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1974-9562
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. II - 11 settembre 2009, n. 4949
DIRITTO URBANISTICO - Lavori di rifacimento di ruderi - Titolo abilitativo -
Nuova costruzione - Concetto giuridico di rudere - Fattispecie: organismo
edilizio dotato di sole mura perimetrali. I lavori di rifacimento di ruderi,
di un edificio già da tempo demolito o diruto sono qualificabili come nuova
costruzione, con necessità di un'apposita concessione edilizia o titolo
corrispondente, secondo la vigente normativa. Nel concetto giuridico di rudere
rientra, senza dubbio, il caso relativo al rifacimento di un organismo edilizio
dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura, con conseguente non
invocabilità della disposizione urbanistica che consente il mantenimento dei
volumi preesistenti, e quindi la mera ristrutturazione e non la nuova
costruzione. Pres.d’Alessandro, Est. Pappalardo - F. s.r.l. (avv. Parisi) c.
Comune di Crispano (avv.ti Barbagallo e Barone) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez
II - 11 settembre 2009, n.4949
N. 04949/2009 REG.SEN.
N. 06524/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 6524 del 2006, proposto da:
Fiorann S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso
dall'avv. Antonio Parisi, presso cui elett.te dom. in Napoli, via S. Aspreno N.
13;
contro
Comune di Crispano,in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli
avv. Corrado Barbagallo, Valerio Barone, con i quali elett.te dom. in Napoli,
p.zza Sannazzaro,71;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della nota n. 8580 del 4.8.2006 del responsabile UTC con cui è stata respinta la
domanda di permesso di costruire presentata il 17.10.2005 dai sigg. Sarnelli-
Cennamo;
Della delibera commissariale n. 29 del 21.3.2006 di modifica del regolamento
edilizio di cui alla delibera CC 26/2005;
Di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguenziale
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Crispano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23/07/2009 il Cons. Anna Pappalardo e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in epigrafe la
società FIORANN s.r.l. espone:
a) che il 17 ottobre 2005 i sigg. Sarnelli- Cennamo quali proprietari
dell’immobile sito alla via Marconi 2, hanno presentato domanda di permesso di
costruire per mutamento di destinazione d’uso del fabbricato anzidetto;
b) che il 18.5.2006 hanno ricevuto preavviso di diniego, mentre la proprietà
medio tempore era stata trasferita ad essa società Fiorann; che pertanto
presentava le osservazioni e controdeduzioni in luogo degli iniziali
proprietari;
c) che tuttavia il 4.8.2006 veniva emesso l’avversato diniego, fondato sulla
mancanza di titolarità della Fiorann ad interloquire, sulla non conformità dello
stato dei luoghi a quanto autorizzato con i titoli edilizi originari, sulla
incompatibilità dell’intervento sull’area cortilizia sita in zona D3, sulla
mancanza di piano di recupero nel Comune stesso, sì da non poter essere
consentito aumento di volumetria, e sulla valenza ostativa della modifica del
regolamento edilizio comunale; si è contestata altresì la mancanza del lotto
minimo per procedere alla edificazione.
Tanto premesso,deduce i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione art. 11 DPR 380/2001 , violazione della legge 241/90, difetto di
motivazione, ed eccesso di potere sotto vari profili : non poteva essere
disconosciuta ad essa ricorrente la legittimazione a conseguire il titolo
abilitativo, trattandosi dell’attuale proprietaria dell’immobile interessato
dalla richiesta; inconferente è il rilievo che l’immobile non era stato
trasferito unitamente alla richiesta di permesso di costruire atteso che
l’avente causa subentra automaticamente nella posizione del dante causa, ivi
compresa l’aspettativa ad aedificandi, senza necessità di apposita pattuizione;
2) Violazione e falsa applicazione art. 3 DPR 380/2001 ed eccesso di potere
sotto vari profili: il primo motivo di diniego che contesta la difformità dello
stato dei luoghi dal titolo edilizio ( licenza n. 16/1963 e 38/1981) è perplesso
e contraddittorio, trattandosi di mutamento di destinazione di uso per immobile
in zona A del PRG vigente, e quindi inquadrabile come ristrutturazione edilizia
ai sensi dell’art. 10 co 1 lett. c) TU edilizia; peraltro è lo stesso progetto a
prevedere la eliminazione delle superfetazioni realizzate in difetto di titoli
abilitativi;
3) Violazione e falsa applicazione PRG vigente , art, 7 delle NTA, art. 9 co 2
DPR 380/2001, art. 2 LR 19/2001, eccesso di potere: sarebbe viziata da
travisamento la seconda circostanza ostativa individuata dal Comune, ossia che
l’area cortilizia ha destinazione D3 ,difforme da quanto richiesto in progetto:
invero, la domanda interessa solamente la particella rientrante in zona A del
PRG. Per contro, il cortile ricadente in zona D3 è pertinenziale, e non prevede
alcun intervento costruttivo, si tratta di area attrezzata a camminamenti a
verde( quindi di manutenzione conservativa); la istante ha rinunciato alla
utilizzazione del cortile secondo la destinazione commerciale; l’area in zona A
è perfettamente compatibile con interventi di ristrutturazione edilizia che
comportino cambio di uso. Anche il terzo motivo di diniego, basato sulla
mancanza di un piano di recupero, è smentito in fatto dalla circostanza che per
la zona in questione non è richiesta la previa approvazione di piano attuativo
(l’area interessata non è contrassegnata con il retino scuro indicato nella
tavole planimetrica di zonizzazione del PRG e quindi non è soggetta a piano di
recupero); di qui l’erroneità del riferimento all’art. 9 co 2 DPR 380/01.
Peraltro l’art. 7 delle NTA vigenti consente di prescindere dal piano esecutivo
nel caso di insiemi urbanistici chiaramente definibili, come nel caso di specie,
in cui si è in presenza di fabbricato rurale a corte di inizio 900, per cui è
consentita la sostituzione edilizia in presenza di identità di volume. In
subordine, l’intervento sarebbe comunque consentito trattandosi di zona
urbanizzata. Peraltro l’art. 2 della LR 19/2001 ammette il mutamento di
destinazione di uso di un fabbricato, purché questo risulti compatibile con le
categorie edilizie previste per le singole zone omogenee: si tratta quindi di
ristrutturazione edilizia in zona totalmente urbanizzata e conforme alle NTA per
la zona A. Erroneo sarebbe il rilievo che si verifichi un aumento non consentito
delle volumetrie ( attraverso la trasformazione dei volumi pertinenziali del
fabbricato rurale e dell’essiccatoio pelli in volumi residenziali). I volumi
citati non possono considerarsi tecnici, poiché ab origine funzionali alla
pregressa attività agricola ( destinati ad ospitare impianti legati da un
rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione dell’immobile). Detti
spazi costituivano parte dell’organico complesso edilizio.
4) Violazione e falsa applicazione artt. 36 regolamento edilizio, art. 3 D. Lgs
267/90, artt. 2 e 4 DPR 380/01, art. 29 LR 16/2004, eccesso di potere : il
diniego fa riferimento alla impossibilità di utilizzare a fini residenziali il
volume destinato a fabbricato rurale, secondo la condizione ostativa posta
dall’art. 36 del regolamento edilizio. Tuttavia l’art. 36 è frutto di una
modifica deliberata il 21.3.2006 dalla commissione straordinaria e quindi non
ancora in vigore al momento dell’avversato diniego: invero, a mente dell’art. 29
LR 16/2004, il Ruec è adottato dal consiglio comunale, depositato al fine di
provocare osservazioni nei 30 gg. , trasmesso alla Provincia ed approvato
contestualmente alla approvazione del PUC. Non si sarebbe in sostanza
perfezionato il complesso iter procedimentale previsto dalla legge regionale n.
16/2004.
In ogni caso, la norma ancorchè approvata non potrebbe considerarsi applicabile
alle domande pendenti al momento della sua entrata in vigore. Nella sostanza,
detto art. 36 fa divieto di adibire locali e pertinenze agricole a funzioni
residenziali, ma ciò non potrebbe che riferirsi alle nuove case rurali in zona
agricola e non alle residenze in zona A, cui è impressa la destinazione
conservativa -vecchio centro.
5) Violazione e falsa applicazione art. 7 NTA, eccesso di potere: la mancanza
del lotto minimo di 1000 mq. non è opponibile al progettato intervento,
riguardando solo l’ipotesi di nuove costruzioni, ovvero di sostituzione edilizia
con radicale trasformazione dell’immobile, trattandosi nella specie di
intervento conservativo ; il lotto minimo sarebbe comunque raggiunto
dall’accorpamento della superficie del fabbricato in zona A di quella del
cortile in zona D3.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato, che ha concluso con richiesta di
reiezione del ricorso per l’infondatezza delle censure.
Con ordinanza interlocutoria n. 463/2008 sono stati disposti incombenti
istruttori a carico dell’amministrazione intimata, la quale ha concluso con nota
depositata il 23 settembre 2008. Con ulteriore ordinanza interlocutoria n.
809/2008 è stata disposta una verificazione tecnica ad opera di funzionario
dell’assessorato urbanistica Regione Campania, il quale ha depositato relazione
scritta datata 18 febbraio 2009.
Parte ricorrente all’esito ha proposto istanza di ricusazione del funzionario
incaricato della verificazione,ed ha eccepito la nullità della stessa per essere
stata effettuata senza le garanzie del contraddittorio disposte dal Collegio.
Il Collegio, respinta la istanza di ricusazione, ha ordinato la rinnovazione
della verificazione tecnica. E’ stata depositata nuova relazione in data 16
giugno 2009.
Alla pubblica udienza del 23 luglio 2009 , la causa è stata chiamata e
trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto, la società ricorrente quale
attuale proprietaria dell’immobile sito alla via Marconi 2, ha richiesto
permesso di costruire per mutamento di destinazione d’uso del fabbricato
anzidetto ed in ordine alla domanda il Comune ha emesso provvedimento di diniego
.
Al riguardo, la società Fiorann contesta una serie di elementi relativi ai dati
tecnici contenuti nel progetto proposto, alle volumetrie ivi previste, ed
all’esatto regime dell’area individuato nel piano regolatore generale; lamenta
in sostanza che l’avversato diniego è frutto di una istruttoria superficiale ed
inadeguata ed insiste sulla qualificazione dell’intervento quale
ristrutturazione senza sostituzione edilizia, con mutamento di destinazione
d’uso del fabbricato consentito dalle prescrizioni urbanistiche vigenti..
Deve rilevarsi che la natura e consistenza dell’intervento edilizio proposto
risulta precisata attraverso i chiarimenti resi dal Comune, e soprattutto la
verificazione disposta dal Collegio, nei termini che seguono.
In primo luogo, va rilevato che la stessa amministrazione in sede di riesame del
provvedimento di diniego, ha abbandonato il motivo ostativo relativo alla
mancanza di titolarità della FIORANN; prendendo atto del subentro nella
proprietà del bene oggetto di richiesta di permesso di costruire.
Quanto alla contestata difformità dello stato dei luoghi dal titolo edilizio, ed
alle altre obiezioni di carattere tecnico, -principalmente destinazione
dell’area cortilizia ed impossibilità di considerare ai fini volumetrici quei
volumi impegnati dagli essiccatoi del fabbricato rurale, va fatto riferimento
agli elementi di fatto accertati dalla verificazione disposta .
Anche in tal caso,deve preliminarmente rilevarsi che l’amministrazione intimata
a seguito del riesame del diniego, ha eliminato i riferimenti alla difformità
dello stato dei luoghi dai titoli edilizi che sorreggono il fabbricato,
prendendo atto della previsione in progetto di eliminazione di tutte le
superfetazioni non conformi.
La verificazione tecnica ha accertato:
a) sul primo quesito: descrizione dell’intervento proposto, specificando se si
tratti di demolizione e ricostruzione, ovvero di ristrutturazione
dell’esistente; e comunque se siano previsti aumenti di volumetria e sagoma
rispetto agli edifici attualmente esistenti; la consulenza di ufficio distingue
tra i due corpi di fabbrica di cui è composto il compendio immobiliare, corpo A
e B. La relazione di verifica precisa che si tratta di un intervento proposto su
due fabbricati in aderenza, di cui il primo, denominato corpo A (NCEU foglio 4
mappale 686) è apprezzabile in termini volumetrici, sì che il relativo
intervento è qualificabile come ristrutturazione edilizia con mutamento di
destinazione di uso ;mentre il secondo,denominato corpo B è in stato di rudere,
sì che il relativo intervento è da qualificare come edificazione ex novo, non
potendo il preesistente edificio essere individuato nei suoi elementi
essenziali, e mancando dunque il presupposto per poter radicare una ipotesi di
ristrutturazione edilizia. Assume quindi che rispetto a tale corpo deve parlarsi
di nuova costruzione. Conseguentemente, anche il quesito teso ad accertare se
siano previsti aumenti di volumetria, o variazioni di sagoma ha ricevuto
risposta negativa per il corpo A ,mentre per il corpo B si afferma che non si
può procedere con sufficiente grado di certezza alla ricognizione degli elementi
strutturali che determinano volumetria e sagoma dell’esistente, essendo il
fabbricato allo stato di rudere. Naturalmente, la relativa qualificazione
giuridica, posti incontestati gli accertamenti in punto di fatto, spetta al
Collegio, e va ricostruita come di seguito sarà precisato.
b) sul secondo quesito: se il progetto prevede l’ eliminazione delle
superfetazioni ,che il Comune indica quali motivi ostativi all’accoglimento
della domanda di permesso di costruire; la verificazione precisa che tale
eliminazione è prevista per il corpo A- non ovviamente per il corpo B atteso lo
stato di rudere
c) sul terzo quesito: se il cortile ricadente in zona D3 sia area di sedime di
fabbricati da realizzare, ovvero come dedotto in ricorso preveda solo area
attrezzata a camminamenti a verde con rinuncia alla utilizzazione del cortile
secondo la destinazione commerciale; il funzionario ha accertato che il cortile
non è area di sedime dei fabbricati da realizzare, ma solo area di passaggio-
d) sul terzo quesito: se nell’area interessata dalla richiesta in oggetto, e
ricadente in zona A siano ammessi interventi di ristrutturazione edilizia che
comportino cambio di uso, e se il proposto cambio risulti compatibile con le
categorie edilizie previste per detta zona omogenea dalle NTA; la verificazione
attesta che la zona di PRG interessata dall’intervento è qualificata come A
conservativa vecchio centro, sottoposta alla disciplina dell’art. 7 delle NTA
che- nelle more dell’approvazione del piano particolareggiato- non consente
l’edificazione in aree libere, ma solo interventi di manutenzione straordinaria,
restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3
DPR 380/01 , nonchè sostituzione nel caso di insieme urbanistici chiaramente
definibili, alle condizioni e limiti previsti dall’art. 7 comma 13 e con un
limite volumetrico assoluto di 3 mc/mq anche in caso di maggior volume
preesistente-
quanto all’ulteriore richiesta di precisare se l’area interessata dalla
richiesta di permesso di costruire rientri tra quelle soggette a piani di
recupero ( cd. puntinato scuro sulla tavola di zonizzazione), ovvero se si
tratti di area conservativa- vecchio centro, e in tal caso, se la tabella
allegata alle NTA del PRG contenga o meno i parametri edilizi ai fini della
edilizia di sostituzione consentita. La verificazione precisa che l’area è
indicata in puntinato chiaro sulla tavola, quindi soggetta al limite dei piani
esecutivi nella ipotesi di nuova edificazione. In sintesi, in tale area sono
ammessi interventi di ristrutturazione edilizia che comportano cambio di
destinazione di uso, ma non la nuova costruzione legata al lotto minimo di 1000
mq, lotto minimo che come accertato in seguito la verificazione, non è
riscontrato. Nella specie il funzionario precisa che non si verte in tema di
demolizione e ricostruzione (cd intervento sostitutivo) , ma di mera
ristrutturazione solo per il corpo A;
e) sull’ulteriore quesito: ubicazione ed originarie caratteristiche costruttive
e tipologiche dei fabbricati che sono stati considerati dal Comune quali volumi
tecnici ( cd. essiccatoi) . La relazione attesta che gli essiccatoi non erano
locali tecnici in senso proprio , ma locali indispensabili al sistema produttivo
che si svolgeva nella fabbrica, e testimonianza di una attività in disuso per
sopravvenuta tecnologia. L’eccedenza volumetrica, è stata contestata dla Comune
in riferimento al fatto che gli essiccatoi erano aperti per un lato; si precisa
inoltre che per l’edificio B non vi è preesistenza volumetrica.
f) sulla misurazione dei due lotti dei quali si invoca l’asservimento: è stato
accertato che si tratta di lotti in zone omogenee diverse, e l’asservimento non
è consentito per zone omogenee con diversa destinazione urbanistica; non è
rispettato quindi il lotto minimo previsto per l’intervento di sostituzione
edilizia in zona A pari a 1000 mq;
g) sul procedimento di approvazione della modifica al regolamento edilizio che
ha interessato l’art. 36 : vi è stata adozione del regolamento con delibera
della commissione straordinaria 21.3.2006 n. 29- pubblicazione dell’avvenuto
deposito della delibera; controdeduzione alle osservazioni con delibera n.
14.9.2006 n. 78 ed approvazione del nuovo Regolamento edilizio, pubblicazione
sul BURC n. 49 del 30.10.2006- precisando che l’atto impugnato risale ad agosto
2006.
Dall’ insieme degli elementi accertati tramite la verificazione la questione
giuridica sottoposta all’esame del Collegio , in ordine alla legittimità
dell’avversato diniego, si concentra su due elementi: si tratta in sostanza di
stabilire se, poste le caratteristiche morfologiche del corpo B dell’edificio,
possa parlarsi anche con riferimento a quest’ultimo di una ristrutturazione
edilizia, o piuttosto se il relativo intervento debba qualificarsi di nuova
costruzione; nonché di qualificare la natura giuridica dei locali destinati in
passato ad essiccatoi siti nel corpo A, ovvero se siano o meno riconducibili a
volumi tecnici.
Da tali qualificazioni discende la ricostruzione in termini di legittimità o
meno dell’avversato diniego, che è incentrato sul predicato del Comune
dell’intervento come nuova costruzione, nonché sulla impossibilità di computare
la pregressa consistenza volumetrica dei locali cd. essiccatoi, in ragione della
loro originaria destinazione di uso.
La relazione di verificazione al riguardo afferma che il primo edificio ,
denominato corpo A (NCEU foglio 4 mappale 686) è apprezzabile in termini
volumetrici, sì che il relativo intervento è qualificabile come ristrutturazione
edilizia con mutamento di destinazione di uso ;mentre il secondo,denominato
corpo B è in stato di rudere, sì che il relativo intervento è da qualificare
come edificazione ex novo, non potendo il preesistente edificio essere
individuato nei suoi elementi essenziali, e mancando dunque il presupposto per
poter radicare una ipotesi di ristrutturazione edilizia. Assume quindi che
rispetto a tale corpo deve parlarsi di nuova costruzione.
Dette conclusioni sono ad avviso del collegio condivisibili, in quanto fondate
su validi elementi logico- giuridici.
Occorre prioritariamente qualificare l’intervento relativo al corpo B,
precisandosi se possa considerarsi volume preesistente la definizione
rinvenibile attraverso le mura perimetrali , e la traccia del solaio, allo stato
crollato.
Per la giurisprudenza, onde considerarsi verificata una preesistenza , deve
sussistere una parte dell’opera muraria, anche se ridotta a rudere, sì da
rendere possibile la individuazione dei connotati essenziali del manufatto
originario, in modo da poter “fotografare” la sua fedele ricostruzione.
Di qui consegue la infondatezza dell’assunto di parte difensiva secondo cui i
lavori oggetto di contestazione sarebbero consistiti in un mero intervento di
ristrutturazione edilizia consentito per la zona omogenea in questione,
trattandosi in parte qua di intervento correttamente qualificato
dall’amministrazione come “nuova costruzione” .
La nozione di ristrutturazione, sebbene ulteriormente estesa per effetto delle
disposizioni contenute nell'art. 3 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, si distingue ora
pur sempre da quella di nuova costruzione per la necessità che la ricostruzione
sia identica per sagoma, volumetria e superficie al fabbricato demolito (T.A.R.
Marche, 07 aprile 2006 , n. 139; Consiglio Stato , sez. V, 01 aprile 2006 , n.
2085).
Per giurisprudenza pacifica, anche di questo Collegio, i lavori di rifacimento
di ruderi, di un edificio già da tempo demolito o diruto sono qualificabili come
nuova costruzione, con necessità di un'apposita concessione edilizia o titolo
corrispondente, secondo la vigente normativa. E nel concetto giuridico di rudere
rientra, senza dubbio, il caso di specie relativo al rifacimento di un organismo
edilizio dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura, con conseguente
non invocabilità nel caso in esame della disposizione urbanistica che consente
il mantenimento dei volumi preesistenti, e quindi la mera ristrutturazione e non
la nuova costruzione.
Quanto al contestato aumento di volume per il corpo A , il funzionario
incaricato della verificazione, pur ammettendo la preesistenza dello stesso e la
sua configurazione in termini planovolumetrici, aggiunge che rispetto alla
concessione edilizia n. 38/1981 il secondo piano del fabbricato sarebbe
arbitrariamente chiuso su tre lati. Tale titolo edilizio assentiva una
sopraelevazione al secondo piano destinata a stenditoio per l’essiccazione del
pellame lavorato , quindi un secondo livello destinato ad essiccatoio di altezza
totale mt 4. Va premesso che essiccatoio è un locale areato ove si esponeva il
pellame prima della lavorazione, assentito in tale misura ed in tale funzione
dall’ indicata concessione edilizia, e in relazione al quale peraltro
l’amministrazione intimata non risulta avere mai contestato illeciti edilizi o
difformità rispetto ai titoli assentiti. Considerato, quindi, che il
verificatore attesta che per l’edificio A non sono previsti aumenti di
volumetria e variazioni di sagoma rispetto all’attuale configurazione dei
luoghi, può concludersi che la preesistenza volumetrica va ritenuta verificata
con riferimento a tutti i due livelli superiori dell’edificio A.
Va infine esaminato il rilievo che si verificherebbe un aumento non consentito
delle volumetrie (attraverso la trasformazione dei volumi pertinenziali
dell’essiccatoio pelli in volumi residenziali). Alla luce di quanto accertato, e
descritto in sede di verificazione, i volumi citati non possono considerarsi
tecnici, poiché ab origine funzionali alla pregressa attività agricola (
destinati ad ospitare impianti legati da un rapporto di strumentalità necessaria
con l’utilizzazione dell’immobile). Il concetto di volume tecnico comprende
invero ogni spazio destinato alla allocazione di impianti tecnici a servizio del
manufatto e non può riferirsi a ben due piani in sopraelevazione di un edificio,
per i quali è ben definita la funzione indispensabile al sistema produttivo che
si svolgeva nella fabbrica, non trattandosi di una funzione meramente
complementare o accessoria al resto dell’edificio.
Relativamente poi all’intervento richiesto per l’edificio A, restano da
esaminare gli ulteriori motivi di diniego, con i quali si oppone la mancanza di
piano attuativo.
La zona di PRG interessata dall’intervento è qualificata come “A “ -
conservativa vecchio centro, sottoposta alla disciplina dell’art. 7 delle NTA
che- nelle more dell’approvazione del piano particolareggiato- non consente
l’edificazione in aree libere, ma solo interventi di manutenzione straordinaria,
restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3
DPR 380/01 , nonchè sostituzione nel caso di insieme urbanistici chiaramente
definibili, alle condizioni e limiti previsti dall’art. 7 comma 13 e con un
limite volumetrico assoluto di 3 mc/mq anche in caso di maggior volume
preesistente.
Si è inoltre accertato che l’area interessata dalla richiesta di permesso di
costruire non rientra tra quelle soggette a piani di recupero ( cd. puntinato
scuro sulla tavola di zonizzazione), ma si tratta di area conservativa. La
verificazione precisa al riguardo che l’area è indicata in puntinato chiaro
sulla tavola, quindi soggetta al limite dei piani esecutivi nella ipotesi di
nuova edificazione. In sintesi, in tale area sono ammessi interventi di
ristrutturazione edilizia che comportano cambio di destinazione di uso, ma non
la nuova costruzione legata al lotto minimo di 1000 mq, lotto minimo che come
accertato dalla verificazione, non è riscontrato.
Nella specie il funzionario precisa che non si verte in tema di intervento
sostitutivo, ma di mera ristrutturazione solo per il corpo A, e pertanto anche
in tal caso deve ritenersi che il requisito del lotto minimo è richiesto per le
sole nuove costruzioni.
Sempre con riferimento al solo edificio A, illegittimo è anche il motivo di
diniego basato sulla mancanza di un piano di recupero, in quanto smentito in
fatto dalla circostanza che per la zona in questione non è richiesta la previa
approvazione di piano attuativo (l’area interessata non è contrassegnata con il
retino scuro indicato nella tavole planimetrica di zonizzazione del PRG e quindi
non è soggetta a piano di recupero); di qui l’erroneità del riferimento all’art.
9 co 2 DPR 380/01.
Infine, il diniego fa riferimento alla impossibilità di utilizzare a scopi
residenziali il volume destinato a fabbricato rurale, secondo la condizione
ostativa posta dall’art. 36 del regolamento edilizio. Nella sostanza, detto art.
36 fa divieto di adibire locali e pertinenze agricole a funzioni residenziali,
ma ciò non potrebbe che riferirsi alle residenze in zona A, cui è impressa la
destinazione conservativa -vecchio centro.
Va osservato che l’art. 36 è frutto di una modifica deliberata il 21.3.2006
dalla commissione straordinaria e non ancora in vigore al momento dell’avversato
diniego: invero, a mente dell’art. 29 LR 16/2004, il Ruec è adottato dal
consiglio comunale, depositato presso la sede del Comune al fine di provocare
osservazioni nei 30 gg. ; scaduto il termine per le osservazioni, nei successivi
30 gg. lo stesso va approvato contestualmente alla decisione sul osservazioni, e
quindi trasmesso per la pubblicazione.
Dispone il citato Articolo 29:
“1. Il Ruec è adottato dal consiglio comunale e depositato presso la sede del
comune. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione
regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli
statuti comunali.
2. Nel termine di trenta giorni dal deposito chiunque può presentare
osservazioni al Ruec adottato. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza
del termine per la presentazione delle osservazioni, il consiglio comunale
approva il Ruec, decidendo contestualmente in ordine alle osservazioni, sempre
in coerenza con il Puc e le Nta. Della approvazione è dato avviso mediante
pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione Campania. Copia integrale
del Ruec è trasmessa alla provincia e depositata presso la casa comunale per la
libera consultazione.
3. Il Ruec è approvato contestualmente all’approvazione del Puc ed entra in
vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
4. Le varianti e gli aggiornamenti al Ruec sono sottoposti al procedimento di
formazione di cui al presente articolo.”
All’atto della pubblicazione, che a mente del comma 4 dell’art 29 comporta la
entrata in vigore del regolamento, la domanda di permesso di costruire era
pendente, atteso che l’atto impugnato risale all’agosto 2006 e la pubblicazione
nella specie risulta compiuta ad ottobre 2006.
In ogni caso, anche qualora volesse considerarsi applicabile la norma al
procedimento in esame, deve rilevarsi che il regolamento edilizio non potrebbe
incidere, modificandole , sulle disposizioni del PRG che è fonte sovraordinata.
Lo stesso articolo 29 citato sottolinea come le disposizioni del regolamento
devono porsi in coerenza con il PUC e con le relative norme tecniche di
attuazione. Se pertanto tali disposizioni consentono in zona A il cambio di
destinazione di uso, non può con regolamento edilizio elidersi tale possibilità.
La domanda va conclusivamente accolta, salvo gli ulteriori provvedimenti
dell’amministrazione in sede di esame della domanda di cui in epigrafe.
Attesa la complessità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per
dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti, ivi compreso
il contributo unificato e le spese di verificazione, che si liquidano come da
dispositivo in favore dell’architetto Felicia Sembrano.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sede di Napoli – Sezione
Seconda definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, così provvede:
a) accoglie la domanda per quanto di ragione e per l’effetto annulla la nota n.
8580 del 4.8.2006 del responsabile UTC con cui è stata respinta la domanda di
permesso di costruire presentata il 17.10.2005 dai sigg. Sarnelli- Cennamo, nei
sensi di cui in motivazione e salvo gli ulteriori provvedimenti della P.A.;
b) spese compensate, ivi comprese quelle relative al contributo unificato e le
spese di verificazione, che si liquidano in favore dell’Architetto Felicia
Sembrano in complessivi Euro 1200,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23/07/2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Carlo d'Alessandro, Presidente
Dante D'Alessio, Consigliere
Anna Pappalardo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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