costruire, anche fuori dei centri storici, delle opere di
manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo (interventi
di minore portata rispetto alla ristrutturazione edilizia) qualora comportino
modifiche della destinazione d'uso.
Un'interpretazione coerente della disposizione di cui all'art. 10, 1° comma,
lett. c), del T.U. n. 380/2001, conseguentemente, può aversi soltanto allorché
si ritenga che in essa il legislatore si è riferito alle "destinazioni d'uso
compatibili" già considerate dall'art. 3, 1° comma, lett. c) dello stesso T.U.
(nella descrizione della tipologia del restauro e risanamento conservativo).
Gli interventi di ristrutturazione edilizia, in sostanza, alla stessa stregua
degli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento
conservativo:
- necessitano sempre di permesso di costruire, qualora comportino mutamento di
destinazione d'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista
urbanistico;
- fuori dei centri storici sono realizzabili mediante denunzia di attività
qualora comportino il mutamento della destinazione d'uso all'interno di una
stessa categoria omogenea;
- nei centri storici non possono essere realizzati mediante denunzia di attività
neppure qualora comportino il mero mutamento della destinazione d'uso
all'interno di una stessa categoria omogenea.
Soltanto un'interpretazione siffatta consente di mantenere coerenza al sistema
(vedi Cass., Sez. TII, 21.10.2002, n. 35177, Cinquegrani). Una diversa
conclusione, nel senso della generalizzata esclusione, fuori dei centri storici,
del limite dell’immodificabilità delle destinazioni d'uso, si porrebbe infatti
in incoerente contrasto con tutta la disciplina degli interventi specificati
dell'art. 3 del T.U. n. 380/2001 (ove finanche la manutenzione straordinaria,
come già si è detto, non può comportare "modifiche della destinazione d'uso").
3. La legislazione della Regione Campania in materia di destinazione d'uso
Nella Regione Campania - ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 28-11-2001,
n. 19, modificata dalla legge regionale 22-12-2004, n. 16 - possono essere
realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività "i mutamenti di
destinazione d'uso di immobili o loro parti, che non comportino interventi di
trasformazione dell'aspetto esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova
destinazione d'uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla
strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee".
Il mutamento di destinazione d'uso senza opere, nell'ambito di categorie
compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero.
Il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma dell'
edificio o che determinano un aumento piano volumetrico, che risulti compatibile
con le categorie edilizie previste per le singole zone omogenee è soggetto a
permesso di costruire.
Il mutamento di destinazione d'uso, con opere che incidano sulla sagoma, sui
volumi e sulle superfici, con passaggio di categoria edilizia, purché tale
passaggio sia consentito dalla norma regionale, è soggetto a permesso di
costruire.
4. Le prescrizioni degli strumenti di pianificazione del Comune di Napoli
4.1 Ai sensi dell'art. 14 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli
(delibere n. 104/98 del Consiglio comunale e n. 47/1999 del Consiglio
provinciale):
"1. Le destinazioni d'uso delle costruzioni e delle aree non edificate sono
definite dallo strumento urbanistico, generale o esecutivo, secondo le seguenti
categorie omogenee:
a) residenze, singole o collettive, studi professionali, attività culturali;
b) attività turistico-ricettive e di ristorazione;
c) altre attività terziarie (direzionali, commerciali, finanziarie); attività
produttive di tipo manifatturiero artigianali se laboratoriali e funzioni di
servizio; attività produttive industriali o artigianali dirette alla
trasformazione di beni e alla prestazione di servizi;
d) attrezzature e servizi pubblici o a uso pubblico;
e) attività agricole o connesse al loro svolgimento, ad esclusione della
residenza;
f) parcheggi, autorimesse e box auto.
2. Nelle more dell'approvazione della legge regionale, le opere che comportano
il mutamento di destinazione d'uso da una categoria omogenea a un'altra, laddove
consentite dallo strumento urbanistico, devono essere munite di provvedimento
autorizzativo se riferite a immobile ricadente in area omogenea A, di cui all'
art. 2 del DM 1444/1968.
3. All'interno della medesima categoria non vi è mutamento di destinazione
d'uso, poiché rientrante nello ius utendi.
4. Non costituisce cambio di destinazione d'uso il diverso utilizzo di locali a
piano terra o interrati, se precedentemente adibiti a uso improprio".
In detta norma regolamentare, dunque, le attività commerciali rientrano in una
categoria omogenea diversa da quella delle residenze, ma, ai fini della verifica
della variazione d'uso, deve tenersi conto anche della precedente destinazione
ad uso improprio.
4.2 Le Norme di attuazione del PRG del Comune di Napoli (approvato con D.P.G.R.
n. 323 dell'11.6.2004 e quindi successivo al Regolamento edilizio) disciplinano:
* All'art. 21 le destinazioni d'uso degli immobili, secondo le seguenti
categorie omogenee:
a) abitazioni ordinarie, specialistiche e collettive; attività artigianali e
commerciali al minuto per beni di prima necessità, altre destinazioni non
specificamente residenziali, ma strettamente connesse con la residenza quali
servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali etc.;
b) abitazioni agricole, attività agricole e di produzione e commercio dei
prodotti agricoli all'origine e relative funzioni di servizio; attività
ricettive di tipo agrituristico e relative funzioni di servizio;
c) attività per la produzione di servizi (ad esempio direzionali, ricettive,
culturali, sanitarie, per l'istruzione universitaria, sportive, commerciali
all'ingrosso, etc.) e relative funzioni di servizio;
d) attività per la produzione di beni e relative funzioni di servizio.
* All'art. 99 "La unità edilizia di base novecentesca originaria a struttura
autonoma", prevedendo che essa è "caratterizzata da un corpo di fabbrica isolato
nel lotto di pertinenza, inserita generalmente in contesti di edilizia estensiva
di primo novecento" ed è articolata nei tipi della "villa novecentesca" e della
"villa a pianta libera".
Per tali unità l'inserimento di soppalchi è consentito soltanto a particolari
condizioni e sono consentiti "al piano terra e ai piani ammezzati" anche
"esercizi commerciali al minuto" [non è prevista, dunque, la possibilità di
adibire i locali interrati ad esercizi commerciali].
* All' art. 124 "La unità edilizia di recente formazione", sia a carattere
residenziale sia destinata ad altri usi, costruita nel secondo dopoguerra su
sedime libero o su sedime di demolizione, ovvero risultante da processi di
ristrutturazione di edilizia preesistenti avvenuti nel dopoguerra senza
demolizione e sostituzione integrale della fabbrica.
"Per tutte le unità edilizie di recente formazione ricadenti al di fuori del
perimetro del centro storico come delimitato dal Prg approvato con Dm 1829 del
31 marzo 1972, sono consentiti interventi fino alla ristrutturazione edilizia
..., a parità di volume".
Non è previsto alcun divieto di adibire i locali interrati ad esercizi
commerciali.
5. La valutazione degli aspetti urbanistico-edilizi della fattispecie in
esame
Nella vicenda in oggetto il Tribunale del riesame ha rilevato che:
- nella DIA effettivamente presentata i lavori da eseguirsi risultano
rappresentati non come un intervento di ristrutturazione, bensì come "opere di
manutenzione ordinaria e straordinaria senza cambio di destinazione d'uso";
- la destinazione d'uso di un immobile non può essere identificata in base
all'utilizzazione che in concreto è stata fatta di esso;
- la destinazione a supermercato si pone in contrasto con le prescrizioni
dell'art. 99 della variante generale al piano regolatore, che - per i locali
interrati ricadenti in zona A) - consentono esclusivamente destinazioni
accessorie al fabbricato;
- il supermercato realizzato non costituisce esercizio commerciale "di
vicinato", bensì "media struttura di vendita", essendo stata destinata alla
vendita una superficie pari a mq. 370, in luogo dei previsti mq. 240, con
conseguente ulteriore violazione dei vigenti standards urbanistici in tema di
destinazione di una proporzionale area di parcheggio, del tutto assente nel caso
di specie".
A fronte di tali argomentazioni però - e tenuto conto delle disposizioni
normative e pianificatorie, nonché delle interpretazioni giurisprudenziali
dianzi citate - deve rilevarsi che lo stesso giudice del riesame non ha dato
risposta alle eccezioni della difesa riguardanti:
- la necessità di riferire le previsioni pianificatorie alla suddivisione delle
destinazioni d'uso degli immobili in categorie omogenee effettuata dall’art. 21
delle vigenti NTA in attuazione dell'art. 14 del Regolamento edilizio del Comune
di Napoli;
- la prospettata applicabilità, quanto alla ricognizione delle previsioni
pianificatorie che disciplinano l'attività edilizia in oggetto, dell'art. 124 e
non dell'art. 99 delle NTA;
- la necessità di tenere conto, quanto all'individuazione della precedente
destinazione d'uso, della prescrizione derogatoria posta dall'ultimo comma
dell'art. 14 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli.
6. Le contravvenzioni di cui agli artt. 659 e 674 cod. pen.
Anche in ordine a tali reati il Tribunale del riesame non ha tenuto conto delle
specifiche prospettazioni difensive, al fine di stabilire - sia pure nella
prospettiva di ragionevole probabilità che deve caratterizzare il giudizio in
sede cautelare - la idoneità a disturbare la quiete pubblica dei rumori e delle
emissioni sonore connessi alla gestione del supermercato, nonché la portata
delle emissioni moleste di polveri ed odori anche in seguito alla addotta
avvenuta rimozione del telo protettivo interessato da ristagno di liquidi.
7. La ordinanza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al
Tribunale di Napoli, per una nuova delibazione sui punti dianzi indicati, in
conformità agli enunciati principi di diritto.
La valutazione della sussistenza di esigenze cautelari dovrà essere poi
effettuata alla stregua della accertata configurabilità dei reati ipotizzati e,
per la contravvenzione edilizia (qualora ne sia ravvisato il fumus), con
adeguato apprezzamento dell'incidenza del realizzato intervento sulle opere di
urbanizzazione primaria ed in particolare sulla dotazione di parcheggi.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127 e 325 c.p.p.,
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Cosi deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 20.1.2009.
Deposito in Cancelleria il 05/03/2009.
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