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1974-9562
CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - D.lgs. n. 152/2006/, Parte III - Finalità - Materia di
appartenenza - Tutela dell’ambiente. Le disposizioni di cui alla Parte III
del d.lgs. n. 152 del 2006, intitolata «Norme in materia di difesa del suolo e
lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di
gestione delle risorse idriche» e, segnatamente quelle comprese nella sezione I
«Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione» sono
riconducibili alla materia «tutela dell’ambiente». Si tratta infatti di norme
miranti non già a disciplinare come e secondo quali regole l’uomo debba
stabilire propri insediamenti (abitativi, industriali, eccetera) sul territorio,
bensì a garantire un certo stato del suolo, così come le norme contro
l’inquinamento delle acque mirano a garantire un determinato standard
qualitativo dei corpi idrici, quelle contro l’inquinamento atmosferico uno
specifico livello qualitativo dell’aria, e così via. Pres. Amirante, Est.
Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta,
Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente
del Consiglio dei Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
DIRITTO AMBIENTALE - D.lgs. n. 152/2009 - Legge delega n. 308/2004 - Coordinamento, riordino e integrazione della normativa ambientale - Carattere innovativo. La delega di cui alla L. n. 308/2004, pur mirando al riordino della materia ambientale, consentiva al Governo di emanare norme innovative. Ciò si ricava dal comma 1 dell’art. 1 della legge n. 308 del 2004, che attribuiva agli emanandi decreti legislativi, non solo il compito di «coordinamento» delle previgenti disposizioni, ma anche quello di «riordino» e di «integrazione» della normativa relativa ai settori elencati nello stesso comma 1. Il carattere innovativo della delega è confermato dai princìpi e criteri direttivi indicati nei successivi commi 8 e 9 dello stesso art. 1, molti dei quali, implicitamente o esplicitamente, presuppongono o impongono la modifica sostanziale della normativa ambientale all’epoca vigente. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Art. 55 d.lgs. n. 152/2006 - Sistema informativo - Raccolta ed elaborazione dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo - Ambito materiale riservato alla competenza esclusiva dello stato - Principio di leale collaborazione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 mira appunto alla creazione di un sistema informativo avente ad oggetto la raccolta e l’elaborazione (secondo criteri e metodi diretti ad assicurare l’omogeneità necessaria per la loro proficua elaborazione ed utilizzazione) dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo. Trattandosi di norma appartenente ad un ambito materiale riservato alla competenza esclusiva dello Stato e considerata la natura eminentemente tecnica della disciplina di coordinamento statale, va escluso che il principio di leale collaborazione imponga nella fattispecie una forma di coinvolgimento delle Regioni. Si aggiunga che obblighi costituenti espressione di un coordinamento meramente informativo gravanti sulle Regioni non sono di per sé idonei a ledere sfere di autonomia costituzionalmente garantite (sentenza n. 376 del 2003). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Informazione ambientale - Art. 55, c. 4 d.lgs. n. 152/2006 - Compiti dell’ANCI in materia di tutela del suolo e informazione ambientale - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui verrebbe demandata ad una associazione di categoria (l’ANCI) un’attività che dovrebbe invece trovare la sua sede naturale nella Conferenza Stato-città, non è fondata. La norma, infatti, si limita a prevedere che l’ANCI «contribuisce» allo svolgimento dell’attività conoscitiva, senza sottrarre alle Regioni alcuna competenza. Essa, dunque, è priva di idoneità lesiva delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza - Materia di competenza statale esclusiva - Attività di indirizzo in settori di competenza statale. L’art. 57 - al pari delle altre norme che compongono la sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006 - appartiene, non ad un ambito materiale di potestà legislativa concorrente, bensì alla materia della tutela dell’ambiente (di competenza statale esclusiva). Conseguentemente, da un lato, esso prevede legittimamente, in capo allo Stato, l’attività di indirizzo e coordinamento e, dall’altro, per l’esercizio di quest’ultima attività, non è costituzionalmente imposta, quale forma di collaborazione istituzionale, l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Deve poi essere escluso il rischio che il compito, assegnato dall’art. 57, comma 4, al Comitato dei ministri, di proporre gli indirizzi delle politiche settoriali riguardi anche piani di settore di competenza regionale; infatti, la norma si riferisce esclusivamente alle politiche settoriali che rientrano nelle materie di competenza statale. Va infine precisato come il riconoscimento di un potere di indirizzo e coordinamento in capo allo Stato è connaturato all’attribuzione allo stesso Stato della competenza legislativa esclusiva in materia. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Materia della tutela dell’ambiente - Interessi regionali - Conferenza Stato-Regioni. I piani di bacino, costituendo il fondamentale strumento di pianificazione in materia di difesa del suolo e delle acque, anche al fine di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, rientrano a pieno titolo nell’ambito materiale della tutela dell’ambiente. Pertanto gli interessi regionali risultano adeguatamente tutelati dalla forma di collaborazione prevista dall’ art. 57 d.lgs. n. 152/2006 (parere della Conferenza Stato-Regioni). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, c. 1 lett. a), n. 3, d.lgs. n. 152/2006 - Attività sostitutiva del Governo - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui prevede l’attività sostitutiva del Governo «in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione», non è fondata. La norma in oggetto si limita ad attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di compiere gli atti volti a provvedere in via sostitutiva in caso di persistente inattività dei soggetti tenuti a provvedere, ma non configura una distinta fattispecie di potere sostitutivo statale esercitabile al di fuori delle condizioni previste dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, c. 1, lett. b) d.lgs. n. 152/2006 - Approvazione del programma nazionale di intervento - Illegittimità costituzionale - Necessità del previo parere della Conferenza unificata. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato previo parere della Conferenza unificata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 57, cc. 3 e 4, d.lgs. n. 152/2006 - Funzioni di vigilanza - Questione di legittimità costituzionale - Lesione delle prerogative regionali - Infondatezza. Per principio generale, la competenza in tema di funzioni di vigilanza coincide con quella relativa all’attività oggetto di vigilanza. Nei commi 3 e 4 dell’art. 57 del d.lgs. n. 152/2006 non è contenuto alcun riferimento che possa indurre a ritenere che i compiti di vigilanza da essi attribuiti al Comitato dei ministri riguardino anche attività rientranti nelle attribuzioni delle Regioni. Pertanto, dovendosi ritenere che quei compiti di vigilanza abbiano ad oggetto esclusivamente attività di competenza statale, la norma non lede le prerogative garantite alle Regioni dalla Costituzione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Funzioni di programmazione e finanziamento ex art. 58, c. 3, lett. a), d.lgs. n. 152/2006 - Ministro dell’Ambiente - Illegittimità costituzionale - Previo parere della Conferenza unificata. Precisato che gli interventi in tema di difesa del suolo appartengono a pieno titolo alla materia della tutela dell’ambiente, le generali funzioni di programmazione e finanziamento che l’art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152/2006 assegna al Ministro dell’ambiente, sono tali da produrre effetti significativi sull’esercizio delle attribuzioni regionali in materia di governo del territorio. Il principio di leale collaborazione impone pertanto un coinvolgimento delle Regioni e la norma va dichiarata illegittima nella parte in cui non stabilisce che la programmazione ed il finanziamento degli interventi in difesa del suolo avvengano sentita la Conferenza unificata, analogamente a quanto disposto in precedenza - per le stesse funzioni - dall’art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998. La declaratoria di illegittimità costituzionale non riguarda il potere di controllo, anch’esso attribuito al Ministro dell’ambiente, perché si deve ritenere che le funzioni di controllo del Ministro dell’ambiente riguardino esclusivamente attività di competenza statale. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Difesa del suolo - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente - Competenza esclusiva statale - Utilizzo del territorio - Esclusione - Invasione delle competenze regionali in tema di protezione civile - Esclusione - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 58, c. 3, lett. b) del d.lgs. n. 152/2006, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, non è fondata. La norma attiene ad un particolare aspetto della più generale attività di difesa del suolo, e precisamente alla parte relativa ai rischi derivanti dal dissesto idrogeologico che spesso interessano più regioni. Rientra pertanto essa nell’àmbito materiale della tutela dell’ambiente. La disposizione non può invece essere ricondotta alla materia del governo del territorio, perché essa non attribuisce al Ministro dell’ambiente le funzioni in tema di utilizzazione del territorio, ma competenze dirette ad assicurare la salvaguardia dello stato del suolo, come affermato espressamente dalla stessa norma che individua il fine delle attribuzioni ministeriali in quello di «garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee». Né l’art. 58, comma 3, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006 invade le attribuzioni regionali in materia di protezione civile, perché esso fa salve le competenze del Dipartimento della protezione civile e, quindi, anche le corrispondenti attribuzioni delle Regioni. Quanto al principio di leale collaborazione, la sua salvaguardia è assicurata dalla necessità del parere della Conferenza unificata per l’esercizio delle funzioni di programmazione e finanziamento, quale risulta a seguito della declaratoria di parziale illegittimità della lettera a) dello stesso art. 58, comma 3. Infatti, il parere sarà richiesto anche in caso di programmazione e finanziamento riguardanti la prevenzione del rischio idrogeologico. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 58, c. 3 lett. d) d.lgs. n. 152/2006 - Illegittimità costituzionale - Previo parere della Conferenza unificata. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata. I compiti attribuiti al Ministro dell’ambiente dalla norma in questione sono infatti sicuramente tali da produrre effetti indiretti sulla materia del governo del territorio e dunque il loro esercizio richiede un cointeressamento delle Regioni che deve essere realizzato nella forma del parere della Conferenza unificata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Tutela del territorio - Art. 58, c. 2, lett. c) d.lgs. n. 152/2006 - Poteri di coordinamento del Ministero dell’ambiente. La lettera c) del comma 2 dell’art. 58 del d.lgs. n. 152/2006 dispone che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio «opera, ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l’utilizzazione delle acque e per la tutela dell’ambiente». Si tratta, pertanto, di un potere non riconducibile a quello di indirizzo, bensì a quello di coordinamento proprio del Ministro dell’ambiente in virtù della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Bacini idrografici - D.lgs. n. 152/2006 - Riallocazione a livello centrale di funzioni attribuite alle regioni - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La mancata previsione, nel d.lgs. n. 152 del 2006, delle competenze regionali a delimitare i propri bacini idrografici, ad attivare la costituzione di comitati per i bacini di rilievo regionale e di rilievo interregionale ed a stabilire le modalità di consultazione di enti, organismi, associazioni e privati interessati, in ordine alla redazione dei piani di bacino è l’inevitabile conseguenza della modifica del sistema di pianificazione in materia di difesa del suolo e tutela delle acque introdotta dal d.lgs. n. 152 medesimo e, soprattutto, della modificazione dell’ambito territoriale cui si riferiscono gli strumenti di pianificazione. Una volta che, in conformità con la normativa comunitaria, il precedente sistema di ripartizione del territorio nazionale in bacini idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, è stato sostituito dalla ripartizione per distretti idrografici, non è più ragionevole l’attribuzione alle Regioni delle riferite competenze. Tale considerazione consente di escludere, oltre alla sussistenza della lesione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost., anche quella della violazione dell’art. 76 della Costituzione. Richiamando quanto detto a proposito della corretta interpretazione del generalissimo criterio enunciato all’inizio del comma 8 dell’art. 1 della legge delega n. 308 del 2004, la fattispecie costituisce un’ipotesi di riallocazione al livello centrale di funzioni attribuite alle Regioni dal d.lgs. n. 112 del 1998 imposta dalla necessità di assicurarne l’esercizio unitario e coordinato. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Artt. 63 e 64 d.lgs. n. 152/2006 - Riorganizzazione del sistema delle autorità di bacino - Disciplina previgente - Coerenza con la normativa comunitaria - Direttiva 2000/60/CE. Gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152/2006 attuano una riorganizzazione del sistema delle autorità di bacino. In precedenza, ai sensi dell’art. 13 della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), l’intero territorio nazionale era ripartito in bacini idrografici che potevano essere di tre tipi: bacini di rilievo nazionale, bacini di rilievo interregionale e bacini di rilievo regionale. La legge individuava 11 bacini di rilievo nazionale (art. 14) e 18 bacini di rilievo interregionale (art. 15); i bacini di rilievo regionale erano quelli non ricompresi nelle altre due categorie (art. 16). Nei bacini di rilievo nazionale era istituita l’Autorità di bacino (art. 12), anche se, a tal fine, alcuni bacini erano raggruppati sotto un’unica Autorità (art. 14, comma 2). Nei bacini di rilievo interregionale, le Regioni definivano d’intesa la formazione del comitato istituzionale di bacino e del comitato tecnico (art. 15, comma 3). L’art. 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, individuando otto distretti idrografici, procede all’accorpamento dei precedenti bacini nazionali, interregionali e regionali. Un’analoga riorganizzazione interessa automaticamente anche le Autorità di bacino, proprio perché l’art. 63 istituisce in ciascun distretto un’unica Autorità di bacino. Tale riorganizzazione è stata attuata in coerenza con la normativa comunitaria (cfr. dir. 2000/60/CE). Tale conclusione non è contrastata dal fatto che la direttiva 2000/60/CE ha ad oggetto specifico la tutela delle acque e non anche la difesa del suolo. Infatti, posto che la delega interessava tanto la tutela delle acque dall’inquinamento, quanto la difesa del suolo e la desertificazione, è ragionevole che il legislatore delegato abbia configurato un unico sistema di distribuzione delle competenze amministrative per i due settori, i quali, tra l’altro, sono intimamente connessi. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 63 d.lgs. n. 152/2006 - Struttura e funzioni delle Autorità di bacino distrettuale - Violazione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. - Esclusione. L’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, definendo struttura e funzioni delle Autorità di bacino distrettuale, istituisce nuovi organismi per la tutela del suolo e delle acque, vale a dire in un àmbito materiale di competenza esclusiva statale. Se è vero che le competenze di tale nuovo organismo possono indirettamente avere conseguenze su àmbiti materiali di competenza concorrente (come il governo del territorio), è anche vero che il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dalla norma in esame che prevede la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla Conferenza istituzionale permanente (art. 63, comma 4), principale organo dell’Autorità di bacino che assomma le vaste competenze elencate nel comma 5 dello stesso art. 63. Non sussiste, pertanto, la violazione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Artt. 63 e 64 d.lgs. n. 152/2006 - Materia di appartenenza - Tutela dell’ambiente - Autorità di bacino distrettuale - Governo del territorio - Estraneità. Gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152/2006 attengono pienamente alla materia della tutela dell’ambiente, le Autorità di bacino distrettuale essendo preposte a compiti rientranti in quelli previsti in generale dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006, non alla materia del governo del territorio. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Autorità di bacino distrettuale - Art. 65 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’attribuzione delle competenze in ordine alla elaborazione ed all’adozione dei piani di bacino alle nuove Autorità di bacino distrettuale è la conseguenza del riordino del sistema di ripartizione del territorio nazionale in distretti idrografici e il coinvolgimento delle Regioni nella procedura di emanazione dei piani di bacino è adeguatamente assicurato dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto di cui si tratta (o degli assessori dagli stessi delegati) alla Conferenza istituzionale permanente che ha il compito di stabilire gli indirizzi, i metodi ed i criteri di elaborazione del piano di bacino (art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006) e, poi, di adottare il piano medesimo (art. 66, comma 2). Ne consegue l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale , per violazione dell’art. 117 Cost., dell’art. 65 d.lgs. n. 152/2006. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 65, cc. 3, 4 e 5 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. I commi 3, lettere d) ed e), 4 e 5 dell’art. 65 d.lgs. n. 152/2006 sono inidonei a produrre effetto sulle competenze regionali. Essi non violano pertanto gli artt. 117, 118 e 67 Cost. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 65, c. 7 d.lgs. n. 152/2006 - Misure di salvaguardia - Materia della tutela dell’ambiente - Coinvolgimento delle Regioni - partecipazione dei rappresentanti negli organi delle autorità di bacino - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Le misure di salvaguardia di cui all’art. 65, c. 7 hanno la stessa natura e la stessa funzione degli interventi previsti in generale dal piano di bacino. Si tratta di misure, per così dire, cautelari, dirette a tutelare le condizioni di suolo ed acque nelle more dell’approvazione del piano di bacino. La relativa disciplina, pertanto, appartiene a pieno titolo alla materia della tutela dell’ambiente e, anche in questo caso, vale il rilievo secondo il quale la necessità del coinvolgimento delle Regioni derivante dall’indiretto riflesso che tali misure possono avere in materia di governo del territorio è adeguatamente soddisfatta dalla partecipazione dei rappresentanti delle Regioni il cui territorio è interessato dai provvedimenti in questione negli organi delle Autorità di bacino, competenti anche all’adozione delle misure previste dall’art. 65, comma 7. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 69, c. 2 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, stabilendo la quota minima complessiva degli stanziamenti che deve essere destinata a determinate categorie di interventi ed attività, non lede i precetti costituzionali di cui agli artt. 117 e 119, perché esso interviene in materia di competenza esclusiva statale e il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dal parere della Conferenza unificata che deve essere richiesto a norma dell’art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, quale risulta a seguito della dichiarazione della sua parziale illegittimità (supra, n. 9.3). Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 69, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. L’art. 69, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 non è lesivo di attribuzioni regionali. Le opere e gli interventi che le Regioni intendano realizzare utilizzando propri stanziamenti sono compresi nella generale pianificazione contenuta nel piano di bacino e, dunque, appartengono ad un ambito di competenza materiale statale. Le possibili interrelazioni tra le opere che la singola Regione propone di realizzare con propri stanziamenti e gli altri interventi previsti dal medesimo piano di bacino giustifica la previsione della necessità del parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente, al fine di garantire l’indispensabile coerenza complessiva dell’attività di pianificazione. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Piani di bacino - Programmi di intervento - Art. 70, c. 1 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. I programmi di intervento sono atti finalizzati alla concreta attuazione delle misure previste nei piani di bacino e la loro disciplina, al pari di quella di questi ultimi, appartiene alla materia della tutela dell’ambiente. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 70, c. 1 d.lgs. n. 152/2006, per violazione del principio di leale collaborazione e delle attribuzioni regionali, non è pertanto fondata. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Interventi a difesa del suolo - Finanziamenti erogati dallo Stato - Art. 72, c. 3 d.lgs. n. 152/2006 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Gli interventi previsti a difesa del suolo dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 «sono a totale carico dello Stato» (art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006). Gli stanziamenti che, a norma dell’art. 72, comma 3, sono ripartiti tra amministrazioni statali e Regioni dal programma nazionale di intervento sono quindi finanziamenti erogati dallo Stato per l’esecuzione di attività riconducibili ad una materia rientrante nella sua competenza esclusiva (la tutela dell’ambiente). Il principio di leale collaborazione è rispettato mediante la previsione della necessità del parere della Conferenza Stato-Regioni. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
ACQUA E SUOLO - Art. 72, c. 5, d.lgs. n. 152/2006 - Opere di grande rilevanza tecnico-idraulica - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. La questione concernente il comma 5 dell’art. 72 del d.lgs. n. 152 del 2006 non è fondata. La norma, pur prevedendo che le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, siano individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, stabilisce che ciò avvenga «su proposta della Conferenza Stato-Regioni». Non sussiste, pertanto, la lesione delle competenze regionali e del principio di leale collaborazione, perché la disposizione impugnata, pur imputando formalmente l’individuazione delle opere in questione all’atto ministeriale, attribuisce alle Regioni un ruolo condizionante il contenuto dell’atto stesso. Pres. Amirante, Est. Mazzella - Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata c. Presidente del Consiglio dei Ministri - CORTE COSTITUZIONALE - 23 luglio 2009, n. 232
SENTENZA N. 232
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
- Luigi MAZZELLA “
- Gaetano SILVESTRI “
- Sabino CASSESE “
- Maria Rita SAULLE “
- Giuseppe TESAURO “
- Paolo Maria NAPOLITANO “
- Giuseppe FRIGO “
- Alessandro CRISCUOLO “
- Paolo GROSSI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 55, 57, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70,
72, 116, 117 e 175 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), promossi dalle Regioni Emilia-Romagna (n. 2 ricorsi),
Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia,
Campania, Marche e Basilicata, con ricorsi notificati il 24 aprile, l'8, il 9,
il 12, il 13, il 12-21 ed il 12-27 giugno 2006, depositati in cancelleria il 27
aprile, il 10, il 14, il 15, il 16, il 17, il 20, il 21 ed il 23 giugno 2006, ed
iscritti ai nn. 56, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 78, 79 e 80 del registro
ricorsi 2006.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché
gli atti di intervento dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature (WWF Italia) - Onlus, della Biomasse Italia s.p.a. ed altre;
udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 2009 il Giudice relatore Gaetano
Silvestri, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi Manzi per
la Regione Emilia-Romagna, Maria Grazia Bottari Gentile per la Regione Calabria,
Lucia Bora e Guido Meloni per la Regione Toscana, Luigi Manzi per la Regione
Piemonte, Giampaolo Parodi per la Regione Valle d'Aosta, Giandomenico Falcon e
Luigi Manzi per la Regione Umbria, Giandomenico Falcon per la Regione Liguria,
Fabrizio Lofoco per la Regione Puglia, Vincenzo Cocozza per la Regione Campania,
Gustavo Visentini per la Regione Marche, Alessandro Giadrossi per l'Associazione
Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus e l'avvocato
dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 24 aprile 2006 e
depositato il successivo 27 aprile (reg. ric. n. 56 del 2006), ha proposto, tra
l'altro, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 63, commi 2 e 3, e
64 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
in riferimento agli artt. 76, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione,
contestualmente chiedendo la sospensione dell'esecuzione delle norme impugnate.
1.1. - La ricorrente, ricostruito l'iter che ha condotto all'emanazione del
d.lgs. n. 152 del 2006, censura anzitutto gli artt. 63, comma 3, e 64. Il primo
stabilisce che «le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n.
183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo),
sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono
esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del
presente decreto»; il secondo accorpa i precedenti, numerosi, bacini in otto
distretti idrografici (il distretto della Sardegna, quello della Sicilia, il
distretto idrografico pilota del Serchio ed altri cinque corrispondenti a macro
Regioni).
La Regione Emilia-Romagna, premesso che la conformazione degli otto distretti è
stata decisa senza alcuna partecipazione da parte delle Regioni, sostiene che le
norme impugnate, da un lato, siano gravemente lesive delle attribuzioni
regionali e, dall'altro, «e proprio perciò», violino l'oggetto ed i princìpi e
criteri direttivi della delega.
Al riguardo, la ricorrente afferma che le norme contenute nella Sezione I
(«Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione») della
Parte terza del d.lgs. n. 152 del 2006 (alla quale appartengono gli artt. 63 e
64), incidono sulla materia «governo del territorio» di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost., sulla quale lo Stato può intervenire solo con norme di principio
e, seppure l'«attrazione al centro» di funzioni «unitarie» si ritenesse
giustificata in virtù del principio di sussidiarietà, ciò potrebbe avvenire solo
«nel rispetto del principio di leale collaborazione, inteso in senso “forte” (e
quindi attraverso procedure di codecisione, non semplicemente “sentendo” la
Conferenza Stato-Regioni), e del principio di proporzionalità».
Ad avviso della difesa regionale, le norme che sopprimono le Autorità di bacino
e istituiscono le Autorità distrettuali sarebbero pertanto illegittime, perché
realizzano un ingiustificato accentramento con conseguente espropriazione delle
competenze regionali. Infatti, le nuove Autorità distrettuali costituirebbero
«una sorta di amministrazione decentrata dello Stato in cui la centralizzazione
amministrativa è appena temperata da elementi di partecipazione minoritaria
delle Regioni». In particolare, la ricorrente si duole del fatto che, mentre ai
sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e
funzionale della difesa del suolo), le Regioni erano «contitolari del governo
dei bacini nazionali (configurati come organismi a partecipazione mista
Stato-Regioni) e titolari esclusive delle funzioni relative ai bacini regionali
e interregionali», oggi i rappresentanti delle Regioni sono presenti in netta
minoranza nel fondamentale organo decisionale, la Conferenza istituzionale
permanente, e nella Conferenza operativa.
1.2. - La Regione Emilia-Romagna censura, poi, i commi 2 e 3 dell'art. 63 del
d.lgs. n. 152 del 2006, nelle parti in cui attribuiscono ad un decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri i compiti di definire «i criteri e le
modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse
patrimoniali e finanziarie» (comma 2) e di regolamentare il trasferimento di
funzioni ed il periodo transitorio (comma 3).
La previsione di questo potere regolamentare, connesso all'accorpamento delle
Autorità di bacino, sarebbe illegittima per le stesse ragioni, prima esposte,
per le quali lo è la stessa riunificazione. Inoltre, se pure siffatta previsione
potesse essere giustificata in virtù del principio di sussidiarietà, il potere
regolamentare de quo dovrebbe essere esercitato d'intesa con la Conferenza
Stato-Regioni e non semplicemente con il previo parere di quest'ultima.
1.3. - Oggetto di specifica censura è la previsione (contenuta nell'art. 63,
comma 3) del 30 aprile 2006 quale data di soppressione delle Autorità di bacino,
denunciando la Regione l'impossibilità di dettare una disciplina transitoria,
poiché il d.lgs. n. 152 del 2006 entrava in vigore - almeno per la parte che qui
interessa - il 29 aprile 2006.
Ciò, ad avviso della difesa regionale, determinerebbe il rischio di un periodo
di incertezza sulle competenze ad emanare gli atti e a svolgere le funzioni di
gestione, vigilanza e controllo che le Autorità di bacino svolgono da tempo.
1.4. - Infine, la Regione Emilia-Romagna censura gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n.
152 del 2006 sotto il profilo dell'eccesso di delega, in relazione sia al suo
oggetto sia ai princìpi e criteri direttivi in essa fissati.
Quanto all'oggetto, la ricorrente evidenzia come l'art. 1, comma 1, della legge
15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione) abbia conferito al Governo il potere di procedere al «riordino,
coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative […], anche mediante
la redazione di testi unici». Pertanto, in assenza di princìpi e criteri
direttivi volti a consentire l'innovazione del quadro normativo vigente, il
Governo non avrebbe potuto adottare un decreto legislativo contenente norme che
sopprimono le Autorità di bacino preesistenti ed introducono un sistema
radicalmente diverso.
Inoltre, la Regione Emilia-Romagna rileva che l'art. 1, comma 8, della legge n.
308 del 2004 indica, prima di ogni altro criterio, il rispetto «delle competenze
per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle
Regioni e degli enti locali». D'altro canto, nessuno dei princìpi e criteri
direttivi indicati nei commi 8 e 9 dell'art. 1 autorizza, ad avviso della
ricorrente, «un'innovazione legislativa e amministrativa come quella apportata
dalla sovversione del sistema delle Autorità di bacino».
Da quanto detto la difesa regionale deduce che la legge di delega presuppone «il
mantenimento ed il miglioramento della funzionalità degli organismi esistenti» e
conclude rilevando che nel caso di specie la violazione della legge di delega
incide sulle prerogative regionali.
2. - Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo
l'inammissibilità e comunque l'infondatezza delle censure.
2.1. - In riferimento all'impugnazione dell'art. 63, comma 3, il resistente
eccepisce l'inammissibilità delle censure concernenti la violazione del
principio di leale collaborazione, perché la legge delega non stabiliva un
procedimento di codecisione, ma soltanto l'obbligo di acquisire il parere non
vincolante della Conferenza unificata, sicché la doglianza si appunta sulla
norma della legge delega.
2.2. - La difesa erariale contesta, poi, la correttezza della riconduzione degli
artt. 63, comma 3, e 64 alla materia «governo del territorio», poiché la
riorganizzazione delle Autorità di bacino distrettuali è strumentale ad una
preminente esigenza di tutela dell'ambiente, mirando a garantire la piena
operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela ed al
risanamento del suolo e del sottosuolo.
Inoltre, la ristrutturazione dei distretti idrografici sarebbe stata compiuta
nell'osservanza dell'art. 1, comma 8, lettera e), della legge di delega, allo
scopo di dare attuazione all'art. 3, comma 1, della direttiva 23 ottobre 2000,
n. 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce
un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque) ed in vista del
superamento della sovrapposizione tra i diversi piani di rilievo ambientale e di
un loro coordinamento con i piani urbanistici, mediante una razionalizzazione
dell'organigramma istituzionale e delle articolazioni territoriali.
Al riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che la definizione
geografica dei distretti idrografici e l'attribuzione delle competenze spettanti
alle Autorità di bacino attiene ad interessi di carattere unitario che rendono
inammissibile la frammentazione della disciplina pretesa dall'istante.
La difesa erariale aggiunge che, anche se le norme impugnate fossero
riconducibili alla materia «governo del territorio», esse sarebbero comunque
legittime, sia perché non sarebbero norme di dettaglio, sia perché l'ambiente è
un valore a tutela del quale lo Stato può fissare standard di tutela uniformi
anche incidenti sulle competenze legislative delle Regioni. D'altronde, gli artt.
61, comma 1, e 75, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 fanno salvi espressamente
funzioni e compiti delle Regioni, sicché un'interpretazione costituzionalmente
orientata del medesimo decreto legislativo conduce a ritenere non precluso
l'esercizio della competenza legislativa della Regione nelle materie a questa
attribuite.
Ad avviso del resistente, neppure è fondata la pretesa della ricorrente secondo
cui il potere di accorpare i bacini idrografici avrebbe dovuto essere esercitato
d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, poiché l'obbligo di prevedere
procedure di codecisione sussiste qualora il legislatore statale disciplini
funzioni amministrative di spettanza regionale, mediante la cosiddetta «chiamata
in sussidiarietà», non invece nei casi in cui - come il presente - le norme
riguardino la competenza legislativa esclusiva dello Stato, come ha affermato la
Corte costituzionale proprio in riferimento alla materia dell'ambiente (il
resistente cita in proposito la sentenza n. 383 del 2005).
2.3. - Secondo la difesa erariale, la censura avente ad oggetto l'art. 63, comma
3, nella parte concernente la asserita «assurdità» della norma in quanto
produttiva di effetti il giorno successivo alla sua entrata in vigore, è
inammissibile in quanto motivata apoditticamente e facendo valere presunti vizi
di illogicità che non comportano lesione delle attribuzioni regionali.
L'Avvocatura generale dello Stato aggiunge che la mancata attuazione della
disciplina transitoria non configurerebbe un vizio denunciabile in questa sede e
che il procedimento normativo per l'adozione di tale disciplina è stato avviato.
2.4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce, poi,
l'inammissibilità della censura diretta a denunciare il vizio di eccesso di
delega degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di vizio che
non comporta lesione delle attribuzioni regionali.
Peraltro, nel merito, tale censura sarebbe infondata, perché l'art. 1, comma 1,
della legge n. 308 del 2004 ha attribuito al Governo il potere di procedere
anche alla «integrazione» delle norme vigenti, conferendo in tal modo la facoltà
di innovare l'ordinamento vigente, come risulta anche dal comma 9, lettera c),
dello stesso art. 1, il quale stabilisce obiettivi conseguibili soltanto
attraverso la revisione degli organi esistenti.
2.5. - La difesa erariale deduce infine l'infondatezza dell'istanza di
sospensione, in primo luogo, in quanto le censure sono inammissibili ed
infondate. In secondo luogo, in quanto non sussiste il requisito
dell'irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico, prospettato con deduzioni
assertive e non motivate.
3. - In prossimità della camera di consiglio del 21 giugno 2006, la Regione
Emilia-Romagna ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni
già rassegnate nel ricorso.
4. - In data 14 giugno 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
depositato atto di rinuncia all'intervento nel presente giudizio di legittimità
costituzionale.
5. - Con l'ordinanza n. 245 del 2006 la Corte costituzionale ha dichiarato non
luogo a provvedere sull'istanza di sospensione di numerose disposizioni del
d.lgs. n. 152 del 2006 e, tra queste, anche degli artt. 63 e 64.
6. - In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009, la Regione
Emilia-Romagna ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni
già rassegnate nel ricorso.
In particolare, la ricorrente si sofferma sull'evoluzione normativa che ha fatto
seguito all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, rilevando come sia
stata disposta la proroga delle preesistenti Autorità di bacino, prima, con il
decreto legislativo 8 novembre 2006, n. 284 (Disposizioni correttive e
integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia
ambientale) e, poi, con il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure
straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 27 febbraio
2009, n. 13.
Inoltre, l'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 208 del 2008 ha fatto salvi gli
atti posti in essere dalle Autorità di bacino dal 30 aprile 2006.
Pertanto, osserva la difesa regionale, sono rimaste ferme le censure di
incostituzionalità formulate nel ricorso, in quanto la normativa suindicata ha
solo prorogato transitoriamente le precedenti Autorità, ma non ha cambiato le
«norme sostanziali».
7. - La Regione Emilia-Romagna, con un successivo ricorso notificato il 13
giugno 2006 e depositato il 16 giugno 2006 (reg. ric. n. 73 del 2006), ha
proposto questioni di legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 57,
58, 59, 66, 70 e 72 del d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 76,
117 e 118 Cost. ed ai princìpi di legalità e di leale collaborazione.
7.1. - In particolare, la Regione impugna l'art. 57, commi 1, 4 e 6, perché,
prevedendo la funzione statale di indirizzo e coordinamento, si porrebbero in
contrasto con il nuovo quadro costituzionale dei rapporti tra lo Stato e le
Regioni, come confermato dall'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), secondo cui «Nelle materie di cui
all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere
adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112».
La previsione generalizzata della funzione di indirizzo e coordinamento
determinerebbe l'illegittimità delle disposizioni sopra indicate anche per
violazione della legge di delega. Infatti, l'art. 1, comma 8, lettera m), della
legge n. 308 del 2004 indica tra i princìpi e criteri direttivi la
«riaffermazione del ruolo delle Regioni», che non può realizzarsi in presenza di
atti statali di indirizzo e coordinamento. Secondo la Regione Emilia-Romagna, se
anche tale funzione potesse essere ammessa, ciò potrebbe avvenire solo previa
intesa con la Conferenza Stato-Regioni, secondo la disciplina legislativa in
vigore prima della riforma costituzionale del 2001.
Sarebbero pertanto illegittime sia la norma di cui al comma 1, lettera a), n. 4,
dell'art. 57, sia quella di cui al comma 6, nella parte in cui prevede il mero
parere della Conferenza al posto dell'intesa.
Peraltro, aggiunge la ricorrente, già l'art. 52 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997,
n. 59) prevedeva che l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del
territorio con riferimento alla difesa del suolo, pur rientrando tra i compiti
di rilievo nazionale (comma 1), dovesse avvenire «attraverso intese nella
Conferenza unificata» (comma 3).
Pertanto, il comma 6 dell'art. 57 del d.lgs. n. 152 del 2006 si pone in
contrasto anche con il principio del rispetto delle competenze regionali,
contenuto nell'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004.
L'art. 57, comma 1, lettera a), n. 1, nella ricostruzione della difesa
regionale, sarebbe ulteriormente illegittimo nella parte in cui attribuisce al
Presidente del Consiglio dei ministri il compito di deliberare i «metodi» e
«criteri, anche tecnici», in relazione allo svolgimento delle attività di cui
agli artt. 55 e 56, cioè delle attività conoscitive, di pianificazione, di
programmazione e di attuazione. Tale previsione violerebbe il principio di
legalità, perché l'oggetto del conferimento è del tutto indeterminato, nonché
l'art. 117, secondo, terzo, quarto e sesto comma, perché tale conferimento
darebbe luogo ad un abnorme potere normativo, non suscettibile di essere
inquadrato negli schemi costituzionali dei rapporti tra legge statale e legge
regionale.
Nell'ipotesi in cui siffatta potestà normativa fosse ammissibile, la ricorrente
ritiene che il suo esercizio, senza il coinvolgimento delle Regioni nella forma
dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, è comunque illegittimo.
La difesa regionale rileva, inoltre, che già l'art. 54, comma 2, del d.lgs. n.
112 del 1998, prevedeva che le funzioni relative alla identificazione dei
criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il materiale cartografico
ufficiale esistente fossero esercitate d'intesa con la Conferenza unificata. Di
conseguenza, la norma di cui al comma 1 dell'art. 57 violerebbe i princìpi della
legge di delega e le competenze regionali.
Le suddette censure verrebbero meno, a parere della ricorrente, ove dovesse
ritenersi che le norme relative ai criteri e metodi riguardino soltanto le
attività di cui agli artt. 55 e 56, in quanto esse siano svolte da organi
statali.
La regione Emilia-Romagna impugna anche l'art. 57, comma 1, lettera a), n. 2,
secondo cui i piani di bacino sono approvati dal Presidente del Consiglio dei
ministri con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La norma
sarebbe illegittima nella parte in cui prevede il parere anziché l'intesa con la
Conferenza Stato-Regioni.
Ad avviso della ricorrente, siffatta censura deve estendersi all'art. 66, nella
parte in cui non prevede l'intesa della Conferenza per l'approvazione dei piani
di bacino.
Al riguardo, la Regione Emilia-Romagna sottolinea che gli interventi previsti
dai piani di bacino, in quanto opere pubbliche, ricadono nella competenza
regionale, salvo che si tratti di speciali opere di interesse strategico; di
conseguenza, quand'anche fosse legittima l'assunzione della competenza di
programmazione al livello statale, ciò non potrebbe avvenire senza lo strumento
dell'intesa, in base a quanto stabilito nella sentenza n. 303 del 2003 della
Corte costituzionale.
Anche il potere sostitutivo, previsto dall'art. 57, comma 1, lettera a), n. 3,
qualora siffatta disposizione dovesse essere intesa come «norma di conferimento
di effettivi poteri sostitutivi», risulterebbe illegittimo sia per violazione
del principio di legalità, in quanto generica ed indeterminata, sia perché non
sono previste modalità di collaborazione con le Regioni.
Secondo la Regione Emilia-Romagna, illegittimo è pure il comma 4 dell'art. 57,
ove si dovesse intendere che il Comitato dei ministri, nel proporre gli
indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con
gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e nel verificarne
la coerenza, eserciti in qualunque modo un potere sovraordinato alle competenze
regionali di programmazione o comunque di approvazione di atti di propria
competenza. Infatti, se così fosse, si avrebbe violazione delle competenze
legislative e amministrative delle Regioni.
Ad avviso della ricorrente, anche l'art. 57, comma 1, lettera b), che
attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri l'approvazione del
programma nazionale di intervento senza prevedere alcun coinvolgimento delle
Regioni, si porrebbe in contrasto con i princìpi di sussidiarietà e di leale
collaborazione e con i criteri direttivi della legge di delega. Infatti, anche
in questo caso l'intesa con la Conferenza Stato-Regioni era già prevista
dall'art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998. Inoltre, l'art. 89, comma 1,
lettera h), del medesimo decreto, ha conferito alle Regioni e agli enti locali
le funzioni relative «alla programmazione, pianificazione e gestione integrata
degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri» e l'art. 89,
comma 5, dello stesso d.lgs. n. 112 del 1998 ha stabilito che «Per le opere di
rilevante importanza e suscettibili di interessare il territorio di più Regioni,
lo Stato e le Regioni interessate stipulano accordi di programma con i quali
sono definite le appropriate modalità, anche organizzative, di gestione».
Pertanto, la violazione del d.lgs. n. 112 del 1998 si tradurrebbe in quella
della legge di delega e nella lesione delle competenze costituzionali delle
Regioni.
7.2. - La Regione Emilia-Romagna impugna anche l'art. 58, che individua le
competenze del Ministro dell'ambiente. In particolare, sono censurate le norme
di cui alle lettere a), b), d), e), e g), del comma 3, in quanto si intendano
«non come riferite genericamente al ruolo che in tali ambiti al Ministro spetta
in relazione ad altre legittime norme, ma come diretta attribuzione di una
competenza propria del Ministro».
Con riferimento alla lettera a), concernente «programmazione, finanziamento e
controllo degli interventi in materia di difesa del suolo», la difesa regionale
ricorda quanto previsto negli artt. 86, comma 3, e 89, comma 1, lettera h), e
comma 5, del d.lgs. n. 112 del 1998.
Quanto alla lettera d), concernente la «identificazione delle linee fondamentali
dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e
ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale
dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di
competenza statale e delle trasformazioni territoriali», invece, la ricorrente
osserva come, ai sensi dell'art. 52, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998,
l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale
con riferimento alla difesa del suolo, sia compito di rilievo nazionale e debba
essere compiuta attraverso intese nella Conferenza unificata.
7.3. - La Regione Emilia-Romagna censura anche l'art. 59 del d.lgs. n. 152 del
2006, che elenca le competenze della Conferenza Stato-Regioni, in quanto
depotenzierebbe le funzioni di quest'ultima, caratterizzandola come un organismo
meramente consultivo.
Tale riduzione delle competenze della Conferenza si tradurrebbe in una
violazione della legge di delega ed in particolare, dell'art. 1, comma 9,
lettera c), che, tra l'altro, pone il vincolo della valorizzazione del ruolo e
delle competenze degli organismi a composizione mista statale e regionale.
7.4. - Riguardo agli artt. 70, commi 1 e 3, e 72, comma 4, la ricorrente afferma
che anche da essi risulterebbe evidente che le Regioni sono private di poteri
decisionali in relazione alla pianificazione degli interventi attuativi del
piano. In particolare, sarebbe previsto solo il parere della Conferenza
Stato-Regioni e quest'ultimo si riferirebbe solo all'indicazione del fabbisogno
finanziario per il successivo triennio (art. 70, comma 3).
Pertanto, secondo la ricorrente, la suddette norme sono illegittime per
violazione del principio di leale collaborazione e delle attribuzioni regionali,
nella parte in cui prevedono il parere anziché l'intesa e nella parte in cui non
richiedono l'intesa in relazione all'adozione e all'approvazione del programma.
In proposito, la difesa regionale sostiene che, a ben vedere, neanche lo
strumento dell'intesa in sede di Conferenza garantirebbe la piena tutela delle
competenze regionali, perché non si tratterebbe di decisioni indivisibili di
livello nazionale, alle quali le Regioni collaborano come un insieme, ma di
decisioni di interventi che interessano ciascuna singola Regione come tale. Di
conseguenza, ad avviso della ricorrente, sarebbe necessario prevedere l'intesa
della singola Regione, in relazione alle opere da eseguire nel proprio
territorio. In definitiva, l'art. 70, comma 1, sarebbe illegittimo nella parte
in cui non prevede sul programma di interventi l'intesa di ciascuna Regione
territorialmente interessata.
Quanto all'art. 72, comma 4, la Regione Emilia-Romagna afferma che tale norma
contrasta con l'art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998, che prevede
l'intesa con la Conferenza Stato-Regioni; pertanto sarebbe violato il principio
della legge di delega che dispone la salvaguardia delle competenze regionali già
previste nel d.lgs. n. 112 del 1998.
8. - In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Emilia-Romagna ha
depositato memoria con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate nel
ricorso.
9. - La Regione Calabria ha promosso, con ricorso notificato l'8 giugno 2006 e
depositato il successivo 10 giugno (reg. ric. n. 68 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 55, 57, 58, 59, 61, 63, 64,
65, 66, 67, 68, 69, 70 e 72 del d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt.
3, 11, 76, 117, 118, 119 e 120, Cost. ed al principio di leale collaborazione.
9.1. - La ricorrente premette che deve essere incontestabilmente esclusa la
possibilità per lo Stato di disciplinare autonomamente la materia «difesa del
suolo». Al riguardo la Regione Calabria ricorda che questa Corte, nella sentenza
n. 85 del 1990, ha affermato che la difesa del suolo, essendo «un obiettivo
comune allo Stato e alle Regioni», «può essere perseguita soltanto attraverso la
via della cooperazione fra l'uno e gli altri soggetti». Ad avviso della
ricorrente, la Corte avrebbe offerto una ricostruzione dalla quale si coglie,
per un verso, la natura complessa della materia «difesa del suolo» e, per
l'altro, la concorrenza di diversi titoli di competenza: tutela dell'ambiente,
agricoltura, governo del territorio.
Secondo la difesa regionale, in questo caso il prevalente titolo di competenza è
quello del «governo del territorio», con la conseguenza che si verte in una
materia di potestà legislativa concorrente, caratterizzata tra l'altro «da una
forte accentuazione del modulo cooperativo, tale da richiedere una costante
dialettica tra i diversi livelli di governo nell'impostazione delle linee
generali della politica di difesa del suolo».
La Regione Calabria ritiene quindi che tutte le disposizioni di dettaglio
contenute nella sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006 siano
illegittime.
9.2. - Passando all'esame delle singole norme impugnate, la ricorrente sostiene
l'illegittimità dell'art. 57, relativo alle competenze del Presidente del
Consiglio dei ministri e del Comitato dei ministri per gli interventi nel
settore della difesa del suolo, poiché esso opererebbe un accentramento
organizzativo e funzionale che priva di qualsiasi coinvolgimento le autonomie
territoriali, pur trattandosi di normativa che incide sulla materia «governo del
territorio», di potestà legislativa concorrente.
In particolare, la Regione ritiene che il comma 1, lettera a), n. 2, del citato
art. 57 violi il principio di leale collaborazione, in quanto nell'approvazione
dei piani di bacino, strettamente correlata alla tutela del territorio
regionale, non è sufficiente il mero parere della Conferenza Stato-Regioni, ma
sarebbe necessaria l'acquisizione di un'intesa.
Illegittima sarebbe anche la norma di cui al comma 1, lettera a), n. 3,
dell'art. 57, per violazione degli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo
comma, Cost., perché prevede un'attività sostitutiva da parte del Governo «in
caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni
previste dalla presente sezione». Secondo la ricorrente, tale previsione, a
causa della sua genericità, consentirebbe allo Stato di agire in via sostitutiva
al di fuori delle fattispecie espressamente contemplate nelle disposizioni
costituzionali sopra indicate. Infatti, l'inserimento di formule legislative
generiche, come quella impugnata, produrrebbe «un rischio permanente di
riappropriazione, da parte dello Stato […] di attività amministrative di cui
esso non ha più né la titolarità né la responsabilità», con conseguente
violazione dell'art. 118 Cost.
Il comma 1, lettera a), n. 4, ed il comma 3 dell'art. 57 violerebbero, invece,
gli artt. 117 e 118 Cost., in quanto attribuiscono al Presidente del Consiglio
dei ministri (comma 1, lettera a), n. 4) ed al Comitato dei ministri (comma 3)
il potere di adottare atti di indirizzo e coordinamento in un ambito materiale
di potestà legislativa concorrente, per il quale l'art. 8, comma 6, della legge
n. 131 del 2003, esclude che siffatti atti possano essere adottati.
Dall'illegittimità del comma 1, lettera a), n. 4, e del comma 3 dell'art. 57
deriverebbe quella del comma 6 del medesimo articolo, che postula la sussistenza
di un potere di indirizzo e coordinamento, disciplinandone l'esercizio.
In termini analoghi, la ricorrente ritiene che debba concludersi per il comma 4
dell'art. 57, per la parte in cui presuppone, anch'esso, un potere di indirizzo
e coordinamento del Comitato dei ministri.
La Regione Calabria impugna il comma 3 dell'art. 57 anche per violazione
dell'art. 118 Cost., nella parte in cui attribuisce al Comitato dei ministri
«funzioni di alta vigilanza», senza neppure specificare l'oggetto su cui tali
funzioni vengono esercitate, in contrasto con il principio secondo cui non può
prospettarsi l'esercizio in capo allo Stato delle funzioni di alta vigilanza in
un ambito nel quale il principio di sussidiarietà impone l'attribuzione delle
funzioni amministrative ai livelli di governo infra-statuali.
Secondo la ricorrente, siffatta ricostruzione sarebbe confermata dall'esame
della normativa previgente; infatti, nell'art. 4, comma 3, della legge n. 183
del 1989 l'attribuzione delle funzioni di alta vigilanza al Comitato dei
ministri era limitata ai «servizi tecnici nazionali». Per tali ragioni il
censurato comma 3 dell'art. 57 si porrebbe in contrasto anche con i princìpi
contenuti nella legge di delega e quindi con l'art. 76 Cost.; in particolare,
l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004, prescrivendo il rispetto delle
attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, «come definite ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112», garantirebbe agli enti
infra-statuali, come soglia minima di autonomia, il mantenimento dello status
quo.
L'illegittimità della previsione del potere di «alta vigilanza» si estenderebbe
anche al comma 4 dell'art. 57, nella parte in cui concretizza tale potere
attraverso la verifica della «coerenza nella fase di approvazione» degli atti di
pianificazione.
9.3. - Oggetto di censura è anche l'art. 58, che individua le competenze del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. Al riguardo, la Regione
ritiene che la norma vìoli il principio di leale collaborazione, poiché
l'incidenza delle competenze del Ministro sulla potestà legislativa delle
Regioni renderebbe necessaria la partecipazione, in forme tendenzialmente
paritarie, di queste ultime ai procedimenti che si concludano con atti
imputabili al Ministro, mentre nell'art. 58 il coinvolgimento delle
rappresentanze regionali è contemplato soltanto per alcune ipotesi, oltretutto
nella forma del parere.
Inoltre, per alcune norme contenute nell'art. 58, alla violazione del principio
di leale collaborazione si aggiungerebbe l'eccesso di delega. In particolare, il
comma 3, lettera d), violerebbe l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004,
e quindi l'art. 76 Cost., nella parte in cui attribuisce al Ministro
dell'ambiente il compito di identificare le «linee fondamentali dell'assetto del
territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla
difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione
territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e
delle trasformazioni territoriali».
La ricorrente afferma che il potere in questione è già contemplato dall'art. 52
del d.lgs. n. 112 del 1998, il cui comma 3 prevede che sia esercitato
«attraverso intese nella Conferenza unificata». La scomparsa di ogni riferimento
a questa istanza di codecisione porrebbe la norma impugnata in contrasto con
l'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004, che invece, stando
alla ricostruzione della difesa regionale, imporrebbe il mantenimento dello
status quo.
Infine, sono censurati il comma 2, lettera c), ed il comma 3, lettera c),
dell'art. 58, perché attribuiscono al Ministro un potere di indirizzo e
coordinamento non più esercitabile da parte dell'organo di vertice del Governo,
e dunque esorbitante anche rispetto alle attribuzioni di un Ministro.
9.4. - La Regione Calabria sostiene, inoltre, che l'art. 59, «nel suo
complesso», violi il principio di leale collaborazione. In particolare, la
lettera a) degraderebbe la Conferenza Stato-Regioni al ruolo di mero soggetto
proponente per gli atti di cui all'art. 57, la lettera b) consentirebbe alla
Conferenza di formulare solo osservazioni sui piani di bacino e la lettera d)
limiterebbe all'espressione di meri pareri il ruolo della Conferenza nella
ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale.
Quest'ultima norma, incidendo su una materia di potestà legislativa concorrente,
violerebbe anche l'art. 119 Cost., «che imporrebbe una intesa sulla ripartizione
dei finanziamenti».
9.5. - La difesa regionale ritiene, inoltre, che la violazione delle competenze
legislative ed amministrative delle Regioni emerga dal combinato disposto degli
artt. 61, 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Le norme sulle Autorità di bacino e sui distretti idrografici segnerebbero,
infatti, un arretramento, per le ragioni delle autonomie, rispetto alla
normativa previgente sulla difesa del suolo contenuta nella legge n. 183 del
1989, in contrasto con il nuovo riparto di competenze delineato dal titolo V
della parte seconda della Costituzione, con il d.lgs. n. 112 del 1998, con
l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 e quindi con l'art. 76 Cost.
L'art. 61 violerebbe gli artt. 76, 117 e 118 Cost. per due ordini di ragioni,
desumibili dal confronto tra la norma impugnata e l'art. 10 della legge n. 183
del 1989.
Innanzitutto, la Regione Calabria ritiene che l'utilizzo delle parole «in
particolare» nel comma 1 dell'art. 61, renderebbe tassativo l'elenco ivi
contenuto delle funzioni esercitate dalle Regioni, mentre quello contenuto
nell'art. 10 della legge n. 183 del 1989, essendo preceduto dalle parole «tra
l'altro», era meramente esemplificativo.
In secondo luogo, la violazione dei suindicati parametri costituzionali
discenderebbe dalla mancata previsione nell'art. 61 del d.lgs. n. 152 del 2006
di due funzioni attribuite alle Regioni dall'art. 10 della legge n. 183 del
1989. Si tratta, in particolare, della competenza a delimitare «i bacini
idrografici di propria competenza» (art. 10, comma 1, lettera a), ad attivare
«la costituzione di comitati per i bacini di rilievo regionale e di rilievo
interregionale» ed a stabilire «le modalità di consultazione di enti, organismi,
associazioni e privati interessati, in ordine alla redazione dei piani di
bacino» (art. 10, comma 1, lettera h).
Quanto all'art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, la Regione Calabria afferma che
il comma 3 violerebbe l'art. 3 Cost., per contrasto con il canone di
ragionevolezza, perché la soppressione automatica delle Autorità di bacino
esistenti determinerebbe una situazione di pericolosa incertezza, soprattutto
per il termine della soppressione, che segue di un solo giorno la data di
entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006.
La Regione Calabria, poi, censura l'art. 63 nel suo complesso per violazione
dell'art. 76 Cost. (a causa del mancato rispetto di quanto previsto dall'art. 1,
commi 1, 8 e 9, della legge n. 308 del 2004), con argomentazioni analoghe a
quelle svolte dalla Regione Emilia-Romagna nel ricorso n. 56 del 2006.
La ricorrente ritiene che il vizio di eccesso di delega abbia riflessi sulle
attribuzioni costituzionali delle Regioni, poiché l'ordinamento amministrativo
introdotto dal d.lgs. n. 152 del 2006 sostituisce quello previsto dalla legge n.
183 del 1989 che attribuiva alle Regioni la costituzione delle Autorità di
bacino di rilievo regionale e di quelle di rilievo interregionale, fissando
specifiche competenze regionali all'art. 10, comma 1, lettera h), ed all'art.
15, comma 3. Inoltre l'art. 12 della legge n. 183 del 1989 stabiliva che gli
organi delle Autorità di bacino di rilievo nazionale fossero caratterizzati da
una composizione mista e da regole di funzionamento che garantivano una
partecipazione effettiva delle Regioni alla politica di gestione.
Pertanto, le Regioni erano contitolari del governo dei bacini nazionali
(configurati come organismi a partecipazione mista Stato-Regioni) e titolari, in
via tendenzialmente esclusiva, delle funzioni relative ai bacini regionali e
interregionali. L'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006 avrebbe reso
insignificanti i poteri delle Regioni; ciò sarebbe reso ancor più evidente da
quanto stabilito dai commi 4, quarto periodo, e 6, secondo periodo, dell'art.
63, secondo cui gli organi delle nuove Autorità di bacino (caratterizzati da una
presenza minoritaria dei rappresentanti delle Regioni) deliberano a maggioranza.
Infine, il rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
contenuto nei commi 2 e 3 dell'art. 63, si porrebbe in contrasto con l'art. 117,
sesto comma, Cost., poiché in una materia di competenza legislativa concorrente
è precluso allo Stato l'utilizzo del potere regolamentare. Quand'anche si
ritenesse di poter giustificare siffatta previsione, sussisterebbe comunque la
violazione del principio di leale collaborazione, perché, per poter incidere
sulla materia del «governo del territorio», dovrebbe essere prevista un'intesa e
non il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni.
Quanto all'art. 64 del d.lgs. n. 152 del 2006 (che individua i distretti
idrografici), la Regione Calabria ritiene che esso vìoli anzitutto il principio
di leale collaborazione, perché le Regioni non sono state chiamate ad esercitare
alcun ruolo nella determinazione concreta dell'ambito dei distretti.
La norma violerebbe, poi, il principio di ragionevolezza espresso dall'art. 3
Cost., poiché la ripartizione dei nuovi distretti idrografici sarebbe stata
effettuata in maniera arbitraria e l'irragionevolezza della delimitazione dei
bacini avrebbe conseguenze pregiudizievoli sulla gestione dei bacini
idrografici, di spettanza regionale.
In particolare, l'unificazione sotto un'unica autorità di bacini che, in molti
casi, non hanno alcuna correlazione, realizzerebbe un accentramento privo di
giustificazione, espropriando le Regioni delle proprie naturali competenze.
Inoltre l'indistinto accorpamento dei bacini si porrebbe in contrasto con «la
ragione stessa del significato di “bacino”, che deve essere considerato quale
“ecosistema unitario”».
La Regione Calabria sostiene che l'art. 64 vìola anche quanto disposto dalla
direttiva n. 2000/60/CE, e quindi gli artt. 11 e 117, primo comma, della
Costituzione.
In particolare, la ricorrente si sofferma su quanto riportato nel tredicesimo
considerando della direttiva, in cui si sottolinea la necessità che le decisioni
siano adottate «al livello più vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo
o di degrado delle acque», e sul contenuto del trentatreesimo considerando, in
cui si precisa che «l'obiettivo di ottenere un buono stato delle acque dovrebbe
essere perseguito a livello di ciascun bacino idrografico, in modo da coordinare
le misure riguardanti le acque superficiali e sotterranee appartenenti al
medesimo sistema ecologico, idrologico e idrogeologico».
La difesa regionale ricorda le definizioni dei concetti di base, riportate
nell'art. 2, numeri 13, 14 e 15 della direttiva, e sottolinea come l'art. 3,
par. 1, di quest'ultima, stabilisca che «Gli Stati membri individuano i singoli
bacini idrografici presenti nel loro territorio e, ai fini della presente
direttiva, li assegnano a singoli distretti idrografici. Ove opportuno, è
possibile accomunare in un unico distretto bacini idrografici di piccole
dimensioni e bacini di dimensioni più grandi, oppure unificare piccoli bacini
limitrofi. Qualora le acque sotterranee non rientrino interamente in un bacino
idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto
idrografico più vicino o più consono. Le acque costiere vengono individuate e
assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più
consoni».
La Regione Calabria sostiene che da queste norme emerge che la regola è quella
della corrispondenza tra l'individuazione del “bacino idrografico” e la
perimetrazione del “distretto”, mentre la rottura di questa corrispondenza
costituisce l'eccezione che deve essere giustificata per ragioni di opportunità,
e segnatamente in considerazione dell'omogeneità dell'ecosistema o di una più
efficace gestione. Questa logica sarebbe completamente sovvertita nell'art. 64,
che individua macroaree, affidandole alle Autorità di bacino distrettuale in
modo disomogeneo e secondo criteri che non rispondono alle ragioni che la
direttiva comunitaria esige.
Il sistema dei distretti idrografici determinerebbe pertanto la riattribuzione
al centro di attività già delegate o trasferite e la vanificazione delle
attività di gestione, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., «in
materia di “governo del territorio”» e dell'art. 118 della Costituzione.
Infine, la Regione Calabria impugna l'art. 64 per violazione dell'art. 76 Cost.,
sotto un duplice profilo: innanzitutto, perché la norma impugnata si porrebbe in
contrasto con l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004, laddove determina
la riappropriazione in capo allo Stato di funzioni amministrative già trasferite
con il d.lgs. n. 112 del 1998; in secondo luogo, per contrasto con l'art. 1,
comma 1, della legge n. 308 del 2004, per le medesime ragioni per cui la stessa
difesa regionale ritiene incostituzionale l'art. 63.
9.6. - Secondo la ricorrente, dall'illegittimità degli artt. 61, 63 e 64 deriva
quella di alcuni articoli successivi che dei primi rappresentano la
specificazione e che, dunque, contrasterebbero con il riparto di competenze di
cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Ciò varrebbe, innanzitutto, per l'art. 65, che disciplina il piano di bacino
distrettuale. La sua illegittimità costituzionale, nella ricostruzione operata
dalla difesa regionale, discende dall'illegittima centralizzazione della
politica di gestione dei bacini.
In subordine, qualora gli artt. 61, 63 e 64 non dovessero essere ritenuti
incostituzionali, la Regione Calabria censura l'art. 65 perché contiene una
normativa estremamente dettagliata in un ambito materiale di competenza
legislativa concorrente («governo del territorio»).
In ulteriore subordine, l'art. 65 sarebbe illegittimo in quanto non prevede una
partecipazione delle Regioni nella procedura di approvazione dei piani di
bacino; quest'ultimo vizio sarebbe aggravato dal fatto che il comma 4 del
medesimo art. 65 stabilisce che «Le disposizioni del Piano di bacino approvato
hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti
pubblici, nonché per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate
di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e
programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono
essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino
approvato».
L'illegittimità costituzionale dell'art. 65 dovrebbe comportare un'analoga
dichiarazione in riferimento all'art. 66, che specifica ulteriormente il
procedimento che si conclude con l'approvazione del piano di bacino. Per questa
ragione, la ricorrente chiede una declaratoria di incostituzionalità ex art. 27,
secondo periodo, della legge n. 87 del 1953.
Gli stessi motivi che inducono a ritenere incostituzionale l'art. 65 si
ripresentano, secondo la difesa regionale, in ordine all'art. 67, che disciplina
l'adozione, nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, dei piani di
stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI). In particolare, la
Regione Calabria censura i commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 67. Anche in questo
caso l'illegittimità deriverebbe dalle medesime ragioni per le quali sarebbero
illegittimi gli artt. 61, 63 e 64; in subordine, le norme di cui all'art. 67
sarebbero incostituzionali in quanto aventi un carattere estremamente
dettagliato in un ambito materiale di competenza legislativa concorrente;
infine, in ulteriore subordine, sarebbe violato il principio di leale
collaborazione, in ragione della mancata partecipazione delle Regioni al
procedimento formativo dei piani stralcio.
L'illegittimità costituzionale dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 67 ha, come
conseguenza inevitabile, sempre secondo la difesa regionale, quella di rendere
incostituzionale anche l'art. 68 che rappresenta una specificazione ed una
attuazione dell'art. 67.
9.7. - Parimenti illegittimi sono, nella prospettiva seguita dalla ricorrente, i
commi 2 e 3 dell'art. 69. In particolare, il comma 2 violerebbe l'art. 117,
terzo comma, Cost., perché recante norme di dettaglio, e l'art. 119 Cost.,
poiché, nella ripartizione delle quote percentuali degli stanziamenti
complessivi, pretenderebbe di indirizzare - attraverso vincoli di destinazione
contrastanti con l'autonomia finanziaria degli enti infra-statuali - attività
amministrative che non rientrano nella competenza dello Stato.
Il comma 3, invece, prevedendo la possibilità per le Regioni di provvedere con
propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai
piani di bacino, violerebbe il solo art. 119 Cost., poiché tali stanziamenti
sarebbero indebitamente condizionati al previo parere favorevole della
Conferenza istituzionale permanente di cui all'art. 63, comma 4, del d.lgs. n.
152 del 2006. Secondo la ricorrente, il citato comma 3 comporterebbe la «mancata
comprensione delle diversità territoriali degli enti, i quali debbono poter
decidere liberamente in ordine al finanziamento degli interventi necessari per
il proprio territorio».
9.8. - Il carattere dettagliato delle norme determinerebbe l'illegittimità anche
dell'art. 70, che disciplina il procedimento di adozione dei programmi di
intervento.
9.9. - La Regione Calabria censura anche i commi 3 e 5 dell'art. 72.
Il comma 3 stabilisce che il Comitato dei ministri, sentita la Conferenza
Stato-Regioni, predisponga lo schema di programma nazionale di intervento per il
triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato
e le Regioni. La norma in oggetto, prevedendo il semplice parere e non l'intesa
in sede di Conferenza Stato-Regioni, violerebbe il principio di leale
collaborazione, in quanto sarebbe necessaria una forma di codecisione per
attività che abbiano riguardo ad ambiti normativi ed amministrativi spettanti
alle Regioni in base agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.
Il comma 5 dell'art. 72 attribuisce al Ministro dell'ambiente, su proposta della
Conferenza Stato-Regioni, il potere di individuare, con proprio decreto, le
opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica
per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico. Questa
norma violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., perché attribuirebbe al Ministro «un
potere condizionante nei confronti dell'autonomia anche legislativa delle
Regioni» e, in subordine, il principio di leale collaborazione, poiché il
coinvolgimento delle Regioni è limitato soltanto alla semplice proposta iniziale
della Conferenza Stato-Regioni.
9.10. - Infine, la Regione Calabria censura il comma 4 dell'art. 55, secondo cui
l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento
dell'attività conoscitiva in tema di difesa del suolo ed ai fini della
diffusione dell'informazione ambientale. Tale norma sarebbe illegittima per
violazione dell'art. 118 Cost., in quanto demanderebbe ad una associazione di
categoria, rappresentativa degli interessi dei Comuni, un'attività che, secondo
la ricorrente, deve trovare la sua sede naturale nella Conferenza Stato-città e
nel normale esercizio delle funzioni amministrative da parte degli enti
territoriali.
Dall'illegittimità del comma 4 dell'art. 55 discenderebbe, in via
consequenziale, quella del comma 5 del medesimo articolo, che postula
l'affidamento all'ANCI dell'attività conoscitiva di cui sopra. Per questa
ragione la ricorrente chiede una dichiarazione di illegittimità costituzionale
ex art. 27, secondo periodo, della legge n. 87 del 1953.
9.11. - La ricorrente chiede che sia disposta la sospensione dell'efficacia
degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto la previsione della
soppressione automatica delle Autorità di bacino prima del completamento della
fase transitoria, determinerebbe il rischio di un irreparabile pregiudizio
all'interesse pubblico, derivante dall'inevitabile apertura di un periodo di
grave incertezza in ordine alla gestione dei bacini idrografici.
10. - In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009, la Regione Calabria
ha depositato una memoria con la quale, preso atto che le modifiche legislative
intervenute sul testo originario del d.lgs. n. 152 del 2006 non hanno riguardato
le norme oggetto del presente giudizio, insiste nelle conclusioni già rassegnate
nel ricorso.
11. - La Regione Toscana ha promosso, con ricorso notificato il 12 giugno 2006 e
depositato il successivo 14 giugno (reg. ric. n. 69 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 57, 58, 61, 63, 64 e 65 del
d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 11, 76, 117 e 118 Cost. ed al
principio di leale collaborazione.
11.1. - Preliminarmente, la difesa regionale osserva che le norme impugnate
rientrano nella materia «governo del territorio», di potestà legislativa
concorrente; di conseguenza, lo Stato può solo dettare i princìpi fondamentali
cui devono attenersi le Regioni nell'elaborazione delle proprie normative. In
particolare, le norme censurate incidono sulla pianificazione territoriale e
sugli atti di programmazione regionali, dettando una disciplina puntuale.
11.2. - La ricorrente censura, innanzitutto, l'art. 57, commi 4 e 6, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
Secondo la Regione Toscana, la norma di cui al comma 4 ha una portata
eccessivamente ampia al punto da attribuire al Comitato dei ministri il compito
di proporre (per l'approvazione con decreto del Presidente del Consiglio) «gli
indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con
gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto», anche quando si
tratti di piani di settore di competenza regionale, con conseguente lesione
dell'art. 117 della Costituzione.
Sarebbe violato anche l'art. 118 Cost., poiché non si prevede che i suddetti
indirizzi siano definiti previo adeguato coinvolgimento delle Regioni
interessate, che sono poi tenute a recepirli e ad adeguarsi ad essi.
Ad evitare l'illegittimità del comma 4 non sarebbe sufficiente quanto disposto
dal successivo comma 6 del medesimo art. 57, ove si stabilisce che «I princìpi
degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono
definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano». Infatti, secondo la
ricorrente, non è chiaro se anche le proposte di indirizzi elaborate dal
Comitato dei ministri ricadano nella previsione del citato comma 6; in ogni
caso, gli indirizzi elaborati dal Comitato dei ministri sono idonei a
condizionare le politiche settoriali delle Regioni, per cui la partecipazione di
queste ultime sarebbe necessaria anche per l'adozione degli indirizzi e non solo
dei «princìpi degli atti di indirizzo». Peraltro, la ricorrente rileva come non
sia chiaro il significato della stessa espressione «princìpi degli atti di
indirizzo».
Pertanto, la Regione Toscana ritiene che sia illegittimo, per violazione degli
artt. 117 e 118 Cost., anche il comma 6 nella parte in cui prevede il parere
invece che l'intesa per la definizione degli indirizzi di cui al comma 4.
Infine, la ricorrente censura l'ultimo periodo del comma 4 dell'art. 57, nella
parte in cui prevede che il Comitato dei ministri verifica la coerenza delle
politiche settoriali nella fase di approvazione dei relativi atti. In questo
modo si introdurrebbe una forma di controllo di atti regionali non prevista da
norme costituzionali e idonea a interferire nelle decisioni adottate a livello
regionale, con conseguente ulteriore violazione degli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
11.3. - L'art. 58, comma 3, lettere a) e d), è impugnato per violazione degli
artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
La Regione Toscana ritiene che le competenze assegnate al Ministero
dell'ambiente in merito a «programmazione, finanziamento e controllo degli
interventi in materia di difesa del suolo» (lettera a) ed a «identificazione
delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento
ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo
all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti
infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni
territoriali» (lettera d), siano invasive delle attribuzioni regionali in
materia di governo del territorio.
In particolare, la norma di cui alla lettera a) sarebbe illegittima, perché
riguarda la programmazione, il finanziamento ed il controllo di tutti gli
interventi in materia di difesa del suolo, attribuiti al Ministero, senza alcun
ruolo delle Regioni alle quali è riconosciuto un mero potere di proposta e di
osservazione da esercitarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni.
La lettera d), invece, interferirebbe in modo rilevante con le attribuzioni
regionali in materia di governo del territorio poiché alloca in capo al
Ministero, senza alcuna intesa con la Regione, l'identificazione delle linee
fondamentali dell'assetto del territorio con riguardo all'impatto ambientale
dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali.
Al riguardo, la Regione Toscana osserva che sarebbe irrilevante il fatto che la
norma in oggetto si riferisca alle «linee fondamentali», in quanto queste
riguardano l'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti
infrastrutturali, che sono le opere di maggior incidenza sul territorio. Per
queste ragioni la ricorrente ritiene che si tratti di una situazione analoga a
quella decisa da questa Corte con la sentenza n. 303 del 2003, nella quale, in
riferimento alle opere infrastrutturali strategiche, è stata ritenuta essenziale
la previsione, in tutte le fasi, di un momento concertativo tra lo Stato e le
Regioni, stante l'interferenza della realizzazione di dette opere con le
competenze regionali in materia di governo del territorio.
11.4. - La ricorrente impugna l'art. 61, comma 1, lettere d) ed e), per
violazione degli artt. 76 e 117 della Costituzione.
La disposizione censurata elenca le competenze regionali e fra queste prevede
che le Regioni: «per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e
provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e
delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra,
gestioni comuni» (lettera d) e «provvedono, per la parte di propria competenza,
all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a
quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la
conservazione dei beni» (lettera e).
Il d.lgs. n. 112 del 1998, invece, aveva trasferito alle Regioni le funzioni
relative «alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di
qualsiasi natura» (art. 89, comma 1, lettera a), «ai compiti di polizia
idraulica e di pronto intervento» (art. 89, comma 1, lettera c) e «alla polizia
delle acque» (art. 89, comma 1, lettera g).
Pertanto, ad avviso della ricorrente, sarebbe ravvisabile un palese contrasto
tra l'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004, che individua, tra
i princìpi e criteri direttivi, il rispetto delle attribuzioni regionali, come
definite dal d.lgs. n. 112 del 1998, e l'art. 61 del d.lgs. n. 152 del 2006, che
limita le funzioni esercitabili dalle Regioni alla «parte di loro competenza».
11.5. - La Regione Toscana censura l'art. 63 per violazione degli artt. 76, 117
e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, ritenendo che le
disposizioni in esso contenute, incidenti sulla materia della difesa del suolo,
ledano la competenza legislativa regionale in tema di governo del territorio.
Sarebbero violati anche l'art. 118 Cost. ed il principio di leale
collaborazione, in quanto la norma non prevede «adeguati e sufficienti
meccanismi concertativi idonei a compensare l'interferenza della disciplina in
ambiti materiali riservati alle Regioni».
In particolare, la ricorrente sottolinea che sono state soppresse le Autorità di
bacino istituite dalla legge n. 183 del 1989, che rappresentavano gli organismi
di cooperazione tecnica ed istituzionale tra lo Stato e le Regioni, ed al loro
posto sono state istituite le Autorità distrettuali, che sono emanazione diretta
del Ministero dell'ambiente, alle quali le Regioni partecipano con un numero
minoritario di rappresentanti in seno alla Conferenza istituzionale e alla
Conferenza operativa.
La difesa regionale si sofferma, inoltre, sui compiti assegnati agli organi
delle nuove Autorità di bacino, evidenziando come la Conferenza istituzionale
non solo adotti il piano di bacino, ma anche determini quali componenti del
piano costituiscono interesse esclusivo delle singole Regioni e quali
costituiscono interessi comuni a più Regioni (comma 5, lettera c), con
conseguente lesione delle attribuzioni regionali in materia di governo del
territorio.
Per queste ragioni la ricorrente ritiene che il rispetto delle competenze
regionali imponga che le Autorità di bacino si limitino a dettare criteri ed
indirizzi generali per la difesa del suolo, che poi le Regioni dovrebbero
disciplinare e specificare nella propria legislazione e negli atti di
pianificazione territoriale o che, negli organi delle Autorità di bacino, vi sia
sempre una paritaria partecipazione regionale.
Secondo la ricorrente l'art. 63 non rispetta alcuno di tali criteri; infatti, i
commi 5, 6, 7 e 8 attribuiscono all'Autorità di bacino «compiti puntuali e
specifici di programmazione, gestione e controllo idonei a sovrapporsi alle
scelte regionali». Fra questi, i compiti più significativi sarebbero quelli
previsti al comma 5, lettera c), e al comma 7, lettera b).
Particolarmente lesiva sarebbe la norma contenuta nell'art. 63, comma 3, in
quanto la soppressione delle Autorità di bacino esistenti e la mancata
emanazione delle norme relative alla fase transitoria determinerebbe la lesione
delle competenze regionali in materia di difesa del suolo, con conseguente
contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
Infine, l'art. 63 violerebbe l'art. 76 Cost. sia a causa del suo carattere
fortemente innovativo a fronte di una delega che riguardava il «riordino,
coordinamento ed integrazione», sia perché sovverte le attribuzioni regionali
previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l'art. 1, comma 8, della legge n.
308 del 2004 imponeva il loro rispetto.
11.6. - La ricorrente afferma, poi, che l'art. 64 contrasta con gli artt. 11,
76, 117 e 118 della Costituzione.
In particolare, la norma violerebbe l'art. 76 Cost. per le stesse ragioni
esposte a proposito dell'analoga censura formulata contro l'art. 63.
L'art. 64 violerebbe, poi, l'art. 11 Cost., perché l'individuazione degli otto
nuovi distretti idrografici in esso contenuta prescinde dalla dimensione del
bacino, ponendosi in contrasto con i princìpi espressi dalla direttiva n.
2000/60/CE, che definisce i distretti idrografici come bacini omogenei specie in
relazione alle finalità della direttiva stessa, e quindi agli obiettivi di
qualità e di bilancio idrico da garantire.
Ad avviso della Regione Toscana, la nuova delimitazione dei bacini distrettuali
lederebbe anche le attribuzioni regionali di cui all'art. 117 Cost. e,
quand'anche si volesse giustificare l'intervento statale in nome di presunte
esigenze di carattere unitario, residuerebbe l'illegittimità della previsione
per il mancato coinvolgimento regionale nella nuova delimitazione, con
conseguente violazione dell'art. 118 Cost.
11.7. - Infine, la ricorrente impugna l'art. 65 per violazione degli artt. 76,
117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
In particolare, la Regione Toscana ritiene che i contenuti del piano di bacino
indicati nel comma 3, lettere d), punto 4, e), h), p), e r), e le prescrizioni
di cui ai commi 4 e 5 del medesimo art. 65 siano lesivi delle competenze
legislative regionali in materia di difesa del suolo e quindi di governo del
territorio, di cui all'art. 117 Cost. Ciò perché le norme impugnate
provocherebbero un accentramento in capo allo Stato delle funzioni di
pianificazione, programmazione e gestione di funzioni di competenza regionale.
La ricorrente censura inoltre la procedura prevista per l'approvazione del piano
di bacino, evidenziando come le Regioni non siano adeguatamente coinvolte, a
causa della presenza minoritaria dei loro rappresentanti in seno alla Conferenza
istituzionale e della previsione di un mero parere della Conferenza
Stato-Regioni ai fini dell'approvazione dei piani di bacino, ex art. 57, comma
1, lettera a), punto 2. Ciò determinerebbe la violazione degli artt. 117 e 118
Cost. e del principio di leale collaborazione.
Oggetto di specifica censura è il comma 6 dell'art. 65, secondo cui «Fermo il
disposto del comma 4, le Regioni, entro novanta giorni dalla data di
pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali,
emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso
nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente
interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le
prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano
ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici
entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e
comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di
bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le Regioni».
Secondo la difesa regionale, tale norma risulta lesiva delle attribuzioni
regionali, perché impone un termine incongruo ed eccessivamente breve per
dettare le norme necessarie per l'attuazione urbanistica del piano di bacino,
con conseguente lesione del principio di leale collaborazione e delle competenze
urbanistiche regionali garantite dall'art. 117 Cost.
È impugnato anche il comma 7 dell'art. 65, il quale prevede l'adozione da parte
delle Autorità di bacino di misure di salvaguardia ed, in caso di una loro
mancata attuazione, l'intervento sostitutivo del Ministro dell'ambiente.
La Regione Toscana ritiene tale previsione lesiva degli artt. 117 e 118 Cost. e
del principio di leale collaborazione, sia perché le misure di salvaguardia
incidono sull'assetto del territorio e quindi sulla potestà legislativa
regionale in materia, sia perché è previsto il ricorso al potere sostitutivo
anche nel caso in cui la Regione abbia manifestato il suo motivato dissenso,
chiedendo soluzioni alternative. Quanto appena detto si porrebbe in contrasto
con l'orientamento della Corte costituzionale, secondo cui sarebbe necessaria la
previsione di un'intesa tra lo Stato e le Regioni ogni volta che l'intervento
statale abbia un impatto sulle funzioni regionali.
Quand'anche il potere sostitutivo fosse ricondotto al principio di sussidiarietà,
la Regione ritiene necessaria la previsione di un idoneo meccanismo di
collaborazione.
Infine, l'art. 65, come i precedenti artt. 63 e 64, violerebbe l'art. 76 Cost.
sia a causa del suo carattere fortemente innovativo a fronte di una delega che
riguardava il «riordino, coordinamento ed integrazione», sia perché sovverte le
attribuzioni regionali previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l'art. 1,
comma 8, della legge n. 308 del 2004, imponeva il rispetto di queste.
12. - Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, eccependo
l'inammissibilità e comunque l'infondatezza delle censure.
12.1. - In particolare, quanto alla questione di legittimità costituzionale
relativa all'art. 57, commi 4 e 6, la difesa erariale sottolinea la necessità di
un coordinamento e di un indirizzo unitario al livello di politiche settoriali
statali, da cui discenderebbe la legittimità di affidare al Comitato dei
ministri le proposte di indirizzo e coordinamento, sentita la Conferenza
Stato-Regioni.
12.2. - In merito alle censure rivolte all'art. 58, comma 3, lettere a) e d), il
resistente osserva che non esiste un diritto delle Regioni all'intesa «forte»,
in materia di tutela dell'ambiente e salvaguardia del territorio. Nondimeno, le
norme in esame non derogano la disciplina vigente in tema di localizzazione
delle opere.
12.3. - Le questioni relative all'art. 61, comma 1, lettere d) ed e), sarebbero
invece inammissibili per genericità. In ogni caso, aggiunge la difesa erariale,
il quadro delle competenze in materia di ambiente e di tutela del territorio ha
subito, rispetto all'originaria attrazione nell'edilizia (intesa come scienza
globale del territorio), una evoluzione di cui è testimone la formulazione del
nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione e la stessa nozione di
ambiente fatta propria dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
12.4. - In relazione alle censure rivolte all'art. 63, il Presidente del
Consiglio dei ministri deduce che la legge statale, in materia di competenza
esclusiva (come sarebbe quella in esame), può legittimamente modificare gli
assetti di uffici ed organismi, anche a partecipazione mista, sempre che si
tratti di organi dello Stato. Quanto alla presenza «minoritaria» delle Regioni
in seno agli organi delle nuove Autorità di bacino, il resistente osserva che
«in siffatti organismi “i voti non si contano ma si pesano” e la legittimità
delle deliberazioni adottate è strettamente connessa alla valutazione e
ponderazione degli effettivi interessi in gioco».
12.5. - Inoltre, la creazione delle nuove Autorità distrettuali, prevista
nell'art. 64, risponderebbe alla necessità di tener conto della struttura
geofisica del Paese e prescinderebbe dalle delimitazioni amministrative dei
confini regionali. Pertanto, non vi sarebbe alcuna violazione della normativa
comunitaria, ma anzi una sua attuazione.
12.6. - Infine, il termine di novanta giorni, previsto dall'art. 65, comma 6,
avrebbe una funzione meramente acceleratoria, nel senso che, una volta decorso,
la disposizione di piano si applicherebbe, ma resterebbe ferma la possibilità
della legge o di altro strumento di competenza regionale di provvedere alle
necessarie norme di adattamento nei termini che le stesse autorità locali
riterranno opportuni e congrui.
13. - In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Toscana ha depositato una
memoria nella quale si sofferma sull'evoluzione normativa che ha fatto seguito
all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, rilevando come sia stata
disposta la proroga delle preesistenti Autorità di bacino, prima, con il decreto
legislativo n. 284 del 2006 e, poi, con il decreto-legge n. 208 del 2008,
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge n. 13 del 2009.
Inoltre, l'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 208 del 2008 ha fatto salvi gli
atti compiuti dalle Autorità di bacino dal 30 aprile 2006.
Al riguardo, la difesa regionale rileva che, in virtù delle suddette modifiche,
la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 63, comma 3, «non
presenta più un interesse attuale», perché, come già evidenziato, il d.lgs. n.
284 del 2006 e il decreto-legge n. 208 del 2008 hanno disposto la proroga delle
preesistenti Autorità di bacino sino alla costituzione dei nuovi distretti.
Per il resto, invece, la difesa regionale conferma le censure di
incostituzionalità formulate nel ricorso.
14. - La Regione Piemonte ha promosso, con ricorso notificato il 12 giugno 2006
e depositato il successivo 15 giugno (reg. ric. n. 70 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 57, 63, 64, 65, 66, 67, 68
e 175 del d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114,
117, 118, 119 e 120 Cost. ed ai «princìpi di leale collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarietà, buon andamento
della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di princìpi e norme del
diritto comunitario e di convenzioni internazionali».
14.1. - La difesa regionale osserva preliminarmente che le norme impugnate
rientrano nella materia «governo del territorio», di potestà legislativa
concorrente e che l'art. 176, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 afferma che
«Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono
materie di legislazione concorrente costituiscono princìpi fondamentali ai sensi
dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione». La ricorrente considera
«superficiale e non corretta» questa affermazione, sia per la sua genericità,
riferendosi indistintamente a tutta la disciplina della parte terza del d.lgs.
n. 152, sia perché le norme in oggetto contengono una «completa revisione» ed
una disciplina puntuale e di dettaglio, escludendo ogni ambito legislativo
regionale.
Secondo la difesa regionale, con le norme contenute nella parte terza del d.lgs.
n. 152 del 2006 è stata abrogata la disciplina preesistente in tema di difesa
del suolo, ma non è stata riordinata la materia in maniera organica, né sono
stati coordinati i diversi livelli di pianificazione.
14.2. - In particolare, ad avviso della Regione Piemonte, con l'art. 64 sono
stati individuati, senza alcuna concertazione con le Regioni, otto distretti
idrografici, eliminandosi così la precedente ripartizione del territorio
funzionale alla difesa del suolo, ispirata al principio di sussidiarietà, al
fine di assicurare il più appropriato livello di governo in rapporto all'ambito
territoriale preso a riferimento e di garantire autonomia decisionale alle
Regioni.
14.3. - Quanto all'art. 63, la ricorrente contesta la composizione della
Conferenza istituzionale permanente in seno alle Autorità di bacino
distrettuali, poiché già l'inserimento dei ministri delle attività produttive e
per la funzione pubblica renderebbe la disposizione viziata da irragionevolezza
e travolgerebbe un assetto istituzionale idoneo a bilanciare in concreto gli
interessi unitari dello Stato e gli interessi delle collettività locali.
14.4. - Inoltre, ai sensi dell'art. 57, comma 1, lettera a), n. 2, tutti i piani
di bacino sono approvati dal Presidente del Consiglio dei ministri con il mero
parere della Conferenza Stato-Regioni; ciò esautorerebbe le Regioni di ogni
potere.
14.5. - Particolarmente lesiva sarebbe poi la norma di cui all'art. 63, comma 3,
che, secondo la ricorrente, risulta irragionevole sotto il profilo temporale,
poiché l'entrata in vigore al 30 aprile 2006 delle norme in oggetto avrebbe
determinato la paralisi del sistema istituzionale di pianificazione di bacino e
l'interruzione dei procedimenti e delle attività in corso.
14.6. - Per le ragioni anzidette la Regione Piemonte ritiene che sussistano i
presupposti per disporre la sospensione dell'efficacia degli artt. 63 e 64 del
d.lgs. n. 152 del 2006, nonché dell'art. 175, comma 1, lettera l), del medesimo
decreto che dispone l'abrogazione della legge n. 183 del 1989.
14.7. - Sono poi impugnati gli artt. 65, 66, 67 e 68 del d.lgs. n. 152 del 2006,
che, a parere della ricorrente, individuano numerosi strumenti di
pianificazione, diversificati per contenuti, modalità di elaborazione, adozione
e approvazione, rilevanza ed effetti, senza apprezzabile fondamento della
distinzione e senza che ne siano definiti i reciproci rapporti.
Secondo la difesa regionale, l'illogicità manifesta dell'articolazione di questo
sistema configura anche una violazione delle norme comunitarie, poiché
l'incoerenza che ne deriva determina l'impossibilità di perseguire gli obiettivi
della direttiva 2000/60/CE di cui il decreto intende costituire recepimento
(art. 170, comma 4, lettera r) e che invece prevede, quale strumento di
pianificazione unitaria, il piano di gestione che può essere articolato per
piani più dettagliati o tematici.
Sussisterebbe, inoltre, violazione dell'art. 76 Cost., sia per il contrasto con
l'art. 1, comma 1, della legge n. 308 del 2004, che individua l'oggetto della
delega nel «riordino, coordinamento e integrazione» della normativa esistente,
sia per il contrasto con l'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 - che
impone il rispetto della attribuzioni regionali definite dall'art. 117 Cost.,
dalla legge n. 59 del 1997 e dal d.lgs. n. 112 del 1998 - e con l'art. 1, comma
9, lettera c), della medesima legge. L'eccesso di delega si sarebbe concretato
nella compressione delle prerogative istituzionali regionali ed in generale del
ruolo delle autonomie territoriali nell'ambito considerato della difesa del
suolo.
15. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che il ricorso sia
dichiarato «inammissibile ed infondato».
La difesa erariale deduce che il carattere trasversale della materia ambientale,
pur legittimando le Regioni a provvedere attraverso la propria competenza
legislativa esclusiva o concorrente su temi che hanno riflessi sulla materia
ambientale, non costituisce però un limite alla competenza esclusiva dello Stato
a dettare regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze
che attengono specificatamente alla tutela dell'ambiente ed alla salvaguardia
del territorio. In tale materia la legislazione statale non è condizionata ad
una «intesa forte», oltretutto di difficile perseguibilità in sede di redazione
di testi normativi di notevole complessità.
16. - La Regione Valle d'Aosta ha promosso, con ricorso notificato il 9 giugno
2006 e depositato il successivo 15 giugno (reg. ric. n. 71 del 2006), questioni
di legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 63, 64 e 68 del d.lgs.
n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 76 e 117, terzo e quarto comma, Cost.,
all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché all'art. 2, lettere d),
e), f), g), i), m) e q), all'art. 3, lettera d) e all'art. 4 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta),
ed al principio di leale collaborazione.
16.1. - Preliminarmente, la difesa regionale rileva che le norme contenute
nell'art. 63 esorbitano palesemente dai limiti di oggetto imposti dall'art. 1,
comma 1, della legge di delega n. 308 del 2004, in base al quale il Governo è
delegato ad adottare decreti legislativi di «riordino, coordinamento ed
integrazione». Secondo la ricorrente, la soppressione delle precedenti Autorità
di bacino e la loro sostituzione con le Autorità distrettuali avrebbe una
evidente portata innovativa ed eccederebbe i limiti della legge di delega.
Inoltre, la soppressione delle Autorità di bacino previste dalla legge n. 183
del 1989 non sarebbe riconducibile in alcun modo ai princìpi e criteri direttivi
di cui all'art. 1, comma 9, lettera c), della legge n. 308 del 2004, che impone
di valorizzare il ruolo e le competenze svolti dagli organismi a composizione
mista statale e regionale.
In merito alla composizione degli organi delle nuove Autorità di bacino, la
Regione Valle d'Aosta osserva come dall'art. 63, comma 4, emerga «una posizione
del tutto subalterna delle Regioni», a causa della minoritaria presenza dei
rappresentanti regionali in seno alla Conferenza istituzionale permanente e
della previsione secondo cui la Conferenza medesima delibera a maggioranza.
Quanto appena detto, stante la competenza della Conferenza istituzionale ad
adottare il piano di bacino (art. 63, comma 5, lettera e), può comportare
l'imposizione di scelte in materia di pianificazione non condivise da parte di
una singola Regione direttamente interessata.
Il quadro normativo introdotto con il censurato art. 63 appare alla ricorrente
tanto più inaccettabile in quanto, in materia di utilizzazione delle acque
pubbliche, è prevista in Valle d'Aosta una gestione coordinata e paritetica
basata sull'art. 8, terzo comma, dello Statuto di autonomia speciale.
Le norme contenute nell'art. 63 violerebbero, inoltre, le competenze legislative
di rango primario di cui all'art. 2 dello Statuto speciale in materia di piccole
bonifiche ed opere di miglioramento agrario e fondiario (lettera e),
urbanistica, piani regolatori per zone di particolare importanza turistica
(lettera g), acque minerali e termali (lettera i), acque pubbliche destinate ad
irrigazione ed a uso domestico (lettera m), tutela del paesaggio (lettera q),
nonché la competenza concorrente in materia di governo del territorio, ex art.
117, terzo comma, Cost., che, secondo la ricorrente, si estende anche alla Valle
d'Aosta per quanto eccedente la materia urbanistica ed edilizia, assegnata alla
competenza primaria della ricorrente.
Parimenti menomate sarebbero le competenze amministrative della Regione, di cui
all'art. 4 dello Statuto speciale ed al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 89
(Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta in
materia di acque pubbliche), il quale all'art. 1, comma 1, stabilisce che «Sono
trasferite al demanio della regione tutte le acque pubbliche utilizzate ai fini
irrigui o potabili, compresi gli alvei e le pertinenze relative» ed al comma 2
che «La regione Valle d'Aosta esercita tutte le attribuzioni inerenti alla
titolarità di tale demanio ed in particolare quelle concernenti la polizia
idraulica e la difesa delle acque dall'inquinamento».
La rilevanza delle attribuzioni regionali e delle garanzie partecipative nella
materia in oggetto risulterebbe chiaramente anche dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 524 del 2002, con la quale è stata dichiarata illegittima una
norma che attribuiva alle determinazioni assunte in sede di Comitato
istituzionale delle Autorità di bacino (bacini idrografici di rilievo nazionale)
il valore di «variante agli strumenti urbanistici».
Un ulteriore profilo di incostituzionalità riguarda l'art. 63, comma 3, che,
secondo la ricorrente, crea un vuoto normativo senza approntare alcuna
disciplina transitoria, determinando anche in Valle d'Aosta una situazione di
incertezza in ordine agli strumenti di pianificazione e gestione.
16.2. - Secondo la ricorrente, quanto dedotto in merito all'art. 63 implica, in
via consequenziale, l'illegittimità costituzionale anche dell'art. 64,
contenente la nuova ripartizione dei distretti idrografici, all'interno dei
quali sono esercitate le funzioni delle nuove Autorità di bacino distrettuali.
16.3. - La Regione Valle d'Aosta impugna anche l'art. 68 del d.lgs. n. 152 del
2006, affermando che tale norma, non prevedendo che i progetti dei piani
stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico siano sottoposti a VAS,
violerebbe gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., perché si pone in contrasto
con l'art. 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE, il quale
prevede espressamente che siano sottoposti a valutazione ambientale i piani e i
programmi «elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico,
industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle
telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della
destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per
l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva
85/337/CEE».
17. - In prossimità dell'udienza pubblica del 5 maggio 2009, la Regione Valle
d'Aosta ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni già
rassegnate nel ricorso, escludendo che il d.lgs. n. 284 del 2006 ed il
decreto-legge n. 208 del 2008 abbiano determinato il sopravvenuto difetto di
interesse al ricorso.
18. - La Regione Umbria ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno 2006 e
depositato il successivo 16 giugno (reg. ric. n. 72 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 55, 58, 63, 64 e 65 del
d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost. ed al
principio di leale collaborazione.
18.1. - La ricorrente impugna, innanzitutto, l'art. 55, comma 2, per violazione
del principio di leale collaborazione, contestando l'accentramento in un
soggetto statale - il Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del
suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT)
-, senza coinvolgimento delle Regioni, delle scelte di costituzione e gestione
di un unico sistema informativo; inoltre si censura l'obbligo del raccordo dei
sistemi informativi regionali, nella misura in cui questo accordo non sia
bilaterale.
18.2. - La Regione Umbria censura anche le norme di cui alle lettere a) e b) del
comma 3 dell'art. 58, secondo cui, ai fini di cui al precedente comma 2, il
Ministero dell'ambiente svolge le funzioni di «programmazione, finanziamento e
controllo degli interventi in materia di difesa del suolo» (lettera a) e di
«previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni
di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire
condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del
Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza»
(lettera b).
Secondo la difesa regionale, la norma di cui alla lettera a) accentrerebbe in
capo al Ministero dell'ambiente funzioni che erano attribuite alle Regioni o
alle Autorità di bacino preesistenti o che, comunque, erano svolte con la
partecipazione regionale. In proposito, la ricorrente sottolinea come l'art. 86,
comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 preveda l'intesa con la Conferenza
Stato-Regioni per la programmazione dei finanziamenti statali in materia di
difesa del suolo. Inoltre, il comma 2 dell'art. 88 del d.lgs. n. 112 del 1998
richiede il parere della Conferenza unificata per la programmazione ed il
finanziamento degli interventi di difesa del suolo (art. 88, comma 1, lettera
b). Ancora, l'art. 89, comma 1, lettera h), conferisce alle Regioni e agli enti
locali la «programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi
di difesa delle coste e degli abitati costieri»; infine, l'art. 89, comma 5,
prevede che «per le opere di rilevante importanza e suscettibili di interessare
il territorio di più Regioni», lo Stato e queste ultime stipulino accordi di
programma con i quali sono definite le modalità di gestione.
La censurata lettera a) sarebbe dunque illegittima per violazione dell'art. 76
Cost., sia per il carattere innovativo delle norme, sia perché «peggiora» la
posizione regionale (art. 1, commi 1 e 8, della legge n. 308 del 2004); inoltre,
sarebbero violati l'art. 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione,
perché la norma in esame accentrerebbe in capo allo Stato funzioni
amministrative in materie regionali senza alcun coinvolgimento delle Regioni.
In relazione alla funzione di controllo, la lettera a), oltre ad essere
illegittima per le ragioni anzidette, lo sarebbe anche perché «accentra una
funzione allo Stato in mancanza di esigenze di esercizio unitario, dato che il
controllo sugli interventi di difesa del suolo può essere adeguatamente svolto a
livello locale».
La lettera b), invece, violerebbe l'art. 118 Cost. ed il principio di leale
collaborazione in quanto attribuisce allo Stato una funzione amministrativa in
assenza di esigenze di esercizio unitario e, comunque, senza prevedere l'intesa
della Regione interessata. Inoltre, la norma impugnata innova nell'ordinamento,
alterando il riparto di funzioni previsto in relazione al rischio idrogeologico
e quindi violando, per le ragioni anzidette, l'art. 76 Cost.
Nel caso di specie le norme impugnate ricadrebbero negli ambiti materiali del
governo del territorio e della protezione civile, di competenza legislativa
concorrente.
18.3. - La ricorrente impugna, inoltre, gli artt. 63 e 64, prospettando le
medesime questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006.
18.4. - Infine, la Regione Umbria censura l'art. 65, comma 3, lettera e),
secondo cui «Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai
criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente […] contiene […] la
programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed
estrattive».
Secondo la ricorrente, questa norma espropria le Regioni delle funzioni in
oggetto ed assegna, in materie di competenza regionale esclusiva o concorrente,
un ruolo preponderante ad un atto al quale le Regioni partecipano in misura
assai limitata, con conseguente violazione dell'art. 118 Cost. e del principio
di leale collaborazione.
19. - In prossimità dell'udienza pubblica la Regione Umbria ha depositato una
memoria con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso,
affermando che l'evoluzione normativa successiva all'entrata in vigore del
d.lgs. n. 152 del 2006 (d.lgs. n. 284 del 2006, decreto-legge n. 208 del 2008)
ha solo prorogato transitoriamente le precedenti Autorità, ma non ha cambiato le
«norme sostanziali», onde restano ferme le censure di incostituzionalità
formulate nel ricorso.
20. - La Regione Liguria ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno 2006 e
depositato il successivo 16 giugno (reg. ric. n. 74 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 58, 59, 63, 64, 65, 67, 69,
116 e 117 del d.lgs. n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118
Cost. ed al principio di leale collaborazione.
20.1. - In relazione agli artt. 58, 59, 63 e 64, la ricorrente prospetta le
medesime questioni di legittimità costituzionale proposte dalle Regioni
Emilia-Romagna e Umbria, con i ricorsi numeri 56, 72 e 73 del 2006.
20.2. - La ricorrente impugna, inoltre, gli artt. 65, 67, 69, 116 e 117, per
violazione dell'art. 76 Cost. e della normativa comunitaria.
Le norme censurate prevedono, rispettivamente, il piano di bacino distrettuale,
i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, i programmi di misure,
che a loro volta integrano i piani di tutela di cui all'art. 121, ed i piani di
gestione.
Secondo la difesa regionale, i diversi piani di tutela «così intrecciati e
parzialmente sovrapposti», violano l'art. 1, comma 8, lettera g), della legge n.
308 del 2004, che individua quale criterio direttivo quello di prevedere misure
che assicurino la tempestività e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela
ambientale, e l'art. 1, comma 9, lettera c), della medesima legge, che
stabilisce il criterio del superamento della sovrapposizione tra i diversi piani
settoriali di rilievo ambientale.
Inoltre, quanto ai piani di gestione dei bacini idrografici, la ricorrente
lamenta l'incompleta attuazione dell'art. 14 della direttiva 2000/60/CE,
concernente l'obbligatoria fase di informazione e consultazione pubblica. Per
queste ragioni risulterebbe violato il principio di delega relativo alla piena
attuazione delle direttive comunitarie.
21. - In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Liguria ha depositato una
memoria nella quale insiste nelle proprie conclusioni, sostenendo che la
normativa successiva all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006 ha solo
prorogato transitoriamente le precedenti Autorità, senza mutare le «norme
sostanziali».
22. - La Regione Abruzzo ha promosso, con ricorso notificato il 12 giugno 2006 e
depositato il successivo 17 giugno (reg. ric. n. 75 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152
del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117, terzo comma, e 118 della
Costituzione.
La ricorrente prospetta le medesime questioni di legittimità costituzionale
proposte dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006, chiedendo
anche la sospensione dell'efficacia degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del
2006, in quanto la previsione della soppressione automatica delle Autorità di
bacino prima del completamento della fase transitoria, determinerebbe il rischio
di un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico, derivante
dall'inevitabile apertura di un periodo di grave incertezza in ordine alla
gestione dei bacini idrografici.
23. - La Regione Puglia ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno 2006 e
depositato il successivo 20 giugno (reg. ric. n. 76 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 58, 59, 63 e 64 del d.lgs.
n. 152 del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione.
23.1. - Ad avviso della ricorrente, l'art. 58, comma 3, lettere a) e b),
determina un'illegittima concentrazione di funzioni in capo al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio ed una marcata riduzione del ruolo
delle Regioni, in un ambito materiale riconducibile al «governo del territorio»,
che l'art. 117, terzo comma, Cost., affida alla potestà legislativa concorrente.
Quanto all'art. 59, la Regione Puglia lamenta lo scarso rilievo delle
attribuzioni delle Regioni, le quali possono limitarsi solo a pareri, proposte
ed osservazioni, da formularsi esclusivamente in sede di Conferenza
Stato-Regioni.
Per queste ragioni la ricorrente sostiene che gli artt. 58, comma 3, lettere a)
e b), e 59 vìolino l'art. 76 Cost., per contrasto con i princìpi generali della
legge di delega, e gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., a causa della
preponderanza dei poteri riconosciuti al Ministero dell'ambiente.
23.2. - Sono inoltre censurati gli artt. 63, comma 3, e 64, per violazione degli
artt. 76, 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
La Regione Puglia sottolinea come la soppressione delle preesistenti Autorità di
bacino, prima che siano istituite le nuove, rappresenti una fonte di grave
rischio per gli interessi pubblici ambientali. Inoltre, illegittimamente il
comma 2 dell'art. 63 prevede che sia sentita la Conferenza Stato-Regioni per
determinare i soli criteri per l'attribuzione o il trasferimento del personale e
delle risorse patrimoniali e finanziarie, ma non anche per definire quelli
relativi alla nomina degli organi delle Autorità di bacino.
Quanto all'art. 64, la difesa regionale ritiene che la nuova suddivisione dei
distretti idrografici sia disomogenea ed arbitraria, perché stabilita senza il
contributo delle Regioni.
La Regione Puglia ricorda infine il tredicesimo considerando della direttiva
2000/60/CE, secondo cui «Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello più
vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque».
23.3. - Da ultimo, la Regione Puglia chiede che sia disposta la sospensione
dell'efficacia degli artt. 58, 59, 63, 64 e 121, comma 2, del d.lgs. n. 152 del
2006, in considerazione del rischio di un pregiudizio irreparabile all'interesse
pubblico o di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti della
popolazione regionale, derivante in particolare: dalla previsione della
soppressione delle Autorità di Bacino di cui alla legge n. 183 del 1989, prima
dell'istituzione delle nuove Autorità; dalla sovrapposizione di nuove funzioni
statali a quelle già svolte dalle Regioni, con conseguenze negative in termini
di certezza del diritto e di efficienza dell'azione amministrativa; dalla
riduzione delle garanzie imposte dalle norme vigenti in materia di scarichi e di
rifiuti; dalla restrizione della nozione di danno ambientale e delle relative
ipotesi risarcitorie.
24. - In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Puglia ha depositato una
memoria nella quale si sofferma sull'evoluzione normativa che ha fatto seguito
all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, rilevando come sia stata
disposta la proroga delle preesistenti Autorità di bacino con il decreto
legislativo n. 284 del 2006.
Pertanto, la difesa regionale rileva che, in relazione all'art. 63, comma 3,
«deve considerarsi venuto meno l'interesse della Regione Puglia all'impugnativa
proposta, in ragione dell'intervenuto aggiustamento in via legislativa».
Per il resto, invece, la difesa regionale conferma le censure di
incostituzionalità formulate nel ricorso.
25. - La Regione Campania ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno 2006
e depositato il successivo 21 giugno (reg. ric. n. 78 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152
del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117, terzo comma, e 118 della
Costituzione.
La ricorrente prospetta le medesime questioni di legittimità costituzionale
proposte dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e, in
prossimità dell'udienza pubblica, ha depositato memoria con la quale insiste
nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.
26. - La Regione Marche ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno 2006 e
depositato il successivo 21 giugno (reg. ric. n. 79 del 2006), questioni di
legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 57, 58, 61, 63, 64, 65 del
d.lgs. n. 152 del 2006, lamentando la violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
e del principio di leale collaborazione.
La ricorrente prospetta, in riferimento ai predetti parametri costituzionali, le
medesime questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione Toscana
con il ricorso n. 69 del 2006.
27. - In prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Marche ha depositato una
memoria nella quale afferma che, in virtù dell'evoluzione normativa successiva
all'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, si può verosimilmente ritenere
cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità
costituzionale dell'art. 63, comma 3, «anche in considerazione dell'efficacia
evidentemente retroattiva delle modifiche relative al regime transitorio».
Per il resto, invece, la difesa regionale conferma le censure di
incostituzionalità formulate nel ricorso.
28. - La Regione Basilicata ha promosso, con ricorso notificato il 13 giugno
2006 e depositato il successivo 23 giugno (reg. ric. n. 80 del 2006), questioni
di legittimità costituzionale, tra l'altro, degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n.
152 del 2006, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 Cost. ed al principio di
leale collaborazione.
Secondo la ricorrente, le norme impugnate violano l'art. 1, comma 1, della legge
n. 308 del 2004, in quanto eccedono il limite del «riordino, coordinamento e
integrazione», fissato nella legge di delega, e l'art. 1, commi 8 e 9, della
medesima legge, poiché il legislatore era tenuto a non modificare il sistema
preesistente delle attribuzioni regionali.
Pertanto, il legislatore delegato non aveva «il potere di abrogare le norme ed
il sistema delineato dalla legge n. 183 del 1989 e di sostituirlo con un sistema
diverso, […] di tipo centralistico».
Al contempo, le norme censurate avrebbero espropriato le Regioni delle proprie
attribuzioni nelle materie in oggetto, con conseguente violazione dell'art. 117
Cost. e del principio di sussidiarietà.
Secondo la difesa regionale, lo Stato, trattandosi di una materia (la difesa del
suolo) che afferisce al governo del territorio, avrebbe potuto dettare solo
norme di principio, senza possibilità di riservarsi funzioni amministrative, se
non nel rispetto del principio di leale collaborazione e quindi attraverso
procedure di codecisione tra Stato e Regione.
29. - In tutti i giudizi, ad eccezione di quello promosso con il ricorso n. 68
del 2006, è intervenuta l'Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature (WWF Italia) - Onlus, chiedendo che le norme impugnate dalle Regioni
siano dichiarate illegittime e, in prossimità dell'udienza di discussione, ha
depositato memorie con le quali insiste nelle conclusioni già rassegnate negli
atti di intervento.
30. - Nel giudizio introdotto dal ricorso n. 70 del 2006 sono intervenute la
Biomasse Italia s.p.a., la Società Italiana Centrali Termoelettriche - SICET
S.r.l., la Ital Green Energy S.r.l. e la E.T.A. Energie Tecnologie Ambiente
s.p.a., chiedendo che la Corte costituzionale dichiari l'inammissibilità e
comunque l'infondatezza delle questioni promosse dalla Regione Piemonte.
Successivamente, le stesse società hanno depositato una memoria con la quale
insistono nelle conclusioni formulate nell'atto di intervento e, per alcune
questioni, chiedono una dichiarazione di «sopravvenuta improcedibilità».
Considerato in diritto
1. - Le Regioni Emilia-Romagna (con due distinti ricorsi), Calabria, Toscana,
Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche,
Basilicata, hanno proposto in via principale, tra l'altro, questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 55, 57, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 66, 67,
68, 69, 70, 72, 116, 117 e 175 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale), lamentando la violazione degli artt. 3, 5, 11,
76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, dell'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), degli artt. 2, lettere d), e), f), g), i), m), q), 3,
lettera d), e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto
speciale per la Valle d'Aosta), del principio di leale collaborazione e del
principio di legalità.
Stante la loro connessione oggettiva, i suddetti ricorsi devono essere riuniti
ai fini di un'unica pronuncia.
2. - Riservata ad altre pronunce la decisione sulle ulteriori questioni di
legittimità costituzionale sollevate con i medesimi ricorsi, in via preliminare
va dichiarata l'inammissibilità dell'intervento in giudizio dell'Associazione
Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus, della Biomasse
Italia s.p.a., della Società Italiana Centrali Termoelettriche - SICET S.r.l.,
della Ital Green Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnologie Ambiente s.p.a.,
in applicazione dell'orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo
cui il giudizio di costituzionalità in via principale si svolge «esclusivamente
fra soggetti titolari di potestà legislativa, fermi restando per i soggetti
privi di tale potestà i mezzi di tutela delle loro posizioni soggettive, anche
costituzionali, di fronte a questa Corte in via incidentale» (da ultimo,
sentenza n. 405 del 2008).
3. - Le norme impugnate appartengono alla Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006,
intitolata «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione,
di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche» e,
in particolare, fanno parte della sezione I «Norme in materia di difesa del
suolo e lotta alla desertificazione» (il solo art. 175 è compreso nella sezione
IV «Disposizioni transitorie e finali»).
Tutte le predette disposizioni sono riconducibili alla materia «tutela
dell'ambiente».
In effetti, già la prima delle norme contenute nella sezione I della Parte III
del d.lgs. n. 152 del 2006 (art. 53), nell'individuare le finalità delle
disposizioni che compongono la sezione medesima, dichiara che esse «sono volte
ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il
risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di
dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla
desertificazione». Sono scopi che attengono con buona evidenza direttamente alla
tutela delle condizioni e qualità intrinseche del suolo e non già alla sua
utilizzazione.
Simile osservazione vale per tutte le disposizioni che compongono la sezione I.
Si tratta di interventi (conservazione e recupero del suolo, difesa e
sistemazione dei corsi d'acqua, moderazione delle piene, disciplina delle
attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al
fine di prevenire il dissesto del territorio, difesa e consolidamento dei
versanti e degli abitati contro frane, valanghe e altri fenomeni di dissesto,
contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque
marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, protezione delle coste e degli
abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine, razionale
utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, svolgimento
funzionale dei servizi di polizia idraulica e di navigazione interna, nonché
della gestione dei relativi impianti, manutenzione ordinaria e straordinaria
delle opere e degli impianti nel settore e conservazione dei beni;
regolamentazione dei territori interessati dai predetti interventi ai fini della
loro tutela ambientale, riordino del vincolo idrogeologico) miranti non già a
disciplinare come e secondo quali regole l'uomo debba stabilire propri
insediamenti (abitativi, industriali, eccetera) sul territorio, bensì a
garantire un certo stato del suolo, così come le norme contro l'inquinamento
delle acque mirano a garantire un determinato standard qualitativo dei corpi
idrici, quelle contro l'inquinamento atmosferico uno specifico livello
qualitativo dell'aria, e così via.
4. - Le ricorrenti hanno denunciato, in riferimento a numerose disposizioni del
d.lgs. n. 152 del 2006, la violazione dei criteri direttivi della legge n. 308
del 2004. E' opportuno, pertanto, prima di esaminare le singole questioni,
precisare la portata ed il contenuto dei princìpi enunciati dalla predetta legge
di delega.
L'art. 1 di tale legge ha conferito al Governo il potere di adottare uno o più
decreti legislativi in materia di: a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti
contaminati; b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse
idriche; c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione; d) gestione delle
aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie
protette di flora e di fauna; e) tutela risarcitoria contro i danni
all'ambiente; f) procedure per la valutazione di impatto ambientale, per la
valutazione ambientale strategica e per l'autorizzazione ambientale integrata;
g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.
La delega, pur mirando al riordino della materia, consentiva al Governo di
emanare norme innovative.
Ciò si ricava dal comma 1 dell'art. 1 della legge n. 308 del 2004, che
attribuiva agli emanandi decreti legislativi, non solo il compito di
«coordinamento» delle previgenti disposizioni, ma anche quello di «riordino» e
di «integrazione» della normativa relativa ai settori elencati nello stesso
comma 1.
Il carattere innovativo della delega è confermato dai princìpi e criteri
direttivi indicati nei successivi commi 8 e 9 dello stesso art. 1, molti dei
quali, implicitamente o esplicitamente, presuppongono o impongono la modifica
sostanziale della normativa ambientale all'epoca vigente.
Ad esempio, il comma 8, alla lettera b) impone al Governo il «conseguimento di
maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali»; alla lettera d)
fissa, quale obiettivo del legislatore delegato, lo «sviluppo e coordinamento
[…], delle misure e degli interventi che prevedono incentivi e disincentivi,
finanziari o fiscali, volti a sostenere, ai fini della compatibilità ambientale,
l'introduzione e l'adozione delle migliori tecnologie disponibili […], nonché il
risparmio e l'efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di
tutela dell'ambiente e di sostenibilità dello sviluppo, anche attraverso
strumenti economici, finanziari e fiscali»; alla lettera e) impone la «piena e
coerente attuazione delle direttive comunitarie»; alla lettera l) richiede al
Governo la «semplificazione, anche mediante l'emanazione di regolamenti, ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, delle
procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione, di denuncia
o di notificazione in materia ambientale».
Con specifico riferimento all'assetto delle competenze in materia ambientale,
poi, lo stesso comma 8, formula in apertura, un criterio generalissimo, secondo
cui i decreti legislativi dovevano conformarsi a princìpi direttivi quali, a
livello costituzionale, il rispetto: dei princìpi e delle norme comunitarie;
delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle
attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, come definite ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione; del principio di sussidiarietà, fatte
salve le norme statutarie e le relative norme di attuazione delle Regioni a
statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e, in materia
di legislazione ordinaria, il rispetto della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega
al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti
locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa) e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
La contestuale menzione, accanto alla legge n. 59 del 1997 ed al d.lgs. n. 112
del 1998, dell'art. 117 Cost. (che, al secondo comma, attribuisce allo Stato
competenza esclusiva in tema di «tutela dell'ambiente») e del flessibile
principio di sussidiarietà (che consente allo Stato - competente per la tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema - di riservare a sé le funzioni amministrative
in siffatta materia tutte le volte in cui, ai sensi dell'art. 118 Cost., sia
ravvisata l'esigenza di un loro esercizio unitario), conferma l'ipotesi che
nessun carattere di intangibilità può attribuirsi alle previsioni delle predette
norme ordinarie. Se così non fosse, la pretesa immodificabilità della
distribuzione delle funzioni amministrative in materia ambientale contenuta nel
d.lgs. n. 112 del 1998 impedirebbe l'attuazione di gran parte dei princìpi
precisati subito dopo nello stesso comma 8 e nel successivo comma 9.
Pertanto i criteri indicati nell'incipit dell'art. 1, comma 8, della legge n.
308 del 2004, debbono essere valutati e coordinati alla luce degli ulteriori
criteri espressi dalla legge di delega, nel senso che il legislatore delegato
era abilitato a modificare le attribuzioni già conferite alle Regioni quando la
modifica fosse coerente con uno dei princìpi direttivi indicati nelle lettere
progressive che compongono i commi 8 e 9 dell'art. 1. Ad esempio, se
l'attuazione di una direttiva comunitaria avesse richiesto, per assicurarne
l'esercizio unitario, uno spostamento, nel settore interessato, delle funzioni
amministrative, la riallocazione di competenze avrebbe potuto legittimamente
essere disposta dal legislatore delegato anche presso il livello statale.
Tale conclusione è valida anche con riferimento al settore della difesa del
suolo, rispetto al quale l'art. 1, comma 9, lettera c), detta, tra gli altri
criteri, quello di «valorizzare il suolo e le competenze svolte dagli organismi
a composizione mista statale e regionale». Questa previsione non deve intendersi
nel senso che essa imponesse al legislatore delegato l'obbligo di conservare le
precedenti competenze degli organismi in questione, né tantomeno quello di
mantenere la precedente proporzione tra le componenti statale e regionale di
questi organi. Essa comporta solamente che, nell'intervenire sulla disciplina
del settore, il Governo doveva comunque riconoscere un ruolo e attribuire
competenze ad organismi a composizione mista statale-regionale.
Dalle considerazioni che precedono discende che il mero effetto riduttivo delle
attribuzioni regionali derivante dalla disciplina posta dal d.lgs. n. 152 del
2006 rispetto a quella contenuta nel d.lgs. n. 112 del 1998 non è sufficiente
per considerare illegittima una disposizione del primo decreto legislativo,
essendo necessario, invece, dimostrare che la riallocazione a livello statale di
determinate competenze non costituisce attuazione di uno dei princìpi direttivi
indicati nei commi 8 e 9 dell'art. 1 della legge di delega.
5. - Passando all'esame delle singole questioni, la Regione Umbria censura
l'art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale stabilisce che
l'attività conoscitiva per le finalità di cui all'art. 53 (tutela e risanamento
del suolo e del sottosuolo, risanamento idrogeologico del territorio tramite la
prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a
rischio e la lotta alla desertificazione) e riferita all'intero territorio
nazionale, è svolta, secondo criteri, metodi e standard di raccolta,
elaborazione e consultazione, nonché modalità di coordinamento e di
collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che
garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la
costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento
difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi
tecnici (APAT), di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi
informativi regionali e quelli delle province autonome.
La ricorrente deduce che la disposizione violerebbe il principio di leale
collaborazione, in quanto accentrerebbe in un soggetto statale (l'APAT), senza
coinvolgimento delle Regioni, le scelte di costituzione e gestione di un unico
sistema informativo; inoltre essa censura l'obbligo del raccordo dei sistemi
informativi regionali, «nella misura in cui questo accordo non sia bilaterale».
La questione non è fondata.
Lo Stato è abilitato a dettare norme in materia di «coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e
locale» [art. 117, secondo comma, lettera r), Cost.]. L'art. 55, comma 2, del
d.lgs. n. 152 del 2006 mira appunto alla creazione di un sistema informativo
avente ad oggetto la raccolta e l'elaborazione (secondo criteri e metodi diretti
ad assicurare l'omogeneità necessaria per la loro proficua elaborazione ed
utilizzazione) dei dati rilevanti nel settore della difesa del suolo.
Trattandosi di norma appartenente ad un ambito materiale riservato alla
competenza esclusiva dello Stato e considerata la natura eminentemente tecnica
della disciplina di coordinamento statale, va escluso che il principio di leale
collaborazione imponga nella fattispecie una forma di coinvolgimento delle
Regioni. Si aggiunga che obblighi costituenti espressione di un coordinamento
meramente informativo gravanti sulle Regioni non sono di per sé idonei a ledere
sfere di autonomia costituzionalmente garantite (sentenza n. 376 del 2003).
6. - La Regione Calabria impugna l'art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006,
secondo cui l'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo
svolgimento dell'attività conoscitiva in tema di difesa del suolo ed ai fini
della diffusione dell'informazione ambientale, lamentando che la norma
violerebbe l'art. 118 Cost., poiché demanderebbe ad una associazione di
categoria, rappresentativa degli interessi dei Comuni, un'attività che, secondo
la ricorrente, deve trovare la sua sede naturale nella Conferenza Stato-città e
nel normale esercizio delle funzioni amministrative da parte degli enti
territoriali.
La stessa ricorrente invoca, poi, la dichiarazione di illegittimità in via
consequenziale ex art. 27, secondo periodo, della legge n. 87 del 1953,
dell'art. 55, comma 5, contenente disposizioni in tema di esercizio, da parte
dell'ANCI, delle attività previste dal precedente comma 4.
6.1. - La questione relativa all'art. 55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006
non è fondata.
La norma, infatti, si limita a prevedere che l'ANCI «contribuisce» allo
svolgimento dell'attività conoscitiva, senza sottrarre alle Regioni alcuna
competenza. Essa, dunque, è priva di idoneità lesiva delle attribuzioni
regionali costituzionalmente garantite.
6.2. - La questione relativa al comma 5 dello stesso art. 55 è invece
inammissibile, perché la ricorrente, anziché chiedere la dichiarazione di
illegittimità della norma in via consequenziale, avrebbe dovuto impugnare
direttamente la disposizione in oggetto.
7. - La Regione Piemonte propone un'unica questione impugnando congiuntamente
gli artt. 57, 63, 64, 65, 66, 67, 68 e 175 del d.lgs. n. 152 del 2006 e
lamentando che essi violerebbero l'art. 76 Cost., sia per contrasto con l'art.
1, comma 1, della legge n. 308 del 2004, che individua l'oggetto della delega
nel «riordino, coordinamento e integrazione» della normativa esistente, sia per
contrasto con l'art. 1, comma 8, della stessa legge n. 308 - che impone il
rispetto della attribuzioni regionali definite dall'art. 117 Cost., dalla legge
n. 59 del 1997 e dal d.lgs. n. 112 del 1998 - e con l'art. 1, comma 9, lettera
c), della medesima legge. L'eccesso di delega si sarebbe concretizzato nella
«compressione delle prerogative istituzionali regionali ed in generale del ruolo
delle autonomie territoriali nell'ambito considerato della difesa del suolo,
stravolgendo l'ordinamento della legge-quadro n. 183 del 1989».
La questione è inammissibile per la genericità dei termini in cui è stata
formulata.
Infatti la motivazione è riferita ad un complesso di norme dal contenuto
eterogeneo e la ricorrente non puntualizza i motivi di illegittimità delle
singole disposizioni impugnate.
8. - Le Regioni Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006), Calabria, Toscana,
Piemonte e Marche propongono alcune questioni aventi ad oggetto varie
disposizioni contenute nell'art. 57 d.lgs. n. 152 del 2006.
Tale articolo, tra l'altro, individua le competenze, in materia di difesa del
suolo e lotta alla desertificazione del Presidente del Consiglio dei ministri
(comma 1) e del Comitato dei ministri per gli interventi nel settore della
difesa del suolo (commi 3 e 4), e stabilisce la forma di partecipazione della
Conferenza Stato-Regioni [comma 1, lettera a), n. 2) e comma 6].
8.1. - La Regione Piemonte censura, in particolare, l'art. 57, comma 1, lettera
a), n. 2, nella parte in cui prevede che i piani di bacino siano approvati con
un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «sentita la Conferenza
Stato-Regioni», deducendo che tale previsione contrasterebbe con gli artt. 3, 5,
76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. ed i «princìpi di leale collaborazione,
ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarietà, buon andamento
della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di princìpi e norme del
diritto comunitario e di convenzioni internazionali», poiché esautorerebbe le
Regioni di ogni potere.
Tale questione è inammissibile, perché non è specificato quale, tra i numerosi
parametri costituzionali genericamente evocati dalla ricorrente, sarebbe leso
dalla norma censurata sulla base della motivazione enunciata nel ricorso.
8.2. - Le questioni proposte dalle altre Regioni debbono invece essere esaminate
nel merito.
Un primo gruppo di esse concerne le disposizioni in tema di atti di indirizzo e
coordinamento contenute nell'art. 57. Nel settore della difesa del suolo e della
lotta alla desertificazione, tali atti sono approvati dal Presidente del
Consiglio dei ministri [art. 57, comma 1, lettera a), n. 4]; il Comitato dei
ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo «adotta gli atti
di indirizzo e di coordinamento delle attività» (comma 3) e «propone gli
indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con
gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto» (comma 4); i
princìpi di tutti questi atti di indirizzo e coordinamento sono definiti sentita
la Conferenza Stato-Regioni (comma 6).
Queste norme sono censurate dalle Regioni Emilia-Romagna (ad eccezione del comma
3), Calabria, Toscana (limitatamente ai commi 4 e 6) e Marche (limitatamente ai
commi 4 e 6), le quali sostengono, anzitutto, che la previsione di una funzione
statale di indirizzo e coordinamento in una materia di potestà legislativa
concorrente contrasterebbe con gli artt. 117 e 118 Cost. In secondo luogo, le
predette disposizioni dell'art. 57 del d.lgs. n. 152 del 2006 violerebbero
l'art. 76 Cost., perché l'art. 1, comma 8, lettera m), della legge di delega n.
308 del 2004 indicava tra i princìpi ed i criteri direttivi la «riaffermazione
del ruolo delle Regioni» (che non potrebbe realizzarsi in presenza di atti
statali di indirizzo e coordinamento) e imponeva il rispetto delle attribuzioni
regionali definite dal d.lgs. n. 112 del 1998 (e questo, all'art. 52, prevedeva
che l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con
riferimento alla difesa del suolo, pur rientrando tra i compiti di rilievo
nazionale, dovesse avvenire «attraverso intese nella Conferenza unificata»).
Infine, gli artt. 117 e 118 Cost. sarebbero lesi dalla mancata previsione della
necessità dell'intesa con la Conferenza Stato-Regioni per la definizione degli
indirizzi in materia di difesa del suolo.
Le questioni non sono fondate.
Non sussistono le denunciate violazioni degli artt. 117 e 118 della
Costituzione. Come si è già detto, l'art. 57 - al pari delle altre norme che
compongono la sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006 - appartiene,
non ad un ambito materiale di potestà legislativa concorrente, bensì alla
materia della tutela dell'ambiente (di competenza statale esclusiva).
Conseguentemente, da un lato, esso prevede legittimamente, in capo allo Stato,
l'attività di indirizzo e coordinamento e, dall'altro, per l'esercizio di quest'ultima
attività, non è costituzionalmente imposta, quale forma di collaborazione
istituzionale, l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
In ragione della possibile influenza dell'attività in questione su attribuzioni
regionali in materie di competenza legislativa concorrente o residuale, è bensì
necessario un coinvolgimento delle Regioni che le norme impugnate assicurano in
maniera adeguata mediante la previsione del parere che deve essere espresso
dalla Conferenza Stato-Regioni sui princìpi degli atti di indirizzo e
coordinamento.
Deve poi essere escluso il rischio (paventato dalle Regioni Toscana e Marche)
che il compito, assegnato dall'art. 57, comma 4, al Comitato dei ministri, di
proporre gli indirizzi delle politiche settoriali riguardi anche piani di
settore di competenza regionale; infatti, la norma si riferisce esclusivamente
alle politiche settoriali che rientrano nelle materie di competenza statale.
Non sussiste neppure lesione dell'art. 76 della Costituzione.
In particolare, non è violato il principio direttivo relativo alla
«riaffermazione del ruolo delle Regioni» [art. 1, comma 8, lettera m), della
legge n. 308 del 2004]. Infatti, ricordato che si verte in materia di tutela
dell'ambiente, il riconoscimento di un potere di indirizzo e coordinamento in
capo allo Stato è connaturato all'attribuzione allo stesso Stato della
competenza legislativa esclusiva in materia. Del resto, la medesima lettera m)
precisa che la riaffermazione del ruolo delle Regioni deve avvenire «ai sensi
dell'articolo 117 della Costituzione», il quale, appunto, attribuisce la
predetta competenza esclusiva allo Stato e, come detto (supra, n. 4), il mero
effetto riduttivo delle precedenti attribuzioni regionali non è di per sé fonte
di illegittimità delle previsioni del d.lgs. n. 152 del 2006 per violazione
dell'art. 76 della Costituzione.
La Regione Emilia-Romagna individua un ulteriore motivo di violazione del
precetto costituzionale da ultimo richiamato nel fatto che l'art. 52 del d.lgs.
n. 112 del 1998 prevedeva che l'identificazione delle linee fondamentali
dell'assetto del territorio con riferimento alla difesa del suolo, pur
rientrando tra i compiti di rilievo nazionale, dovesse avvenire «attraverso
intese nella Conferenza unificata», intese oggi non più previste. Ribadito
quanto precedentemente detto in generale sul valore da assegnare al richiamo del
d.lgs. n. 112 del 1998 contenuto nell'incipit del comma 8 dell'art. 1 della
legge n. 308 del 2004, nella fattispecie ci troviamo di fronte proprio ad un
caso nel quale le disposizioni di quel risalente decreto legislativo sono
innovate da norme coerenti con il nuovo riparto di competenze definito dall'art.
117 Cost., così come novellato dalla legge cost. n. 3 del 2001. Con riferimento
alle norme oggetto della presente questione, l'interpretazione coordinata dei
vari criteri enunciati in apertura dal comma 8 dell'art. 1 della legge n. 308
del 2004, comporta l'impossibilità di ritenere rilevante, ai fini della
valutazione del rispetto dell'art. 76 Cost., la previsione dell'art. 52 del
d.lgs. n. 112 del 1998, secondo la quale le linee fondamentali dell'assetto del
territorio dovevano essere individuate previa intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni.
8.3. - La Regione Emilia-Romagna censura specificamente, poi, l'art. 57, comma
1, lettera a), n. 1, nella parte in cui attribuisce al Presidente del Consiglio
dei ministri il compito di deliberare i «metodi» ed i «criteri, anche tecnici»,
in relazione allo svolgimento delle attività di cui agli artt. 55 e 56, cioè
delle attività conoscitive, di pianificazione, di programmazione e di
attuazione, deducendo che tale disposizione violerebbe il principio di legalità
(perché l'oggetto del conferimento sarebbe indeterminato) e l'art. 117, secondo,
terzo, quarto e sesto comma, Cost. (poiché tale conferimento darebbe luogo ad un
abnorme potere normativo non inquadrabile nella disciplina costituzionale dei
rapporti tra legge statale e legge regionale e del potere regolamentare).
In subordine, qualora siffatto potere normativo fosse ammissibile, ad avviso
della ricorrente l'art. 57, comma 1, lettera a), n. 1, violerebbe gli artt. 76 e
117 Cost., nella parte in cui non prevede il coinvolgimento delle Regioni nella
forma dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, e l'art. 1, comma 8,
della legge n. 308 del 2004 (che impone il rispetto delle attribuzioni regionali
definite dal d.lgs. n. 112 del 1998) e quindi l'art. 76 Cost., perché già l'art.
54, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, prevedeva che le funzioni relative alla
identificazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il
materiale cartografico ufficiale esistente fossero esercitate d'intesa con la
Conferenza unificata.
La questione non è fondata.
Non sussiste violazione del principio di legalità, perché la norma, riferendosi
espressamente agli artt. 55 e 56, non è fonte di alcuna incertezza circa le
attività in relazione alle quali il Presidente del Consiglio dei ministri può
deliberare.
Né l'attribuzione di un simile compito al Presidente del Consiglio dei ministri,
in una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato, vìola il riparto
di competenza legislativa tra Stato e Regioni definito dall'art. 117 Cost.
Nella fattispecie, poi, non è ravvisabile la necessità di un coinvolgimento
regionale. In effetti, si tratta di indicazioni metodologiche, di natura anche
tecnica, dirette ad uniformare ed omogeneizzare le attività in questione.
A proposito dell'asserita violazione dell'art. 76 Cost., oltre alle
considerazioni già svolte, si deve aggiungere che la norma dalla quale la
ricorrente desume un precedente maggior coinvolgimento regionale [art. 54, comma
2, lettera b), del d.lgs. n. 112 del 1998] riguarda semplicemente la
«indicazione dei criteri per la raccolta e l'informatizzazione di tutto il
materiale cartografico ufficiale esistente, e per quello in corso di
elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per una più agevole lettura
dei dati» e, pertanto, non può costituire un valido termine di raffronto
rispetto all'art. 57, comma 1, lettera a), n. 1, che concerne i metodi ed i
criteri di svolgimento delle attività conoscitive, di pianificazione, di
programmazione e di attuazione in materia di difesa del suolo.
8.4. - L'art. 57, comma 1, lettera a), n. 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 nella
parte in cui prevede che i piani di bacino siano approvati con un decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, «sentita la Conferenza Stato-Regioni», è
impugnato, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale
collaborazione, dalle Regioni Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006),
Calabria e Toscana, le quali sostengono che, essendo i piani di bacino
strettamente correlati alla tutela del territorio regionale, la loro
approvazione dovrebbe essere condizionata all'acquisizione di un'intesa in sede
di Conferenza Stato-Regioni.
La questione non è fondata.
Infatti i piani di bacino, costituendo il fondamentale strumento di
pianificazione in materia di difesa del suolo e delle acque, anche al fine di
assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative,
rientrano a pieno titolo nell'ambito materiale della tutela dell'ambiente.
Pertanto gli interessi regionali risultano adeguatamente tutelati dalla forma di
collaborazione prevista dalla norma impugnata (parere della Conferenza
Stato-Regioni).
8.5. - L'art. 57, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, nella
parte in cui prevede l'attività sostitutiva del Governo «in caso di persistente
inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla
presente sezione», è impugnato dalla Regione Calabria per lesione degli artt.
117, quinto comma, 118 e 120, secondo comma, Cost. (perché esso, a causa della
sua genericità, consentirebbe allo Stato di agire in via sostitutiva al di fuori
delle fattispecie espressamente contemplate nelle disposizioni costituzionali
sopra indicate) e dalla Regione Emilia-Romagna, qualora siffatta disposizione
dovesse essere intesa come «norma di conferimento di effettivi poteri
sostitutivi», per violazione del principio di legalità (in quanto generica ed
indeterminata) e perché non sono previste modalità di collaborazione con le
Regioni.
Le questioni non sono fondate.
La norma in oggetto si limita ad attribuire al Presidente del Consiglio dei
ministri il potere di compiere gli atti volti a provvedere in via sostitutiva in
caso di persistente inattività dei soggetti tenuti a provvedere, ma non
configura una distinta fattispecie di potere sostitutivo statale esercitabile al
di fuori delle condizioni previste dall'art. 120, secondo comma, della
Costituzione.
8.6. - La Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006), censura l'art. 57,
comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, poiché esso, attribuendo al
Presidente del Consiglio dei ministri l'approvazione del programma nazionale di
intervento senza prevedere alcun coinvolgimento delle Regioni, violerebbe i
princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione e l'art. 1, comma 8, della
legge n. 308 del 2004 (che impone il rispetto delle attribuzioni regionali
definite dal d.lgs. n. 112 del 1998) e quindi l'art. 76 Cost., perché il
predetto d.lgs. n. 112 del 1998, agli artt. 86, comma 3, e 89, commi 1, lettera
h), e 5, prevedeva varie modalità di coinvolgimento delle Regioni.
La questione è fondata nei limiti di seguito precisati.
Il programma nazionale di intervento è un atto che, per l'ampiezza del proprio
contenuto, è sicuramente suscettibile di produrre significativi effetti
indiretti anche nella materia del governo del territorio, di competenza
legislativa concorrente. Il principio di leale collaborazione istituzionale
richiede, pertanto, il coinvolgimento delle Regioni nella forma del parere, come
era già previsto dall'art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998.
Non è fondata, invece, la pretesa della ricorrente di ottenere la dichiarazione
dell'illegittimità dell'art. 57, comma 1, lettera b), nella parte in cui non
prevede l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Infatti, ricordato che era
onere della ricorrente individuare le specifiche funzioni attribuite alle
Regioni dal d.lgs. n. 112 del 1998 che sarebbero state illegittimamente
sottratte ad esse dal d.lgs. n. 152 del 2006, le disposizioni del d.lgs. n. 112
all'uopo indicate nella fattispecie dalla Regione Emilia-Romagna, o sono norme
già abrogate alla data di emanazione della legge n. 308 del 2004 (art. 86, comma
3, d.lgs. n. 112 del 1998) - e, dunque, non suscettibili di essere comprese nel
rinvio al d.lgs. n. 112 del 1998 operato dall'art. 1, comma 8, della legge di
delega -, oppure [art. 89, commi 1, lettera h), e 5 del d.lgs. n. 112 del 1998]
concernevano funzioni diverse da quella generale di programmazione cui si
riferisce la norma oggetto della presente questione che, invece, è omogenea a
quella prevista dal citato art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, che
prevedeva il semplice parere della Conferenza unificata.
Pertanto va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1,
lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che il
programma nazionale di intervento sia approvato previo parere della Conferenza
unificata.
8.7. - La Regione Calabria impugna l'art. 57, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 152 del
2006, nella parte in cui attribuisce al Comitato dei ministri «funzioni di alta
vigilanza» (comma 3) e nella parte in cui concreta tali funzioni prevedendo la
verifica della «coerenza nella fase di approvazione» degli atti di
pianificazione (comma 4), per contrasto con l'art. 118 Cost. (non potendosi
prospettare l'esercizio in capo allo Stato delle funzioni di alta vigilanza in
un àmbito nel quale il principio di sussidiarietà impone l'attribuzione ai
livelli di governo infra-statuali delle funzioni amministrative) e con l'art. 76
Cost. (risultando violato l'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del
2004 che garantiva «agli enti infra-statuali, come soglia minima a livello di
autonomia, il mantenimento dello status quo» mentre, nella fattispecie, il
previgente art. 4, comma 3, della legge n. 183 del 1989 limitava l'attribuzione
delle funzioni di alta vigilanza del Comitato dei ministri ai soli «servizi
tecnici nazionali»).
La questione non è fondata.
Per principio generale, la competenza in tema di funzioni di vigilanza coincide
con quella relativa all'attività oggetto di vigilanza. Nei commi 3 e 4 dell'art.
57 non è contenuto alcun riferimento che possa indurre a ritenere che i compiti
di vigilanza da essi attribuiti al Comitato dei ministri riguardino anche
attività rientranti nelle attribuzioni delle Regioni. Pertanto, dovendosi
ritenere che quei compiti di vigilanza abbiano ad oggetto esclusivamente
attività di competenza statale, la norma non lede le prerogative garantite alle
Regioni dalla Costituzione.
9. - Le Regioni Calabria, Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia e
Marche propongono alcune questioni aventi ad oggetto disposizioni contenute
nell'art. 58 del d.lgs. n. 152 del 2006, norma che individua le competenze del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
9.1. - La Regione Calabria afferma che l'art. 58 violerebbe il principio di
leale collaborazione, perché la «marcata incidenza» delle competenze del
Ministro sulla potestà legislativa delle Regioni renderebbe necessaria la
partecipazione di queste ultime «ai procedimenti che si concludano con atti
imputabili al Ministro».
La questione è inammissibile per la sua genericità, poiché la ricorrente impugna
l'art. 58 nel suo complesso, senza indicare quali competenze del Ministro
dell'ambiente sarebbero lesive delle attribuzioni regionali.
9.2. - Anche la questione avente ad oggetto l'art. 58, comma 3, lettere b), e) e
g) sollevata dalla Regione Emilia-Romagna è inammissibile, perché la ricorrente
non motiva in alcun modo la propria censura.
9.3. - Le altre questioni proposte sulle disposizioni dell'art. 58 del d.lgs. n.
152 del 2006 debbono essere esaminate nel merito.
In primo luogo, è censurata la previsione di cui alla lettera a) del comma 3
dell'art. 58, per violazione degli artt. 117 e 118 e del principio di leale
collaborazione (Regioni Toscana, Umbria, Liguria, Puglia e Marche), poiché la
norma attribuisce al Ministro dell'ambiente funzioni di programmazione,
finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo senza
alcun coinvolgimento delle Regioni. E' denunciata altresì la violazione
dell'art. 76 Cost., poiché la disposizione impugnata, in contrasto con l'art. 1,
comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004, ha effetti peggiorativi per le
Regioni (Regioni Umbria, Liguria e Puglia), le quali, in precedenza, potevano
godere delle forme di coinvolgimento previste dagli artt. 86, comma 3, e 89,
commi 1, lettera h), e 5, del d.lgs. n. 112 del 1998 (Regione Emilia-Romagna).
La questione è fondata, nei limiti di seguito precisati, per gli stessi motivi
indicati (v., supra, n. 8.6) a proposito dell'approvazione del piano nazionale
di intervento di cui all'art. 57, comma 1, lettera b).
Infatti, ribadito che anche gli interventi in tema di difesa del suolo
appartengono a pieno titolo alla materia della tutela dell'ambiente, le generali
funzioni di programmazione e finanziamento che l'art. 58, comma 3, lettera a),
assegna al Ministro dell'ambiente, sono tali da produrre effetti significativi
sull'esercizio delle attribuzioni regionali in materia di governo del
territorio. Nella fattispecie, pertanto, il principio di leale collaborazione
impone un coinvolgimento delle Regioni e la norma va dichiarata illegittima
nella parte in cui non stabilisce che la programmazione ed il finanziamento
degli interventi in difesa del suolo avvengano sentita la Conferenza unificata,
analogamente a quanto disposto in precedenza - per le stesse funzioni -
dall'art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998.
La declaratoria di illegittimità costituzionale non riguarda il potere di
controllo, anch'esso attribuito al Ministro dell'ambiente dalla disposizione
oggetto della presente questione, perché - per motivi analoghi a quelli
illustrati con riferimento alla non fondatezza della questione sollevata
relativamente alle funzioni di alta vigilanza attribuite al Comitato dei
ministri dall'art. 57, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (v., supra, n. 8.7) -
si deve ritenere che le funzioni di controllo del Ministro dell'ambiente
riguardino esclusivamente attività di competenza statale.
Non è fondata la pretesa della ricorrente Emilia-Romagna di ottenere la
dichiarazione dell'illegittimità dell'art. 58, comma 3, lettera a), nella parte
in cui non prevede l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Infatti, come
nel caso dell'impugnazione dell'art. 57, comma 1, lettera b), anche nella
presente questione la Regione Emilia-Romagna indica norme del d.lgs. n. 112 del
1998 che erano già abrogate alla data di emanazione della legge n. 308 del 2004
(art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998) oppure [art. 89, commi 1, lettera
h), e 5 del d.lgs. n. 112 del 1998] concernevano funzioni diverse da quella
generale di programmazione e finanziamento cui si riferisce la disposizione
oggetto della presente questione che, invece, come si è detto, è omogenea a
quella prevista dal citato art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998.
9.4. - Le Regioni Umbria, Liguria e Puglia impugnano anche la disposizione di
cui alla lettera b) del comma 3 dell'art. 58, che attribuisce al Ministro
dell'ambiente i compiti di «previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane,
alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo
termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme
restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli
interventi di somma urgenza». Ad avviso delle ricorrenti, la norma violerebbe
gli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione (perché
attribuisce al Ministro dell'ambiente funzioni amministrative di competenza
regionale senza che sussistano esigenze di esercizio unitario) e l'art. 76 Cost.
[per il carattere innovativo della norma e perché - in contrasto con quanto
previsto dall'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004 - peggiora
la posizione regionale così come definita dal previgente art. 108, comma 1,
lettera a), del d.lgs. n. 112 del 1998].
Le questioni non sono fondate.
La norma attiene ad un particolare aspetto della più generale attività di difesa
del suolo, e precisamente alla parte relativa ai rischi derivanti dal dissesto
idrogeologico che spesso interessano più regioni. Rientra pertanto anch'essa
nell'àmbito materiale della tutela dell'ambiente. La disposizione non può invece
essere ricondotta alla materia del governo del territorio, perché essa non
attribuisce al Ministro dell'ambiente le funzioni in tema di utilizzazione del
territorio, ma competenze dirette ad assicurare la salvaguardia dello stato del
suolo, come affermato espressamente dalla stessa norma che individua il fine
delle attribuzioni ministeriali in quello di «garantire condizioni ambientali
permanenti ed omogenee».
Né l'art. 58, comma 3, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006 invade le
attribuzioni regionali in materia di protezione civile, perché esso fa salve le
competenze del Dipartimento della protezione civile e, quindi, anche le
corrispondenti attribuzioni delle Regioni.
Quanto al principio di leale collaborazione, la sua salvaguardia è assicurata
dalla necessità del parere della Conferenza unificata per l'esercizio delle
funzioni di programmazione e finanziamento, quale risulta a seguito della
declaratoria di parziale illegittimità della lettera a) dello stesso art. 58,
comma 3. Infatti, il parere sarà richiesto anche in caso di programmazione e
finanziamento riguardanti la prevenzione del rischio idrogeologico.
Non sussiste neppure il denunciato contrasto con l'art. 76 Cost., poiché la
norma impugnata non fa venir meno le competenze attribuite alle Regioni
dall'art. 108, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 112 del 1998, che si
riferiscono, in generale, all'attività di previsione e prevenzione dei rischi in
materia di protezione civile. L'art. 58, comma 3, lettera b), del d.lgs. n. 152
del 2006 si riferisce, invece, all'attività di previsione e prevenzione
funzionale allo specifico scopo della difesa del suolo. In quest'àmbito, esso
trova una corrispondenza con l'art. 88, comma 1, lettere c) e z), del d.lgs. n.
112 del 1998 che attribuiscono allo Stato i compiti relativi, rispettivamente,
agli «indirizzi volti all'accertamento, ricerca e studio degli elementi
dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio» e «alla
determinazione di criteri, metodi e standard volti a garantire omogeneità delle
condizioni di salvaguardia della vita umana, del territorio e dei beni».
9.5. - Le Regioni Calabria, Toscana, Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006) e
Marche impugnano l'art. 58, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006,
secondo cui al Ministro dell'ambiente compete identificare le «linee
fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori
naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all'impatto
ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle
opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali». Sarebbero
violati gli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione
(poiché la norma interferirebbe in maniera rilevante con le attribuzioni
regionali in materia di governo del territorio, onde sarebbe necessaria l'intesa
con la Regione) e l'art. 76 Cost. (perché - in contrasto con quanto previsto
dall'art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004 - peggiora la
posizione regionale, in particolare non richiedendo l'intesa nella Conferenza
unificata, invece richiesta dall'art. 52, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 112 del
1998).
La questione è fondata nei limiti di seguito precisati.
I compiti attribuiti al Ministro dell'ambiente dall'art. 58, comma 3, lettera
d), del d.lgs. n. 152 del 2006 sono sicuramente tali da produrre effetti
indiretti sulla materia del governo del territorio e dunque il loro esercizio
richiede un cointeressamento delle Regioni che deve essere realizzato nella
forma del parere della Conferenza unificata.
Né a esito diverso può pervenirsi per il tramite di una pretesa violazione
dell'art. 76 Cost., perché, come già chiarito (v., supra, n. 8.2), l'art. 52 del
d.lgs. n. 112 del 1998 (il quale prevedeva che l'identificazione delle linee
fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento alla difesa del suolo
dovesse avvenire «attraverso intese nella Conferenza unificata»), richiamato
anche nell'ambito della presente questione a sostegno della denunciata lesione
dei princìpi direttivi della legge di delega n. 308 del 2004, rappresenta una
delle disposizioni del d.lgs. n. 112 del 1998 che può essere legittimamente
superata dalla nuova normativa in riferimento a esigenze di esercizio unitario
ai sensi dell'art. 118 Cost.
9.6. - La Regione Calabria censura il comma 2, lettera c), ed il comma 3,
lettera c), dell'art. 58 del d.lgs. n. 152 del 2006, sostenendo che essi
violerebbero gli artt. 117 e 118 Cost., poiché attribuiscono al Ministro
dell'ambiente il potere di adottare atti di indirizzo e coordinamento in un
àmbito materiale di potestà legislativa concorrente.
Le questioni non sono fondate.
La lettera c) del comma 2 dell'art. 58 dispone che il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio «opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della
legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di
pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la
tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente». Si tratta,
pertanto, di un potere non riconducibile a quello di indirizzo, bensì a quello
di coordinamento proprio del Ministro dell'ambiente in virtù della legge 8
luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia
di danno ambientale).
La lettera c) del comma 3 dello stesso art. 58 stabilisce, invece, che il
Ministro dell'ambiente svolge funzioni di «indirizzo e coordinamento
dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino
distrettuale di cui all'articolo 63». La norma, riferendosi esclusivamente
all'indirizzo ed al coordinamento di rappresentanti ministeriali, non
attribuisce al Ministro dell'ambiente un potere di emanare atti indirizzati alle
Regioni.
10. - Le Regioni Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006), Puglia e Calabria
impugnano l'art. 59 del d.lgs. n. 152 del 2006 che definisce le competenze della
Conferenza Stato-Regioni.
Le prime due Regioni deducono la violazione dell'art. 76 Cost.: la Regione
Puglia lamenta la violazione dei «princìpi generali richiamati dalla legge di
delega»; la Regione Emilia-Romagna afferma che sarebbe violato, in particolare,
l'art. 1, comma 9, lettera c), della legge n. 308 del 2004 che imponeva al
legislatore delegato di valorizzare il ruolo e le competenze degli organismi a
composizione mista statale e regionale, mentre l'art. 59 del d.lgs. n. 152 del
2006 attribuisce alla Conferenza un mero ruolo consultivo.
La Regione Puglia lamenta anche la violazione degli artt. 117, terzo comma, e
118 Cost., a causa della preponderanza dei poteri riconosciuti al Ministro
dell'ambiente.
La Regione Calabria denuncia la violazione del principio di leale collaborazione
con riferimento alle previsioni contenute nelle lettere a), che degraderebbe la
Conferenza Stato-Regioni a mero proponente per gli atti di cui all'art. 57, b),
che consente alla Conferenza di esprimere solamente osservazioni sui piani di
bacino e d), che prevede il mero parere della Conferenza nella ripartizione
degli stanziamenti autorizzati da ciascun piano triennale. Ad avviso della
ricorrente, quest'ultima previsione, incidendo su una materia di potestà
legislativa concorrente, violerebbe anche l'art. 119 Cost., non prevedendo
l'intesa.
Le questioni non sono fondate.
Non sussiste il contrasto con l'art. 1, comma 9, lettera c) della legge di
delega dedotto dalla regione Emilia-Romagna, perché, come detto (supra, n. 4),
quest'ultima disposizione non imponeva al Governo di conservare agli organismi a
composizione mista Stato-Regioni tutte le attribuzioni che gli stessi vantavano
in precedenza.
La deduzione della Regione Puglia secondo cui sarebbero lesi i princìpi generali
richiamati dalla legge di delega è, invece, del tutto generica.
Non sono violati neppure gli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale
collaborazione, perché l'art. 59 del d.lgs. n. 152 del 2006 prevede adeguate
forme di collaborazione istituzionale (formulazione di pareri, proposte ed
osservazioni), né può ritenersi costituzionalmente imposta la necessità
dell'intesa.
Infine, la censura svolta in riferimento all'art. 119 Cost. (peraltro formulata
in termini meramente assertivi), si fonda sull'erroneo presupposto secondo cui
si verterebbe in una materia di competenza legislativa concorrente.
11. - La Regione Calabria impugna l'art. 61 del d.lgs. n. 152 del 2006 per
violazione degli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione. La ragione del
contrasto con tali precetti costituzionali risiederebbe nel fatto che la norma
non prevede più la competenza delle Regioni a delimitare i propri bacini
idrografici, ad attivare la costituzione di comitati per i bacini di rilievo
regionale e di rilievo interregionale ed a stabilire le modalità di
consultazione di enti, organismi, associazioni e privati interessati, in ordine
alla redazione dei piani di bacino [funzioni previste dal previgente art. 10,
comma 1, lettere a) e h), della legge n. 183 del 1989], nonostante che la legge
n. 308 del 2004 prescrivesse il rispetto delle attribuzioni di cui le Regioni e
gli enti locali erano già titolari ai sensi della normativa vigente.
La questione non è fondata.
La mancata previsione, nel d.lgs. n. 152 del 2006, delle competenze regionali
sopra ricordate è l'inevitabile conseguenza della modifica del sistema di
pianificazione in materia di difesa del suolo e tutela delle acque introdotta
dal d.lgs. n. 152 medesimo e, soprattutto, della modificazione dell'ambito
territoriale cui si riferiscono gli strumenti di pianificazione. Una volta che,
in conformità - come si dirà (infra, n. 13.1) - con la normativa comunitaria, il
precedente sistema di ripartizione del territorio nazionale in bacini
idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, è stato sostituito
dalla ripartizione per distretti idrografici, non è più ragionevole
l'attribuzione alle Regioni delle competenze che la Regione Calabria vorrebbe
fossero mantenute nell'art. 61 d.lgs. n. 152 del 2006.
Tale considerazione consente di escludere, oltre alla sussistenza, nella
fattispecie, della lesione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt.
117 e 118 Cost., anche quella della violazione dell'art. 76 della Costituzione.
Richiamando quanto detto a proposito della corretta interpretazione del
generalissimo criterio enunciato all'inizio del comma 8 dell'art. 1 della legge
n. 308 del 2004 (supra, n. 4), la fattispecie costituisce un'ipotesi di
riallocazione al livello centrale di funzioni attribuite alle Regioni dal d.lgs.
n. 112 del 1998 imposta dalla necessità di assicurarne l'esercizio unitario e
coordinato.
12. - Le Regioni Toscana e Marche censurano l'art. 61, comma 1, del d.lgs. n.
152 del 2006 laddove stabilisce che le Regioni «per la parte di propria
competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e
all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei
distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni» (lettera d), e
«provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al
funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la
manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni» (lettera
e). Ad avviso delle ricorrenti, tali disposizioni violerebbero gli artt. 76 e
117 Cost., perché il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva trasferito alle Regioni tutte
le funzioni relative alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere
idrauliche di qualsiasi natura, ai compiti di polizia idraulica e di pronto
intervento e alla polizia delle acque e l'art. 1, comma 8, della legge di delega
n. 308 del 2004 imponeva il rispetto delle attribuzioni regionali come definite
dal d.lgs. n. 112 del 1998.
Le questioni non sono fondate.
Le disposizioni impugnate non hanno effetti lesivi sulle attribuzioni regionali.
Come reso evidente dall'utilizzo dell'espressione «per le parti di propria
competenza», la norma non sottrae, né aggiunge alcunché alle attribuzioni delle
Regioni.
13. - Tutte le Regioni ricorrenti propongono questioni aventi ad oggetto gli
artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006.
L'art. 63, disciplina l'Autorità di bacino distrettuale, disponendo che, in
ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64, è istituita l'Autorità di
bacino distrettuale, ente pubblico non economico, ed enumerandone gli organi e
le funzioni rispettive.
L'art. 64, invece, suddivide il territorio nazionale in otto distretti
idrografici.
13.1. - Le due norme attuano, pertanto, una riorganizzazione del sistema delle
autorità di bacino.
In precedenza, ai sensi dell'art. 13 della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme
per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), l'intero
territorio nazionale era ripartito in bacini idrografici che potevano essere di
tre tipi: bacini di rilievo nazionale, bacini di rilievo interregionale e bacini
di rilievo regionale. La legge individuava 11 bacini di rilievo nazionale (art.
14) e 18 bacini di rilievo interregionale (art. 15); i bacini di rilievo
regionale erano quelli non ricompresi nelle altre due categorie (art. 16).
Nei bacini di rilievo nazionale era istituita l'Autorità di bacino (art. 12),
anche se, a tal fine, alcuni bacini erano raggruppati sotto un'unica Autorità
(art. 14, comma 2).
Nei bacini di rilievo interregionale, le Regioni definivano d'intesa la
formazione del comitato istituzionale di bacino e del comitato tecnico (art. 15,
comma 3).
L'art. 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, individuando otto distretti idrografici,
procede all'accorpamento dei precedenti bacini nazionali, interregionali e
regionali. Un'analoga riorganizzazione interessa automaticamente anche le
Autorità di bacino, proprio perché l'art. 63 istituisce in ciascun distretto
un'unica Autorità di bacino.
Tale riorganizzazione è stata attuata in coerenza con la normativa comunitaria
(che il legislatore delegato doveva rispettare, ai sensi dell'art. 1, comma 8,
della legge n. 308 del 2004).
Infatti, la direttiva 2000/60/CE, istitutiva di «un quadro per l'azione
comunitaria in materia di acque», all'art. 2, definisce «bacino idrografico» il
«territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie
di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica
foce», «sottobacino» il «territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per
sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua» e «distretto idrografico» la
«area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e
dalle rispettive acque sotterranee e costiere» e stabilisce che quest'ultimo è
«la principale unità per la gestione dei bacini idrografici».
All'interno di ciascun distretto deve essere individuata l'autorità competente
per l'applicazione della direttiva (art. 3, comma 2) e l'elenco di tali autorità
deve essere fornito alla Commissione europea (art. 3, comma 8); l'esame
dell'impatto ambientale delle attività umane e l'analisi economica dell'utilizzo
idrico deve essere effettuato su base distrettuale (art. 5); il registro delle
aree protette deve essere tenuto per ciascun distretto (art. 6); l'art. 13
individua, quale strumento di pianificazione, il piano di gestione dei bacini
idrografici che deve essere predisposto «per ciascun distretto idrografico».
In sostanza, la normativa comunitaria in materia di acque individua nel livello
di distretto (più ampio di quello di bacino) la dimensione territoriale nella
quale concentrare l'attività diretta alla tutela degli ecosistemi acquatici e di
quelli terrestri direttamente dipendenti.
E ciò è quanto risulta anche dal quadro delineato dagli artt. 63 e 64 del d.lgs.
n. 152 del 2006 che costituiscono l'adeguamento, sotto questo profilo,
dell'ordinamento interno a quello comunitario. Tale conclusione non è
contrastata dal fatto che la direttiva 2000/60/CE ha ad oggetto specifico la
tutela delle acque e non anche la difesa del suolo. Infatti, posto che la delega
interessava tanto la tutela delle acque dall'inquinamento, quanto la difesa del
suolo e la desertificazione, è ragionevole che il legislatore delegato abbia
configurato un unico sistema di distribuzione delle competenze amministrative
per i due settori, i quali, tra l'altro, sono intimamente connessi.
13.2. - Passando all'esame delle censure proposte contro gli artt. 63 e 64 del
d.lgs. n. 152 del 2006, la Regione Piemonte impugna l'art. 63, sostenendo che
esso violerebbe gli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. ed i «princìpi
di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,
sussidiarietà, buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione
di princìpi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali»,
poiché «già il solo inserimento dei Ministri delle attività produttive e per la
funzione pubblica» renderebbe la disposizione viziata da irragionevolezza e
travolgerebbe un assetto istituzionale idoneo a bilanciare in concreto gli
interessi unitari dello Stato e gli interessi delle collettività locali.
La questione è inammissibile, poiché la ricorrente deduce genericamente la
violazione di una pluralità di parametri senza motivare in modo specifico
sull'illegittimità della norma.
13.3 - La Regione Valle d'Aosta impugna l'art. 63 nel suo complesso, sostenendo
che esso violerebbe: a) le competenze legislative di rango primario di cui
all'art. 2 dello statuto speciale in materia di: piccole bonifiche ed opere di
miglioramento agrario e fondiario (lettera e), urbanistica, piani regolatori per
zone di particolare importanza turistica (lettera g), acque minerali e termali
(lettera i), acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico
(lettera m), tutela del paesaggio (lettera q); b) la competenza legislativa
concorrente in materia di governo del territorio di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost. (estesa alla Regione Valle d'Aosta in virtù dell'art. 10 della
legge cost. n. 3 del 2001); c) l'art. 4 dello statuto speciale ed il d.lgs. n.
89 del 1999, che all'art. 1, comma 1, stabilisce che «Sono trasferite al demanio
della regione tutte le acque pubbliche utilizzate ai fini irrigui o potabili,
compresi gli alvei e le pertinenze relative» ed al comma 2 che «La regione Valle
d'Aosta esercita tutte le attribuzioni inerenti alla titolarità di tale demanio
ed in particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle
acque dall'inquinamento»; d) l'art. 2, lettere d) e f) e l'art. 3, lettera d),
dello statuto speciale. Ad avviso della ricorrente, poi, dovrebbe essere
dichiarato costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, anche l'art.
64 del d.lgs. n. 152 del 2006.
La questione è inammissibile.
Infatti la ricorrente indica una serie di titoli di competenza legislativa ed
amministrativa, senza motivare adeguatamente sulle ragioni per le quali l'art.
63 del d.lgs. n. 152 del 2006 ledrebbe ciascuno di essi.
13.4. - Deve invece essere dichiarata la cessazione della materia del contendere
rispetto alle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 63, comma 3, del
d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui prevede la soppressione delle
Autorità di bacino a partire dal 30 aprile 2006, sollevate, in riferimento:
all'art. 3 Cost. dalle Regioni Emilia-Romagna (con il ricorso n. 56 del 2006),
Calabria, Umbria, Liguria e Abruzzo; agli artt. 117 e 118 Cost. dalle Regioni
Toscana e Marche; alle attribuzioni regionali previste sia nello Statuto
speciale per la Valle d'Aosta, sia nell'art. 117, terzo comma, Cost., dalla
Regione Valle d'Aosta; agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.
ed i «princìpi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza,
differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto
della violazione di princìpi e norme del diritto comunitario e di convenzioni
internazionali» dalla Regione Piemonte; agli artt. 76, 117, terzo comma, e 118
Cost. dalla Regione Puglia.
Infatti le ricorrenti individuano la ragione dei menzionati vizi di
incostituzionalità nel fatto che la norma impugnata stabiliva l'immediata
cessazione delle vecchie autorità di bacino e ciò avrebbe determinato
l'interruzione di qualsiasi attività sino all'effettiva entrata in funzione dei
nuovi organismi previsti dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Tuttavia, l'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 8 novembre 2006, n. 284
(Disposizioni correttive e integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante
norme in materia ambientale) ha inserito nell'art. 170 del d.lgs. n. 152 del
2006 il comma 2-bis che ha previsto che le autorità di bacino di cui alla legge
n. 183 del 1989 sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto
correttivo che, ai sensi dell'art. 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004,
definisca la relativa disciplina. Il successivo comma 4 dello stesso art. 1 del
d.lgs. n. 284 del 2006 ha fatto salvi gli atti posti in essere dalle autorità di
bacino dal 30 aprile 2006 in poi.
Successivamente, l'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure
straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 27 febbraio
2009, n. 13, ha stabilito che le Autorità di bacino di cui alla legge n. 183 del
1989 sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri che, a norma dell'art. 63, commi 2 e 3,
del d.lgs. n. 152 del 2006, deve disciplinare il trasferimento delle funzioni,
del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie e regolamentare il
periodo transitorio.
Conseguentemente le vecchie autorità di bacino hanno continuato a svolgere le
loro funzioni e continueranno a farlo sino all'effettiva istituzione dei nuovi
organismi. Pertanto, in virtù della normativa successiva alla norma censurata, è
venuto meno il rischio che la norma medesima possa causare la lesione paventata
dalle Regioni.
13.5. - Le questioni sollevate dalle altre Regioni debbono invece essere
esaminate nel merito.
Le Regioni Toscana, Marche e Basilicata, impugnano l'art. 63, in tutti i suoi
commi [le Regioni Toscana e Marche, in particolare il comma 5, lettera c), ed il
comma 7, lettera b)], sostenendo che esso violerebbe l'art. 117 Cost. (perché,
incidendo sulla materia della difesa del suolo, lede la competenza legislativa
regionale in tema di governo del territorio), l'art. 118 ed il principio di
leale collaborazione (poiché non prevede adeguati meccanismi concertativi) e
l'art. 76 Cost. (sia a causa del suo carattere innovativo a fronte di una delega
che riguardava il «riordino, coordinamento ed integrazione», sia perché sovverte
le attribuzioni regionali previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l'art. 1,
comma 8, della legge n. 308 del 2004, ne imponeva il rispetto).
Le questioni non sono fondate.
L'art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006, definendo struttura e funzioni delle
Autorità di bacino distrettuale, istituisce nuovi organismi per la tutela del
suolo e delle acque, vale a dire in un àmbito materiale di competenza esclusiva
statale.
Se è vero che le competenze di tale nuovo organismo possono indirettamente avere
conseguenze su àmbiti materiali di competenza concorrente (come il governo del
territorio), è anche vero che il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dalla
norma in esame che prevede la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e
delle Province autonome il cui territorio è interessato dal distretto
idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla Conferenza istituzionale
permanente (art. 63, comma 4), principale organo dell'Autorità di bacino che
assomma le vaste competenze elencate nel comma 5 dello stesso art. 63.
Non sussiste, pertanto, la denunziata violazione delle attribuzioni regionali
garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
Neppure è ravvisabile un contrasto con l'art. 76 Cost., per i motivi già
illustrati (supra, n. 4): la delega conferita dalla legge n. 308 del 2004 al
Governo consentiva a quest'ultimo di introdurre anche innovazioni
nell'ordinamento previgente e inoltre, nella fattispecie, la redistribuzione
delle competenze amministrative è coerente con l'attuazione del criterio
direttivo generale del «rispetto dei princìpi e delle norme comunitarie»
enunciato in apertura dell'art. 1, comma 8, e ribadito dalla successiva lettera
e) dello stesso comma (che richiedeva la «piena e coerente attuazione delle
direttive comunitarie»).
13.6. - Alcune Regioni censurano gli artt. 63, commi 2 e 3, e 64, perché,
prevedendo l'accorpamento delle preesistenti Autorità di bacino ed assegnando ad
un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri i compiti di definire «i
criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e
delle risorse patrimoniali e finanziarie» e di regolamentare il trasferimento di
funzioni ed il periodo transitorio, violerebbero: a) l'art. 117, terzo comma,
Cost., poiché incidono sulla materia «governo del territorio», rientrante nella
competenza legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, dettando norme
di dettaglio (Regioni Emilia-Romagna, con il ricorso n. 56 del 2006, Umbria,
Liguria, Abruzzo, Campania); b) l'art. 118 Cost., poiché non assicurano il
rispetto del principio di leale collaborazione attraverso procedure di
codecisione (Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Umbria, Liguria, Abruzzo,
Campania); c) l'art. 118 Cost., per violazione delle competenze amministrative
delle Regioni, che, prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006,
erano contitolari del governo dei bacini nazionali e titolari, in via
tendenzialmente esclusiva, delle funzioni relative ai bacini regionali e
interregionali (Regione Calabria); d) l'art. 117, sesto comma, Cost., perché in
una materia di competenza legislativa concorrente è precluso allo Stato
l'utilizzo del potere regolamentare (Regione Calabria).
Le questioni non sono fondate.
Tutti i profili di illegittimità dedotti dalle ricorrenti presuppongono la
riconducibilità degli artt. 63 e 64 alla materia del governo del territorio,
mentre invece le due norme attengono pienamente alla materia della tutela
dell'ambiente, le Autorità di bacino distrettuale essendo preposte a compiti
rientranti in quelli previsti in generale dalla sezione I della Parte III del
d.lgs. n. 152 del 2006. Pertanto non è ravvisabile alcuna invasione di
competenze regionali, né il principio di leale collaborazione richiede
necessariamente che negli organismi a composizione mista la componente regionale
sia numericamente equivalente a quella statale; infine, è consentito allo Stato
esercitare la potestà regolamentare.
13.7. - Le Regioni Emilia-Romagna, con il ricorso n. 56 del 2006, Calabria,
Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo e Campania denunciano l'illegittimità
costituzionale degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006 anche per la
violazione dell'art. 76 Cost., derivante dal contrasto con l'art. 1, commi 1, 8
e 9 della legge di delega n. 308 del 2004 che, in assunto, non consentiva al
Governo di stravolgere l'impianto normativo esistente e gli imponeva il rispetto
delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle
attribuzioni delle Regioni e degli enti locali.
Le questioni non sono fondate, perché, come già si è detto, la delega conferita
dalla legge n. 308 del 2004 comprendeva anche il potere di introdurre
innovazioni nell'ordinamento previgente e, inoltre, la suddivisione del
territorio nazionale in distretti idrografici e la connessa riorganizzazione
delle Autorità di bacino rispondono alla necessità di assicurare un esercizio
unitario e coordinato, secondo quanto consentito dall'art. 118 Cost. al
legislatore statale.
13.8. - Le Regioni Calabria, Toscana, Piemonte, Puglia e Marche propongono
questioni di legittimità costituzionale dell'art. 64, deducendo che
l'individuazione degli otto distretti idrografici contenuta in tale norma
contrasterebbe con: a) il principio di leale collaborazione, poiché le Regioni
non sono state chiamate «ad esercitare alcun ruolo nella determinazione concreta
dell'ambito dei distretti» (Regione Calabria); b) l'art. 3 Cost., sotto il
profilo della violazione del principio di ragionevolezza, poiché la divisione
dei nuovi distretti idrografici sarebbe stata effettuata in maniera arbitraria e
l'irragionevolezza della delimitazione dei bacini avrebbe conseguenze
profondamente pregiudizievoli sulla gestione dei bacini idrografici, di
spettanza regionale (Regione Calabria); c) gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,
perché l'art. 64 individuerebbe macroaree, affidandole alle Autorità di bacino
distrettuale, «in modo del tutto disomogeneo, secondo criteri non meglio
identificabili», non rispondenti alle ragioni di opportunità che la direttiva n.
2000/60/CE esige (Regione Calabria); d) la direttiva 2000/60/CE e quindi l'art.
11 Cost., perché l'individuazione degli otto nuovi distretti idrografici
prescinde dalla dimensione del bacino, mentre la predetta direttiva definisce i
distretti idrografici come bacini omogenei in relazione alle finalità della
direttiva stessa e, quindi, agli obiettivi di qualità e di bilancio idrico da
garantire (Regione Toscana); e) l'art. 76 Cost., sia a causa del suo carattere
fortemente innovativo a fronte di una delega che riguardava il «riordino,
coordinamento ed integrazione» della normativa previgente, sia perché sovverte
le attribuzioni regionali previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l'art. 1,
comma 8, della legge n. 308 del 2004 ne imponeva il rispetto (Regioni Toscana e
Marche); f) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., poiché il sistema dei
distretti idrografici determinerebbe la «riappropriazione al centro di attività
già delegate o trasferite» e la «vanificazione delle attività di gestione, in
violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di
“governo del territorio” e dell'art. 118 della Costituzione» (Regione Calabria);
g) l'art. 117 Cost., perché la nuova delimitazione dei bacini distrettuali
lederebbe la competenza legislativa regionale in tema di governo del territorio
(Regioni Toscana e Marche); h) l'art. 118, poiché, quand'anche si volesse
giustificare l'intervento statale in nome di presunte esigenze di carattere
unitario, resterebbe l'illegittimità della previsione per il mancato
coinvolgimento regionale nella nuova delimitazione (Regioni Toscana e Marche);
i) gli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. ed i «princìpi di
leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,
sussidiarietà, buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione
di princìpi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali»,
perché sono stati individuati, senza alcuna concertazione con le Regioni, otto
distretti idrografici, eliminando così una ripartizione del territorio
funzionale alla difesa del suolo che si fondava su una anticipata applicazione
del principio di sussidiarietà (Regione Piemonte); l) gli artt. 76, 117, terzo
comma, e 118 Cost., perché la nuova suddivisione dei distretti idrografici
sarebbe «disomogenea ed arbitraria» e sarebbe stata «stabilita in assenza del
contributo delle Regioni, che peraltro svolgevano in precedenza tutte le
funzioni relative alla gestione dei bacini interregionali e regionali» (Regione
Puglia).
Le questioni sono in parte inammissibili ed in parte non fondate.
Sono inammissibili le doglianze relative alla presunta irragionevolezza della
delimitazione degli otto distretti, anche rispetto alla pretesa incoerenza con
le indicazioni fornite dalla normativa comunitaria [motivi sub lettere b), c),
d) ed l)], poiché le ricorrenti non vanno oltre una generica affermazione di
arbitrarietà del riparto dei distretti idrografici, senza indicare le ragioni
per le quali questi ultimi accorperebbero territori disomogenei.
Non sono invece fondate le censure con le quali le ricorrenti lamentano il loro
mancato coinvolgimento nel procedimento di individuazione dei distretti [motivi
sub lettere a), h), i) ed l)]; infatti, la giurisprudenza di questa Corte è
ferma nel senso che l'esercizio dell'attività legislativa sfugga al principio di
leale collaborazione.
E' insussistente la dedotta violazione della legge n. 308 del 2004 [motivo sub
e)] in virtù delle già ripetute considerazioni (carattere anche innovativo della
delega, coerenza della nuova ripartizione del territorio nazionale con i
princìpi direttivi imposti al Governo).
Sono infondate anche le censure svolte in riferimento alla presunta lesione
delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite [motivi sub f) e g)],
poiché l'ambito materiale di competenza è quello della tutela dell'ambiente e
non - come affermato dalle Regioni - quello del governo del territorio.
14. - La Regione Piemonte impugna gli artt. 65, 66, 67 e 68 del d.lgs. n. 152
del 2006, per contrasto con gli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120
Cost. ed i «princìpi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza,
differenziazione, sussidiarietà, buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto
della violazione di princìpi e norme del diritto comunitario e di convenzioni
internazionali».
La questione è inammissibile perché la ricorrente censura congiuntamente una
pluralità di disposizioni evocando numerosi parametri costituzionali senza
fornire una specifica motivazione dell'illegittimità costituzionale delle
singole norme impugnate.
15. - La Regione Liguria impugna gli artt. 65, 67, 69, 116 e 117, del d.lgs. n.
152 del 2006, i quali disciplinano il piano di bacino distrettuale, i piani
stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, i programmi di misure, che a
loro volta integrano i piani di tutela di cui all'art. 121, ed i piani di
gestione. Ad avviso della ricorrente sussisterebbe violazione dell'art. 76 Cost.
e della «normativa comunitaria», poiché l'intreccio tra i diversi piani di
tutela contrasterebbe con l'art. 1, comma 8, lettera g), della legge n. 308 del
2004, che imponeva di prevedere misure che assicurassero la tempestività e
l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale, con l'art. 1, comma
9, lettera c), della medesima legge, che stabilisce il criterio del superamento
della sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e con
il principio di delega relativo alla piena attuazione delle direttive
comunitarie.
Anche tale questione è inammissibile per genericità della censura, poiché la
ricorrente impugna cinque articoli del d.lgs. n. 152 del 2008, senza una
adeguata specificazione delle disposizioni lesive delle attribuzioni regionali.
16. - Le Regioni Calabria, Toscana, Umbria e Marche sollevano varie questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale
disciplina valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.
16.1. - In precedenza, la legge n. 183 del 1989 prevedeva che per ciascun bacino
idrografico occorreva adottare un piano di bacino, ma diverse erano le autorità
competenti alla sua elaborazione ed approvazione, a seconda del tipo di bacino
idrografico cui esso si riferiva.
Per i bacini di rilievo nazionale, il progetto del piano era elaborato dal
comitato tecnico, adottato dal Comitato istituzionale (entrambi organi
dell'Autorità di bacino), inviato per i pareri al Comitato nazionale per la
difesa del suolo ed alle Regioni interessate, successivamente adottato dal
Comitato istituzionale (tenuto conto dei predetti pareri) (art. 18) e infine
approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri previa delibera del
Consiglio stesso (art. 4, comma 1, lettera c).
Per i bacini di rilievo interregionale il procedimento era il medesimo, ma i
progetti, dopo le osservazioni formulate dal Comitato nazionale per la difesa
del suolo, erano approvati dalle Regioni per le parti di rispettiva competenza
territoriale e poi nuovamente trasmessi al Comitato per la difesa del suolo; in
caso di mancato adeguamento, da parte delle Regioni, alle osservazioni del
Comitato in questione, il Consiglio dei ministri poteva adottare eventuali
modifiche (art. 19).
Per i bacini di rilievo regionale, i piani erano elaborati e approvati dalla
Regione interessata e trasmessi al Comitato nazionale per la difesa del suolo
per la verifica del rispetto dei criteri generali dettati dal Presidente del
Consiglio dei ministri (art. 20).
Infine, il comma 6-ter dell'art. 17 prevedeva che «I piani di bacino idrografico
possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi
a settori funzionali».
L'art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006, dunque, contiene una nuova disciplina del
piano di bacino in coerenza con le modificazioni introdotte nella suddivisione
del territorio nazionale (in distretti piuttosto che in bacini idrografici). In
particolare, mentre sono rimasti sostanzialmente confermati valore, finalità e
contenuti del piano di bacino, è cambiato l'àmbito territoriale cui esso si
riferisce (il distretto idrografico e non più il singolo bacino nazionale,
interregionale o regionale) e l'autorità che lo elabora (in tutti i casi
l'Autorità di bacino distrettuale).
16.2. - Passando ora all'esame delle singole questioni di legittimità
costituzionale, quelle relative al comma 6 dell'art. 65 sollevate, in
riferimento al principio di leale collaborazione ed all'art. 117 Cost., dalle
Regioni Toscana e Marche sono inammissibili per difetto di adeguata motivazione.
Infatti le ricorrenti censurano la predetta disposizione perché stabilirebbe un
termine eccessivamente breve per dettare le norme necessarie per l'attuazione
urbanistica del piano di bacino, ma non indicano le ragioni per le quali il
termine di novanta giorni previsto dalla norma sarebbe insufficiente.
16.3. - La Regione Calabria sostiene che l'illegittimità dell'art. 65 del d.lgs.
n. 152 del 2006 discenderebbe dalla centralizzazione della politica di gestione
dei bacini idrografici disposta dagli artt. 61, 63 e 64. La norma, inoltre,
violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., perché contiene una normativa
dettagliata in un àmbito materiale di competenza legislativa concorrente
(«governo del territorio») ed il principio di leale collaborazione, poiché non
prevede una partecipazione delle Regioni nella procedura di approvazione dei
piani di bacino. Ad avviso della ricorrente, dall'illegittimità dell'art. 65
deriverebbe, in via consequenziale ex art. 27, secondo periodo, della legge n.
87 del 1953, quella dell'art. 66, il quale specifica ulteriormente il
procedimento che si conclude con l'approvazione del piano di bacino.
Le questioni non sono fondate.
Le censure con le quali la Regione Calabria denuncia la centralizzazione della
gestione dei bacini e la mancata partecipazione delle Regioni alla procedura di
approvazione dei piani di bacino (da esaminarsi congiuntamente, stante la loro
intima connessione) non sono condivisibili.
Infatti, riprendendo quanto affermato in riferimento agli artt. 63 e 64 (supra,
n. 13.1 e n. 13.5), l'attribuzione delle competenze in ordine alla elaborazione
ed all'adozione dei piani di bacino alle nuove Autorità di bacino distrettuale è
la conseguenza del riordino del sistema di ripartizione del territorio nazionale
in distretti idrografici e il coinvolgimento delle Regioni nella procedura di
emanazione dei piani di bacino è adeguatamente assicurato dalla partecipazione
dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è
interessato dal distretto di cui si tratta (o degli assessori dagli stessi
delegati) alla Conferenza istituzionale permanente che ha il compito di
stabilire gli indirizzi, i metodi ed i criteri di elaborazione del piano di
bacino (art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006) e, poi, di adottare il
piano medesimo (art. 66, comma 2).
Il richiamo dell'art. 117, terzo comma, Cost., poi, non è pertinente, vertendosi
in materia di competenza esclusiva dello Stato e non di competenza legislativa
concorrente.
La questione relativa all'art. 66, la cui illegittimità costituzionale è stata
dedotta dalla Regione Calabria solamente in via consequenziale, è invece
inammissibile, perché la ricorrente avrebbe dovuto impugnare direttamente la
norma in oggetto.
16.4. - Le Regioni Toscana e Marche sostengono che l'art. 65, in tutti i suoi
commi, ed in particolare il comma 3, lettere d), n. 4, e), h), p), e r), ed i
commi 4 e 5, violerebbe l'art. 117 Cost. (ledendo la competenza legislativa
regionale in tema di governo del territorio) e l'art. 76 Cost. (sia a causa del
suo carattere fortemente innovativo, sia perché sovverte le attribuzioni
regionali previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l'art. 1, comma 8, della
legge n. 308 del 2004 ne imponeva il rispetto).
La Regione Umbria impugna solamente l'art. 65, comma 3, lettera e), affermando
che tale disposizione contrasterebbe con l'art. 118 Cost. ed il principio di
leale collaborazione, poiché «espropria» le Regioni delle funzioni da essa
previste ed assegna, in materie di competenza regionale piena o concorrente, «un
ruolo preponderante ad un atto al quale le Regioni partecipano ormai in misura
assai limitata».
Le questioni, da esaminare congiuntamente a causa della loro intima connessione,
non sono fondate.
L'art. 117 Cost. non è violato, perché il piano di bacino costituisce il
fondamentale strumento di pianificazione in tema di difesa del suolo, lotta alla
desertificazione e tutela delle acque, onde esso appartiene alla materia della
tutela dell'ambiente e il necessario coinvolgimento regionale è soddisfatto
dalla partecipazione dei rappresentanti regionali alla Conferenza istituzionale
permanente.
Le specifiche disposizioni censurate dalle ricorrenti sono prive, poi, di
idoneità lesiva.
In particolare, iniziando da quelle concernenti il contenuto del piano di
bacino, l'art. 65, comma 3, lettera d), n. 4, stabilisce che il piano debba
contenere l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione del
perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio
territoriale in funzione della tutela dell'ambiente nonché del tempo necessario
per assicurare l'efficacia degli interventi. Come si vede, si tratta di una
disposizione inidonea a produrre effetto sulle competenze regionali, consistendo
in una semplice prescrizione relativa alle modalità di redazione del piano di
bacino.
La successiva lettera e) afferma che il piano debba indicare anche «la
programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed
estrattive». La norma deve essere letta tenendo conto del contesto generale nel
quale si colloca. Vale a dire che le prescrizioni in tema di programmazione ed
utilizzazione delle risorse da essa indicate sono solamente quelle finalizzate
direttamente ad assicurare la tutela dell'ambiente e, precisamente, a garantire
determinate condizioni e qualità intrinseche del suolo e delle acque. Ad
esempio, le risorse forestali sono sicuramente funzionali anche alla prevenzione
di movimenti franosi e, pertanto, limitazioni al loro sfruttamento ovvero la
programmazione di interventi di forestazione ben possono integrare il contenuto
del piano di bacino senza perciò essere fonte di lesione di attribuzioni
regionali. Ovviamente, nel caso in cui, in concreto, nei piani di bacino siano
previsti interventi o prescrizioni che eccedano dalla finalità di tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema ed invadano àmbiti di competenza delle Regioni,
queste ultime potranno tutelare le proprie prerogative impugnando questi atti
con gli strumenti che l'ordinamento mette loro a disposizione.
Le considerazioni ora svolte valgono anche per i contenuti dei piani di bacino
indicati nelle altre lettere del comma 3 dell'art. 65 oggetto di specifica
impugnazione da parte delle ricorrenti: le opere di protezione, consolidamento e
sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico
(lettera h); il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione
degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate (lettera
p); il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per
altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità (lettera r).
Le prescrizioni sull'efficacia del piano di bacino contenute nell'art. 65, comma
4 (che dispone che le disposizioni del piano di bacino approvato hanno carattere
immediatamente vincolante per amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i
soggetti privati, ove si tratti di prescrizioni dichiarate di tale efficacia
dallo stesso piano di bacino e che i piani e programmi di sviluppo
socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o
comunque non in contrasto, con il piano di bacino approvato) sono espressione
della generale caratteristica delle norme in materia di tutela dell'ambiente
che, come già affermato da questa Corte (sentenze n. 12 del 2009 e n. 104 del
2008), funzionano come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province
autonome dettano negli ambiti di loro competenza. Pertanto, il carattere
vincolante dei piani di bacino e la necessità che gli strumenti di
pianificazione per lo sviluppo socio-economico ed il governo del territorio non
si pongano in contrasto con essi, non ledono i precetti costituzionali.
Tali considerazioni valgono anche per il successivo comma 5 dello stesso art. 65
che prevede il termine per l'adeguamento dei piani territoriali e regionali
(quali quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali,
alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela
dei beni ambientali ed alla bonifica).
Non sussiste, per le ragioni più volte esposte, neppure la denunciata lesione
dell'art. 76 della Costituzione.
16.5. - Le Regioni Toscana e Marche censurano specificamente anche il comma 7
dell'art. 65 per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale
collaborazione, sia perché le misure di salvaguardia in esso previste incidono
sulla potestà legislativa regionale in materia di assetto del territorio, sia
perché esso consente il ricorso al potere sostitutivo anche nel caso in cui la
Regione abbia manifestato il suo motivato dissenso, chiedendo soluzioni
alternative. Inoltre, quand'anche il potere sostitutivo fosse ricondotto al
principio di sussidiarietà, la Regione ritiene necessaria la previsione di
un'idonea forma di collaborazione.
La questione non è fondata.
Le misure di salvaguardia disciplinate dalla norma impugnata hanno la stessa
natura e la stessa funzione degli interventi previsti in generale dal piano di
bacino. Si tratta di misure, per così dire, cautelari, dirette a tutelare le
condizioni di suolo ed acque nelle more dell'approvazione del piano di bacino.
La relativa disciplina, pertanto, appartiene a pieno titolo alla materia della
tutela dell'ambiente e, anche in questo caso, vale il rilievo secondo il quale
la necessità del coinvolgimento delle Regioni derivante dall'indiretto riflesso
che tali misure possono avere in materia di governo del territorio è
adeguatamente soddisfatta dalla partecipazione dei rappresentanti delle Regioni
il cui territorio è interessato dai provvedimenti in questione negli organi
delle Autorità di bacino, competenti anche all'adozione delle misure previste
dall'art. 65, comma 7.
17. - E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 66
del d.lgs. n. 152 del 2006 sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, poiché tale
norma non è compresa fra le disposizioni per le quali la Giunta regionale ha
deliberato la proposizione del ricorso.
18. - La Regione Calabria propone questione di legittimità costituzionale
dell'art. 67, commi 2, 3, 4, 5 e 6, del d.lgs. n. 152 del 2006 che disciplina
l'adozione, nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, dei piani di
stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico. Ad avviso della ricorrente,
l'incostituzionalità delle predette disposizioni discenderebbe dall'illegittima
centralizzazione della politica di gestione dei bacini idrografici disposta
dagli artt. 61, 63 e 64. Esse, inoltre, violerebbero l'art. 117, terzo comma,
Cost., perché contengono una normativa dettagliata in un ambito materiale di
competenza legislativa concorrente («governo del territorio») ed il principio di
leale collaborazione, in quanto non prevedono una partecipazione delle Regioni
nella procedura di approvazione dei piani stralcio.
La questione non è fondata.
I motivi dedotti dalla ricorrente sono analoghi a quelli che la stessa Regione
Calabria ha svolto a sostegno della propria impugnazione dell'art. 65 del d.lgs.
n. 152 del 2006 in tema di piani di bacino. Poiché i piani stralcio per
l'assetto idrogeologico disciplinati dall'art. 67 hanno la stessa natura e le
medesime finalità di quelli, più generali, di bacino (essi costituiscono
solamente uno stralcio dei piani di bacino, a norma dell'art. 65, comma 8), le
censure proposte dalla ricorrente non possono essere accolte per gli stessi
motivi in base ai quali è stata dichiarata non fondata la questione proposta
contro l'art. 65 (supra, n. 16.3).
19. - Ad avviso della Regione Calabria, dovrebbe essere dichiarata
l'illegittimità dell'art. 68 del d.lgs. n. 152 del 2006, perché esso
costituirebbe specificazione ed attuazione dell'art. 67.
La questione è inammissibile perché priva di specifica motivazione, considerato
che l'art. 67 e l'art. 68 disciplinano aspetti diversi (il primo, l'oggetto e
l'esecuzione dei piani stralcio e delle misure di prevenzione per le aree a
rischio; il secondo, il procedimento per l'adozione dei piani stralcio).
20. - La Regione Valle d'Aosta censura l'articolo 68 del d.lgs. n. 152 del 2006,
nella parte in cui esso esclude dalla valutazione ambientale strategica (VAS) i
progetti dei piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico. La
ricorrente sostiene che la norma violerebbe gli artt. 11 e 117, primo comma,
Cost., perché contrasterebbe con l'art. 3, paragrafo 2, lettera a), della
direttiva 2001/42/CE, il quale prevede che siano sottoposti a valutazione
ambientale i piani ed i programmi «che sono elaborati per i settori agricolo,
forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione
dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della
pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il
quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati
I e II della direttiva 85/337/CEE».
La questione è inammissibile.
Infatti la Regione Valle d'Aosta non specifica nel ricorso come la mancata
previsione dell'obbligo della VAS nella procedura di adozione dei piani in
questione lederebbe le sue competenze costituzionalmente garantite.
21. - La Regione Calabria propone questioni di legittimità costituzionale di
alcune disposizioni contenute nell'art. 69 del d.lgs. n. 152 del 2006, che
disciplina i programmi triennali di intervento, i quali sono gli strumenti
attuativi dei piani di bacino.
In particolare, la ricorrente impugna i commi 2 e 3 dell'art. 69.
Il primo (che indica alcune finalità cui deve essere destinato almeno il
quindici per cento degli stanziamenti previsti dai piani triennali di
intervento) violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., perché recante norme di
dettaglio in un ambito materiale di potestà legislativa concorrente, e l'art.
119 Cost., poiché pretenderebbe di indirizzare attività amministrative che non
rientrano nella competenza dello Stato.
Il secondo (che prevede la possibilità per le Regioni di provvedere con propri
stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di
bacino) violerebbe l'art. 119 Cost., perché tali stanziamenti sarebbero
indebitamente condizionati al previo parere favorevole della Conferenza
istituzionale permanente di cui all'art. 63, comma 4, mentre invece i singoli
enti dovrebbero poter decidere liberamente in ordine al finanziamento degli
interventi necessari per il loro territorio.
21.1. - Le questioni non sono fondate.
L'art. 69, comma 2, stabilendo la quota minima complessiva degli stanziamenti
che deve essere destinata a determinate categorie di interventi ed attività, non
lede i precetti costituzionali invocati dalla ricorrente, perché esso interviene
in materia di competenza esclusiva statale e il coinvolgimento delle Regioni è
assicurato dal parere della Conferenza unificata che deve essere richiesto a
norma dell'art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, quale
risulta a seguito della dichiarazione della sua parziale illegittimità (supra,
n. 9.3).
21.2. - Neppure l'art. 69, comma 3, è lesivo di attribuzioni regionali. Le opere
e gli interventi che le Regioni intendano realizzare utilizzando propri
stanziamenti sono compresi nella generale pianificazione contenuta nel piano di
bacino e, dunque, appartengono ad un ambito di competenza materiale statale. Le
possibili interrelazioni tra le opere che la singola Regione propone di
realizzare con propri stanziamenti e gli altri interventi previsti dal medesimo
piano di bacino giustifica la previsione della necessità del parere favorevole
della Conferenza istituzionale permanente, al fine di garantire l'indispensabile
coerenza complessiva dell'attività di pianificazione.
22. - La Regione Calabria impugna l'art. 70 del d.lgs. n. 152 del 2006 che
disciplina il procedimento di adozione dei piani di intervento, sostenendo che
la norma violerebbe l'art. 117, terzo comma, Cost., poiché reca norme di
dettaglio in un àmbito materiale di potestà legislativa concorrente.
La questione non è fondata, trattandosi di materia di cui al comma secondo
dell'art. 117 della Costituzione.
23. - La Regione Emilia-Romagna censura il comma 1 dell'art. 70 del d.lgs. n.
152 del 2006, nella parte in cui non prevede sul programma di intervento
l'intesa di ciascuna Regione territorialmente interessata, ed il comma 3 dello
stesso articolo, nella parte in cui richiede il parere anziché l'intesa in sede
di Conferenza Stato-Regioni, per violazione del principio di leale
collaborazione e delle attribuzioni regionali, poiché le Regioni sarebbero
private di poteri decisionali in relazione alla pianificazione degli interventi
attuativi del piano.
Le questioni non sono fondate.
I programmi di intervento sono atti finalizzati alla concreta attuazione delle
misure previste nei piani di bacino e la loro disciplina, al pari di quella di
questi ultimi, appartiene alla materia della tutela dell'ambiente.
Il coinvolgimento delle Regioni è, poi, realizzato sia dal comma 1, sia dal
comma 3. Dal primo, nella parte in cui prevede che i programmi di intervento
sono adottati da un organismo a composizione mista quale la Conferenza
istituzionale permanente la cui delibera, in caso di decisione a maggioranza,
deve contenere un'adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni
dissenzienti espresse in seno alla Conferenza. Dal secondo, nella parte in cui
prevede che il Ministro dell'ambiente, ai fini dell'indicazione del fabbisogno
finanziario, acquisisca il parere della Conferenza Stato-Regioni.
24. - Le Regioni Calabria ed Emilia-Romagna propongono questioni di legittimità
costituzionale di alcune disposizioni contenute nell'art. 72 del d.lgs. n. 152
del 2006, norma che disciplina il finanziamento degli interventi in materia di
difesa del suolo.
In particolare, la Regione Calabria censura il comma 3, che stabilisce che il
Comitato dei ministri, sentita la Conferenza Stato-Regioni, predisponga lo
schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione
degli stanziamenti tra le amministrazioni dello Stato e le Regioni. La
ricorrente deduce che la norma violerebbe il principio di leale collaborazione,
poiché sarebbe necessaria una forma di codecisione (e non un semplice parere)
per attività che hanno riguardo ad àmbiti normativi ed amministrativi spettanti
alle Regioni in base agli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
La Regione Emilia-Romagna censura, invece, il comma 4, nella parte in cui non
prevede l'intesa in relazione all'adozione e all'approvazione del programma,
assumendo che tale disposizione violerebbe sia il principio di leale
collaborazione e le attribuzioni regionali (poiché in questo modo le Regioni
sarebbero private di poteri decisionali in relazione alla pianificazione degli
interventi attuativi del piano), sia l'art. 76 Cost. (perché l'art. 1, comma 8,
della legge n. 308 del 2004 imponeva il rispetto delle attribuzioni regionali
definite dal d.lgs. n. 112 del 1998, il cui art. 86, comma 3, prevedeva l'intesa
con la Conferenza Stato-Regioni).
Infine, la Regione Calabria afferma che il comma 5, attribuendo al Ministro
dell'ambiente, su proposta della Conferenza Stato-Regioni, il potere di
individuare con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono
grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico
principale e del demanio idrico, violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost., perché
attribuirebbe al Ministro un potere condizionante nei confronti dell'autonomia
anche legislativa delle Regioni e, in subordine, il principio di leale
collaborazione, poiché l'esplicita incidenza sulle competenze regionali ad opera
del decreto ministeriale vede un coinvolgimento delle Regioni limitato soltanto
alla semplice proposta iniziale della Conferenza Stato-Regioni.
24.1. - La questione concernente il comma 3 non è fondata.
Occorre premettere che gli interventi previsti a difesa del suolo dalla sezione
I della Parte III del d.lgs. n. 152 «sono a totale carico dello Stato» (art. 72,
comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006). Gli stanziamenti che, a norma dell'art.
72, comma 3, sono ripartiti tra amministrazioni statali e Regioni dal programma
nazionale di intervento sono quindi finanziamenti erogati dallo Stato per
l'esecuzione di attività riconducibili ad una materia rientrante nella sua
competenza esclusiva (la tutela dell'ambiente). Il principio di leale
collaborazione è rispettato mediante la previsione della necessità del parere
della Conferenza Stato-Regioni.
24.2. - La questione concernente il comma 4 dell'art. 72 non è fondata.
La norma in oggetto dispone che il programma di intervento nazionale e la
ripartizione degli stanziamenti sono approvati dal Presidente del Consiglio dei
ministri ai sensi dell'art. 57 del d.lgs. n. 152 del 2006.
Quest'ultimo, al comma 1, lettera b), stabilisce che il programma nazionale di
intervento sia approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri e, non
contemplando alcuna forma di collaborazione istituzionale, è stato dichiarato
illegittimo nella parte in cui non prevede che l'approvazione del programma
nazionale di intervento sia preceduta dall'acquisizione del parere della
Conferenza unificata (supra, n. 8.6).
A seguito di tale declaratoria di parziale illegittimità costituzionale, la
questione relativa all'art. 72, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, deve essere
dichiarata non fondata.
Infatti, relativamente all'approvazione del piano nazionale di intervento, da un
lato, non sussiste un obbligo costituzionale di acquisizione dell'intesa con le
Regioni (si rinvia, in proposito, alle argomentazioni svolte sub n. 8.6) e,
dall'altro, il cointeressamento delle Regioni è assicurato dalla previsione
della necessità del previo parere della Conferenza unificata quale risulta a
seguito della dichiarazione di parziale illegittimità dell'art. 57, comma 1,
lettera b).
Per quanto concerne la ripartizione degli stanziamenti, l'art. 59, comma 1,
lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006 già prevede che la Conferenza
Stato-Regioni esprima pareri in materia.
24.3. - La questione concernente il comma 5 dell'art. 72 del d.lgs. n. 152 del
2006 non è fondata.
La norma, pur prevedendo che le opere di competenza regionale, che rivestono
grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico
principale e del demanio idrico, siano individuate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, stabilisce che ciò avvenga «su
proposta della Conferenza Stato-Regioni». Non sussiste, pertanto, la lesione
delle competenze regionali e del principio di leale collaborazione lamentati
dalla Regione Calabria, perché la disposizione impugnata, pur imputando
formalmente l'individuazione delle opere in questione all'atto ministeriale,
attribuisce alle Regioni un ruolo condizionante il contenuto dell'atto stesso.
25. - In considerazione della decisione nel merito delle relative questioni di
illegittimità costituzionale, non vi è luogo a provvedere sulle istanze di
sospensione dell'efficacia degli artt. 58, 59, 63, 64 e 175, comma 1, lettera
l), del d.lgs. n. 152 del 2006, avanzate dalle Regioni Calabria, Piemonte,
Abruzzo e Puglia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
riservata a separate pronunce la decisione sull'impugnazione dell'intero testo
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
nonché di singole disposizioni dello stesso decreto;
1) dichiara inammissibili gli interventi in giudizio dell'Associazione Italiana
per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) - Onlus, della Biomasse Italia
s.p.a., della Società Italiana Centrali Termoelettriche - SICET S.r.l, della
Ital Green Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnologie Ambiente S.p.a;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lettera b),
del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che il programma
nazionale di intervento sia approvato con il previo parere della Conferenza
unificata;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 58, comma 3, lettera a),
del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che le funzioni di
programmazione e finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo
siano esercitate previo parere della Conferenza unificata;
4) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 58, comma 3, lettera d),
del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte in cui non prevede che le funzioni in
esso indicate siano esercitate previo parere della Conferenza unificata;
5) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 63, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006,
proposte, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della
Costituzione, alle attribuzioni regionali previste dallo statuto speciale per la
Regione Valle d'Aosta ed al principio di leale collaborazione dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e dalle Regioni Calabria, Toscana,
Piemonte, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia e Marche con i ricorsi
indicati in epigrafe;
6) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
55, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il
ricorso indicato in epigrafe;
7) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt.
57, 63, 64, 65, 66, 67, 68 e 175 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in
riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il
ricorso indicato in epigrafe;
8) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
57, comma 1, lettera a), n. 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in
riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione
ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione Piemonte con il ricorso
indicato in epigrafe;
9) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
58 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
58, comma 3, lettere b), e) e g) del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
11) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
63 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97,
114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe;
12) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 2,
lettere d), e), f) g), i), m), q), 3, lettera d) e 4 della legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), all'art. 117,
terzo comma, della Costituzione, all'art. 1 del decreto legislativo 16 marzo
1999, n. 89 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle
d'Aosta in materia di acque pubbliche), dalla Regione Valle d'Aosta con il
ricorso indicato in epigrafe;
13) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
64 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 3, 11, 76,
117, primo e terzo comma, e 118, della Costituzione, dalle Regioni Calabria,
Toscana e Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
14) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt.
65, 66, 67 e 68 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt.
3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di
leale collaborazione, dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in
epigrafe;
15) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt.
65, 67, 69, 116 e 117 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento
all'art. 76 della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in
epigrafe;
16) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
65, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento all'art. 117
della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalle Regioni
Toscana e Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
17) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
66 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il ricorso
indicato in epigrafe;
18) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
66 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117 e 118
della Costituzione ed al principio di leale collaborazione dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
19) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
68 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il ricorso
indicato in epigrafe;
20) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.
68 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 11 e 117,
primo comma, della Costituzione, dalla Regione Valle d'Aosta con il ricorso
indicato in epigrafe;
21) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
55, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento al principio
di leale collaborazione, dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in
epigrafe;
22) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 118
della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
23) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
57, commi 1, lettera a), n. 4, 3, 4 e 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalle Regioni Calabria, Umbria e
Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
24) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
57, comma 1, lettera a), n. 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 76 e 117, commi secondo, terzo, quarto e sesto, della
Costituzione ed al principio di legalità, dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso n. 73 del 2006;
25) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
57, comma 1, lettera a), n. 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e
dalle Regioni Calabria e Toscana con i ricorsi indicati in epigrafe;
26) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
57, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 117, quinto comma, 118 e 120, secondo comma, della
Costituzione ed al principio di legalità dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso n. 73 del 2006 e dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in
epigrafe;
27) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
57, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt.
76 e 118 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in
epigrafe;
28) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
58, comma 3, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento
agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione dalle Regioni Umbria, Liguria e Puglia con i ricorsi indicati in
epigrafe;
29) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
58, comma 2, lettera c) e comma 3, lettera c), del d.lgs. n. 152 del 2006,
proposte, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione
Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
30) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 59
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117, terzo
comma, 118 e 119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalle Regioni
Calabria e Puglia con i ricorsi indicati in epigrafe;
31) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 61
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118
della Costituzione dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
32) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
61, comma 1, lettere d) ed e), del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 76 e 117 della Costituzione, dalle Regioni Toscana e
Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
33) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 63
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118
della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalle Regioni
Toscana, Marche e Basilicata con i ricorsi indicati in epigrafe;
34) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
63, commi 2 e 3, e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli
artt. 117, commi terzo e sesto, e 118 della Costituzione, dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e dalle Regioni Calabria, Umbria,
Liguria, Abruzzo e Campania con i ricorsi indicati in epigrafe;
35) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt.
63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento all'art. 76 della
Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e dalle
Regioni Calabria, Valle d'Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo e Campania con i
ricorsi indicati in epigrafe;
36) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 64
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97,
114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalle Regioni Calabria, Toscana, Marche, Piemonte e Puglia con i
ricorsi indicati in epigrafe;
37) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 65
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118
della Costituzione ed al principio di leale collaborazione dalle Regioni
Calabria, Toscana, Umbria e Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
38) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
67, commi 2, 3, 4, 5 e 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
39) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
69, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt.
117, terzo comma, e 119 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il
ricorso indicato in epigrafe;
40) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 70
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma,
dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
41) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
70, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento al
principio di leale collaborazione ed alle «attribuzioni regionali», dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
42) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.
72, commi 3, 4 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli
artt. 76, 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalla Regione
Calabria con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 15 luglio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2009.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
Allegato:
ordinanza letta all'udienza del 5 maggio 2009
ORDINANZA
Considerato che il presente giudizio
di costituzionalità delle leggi, promosso in via di azione, è configurato come
svolgentesi esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa, in
quanto avente ad oggetto questioni di competenza normativa, fermi restando, per
i soggetti privi di tale potestà, i mezzi di tutela delle loro posizioni
soggettive, anche costituzionali, di fronte ad altre istanze giurisdizionali ed
eventualmente anche di fronte a questa Corte in via incidentale (sentenze n. 405
del 2008 e n. 469 del 2005).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento
spiegato nei giudizi indicati in epigrafe dall'Associazione Italiana per il
World Wide Fund for Nature - Onlus e da Biomasse Italia s.p.a., Società Italiana
Centrali Termoelettriche - SICET s.r.l., Ital Green Energy s.r.l. ed E.T.A.
Energie Tecnologiche Ambiente s.p.a.
F.to Francesco AMIRANTE, Presidente
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