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1974-9562
CORTE COSTITUZIONALE - 29 maggio 2009, n. 165
CACCIA - AREE PROTETTE - Regione Friuli Venezia Giulia - Sottoposizione
dell’intero territorio regionale al regime giuridico della zona faunistica delle
Alpi - Limitazione della quota di territorio destinata a protezione della fauna
selvatica - Art. 2 L.R. n. 6/2008 - Illegittimità costituzionale. L'art. 2
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6, prevede, al
comma 1, nel sottoporre l'intera Regione Friuli-Venezia Giulia al regime
giuridico della zona faunistica delle Alpi, ha, irragionevolmente, limitato la
quota di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica, con ciò
violando gli standard minimi ed uniformi di tutela di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. e, in particolare, ponendosi in contrasto con quanto
previsto dal combinato disposto degli artt. 10 e 11 della legge n. 157 del 1992,
in ragione del quale l'individuazione del territorio delle Alpi quale zona
faunistica a sé stante presuppone la presenza di peculiari caratteristiche.
Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Friuli-Venezia Giulia -
CORTE COSTITUZIONALE - 29/05/2009, n. 165
CACCIA - Regione Friuli Venezia Giulia - Criteri di composizione degli organi preposti alla gestione dell’attività venatoria - Art. 19 L.R. n. 6/2008 - Illegittimità costituzionale. L’art. 19 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6 prevede la creazione di un'Associazione dei cacciatori affidandole i compiti di gestione e organizzazione dell’attività venatoria sul territorio regionale. Gli organi di cui si compone l'indicata Associazione sono individuati in difformità da quanto previsto dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 che, nel precisare i criteri di composizione degli organi preposti alla gestione dell'attività venatoria negli ambiti territoriali, fissa uno standard minimo ed uniforme di composizione che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale. Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli-Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 29/05/2009, n. 165
CACCIA - Regione Friuli Venezia Giulia - Aziende agri-turistico-venatorio - Immissione e abbattimento di fauna di allevamento - Art. 23, c. 7 L.R. n. 6/2008 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Il comma 7 dell’art. 23 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6, nel prevedere che «nelle aziende agri-turistico-venatorie è consentita, per tutta la stagione venatoria, l'immissione e l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente alle specie cacciabili», è conforme all'art. 16, comma 1, lettera b), della legge statale n. 157 del 1992. Ai sensi della norma da ultimo citata le Regioni possono infatti «autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento». Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli-Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 29/05/2009, n. 165
CACCIA - Regione Friuli Venezia Giulia - Aziende agri-turistico-venatorio - Estensione del permesso di caccia a tutto il periodo dell’anno - Art. 23, c. 8 L.R. n. 6/2008 - Illegittimità costituzionale. La Regione Friuli-Venezia Giulia, nell'escludere, con l’art. 23, c. 8 della L.r. n. 6/2008, che l'attività venatoria svolta all'interno delle aziende agri-turistico-venatorie sia considerata caccia, nonché nell'estendere il permesso di caccia nelle suddette aziende a «tutto il periodo dell'anno», introduce una irragionevole deroga alla rigida disciplina sulle modalità di esercizio della caccia che contrasta con gli standard minimi ed uniformi di tutela della fauna, quali previsti dalla legislazione dello Stato. Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli-Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 29/05/2009, n. 165
CACCIA - Regione Friuli Venezia Giulia - Uso di prodine, roccoli e bressane - Mezzi di cattura non selettivi - Art. 44 L.R. n. 6/2008 - Illegittimità costituzionale. La questione di legittimità dell'art. 44 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 6 del 2008 è fondata: la norma prevede infatti che la cattura degli uccelli avvenga «esclusivamente» attraverso l'uso di impianti fissi «a reti orizzontali (prodine) e verticali (roccoli e bressane)». I mezzi di cattura quali bressana, roccolo, prodina e panie sono già stati qualificati (cfr. sentenza n. 124/1990) mezzi non selettivi e risultano, tra l'altro, in contrasto con la stessa normativa internazionale e specificamente con la citata Convenzione di Berna del 1979. Pres. Amirante, Est. Saulle - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli-Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 29/05/2009, n. 165
SENTENZA N. 165
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale degli articoli 2, commi 1 e 3, 14, 17, 19, 23, commi 7, 8 e 9, e
44 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6
(Disposizioni per la programmazione faunistica e per l'esercizio dell'attività
venatoria), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso
notificato il 16-26 maggio 2008, depositato in cancelleria il 21 maggio 2008 ed
iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2008.
Visto l'atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;
udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 2009 il Giudice relatore Maria Rita
Saulle;
uditi l'avvocato dello Stato Francesca Quadri per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia
Giulia.
Ritenuto in fatto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 16-26 maggio
2008 e depositato il 21 maggio 2008, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 3, 14, 17, 19, 23, commi 7, 8 e 9, e 44
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6 (Disposizioni
per la programmazione faunistica e per l'esercizio dell'attività venatoria), in
riferimento agli artt. 3, 18, 117, primo e secondo comma, lettere l) e s), della
Costituzione e all'art. 4, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli- Venezia Giulia).
Il ricorrente premette che, sebbene la Regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi
dell'art. 4, primo comma, punto 3, e dell'art. 6, primo comma, punto 3, dello
statuto speciale, abbia potestà legislativa primaria in materia di caccia e
tutela del paesaggio, flora e fauna, queste materie sono sottoposte «al rispetto
degli standard minimi ed uniformi di tutela indicati dalla legislazione
nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione», nonché «della normativa comunitaria di riferimento (direttive
79/409/CEE, 85/411/CEE e 91/244/CEE)».
Fatta questa premessa, il ricorrente solleva le questioni di legittimità
costituzionale che si riportano di seguito:
1.1. - La prima ha ad oggetto l'art. 2, commi 1 e 3, nella parte in cui prevede
che tutto il territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia sia sottoposto al
regime giuridico della zona faunistica delle Alpi, includendovi «anche la fascia
di mare fino ad un miglio dalla costa, le lagune e la pianura friulana». Tale
previsione, a parere del ricorrente, contrasta con l'art. 10, comma 3, della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), che stabilisce che «il territorio
agro-silvo-pastorale di ogni Regione è destinato per una quota dal 20 al 30 per
cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio
delle Alpi di ciascuna Regione, che costituisce una zona faunistica a sé stante
ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 a 20 per cento». Il
ricorrente ritiene che la disposizione regionale irragionevolmente sottoponga,
nei sensi sopra indicati, il territorio regionale alla disciplina prevista per
le zone faunistiche delle Alpi, in tal modo riducendo la percentuale di esso
destinata alla protezione della fauna, con conseguente lesione degli standard
minimi ed uniformi di tutela posti dalla legge n. 157 del 1992, vincolanti anche
per le Regioni a statuto speciale, e quindi della competenza esclusiva statale
di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
1.2. - Quanto alla seconda censura, il ricorrente ritiene che le disposizioni
contenute negli articoli 14, 17 e 19 della medesima legge, nella parte in cui
«disciplinano l'organizzazione della gestione venatoria prevedendo, in
particolare, la suddivisione del territorio in unità denominate “riserve di
caccia” (art. 14) che sono accorpate nei cosiddetti “distretti venatori” (art.
17); che a loro volta hanno l'obbligo di aderire ad un'associazione denominata
“associazione dei cacciatori” (art. 19)», violerebbero l'art. 18 Cost. In
particolare, le suddette disposizioni configurerebbero «un quadro normativo che
impone a chiunque voglia esercitare l'attività venatoria nella Regione
Friuli-Venezia Giulia un obbligo di associazione ad un unico soggetto, in palese
contrasto con il principio della libertà di associazione».
Le medesime norme, inoltre, violerebbero anche l'art. 4 dello statuto speciale
di autonomia, in quanto determinerebbero «una privatizzazione della gestione
faunistica al livello regionale ed una concentrazione nella mani di un'unica
categoria della stessa gestione faunistica, in contrasto con quanto previsto
dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992» il quale, configurandosi
come norma fondamentale di riforma economico-sociale, prevede invece che «negli
organismi di gestione faunistica, deve essere assicurata la presenza paritaria
delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie
nazionali e delle associazioni di protezione ambientale».
1.3. - La terza censura investe l'art. 23, commi 7, 8 e 9 della legge in
oggetto. Tali disposizioni, secondo il ricorrente, violano la competenza
esclusiva statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché
il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., in quanto, contrastando
con l'art. 16, comma 4, della legge n. 157 del 1992, esse prevedono che
l'attività venatoria svolta nelle aziende agri-turistico-venatorie non venga
considerata esercizio della caccia, di talché essa risulterebbe esonerata «dagli
obblighi di legge previsti dalla citata legge-quadro nazionale».
1.4. - Con una quarta censura il ricorrente impugna l'art. 44 della stessa
legge, nella parte in cui, sostituendo l'art. 3 della legge regionale 1° giugno
1993, n. 29 (Disciplina dell'aucupio), consente l'utilizzo indiscriminato di
impianti fissi a rete per la cattura di uccelli ovvero l'uccellagione, così
violando gli articoli 5 e 9 della direttiva n. 79/409/CEE sulla conservazione
degli uccelli selvatici, che sanciscono il divieto di cattura «di tutte le
specie di uccelli “deliberatamente con qualsiasi metodo” e assoggettano la
cattura e la detenzione degli uccelli all'utilizzazione di metodi rigidamente
selettivi». Inoltre, la disposizione censurata, nel prevedere l'uso delle reti,
violerebbe la Convenzione internazionale per la protezione degli uccelli
selvatici, adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, ratificata e resa esecutiva in
Italia con legge 24 novembre 1978, n. 812, nonché la Convenzione relativa alla
Conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata
a Berna il 19 settembre 1975 (recte: 1979), anch'essa ratificata e resa
esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503 (recte: 203), e, quindi l'art. 4,
primo comma, dello statuto speciale e l'art. 117, primo comma, della
Costituzione.
Ritiene poi il ricorrente che l'art. 44, nella parte in cui prevede che «possono
essere individuati impianti tra quelli attivati da destinare a cattura per
l'allevamento amatoriale e ornamentale», violi, inoltre, l'art. 3 della legge
statale n. 157 del 1992, che vieta ogni forma di uccellagione; attività
sanzionata penalmente dall'art. 30, comma 1, lettera e), della medesima legge.
Pertanto, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione
regionale violerebbe anche la competenza esclusiva statale in materia di
ordinamento penale e tutela dell'ambiente di cui all'art. 117, secondo comma,
lettere l) ed s), della Costituzione.
2. - Con atto depositato in data 11 giugno 2008 si è costituita in giudizio la
Regione Friuli-Venezia Giulia, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o infondato.
2.1. - Con riferimento all'art. 2, commi 1 e 3, della legge impugnata, la difesa
regionale eccepisce, in via preliminare, l'inammissibilità della censura
relativa alla violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in
quanto il ricorrente ha omesso di motivare in ordine all'applicabilità del
suddetto parametro nei confronti di una legge di una Regione a statuto speciale.
Del pari inammissibile sarebbe la censura riguardante la violazione dell'art. 3
Cost., nonché quella sulla violazione degli standard minimi uniformi, in quanto
entrambe sarebbero prive di motivazione.
Nel merito, la difesa regionale sottolinea, da un lato, che una disposizione di
analogo contenuto a quella impugnata nel presente giudizio era già prevista
nell'art. 2 della legge regionale 31 dicembre 1999, n. 30 (Gestione ed esercizio
dell'attività venatoria nella Regione Friuli-Venezia Giulia); dall'altro che,
contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la norma censurata sarebbe
volta «ad aumentare le soglie di tutela rispetto alla legge statale là dove il
bisogno esiste, cioè nelle zone autenticamente montane». Al riguardo, si
precisa, inoltre, che «la scelta delle aree da sottoporre ad una determinata
quota territoriale minima e massima di tutela spetta alla Regione» e che, nel
caso di specie, non sarebbe stato superato il limite della ragionevolezza
poiché, a seguito «dell'intensa antropizzazione» delle aree di pianura, sarebbe
«inutile ed inefficace una più elevata soglia di protezione» delle stesse.
2.2. - Anche in relazione agli impugnati artt. 14, 17 e 19 della legge regionale
n. 6 del 2008, concernenti l'organizzazione della gestione venatoria, la Regione
Friuli-Venezia Giulia eccepisce, in via preliminare, l'inammissibilità delle
censure per genericità. Il ricorrente non avrebbe infatti indicato «a quale
disposizione, tra le diverse tre citate, sarebbe dovuta la violazione» dell'art.
18 Cost., né le modalità attraverso le quali si verrebbe a determinare
l'asserita privatizzazione e concentrazione della gestione faunistica in
un'unica categoria, nonché il mancato coinvolgimento di altre categorie.
Nel merito, la difesa regionale ritiene che dalle disposizioni impugnate non
discenderebbe alcun obbligo di aderire ad una determinata associazione e che,
comunque, la condizione richiesta, di appartenenza del cacciatore
all'associazione titolare della riserva, troverebbe una ragionevole
giustificazione nel fatto che il cacciatore, in questo modo, opererebbe «non
come individuo isolato, ma come parte di una comunità globalmente responsabile
della riserva nel rispetto delle sue regole».
Sempre secondo la Regione resistente le censure relative agli artt. 17 e 19
sarebbero «del tutto oscure», in particolare lo sarebbe quella riferita all'art.
17, in quanto detta disposizione non prevede la creazione di alcuna
associazione. Quanto all'art. 19, la previsione che le «associazioni
riservistiche […] siano aggregate in una ulteriore struttura a base associativa,
titolare di competenze in larga misura pubblicistiche», non inciderebbe sulla
libertà del singolo di partecipare o meno ad una determinata associazione.
Del pari infondata sarebbe la censura relativa all'asserita violazione dell'art.
14, comma 10, della legge n. 157 del 1992, derivante dal fatto che la legge
regionale impugnata affiderebbe la gestione faunistica alle sole associazioni di
cacciatori. In proposito, la Regione resistente nega al citato art. 14 la natura
di norma di riforma economico-sociale essendo, a suo avviso, evidente che non si
tratterebbe di una disposizione a tutela della fauna ma «di una mera regola
organizzativa della gestione della caccia», di competenza, peraltro, della
Regione data la potestà primaria di questa in materia di caccia.
2.3. - Anche della censura relativa all'art. 23, commi 7, 8 e 9 la Regione
deduce, in via preliminare, l'inammissibilità per «l'inappropriatezza del
richiamo all'art. 117, secondo comma, della Costituzione», per la genericità del
riferimento al principio di ragionevolezza, nonché perché essa ha ad oggetto
«tre articoli a contenuto complesso» senza individuare «la specifica
disposizione considerata lesiva».
Nel merito, la difesa regionale osserva che i commi 7 e 9 sarebbero conformi
alla legge statale n. 157 del 1992. Quanto al comma 8, a sostegno
dell'infondatezza, la resistente precisa che nelle aziende
agri-turistico-venatorie «la fruizione venatoria» sarebbe riferita «solo a fauna
immessa, senza alcuna ripercussione sulla fauna selvatica».
2.4. - Infine, riguardo alla censura riferita all'art. 44 della legge regionale
n. 6 del 2008, la Regione rileva che il novellato art. 3 della legge regionale
n. 29 del 1993 «è una disposizione complessa, che consta ben di nove commi».
Pertanto, a suo avviso, sarebbe del tutto «aprioristico ed infondato affermare
[…] che la disposizione consenta indiscriminatamente l'utilizzo di impianti
fissi a rete per la cattura di uccelli».
Rileva, comunque, la Regione che la censura riferita alla presunta violazione
degli obblighi internazionali stabiliti dalla Convenzione di Parigi e dalla
Convenzione di Berna è inammissibile, in quanto formulata in modo generico.
Nel merito, a sostegno dell'infondatezza, la Regione sottolinea che non sarebbe
possibile equiparare l'uso delle reti, da un lato, e l'impiego di mezzi di
cattura non selettivi dall'altro. In proposito, la resistente richiama la
giurisprudenza amministrativa con la quale si è affermato che l'utilizzo di
specifiche tipologie di reti, con gli accorgimenti necessari, «vale ad escludere
il carattere della non selettività del mezzo venatorio» (Cons. Stato, sez. VI,
19 maggio 2003, n. 2698).
3. - In prossimità dell'udienza la difesa della Regione Friuli-Venezia Giulia ha
depositato memoria con la quale, nel ribadire le argomentazioni contenute
nell'atto di costituzione, insiste per la dichiarazione di inammissibilità e di
infondatezza del ricorso.
In particolare, riguardo alla seconda censura, la resistente precisa che dalla
legge regionale impugnata non emergerebbe alcun obbligo di associarsi per il
cacciatore, interessato a svolgere attività venatoria nel territorio regionale,
e che l'Associazione riserva di caccia sarebbe «investita di funzioni
pubblicistiche di regolazione, affidatele dalla Regione […]» e destinate a
«tutti coloro che esercitano l'attività venatoria» e che non sussisterebbero
«ostacoli o limitazioni» a carico dei cacciatori interessati a «fare parte
dell'associazione medesima».
Sempre ad avviso della resistente, non vi sarebbe alcuna privatizzazione della
gestione faunistica, in quanto, nella preparazione del Piano venatorio
distrettuale, che costituisce «l'atto fondamentale di programmazione della
gestione venatoria sul territorio», è previsto il coinvolgimento «di tutte le
categorie interessate» (rappresentanti locali delle associazioni di protezione
ambientale, agricole e venatorie maggiormente rappresentative a livello
regionale, enti locali territorialmente compresi nel Distretto venatorio),
nonché l'acquisizione del parere del Comitato faunistico regionale.
Infine, con riferimento alla quarta censura, la Regione Friuli-Venezia Giulia
ribadisce che le norme internazionali e comunitarie non vieterebbero «in sé
l'uso delle reti, ma l'utilizzo delle medesime» in modo non selettivo e
sottolinea che la fattispecie oggetto del presente giudizio sarebbe diversa
rispetto a quella decisa da questa Corte con la sentenza n. 124 del 1990, poiché
le norme regionali dichiarate illegittime con la sentenza da ultimo richiamata
consentivano l'uccellagione con bressana, roccolo, prodina e panie «senza
prevedere alcuna specificazione in ordine a caratteristiche tecniche degli
impianti e modalità operative di cattura».
Considerato in diritto
1. - Il Governo ha impugnato numerose disposizioni della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6 (Disposizioni per la programmazione
faunistica e per l'esercizio dell'attività venatoria), sul presupposto che esse
eccedano la competenza legislativa primaria che lo statuto speciale attribuisce
alla predetta Regione nelle materie della caccia e della tutela del paesaggio,
flora e fauna, con conseguente lesione degli artt. 3, 18, 117, primo e secondo
comma, lettere l) e s), della Costituzione e degli artt. 4, primo comma, e 6,
primo comma, punto 3, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Le disposizioni regionali impugnate risulterebbero, altresì, in contrasto con la
legge statale 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
Invero, secondo giurisprudenza costante di questa Corte le disposizioni relative
alla tutela della fauna selvatica contenute nella cennata legge statale hanno
carattere di norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 4 del 2000,
n. 210 del 2001).
2. - In via preliminare, l'eccezione di inammissibilità proposta dalla Regione
resistente in relazione alla prospettata violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione deve essere dichiarata infondata. In
effetti, il ricorrente non avrebbe argomentato riguardo all'applicabilità della
suddetta disposizione costituzionale anche ad una Regione a statuto speciale.
Dal ricorso introduttivo si evince, infatti, che, là dove il ricorrente richiama
l'indicato parametro costituzionale, egli ritiene che le disposizioni impugnate
superano i limiti che lo statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
pone alla competenza legislativa primaria della Regione in materia di tutela del
paesaggio, flora e fauna e, conseguentemente, violano l'indicato parametro
costituzionale.
2.1. - Ancora in via preliminare, non meritano accoglimento le eccezioni di
inammissibilità per genericità delle censure sollevate nei confronti di alcune
delle disposizioni impugnate (artt. 2, commi 1 e 3, 19, 23, commi 7, 8 e 9, 44),
in quanto il ricorrente ha offerto una motivazione che consente di individuare
l'oggetto del giudizio e le ragioni sulle quali si basano i dubbi di
costituzionalità sollevati.
2.2. - Sempre in via preliminare, infine, va dichiarata l'inammissibilità delle
censure relative agli artt. 14 e 17 della legge regionale n. 6 del 2008 in
quanto formulate senza un adeguato fondamento argomentativo.
3. - Nel merito, va premesso che questa Corte ha più volte sottolineato che «la
disciplina statale che delimita il periodo venatorio […] è stata ascritta al
novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la
riproduzione delle specie cacciabili, rientrando in quel nucleo minimo di
salvaguardia della fauna selvatica ritenuto vincolante anche per le Regioni
speciali e le Province autonome» e che «le disposizioni legislative statali che
individuano le specie cacciabili» hanno carattere di norme fondamentali di
riforma economico-sociale (sentenza n. 227 del 2003 che richiama la sentenza n.
323 del 1998).
3.1. - Venendo ad esaminare le singole censure, quelle riferite ai commi 1 e 2
dell'art. 2 sono fondate.
In particolare, l'art. 2 prevede, al comma 1, che «Ai fini dell'applicazione
della presente legge, il territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia è
sottoposto al regime giuridico della Zona faunistica delle Alpi» e, al comma 3,
afferma che «la Regione destina a protezione della fauna una quota del
territorio agro-silvo-pastorale non inferiore al 10 per cento e non superiore al
20 per cento».
Diversamente da tale disciplina, sulla base dell'art. 11, comma 1, della legge
n. 157 del 1992 il territorio delle Alpi si connota per la consistente presenza
della tipica flora e fauna alpina e, in ragione di ciò, viene considerato zona
faunistica a sé stante.
In particolare, l'art. 10, comma 3, della citata legge prevede che «il
territorio agro-silvo-pastorale di ogni Regione è destinato per una quota dal 20
al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il
territorio delle Alpi di ciascuna Regione, che costituisce una zona faunistica a
sé stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10 a 20 per cento».
Queste considerazioni indicano che il legislatore regionale, nel sottoporre
l'intera Regione Friuli-Venezia Giulia al regime giuridico della zona faunistica
delle Alpi, ha, irragionevolmente, limitato la quota di territorio da destinare
a protezione della fauna selvatica, con ciò violando gli standard minimi ed
uniformi di tutela di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e, in
particolare, ponendosi in contrasto con quanto previsto dal combinato disposto
degli artt. 10 e 11 della legge n. 157 del 1992, in ragione del quale
l'individuazione del territorio delle Alpi quale zona faunistica a sé stante
presuppone la presenza di peculiari caratteristiche.
4. - La questione relativa all'art. 19 è fondata.
La disposizione impugnata si propone di disciplinare la gestione e
l'organizzazione dell'attività venatoria nel territorio regionale e, a tal fine,
prevede la creazione di un'Associazione dei cacciatori affidandole i compiti
sopra indicati.
L'art. 19 individua, poi, gli organi di cui si compone l'indicata Associazione
stabilendo, tra l'altro, che l'Assemblea degli eletti sia composta da
«un'adeguata e omogenea rappresentanza dei cacciatori sia territoriale […] che
per tipologia di caccia».
L'art. 14, comma 1, della legge statale n. 157 del 1992, anch'esso finalizzato
alla disciplina della caccia, stabilisce che le Regioni, sentite le
organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello
nazionale e le Province interessate, ripartiscono in ambiti territoriali di
caccia il territorio agro-silvo-pastorale, destinato alla caccia programmata.
Il successivo comma 10 dello stesso art. 14, prevede che «negli organi direttivi
degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza
paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei
rappresentanti di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni venatorie
nazionali riconosciute, ove presenti in forma organizzata sul territorio. Il 20
per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di associazioni di
protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20
per cento da rappresentanti degli enti locali».
Risulta evidente la difformità della normativa regionale impugnata rispetto a
quanto previsto dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 che, nel
fissare i criteri di composizione degli organi preposti alla gestione
dell'attività venatoria negli ambiti territoriali individuati secondo le
modalità indicate, fissa uno standard minimo ed uniforme di composizione degli
organi stessi che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale.
5. - Altre censure investono l'art. 23, commi 7, 8 e 9.
L'indicato comma 7 prevede che «nelle aziende agri-turistico-venatorie è
consentita, per tutta la stagione venatoria, l'immissione e l'abbattimento di
fauna di allevamento appartenente alle specie cacciabili».
La questione riferita al suddetto comma non è fondata, in quanto tale previsione
è conforme all'art. 16, comma 1, lettera b), della legge statale n. 157 del
1992. Ai sensi della norma da ultimo citata le Regioni possono infatti
«autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende
agri-turistico-venatorie, ai fini di impresa agricola, soggette a tassa di
concessione regionale, nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento
per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento».
Le questioni riguardanti i successivi commi 8 e 9 sono fondate.
In particolare, il comma 8 prevede che «la fruizione venatoria nelle aziende
agri-turistico-venatorie non costituisce giornata di caccia ed esonera
dall'obbligo dell'indicazione delle giornate fruite e dei capi abbattuti» ed il
successivo comma 9 che nelle medesime aziende «sono consentiti l'addestramento e
l'allenamento di cani da caccia e di falchi e l'effettuazione di gare e prove
cinofile anche con l'abbattimento di fauna di allevamento, appartenente alle
specie cacciabili, durante tutto il periodo dell'anno».
La Regione Friuli-Venezia Giulia, nell'escludere che l'attività venatoria svolta
all'interno delle aziende agri-turistico-venatorie sia considerata caccia,
nonché nell'estendere il permesso di caccia nelle suddette aziende a «tutto il
periodo dell'anno», introduce una irragionevole deroga alla rigida disciplina
sulle modalità di esercizio della caccia che contrasta con gli standard minimi
ed uniformi di tutela della fauna, quali previsti dalla legislazione dello
Stato.
6. - La questione avente ad oggetto l'art. 44 della legge regionale n. 6 del
2008 è fondata.
La norma impugnata prevede che la cattura degli uccelli avvenga «esclusivamente»
attraverso l'uso di impianti fissi «a reti orizzontali (prodine) e verticali
(roccoli e bressane)» e che «le amministrazioni possano individuare un impianto
compreso tra quelli attivati da destinare a cattura per l'allevamento amatoriale
e ornamentale».
Questa Corte, con la sentenza n. 124 del 1990, ha già dichiarato l'illegittimità
costituzionale di analoghe disposizioni contenute nella legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 24 luglio 1969, n. 17, che consentivano l'utilizzo, quali
mezzi di cattura, della bressana, del roccolo, della prodina e delle panie;
mezzi già qualificati come non selettivi che risultano, tra l'altro, in
contrasto con la stessa normativa internazionale e specificamente con la citata
Convenzione di Berna del 1979.
Ad analoghe conclusioni deve dunque pervenirsi in ordine alla questione di
legittimità costituzionale riguardante l'art. 44 della legge regionale n. 6 del
2008.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 3, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 6 marzo 2008, n. 6 (Disposizioni per la programmazione
faunistica e per l'esercizio dell'attività venatoria), nella parte in cui
sottopone al regime giuridico della zona faunistica delle Alpi tutto il
territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 della legge regionale n. 6
del 2008;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, commi 8 e 9, della legge
regionale n. 6 del 2008;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 44 della legge regionale n. 6
del 2008;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 14
e 17 della medesima legge regionale n. 6 del 2008;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23,
comma 7, della legge regionale n. 6 del 2008.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 18 maggio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Maria Rita SAULLE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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