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CORTE COSTITUZIONALE - 29 ottobre 2009, n. 272
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Paesaggio - Nozione - Competenza esclusiva
dello Stato - Regioni - Norme di tutela più elevata - Art. 2, c. 1, lett. a),
b), c) L.r. Liguria n. 34/2007 - Illegittimità costituzionale. Il paesaggio
,“valore primario” ed “assoluto” (sentenze nn. 183 e 182 del 2006), deve essere
inteso come “la morfologia del territorio, riguardando esso l’ambiente nel suo
aspetto visivo”. La “tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene
complesso ed unitario, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato,
precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi
pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di
governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali”
(sentenza n. 367 del 2007); resta salva la facoltà delle Regioni “di adottare
norme di tutela ambientale più elevate nell’esercizio di competenze, previste
dalla Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente” (sentenza
n. 12 del 2009). Ne consegue l’illegittimità costituzionale delle disposizioni
di cui all’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge della Regione
Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco regionale delle Alpi
Liguri), sia nel testo originario che nel testo risultante dalle modifiche
introdotte dall’art. 1, comma 2, della legge della Regione Liguria 3 aprile
2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale 23 ottobre 2007, n. 34. Istituzione
del Parco regionale delle Alpi Liguri), dato che la legge regionale è venuta a
disciplinare un ambito, quello della tutela del patrimonio ambientale e
paesaggistico, riservato in via esclusiva allo Stato. Pres. Amirante, Est.
Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE
COSTITUZIONALE - 29 ottobre 2009, n. 272
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - AREE PROTETTE - Strumenti di pianificazione
paesaggistica - Ordine di priorità - Piano paesaggistico e piano del parco -
Art. 8, comma 2, lettera b), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007,
n. 34 - Illegittimità costituzionale. È inibito alle Regioni introdurre
disposizioni che alterino l’ordine di priorità tra gli strumenti di
pianificazione paesaggistica (e segnatamente tra il piano paesaggistico e il
piano del parco), o, comunque, determinino un minor rigore di protezione
ambientale poiché la tutela […] apprestata dallo Stato, nell’esercizio della sua
competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, viene a funzionare come
un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano nelle
materie di loro competenza (sentenza n. 378 del 2007). Ne deriva l’illegittimità
costituzionale dell’art. 8, comma 2, lettera b), della legge della Regione
Liguria 23 ottobre 2007, n. 34, - laddove prevede che spetti al Piano del parco
l’individuazione degli «interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui
all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995», nonché le ipotesi in cui lo
stesso nulla osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un
tecnico a ciò abilitato. Pres. Amirante, Est. Napolitano - Presidente del
Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 29 ottobre
2009, n. 272
AREE PROTETTE - CACCIA - Disciplina statale di delimitazione del periodo
venatorio - Art. 8 c. 1, lett. c) L.r. Liguria n. 34/2007 - Illegittimità
costituzionale. L’esplicito divieto di applicare “i limiti all’attività
venatoria di cui agli articoli 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge
394/1991”, previsto dall’art. 8, c. 1, lettera c) della legge regionale della
Liguria n. 34 del 2007, è costituzionalmente illegittimo. Vale, al riguardo,
quanto è stato affermato (sentenza n. 165 del 2009)e cioè che “la disciplina
statale che delimita il periodo venatorio [...] è stata ascritta al novero delle
misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle
specie cacciabili, rientrando in quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna
selvatica ritenuto vincolante anche per le Regioni speciali e le Province
autonome” e che “le disposizioni legislative statali che individuano le specie
cacciabili” hanno carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale
(sentenza n. 227 del 2003 che richiama la sentenza n. 323 del 1998)”. Pres.
Amirante, Est. Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione
Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 29 ottobre 2009, n. 272
SENTENZA N. 272
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), e dell’art. 8, commi
1, lettera c), e 2, lettera b), della legge della Regione Liguria 23 ottobre
2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri),
promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 31
dicembre 2007 - 7 gennaio 2008, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2008 ed
iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2009 il Giudice relatore Paolo
Maria Napolitano;
uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l’avvocato Barbara Baroli per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, con ricorso notificato il 31
dicembre 2007 e depositato il 10 gennaio 2008, questione di legittimità
costituzionale, in via principale, dell’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c),
nonché dell’art. 8, commi 1, lettera c), e 2, lettera b), della legge della
Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale regionale
delle Alpi Liguri), denunciandone il contrasto con gli artt. 9, 117, secondo
comma, lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione e con gli artt. 3, 4,
5, 135, 143 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), con l’art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), e con
gli artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge del 6 dicembre 1991, n.
394 (Legge quadro sulle aree protette), nonché con l’art. 18, comma 3, della
legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree
protette).
Il ricorrente premette che la Regione Liguria ha emanato, nell’esercizio della
propria competenza legislativa, la legge regionale n. 34 del 2007 dando così
attuazione alla legge n. 394 del 1991 e alla legge regionale n. 12 del 1995.
Nonostante gli artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, della legge regionale n. 34 del
2007 espressamente garantiscano il “rispetto” delle disposizioni del decreto
legislativo n. 42 del 2004, in realtà – ad avviso del ricorrente – le
disposizioni censurate non sarebbero «in linea con questo provvedimento statale
da considerare come norma interposta in relazione all’art. 117, secondo comma,
lett. s), e [al]l’art.118 Cost.».
Passando ad esaminare dettagliatamente le singole censure, secondo il
ricorrente, l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c) – norma volta a «“tutelare”
oltre che a valorizzare il patrimonio naturale, il patrimonio etnoantropologico
ed il paesaggio» – contrasterebbe sia con l’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., che attribuisce la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dei
beni culturali allo Stato – potestà esercitata da questo ultimo con gli artt. 3,
4 e 5 del d.lgs. n. 42 del 2004 –, sia con l’art. 118, terzo comma, Cost., che
riserva allo Stato l’individuazione di forme di intesa e di coordinamento nella
materia di tutela dei beni culturali.
Inoltre, l’art. 8, comma 2, lettera b), – disposizione che prevede
l’individuazione dei «casi di interventi da assoggettare o meno al nulla osta di
cui all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995 e le ipotesi in cui lo
stesso nulla osta possa essere acquisito a seguito della presentazione da parte
di un tecnico abilitato di apposita autocertificazione attestante il rispetto di
parametri quantitativi e qualitativi previsti nel Piano del Parco medesimo» –
violerebbe, sempre a detta del ricorrente, gli artt. 135, 143 e 146 del d.lgs.
n. 42 del 2004 e, conseguentemente, la competenza esclusiva statale (ex art.
117, secondo comma, lettera s, Cost.), in quanto tali norme sono volte a
garantire standard minimi ed uniformi di tutela su tutto il territorio
nazionale.
La norma denunciata, prosegue il ricorrente – consentendo il rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica sulla base dell’autocertificazione prodotta
dall’interessato – risulterebbe altresì in contrasto con l’art. 9 Cost., che
«riconosce in capo alla Repubblica la tutela del paesaggio e stabilisce come
regola l’intangibilità del bene tutelato rispetto al quale l’assenso agli
interventi di modifica si configura come deroga».
Infine, l’art. 8, comma 1, lettera c), della legge regionale impugnata –
prevedendo che nelle aree qualificate come “paesaggio protetto” non siano
operanti i limiti ed i divieti all’attività venatoria, di cui alle leggi quadro
statali (legge n. 394 del 1991 e legge n. 157 del 1992), travalicando la
competenza legislativa regionale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera
s), Cost. e gli artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge n. 394 del
1991, nonchè l’art. 21 della legge n. 157 del 1992, in quanto verrebbe ad
incidere sulla materia della protezione della fauna selvatica, riservata alla
competenza esclusiva dello Stato.
2. – Si è costituita nel giudizio la Regione Liguria, in persona del Presidente
della Giunta regionale pro-tempore, che ha dedotto l’inammissibilità e
l’infondatezza delle censure.
La resistente, dopo aver preliminarmente sintetizzato oggetto, fini e scopo
della legge regionale censurata, ed in particolare il contenuto delle norme
impugnate, evidenzia come un «equivoco di fondo» infici l’intero ricorso e,
precisamente, l’equivoco consisterebbe «nel ritenere perfettamente
sovrapponibile la disciplina ed il grado di tutela dei territori qualificati
“parco” a quella dei territori qualificati “paesaggio protetto”». In realtà,
l’art. 1 della citata legge regionale ha previsto due tipi di protezione
territoriale diversi: uno, per la categoria definibile “Parco naturale”,
l’altro, per quella classificabile come “paesaggio protetto”, ai sensi dell’art.
3, comma 1-bis, della legge regionale n. 12 del 1995, come modificata dalla
legge regionale 19 marzo 2002, n. 13.
Sottolinea, al riguardo, che la normativa attinente ai territori qualificabili
come “parco”, nonchè la relativa disciplina, è contenuta nei commi 2 e 3
dell’art. 1 della legge regionale n. 34 del 2007, mentre quella relativa ai
territori aventi natura di “paesaggio protetto”, con relativo diverso grado di
tutela, è dettata dal comma 4 dello stesso articolo.
Il ricorrente – secondo la difesa regionale – si sarebbe soffermato solo sulla
prima parte della sopra citata disposizione, ignorando la frase finale in cui si
differenzia l’ambito di applicazione delle due normative facendosi esplicito
riferimento alle «caratteristiche e le specificità individuate nell’articolo 8».
In questo modo sarebbe incorso nel lamentato errore interpretativo.
Del resto, per la difesa regionale, non si può non giungere alla conclusione che
la Regione Liguria – nell’ambito della sfera di autonomia riconosciutale dal
terzo comma dell’ art. 117 Cost. in materia di «governo del territorio» – è
venuta unicamente ad individuare «al di fuori delle categorie già previste dal
legislatore nazionale, una ulteriore categoria di territori oggetto di
protezione, insuscettibile di essere ricondotta nell’ambito di quelle
identificate dall’articolo 2 della legge n. 394/1991».
Tutto ciò premesso, per quanto riguarda l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c),
la difesa regionale osserva che la Regione Liguria si è impegnata a sostituire
il censurato termine «tutelare» (che indicherebbe una funzione «inibita» alla
Regione, alla quale può solo competere la possibilità di «valorizzare» il
proprio patrimonio naturale e paesaggistico) con quello di «conservare».
Quanto, poi, alle censure mosse all’art. 8, comma 2, lettera b), le stesse
sarebbero infondate, in quanto l’individuazione degli interventi soggetti al
“nulla osta” da parte del Piano del parco non comprimerebbe «le esigenze di
tutela paesaggistica», non essendo tale “nulla-osta” sostitutivo
dell’autorizzazione prevista dagli artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Il “nulla-osta”, secondo la resistente, corrisponderebbe, infatti, «all’istituto
previsto dall’art. 13 della legge 394/1991, la cui disciplina, in Liguria, è
stata recepita ed attuata dall’art. 21 della legge regionale 12/1995». Esso,
quindi, costituirebbe solo un mezzo di verifica, preventivo al rilascio di
qualsiasi titolo abilitativo, sia paesistico che edilizio, con cui l’Ente Parco
verificherebbe «la conformità degli interventi o delle attività da eseguire nel
parco con la normativa in vigore nel relativo territorio» (secondo quanto
disposto, appunto, dal dettato normativo della legge quadro n. 394 del 1991),
lasciando impregiudicata la prevalenza dell’autorizzazione paesaggistica.
Infine, altrettanto infondate sarebbero le censure relative al comma 1, lettera
c), sempre dell’art. 8, là dove si prevede che nelle aree qualificate come
“paesaggio protetto” non si applicherebbero «i limiti all’attività venatoria di
cui agli articoli 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 394/1991».
Secondo la resistente, tali censure poggerebbero sulla già rilevata «forzata
equiparazione» tra “paesaggio protetto” e “parco”; ma (come già precedentemente
sottolineato) i territori così rispettivamente classificati avrebbero natura
giuridica diversa e, pertanto, anche gradi di tutela diversi. Il concetto di
“parco” sarebbe riconducibile alla materia «tutela dell’ambiente,
dell’ecosistema e dei beni culturali», mentre quello di “paesaggio protetto”
rientrerebbe nelle materie «governo del territorio» e «valorizzazione dei beni
culturali e ambientali», materie di legislazione concorrente. Così che, partendo
da tale premessa, per le aree definite “paesaggio protetto” non apparirebbe
illegittimo prevedere, con norma regionale, la non applicabilità del divieto
venatorio, stabilito dall’art. 22 della legge n. 394 del 1991.
3. – In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione Liguria ha depositato
memoria in cui chiede la dichiarazione di cessazione della materia del
contendere in riferimento alle censure sollevate nel primo e nel secondo motivo
del ricorso; in subordine, richiamando le argomentazioni difensive di cui
all’atto di costituzione, chiede che il ricorso venga interamente respinto
perché infondato, in riferimento, oltre che al terzo motivo di censura, anche ai
primi due.
In particolare, la difesa regionale fa presente che – allo scopo di superare le
censure relative ai primi due motivi del ricorso – la Regione Liguria ha
provveduto ad emanare la nuova legge regionale 3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche
alla legge regionale 23 ottobre 2007, n. 34. Istituzione del Parco regionale
delle Alpi Liguri).
Con detta legge si è modificato l’art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), della
legge regionale n. 34 del 2007 – ove viene attribuita al Parco naturale
regionale la finalità di tutelare oltre che di valorizzare il patrimonio
naturale, etnoantropologico ed il paesaggio – sostituendo la parola «tutelare»
con la parola «conservare».
Riguardo, quindi, alla censura relativa al comma 2, lettera b), dell’art. 8
della legge regionale n. 34 del 2007, la difesa regionale ricorda che si è
provveduto, sempre con la nuova legge regionale n. 6 del 2008, ad inserire, nel
comma 1 dello stesso articolo, la lettera c-bis), in cui si fa espresso richiamo
all’osservanza delle vigenti disposizioni in tema di beni paesaggistici di cui
al d.lgs. n. 42 del 2004.
Secondo la difesa regionale, le modifiche legislative apportate dovrebbero far
dichiarare la cessazione della materia del contendere relativamente alle
suddette censure.
Laddove tale conclusione non dovesse essere condivisa, la resistente ribadisce
l’infondatezza delle censure stesse, rilevando, altresì, che la previsione di
forme di «protezione del territorio aggiuntive» rispetto alla legislazione
nazionale non appare preclusa alle Regioni dalla Costituzione secondo la lettura
che ne dà la giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 378 del 2007, n. 183 del
2006, n. 232 del 2005 e n. 407 del 2002).
Quanto, infine, alla terza ed ultima censura, relativa all’art. 8, comma 1,
lettera c), della legge regionale n. 34 del 2007, la difesa regionale insiste
nella dichiarazione di infondatezza della stessa, richiamandosi alle
argomentazioni di cui all’atto di costituzione.
Considerato in diritto
1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di
legittimità costituzionale in via principale dell’art. 2, comma 1, lettere a),
b) e c), nonché dell’art. 8, commi 1, lettera c), e 2, lettera b), della legge
della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del Parco naturale
regionale delle Alpi Liguri), in riferimento agli artt. 9, 117, secondo comma,
lettera s), e 118, terzo comma, della Costituzione, e agli artt. 3, 4, 5, 135,
143 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137), all’art. 21 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), agli
artt. 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge
quadro sulle aree protette), nonché all’art. 18, comma 3, della legge della
Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette).
2. – Il ricorrente censura il suddetto art. 2, comma 1, lettere a), b) e c),
nella parte in cui «attribuisce al Parco naturale regionale lo scopo di
“tutelare”, oltre che di valorizzare, il patrimonio naturale, il patrimonio
etnoantropologico ed il paesaggio», in quanto viene a violare l’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., che riserva la potestà legislativa esclusiva
in materia di tutela dei beni culturali allo Stato (esercitata da questo ultimo
con gli artt. 3, 4 e 5 del d.lgs. n. 42 del 2004); nonché l’art. 118, terzo
comma, Cost., che riserva allo Stato l’individuazione di forme di intesa e di
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
2.1. – La questione è fondata.
È da premettere che le disposizioni censurate vengono a dettare una disciplina
relativa alle aree naturali protette, materia che questa Corte ha ritenuto
compresa nell’ambito dell’ambiente e dell’ecosistema (si vedano le sentenze n.
12 del 2009, n. 387 del 2008 e n. 422 del 2002), rientrante, quindi, nella
competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost.
È altresì da sottolineare, con espresso riferimento alla giurisprudenza
formatasi dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004, che questa Corte
ha più volte ribadito che il paesaggio deve essere considerato un “valore
primario” ed “assoluto” (sentenze nn. 183 e 182 del 2006), precisando, inoltre,
che con il termine paesaggio si deve intendere «la morfologia del territorio,
[riguardando esso] cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo» ed ancora che «l’art.
9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del
paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto
del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di
per sé un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007).
Si è, infine, affermato che: la «tutela ambientale e paesaggistica, gravando su
un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale
un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello
Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri
interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in
materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e
ambientali» (per tutte, sempre, sentenza n. 367 del 2007), pur se si è
riconosciuto che resta salva la facoltà delle Regioni «di adottare norme di
tutela ambientale più elevate nell’esercizio di competenze, previste dalla
Costituzione, che vengano a contatto con quella dell’ambiente» (sentenza n. 12
del 2009).
Da quanto sopra affermato, deriva l’illegittimità costituzionale delle censurate
disposizioni, dato che la legge regionale è venuta a disciplinare un ambito,
quello della tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, riservato in via
esclusiva allo Stato.
La Regione ha chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del
contendere, in quanto il comma 2 dell’art. 1 della sopravvenuta legge regionale
3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale 23 ottobre 2007, n. 34.
Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri), ha sostituito,
nell’impugnato art. 2, comma 1, lettere a), b) e c), – su cui si appuntano le
censure del ricorrente – il verbo «tutelare» con quello di «conservare»,
lasciando per il resto invariato il testo originario. Ma, in tal modo, il
legislatore regionale si è limitato ad apportare alla disposizione censurata una
variante puramente terminologica, del tutto equivalente sotto l’aspetto
contenutistico.
Peraltro – anche se si volesse ritenere che tra la funzione di tutela e quella
di conservazione del paesaggio esista una differenza sostanziale e non formale –
questa Corte ha ritenuto che anche «“la conservazione ambientale e
paesaggistica” spetti, in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,
alla cura esclusiva dello Stato» (sentenze n. 226 del 2009 e n. 367 del 2007).
2.2. – Con riferimento alla suddetta modifica legislativa, è da tenere presente
come la giurisprudenza costituzionale abbia stabilito che «il principio di
effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione
non tollera che, attraverso l’uso distorto della potestà legislativa, uno dei
contendenti possa introdurre una proposizione normativa di contenuto identico a
quella impugnata e nel contempo sottrarla al già instaurato giudizio di
legittimità costituzionale. Si impone pertanto in simili casi il trasferimento
della questione alla norma che, sebbene portata da un atto legislativo diverso
da quello oggetto di impugnazione, sopravvive nel suo immutato contenuto
precettivo» (sentenze n. 168 del 2008 e n. 533 del 2002).
Poiché, nella specie, ricorrono tali condizioni – avendo, come si è detto, la
Regione apportato al testo originario impugnato una variante puramente
lessicale, ma non contenutistica – le censure proposte in riferimento all’art.
2, comma 1, lettere a), b) e c), della legge regionale n. 34 del 2007, debbono
ritenersi anche trasferite al nuovo testo, con la conseguente pronuncia di
illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione
Liguria n. 6 del 2008.
3. – Con riferimento a quanto previsto all’art. 8, il ricorrente ritiene che la
lettera b) del comma 2 – laddove prevede che spetti al Piano del parco
l’individuazione degli «interventi da assoggettare o meno al nulla osta di cui
all’art. 21 della legge regionale n. 12 del 1995», nonché le ipotesi in cui lo
stesso nulla osta possa essere acquisito mediante autocertificazione di un
tecnico a ciò abilitato – sia in contrasto: a) con l’art. 9 Cost., che
attribuisce alla Repubblica la tutela del paesaggio, stabilendo, altresì, «come
regola l’intangibilità del bene tutelato rispetto al quale l’assenso agli
interventi di modifica si configura come deroga»; b) con l’art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost. nonché con gli artt. 135 e 143 del d.lgs. n. 42 del
2004 – adottati nell’ambito della potestà legislativa dello Stato in materia –
che stabiliscono «contenuti e finalità dei piani paesistici». Al riguardo,
l’Avvocatura osserva che, per espressa previsione del comma 3 dell’art. 18 della
precedente legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree
protette), «il piano paesistico, i piani territoriali ed urbanistici ed ogni
altro strumento di pianificazione territoriale» sono sostituiti dal piano del
parco per l’ambito territoriale da essi considerato; c) con l’art. 146 del
medesimo d.lgs. n. 42 del 2004, che stabilisce la preminenza dell’autorizzazione
paesaggistica rispetto agli atti di assenso relativi alle trasformazioni di tipo
urbanistico-edilizio del territorio.
La questione è fondata.
A fronte delle censure del ricorrente, la Regione eccepisce che «la norma
impugnata non riguarda in alcun modo l’autorizzazione paesistica, ma il diverso
atto (nulla osta) previsto all’art. 13 della legge quadro in materia di aree
protette (legge n. 394/1991)».
L’argomentazione difensiva non viene a rispondere a ciò che costituisce il
nucleo centrale del rilievo del Presidente del Consiglio, vale a dire
l’attenuazione o, addirittura, la scomparsa della tutela paesistica che tale
disposizione determina, anche in considerazione del citato comma 3 dell’art. 18
della precedente legge regionale n. 12 del 1995, che attribuisce al piano del
parco altresì il compito della tutela paesaggistica. È evidente che, là dove il
piano del parco stabilisse che per un determinato territorio non occorresse il
nulla osta (o lo subordinasse ad una semplice autocertificazione), per questi
interventi urbanistici non vi sarebbe una doppia fase di verifica
dell’ammissibilità degli interventi di trasformazione all’interno del parco
medesimo (o comunque verrebbe meno la fase di competenza dei soggetti preposti
alla tutela del vincolo). Si tratta di una questione che, anche recentemente, è
stata esaminata da questa Corte. Nella sentenza n. 437 del 2008, si è dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Basilicata
26 novembre 2007, n. 21 (Integrazioni alla legge regionale del 22 ottobre 2007,
n. 17), che prevedeva la «semplice “verifica di conformità” alle prescrizioni
dei Piani paesistici». Nella sentenza si è sottolineato che la disposizione
censurata introduceva «una procedura autorizzatoria semplificata» consentita,
alla stregua di quanto prevede l’art. 143, comma 5, lettere a) e b), del d.lgs.
n. 42 del 2004, soltanto a seguito di un piano elaborato d’intesa tra Regione e
Ministeri competenti, «degradando, in tal modo, la tutela paesaggistica – che è
prevalente – in una tutela meramente urbanistica».
Parimenti, nella sentenza n. 180 del 2008, si è affermata l’illegittimità
costituzionale di una disposizione legislativa della Regione Piemonte che
sostituiva, nell’ambito di un Parco, il piano d’area al piano paesaggistico, sul
rilievo secondo cui, in tal modo, veniva alterato «l’ordine di prevalenza che la
normativa statale, alla quale è riservata tale competenza, detta tra gli
strumenti di pianificazione paesaggistica».
Si è precisato, altresì, che la disposizione censurata veniva a violare «il
principio della “gerarchia” degli strumenti di pianificazione dei diversi
livelli territoriali, espresso dall’art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004», oltre
che l’«art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. in materia di “conservazione
ambientale e paesaggistica”».
È, quindi, inibito alle Regioni introdurre disposizioni che alterino questo
ordine di priorità, o, comunque, determinino un minor rigore di protezione
ambientale poiché, come sottolinea la sentenza n. 105 del 2008, «la tutela […]
apprestata dallo Stato, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia
di tutela dell’ambiente, viene a funzionare come un limite alla disciplina che
le Regioni e le Province autonome dettano nelle materie di loro competenza
(sentenza n. 378 del 2007)».
Né maggior pregio ha l’ulteriore argomentazione difensiva della Regione.
La resistente afferma, infatti, come un «equivoco di fondo» venga ad inficiare
l’intero ricorso e, precisamente, l’equivoco consisterebbe «nel ritenere
perfettamente sovrapponibile la disciplina ed il grado di tutela dei territori
qualificati “parco” a quella dei territori qualificati “paesaggio protetto”».
Sostiene, quindi, che l’art. 1 della citata legge regionale ha previsto due tipi
di protezione territoriale diversi: uno, per la categoria ascrivibile al “Parco
naturale”, l’altro, per quella definita “paesaggio protetto”, di cui all’art. 3,
comma 1-bis, della legge regionale n. 12 del 1995, come modificata dalla legge
regionale 19 marzo 2002, n. 13. La Regione prosegue sottolineando che «la
necessità di uno strumento di controllo endoprocedimentale, prodromico rispetto
al rilascio dell’autorizzazione paesistica, costituente una “doppia fase” di
verifica dell’ammissibilità degli interventi trasformativi all’interno del
parco, è stata prevista in modo generalizzato dalla citata legge quadro n. 394
del 1991 (e conformemente dalla legge regionale n. 12 del 1995) sotto forma di
nulla osta solo per quei territori formalmente classificati come “parco
naturale” (v. art. 3 legge regionale n. 12/1995). Nessuna norma statale di
principio impone di applicare anche alla diversa fattispecie del “paesaggio
protetto” le identiche forme di tutela applicate nelle aree classificate “parco
naturale regionale”».
È necessario precisare che il Presidente del Consiglio non ha impugnato le
disposizioni che si riferiscono all’istituzione del modello organizzativo
territoriale definito “paesaggio protetto” (peraltro contenute in una precedente
legge regionale) o che, comunque, attengono al suo funzionamento. Si è limitato
a censurare specifiche disposizioni che, in un caso, attenuano il vincolo
paesaggistico, e, nell’altro, escludono, nell’ambito della zona protetta, limiti
all’attività venatoria.
Nei suoi interventi a difesa della legittimità costituzionale delle due
disposizioni impugnate, la Regione ha formulato, tra l’altro, la riportata
argomentazione affermando, quindi, che queste disposizioni – anche se attribuite
alla competenza del “Piano del Parco naturale regionale delle Alpi Liguri” – non
si riferiscono al parco, ma ad una zona tutelata avente però un minor grado di
protezione che viene definita “paesaggio protetto”. Questa Corte non è chiamata,
quindi, a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale delle disposizioni
legislative regionali che istituiscono il “paesaggio protetto” o ne disciplinano
il funzionamento, ma deve esclusivamente valutare la esattezza delle suddette
argomentazioni.
Nell’ambito dei limiti così definiti, deve affermarsi l’erroneità della tesi
difensiva della Regione.
La legge quadro sulle aree protette (n. 394 del 1991), nel determinare, all’art.
2, la classificazione delle suddette aree non indica il “paesaggio protetto”. Al
comma 5 prevede che il Comitato per le aree naturali protette – i cui compiti e
le cui funzioni sono state trasferiti alla Conferenza Stato-Regioni dal d.lgs.
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di
interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza
Stato-città ed autonomie locali) – «può operare ulteriori classificazioni per le
finalità della presente legge ed allo scopo di rendere efficaci i tipi di
protezione previsti dalle convenzioni internazionali». Il comma 4 dell’art. 5
prevede, alla lettera a), che l’organismo innanzi indicato (in precedenza il
Comitato per le aree protette, attualmente la Conferenza Stato-Regioni) «integra
la definizione delle aree protette», sentito uno specifico organo tecnico
particolarmente qualificato. Correlata a queste integrazioni, potrebbe essere la
previsione di “piani” delle zone tutelate diversi da quelli attualmente
previsti. In mancanza, non può ritenersi che il piano del parco possa prevedere
zone con indici e criteri di protezione diversi da quelli fissati nella legge
quadro per i parchi regionali.
Né può essere accolta la richiesta della Regione di dichiarare cessata la
materia del contendere a causa delle modifiche apportate a questa disposizione
dalla richiamata legge regionale n. 6 del 2008, sia perché non è stata fornita
alcuna prova in ordine alla mancata applicazione della disposizione impugnata
nel periodo di sua vigenza (né la Regione nei suoi interventi afferma che
ricorre tale circostanza), sia perché la nuova disposizione – non abrogando
espressamente quella impugnata, ma introducendo nel comma 1 dell’art. 8 della
legge regionale n. 34 del 2007 la lettera c-bis), che richiama all’«osservanza
delle vigenti disposizioni in materia di beni paesaggistici» – dà adito al
dubbio se la generica “osservanza” di cui alla nuova normativa valga solo per
quanto non disciplinato dalla legge regionale con espressa disposizione.
4. – Il Presidente del Consiglio impugna altresì, come già riferito, l’art. 8,
comma 1, lettera c), della legge regionale citata – il quale prevede che nelle
aree qualificate come “paesaggio protetto” non siano operanti i limiti e i
divieti all’attività venatoria, di cui alle leggi quadro statali – in quanto
violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e gli artt. 22, comma 6,
32, commi 3 e 4, legge n. 394 del 1991 e l’art. 21 legge n. 157 del 1992,
incidendo sulla materia della protezione della fauna selvatica, di competenza
esclusiva dello Stato.
La questione è fondata.
La Regione eccepisce che tali censure troverebbero il loro fondamento nella
«forzata equiparazione» tra “paesaggio protetto” e “parco”, ma, data l’invocata
differenziazione tra le due forme di tutela delle aree, non sarebbe illegittimo
prevedere, con norma regionale, i casi in cui non sarebbe applicabile il divieto
venatorio. Poiché, per i motivi innanzi detti, tale argomentazione è errata, ne
deriva che l’esplicito divieto di applicare «i limiti all’attività venatoria di
cui agli articoli 22, comma 6, e 32, commi 3 e 4, della legge 394/1991»,
previsto dalla lettera b) del comma 1 della legge regionale della Liguria n. 34
del 2007, è costituzionalmente illegittimo. Vale, al riguardo, quanto, anche
recentemente (sentenza n. 165 del 2009), è stato affermato e cioè «che questa
Corte ha più volte sottolineato che “la disciplina statale che delimita il
periodo venatorio [...] è stata ascritta al novero delle misure indispensabili
per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili,
rientrando in quel nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica ritenuto
vincolante anche per le Regioni speciali e le Province autonome” e che “le
disposizioni legislative statali che individuano le specie cacciabili” hanno
carattere di norme fondamentali di riforma economico-sociale (sentenza n. 227
del 2003 che richiama la sentenza n. 323 del 1998)».
Tra l’altro, poiché i commi 3 e 4 dell’art. 32 della legge n. 394 del 1991, di
cui le disposizioni della legge regionale prevedono la non applicazione, si
riferiscono alle aree contigue a quelle protette, la Regione viene a contraddire
le sue argomentazioni difensive, volte a sostenere che il sistema di tutela
ambientale, che essa ha stabilito inferiore rispetto a quello previsto per i
parchi, è adeguato per alcune aree territoriali ad essi adiacenti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a), b)
e c), della legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34 (Istituzione del
Parco regionale delle Alpi Liguri), sia nel testo originario che nel testo
risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 2, della legge della
Regione Liguria 3 aprile 2008, n. 6 (Modifiche alla legge regionale 23 ottobre
2007, n. 34. Istituzione del Parco regionale delle Alpi Liguri);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lettera c),
della predetta legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, lettera b),
della predetta legge della Regione Liguria 23 ottobre 2007, n. 34.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 19 ottobre 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2009.
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