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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
TAR CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30 aprile 2009, n. 381
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Art. 13 L. n. 349/1986
- Legittimazione ad agire in giudizio - Concetto di beni o valori ambientali -
Diverse accezioni di ambiente. Nell’ottica dell’art.13 della legge n.349 del
1986, la legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni ambientaliste
riconosciute con decreto del Ministero dell’Ambiente, per far valere interessi
diffusi, sussiste quando l’interesse all’ambiente assume qualificazione
normativa nei limiti tracciati positivamente dalla legge n. 349/86, ovvero da
altre fonti legislative, intese ad identificare beni ambientali in senso
giuridico: il concetto di “beni ambientali o valori ambientali”, pur in mancanza
di specifiche indicazioni da parte della legislazione statale e regionale, viene
riferito sia a quello di “ambiente”, quale risulta dalla disciplina relativa al
paesaggio (oggetto della tutela conservativa), che a quello di “ambiente” preso
in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi
(difesa del suolo, dell’aria, dell’acqua) ed anche a quello di “ambiente”,
oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio. L’elemento
unificante di tutte queste elaborazioni consiste nel fatto che l’ambiente, in
senso giuridico, va considerato come un insieme che, pur comprendendo vari beni
o valori, quali flora, fauna, suolo, acqua, etc.., si distingue ontologicamente
da questi in quanto si identifica in una realtà priva di consistenza materiale.
(Fattispecie relativa all’impugnazione del “piano spiaggia” comunale). Pres.
Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea
Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R.
CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Legittimazione ad agire in giudizio - Disciplina urbanistica - Art. 310, c. 1 d.lgs. n. 152/2006. L’indirizzo giurisprudenziale più restrittivo (Cons. Stato sez. IV, 9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste, risulta attualmente superato in conseguenza della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma 1 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (“Norme in materia ambientale”). Ed invero, in base alla precitata disposizione, la legittimazione ad agire, anche con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole censure, va valutata secondo i principi generali, per cui vanno ritenute ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale, mentre non possono essere ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione di detta parte della disciplina urbanistica. Pres. Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381
ASSOCIAZIONI E COMITATI - Associazioni ambientaliste - Atti d’indirizzo o di programmazione - Interesse processuale al ricorso - Contrasto con gli interessi ambientali. Nei confronti degli atti amministrativi d'indirizzo e/o di programmazione non si ravvisa, di regola, un interesse processuale al ricorso, in quanto in questo tipo di atti difetta, per sua natura, di un'immediata capacità lesiva di situazioni giuridiche soggettive. Tuttavia, quando ad agire sono associazioni ambientali per la tutela di un interesse “diffuso” e di un bene complessivamente determinato, la peculiarità dell’azione intrapresa impone la verifica in astratto di un denunziato contrasto fra un determinato criterio prescrittivo e l’interesse alla tutela di uno specifico interesse ambientale, rivolto alla cura ed alla conservazione del paesaggio o di un determinato “habitat” naturale. Non può, infatti, escludersi in astratto che le censure proposte avverso i criteri enunciati dall’atto di indirizzo comunale non siano espressamente volte a dimostrare la loro potenzialità lesiva del valore ambiente e paesaggio dei territori presi in considerazione. Pres. Mastrocola, Est. Anastasi - F.A.I. e altro (avv. Altilia) c. Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio (avv. Calabretta) - T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, Sez. I - 30/04/2009, n. 381
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 00381/2009 REG.SEN.
N. 00453/2008 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 453 del 2008, integrato da motivi
aggiunti, proposto da
“F.A.I.- Fondo per l’Ambiente Italiano”, in persona del Direttore Generale,
nonché dell’associazione ambientalista “Italia Nostra”, in persona del
Presidente in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Giovanna Altilia,
con domicilio eletto presso Giovanna Altilia, in Catanzaro, via San Brunone di
Colonia, n.13/A;
contro
Comune di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio, in persona del Sindaco in carica,
rappresentato e difeso dall'avv. Gerardo Andrea Calabretta, con domicilio eletto
presso Gerardo Andrea Calabretta, in S.Andrea Apostolo dello Ionio, via
Cassiodoro, n. 66;
per l'annullamento
- della delibera di C.C. n. 05 del 21 febbraio 2008, adottata dal Comune di
Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, con la quale sono state approvate le “Linee
Guida” (con relativa relazione tecnica), per la redazione del Piano Comunale
Spiaggia nonché di ogni altro atto connesso, presupposto, prodromico e
consequenziale, ivi compreso, per quanto di ragione, il Piano Regolatore del
Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio e per il risarcimento dei danni
patrimoniali;
-e con i motivi aggiunti notificati il 30.6.2008 e depositati il 1.7.2008: della
delibera di C.C. n. 15 del 12.6.2008, con la quale è stato adottato il Piano
Comunale di Spiaggia del Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, nonché
della delibera n. 5 del 21 febbraio 2008, adottata dal Comune di Sant’Andrea
Apostolo dello Jonio, con la quale sono state approvate le “Linee Guida” (con
relativa relazione tecnica ) per la redazione del Piano Comunale di Spiaggia e
di ogni altro atto connesso, presupposto, prodromico e consequenziale per il
risarcimento dei danni patiti e “patienti”.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sant'Andrea Apostolo dello
Ionio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del giorno 27/02/2009, il cons. Concetta
Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 22.4.2008 e depositato in data 7.5.2008, le
ricorrenti associazioni premettevano che il Comune di Sant’Andrea Apostolo dello
Jonio aveva approvato le “Linee Guida”, intese a determinare i criteri generali
cui sarebbe dovuto essere improntato il “Piano Comunale di Spiaggia”, di
imminente redazione.
A sostegno del proprio ricorso, deducevano:
-violazione di legge art. 9 Cost.- violazione e falsa applicazione artt.2,3,6,7,134,
136, 142 del D. Lgs. N.42/2004. Violazione e falsa applicazione artt. 6 e 12 L.
R. n. 17/2005- violazione e falsa applicazione L. 1150/1942- Eccesso di potere-
sviamento di potere- cattivo esercizio del potere- violazione Accordo di
Programma Quadro Regionale- contraddittorietà fra atti della stessa
amministrazione -omessa istruttoria- difetto di motivazione.
Secondo le esponenti associazioni ambientali, i criteri predisposti per la
redazione del “Piano Comunale di Spiaggia” non sarebbero del tutto coerenti con
le esigenze di tutela ambientale, garantite dall’art. 9 della Costituzione, in
relazione ad un’area di particolare pregio paesaggistico, compresa fra il Fosso
Cupido ed il Torrente Alaca, per oltre 500 ettari di territorio e circa km.3 di
costa, peraltro interessata dal un parallelo procedimento, finalizzato al
riconoscimento di “ zona protetta” , ai sensi della legge regionale 14.7.2003 n.
10.
In particolare, lamentavano che, con le “Linee Guida” approvate, sarebbero stati
individuati parametri e zonizzazioni del territorio che, prescindendo dalla
naturale vocazione degli stessi, si verrebbero a risolvere in un malcelato
tentativo di operare una illegittima variante al piano regolatore generale.
Ed infatti, la costruzione indiscriminata di parcheggi, rotatorie, stabilimenti
balneari, provocherebbero un grave pregiudizio per l’equilibrio floro-faunistico
dell’area in oggetto, mentre il progetto di ampliamento della cosiddetta “strada
borbonica”, a ridosso di un’area agricola, esorbiterebbe le finalità di cui
all’art. 12 della legge regionale n. 17 del 2005 e finirebbe, in sostanza nel
risolversi in un vero e proprio “escamotage” per introdurre, nella sostanza, una
variante al piano regolatore generale, evitando l’intervento della Regione, in
violazione delle disposizioni di cui alla legge n. 1150 del 1942.
Concludevano per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.
Con atto depositato in data 15.5.2008, si costituiva il Comune di Sant’Andrea
Apostolo dello Jonioe, in via preliminare, eccepiva l’inammissibilità del
ricorso, innanzi tutto per difetto di legittimazione attiva in capo alle
ricorrenti associazioni ambientalistiche, poichè, a suo avviso, nella specie,
agirebbero avverso una delibera avente carattere prettamente urbanistico, che,
ai sensi dell’art. 12 della legge regionale 21.12.2005 n. 17 , avrebbe le
finalità di regolamentare l’assetto urbanistico delle aree ricadenti nel demanio
marittimo nonchè uno sviluppo turistico ecosostenibile .
Sotto altro aspetto, l’inammissibilità del ricorso discenderebbe dalla sua
interposizione avverso un atto avente natura di indirizzo politico, non
immediatamente lesivo di interessi giuridicamente protetti.
In fatto, precisava che il territorio costiero del Comune era stato suddiviso in
tre settori, dei quali -esclusi il “settore A” (già oggetto di insediamenti e di
parziale urbanizzazione, suscettibile di poter essere riqualificato soltanto
mediante interventi di scarsa incidenza) ed il “settore C” (di maggiore
estensione, destinato a riserva naturale)- soltanto il “settore B”, di minore
estensione e destinato sostanzialmente a balneazione, sarebbe interessato
dall’odierna impugnativa.
Nel merito, insisteva nel dimostrare che gli interventi previsti sarebbero
finalizzati alla migliore fruibilità del bene-paesaggio, che verrebbe così
valorizzato e, controdeduceva, in particolare, alle doglianze svolte dalle
ricorrenti associazioni, evidenziando, in particolare, che la P.A. non potrebbe
introdurre alcuna variante al Piano Regolatore Generale mediante l’adozione del
“piano comunale di spiaggia”, poiché la zona interessata, costituendo area
ricadente nel “demanio marittimo”, non sarebbe contemplata dal Piano Regolatore,
come erroneamente ritenuto dalle ricorrenti che assumevano fosse destinata a
“zona agricola”.
Infine, rilevava che il beneficio di €. 1.075.000,00 di cui all’Accordo di
Programma Quadro non sarebbe finalizzato alla salvaguardia delle coste, ma
sarebbe stato concesso nell’ambito del progetto di “Tutela e risanamento
ambientale per il territorio della Regione Calabria”, ai fini della bonifica
delle aree demaniali riguardanti i fiumi “Alaca” e “Salubro”.
Dopo aver altresì evidenziato che il provvedimento impugnato sarebbe stato
assunto a seguito di congrua istruttoria -di cui, a suo avviso, si darebbe atto
in sede di preambolo- concludeva per il rigetto del ricorso, con ogni
consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Con memoria depositata in data 21.5.2008, le ricorrenti replicavano alle
eccezioni ed alle tesi svolte dal Comune di S. Andrea Apostolo dello Jonio.
Con motivi aggiunti notificati in data 30.6.2008 e depositati in data 1.7.2008,
le ricorrenti associazioni impugnavano la delibera di adozione del Piano
Spiaggia del Comune di S. Andrea Apostolo dello Jonio, riproponendo,
sostanzialmente, gli stessi profili di censura già svolti con il ricorso
introduttivo del giudizio.
Le ricorrenti associazioni ribadivano infatti, che, al di là delle mere
enunciazioni di principio, il piano spiaggia non tutelerebbe adeguatamente il
bene ambiente, non prevedrebbe l’impiego di materiali ecocompatibili e
prevedrebbe degli interventi in area integralmente protetta, nel “Vallone
Bruno”, nonché i cosiddetti “spazi verdi attrezzati”, in un’area verde altamente
pregiata .
Con atto depositato in data 9 luglio 2008, il Comune intimato deduceva la
carenza di interesse attuale da parte delle associazioni ricorrenti ad impugnare
la delibera di adozione del Piano Spiaggia, che costituirebbe un atto non
definitivo, in quanto ancora soggetto all’approvazione finale da parte della
Provincia, ai sensi dell’art. 17 della l.r. n. 17 del 2005.
Nel merito, dopo aver ancora contestato le tesi svolte ex adverso, precisava
altresì che i fondi stanziati dalla Regione Calabria sarebbero finalizzati alla
tutela ed al risanamento ambientale in relazione alla bonifica dei fiumi Alaca a
Salubro, sulla base di un progetto approvato con delibera di G.C. n. 58 del
26.9.2007, poi modificato a seguito di una proposta di realizzazione di un
sistema di videosorveglianza, e, infine, a seguito della riunione del 25.2.2008,
modificato con un progetto definitivo rimodulato ed approvato con la delibera di
G.C. n. 39 del 12.6.2008, allegata in atti.
Inoltre, rilevava in fatto che l’indicata istanza del Sindaco del 3.5.2007,
intesa a chiedere l’istituzione di un’area protetta, non sarebbe stata
ratificata, come risulterebbe dall’allegata delibera di C.C. n.10/2008.
Concludeva per il rigetto anche dei motivi aggiunti, con ogni consequenziale
statuizione anche in ordine alle spese.
Con memoria depositata in data 16.2.2009, il Comune insisteva nelle già prese
conclusioni.
Alla pubblica udienza del 27 febbraio 2009, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso principale, viene impugnata la delibera di C.C. n. 05 del 21
febbraio 2008, adottata dal Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, con la
quale sono state approvate le “Linee Guida” (con relativa relazione tecnica),
per la redazione del Piano Comunale Spiaggia.
1.2. La difesa del Comune resistente eccepisce, in via preliminare,
l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione da parte delle
ricorrenti associazioni ad impugnare un atto avente natura e finalità
sostanzialmente urbanistiche.
Com’è noto, il problema della legittimazione di organismi esponenziali delle
varie componenti sociali all’impugnativa di provvedimenti lesivi dell’interesse
alla conservazione dei valori ambientali è stato oggetto di intervento
legislativo al momento della istituzione del Ministero dell’Ambiente, con la
legge 8 luglio 1986 n. 349, il cui art. 18 prevede che le Associazioni,
individuate ai sensi del precedente art.13, possono intervenire nei giudizi per
danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per
l’annullamento di atti illegittimi.
Pertanto, nell’ottica dell’art.13 della precitata legge n.349 del 1986, la
legittimazione ad agire in giudizio delle associazioni ambientaliste
riconosciute con decreto del Ministero dell’Ambiente, per far valere interessi
diffusi, sussiste quando l’interesse all’ambiente assume qualificazione
normativa nei limiti tracciati positivamente dalla legge n. 349/86, ovvero da
altre fonti legislative, intese ad identificare beni ambientali in senso
giuridico.
Il concetto di “beni ambientali o valori ambientali” alla cui salvaguardia sono
legittimate le Associazioni, pur in mancanza di specifiche indicazioni da parte
della legislazione statale e regionale, viene riferito sia a quello di
“ambiente”, quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio (oggetto della
tutela conservativa), che a quello di “ambiente” preso in considerazione dalle
norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell’aria,
dell’acqua) ed anche a quello di “ambiente”, oggetto di disciplina urbanistica e
di tutela del territorio.
L’elemento unificante di tutte queste elaborazioni consiste nel fatto che
l’ambiente, in senso giuridico, va considerato come un insieme che, pur
comprendendo vari beni o valori, quali flora, fauna, suolo, acqua, etc.., si
distingue ontologicamente da questi in quanto si identifica in una realtà priva
di consistenza materiale.
Alla nozione di ambiente come complesso di cose che racchiude un valore
collettivo costituente specifico oggetto di tutela si riferisce, in sostanza,
anche l’art. 1, comma II°, della legge n. 349 del 1986 che individua le finalità
attribuite all’istituito Ministero dell’Ambiente nell’assicurare, in un quadro
organico, la promozione, la conservazione e il recupero delle condizioni
ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e alla
qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio
naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento, ma già
in precedenza, con il con il D.P.R. 616 del 1977, il legislatore, nel tentare
una definizione della materia inerente la disciplina dell’uso del territorio,
comprensiva della protezione dell’ambiente, ha enunciato, sia pure in via
esemplificativa, il dato indiscutibile, secondo cui sul territorio insistono più
interessi, tra cui quello ambientale.
Secondo un pregresso orientamento giurisprudenziale, la legittimazione
attribuita dagli artt.13 e 18 della legge n.349 del 1986 alle associazioni
ambientaliste non potrebbe giustificare l’impugnazione di atti avente valenza
meramente urbanistica, senza che ne sia dimostrata, in concreto, la contestuale
incidenza negativa su valori ambientali, per cui dovrebbe essere esclusa con
riferimento ad “atti che rivelino una connotazione esclusivamente urbanistica,
essendo volti soltanto ad un’utilizzazione del territorio, senza diretti
riflessi sui valori ambientali” (Cons. Stato, sent. n.3878/2001), trattandosi,
pur sempre, di una “legittimazione eccezionale”, che come tale, dovrebbe essere
delimitata entro i perimetri fissati dalla legge, che non tollererebbe alcuna
estensione in altri settori dove non si rinvenga il "danno ambientale"
richiesto, come presupposto, dal comma 5 dell'art.18.
In altri termini, si ammette la legittimazione ad agire delle associazioni
ambientali contro atti amministrativi a contenuto urbanistico-edilizio soltanto
in riferimento alle censure con valenza ambientali”( Cons. Stato sez. IV,
9.11.2004 n. 7246).
Secondo un diverso orientamento, invece, vi sarebbe una “inscindibilità” tra la
materia urbanistica e quella ambientale, per cui la suddivisione tra ambiente ed
urbanistica verrebbe a risolversi, in sostanza, in un “equivoco culturale ancor
prima che giuridico” (T.A.R. Veneto, Sez. III, 28.10.2002 n. 6118), che non
tollererebbe un criterio tradizionale di riparto di competenze mediante un
approccio che ne ignora le peculiarità: in primis quella di essere una specie di
contenitore nel cui ambito è dato ritrovare i più vari beni tutelabili
dall’ordinamento, essendo evidente, infatti, che con lo strumento urbanistico si
possa e debba tutelare anche il bene ambiente o paesaggio.
Ad avviso del Collegio, l’indirizzo giurisprudenziale più restrittivo (Cons.
Stato sez. IV, 9.11.2004 n. 7246) che considerava eccezionale la legittimazione
ad agire delle associazioni ambientaliste, risulta attualmente superato in
conseguenza della nuova disposizione introdotta al riguardo dall’art. 310 comma
1 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (“Norme in materia ambientale”), che così
recita:
“I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, [Le regioni, le province autonome
e gli enti locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche] sono
legittimati ad agire, secondo i principi generali, per l'annullamento degli atti
e dei provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni di cui alla parte
sesta del presente decreto nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e per il risarcimento del danno
subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro,
delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno
ambientale”.
Ed invero, in base alla precitata disposizione, la legittimazione ad agire,
anche con riferimento alla problematica sulla proponibilità delle singole
censure, va valutata secondo i principi generali, per cui vanno ritenute
ammissibili tutte le censure astrattamente proponibili, purché siano funzionali
al soddisfacimento di uno specifico interesse ambientale, mentre non possono
essere ritenute ammissibili le censure il cui accoglimento comporti
l’annullamento di una parte scindibile dello strumento urbanistico, ove non sia
stato evidenziato, in ricorso, un interesse ambientale connesso all’eliminazione
di detta parte della disciplina urbanistica.
Ciò premesso, nella specie, anche a voler applicare i criteri più restrittivi,
elaborati dalla risalente giurisprudenza per l’ammissibilità della
legittimazione attiva delle associazioni ambientaliste, si deve ritenere
l’ammissibilità della presente impugnativa, posto che il complesso unico motivo
di censura si rivolge nei confronti di un intervento che, in tesi, viene
ritenuto lesivo e compressivo del bene ambientale, inteso nella sua integralità,
stante la denunciata aggressione alla spiaggia ed alla vegetazione circostante,
senza che possa valere ad escluderla il rilievo secondo cui le autorità
legislativamente preposte alla tutela del bene ambientale non abbiano adottato
provvedimenti di vincolo sui territori oggetto della pianificazione, in quanto
la legittimazione come sopra definita ha proprio lo scopo non tanto di ampliare
la platea dei soggetti titolari di interesse alla censura dell’atto
amministrativo “ex parte subiecti”, quanto quello di consentire, “ex parte obiecti”, una più ampia tutela del bene ambientale, anche laddove le autorità
preposte alla sua protezione non siano capaci di garantirla.
Del resto, il “piano di spiaggia” costituisce, in sostanza, una sorta di
strumento urbanistico attuativo, con cui l’ente locale si propone non tanto di
disciplinare l’attività di normale utilizzazione edificatoria del territorio
comunale, quanto piuttosto gli usi compatibili e consentiti dei tratti di
spiaggia e, quindi, di demanio marittimo ricadenti nel proprio territorio.
Pertanto, l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire, sollevata dalla
parte resistente, va respinta nei sensi sopra precisati.
1.3. La difesa del Comune di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio deduce altresì
l’inammissibilità della presente impugnativa avverso la delibera di C.C. n. 5
del 21.2.2008, in quanto interposta avverso un atto di indirizzo politico di
carattere generale, come tale insuscettibile di determinare lesioni concrete di
interessi.
Com’è noto, l'impugnativa richiede la sussistenza dell'interesse al ricorso,
quale condizione dell'azione, che s'incardina in capo al soggetto titolare della
posizione sostanziale solo quando l'atto da gravare lede immediatamente la sua
posizione giuridica, cosicchè, dall'azione giudiziaria, fruttuosamente
intrapresa, il ricorrente possa ricavarne un vantaggio concreto ed immediato.
Nei confronti degli atti amministrativi d'indirizzo e/o di programmazione non si
ravvisa, di regola, un interesse processuale al ricorso, in quanto in questo
tipo di atti difetta, per sua natura, di un'immediata capacità lesiva di
situazioni giuridiche soggettive: tale sembra la delibera di C.C. n. 5 del 2008,
corredata dal una relazione, impugnata nel caso in esame, che si limita a
prescrivere ai propri uffici i criteri generali per la redazione del piano di
spiaggia, senza prendere in considerazione, direttamente o indirettamente, un
bene individuato in modo preciso e concreto, appartenente a soggetto determinato
o, comunque, determinabile, ma riferendosi, magari, a luoghi individuati per
grandi linee.
Tuttavia, poiché nel caso di specie, ad agire sono associazioni ambientali per
la tutela di un interesse “diffuso” e di un bene complessivamente determinato,
la peculiarità dell’azione intrapresa impone la verifica in astratto di un
denunziato contrasto fra un determinato criterio prescrittivo e l’interesse alla
tutela di uno specifico interesse ambientale, rivolto alla cura ed alla
conservazione del paesaggio o di un determinato “habitat” naturale.
E nella specie, in astratto, non può escludersi che le censure proposte avverso
i criteri enunciati dall’atto di indirizzo comunale non siano espressamente
volte a dimostrare la loro potenzialità lesiva del valore ambiente e paesaggio
dei territori presi in considerazione, come meglio si vedrà in sede di disamina
nel merito delle questioni.
Pertanto, avuto riguardo alla peculiare natura dell’interesse “diffuso” dedotto
in giudizio, l’eccezione va rigettata.
1.4. Con l’unico motivo, le esponenti associazioni ambientali deducono che i
criteri predisposti per la redazione del “Piano Comunale di Spiaggia” non
sarebbero del tutto coerenti con le esigenze di tutela ambientale, garantite
dall’art. 9 della Costituzione, in relazione ad un’area di particolare pregio
paesaggistico, compresa fra il Fosso Cupido ed il Torrente Alaca, per oltre 500
ettari di territorio e circa km.3 di costa, peraltro interessata dal un
parallelo procedimento, finalizzato al riconoscimento di “ zona protetta” , ai
sensi della legge regionale 14.7.2003 n. 10.
In particolare, lamentano che, con le “Linee Guida” approvate, sarebbero stati
individuati para-metri e zonizzazioni del territorio che, prescindendo dalla
naturale vocazione degli stessi, si verrebbero a risolvere in un malcelato
tentativo di operare una illegittima variante al piano regolatore generale.
Ed infatti, la costruzione indiscriminata di parcheggi, rotatorie, stabilimenti
balneari, provocherebbero un grave pregiudizio per l’equilibrio floro-faunistico dell’area in oggetto, mentre il progetto di ampliamento della
cosiddetta “strada borbonica”, a ridosso di un’area agricola, esorbiterebbe le
finalità di cui all’art. 12 della legge regionale n. 17 del 2005 e finirebbe,
in sostanza nel risolversi in un vero e proprio “escamotage” per introdurre,
nella sostanza, una variante al piano regolatore generale, evitando
l’intervento della Regione, in violazione delle disposizioni di cui alla legge
n. 1150 del 1942.
Com'è noto, con riferimento agli strumenti generali di pianificazione, trova
applicazione il comma 2 dell'art.3 della legge 7.8.1990 n. 241, che esclude
dall'obbligo di motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale
(nel cui novero rientra lo strumento urbanistico generale).
Coerentemente, si è affermato che: a) le scelte effettuate dall'Amministrazione
nell'adozione del piano costituiscono apprezzamento di merito sottratto al
sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o
abnormi illogicità (cfr. ex plurimis, Cons. St. IV, n. 2639/00; n. 664/02; n.
121/99); b) le scelte discrezionali dell'amministrazione non necessitano di
apposita motivazione, oltre a quella che si può evincere dai criteri generali,
di ordine tecnico- discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso (cfr.
Cons. Stato, AP. , n. 24/99; IV Sez., n. 2639/00; n. 245/00; n. 1943/99; n.
887/95), essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di
accompagnamento al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni
non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui
posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni(Cons. St., Sez. VI n.
173/02; Sez. VI n. 6917/02; Sez. IV n. 2899/02).
Nella specie, oggetto di pianificazione sono le aree facenti parte del lido del
mare e della spiaggia, riconducibili alla categoria dei beni demaniali, ai sensi
dell’art 822 c.c., riservati all’uso pubblico, e, in particolare, ai cosiddetti
“usi del mare”, che comprendono la balneazione, il godimento dello “habitat
marino” e delle bellezze naturali in genere, quale proiezione del diritto di
usufruire di una gradevole qualità della vita, in qualche modo espressione del
diritto alla salute, tutelato ai sensi dell’art 32 della Cost..
L’utilità che dal godimento dell’ambiente che ciascuna persona può ritrarre, non
tanto di natura economica, quanto di natura ”spirituale ed estetica” (Corte di
Cass., Sez. II 6.2.1962 n. 266) rende quanto mai necessaria l’introduzione di
una tutela, nella duplice direzione della conservazione del bene -come
riaffermazione della sua intangibilità- nonché della garanzia del godimento
pieno ed incondizionato a favore dei singoli componenti della collettività, non
solo come “uti cives”, ma addirittura come “uti homine” , a non utilizzare
strutture offerte da terzi, che intendono ritrarre utilità economiche
dall’offerta dei vari servizi.
Nella specie, dall’esame dell’atto impugnato, considerati i contenuti molto
generali delle sue previsioni, non emergono, nel complesso, macroscopiche
illogicità ed irrazionalità o previsioni in contrasto con disposizioni normative
programmatiche o direttamente cogenti né con le finalità ed i limiti posti dalla
legge regionale n. 17 del 2005, che costituisce il più specifico parametro
normativo di riferimento.
Un punto molto delicato, nell’ottica complessiva del provvedimento impugnato, è
quello in cui, con riferimento al “settore B”, si dispone: “appare opportuno
creare due poli dove concentrare l’urbanizzazione: uno nella zona immediatamente
a nord del Fosso Cupido e l’altro in corrispondenza della foce del Vallone
Bruno. In entrambi è necessario individuare aree a parcheggio, spazi a verde per
verde attrezzato e per lo sport. Inoltre è indispensabile realizzare la strada
di collegamento viario tra i due poli sull’attuale pista di collegamento con
aree a parcheggio lungo il suo sviluppo, per come previsto anche dall’art. 6,
comma 2 b della l.r. 17/2005 : in tali aree sarà possibile realizzare punti di
ristoro a piccole dimensioni (chiosco bar)”.
Ed invero, in sede esecutiva, occorrerà determinare in modo molto rigoroso i
limiti dell’urbanizzazione possibile alla foce del Vallone Bruno, tenendo conto
delle fasce di rispetto, della naturale vocazione dell’area nonché di tutti i
vincoli ed i limiti derivanti dalla legislazione di riferimento, in modo da
cercare di armonizzare al massimo la composizione dei contrapposti interessi
coinvolti, tenendo sempre conto che le opere da realizzare non devono mai in
concreto esorbitare la loro esclusiva funzione di migliorare e potenziare la
fruibilità delle coste ed il godimento da parte della collettività, nel rispetto
del fondamentale bene dell’ambiente (art.9 Cost.), direttamente connesso con il
bene della salute (art. 32 Cost.): il che, in concreto, presuppone l’impiego di
materiali ecocompatibili, la rigorosa valutazione dell’impatto ambientale delle
opere sotto svariati profili (visivo, acustico, estetico, etc..), un adeguato
rapporto fra spiagge libere e spiagge da assegnare in concessione -che, in
ipotesi potrebbe anche superare il limite minimo imposto dalla legge regionale
n. 17 del 2005- senza mai accordare prevalenza all’interesse economico dei
privati rispetto a questi beni fondamentali per la collettività.
Appare, inoltre, particolarmente delicato il previsto ampliamento della “strada
borbonica”: in relazione a tale questione, le doglianze svolte non risultano
particolarmente corredate di elementi e dati certi, in ordine all’entità ed alle
caratteristiche di tale previsto ampliamento, che, comunque, trattandosi di un
bene storico, va sempre tutelato, a prescindere dall’esistenza o meno di un
apposito vincolo e non può essere oggetto di interventi tali da stravolgerne le
caratteristiche costruttive e la sua armonizzazione con i paesaggi in cui si
snoda.
Conseguentemente, siffatto intervento non può non aver luogo tenendo conto delle
eventuali prescrizioni del P.I.R. in materia nonché della sua compatibilità con
le previsioni dello strumento urbanistico generale, senza che possa, in alcun
caso, risolversi in un “escamotage” per dar luogo ad una non consentita
“variante essenziale” al piano regolatore generale vigente, eludendo
l’intervento della Regione, come temuto dalle associazioni ricorrenti.
Ed infatti, l’ampliamento di una strada non può essere considerato “sic et
simpliciter” un intervento sussumibile nelle previsioni di cui all’art.6 comma
1, lettera f, della legge regionale n. 17 del 2005, che prevede “l'obbligo per i
Comuni, in sede di adozione del Piano di cui al successivo articolo 12, di
assicurare gli accessi al mare, la presenza di servizi minimi sia sulle aree in
concessione che su quelle libere, la realizzazione dei percorsi di cui al
successivo articolo 15, comma 2”.
Ciò posto, ritiene, comunque, il Collegio che le censure svolte, non
particolarmente supportate da dati certi e specifici, non possono essere
accolte.
In conclusione, il ricorso si appalesa infondato.
2.1. La difesa del Comune resistente deduce l’inammissibilità dell’impugnativa
svolta con motivi aggiunti avverso la delibera di C.C. n. 15 del 12.6.2008 di
adozione del piano spiaggia, in quanto interposta avverso un atto avente natura
endoprocedimentale, ancora da sottoporre all’approvazione da parte della
Provincia.
L’art. 13 della legge regionale Calabria 21.12.2005 n. 17, con i commi I° e II°,
stabilisce:
“1. Il Consiglio comunale, previo parere non vincolante delle organizzazioni
sindacali di categoria più rappresentantive a livello regionale, entro il
termine perentorio di 90 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino
Ufficiale della Regione dei PIR, provvede, nell'ambito della pianificazione
urbanistica del proprio territorio ed in piena coerenza con il PIR, all'adozione
o all'adeguamento, se già provvisti, del PCS e relativo regolamento di
attuazione.
2. L'Amministrazione provinciale competente territorialmente approva il PCS,
previa verifica della rispondenza con gli obiettivi e gli indirizzi dei PIR.”.
Il successivo art. 14 , in tema di “Norme di salvaguardia”, stabilisce:
“1. Dalla data di entrata in vigore dei PIR e fino all'entrata in vigore del PCS,
formato ed adeguato secondo le prescrizioni ed indicazioni dei PIR, non possono
essere rilasciate nuove concessioni ed il Sindaco è tenuto a sospendere ogni
determinazione sulle domande di rinnovo delle concessioni esistenti in contrasto
con le previsioni e prescrizioni dello stesso PIR.
2. Per quanto non disposto dalla presente norma si osservano le norme contenute
nel Codice della navigazione e relativo regolamento di esecuzione.”
Dall’esame delle precitate disposizioni normative, emerge che lo strumento di
pianificazione territoriale previsto, chiamato “piano comunale di spiaggia”, è
assoggettato ad uno schema di formazione, in qualche modo improntato sul modulo
procedimentale stabilito per la formazione del piano regolatore in generale:
infatti esso risulta costituito da un “provvedimento complesso”, nel quale
confluiscono l’atto di adozione da parte del Comune e l’atto finale di
approvazione da parte di un ente locale sovraordinato (nella specie: la
Provincia in luogo della Regione), con la previsione di “misure di
salvaguardia”, nelle more del procedimento.
Conseguentemente, si può richiamare, nel caso di specie, l’orientamento
giurisprudenziale formatosi con riferimento alla formazione del piano regolatore
generale, che è anch’esso un atto complesso, formato dalla volontà di due
amministrazioni (nella specie il Comune competente ad adottarlo e la Provincia
competente ad approvarlo), dalla cui mera adozione scaturiscono effetti
giuridici vincolanti per i terzi (misure di salvaguardia per il piano regolatore
e per il piano di spiaggia).
In particolare, è stato precisato che, avendo l'atto di adozione del piano
regolatore effetti autonomi ed immediati rispetto all'atto di approvazione, che
costituisce un atto formalmente e sostanzialmente nuovo rispetto al piano
adottato, i due atti possono essere impugnati autonomamente e distintamente, con
la conseguenza che la mancata impugnazione dell’atto di adozione non comporta
preclusione o decadenza del diritto di ricorso avverso il piano approvato e che
la mancata impugnazione del piano approvato non comporta cessazione di interesse
al ricorso già proposto avverso l’atto di adozione (a meno che l'atto di
approvazione non comporti modifiche delle prescrizioni e previsioni impugnate,
il che non risulta, nella fattispecie, essersi verificato).
Pertanto, l’eccezione va rigettata.
2.2. Nel merito, avendo le associazioni ricorrenti proposto le identiche
doglianze già svolte con il ricorso principale, si possono anche in questa sede
richiamare le medesime considerazioni già svolte in sede di disamina delle
censure svolte con il ricorso principale.
Pertanto, anche questa impugnativa non può essere accolta.
3. Va altresì rigettata la domanda di risarcimento danni, peraltro proposta in
modo molto generico ed in carenza di alcun elemento probatorio di supporto.
In conclusione, sia il ricorso che i motivi aggiunti si appalesano infondati e
vanno rigettati.
Considerato che le doglianze svolte, se adeguatamente sviluppate e specificate
nel merito delle questioni, potrebbero tradursi in validi apporti collaborativi
in sede di approvazione del piano spiaggia, appare opportuno disporre
l’integrale compensazione delle spese e degli onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Catanzaro
- Sezione
Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso d cui in epigrafe, lo rigetta.
Rigetta anche i motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 27/02/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Cesare Mastrocola, Presidente
Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore
Giovanni Ruiu, Primo Referendario
IL PRESIDENTE
L'ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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